Avv. Silvio Sepe Patrocinante in Cassazione 1 Ecc.mo Consiglio di Stato in Sede Giurisdizionale Ricorso in Appello Per il sig.Martino Leonardo[MRTLRD81D01I158A], nato a San Severo (FG) il 1.4.1981 classe di concorso A041 (exA042), rapp.to e difeso – in virtù di procura rilasciata per essere apposta in calce del presente atto – dall’avv. Silvio Sepe [SPESLV69C15A508Y], patrocinante in Cassazione, unitamente al quale elegge domicilio presso la cancelleria del Consiglio di Stato in Roma, dichiarando l’intendimento di ricevere le comunicazioni relative al presente procedimento via fax al n. 081-8252943, ovvero all’indirizzo di posta elettronica certificata [email protected]ovvero [email protected]appellante contro e nei confronti di laProvincia Autonoma di Trento- Dipartimento della Conoscenza, in persona del Presidente p.t., con l’avv.ti Nicolo’Pedrazzoli, Lucia Bobbio e Maurizio Dalla Serra, domiciliata in Trento presso la sede della Provincia Autonoma di Trento in pizza Dante n.15, appellata oltre che nei confronti di tutti i candidati iscritti nelle classi di concorsoA001-A013- A014-A020-A021-A022-A028-A040-A041-A042-A059- A060delpersonale docente ed educativo ed ammessi alle procedure concorsuali perché muniti del requisito di cui all’art. 4 dell’impugnato bando di concorso riferimento: 2016-S166- 00027,ovvero tutti i candidati indicati nelle ordinanze presidenziali n.10 e 17 del 2016 del TRGA; appellati
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Avv. Silvio Sepe - informa.provincia.tn.it · VII. La stessa autorità giurisdizionale emetteva altresì l’ordinanza La stessa autorità giurisdizionale emetteva altresì l’ordinanza
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Avv. Silvio Sepe Patrocinante in Cassazione
1
Ecc.mo Consiglio di Stato in Sede Giurisdizionale
Ricorso in Appello
Per il sig.Martino Leonardo[MRTLRD81D01I158A], nato a San
Severo (FG) il 1.4.1981 classe di concorso A041 (exA042),
rapp.to e difeso – in virtù di procura rilasciata per essere
apposta in calce del presente atto – dall’avv. Silvio Sepe
[SPESLV69C15A508Y], patrocinante in Cassazione, unitamente al
quale elegge domicilio presso la cancelleria del Consiglio di
Stato in Roma, dichiarando l’intendimento di ricevere le
comunicazioni relative al presente procedimento via fax al n.
081-8252943, ovvero all’indirizzo di posta elettronica
accertamento del possesso dei requisiti di ammissione.
In caso di carenza degli stessi, l'UPT dispone l'esclusione
immediata dei candidati, in qualsiasi momento della procedura
concorsuale”. Dunque per espressa previsione normativa i
candidati erano esonerati dall’allegare a tali dichiarazioni il
proprio documento di riconoscimento, sobbarcandosi la stessa
amministrazione procedente l’onere di verificare la veridicità di
quanto comunicato. Dunque, la norma di cui all’art. 38 comma
3 D.P.R. 445/2000 non può applicarsi alla fattispecie dedotta
poiché ne viene fatta esplicita deroga nel bando indetto. Esiste
dunque un ‘altra norma, di natura speciale, dettata proprio per
il concorso in oggetto, che deroga alla norma generale
richiamata da parte avversa. Lex specialis derogat generali. E
dunque la PAT, convenuta in giudizio, non può invocare
l’applicazione di una norma generale che, nel pieno della sua
autonomia e potestà legislativa e per il tramite della delibera
oggetto del presente giudizio, ella stessa ha deciso di ritenere
non operante, derogandovi. Ancora, il sig. Martino, al momento
della realizzazione delle prove selettive è stato identificato dalla
stessa amministrazione procedente per il tramite della sua carta
di identità. Con tale riconoscimento si è potuto constatare la
veridicità del contenuto delle dichiarazioni rese e richieste dal
bando. Di più, per la pubblicazione della graduatoria definitiva
la stessa amministrazione procedente ovviamente ha avuto
modo di elaborare i dati dell’odierno appellante, verificando
nuovamente il possesso dei requisiti richiesti, nulla potendo
opinare allo stesso e proclamandolo vincitore. Di contro, la
1Vedi pagina 8 della domanda.
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circostanza che il sig. Martino non abbia inviato il documento di
identità non né stato mai provato nel giudizio di primo grado da
parte resistente che si è limitata a deliberare l’esclusione dello
stesso, senza depositare alcuna prova. La stessa delibera è
stata contestata dal Martino anche in primo grado. E di fatti, la
raccomandata spedita alla Provincia di Trento era composta di 8
fogli e di un peso di 81 gr tale che, certamente, non può
escludersi la presenza anche della fotocopia del documento di
identità dell’appellante. Tant’è che la PAT si è ben guardata dal
depositare in giudizio la predetta domanda a riprova della
legittimità del proprio operato. Ma a tutto ciò deve aggiungersi
che secondo quanto disposto dall’articolo 18 della legge 7
agosto 1990 n. 241(comma 2)“i documenti attestanti atti,
fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del
procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso
dell’amministrazione procedente ovvero sono detenuti,
istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni.
L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i
soli elementi necessari per la ricerca dei documenti” e che
(comma 3)“parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile
del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa
amministrazione procedente o l’altra pubblica amministrazione è
tenuta a certificare”. Dunque l’esclusione dell’appellante era
illegittima anche perché la PA avrebbe potuto ritenere provate
le dichiarazioni rese dal Martino in quanto dati già in possesso
della PAB laddove l’odierno appellante ricopre il ruolo di
docente/supplente con incarico annuale. E dunque le doglianze
di parte avversa non potevano essere in alcun modo accolte
anche perché a norma dell’art. 38, terzo comma, del D.P.R. 28
dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia di documentazione amministrativa)
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la presentazione di copia fotostatica di un documento di identità
è espressamente prevista per le dichiarazioni sostitutive di atto
di notorietà (disciplinate dall’art. 47 D.P.R. n. 445/00) e non
anche per le dichiarazioni sostitutive di certificazioni
(disciplinate dall’art. 46 D.P.R. 445/00). Nella domanda si
doveva dichiarare quanto desumibile da un certificato del
Casellario Giudiziario Generale e dei Carichi pendenti o
comunque di informazioni già in possesso della Provincia di
Bolzano (e quindi acquisibili dalla Provincia di Trento) laddove il
Martino è iscritto nelle graduatorie di III fascia. Dunque non
solo i dati richiesti erano ricercabili e facilmente reperibili
dall’amministrazione procedente, ma non necessitavano essi
stessi alcun documento di riconoscimento per espressa
previsione normativa. D’altronde anche il legislatore italiano
sembra aver da tempo superato l’interpretazione formale del
cit. ast. 38 del D.P.R., cui si rimanda in sentenza, per le istanze
rivolte alla pubblica amministrazione. E difatti il decreto-legge
24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e
la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici
giudiziari), convertito, con modificazioni in legge 11 agosto
2014, n. 114, ha modificato con l’art. 39, rubricato
«Semplificazione degli oneri formali nella partecipazione a
procedure di affidamento di contratti pubblici», gli articoli 38 e
46 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 che riguardano
– rispettivamente – i requisiti di ordine generale occorrenti per
la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti
pubblici e i documenti e le informazioni complementari, nonché
la tassatività delle cause di esclusione. La disposizione
dell’articolo 39 è collocata nel titolo IV del d.l. 90/2014,
che riguarda le «Misure per lo snellimento del processo
amministrativo e l'attuazione del processo civile telematico».
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Tale collocazione deve essere tenuta in considerazione, ai fini
dell’esatta individuazione della sua portata espansiva, in
un’ottica di deflazione del contenzioso amministrativo in materia
di appalti pubblici, di cui una parte alquanto rilevante riguarda
la fase di ammissione ed esclusione dalla gara (spesso per
questioni di carattere puramente formale) ovvero contestazioni,
da parte di alcuni concorrenti, in ordine all’ammissione di altri2.
D’altronde già prima della novella la giurisprudenza
amministrativa [Cons. St., sez. III, 6 febbraio 2014, n. 583; sez. V, 9
dicembre 2013, n. 5883 e poi anche Ad.Pl. Cons. St. n. 16 del 30 luglio
2014], secondo un’interpretazione sostanzialistica della norma in
esame, valorizzava una lettura teleologica, affermando che il
primo comma dell’art. 38 del decreto citato prevedesse
l’esclusione dalla gara in presenza del dato sostanziale del
mancato possesso dei prescritti requisiti, senza che la mancata
allegazione del documento di identità potesse travolgere la
validità dell’istanza proposta. Pertanto, solo l’insussistenza in
concreto delle cause di esclusione previste dall’art. 38 citato,
2Per effetto di tale novella legislativa, è stato inserito nell’art. 38 del Codice, il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale “la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000” euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte».
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avrebbe comportato ope legis il predetto effetto espulsivo.
Effetto che, del resto, anche l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE
contempla solo nell’ipotesi di grave colpevolezza e di false
dichiarazioni nel fornire informazioni, non ravvisabile nel caso in
cui il concorrente non consegua alcun vantaggio in termini
competitivi, essendo in possesso di tutti i requisiti previsti.
Infine, è intervenuto il nuovo comma 1-ter, introdotto nella
norma dall’art. 39 del D.L. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014,
il quale prevede che “Le disposizioni di cui all’articolo 38,
comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza,
incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni,
anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai
concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di
gara”. Dunque in materia di appalti pubblici sussiste il principio
del soccorso istruttorio [ ex art. 83 Lgs. 50/2006 in merito già Tar
Molise sentenza n.444/2016] addirittura anche per quegli elementi
che vengono richiesti nel bando. D’ altronde anche l’art. 6
comma 1, lett. B) della L. 241/1990, prevede che il
Responsabile del procedimento possa chiedere il rilascio di
dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o
incomplete. La PAT,dunque, con la determina 32/2016, ha
invece operato in dispregio di tali previsioni e principi di diritto,
escludendo illegittimamente il sig. Martino dal pubblico
concorso.
Ancora, neanche è vero, come si scrive nella sentenza
impugnata che la circostanza della mancata allegazione del
documento di identità è rimasto incontestato nel giudizio di
primo grado. Invero, a seguito della determina 32/2016 che per
l'appunto escludeva il Martino dalla procedura concorsuale, è
stato proposto ricorso per motivi aggiuntivi. Dagli atti di causa
agevolmente potrà desumersi tale evento, ritenendo ancorché
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valide e riproponibili le censure a suo tempo palesate dall’altra
difesa dell’odierno appellante. La P.A. esclude alcuni candidati
sulla base di mancata allegazione di documenti non richiesti.
Tale circostanza realizza l’eccesso di potere di cui era stata
tacciata la predetta determina.
Per tutto quanto sopra è dunque palese l’illegittimità non solo
dell’operato della P.A., ma anche della sentenza impugnata che
va riformata, in dispregio del ragionamento sostenuto da parte
avversaria nel primo grado di giudizio.
3. L’accoglimento delle succitate eccezioni preliminari ha
quindi impedito al giudice di prime cure di procedere alla
valutazione delle questioni di merito sollevate in primo grado e
che qui si intendono per integralmente riproposte. Nello
specifico, il sig. Martino chiede che venga applicata alla
fattispecie dedotta la normativa in deroga di cui all’art. 402 del
D.lgs 297/1994, alla l. 341/1990 e al D.M. 460/98, la stessa che
la medesima odierna autorità adita ha ritenuto operante per
fattispecie similari [v. CdS. sentenza 105/2015]. È indubbio infatti
che, quale norma speciale, tale disciplina deve trovare
applicazione anche per la posizione del Martino, ancorché sia
sopravvenuta una disciplina successiva (l.107/2015). Il criterio
della specialità prevale su quello cronologico. Ed infatti
l’appellante ha conseguito il suo titolo-che dà accesso
all’insegnamento per la classe A041 (ex A042)- Laurea
Specialistica 35/s in ingegneria informatica solo il 22.4.2013
non potendo,quindi, senza sua colpa, conseguire l’abilitazione
ad oggi richiesta dal bando impugnato. Ed infatti, terminati gli
studi all’Università di Siena, l’appellante dopo aver conseguito
l’abilitazione alla professione di Ingegnere, si è subito iscritto
nelle graduatorie di III fascia dell’Autonoma Provincia di
Bolzano, laddove è stato chiamato ad insegnare proprio per la
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classe A041. Ad oggi ricopre tale incarico. Appena laureato non
ha esitato a conseguire ogni ulteriore possibile titolo per
completare la sua formazione, non esimendosi neanche dallo
scendere direttamente in campo e iniziare nel concreto la
professione di insegnante. Né la Provincia di Bolzano, né quella
di Trento hanno tuttavia pensato fosse utile indire un bando per
conseguire l’abilitazione all’insegnamento utile per la classe di
concorso A041. Tuttavia ad oggi, mentre la Provincia Autonoma
di Bolzano non recepisce pedissequamente la normativa statale
e, giovandosi della sua autonomia, indice un bando destinato
solo agli insegnanti di sostegno (sapendo di non aver abilitato
quelli appartenenti alla classe di appartenenza del Martino), la
Provincia Autonoma di Trento [pure essa autonoma!] indice
un bando di accesso al pubblico impiego senza aver proceduto
al completamento della formazione di quanti avevano
conseguito la laurea in Ingegneria. Dal 2013 ad oggi la
Provincia Autonoma di Trento non ha messo a disposizione
alcun TFA che il sig. Martino- seppure con notevoli difficoltà-
avrebbe potuto frequentare insegnando nella vicina Bolzano.
Pertanto non può non ritenersi applicabile la normativa
derogatoria che è stata invocata dalla Suprema Corte adita,
proprio per sopperire alle lacune eventualmente concretizzate
dalla PA operante. La PAT non può legittimamente impedire
l’accesso ad un pubblico concorso per quanti non abbiano, per
colpa della stessa amministrazione procedente, potuto
conseguire l’abilitazione richiesta. Di contro, ritenendo che tale
requisito potesse essere acquisito altrove e non nella stessa
Provincia Autonoma, significherebbe disconoscere la
particolarità della Provincia di Trento e disapplicare non solo lo
stesso Statuto, ma tradire quanto contenuto nel precetto di cui
all’art. 117 della nostra Costituzione. Quest’ultimo, infatti, non
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inserisce tra le materie di potestà esclusiva e concorrente dello
Stato proprio l’istruzione e la formazione. Dal comb. disp
dell’art. 8 St. Au. e dall’art. 117 Cost. discende, pertanto,
l’ampio potere legislativo di cui è titolare la Provincia di Trento
in materia di istruzione, formazione e assunzione del personale
docente, che ha l’onere di formare i docenti in maniera
adeguata alche possano partecipare al pubblico concorso che
vorrà indire. Di contro prenderebbe piede la ricostruzione
secondo cui la PAT non solo sarebbe asservita alla normativa di
cui alla legge 107/2015, ma sarebbe anche costretta ad indire
un bando che ricopia pedissequamente quello del Miur [anch’esso
tacciato innanzi alle sedi competenti di illegittimità!], senza tener conto
che delle diversità concretizzatisi nel territorio trentino, e
decretandosi l’esclusione dal pubblico concorso per tutti quanti
non hanno avuto la possibilità di conseguire l’abilitazione,
perché non predisposta dalla stessa
PAT. Ma il Miur, che emette un bando di rilevanza nazionale,
poteva richiedere il requisito dell’abilitazione all’insegnamento
allorquando nello stesso territorio nazionale erano stati attivati-
e lo si è fatto- dei corsi di formazione per le classi concorsuali
richieste nel bando emesso dal MIUR. Se infatti si ritiene indire
nella Provincia di Trento un bando di concorso diverso da
quello emesso dal MIUR [che non trova applicazione
nell’autonoma provincia di Trento!], vorrà dire che, in relazione
alla peculiarità del territorio e dell’assetto sociale, è previsto che
la Provincia si adegui sì alla normativa nazionale, ma adottando
la delibera che meglio risponde alle esigenze locali. Questo
significa produrre un bando alla luce di quanti e quali corsi di
formazione sono stati realizzati nella provincia di Trento. Così si
concretizza il potere legislativo esclusivo della Provincia
Autonoma di Trento per le ipotesi di cui all’art. 8 St. Au.-In
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merito, già la Corte Costituzionale con la sentenza del 1999 n.
425 ha affermato che "l'esistenza di una normativa comunitaria
comportante obblighi di attuazione nazionali non determina, di
per se', alcuna alterazione dell'ordine normale delle competenze
statali, regionali o provinciali, conformemente al principio che
l'ordinamento comunitario è, in linea di massima, indifferente
alle caratteristiche costituzionali (accentrate, decentrate,
regionali o federali) degli Stati membri, alla luce delle quali
hanno da svolgersi i processi nazionali di attuazione; lo Stato,
tuttavia, per la forza della responsabilità ch'esso porta sul piano
comunitario, e per la particolare cogenza che tale responsabilità
assume nell'ordinamento costituzionale in conseguenza dell'art.
11 della Costituzione, è tenuto e quindi abilitato a mettere in
campo tutti gli strumenti, compatibili con la garanzia delle
competenze regionali e provinciali, idonei ad assicurare
l'adempimento degli obblighi di natura comunitaria (sentenza n.
126 del 1996). La ricerca di un equilibrio il più possibile
rispettoso delle esigenze costituzionali poste dalla pluralità delle
competenze, da un lato, e dall'unitarietà della responsabilità,
dall'altro, è approdata alla soluzione configurata organicamente
dalla legge contenente le norme generali sulla "partecipazione
dell'Italia al processo normativo comunitario" (legge n. 86 del
1989), basata, per un verso, sul potere delle Regioni ad
autonomia speciale e ordinaria e delle Province autonome di
Trento e Bolzano di dare immediata attuazione alle direttive
comunitarie, nell'esercizio delle loro competenze legislative
esclusive o concorrenti (….) e, per l'altro verso, sul potere dello
Stato di dettare tutte le disposizioni necessarie per
l'adempimento degli obblighi comunitari, disposizioni peraltro
applicabili, nelle Regioni e nelle Province autonome, soltanto nel
caso in cui manchino leggi regionali o provinciali (siano esse
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successive o anteriori) adeguate agli obblighi stessi (art. 9,
comma 4). Allo Stato, dunque, il compito di supplire
all'eventuale inerzia con proprie norme, colmando la lacuna;
dunque alle Regioni e alle Province autonome è
concesso il potere di far uso in qualunque momento
delle proprie competenze, rendendo di conseguenza
inapplicabile la normativa statale. Da ciò deriva che
ordinariamente, nel caso dell'attuazione di direttive comunitarie,
la "rivendicazione" delle competenze regionali e provinciali deve
avvenire non attraverso la contestazione nel giudizio
costituzionale della normativa statale ma attraverso l'esercizio
concreto delle proprie competenze: competenze il cui possibile
esercizio, secondo il sistema descritto, perdura intatto". Per
l’effetto in virtù dell’art. 8 dello Statuto di Autonomia, la
Provincia Autonoma di Trento non ha nessun obbligo
incondizionato nei confronti della l.107/2015 sen non quello di
adeguarsi ai “principi generali” dello Stato. Ma è evidente
che, qualora vi sia una norma che chiaramente non è in
sintonia, neanche con la normativa comunitaria, e che appare
inapplicabile per ragioni tecnico-fattuali al territorio trentino,
nessuna asseverazione è dovuta. Tanto più che la legge
n.107/2015 viene indicata nello stesso contestato bando, come
matrice d’impulso dalla quale è generata la necessità per la
PAT, visto il protocollo di intesa tra la Provincia e il Miur, di
predisporre un bando di concorso per l’assunzione di nuovo
personale docente. Dunque solo matrice, impulso non dictat.
Nel pieno della sua potestà legislativa, la PAT che con
deliberazione n. 269 del 4.3.2016, indice il bando di concorso
contestato per l’assunzione del personale docente [indicando i
requisiti di ammissione in piena autonomia e senza richiami di sorta, facendo
salva la possibilità di fare opposizione allo stesso bando], e nel farlo
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certamente avrebbe potuto far riferimento alla disciplina
derogatoria già ritenuta applicabile dallo stesso Consiglio di
Stato. Ed infatti, né per il primo ciclo né per il II ciclo TFA la
Provincia Autonoma di Trento (ma neanche quella di Bolzano)
ha predisposto un corso per il conseguimento dell’abilitazione
nella classe di concorso A041. La mancata istituzione di un
corso abilitante per la classe di concorso A041 nella Provincia
Autonoma di Trento è il presupposto dell’illegittimità di quanto
lamentato dai ricorrenti e dal sig. Leonardo Martino.
Diversamente opinando, sarebbe come se il Miur emettesse un
bando di concorso per l’accesso all’insegnamento nel territorio
italiano solo per coloro i quali hanno conseguito l’abilitazione
ovvero anche la laurea nel territorio Trentino. Fermo restando il
riconoscimento reciproco dei titoli di formazione conseguiti
dentro e fuori Trento, è evidente che il Miur non può richiedere
titoli di formazione diversi da quelli che esso stesso ha
predisposto. Di fatto, con il contestato bando, la PAT impedisce
che un precario non abilitato venga stabilizzato alle proprie
dipendenze, non per “irresponsabilità” individuale, ma per
impedimento imposto dalla stessa amministrazione resistente.
Va da se che non predisponendo tali percorsi formativi, deve
necessariamente trovare applicazione la normativa derogatoria
già richiamata. Dunque, in mancanza di un percorso abilitativo
per la classe di concorso A041 nella Provincia autonoma di
Trento, la fattispecie dedotta (seppure post l.107/2015) è
certamente assimilabile a quelle di cui si è già occupato il
supremo Consiglio di Stato, esitato con la sentenza 105/2015 di
accoglimento. Ancora, a sostegno della correttezza
dell’ermeneutica di cui sopra, si fa notare che la stessa
Provincia di Trento, avvalendosi dell’autonomia, non ha voluto
recepire molti aspetti della Legge su “La Buona Scuola”, come
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ad esempio le immissione in ruolo di numerosi docenti precari
(fase A-B-C). A tutto ciò si aggiunge il fatto che
l’Amministrazione provinciale ha deciso di non aprire le
graduatorie e di non aggiornare le esistenti, così come invece è
avvento nel resto d’Italia. Quindi quando ha voluto si è saputa
ben discostare dalla normativa statale. Ancora, di notevole
importanza è altresì la circostanza che il concorso del 2016 è il
primo dal 2002 (ultimo concorso in cui non era richiesta
l’abilitazione) indetto dalla Provincia di Trento per la classe di
concorso A041. Dunque per più di 10 anni la PAT non ha
indetto alcun concorso per la classe di riferimento e quando lo
fa, indice un bando a cui non tutti possono partecipare per sua
stessa omissione. Per il precedente concorso del 2012 la stessa
PAT aveva previsto l’applicabilità della disciplina derogatoria.
Ritenerla non applicabile per quanti, appartenenti a classi non
indette nel 2012 ma solo nel successivo 2016, significa
acconsentire ad un intollerabile disparità di trattamento che va
tacciata d’illegittimità.
Sulla base di tutto quanto sopra, non si capisce perché in alcuni
casi la Provincia di Trento si avvale della famosa autonomia ed
in altri no, rinnegandola, come nel presente giudizio, per mera
utilità processuale. Per tale il ricorso in oggetto va accolto
4. VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA 2005/36/CE,
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 4 DEL
D.LGS N. 206/2007.VIOLAZIONE DEL D.M. 30 GENNAIO
1998 N.39 E SUCC.MOD.-
La normativa comunitaria, già recepita da quella statale,
riconosce alle lauree,tutte, la qualifica di titolo abilitante, per
cui l’esclusione del ricorrente è illegittima. In ossequio alla
predetta è professionalizzante lo stesso titolo di ingegnere
posseduto dal Martino. I titoli conseguiti in Italia, in quanto
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Stato membro dell’Unione Europea, rientrano nella definizione
di “titolo di formazione” e quindi di “qualifica professionale”
utile all’esercizio della “professione regolamentata”. I termini di
“abilitazione” e/o “idoneità” non rientrano tra le definizioni
adottate dalla citata Direttiva o del relativo Decreto di
attuazione e debbono quindi ritenersi sostituiti dalla più
generale definizione di “qualifica professionale” adottata dalla
citata Direttiva 2005/36/CE. Gli stessi titoli infatti non
rappresentano, ai sensi della stessa normativa, una “formazione
regolamentata”, ma una mera procedura amministrativa
appartenente ad una modalità di reclutamento attuata in forma
non esclusiva dallo Stato italiano. Il diritto all’esercizio della
professione avviene non in virtù di tali procedure, ma in virtù di
idoneo titolo di accesso conseguito secondo le vigenti
disposizioni di legge; il D.M. 38/1998 ha attribuito al titolo
accademico- laurea- il valore di titolo di accesso all’esercizio
della professione di docente e quindi, in applicazione della
normativa comunitaria, di titolo idoneo all’esercizio della
professione regolamentata, ovvero “qualifica professionale”.
Dunque gli eventuali titoli conseguiti in aggiunta al titolo di
accesso- abilitazione ovvero idoneità- devono essere intesi quali
specializzanti o di aggiornamento professionale e non vincolanti
ai fini dell’esercizio della stessa professione. A ciò si aggiunga
che nello stesso bando del MIUR sono stati dichiarati abilitanti
all’insegnamento lauree e diplomi in tutto e per tutto simili alle
lauree italiane, ma acquisiti all’estero. Per l’effetto,l’appellante
legittimamente ha partecipato al concorso indetto, risultandone
vincitore e ha dunque diritto alla conseguenziale assunzione
nella Provincia di Trento.
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Per tutto quanto sopra esposto il sig. Leonardo Martino, ut
supra, propone
appello
affinché l’Ecc.mo Consiglio di Stato Voglia così provvedere:
-ACCOGLIERE il ricorso in appello per le su spiegate
motivazioni e per le stesse meglio estrinsecate nell’atto di
ricorso principale e quelli per motivi aggiuntivi proposti innanzi
al TRGA di Trento di cui al punto 1,primo e terzo motivo lettera
A, quarto motivo lettera B, quinto e sesto motivo del ricorso
introduttivo, che qui si intendono per integralmente trascritti
per quanto di rilevanza per l’appellante;
- per l’effetto, DICHIARARE l’illegittimità/inapplicabilità nel
caso di specie del bando impugnato e di tutti gli atti
presupposti, connessi e/o consequenziali con specifica della
determina della Giunta Provinciale di Trento la n.32/2016 di
esclusione dell’appellante dal concorso in oggetto;
- RIFORMARE E/O ANNULLARE la sentenza di primo grado
e per tale effetto, DICHIARARE efficace e applicabile alla
fattispecie dedotta la normativa derogatoria di cui all’art. 402
del D.lgs 297/1994, alla l. 341/1990 e al D.M. 460/98 ovvero la
normativa comunitaria di cui alla Direttiva 2005/36/CE;
- per l’effetto,DICHIARARE valida la procedura cartacea di
presentazione della domanda di partecipazione al concorso,
rigettando l’eccezione della mancanza di allegazione della carta
di identità per quanto sopra esposto;
- e, in ogni caso,ORDINARE la pubblicazione della graduatoria
definitiva dei vincitori di concorso per la classe A041 così come
già realizzata eliminando però la riserva nei confronti del sig.
Leonardo Martino, con tutte le conseguenze di legge;
Avv. Silvio Sepe Patrocinante in Cassazione
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-il tutto con vittoria di spese, competenze e onorari di entrambi
i gradi di giudizio, oltre al rimborso dei contributi unificati
versati.
***
Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il presente
procedimento attiene a materia di pubblico impiego ed è di
valore indeterminato, per cui il relativo versamento sarà pari a
€ 325,00, aumentato della metà, ovvero € 487,50. Si allegano
documenti come da foliario.
Si ha fiducia.
Avella,16.6.2017
Avv. Silvio Sepe
Istanza per la determinazione delle modalità della
notificazione ai sensi dell’art.151 c.p.c.
Il sottoscritto procuratore che assiste, rappresenta e difende
l’appellante,giusta procura in calce al presente atto,
premesso che
-il ricorso in appello ha ad oggetto l’accertamento del diritto del
ricorrente ad essere dichiarato idoneo alla partecipazione al
concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo
indeterminato del personale della scuola secondaria di primo e
secondo grado, per 367 cattedre e 110 posti di sostegno nelle
istituzioni scolastiche provinciali a carattere statale della
Provincia Autonoma di Trento;
-che ai fini dell’integrale instaurazione del contraddittorio, il
ricorso ut supra, deve essere notificato a tutti i candidati
potenzialmente controinteressati, ossia a tutti quelli
Avv. Silvio Sepe Patrocinante in Cassazione
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appartenenti alle classi di concorso A041 che sono in possesso
di un titolo di abilitazione ovvero di idoneità;
rilevato che
- in primo grado erano stati inizialmente convenuti in qualità di
controinteressati i soli Valentina Livigni (classe A022), Elisa