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CAPITOLO 1 – IL DIRITTO TRIBUTARIO Attività finanziaria degli enti pubblici e la sua regolamentazione giuridica Per svolgere le sue funzioni, un ente pubblico deve contare su una disponibilità finanziaria che può derivare dal proprio patrimonio o da mezzi forniti dai soggetti con cui l’ente si relaziona. Nella normalità dei casi il patrimonio dell’ente non è capiente per fronteggiare la spesa pubblica, per cui il principale strumento di finanziamento è rappresentato da un periodico flusso finanziario volontariamente (spesa finanziata mediante l’indebitamento dell’ente nei confronti di banche o di risparmiatori, che procurano i fondi necessari in base a rapporti di mutuo ovvero mediante la redditività di attività economiche gestite direttamente dall’ente pubblico o con l’affidamento in concessione a terzi) o coattivamente proveniente da terzi (finanziamento si realizza con entrate coattive che danno luogo ad un trasferimento definitivo di ricchezza a favore dell’ente: ciò è giustificato dalla appartenenza del soggetto obbligato all’ente). Ora, la parola “tributo”, “imposta”, “tassa”, “contributo” hanno come centro un obbligo, la cui fonte però non è ricollegabile a una manifestazione di volontà, bensì ad un’imposizione non volontaria. Il ricorso a forme non volontarie di finanziamento delle spese pubbliche (prevalentemente rivolte verso i soggetti partecipanti all’organizzazione sociale) rappresenta la regola degli ordinamenti civili. Una regolamentazione giuridica della partecipazione individuale ai carichi pubblici non è stata necessaria fino all’avvento dello Stato moderno. Questo perché nel cosiddetto “Stato assoluto”, patrimonio personale del re = finanza pubblica (quindi il tributo rappresentava la logica esternazione e uno degli strumenti di incremento). Successivamente si giunse ad una separazione tra patrimonio del re e tra la finanza pubblica, tuttavia la regolamentazione giuridica del tributo veniva a confondersi con le caratteristiche proprie dell’investitura feudale (che 1
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APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Apr 21, 2023

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Page 1: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

CAPITOLO 1 – IL DIRITTO TRIBUTARIO

Attività finanziaria degli enti pubblici e la sua regolamentazione giuridica

Per svolgere le sue funzioni, un ente pubblico deve contare su una

disponibilità finanziaria che può derivare dal proprio patrimonio o da

mezzi forniti dai soggetti con cui l’ente si relaziona. Nella normalità

dei casi il patrimonio dell’ente non è capiente per fronteggiare la spesa

pubblica, per cui il principale strumento di finanziamento è

rappresentato da un periodico flusso finanziario volontariamente (spesa

finanziata mediante l’indebitamento dell’ente nei confronti di banche o

di risparmiatori, che procurano i fondi necessari in base a rapporti di

mutuo ovvero mediante la redditività di attività economiche gestite

direttamente dall’ente pubblico o con l’affidamento in concessione a

terzi) o coattivamente proveniente da terzi (finanziamento si realizza

con entrate coattive che danno luogo ad un trasferimento definitivo di

ricchezza a favore dell’ente: ciò è giustificato dalla appartenenza del

soggetto obbligato all’ente).

Ora, la parola “tributo”, “imposta”, “tassa”, “contributo” hanno come

centro un obbligo, la cui fonte però non è ricollegabile a una

manifestazione di volontà, bensì ad un’imposizione non volontaria. Il

ricorso a forme non volontarie di finanziamento delle spese pubbliche

(prevalentemente rivolte verso i soggetti partecipanti all’organizzazione

sociale) rappresenta la regola degli ordinamenti civili. Una

regolamentazione giuridica della partecipazione individuale ai carichi

pubblici non è stata necessaria fino all’avvento dello Stato moderno.

Questo perché nel cosiddetto “Stato assoluto”, patrimonio personale del

re = finanza pubblica (quindi il tributo rappresentava la logica

esternazione e uno degli strumenti di incremento). Successivamente si

giunse ad una separazione tra patrimonio del re e tra la finanza

pubblica, tuttavia la regolamentazione giuridica del tributo veniva a

confondersi con le caratteristiche proprie dell’investitura feudale (che

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univa una componente liberale, che si manifestava nell’atto di

infeudamento, con l’obbligo di certi servizi militari e amministrativi in

capo al feudatario). Con l’affermarsi poi dei principi dello Stato

moderno nonché del riconoscimento della partecipazione dei singoli alle

scelte pubbliche, ci fu una diversa visione del prelievo tributario, che

non era più forma di puro esercizio di sovranità bensì il principale

strumento di raccolta finanziaria destinata al sostenimento delle spese

pubbliche. Ad oggi la teoria si propone di concorrere alla realizzazione

di un razionale sistema impositivo che contemperi con norme fondate su

capisaldi dell’esperienza giuridica, l’interesse pubblico al prelievo

tributario con la garanzia dei diritti fondamentali dell’individuo

riconosciuti dalla legge.

Diritto finanziario e diritto tributario

Dall’inizio dell’800 si cominciò ad attuare la ricerca di un equilibro

tra esigenze finanziarie pubbliche ed economia privata. L’indagine

economica degli effetti del tributo pone in essere la necessità di tener

conto dell’esatta comprensione della funzione economica dello stesso per

garantire la giustizia nell’imposizione cui deve tendere il diritto

tributario.

Il diritto finanziario si poneva come settore specialistico del diritto

amministrativo: esso studiava prevalentemente i rapporti tra Stato e

cittadino coinvolti nella dinamica del finanziamento della spesa pubblica

e della gestione dei beni demaniali: vedeva infatti i suoi primi studiosi

proporre impostazioni mutuate dal diritto amministrativo. Cresceva però

l’interesse per il diritto tributario: esso concerneva la sua indagine

sui principi disciplinanti le entrate pubbliche derivanti da atti non

ricollegabili ad una manifestazione di volontà del soggetto su cui

incombeva l’obbligo della prestazione. L’esigenza di specificazione dello

studio giuridico su certi aspetti oggetto dell’indagine del diritto

finanziario ha portato successivamente alla autonomia accademica anche

della cosiddetta “contabilità di Stato”, disciplina diretta a studiare

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regole di amministrazione del patrimonio e delle entrate statali, per

fornire strumenti giuridici più adeguati per garantire controllo della

gestione della finanza pubblica. Causa progressiva crescita

dell’interesse per il diritto tributario, c’è stato un processo di

specificazione all’interno del diritto tributario, che ha trovato

corrispondenza anche in sede universitaria.

La classificazione dei tributi

All’evoluzione del diritto tributario non ha fatto seguito una attenzione

del legislatore nel recepimento dei principi che si elaboravano in sede

teorica per fornire un sistema tributario coerente con le finalità

economiche attribuite. Di conseguenza nei manuali di diritto tributario

la distinzione è stata proposta con una sorta di rinvio alle categorie

elaborate dalla scienza delle finanze, privilegiando il collegamento del

tributo a servizi pubblici divisibili o indivisibili (nel senso

dell’esistenza di un corrispettivo o di un vantaggio del privato in

connessione al pagamento del tributo). Si è invero proposta da alcuni

studiosi, tra cui Griziotti, una classificazione fondata sulle

caratteristiche giuridiche dei singoli tributi, come specificazione della

nozione di prestazione patrimoniale imposta elaborata dalla

giurisprudenza costituzionale interpretando il 23 Costituzione:

l’elemento differenziale è stato individuato nel diverso modo di

realizzazione della coattività insita nei diversi tributi (da cui imposta

= tributo acausale soggetto al limite costituzionale della capacità

contributiva ; negli altri tributi l’elemento della coattività si

manifesta secondo modalità diverse: a seguito di procedimento

amministrativo (tassa), nel concorso alla spesa pubblica specificatamente

vantaggiosa per il privato (contributo speciale), nel divieto

generalizzato all’esercizio di attività economica riservata all’ente

monopolista (monopolio fiscale). Secondo Tinelli questa è una

differenziazione meramente descrittiva (in quanto senza effetti dal punto

di vista della sistematica giuridica). 3

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In questo senso importante è stato il fatto che le cosiddette

“controversie tributarie” sono state dai d. lgs 545 e 546 del 1992

attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice speciale. L’art 2 del

546 parla di tributi “di ogni genere e specie, comunque denominati”: ciò

porta all’abbandono di una predeterminazione legale dell’ambito di

competenza giurisdizionale del giudice speciale tributario e quindi

l’opzione legislativa di attribuire all’interprete la ricerca della

nozione di tributo (ma anche di ritenere la qualificazione legale non

sufficiente ai fini della qualificazione dell’entrata come di carattere

tributario). La giurisprudenza di legittimità considera elementi

qualificanti la nozione di tributo (ma non sufficienti quando siamo

davanti a tributi molto vicini ad obblighi di fonte negoziale)

l’irrilevanza della volontà del soggetto obbligato e la destinazione del

gettito a finalità pubbliche. Per verificare se siamo davanti a un

tributo, occorre vedere se ci sia un nesso tra le attività riservate

all’ente pubblico e il prelievo. Rispetto poi alle altre forme di

estrinsecazione della pubblica autorità, il tributo si pone come

un’obbligazione pecuniaria finalizzata al concorso alle pubbliche spese.

Comunque sia, non offrendo la legge una definizione di tributo, la

qualificazione di un tributo come imposta/tassa/contributo, non

condiziona l’applicazione di norme tributarie di carattere generale che

il più delle volte si riferiscono al singolo istituto richiamato,

piuttosto che alla natura del tributo. Tinelli tuttavia tenta di fornire

una nozione di tributo: una prestazione coattiva disciplinata dalla legge

per consentire ad un ente pubblico la copertura del fabbisogno

finanziario necessario allo svolgimento della propria attività

istituzionale. Non fanno parte dei tributi: i contributi (qui il prelievo

rientra nella struttura del presupposto impositivo) e i monopoli fiscali

(elemento della coattività individuato nel divieto generalizzato di

svolgere attività economica riservata all’ente pubblico. qui manca però

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un rapporto obbligatorio tra privato ed ente pubblico avente ad oggetto

la copertura delle spese pubbliche).

Diritto tributario come diritto dell’imposta e la codificazione tributaria

L’imposta è attualmente il tributo che ha un ruolo sempre più centrale

(quasi esclusivo): questo perché in essa manca ogni forma di rilevanza

della volontà del destinatario del prelievo: qui infatti l’obbligazione

tributaria è ricollegabile solo al verificarsi del fatto contemplato

dalla legge come espressione di capacità contributiva e non alla volontà

del soggetto (che non può sottrarsi al prelievo se non evitando di porre

in essere il fatto rilevanza tributaria o violando la legge). Studiamo

quindi le norme regolanti imposte, verificando quando ci sia un esame di

tributi non qualificabili come imposte.

La regolamentazione giuridica dei singoli tributi è affidata a singole

leggi d’imposta ma addirittura anche a disposizioni tributarie contenute

in normative extratributarie destinate a fornire fonti di finanziamento

di una particolare spesa prevista dalla legge stessa. La dottrina in

questo senso ha cercato di sistemare organicamente una materia fuori

controllo legislativo, usano indicazioni di una giurisprudenza di

legittimità che ha concorso tra alti e bassi alla stabilizzazione di

alcuni principi. La funzione del diritto tributario deve proprio esser

quella di tutelare la certezza del diritto e la corretta attuazione

pratica. Il legislatore ha dimostrato scarsa attenzione all’esigenza di

una fissazione di principi generali del diritto tributario (o comunque

una raccolta ragionata di norme tributarie in 1 o più testi unici). In

direzione opposta sembrava muoversi la “legge delega per la riforma del

sistema fiscale statale” (l.80/2003), che doveva realizzarsi con

l’eliminazione della gran parte dei tributi a fronte dell’introduzione di

5 imposte (ordinate in un unico codice articolato in parte generale con

la disciplina comune dell’istituzione e parte speciale in cui si dovevano

raccogliere disposizioni concernenti singole imposte su cui veniva5

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fondato il sistema tributario statale. Tuttavia la delega non è stata

attuata, specie per il rischio di una perdita di gettito connessa a una

riforma della normativa. Il diritto tributario è quindi in crisi: a ciò

non si può rimediare se non con un rinnovato interesse nella ricerca di

principi interpretativi generalmente condivisi al fine di giungere alla

realizzazione di una codificazione tributaria “accademica” che ponga le

basi di una certezza del diritto partendo dalla ricostruzione della

logica economica delle scelte legislative.

CAPITOLO 2 – LA NORMA TRIBUTARIA

La struttura della norma tributaria

Il contesto legislativo tributario ha dentro di se una serie di

definizioni, regole procedurali, strumenti di garanzia che in altri campi

del diritto formano oggetto di autonoma previsione legislativa e di

separato approccio scientifico. È poi inevitabile notare la centralità

della funzione amministrativa sin dalla stessa fase della predisposizione

dei testi normativi, che arriva anche ad invadere la fase

dell’interpretazione della stessa norma tributaria, con soluzioni

creative e dirette a massimizzare il gettito. Tuttavia attualmente non si

può dubitare della natura giuridica della norma tributaria, ma i profili

sopraelencati concorrono a far apparire il diritto tributario come

diritto di serie inferiore (integrabile dalle interpretazioni anche contra legem offerti

delle parti in causa, come ad esempio l’interpretazione della legge tributaria fornita

dall’Amministrazione finanziaria con circolari, risoluzioni, note ecc: cosiddetta “dottrina

dell’amministrazione finanziaria”, con il tacito consenso di un sistema di tutela giurisdizionale non

ancora abituato a una visione imparziale del rapporto d’imposta). L’analisi della norma

tributaria consente all’interprete di cogliere precisamente una scelta

legislativa diretta a fondare sul principio di legalità il prelievo

tributario, lasciando all’amministrazione la cura dell’attuazione

sostitutiva della norma stessa nell’ambito di una funzione di controllo

di autonoma rilevanza sistematica. Il principio di legalità (23cos)

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impone la regolamentazione giuridica, con norme primarie,

dell’imposizione tributaria nella sua dimensione sostanziale, lasciando

la disciplina attuativa del tributo ad altre e diverse disposizioni

disciplinanti l’attività della P.A.

Lo studio della norma tributaria (da farsi con metodo giuridico) deve

partire dall’analisi della struttura giuridica usata dalla legge per

consentire la produzione di effetti finalizzati al prelievo tributario e

successivamente deve esaminare le regole procedurali apprestate dalla

legge per consentire la produzione di tali effetti o attuazione

secondaria in sede di controllo. Secondo Tinelli è possibile affermare

l’esistenza di una linea comune di tecnica legislativa nella costruzione

del tributo, ruotante su due dimensioni della norma tributaria: una

struttura normativa statica (in cui si può distinguere la fattispecie

impositiva dalla obbligazione tributaria che ne rappresenta l’effetto

(qui la legge regolamenta il rapporto obbligatorio nascente per effetto

del verificarsi del fatto ipotizzato dalla fattispecie, intervenendo con

certe disposizioni per tutelare la funzione pubblica dell’obbligazione

d’imposta). In questo ambito della struttura normativa statica la legge

descrive in via teorica il fatto a rilevanza tributaria, individuando i soggetti tenuti al

pagamento del tributo e dispone la misura del tributo stesso: in pratica con la

fattispecie teorica si individuano dimensioni e modalità del prelievo

tributario relativamente a una certa espressione di capacità contributiva

ipotizzata dalla legge che recepisce la scelte di ordine politico-

economico) e su una struttura normativa dinamica (in cui trova disciplina

la fase della traduzione della fattispecie astratta in concreta

imposizione. Mediante questa struttura dinamica si attua la

concretizzazione del prelievo tributario riguardo a specifiche

espressioni economiche riconducibili alla fattispecie teorizzata dalla

legge. La fattispecie statica disciplina in termini generali ed astratti

fatti economici idonei a consentire la più equa ripartizione delle spese

pubbliche; la fattispecie dinamica assicura la corretta rappresentazione

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del fatto a rilevanza tributaria e la tendenziale corrispondenza tra

fattispecie astratta e risultato in termini finanziari.

La fattispecie tributaria

Nella struttura della fattispecie tributaria statica si possono

distinguere alcuni elementi essenziali: il 1° è il cosiddetto

“presupposto d’imposta”: costituisce il risultato della giuridicizzazione

del fatto economico alla base del tributo. In pratica nella disciplina

del presupposto il legislatore trasforma in una norma giuridica l’oggetto

economico del tributo (determinando regole individuative, modalità di

tassazione, collegamento del presupposto a un soggetto: da cui imposte

personali dove il prelievo tributario avviene considerando la complessiva

situazione personale del soggetto passivo e reali dove è colpita la

manifestazione della capacità giuridica in quanto tale senza contare

della situazione soggettiva del debitore dell’imposta). Dalla struttura

legale del presupposto dipende la classificazione delle imposte in

dirette (colpiscono il possesso di un reddito o la titolarità di un

patrimonio) e indirette (rappresentate da ogni altra imposta in cui la

capacità contributiva è desumibile indirettamente con atti negoziali o

consumi). Sempre dal presupposto abbiamo imposte periodiche (colpiscono

la forza economica espressa in un periodo temporale)e d’atto (colpiscono

la forza economica espressa in un certo atto giuridico o economico).

Sempre dal presupposto abbiamo imposte su base territoriale o mondiale.

Altro elemento essenziale della fattispecie è la disciplina della “base

imponibile”: essa ricorre in tutti i casi in cui l’oggetto economico

definito nel presupposto non si presenti in una somma di denaro e

richieda un’attività di stima. In tal caso la legge fornisce strumenti di

valutazione del peso economico del presupposto selezionando regole

tecniche rispondenti allo scopo voluto dalla legge fino a trasformarle in

norme giuridiche caratterizzate dai tratti peculiari della

generalità/astrattezza propri del metodo giuridico. Ora la distinzione

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Page 9: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

tra disciplina del presupposto e quella della base imponibile non è

sempre netta.

Altro elemento essenziale della fattispecie è la disciplina del “soggetto

cui si imputano gli effetti della fattispecie”. Questa disciplina

riguarda le caratteristiche proprie del soggetto cui vengono a imputarsi

effetti attivi e passivi del rapporto obbligatorio nascente dal

meccanismo applicativo del tributo. Ci sono dei casi in cui la disciplina

del tributo richiede strutturalmente la regolamentazione dei soggetti cui

devono darsi gli effetti obbligatori: da qui le cosiddette “imposte

personali” (in cui la capacità contributiva contemplata come oggetto del

prelievo è collegata al soggetto, per cui il relativo prelievo deve

commisurarsi alla situazione personale o familiare)

Altro elemento essenziale della fattispecie attiene alla “misura della

ricchezza prelevata”: questa deve essere determinata dalla legge e

quest’ultima potrà prevedere il tributo in una misura fissa (es. imposta

di bollo)ovvero potrà individuare in una quota della base imponibile

l’importo del prelievo: la c.d.”aliquota” (che potrà essere proporzionale

per cui non varierà col modificarsi della base imponibile; progressiva

per cui aumenterà con l’aumentare della base imponibile. La progressività

potrà essere “a scaglioni aggiuntivi” dove la base imponibile è suddivisa

in scaglioni su ciascuno dei quali si applica un’aliquota crescente

ovvero “continua” laddove su tutta la base imponibile è applicata l’unica

aliquota corrispondente allo scaglione d’ammontare più elevato). Infine

c’è l’aliquota regressiva per cui diminuirà con l’aumentare della base

imponibile). La Costituzione al 53 esprime preferenza per un’impostazione

progressiva (ritenendola maggiormente perequativa ex 3).

Il principio della capacità contributiva

Il 53 1° Costituzione dice che: “Tutti (collegamento col principio

d’uguaglianza) sono tenuti a concorrere alle pubbliche spese in ragione

della loro capacità contributiva”. Viene introdotto quindi questo

fondamentale principio. Questa norma non è l’affermazione costituzionale9

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del dovere tributario, in quanto ciò si trova nel 2 Costituzione che

condiziona questo dovere all’appartenenza allo stato. Con questa norma si

è voluto assolutamente escludere il ricorso al tributo al fine di

realizzare finalità politiche o discriminative. Ragion per cui se una

norma è fondata su una valutazione non corretta della base economica del

tributo, sarà sicuramente di dubbia costituzionalità, ma sarà tuttavia

cogente fino alla dichiarazione di incostituzionalità, fermo restando la

possibilità di attenuare gli effetti in sede di interpretazione

adeguatrice e costituzionalmente orientata. La capacità contributiva

prevede l’adeguamento della fattispecie astratta ad altri indicatori di

idoneità economica del soggetto chiamato a rendersi compartecipe delle

pubbliche spese. Il principio discende dal principio d’uguaglianza ex 3

Costituzione La norma impone al legislatore nella costruzione della

fattispecie tributaria un “principio di ragionevolezza economica del

tributo” sia in senso oggettivo (da intendersi che il fatto a rilevanza

tributaria deve rappresentare un fenomeno suscettibile di apprezzamento

economico, dovendo esprimere un’attitudine a consentire la partecipazione

ai carichi pubblici) che in senso soggettivo (nel senso che si deve

verificare dalla ricchezza espressa nel fatto, la capacità del soggetto

di rendersi compartecipe alle spese pubbliche). La giurisprudenza

Costituzione ha individuato 2 caratteristiche fondamentali della capacità

contributiva: l’effettività (connessa alle regole di formulazione della

fattispecie tributaria, specie nella possibilità per il legislatore

tributario di ricollegare l’esistenza di un fatto economico da tassare

non alla sua dimostrazione concreta, bensì alla contestazione di un

diverso fatto che sia tale però da presentare astratta relazione col

fatto economico a base dell’imposizione) e l’attualità (elaborata con

riferimento alle fattispecie d’imposizione retroattiva o anticipata

affermando la necessità di un collegamento tra momento dell’imposizione e

quello del verificarsi del fatto contemplato dalla fattispecie

impositiva. Riferendosi all’imposizione retroattiva si distingue tra

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retroattività propria che si verifica in ogni caso in cui la norma

tributaria collochi nel passato sia il presupposto economico del tributo

sia gli effetti giuridici e retroattività impropria che si realizza

quando la norma colloca nel passato solo il presupposto economico,

attribuendo gli effetti della fattispecie ad un periodo successivo a

quello dell’entrata in vigore della norma. la l. 212/2000 art 3 ha

escluso la natura retroattiva delle norme tributarie (salvo i casi di

interpretazione autentica delle disposizioni consentiti dall’art 1 1°

della stessa legge). C’è la possibilità di derogare il principio per

realizzare interessi di natura extrafiscale, ritenendosi generalmente che

ciò sia possibile per lo spessore costituzionale dell’interesse che venga

ad essere perseguito dal legislatore: in pratica l’interesse legislativo

deve essere equiparabile con quello contenuto dal 53. Infine, non sembra

possibile usare la leva fiscale per colpire comportamenti contrari alla

morale, ove tali comportamenti non siano di per se espressivi di forza

economica, per cui si devono esprimere perplessità sulle legittimità

costituzionale di alcune misure fiscali come ad esempio “porno tax” o la

“robin hood tax”.

L’obbligazione tributaria e l’attuazione della norma tributaria

Per realizzare la sua propria funzione (cioè quella di procurare mezzi

finanziari necessari a coprire le pubbliche spese), la norma tributaria

usa uno schema di carattere obbligatorio idoneo a consentire il

trasferimento giuridico di una parte della ricchezza espressa dai

consociati nella disponibilità del soggetto titolare del gettito del

tributo. L’obbligazione tributaria quindi presenta natura legale. La base

civilistica dell’obbligazione tributaria riemerge in tutti i casi in cui

la pur dettagliata regolamentazione speciale manca, ritenendosi in questo

caso applicabile le ordinarie regole del c.c.

L’applicazione della fattispecie astratta alla fattispecie concreta dà

luogo all’effetto obbligatorio in cui si concretizza il prelievo

tributario: ciò può derivare da una “spontanea attività del soggetto

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destinatario dal lato passivo dell’obbligazione tributaria (“si vedrà il

cosiddetto “adempimento spontaneo o automatico del tributo” cioè

“attuazione volontaria”). Tuttavia è possibile anche una forma di

“attuazione sostitutiva della norma tributaria” da esercitarsi senza il

concorso della volontà dell’interessato o addirittura vs la sua volontà.

Una volta verificata l’inadeguatezza per il caso concreto delle misure

previste dalla legge per consentire l’attuazione volontaria della norma

tributaria, la legge deve disciplinare la possibilità di un intervento

integrativo/sostitutivo del creditore del tributo finalizzato alla tutela

dell’obbligazione tributaria: la cosiddetta “attuazione amministrativa”

della norma tributaria, che include l’insieme dei potere e procedure

previste dalla legge per consentire l’applicazione della norma tributaria

al caso concreto. Comunque sia l’attuazione volontaria che quella

amministrativa mirano entrambe a ricondurre la fattispecie astratta a

quella concreta, fino a giungere alla liquidazione del tributo stesso ed

alla affermazione delle dimensioni dell’obbligazione

CAPITOLO 3 – LE FONTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO

I principi costituzionali e la riserva di legge

Il principio della riserva di legge in materia tributaria vide la luce

nelle costituzioni più importanti che nacquero nella prima metà dell’800.

Con l’evoluzione dei sistemi di governo parlamentare, la riserva di legge

non rappresentò più una forma di tutela dell’individuo nei confronti del

governante, in quanto l’individuo stesso partecipa con i suoi

rappresentanti all’autorità governativa. Per cui il 23 Costituzione:

“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non

in base alla legge” finisce per svolgere una funzione del tutto

peculiare: quella di configurare un’esigenza di tutela per le minoranze

parlamentari (non rappresentate nell’esecutivo o nel governo)a fronte di

scelte che potrebbero pregiudicare interessi di cui sono portatori. Tutto

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ciò però va rivisto dopo il consolidamento della prassi parlamentare di

approvare col voto di fiducia la cosiddetta “legge finanziaria” (l.

468/1975): ad oggi il dibattito parlamentare sulla legge tributaria è

ormai privo di significato. La finanziaria può contenere: a) modifica

delle aliquote, delle detrazioni di imposta, degli scaglioni, delle altre

misure incidenti sulla determinazione del quantum della prestazione,

correzioni imposte conseguenti all’andamento dell’inflazione.

Art 23. Esso, rispetto al 30 s. Albertino, ha una portata maggiore.

Infatti si riferisce a tutte le prestazioni personali

(dottrina/giurisprudenza considerano irrilevante la valutazione economica

del comportamento che viene richiesto al privato, presentando

un’applicazione più ampia. Es. di prestazioni patrimoniali imposte:

dovere del cittadino di testimoniare in giudizio. In realtà però non è

trascurabile il riflesso economico: ad esempio le prestazioni

professionali che per legge possono esser richieste agli avvocati nelle

ipotesi di gratuito patrocinio)/patrimoniali (secondo alcuni autori, il

23 si riferirebbe solo a prestazioni imposte al fine di determinare

decurtazione del patrimonio personale del privato a favore dell’ente

pubblico. Secondo altra dottrina, il profilo della coattività è quello

decisivo, quindi vi rientrerebbero anche quelle prestazioni a fronte di

cui è comunque previsto l’integrale ristoro economico del patrimonio del

soggetto inciso. Comunque vada unanimemente la coattività sussiste ogni

qual volta la prestazione è imposta al privato in virtù di un atto

autoritativo) imposte al privato . Comunque vada si devono escludere dal

campo di applicazione del 23 quelle prestazioni imposte che risultano

disciplinate da altre norme Costituzione (specie obbligazioni derivanti

da sanzioni penali o amministrative a contenuto pecuniario, rientranti

nel campo del 25 Costituzione della fattispecie di “espropriazione

forzata per pubblica utilità”.

Limiti della riserva di legge. La riserva è relativa: questo emerge anche

dall’uso del termine “in base alla legge”. C’è riserva di legge allora

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solo nella descrizione della fattispecie impositiva, specie nella

regolamentazione degli elementi fondamentali della fattispecie tributaria

(quindi sicuramente la disciplina del presupposto d’imposta, della base

imponibile, dei soggetti). Riguardo all’aliquota, giurisprudenza e

dottrina ritengono che la determinazione del parametro possa esser

rimessa a fonti secondarie, se non addirittura ad atti amministrativi. Si

ritiene che la ratio del 23 imponga che la legge determini i limiti entro

cui possa muoversi la normazione secondaria o il potere amministrativo

nella concreta determinazione della quota: limiti massimi (suggerito

dall’esigenza di tutela del privato verso l’ Autorità) ma anche minimi

(in ossequio all’esigenza di evitare ingiustificate disparità di

trattamento tra contribuenti ). Deve poi ritenersi esclusa dalla portata

del 23 la disciplina dell’attuazione della norma tributaria (che trova

quando affidata alla p.a. norme specifiche di tutela dell’amministrato in

sede cos) e la disciplina dell’adempimento del tributo (anche per la

scelta di attribuire a uno strumento d’origine civilista la realizzazione

concreta del prelievo tributario) nonché anche la disciplina delle

sanzioni tributarie (regolata dal 25, che prevede riserva di tipo

assoluto).

I principi generali dell’ordinamento tributario:

Lo “Statuto dei diritti del contribuente” (l.212/2000) contiene principi

generali dell’ordinamento tributario (in attuazione degli art 3,23,53,97

Costituzione) , quindi le disposizioni di questa legge possono esser

modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. Secondo Tinelli,

alcune di queste disposizioni rappresentano il consolidamento di principi

interpretativi di norme costituzionali, che presentano indubbia portata

precettiva, condizionando l’interprete verso una soluzione conforme a

principi costituzionali, nonostante la previsione sia contenuta in una

legge ordinaria.

La legge ordinaria, i decreti legislativi e i decreti legge

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Nella legge trova perfetta realizzazione la funzione di garanzia insita

nel principio Costituzione dell’art 23. La l.212 ha previsto che leggi e atti aventi

forza di legge che hanno disposizioni tributarie devono menzionare oggetto delle disposizioni

contenute, altrimenti non possono contenere disposizioni di carattere tributario. Sempre per la

l.212 (art 1), alla legge ordinaria è riservata l’introduzione di norme

interpretative in materia tributaria (limitatamente a casi eccezioni e

con specifica qualificazione come tali delle disposizioni di

interpretazione autentica. Da quest’ultima disposizione può derivare un

effetto retroattivo della legge, quindi questo strumento pone in deroga

il divieto di retroattività ex 3 1° l.212. è uno strumento da usare con

cautela).

75 e 81 Costituzione Oltre ciò, la legge tributaria non è oggetto di

referendum (75 2° Costituzione): questo per evitare di dare in pasto ai

cittadini un settore normativo di elevato impatto con i loro interessi.

C’è stata in dottrina una parte che ha sostenuto, partendo dal disposto

Costituzione che parla di “leggi tributarie”, che il limite dovrebbe

intendersi solo alle norme disciplinanti la struttura portante del

prelievo tributario, in quanto solo l’eliminazione di queste potrebbe

comportare uno squilibrio nella struttura del bilancio. Tuttavia Tinelli

è contrario, in quanto senza la disciplina attuativa (che sarebbe

abrogabile col referendum) la stessa struttura sostanziale del tributo

viene a perdere di significato. La Corte Costituzionale si è schierata a

favore di questa visione, dichiarando l’inammissibilità delle richieste

di referendum abrogativo della normativa in materia di prelievo alla

fonte ai fini IRPEF. l’81 3° Costituzione prevede il divieto di

introduzione di nuovi tributi (e nuove spese) nella legge di bilancio. Si

risponde in questo modo all’esigenza di imporre una corretta previsione

delle esigenze finanziarie pubbliche, ma tuttavia attraverso la

finanziaria è ampiamente derogato, in quanto quest’ultima rinvia alla

fine dell’anno finanziario la fissazione dei livelli di deficit e quindi

le misure fiscali necessarie a tal fine.

15

Page 16: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

I decreti legislativi

La particolare complessità nella costruzione della fattispecie impositiva, difficilmente realizzabile a

livello parlamentare, prevede l’uso massiccio dello strumento della legge delega. Chiaramente

tutto ciò può comportare rischi di abuso da parte del governo, quando la delega lascia ampi

margini di discrezionalità normativa. Ricorda il 76 e la possibilità di ricorso

alla Corte Costituzionale

I decreti legge

Per evitare l’uso distorto del dl in materia tributaria il 4 l.212 ha

previsto che non si può disporre con dl l’attuazione di nuovi tributi, né

prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di

soggetti. Tuttavia il dl ben si presta alla materia tributaria, in quanto

le esigenze di necessità/urgenza ricorrono spesso nelle modificazioni di

aspetti particolari dei tributi, specie in materia di aliquote

(cosiddetto “decreto catenaccio”), che rimessa all’approvazione del

Parlamento potrebbe far perdere al provvedimento la necessaria incisività

o dar luogo a prevedibili distorsioni economiche. disciplina dei dl

l.400: pag 81

I regolamenti, atti generali, atti ministeriali non regolamentari

Nonostante il 23, la necessità dei regolamenti si manifesta nel diritto

tributario: questo perché ricorre spesso la necessità di disciplinare in

via generale e astratta la portata o l’attuazione della norma tributaria,

con la previsione da parte del Governo o altri enti con potestas

legislativa, di regole dirette a meglio esplicitare la legge. Regolamenti

esecutivi, attuativi/integrativi, delegati. Non ammissibili i regolamenti

autonomi o indipendenti, se non per gli oggetti non coperti dalla

riserva. Non sono regolamenti i cosiddetti “atti amministrativi

generali”: questi si dirigono si verso una serie indeterminata di

destinatari, ma non presentano generalità/astrattezza, quindi non sono

capaci di introdurre norme giuridiche ma sanno solo dettare la regola del

caso concreto. Servono ad attuare norma tributaria e individuano il modo

16

Page 17: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

di porsi dell’Amministrazione. ex d.lgs. 546/1992 questi atti godono di

doppia tutela: 1) davanti al giudice speciale tributario con l’istituto

della disapplicazione; 2) davanti al giudice amministrativo. con

l’annullamento dell’atto stesso. Atti ministeriali non regolamentari.

Contengono disposizioni intese a specificare previsioni di carattere

generali, ma in certi casi anche disposizioni innovatrici, integratrici,

modificanti sistema norma primaria.

17

Page 18: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Le fonti locali

Fondamentale nello studio del diritto pubblico è il tema del

finanziamento della spesa degli enti locali. Esso investe anche scelte

politiche e di valutazioni di principio sui ruoli dello stato e delle

autonomie locali nel finanziamento dei servizi dati al cittadino. Dal

punto di vista teorico, il finanziamento della spesa locale può ispirarsi

a un modello statalista (che accentra nell’amministrazione centrale ogni

potere impositivo, trasferendo agli enti locali secondo le loro esigenze

finanziarie. In questo modello il tributo è introdotto con legge statale

ed è poi applicato da p.a., quindi l’ente locale è un centro di spesa non

di finanziamento) ovvero a un modello federale (che da all’ente locale il

potere di introdurre/applicare i tributi necessari alla copertura delle

spese di funzionamento, trasferendo poi allo stato parte del gettito.

L’ente locale quindi introduce/disciplina il tributo che trova

applicazione nel territorio amministrato dall’ente stesso). il nostro è

un sistema misto: nella prima legislazione unitaria nazionale (art 116 e

ss. l. 2248/1865) si dava un certo grado di autonomia impositiva a Comuni

e Provincie. A seguito dell’attribuzione di ulteriori funzioni pubbliche

e di nuovi oneri agli enti locali e conseguente necessità di garantirne

l’equilibrio finanziario tra entrate e spese, l’autonomia finanziaria

locale negli anni ’30, venne ampliata introducendo ulteriori tributi di

competenza di Comuni e Provincie. Questo sistema sicuramente dava

responsabilità agli amministratori locali nella gestione della spesa

pubblica, tuttavia attribuiva potere discrezionali alle autorità locali

nella gestione del prelievo tributario, provocando effetti discorsivi

derivanti dal possibile uso politico della leva fiscale, specie nella

fase dell’accertamento . oltre ciò il sistema delle autonomie locali

d’entrata e di spesa provocava differenziazioni economiche dei comuni già

sviluppati. Tutto ciò portò alla riforma degli anni ’70: fu eliminato il

sistema della fiscalità totale (limitando a pochi tributi lo spazio di

manovra per gli enti locali) creando quindi il finanziamento della spesa18

Page 19: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

locale sul principio della finanza derivata che ruotava sul trasferimento

da parte dello Stato di quote di tributi erariali agli enti locali.

Questo sistema portò alla dilatazione della spesa pubblica, ormai coperta

dal finanziamento statale e quindi finanziabile contando prevalentemente

sulle risorse statali e non locali. Da ciò discese anche l’aumento

dell’indebitamento degli enti locali verso il sistema bancario, che si

trovava a finanziare l’incasso dei trasferimenti statali, appesantendo la

gestione finanziaria di questi enti. Si era creata una situazione

insostenibile : il bilancio statale caricato di una spesa pubblica locale

fuori controllo, da qui l’esigenza di rivalutare l’autonomia tributaria

degli enti locali, fino a fondarsi programmi politici sulla spinta

dell’esigenza di assicurare il cosiddetto “federalismo fiscale”.

Autonomia tributaria degli enti territoriali minori. Nella Costituzione

vi è dato spazio: il 5: “la Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e

promuove le autonomie locali”Principio che trovava applicazione nel 128

prima che fosse abrogato con la legge Costituzionale. 3/2001 (“Le

provincie e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati

dalla Repubblica che ne determina le funzioni). In questa norma però si

riconosceva fondamentalmente un’autonomia politico-amministrativa, che

però diveniva finanziaria (in quanto questa strumentale alla prima).

Questi principi oggi sono espressi in Costituzione L’autonomia per

Provincie, Comuni, Città Metropolitane, si esprime con l’esercizio della

potestà regolamentare di tali enti, diretta ad adeguare alle specificità

locali un prelievo stabilito con legge (es. il regolamento comunale non

disciplinerà gli elementi fondamentali del tributo, ma potrà regolare

aspetti di carattere applicativo). Nel corso degli ultimi anni è apparsa

più forte l’esigenza di responsabilizzare maggiormente la gestione

finanziaria degli enti locali minori restituendo una limitata autonomia

tributaria creando alcuni tributi con alto gettito attribuiti al

finanziamento della spesa locale. Ad esempio l’introduzione dell’ICI

(l.504/1992) è stato primo passo verso il federalismo fiscale, in quanto

19

Page 20: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

l’ente locale può fissare l’imposta con la fissazione delle aliquote tra

il minimo e il massimo stabiliti.

Regioni. Ex 116 alle Regioni a statuto speciale sono riconosciute forme

particolari di autonomia tributaria da esercitarsi nell’ambito degli

statuti. Il 119 originario sanciva il principio dell’autonomia

finanziaria regionale, da realizzarsi nelle forme e limiti stabiliti da

leggi della Repubblica. Questa norma non imponeva una vera autonomia

impositiva, ma la si riteneva compresa nel concetto di autonomia

finanziaria. Prima della Riforma cos, una dottrina minoritaria riteneva

che nel 117 non fosse compresa la materia tributaria, derivando da ciò la

mancanza di una base Costituzione di potestà legislativa regionale in

materia di tributi. Con la nascita dell’IRAP (Imposta regionale sulle

attività produttive) (l.446/1997) si è dato un tributo di pesante gettito

e si è prevista l’attribuzione alle regioni dell’attività di attuazione

amministrativa del tributo. Dopo la riforma del 2001, il nuovo 117 let.

E prevede che lo Stato ha legislazione esclusiva per quanto riguarda “il

sistema tributario e contabile dello Stato”. (sistema dei tributi

erariali) Le Regioni ex 117 3° hanno una potestà legislativa concorrente

in materia di “coordinamento della finanza pubblica e del sistema

tributario”. (sistema dei tributi regionali e locali)Lo stato farà quindi

la legge cornice, nell’interesse della finanza pubblica e del sistema

tributario nel suo complesso Le Regioni hanno una potestà “residuale” in

ogni materia non espressamente statale ex 117 4° . Con la riformulazione

del 119 , Comuni, Provincie, Città metropolitane, Regioni hanno

“autonomia finanziaria di entrata e di spesa”. Questi enti dispongono di

risorse autonome, stabiliscono/applicano tributi ed entrate propri “in

armonia con Costituzione e secondo principi di coordinamento della

finanza pubblica e del sistema tributario”. All’attuazione di tali

principi la l. 42/2009 (federalismo fiscale) ha fissato alcuni principi

direttivi a cui deve attenersi la legge tributaria: es. quelli che

ribadiscono l’applicabilità di principio capacità contributiva,

20

Page 21: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

progressività, coordinamento stato/enti locali nel contrasto

all’evasione. Limiti del potere di introdurre tributi regionali. 1)

principi Costituzione: la regione non può prevedere tributi che mirano a

colpire manifestazioni di capacità contributiva colpite da tributi

erariali (divieto di doppia imposizione: richiamo al 53 cos). 2)

predeterminazione dello spazio territoriale in cui può operare la legge

tributaria regionale; 3) normativa comunitaria. La regione non può

introdurre leggi tributarie con precetti contrastanti con gli impegni

assunti dallo stato in sede di TUE o con altre fonti comunitarie. (p 95

caso della Sardegna).

21

Page 22: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Le Fonti Comunitarie

Il Trattato di Roma ha previsto alcuni obiettivi che devono esser

raggiunti dagli stati membri, tra cui alcuni aventi immediata rilevanza

fiscale: l’approvazione di una tariffa doganale comune, l’eliminazione di

ogni barriera doganale nei Paesi coinvolti nel trattato, la libera

circolazione di persone, merci, capitali. La dottrina ritiene che non

esista un contrasto tra il principio di riserva di legge e le fonti

comunitarie: in merito ci sono 2 dottrine, la prima (minoritaria) che

sostiene che la giustificazione delle fonti comunitarie sia da ricercarsi

nel 10 Costituzione :”L’ordinamenti giuridico italiano si conforma alle norme di diritto

internazionale generalmente riconosciute”, la critica di Tinelli sta nel fatto che

non sembra corretto affermare che fonti comunitarie = fonti del diritto

internazionale, in quanto son norme promananti da un organismo

sovranazionale di cui l’Italia fa parte. La seconda tesi (prevalente)

trova la base dell’obbligatorietà delle fonti comunitarie nella 2° parte

dell’11 Costituzione: “L’Italia consente, in condizione di parità con gli altri stati, le

limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace, la giustizia tra le

nazioni, promuove, favorisce le org internazionali rivolte a questo scopo” .L’immediata

efficacia delle norme UE deriva quindi da una autolimitazione della

sovranità statale, prevista da una norma cos, che prevale sul principio

della riserva di legge (che si riferisce alla produzione normativa

interna) .

Fonti primarie di natura tributaria: Trattato di Roma, Parte II, Titolo

I, Capo II (specie art 99, oggi in Mastricht, che mira ad obiettivi di

armonizzazione della legislazione fiscale degli stati membri per

assicurare instaurazione/funzionamento del mercato interno); norme

modificative del Trattato. Queste disposizioni introducono importanti

principi: divieto di discriminazione fiscale ecc. Fonti derivate:

direttive e regolamenti (189 TCE). Direttive: anche se non attuate, per

Corte Costituzionale e Corte di Lussemburgo sono direttamente applicabili

22

Page 23: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

dal giudice nazionale negli ordinamenti dei singoli stati, se i termini

per attuazione siano scaduti. Discorso sulla disapplicazione anche

applicabile alle direttive per Corte Costituzionale.

La cosiddetta “PRASSI AMMINISTRATIVA”

Si intende con questo termine l’insieme degli orientamenti interpretativi

adottati dalla p.a. e formalizzati in appositi atti a contenuto interno,

la cui diffusione ha finito per rappresentare una insostituibile guida,

per contribuenti e consulenti, nell’applicazione delle norme tributarie.

Ora però l’attribuzione della responsabilità nell’applicazione di norme

spesso oscure o scritte in modo approssimativo e la rigorosità

dell’apparato sanzionatorio previsto hanno accresciuto la responsabilità

della prassi amministrativa, ora vera e propria fonte del diritto

tributario per qualcuno (Tinelli non è d’accordo).

23

Page 24: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

CAPITOLO 4 - EFFICACIA NEL TEMPO E NELLO SPAZIO DELLA NORMA TRIBUTARIA

Efficacia nel tempo

Entrata in vigore. Si ritengono applicabili le regole del 73 3°

Costituzione e 10 1° Preleggi: essi dispongono l’inizio della

obbligatorietà della legge il 15° giorno successivo alla pubblicazione.

Queste disposizioni prevedono che il termine è derogabile dalla legge

stessa, che può ridurlo/prolungarlo: queste facoltà sono usate dal

legislatore tributario quando si ritiene opportuna che l’entrata in

vigore della legge coincida con la pubblicazione ovvero quando 15 giorni

sembrano pochi per consentire la piena conoscenza di una normativa

destinata ad ampia diffusione.

Divieto di retroattività. Ex l.212 art 3 (prima parte): “Salvo quanto

previsto dall’1 2° , le disposizioni tributarie non hanno effetto

retroattivo”. Questa disposizione consolida normativamente un principio

affermato dalla giurisprudenza cos, che si ritiene la possibilità della

retroattività, ma allo stesso tempo ne rileva il contrasto col principio

della capacità contributiva, quando spezzi il nesso di collegamento tra

fatto espressivo di capacità contributiva e il periodo temporale in cui

si verifica l’imposizione. Per questo Tinelli ritiene che il divieto di

retroattività della 212 si riferisce solo alle disposizioni di carattere

sostanziale (non per le regole procedurali per cui varranno altre disposizioni di garanzia

e nemmeno l’istituto dell’interpretazione “autentica”).

Art 3 (seconda parte): “Relativamente ai tributi periodici le modifiche

introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a

quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le

prevedono”In questo modo la 212 vuole tutelare l’esigenza di effettiva e

preventiva informazione ma anche l’affidamento del contribuente verso

norme modificanti/influenzanti scelte fondate sulla normativa vigente al

momento dell’inizio del periodo d’imposta. Art 3 2°: la legge tributaria

non può prevedere adempimenti a carico del contribuente la cui scadenza

24

Page 25: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

sia fissata prima del sessantesimo giorno della data di entrata in

vigore. Art 3 3°: divieto di proroga per i termini di prescrizione e di

decadenza per gli accertamenti di imposta. La legge ha spesso disatteso

questa morta, specie nei condoni.

Cessazione dell’efficacia. Valgono le normali norme di diritto comune:

cessa di produrre effetti la norma abrogata, in modo espresso o tacito,

dal legislatore, oppure dichiarata incostituzionale. L’abrogazione

normalmente non comporta particolari problemi applicativi, in quanto in

tali casi il legislatore prevede disposizioni transitorie per

disciplinare rapporti tributari sorti nell’applicazione delle norme

abrogate o modificate. In questi casi, il legislatore detta regole anche

sulla successione delle leggi nel tempo, disponendo anche ipotesi di

retroattività della normativa in seguito al verificarsi di certi eventi.

Nei casi di incostituzionalità di una norma tributaria, spesso la legge

interviene, ma nella maggior parte dei casi non interviene, lasciando

all’interprete il compito di stabilire la concreta disciplina applicabile

ai rapporti non ancora definiti.

Efficacia nello spazio

La norma tributaria è di regola destinata a trovare efficacia solo nel

territorio statale, all’interno di cui è obbligatoria per ogni

destinatario e come tale può esser oggetto di applicazione in sede

amministrativa e giurisdizionale. Problemi più complessi sono quelli

connessi alla possibile rilevanza, nella costruzione della fattispecie

tributaria sostanziale, di fatti economici posti in essere al di fuori

del territorio statale e problemi riguardanti la tutelabilità

internazionale del credito tributario.

1° problema. Esso riguarda l’individuazione di limiti spaziali nella

formulazione della fattispecie d’imposta: questi limiti sono derivanti

dalla prassi internazionale oppure da accordi tra Stati. Riguardo alla25

Page 26: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

prassi internazionale, questa non può limitare il legislatore nella

scelta dei presupposti d’imposta e nella fissazione di criteri di

collegamento dei presupposti col territorio all’interno di cui lo Stato

esercita la sua sovranità: devono esser limiti derivanti dalla complessa

realizzabilità di crediti tributari privi di un ragionevole collegamento

oggettivo/soggettivo col territorio statale, quindi dalla perdita di

serietà di un sistema impositivo privo dell’effettività. Da ciò si sono

elaborati criteri omogenei di regolamentazione del collegamento del fatto

economico al territorio, valorizzando volta per volta elementi oggettivi

(cioè il collegamento materiale o giuridico del fatto economico al

territorio: avviene quando il bene oggetto dell’imposizione si trova

nello Stato ovvero una certa attività sia svolta nel territorio stesso.

Nel 1° sistema impositivo la determinazione dell’elemento spaziale del

presupposto ruota su elementi oggettivi ed è definito sistema di

tassazione su base territoriale) e gli elementi soggettivi (rileva

l’esistenza di un collegamento del soggetto col territorio, derivante da

scelta elettiva o da comportamenti concludenti: ad esempio la residenza

della persona fisica ai fini IRPEF. Il 2° sistema ruota sulla residenza

del soggetto ed è definito come sistema di tassazione su base mondiale

(world wide system). I 2 sistemi sono combinabili: in Italia c’è un

sistema misto (che fonda l’imposizione dei soggetti residenti sul

principio dell’utile mondiale e l’imposizione dei soggetti non residenti

sul principio della territorialità. Nel sistema IRPEF, la persona fisica

residente nello Stato è soggetta al tributo su redditi ovunque prodotti,

la persona fisica non residente è soggetta solo riguardo a redditi

prodotti nel territorio dello Stato). La convergenza di più sistemi

impositivi sulla stessa fonte produttiva (ciò è possibile perchè ad

esempio un soggetto che produce reddito all’estero potrà vedere

assoggettato ad un’imposta estera su base territoriale lo stesso reddito

che concorre a formare l’imponibile nel suo stato di residenza) urta

regole economiche, ma non trova nell’ordinamento tributario una regola

26

Page 27: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

che ne disponga il divieto. Per rimediare agli effetti della doppia

imposizione internazionale, soccorrono a volte rimedi di diritto interno,

rappresentati da deroghe eccezionali al sistema dell’utile mondiale

ovvero dal riconoscimento del credito d’imposta per redditi prodotti

all’estero. Tuttavia, il rimedio migliore alla doppia imposizione è

rappresentato dalle convenzioni internazionali verso le doppie

imposizioni (trattati tra stati diretti a disciplinare pattiziamente

l’applicazione delle rispettive norme tributarie, recepiti con legge di

attuazione, per la loro specialità prevalgono sulla disciplina interna,

tranne se quest’ultima sia più favorevole per il contribuente, in quanto

qui si applica il 169 TUIR).

2° problema. Attiene alla tutelabilità all’estero delle ragioni

creditorie fiscali : esso si sostanzia nell’individuazione di spazi per

l’esercizio fuori del territorio statale dei poteri amministrativi di

ricognizione del fatto a rilevanza tributaria (questo può avvenire col

ricorso a strumenti di collaborazione internazionale tra amministrazioni:

scambio d’informazioni, autorizzazione alla presenza all’estero di

funzionari amministrativi previsti in ambito UE recepiti da apposite

disposizioni interne) e per la riscossione coattiva all’estero di un

credito d’imposta liquido ed esigibile (di regola non può avvenire, salvo

le convenzioni, che prevedano l’avvio di una procedura esecutiva fondata

sul titolo formato in Italia, per cui in tal casi la tutela esecutiva

finisce per esser affidata alla delibazione della sentenza secondo regole

proprie dello Stato in cui il credito tributario deve esser portato in

riscossione coattiva).

CAPITOLO 5

L’interpretazione delle norme tributarie

Come qualsiasi norma, anche quella tributaria deve esser interpretata:

ora però rispetto alle altre norme, questa è diretta alla definizione di

fatti economici ai fini della realizzazione del prelievo tributario. Ciò27

Page 28: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

ha portato alcuni studiosi ad ipotizzare l’esistenza di regole speciali

di interpretazione della norma tributaria. Secondo Tinelli questo non è

propriamente esatto, in quanto problematiche sull’interpretazione

potranno porti solo nei casi in cui la fattispecie normativa sia

strutturata con un semplice rinvio a fenomeni economici altrimenti non

disciplinati rinviandosi in tal caso nel diritto tributario le tematiche

proprie del settore non giuridico di provenienza. Quando invece il

paradigma normativo è finalizzato a consentire l’attuazione del tributo o

ad imputarne gli effetti, le regole interpretative saranno quelle

previste in generale dall’ordinamento. L’interprete poi potrà esser

influenzato da valutazioni personali circa la prevalenza dell’uno o

dell’altro interesse coinvolti nella dinamica impositiva: ciò conferma

l’inesistenza di regole sull’interpretazione dirette ad affermare

normativamente la prevalenza dell’uno o dell’altro schema di

ragionamento.

Tuttavia l’interpretazione è molto influenzata dalla presenza

dell’autorità amministrativa: quest’ultima interviene come soggetto

portatore di un interesse alla massimizzazione del gettito (questo

interesse deve però contemperarsi con quello alla corretta

interpretazione della portata della norma tributaria). Il 5 l.212

conferma questa massiccia presenza dell’amministrazione: essa deve

garantire la conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative

vigenti in materia tributaria, usando gli strumenti di diffusione più

adatti, ma anche un dovere di portare a conoscenza dei contribuenti le

interpretazioni contenute in circolari e risoluzioni emanate dalle

amministrazione stessa. Fondamentale è poi l’11 1° l.212: prevede il

diritto di interpello (con cui il contribuente può stimolare una presa di

posizione interpretativa dell’amministrazione, in presenza di obiettive

condizioni di incertezza sull’interpretazione di disposizioni di

carattere tributario). La particolarità di questo istituto sta nella

efficacia della risposta (espressa o tacita) della p.a. che vincola il

28

Page 29: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

successivo comportamento dell’amministrazione finanziaria. L’11 2°

prevede la nullità degli atti emanati in difformità della risposta

(espressa o tacita) dell’istanza di interpello Questa importante

presenza dell’amministrazione è dovuta anche al modesto contributo in

sede di interpretazione della dottrina (in quanto spesso troppo orientata

a favore del contribuente) e della giurisprudenza (non è stata mai

un’efficace guida per l’interpretazione, specie per la instabilità

legislativa della materia e conseguente complessità nell’individuazione

della norma applicabile al caso concreto. Ora però sezione tributaria in

Cassazione)

Interpretazione delle norme non tributarie nel diritto tributario

Il legislatore, quando deve definire un fenomeno economico da considerare

come espressione di capacità contributiva, può trovarsi di fronte un

fatto disciplinato solo da regole non giuridiche o da norme

extratributarie (in questo caso il legislatore opera una

giuridicizzazione del fenomeno economico, trasformando il fatto

dell’economia in una specie giuridica, suscettibile di essere applicata

in una serie indefinita di casi. Per raggiungere tal risultato bisogna

descrivere il fenomeno, usando regole definitorie di carattere empirico o

desunte da principi non giuridici comunemente accettati, per consentire

all’interprete di valorizzare tali elementi nella costruzione della

portata precettiva della norma)ovvero da norme tributarie attinenti a

tributi diversi da quello oggetto di regolamentazione (in questo caso il

legislatore disciplina la fattispecie facendo ricorso a nozioni o

istituti già disciplinati in altri campi del diritto . in questo caso

l’attività interpretativa sarà guidata da scelte legislative, che

potranno prevedere un semplice rinvio alla normativa extratributaria con

conseguente applicabilità dell’istituto extratributario, ovvero da una

ridefinizione cioè una disciplina specifica ai fini impositivi che

partendo dalla definizione del diritto comune, ne adatta la portata alle

29

Page 30: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

esigenze proprie della sistematica impositiva. La natura speciale della

norma tributaria impone la prevalenza della previsione derogatoria

rispetto a quella generale nei limiti della portata assegnata dal

legislatore).

L’integrazione analogica del diritto tributario

Per poterla attuare, ci deve esser una premessa caratterizzata dalla

mancanza di una norma idonea a disciplinare la fattispecie fattuale in

esame, per cui il soggetto che deve attuare il diritto tributario è

capace di ricorrere agli strumenti previsti dal 12 2° preleggi: analogia

legis (applicata una disposizione che disciplina casi simili o materie

analoghe) e iuris (trovano applicazione i principi generali

dell’ordinamento giuridico dello stato). Questo strumento può trovare

applicazione nel diritto tributario, specie nell’ambito delle norme

dirette a consentire l’attuazione del tributo, ma ci si chiede se sia

applicabile quando si tratti di disciplinare una fattispecie imponibile

non prevista normativamente. La tecnica legislativa propria del diritto

tributario deriva dal principio di legalità (che anima la dimensione

sostanziale dell’imposizione tributaria): quindi non è possibile

l’integrazione analogica delle norme disciplinanti la fattispecie

sostanziale dell’imposizione. Oltre a ciò la l.80/2003 ha previsto il

divieto di applicazione analogica delle norme fiscali che stabiliscono il

presupposto ed il soggetto passivo dell’imposta, le esenzioni e le

agevolazioni.

L’elusione tributaria

Essa è il comportamento del contribuente diretto ad ottenere una

riduzione del debito d’imposta o comunque un vantaggio fiscale

(ricorrendo ad una regolamentazione civilistica della fattispecie diversa

da quella normale e non giustificata se non dall’interesse ad un

30

Page 31: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

trattamento fiscale altrimenti non spettante). Non è quindi una forma di

evasione fiscale. Con questa formula si giunge alla corretta applicazione

della norma tributaria relativamente ad un fatto correttamente

rappresentato nella sua dimensione fattuale, ma tale qualificazione

giuridica si fonda su una base civilistica che potrebbe definirsi

“forzata” in quanto non appropriata rispetto all’espressione di autonomia

privata che è alla base della manifestazione di capacità contributiva.

Ora, il ricorso a manovre elusive finiva però per minare alle fondamenta

la serietà del sistema impositivo, costituendo una violazione del dovere

Costituzione di concorso alle pubbliche spese. All’affermazione di

carattere generale dell’illiceità dell’elusione tributaria si opponeva

però la struttura giuridica su cui si fonda il sistema impositivo

italiano (che vede nella descrizione legale dell’area della rilevanza

tributaria la delimitazione stessa dell’intervento amministrativo). La

crescente attenzione per il fenomeno dell’elusione tributaria ha portato

una serie di interventi legislativi diretti ad individuare fattispecie

tipiche di elusione tributaria da ritenersi sindacabili in sede

amministrativa: il 37 bis DPR n.600/1973 (introdotto con il 7 d.lgs.

358/1997) ha previsto l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria di

atti, fatti e negozi (anche collegati tra loro) privi di valide ragioni

economiche e diretti ad aggirare obblighi/divieti previsti

dall’ordinamento tributario ed a ottenere riduzioni d’imposta o rimborsi

altrimenti indebiti. Questa norma è destinata ad operare solo in presenza

di alcune operazioni societarie o finanziarie, elencate nel 37bis 3°,

consentendo all’amministrazione il recupero delle maggiori imposte

sottratte per effetto del comportamento elusivo oggetto di

disconoscimento ai fini fiscali. Questa disposizione conferma la non

praticabilità di strumenti interpretativi ai fini del contrasto

dell’elusione tributaria e la tassatività delle fattispecie normative di

sindacato amministrativo sulla validità economica delle scelte negoziali

dei contribuenti, confermando la centralità del principio di legalità

31

Page 32: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

nella disciplina dell’imposizione tributaria. Il legislatore potrà allora

determinare le fattispecie sintomatiche di elusione.

Ora, la Cassazione ha teorizzato la figura dell’abuso del diritto,

fondato sull’importazione nel nostro ordinamento di un istituto proprio

della disciplina comunitaria e presupposto da una serie di norme in

materia di imposizione indiretta e ha trovato un affinamento con

un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema delle imposte

sui redditi, nell’ambito di cui si è trovata una base nei principi di

capacità contributiva e di progressività dell’imposizione alla

possibilità di svalutare la formalizzazione della condotta abusiva del

contribuente, per riallineare l’imposizione all’effettiva sostanza

economica del fatto fiscalmente rilevante. Secondo dottrina e Tinelli

però non si può rinvenire uno spazio applicativo per questo istituto

nella materia tributaria (in quanto la natura di norma speciale che si

deve dare all’elusione, porta questa norma a superare la possibile

applicabilità della regola generale: non può esservi abuso quando una

norma speciale prevale su quella generale).

CAPITOLO 6 – I SOGGETTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO

I Soggetti Attivi

La norma tributaria nella sua struttura ideale si preoccupa di

individuare il soggetto creditore del tributo e di individuare il

soggetto tenuto all’adempimento del tributo per effetto della titolarità

della manifestazione di ricchezza giustificante l’imposizione. Alla

titolarità del credito = titolarità dei poteri attuativi connessi alla

concreta individuazione delle dimensioni economiche del fatto a rilevanza

tributari ed alla materiale realizzazione del credito, anche

coattivamente. Ora però, alla titolarità del credito potranno non

corrispondere i poteri di attuazione, specie dove si ritenga opportuno

32

Page 33: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

devolvere a soggetti diversi dallo Stato, alcuni compiti che si

riferiscono alla tutela del credito tributario.

Non è difficile individuare i soggetti attivi: l’attenzione del

legislatore si concentra infatti sui profili concernenti attuazione o

riscossione del tributo. C’è fondamentalmente mancanza di ogni

disposizione diretta a disciplinare il soggetto attivo del tributo:

questo perché la disciplina del soggetto attivo è considerata comunque

scontata e comunque irrilevante ai fini della regolamentazione del

tributo. In realtà, il problema connesso all’individuazione del soggetto

attivo del tributo è di primaria rilevanza ove si consideri la dimensione

processuale dell’applicazione del tributo (specie quando si deve

identificare la parte processuale, in presenza di controversie

prescindenti dall’esistenza di un atto amministrativo come es. quelle

relativi ai rimborsi d’imposta) nonché è di primaria importanza nel caso

dell’individuazione delle responsabilità amministrative connesse

all’impulso all’attuazione del tributo (per effetto del riparto tra Stato

ed enti locali delle giurisdizioni di controllo). Da ciò la necessità di

giungere all’enucleazione di regole generali (che consentano di capire

chi possa considerarsi soggetto attivo del tributo, quindi soggetto

titolare dei poteri, e delle responsabilità, necessari ad attuare il

precetto legale). Una prima differenziazione tra soggetti attivi è

conseguente alla formazione del tributo come erariale o locale (sulla

base della destinazione del gettito normativamente prevista) ma ciò non

risolve il problema di fondo in mancanza di una espressa previsione

normativa circa la destinazione del gettito del tributo. La regola

potrebbe allora fondarsi sul principio della normale coincidenza del

soggetto attivo con lo Stato (salve le eccezioni che danno ad enti

diversi dallo Stato la titolarità delle posizioni creditorie inerenti il

singolo tributo). Da ciò allo Stato dovrebbero esser riconosciuti tutti i

poteri concernenti la tutela del credito (anche in sede esecutiva (ma

anche questi poteri possono fare capo a soggetti diversi: es. Falsitta

33

Page 34: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

parla di scissione tra soggetto attivo del rapporto di credito e soggetto

attivo della potestà di applicazione del tributo a cui la legge demanda

le relative attività di accertamento/riscossione ovvero questi poteri

possono trovare disciplina specifica diretta ad inserire in

un’organizzazione amministrativa più complessa la fase della dinamica

applicativa del tributo: ad esempio il soggetto attivo Comune, a questi

fanno capo anche i poteri d’attuazione, salvo che la legge disponga

diversamente).

L’organizzazione dell’amministrazione finanziaria

L’amministrazione finanziaria è la figura soggettiva di maggiore

rilevanza. Essa è la struttura amministrativa deputata funzionalmente

all’attuazione della normativa tributaria statale (che fino alla riforma

attuata con d. lgs 300/1999 e D.M. 28/12/00 ha coinciso con le

attribuzioni del Ministero delle Finanze). L’introduzione in materia di

amministrazione del prelievo tributario di nuovi schemi organizzativi (x

separare indirizzo politico dalla gestione operativa dell’attuazione

della normativa tributaria) si è realizzata con una sostanziale

“privatizzazione” dell’attività impositiva (che è attribuita alle Agenzie

fiscali, con organizzazione/controllo dell’attività riservate a Ministero

Economia e Finanze). Le agenzie sono 4: Agenzia delle dogane, Agenzia del

territorio, Agenzia del demanio e Agenzia delle entrate.

Agenzia delle entrate: ente pubblico non economico, con autonomia

regolamentare, amministrativa, contabile, patrimoniale, finanziaria.

Funzionamento e organizzazione disciplinati da uno statuto emanato su

proposta del Premier di concerto con Ministero Economia, rapporto con il

Ministero Economia regolato da una Convenzione annuale, da cui si

determinano servizi e obiettivi da perseguire, nonché risorse finanziarie

disponibili. Ex d. lgs 300/1999 essa ha tutti i potere diretti

all’attuazione amministrativa delle principali imposte erariali (compreso

l’accertamento, riscossione, rappresentanza nel contenzioso tributario

34

Page 35: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

inerenti tali imposte). Si articola in: uffici centrali (con sede a Roma.

Funzioni centrali una volta esercitate da Ministero Finanze, ora dal

cosiddetto “Ministero snello”: il “Dipartimento delle finanze”articolato

in 8 direzioni: legislazione tributaria, giustizia tributaria, studi-

ricerche economico fiscali (con compiti di controllare andamento del

gettito e di sostenere il ministro all’atto di adozione di scelte di

politica tributaria svolgendo consulenza giuridica sia a livello interno

nel Dipartimento, sia a livello esterno per le Agenzie fiscali), Agenzie

ed enti della fiscalità, relazioni internazionali, federalismo fiscale,

comunicazione istituzionale della fiscalità, sistema informativo della

fiscalità, gestione risorse finanziarie e personale), uffici regionali

(con sede in capoluoghi di regione con compiti di programmazione,

indirizzo, coordinamento, controllo), uffici locali (con funzioni

operative territoriali).

Hanno (d.lgs. 300): personalità giuridica di diritto pubblico, ex 61 3°

d. lgs 300 osservano i principi di legalità, imparzialità, trasparenza,

loro operato sottoposto alla vigilanza di autorità politica ovvero del

Ministero economia. Lo statuto (deliberato dagli organi direttivi delle

Agenzie, sottoposto ad approvazione Ministro Economia) deve:

a) definire potere ministeriali di vigilanza, secondo modalità idonee a garantire l’autonomia dell’agenzia;

b) determinare attribuzioni degli organi di cui si compone l’Agenzia;

c) istituire apposite strutture preposte al controllo interno di gestione;

d) individuare principi generali in ordine all’organizzazione ed al funzionamento dell’agenzia;

e) attribuire a regolamenti interni di ciascuna agenzia (adottati dalle direzioni e approvati dal Ministero) la possibilità di adeguare l’org alledinamiche esigenze funzionali;

f) devolvere ad atti di organizzazione di livello inferiore ogni altro potere di organizzazione;

35

Page 36: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

g) applicare criteri di mobilità professionale e territoriale ex d.lgs. 29/1993;

h) prevedere attribuzione all’agenzia di autonomia di bilancio;

i) attribuire ad organi direttivi facoltà di deliberare e proporre all’approvazione del Ministero regolamenti interni di contabilità ispiratia principi civilisti.

Struttura organizzativa: Direttore d’Agenzia, Comitato di Gestione (membrinon possono svolgere attività professionali, non possono esseramministratori/dipendenti di società/imprese operanti nei settorid’intervento dell’Agenzia, Collegio dei revisori dei conti ( tuttiincarichi di durata massimo 3 anni ex 67 d. lgs 300). Commissariostraordinario (in casi del tutto eccezionali viene nominato: assume ipotere del Direttore del comitato di gestione). 2 ambiti di organizzazioneterritoriale dell’Agenzia delle Entrate: regionale (affidato a DirezioniRegionali delle entrate, che svolge coordinamento degli uffici perifericisituati nel territorio regionale, nonché funzioni operative riguardo certetipologie di “grandi” contribuenti. per questi ultimi le Direzioniregionali fanno anche attività di liquidazione automatica e controlloformale delle dichiarazioni, controllo sostanziale, recupero creditiinesistenti usati in compensazione, gestione contenzioso, rimborso inmateria di imposte dirette ed IVA) e provinciale (affidato a DirezioniProvinciali delle Entrate, istituite con Delibera del Comitato digestione; provvedono all’attuazione dei tributi attribuiti alla competenzadell’AE, curando attività d’informazione e assistenza ai contribuenti,gestione tributi, accertamento, riscossione, trattazione contenzioso.Strutturate in 1 o più uffici territoriali e in un ufficio controlli chepuò articolarsi in più aree, individuate per la numerosità e per lecaratteristiche delle diverse tipologie di contribuenti e per i differentitipi di attività da svolgere).

La guardia di Finanza

La legge le attribuisce competenze in materia di collaborazione (pur non

avendo poteri di accertamento) con l’attività degli uffici finanziari,

prevedendo una cooperazione nell’acquisizione e nel reperimento di

elementi utili ai fini dell’accertamento dei redditi, dell’IVA, e per la

repressione delle relative violazioni. Per quanto riguarda l’attività

ispettiva finalizzata alla tutela della pretesa erariale, è prevista una

collaborazione con Equitalia Spa. La Guardia di Finanza ha il compito di

reperimento ed analisi della documentazione volta alla ricostruzione

36

Page 37: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

delle consistenze patrimoniali dei debitori anche al fine di

prevenire/reprimere atti di sottrazione fraudolenta di beni alla

riscossione dei tributi. La Guardia di Finanza nasce come “polizia di

frontiera”, deputata al controllo dei confini e alla repressione dei

fenomeni di contrabbando: nel tempo però ha assunto il ruolo di “polizia

economica finanziaria” (con un’attività volta al monitoraggio di tutto il

settore economico-finanziario ed alla difesa del connesso interesse

pubblico). Normativamente, la struttura organizzativa è disciplinata

dalla l.189/1959. C’è stato però un processo di riforma organica, con il

DPR 34/1999 e completato con l.78/2000. Da questa riforma l’attività

della Guardia di Finanza si è estesa anche all’attività di contrasto alla

criminalità organizzata, commercio di droghe, concorso a mantenere

ordine/sicurezza, collaborazione con magistratura contabile e Autorità

istituzionali centrali e con tutela del patrimonio artistico-ambientale.

Organizzazione interna. 3 livelli: centrale competenze di direzione

generale, collegamento e controllo dei comandi dipendenti), regionale

(c.d.”Comandi regionali”: ha responsabilità unitaria del coordinamento e

del controllo sull’area di competenza, di norma coincidente con la

circoscrizione amministrativa di una regione. Sono retti da un generale

di brigata o di un colonnello ); tra i 2 livelli ci sono i “Comandi

interregionali”: comandati da un generale di corpo d’armata, svolgono

attività ispettiva verso 2 o più comandi regionali garantendo buon

andamento dell’organizzazione esecutiva del servizio) provinciale (è

riconosciuta la direzione, coordinamento, controllo dell’attività

operativa dei reparti incaricati dell’esecuzione del servizio. I “Comandi

provinciali” sono retti da un colonnello o un ufficiale superiore).

Comando Generale: è l’organo di direzione, pianificazione, controllo,

responsabile del perseguimento dei fini istituzionali della l.189:

collega e raccorda la Guardia di Finanza con gli organi centrali della

P.A., dell’UE, con organismi internazionali. La Guardia di Finanza è

37

Page 38: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

retta da un Comandante Generale (che si avvale del Consiglio Superiore

della Guardia di Finanza che svolge funzione consultiva).

1) L’agente della riscossione

L’attuale assetto della riscossione, introdotto dal DL 3 1° l.248/2005

convertito con la l.248/2005, ha eliminato l’affidamento a soggetti

privati. Le funzioni sono esercitate dall’AE mediante Equitalia spa

(società pubblica: 51% AE, 49% INPS). Per la riscossione si avvale di

personale dell’AE e dell’INPS nonche di spa partecipate dalla stessa,

cioè le ex società concessionarie del servizio di riscossione, ora

“Agenti della riscossione”, per cui Equitalia abbia scelto di acquisire

il controllo della società ovvero il ramo d’azienda della banca che,

prima della riforma, operava gestione diretta dell’attività di

riscossione. Questi soggetti cedenti però devono acquistare parte del

capitale sociale di Equitalia (fermo restando la partecipazione pubblica

di AE e INPS di almeno il 51%, nelle proporzioni dell’atto istitutivo).

La norma impone quindi che max 49% possa esser nella titolarità degli ex

concessionari privati. In quanto spa, Equitalia ha suo statuto e suoi

organi sociali , ma il Pres del Consiglio Sindacale deve esser scelto tra

Magistrati Cor Conti. L’AE è chiamata a fornire al Ministero Economia gli

elementi acquisiti nell’attività di coordinamento che quest’ultima deve

svolgere nell’ambito dell’attività di riscossione: il Ministero informa

annualmente il Parl di ciò. Equitalia infine, oltre a attività di

riscossione spontanea, svolge anche attività di liquidazione,

accertamento delle entrate tributarie o patrimoniali degli enti pubblici

(anche territoriali) e delle loro società partecipate, nonché ulteriori

attività funzionali alla riscossione coattiva del debito.

I soggetti passivi

Nello schema normale dei tributi, sono i soggetti che la fattispecie

individua come titolari del fatto economico assunto a presupposto

38

Page 39: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

dell’imposta, determinando i migliori moduli di collegamento. Alla

titolarità passiva dell’obbligazione corrisponde la soggezione ai poteri

connessi all’attuazione della norma tributaria, nonché anche la

responsabilità patrimoniale (2740 cc)nell’adempimento del debito

d’imposta, per cui il soggetto passivo è chiamato a rispondere al

pagamento del tributo con ogni bene presente/futuro. Gli istituti

soggettivi usati dalla norma tributaria sono quelli propri del diritto

comune, salvo poi la deroga possibile ad un sistema di integrale rinvio

alla normativa presupposta, mediante regole specifiche destinate a

realizzare certe finalità fiscali. La norma tributaria propone alcune

figure soggettive non previste dall’ordinamento comune, con ciò

prevedendo istituti propri di diritto tributario. In alcuni casi si

attribuisce soggettività ad istituti che non hanno tale soggettività nel

diritto comune, derogandosi in modo espresso rispetto alla base

civilista. Il soggetto passivo è indicato come “contribuente”, per

sottolineare la differenza rispetto ad altri soggetti coinvolti

nell’attuazione della norma tributaria, ma non titolari del fatto

economico assunto dalla legge a presupposto dell’imposta.

Il sostituto d’imposta (non definito dalla norma. Parla solo del dirittodi rivalsa)

Esso è un esempio si coinvolgimento nella dinamica attuativa del tributo

di un soggetto diverso dal contribuente. Egli è un soggetto passivo:

questi col proprio patrimonio risponde di un obbligo di versamento

collegato a un’espressione di capacità contributiva riferibile a un

soggetto diverso, con cui è legato da un rapporto di carattere negoziale.

Questo meccanismo realizza una situazione di disinteresse del sostituto

all’inadempimento (in considerazione della sanzionabilità della mancata

rivalsa verso il sostituto). Secondo la tradizionale ricostruzione, è un

istituto volto alla semplificazione dei rapporti col fisco, che incide

sia nella fase dell’accertamento sia in quella della riscossione

39

Page 40: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

(tutelando l’interesse fiscale alla corretta rappresentazione del fatto a

rilevanza tributaria e l’interesse alla riscossione cioè all’adempimento

dell’obbligazione tributaria). Proprio il ricondurre il sostituto

d’imposta a questi due interessi consente di prevenire i dubbi di

costituzionalità (che finirebbe per imporre una prestazione tributaria su

un soggetto senza capacità contributiva). Il sostituto viene così a

collocarsi nella fase successiva alla fase impositiva, diventando

destinatario di un obbligo di pagamento facente capo al titolare della

capacità contributiva (disponendo strumenti giuridici per non risultare

inciso dal tributo). Ora il sostituto esercita la rivalsa: con questo

mezzo si assicura il ribaltamento sul contribuente del pagamento del

tributo a questi riferibile. Questa può realizzarsi con l’istituto della

ritenuta alla fonte (nei casi in cui il sostituto risulti debitore della

somma costituente reddito imponibile per il contribuente. L’istituto

viene dai 23 e 30 DPR 600/1973) ma anche con strumenti propri del diritto

civile (quando c’è un rapporto di debito/credito o se il debito è

estinto). Abbiamo 2 ip di ritenuta: la ritenuta d’acconto (qui la somma

prelevata costituisce un acconto dell’imposta sul reddito presumibilmente

dovuta dal percettore, il quale dovrà provvedere agli adempimenti fiscali

connessi alla produzione del reddito e potrà detrarre dall’imposta

definitivamente dovuta la ritenuta alla fonte subita. Questo schema non

trova applicazione quando non si effettua la ritenuta: in questo caso il

contribuente dovrà dichiarare il reddito non assoggettato al prelievo

alla fonte e determinare l’imposta dovuta secondo l’ordinario sistema.

Quando il sostituto effettui la ritenuta, ma non provveda al versamento

della stessa, il contribuente potrà comunque detrarre tale ritenuta e il

fisco procederà al recupero della ritenuta non versata nei confronti del

sostituto) e la ritenuta d’imposta (qui la ritenuta prelevata alla fonte

è l’adempimento integrale del tributo dovuto sulla specifica

manifestazione di capacità contributiva, per cui al contribuente non si

danno obblighi di collaborazione all’attività d’attuazione della norma

40

Page 41: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

tributaria. In questo caso la legge prescinde dalla collaborazione del

titolare della capacità contributiva e attribuisce al sostituto d’imposta

la gestione del prelievo, dandogli anche la possibilità di rinunciare

alla rivalsa, se l’assetto negoziale giustifichi tale traslazione

d’imposta che comunque graverà sul sostituto). Si ha poi l’istituto della

ritenuta diretta (se ne parla dopo). Comunque in tutti questi casi si

assiste a una divaricazione della normale uguaglianza tra soggetto

passivo e conseguenti sue posizioni doverose a seguito dell’attuazione

della norma tributaria e adempimento dell’obbligazione. Questa figura è

fondamentale perchè garantisce corretta attuazione della norma

sostanziale per effetto della prossimità del sostituto al fatto a

rilevanza tributaria.

Il responsabile d’imposta (non definito dalla norma. Parla solo deldiritto di rivalsa)

Rispetto al sostituto d’imposta, il responsabile non è chiamato a

rispondere del tributo “in luogo d’altri”, bensì “insieme con altri”. Da

ciò quindi questa figura si ricollega alla disciplina della

“coobbligazione passiva”. La norma di riferimento è la stessa del

sostituto: il 64 del DPR 600. La norma non definisce l’istituto,

limitandosi a affermare il diritto di rivalsa del soggetto che estraneo

al fatto imponibile, sia stato dalla legge chiamato all’adempimento del

tributo insieme ad altri soggetti. Ora, il diritto di rivalsa già spetta

al soggetto chiamato al pagamento del debito altrui in base alla

disciplina civilistica (verso sostituto): la motivazione della norma

allora può far pensare solo all’idea di sistemare una parte generale del

diritto tributario, tra cui il responsabile, idea che cominciò con il TU

1958 su questa materia. L’essenza del responsabile si riconduce a una

forma di rafforzamento della tutela del credito fiscale, realizzata con

l’ampliamento del novero dei patrimoni esecutibili ai fini della

realizzazione della garanzia patrimoniale dell’adempimento del tributo.

41

Page 42: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

La particolare natura del credito ( e la funzione pubblicistica) creano

il ricorso a forme differenti di tutela rispetto a quelle proprie del

credito non tributario. Ci sono diverse giustificazioni sul perché si

coinvolgono terzi nell’adempimento del tributo: ad esempio il soggetto lo

usa per detrarre da un proprio debito l’importo del tributo nascente da

contratto a prestazioni corrispettive inerente la circolazione di beni

immobili o aziende ovvero la responsabilità può collegarsi in altri casi

alla possibilità di prevenire (con atti volontari) una situazione

d’insolvenza del contribuente. In generale è allora una forma di

concorso al dovere contributivo (si inserisce nel dovere ex 2 2°

Costituzione) ma l’obbligo del 3° è comunque bilanciato dal diritto di

rivalsa.

La solidarietà tributaria

L’esame interessa le problematiche legate al coinvolgimento nella

riscossione di un tributo di più soggetti legati da un vincolo

obbligatorio idoneo a consentire l’escussione di un solo condebitore per

l’intera prestazione (salva rivalsa interna). L’istituto trova la sua

base normativa nel 1292 C.C. per collocare l’istituto nel diritto

tributario, occorre distinguere la solidarietà paritetica (che deriva

dalla compartecipazione di singoli condebitori solidali ai fatti a

rilevanza tributaria, quindi da uno stesso titolo. Qui la tutela del

condebitore è diretta all’accertamento del titolo dell’obbligazione)

dalla solidarietà dipendente (deriva da un titolo differente. Qui

l’accertamento del titolo dell’obbligazione è meramente incidentale per

verificare la responsabilità dipendente da un titolo diverso da quello

tributario). Bisogna verificare se il 1294cc (che stabilisce che

l’obbligazione è solidale se la legge o il titolo non dispongano

diversamente, si applichi o meno nell’ambito del diritto tributario) è

applicabile al diritto tributario: la regola vuole che solo nei casi

previsti da legge si applica la regola della solidarietà (questo in42

Page 43: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

applicazione del 23 Costituzione: quindi non si applica il 1294). Altre

problematiche si hanno quando c’è la presenza di un’obbligazione solidale

nella fase di attuazione della norma tributaria: qui le problematiche

vertono nelle questioni connesse alla garanzia del diritto di difesa del

contribuente. Il tema concerne le forme di tutela che l’ordinamento

accorda al condebitore solidale nella fase precedente l’escussione del

credito tributario nei suoi confronti, dovendosi escludere che tale

tutela sia accordabile in via indiretta (attribuendo potere

rappresentativi a uno dei condebitori sociali). A ciò si contrappone

però l’interesse all’accertamento unitario del fatto a rilevanza

tributaria che sia che avvenga in sede amministrativa che giudiziale, non

può dar luogo a differenti valutazioni. Ora la Corte Costituzionale, nel

bilanciamento d’interessi, ha ritenuto prevalente quello di maggior

spessore costituzionale, sacrificando alla tutela del diritto di difesa

(24 Costituzione) l’interesse all’uniformità dei giudicati sulla stessa

situazione di fatto. SI afferma quindi la necessità della notifica a

ciascuno dei condebitori solidali degli atti amministrativi di gestione

della fase attuativa del tributo: ciò ha portato la possibilità di

precludere la possibilità di escutere il condebitore sociale che non ha

potuto esprimere le sue ragioni di contrasto della pretesa fiscale, ma

d’altra parte ha aperto la strada a una proliferazione di giudicati

contrastanti in relazione ai diversi coobbligati solidali. La soluzione

passa affermando l’inscindibilità delle posizioni giuridiche dei

condebitori sociali (ma deve svilupparsi con la ricerca di quelle vie

offerte dall’ordinamento per prevenire il contrasto di giudicati:

soluzioni che devono ricondurre agli istituti processuali a ciò deputati,

nel senso di decidere unitariamente le controversie concernenti la stessa

situazione di fatto generante un’obbligazione solidale oppure la

sospensione del processo in presenza di una causa pregiudiziale. Infine,

il problema della solidarietà è sopravvalutato in quanto si può ridurre

nella ricerca di bilanciamento tra esigenze di tutela dell’obbligazione

43

Page 44: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

tributaria e di garanzia giurisdizionale dei diritto del contribuente

(esigenze non mortificabili per effetto del vincolo solidale)

La successione nel debito d’imposta

Si parla in questo senso delle forme di coinvolgimento a titolo

successorio di un soggetto nell’adempimento dell’obbligazione tributaria

riferibile alla capacità contributiva manifestata da un altro soggetto.

Il 1° problema da esaminare riguarda la dimensione sostanziale della

successione d’imposta: innanzitutto va verificato se il debito tributario

(ormai liquido ed esigibile) cada o no in successione secondo le

ordinarie regole civilistiche oppure se dai principi regolanti il diritto

tributario si possa ricavare un ostacolo alla trasmissione successoria

del debito connesso ad un’espressione di capacità contributiva

attribuibile al de cuius. La fattispecie tributaria non è influenzata

dalla successione (che attiene invece all’obbligazione tributaria). La

normativa tributaria non da molte regole per la successione del debito

d’imposta, salvo precisare la natura solidale dell’obbligazione degli

eredi nel pagamento delle imposte del defunto (65 1° DPR 600).

Quest’ultima regola deroga alla disciplina civilistica (che prevede la

responsabilità dell’erede in proporzione alla quota ereditaria, trovando

conferma anche nella disciplina dell’imposta sulle successioni).

Tuttavia, mancando un’espressa previsione della natura solidale

dell’obbligazione come ad esempio l’IVA, il coerede deve ritenersi

responsabile dell’adempimento del tributo in proporzione alla sua quota

ereditaria. Il 2° problema riguarda l’efficacia dell’accettazione con

beneficio d’inventario in relazione ai debiti d’imposta caduti in

successione e in particolare se da tale accettazione beneficiata possa

derivare una limitazione della responsabilità patrimoniale dell’erede ai

beni caduti in successione. per la dottrina il beneficio d’inventario

rappresenta l’unico strumento per distinguere il patrimonio dell’erede

dal patrimonio del de cuius (in presenza di debiti d’imposta superiori

44

Page 45: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

all’attivo successorio). L’adempimento da parte dell’erede dei debiti

tributari del de cuius è un atto di carattere obbligatorio, mentre

costituisce accettazione tacita il ricorso alla Commissione Tributaria

verso l’avvio di accertamento del maggior valore notificato

dall’amministrazione finanziaria e la successiva definizione per adesione

dell’accertamento (in quanto questi atti non sono meramente

conservativi). Rinuncia dell’eredità = preclude ogni adempimento (519cc).

per quanto riguarda gli obblighi fiscali, il 65 DPR 600 prevede che tutti

i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti

entro 4 mesi da essa sono prorogati di 6 mesi in favore degli eredi.

Sussiste poi un controllo amministrativo in questo ambito:

l’amministrazione finanziaria infatti conosce gli eredi del contribuente,

per arrivare verso loro le iniziative inerenti la fase dell’attuazione

amministrativa. Sempre il 65 dpr 600 prevede per gli eredi del

contribuente un obbligo di comunicazione delle rispettive generalità al

fisco. La legge però, se non si conoscono domicilio/residenza dell’erede,

stabilisce che gli atti possano esser depositati presso l’ultimo

domicilio del de cuius. Infine, per opinione comune il titolo esecutivo

formato nei confronti del defunto è usabile per aggredire il patrimonio

dell’erede.

Residenza e domicilio fiscale

Residenza: per la norma tributaria sono residenti i soggetti che si

trovano per un ragionevole lasso di tempo in un collegamento stabile col

territorio statale (determinato o da una scelta di carattere formale come

es. iscrizione all’anagrafe ovvero dalla constatazione in fatto della

sussistenza dei presupposti per attribuire secondo le regole civilistiche

un domicilio cioè la sede principale degli affari/interessi o una

residenza cioè una dimora abituale in un certo luogo, connessa alla

permanenza in tal luogo e all’intenzione di abitarvi stabilmente. Quindi

45

Page 46: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

le risultanze anagrafiche non sono superabili dalla prova contraria del

contribuente (che dimostri la natura solo formale dell’iscrizione)

tuttavia la non residenza/domicilio può esser anche verificata secondo le

norme civilistiche. Oggi però, per i cittadini italiani cancellati dalle

anagrafi delle popolazioni residenti ed emigrati in Stati non rientranti

nella “white list” (curata da Ministero finanze, è prevista una sorta di

inversione dell’onere della prova per l’effettività del domicilio o della

residenza all’estero.

Società ed enti (73 TUIR). La residenza si verifica: sulla sede legale,

sulla sede dell’amministrazione, sull’oggetto principale dell’attività

svolta. Questi sono integrati dal requisito temporale della relativa

sussistenza nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo

d’imposta. Per i trus è rilevabile: sede di residenza del trustee, la

sede dell’amministrazione, l’oggetto principale dell’attività. Ad oggi,

per il bis e ter del 73, risiedono nello Stato le società con sede

all’estero che detengano partecipazioni di controllo/collegamento in

società di capitali ed enti commerciali residenti, se sono controllate o

amministrate da soggetti residenti in Italia (estero vestizione).

Domicilio fiscale. Esso disciplina la competenza territoriale

dell’ufficio amministrativo nell’attività di attuazione della norma

tributaria. Quindi anche il soggetto non residente deve possedere

domicilio fiscale in Italia. Ex 58 DPR 600 la persona fisica residente

nello Stato, si intende domiciliata ai fini fiscali nel Comune alla cui

anagrafe è iscritto. Il soggetto non residente ha il domicilio fiscale

nel comune in cui produce il reddito. Se ci sono 2 comuni in cui è

prodotto il reddito, il domicilio fiscale è il comune in cui si produce

il reddito più alto. Per le persone non fisiche, il domicilio fiscale è

la sede legale, se manca la sede amministrativa, se non esiste si va

nella stabile organizzazione del soggetto non residente, se manca, il

luogo dove si esercita l’attività.

46

Page 47: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

CAPITOLO 7 – IL CONTENUTO DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA

Diritto civile e diritto tributario nella disciplina del rapportoobbligatorio d’imposta

La normativa del C.C. si presenta come normativa generale e trova

applicazione ogni volta che la normativa tributaria non prevede

specifiche deroghe. Anzi le deroghe, per effetto della loro natura

speciale, devono trovare disciplina espressa e non possono derivare da

principi comuni o da consuetudini (fermo restando comunque un giudizio di

preventiva compatibilità di istituti pensati per una disciplina negoziale

con la struttura legale dell’obbligazione tributaria). Tutto ciò risulta

evidente nel collegamento normativa civilista-sistema della contabilità

pubblica: tuttavia il connotato della natura pubblicistica

dell’obbligazione tributaria ha perso sempre più di centralità, in quanto

sono previsti istituti di certo poco compatibili con uno dei principi

interpretativi su cui con maggior sicurezza si fondava il regime

particolare dell’obbligazione tributaria, ossia quello

dell’indisponibilità. In pratica la fase di autoritatività del tributo si

limiterebbe all’introduzione del tributo, potendosi rimettere ad istituti

di fonte negoziale le regole per garantirne in concreto l’attuazione

(valutandosi per questo fine non principi teorici, ma aspetti

organizzativi più idonei rispetto al fine perseguito).

Differenze tra obbligazione tributaria e obbligazione di diritto comune.

1)imposte periodiche. In base a ciò, a ciascun periodo d’imposta

corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma. La legge tributaria

prevede separazione tra obbligazione tributaria (riferibile ad un periodo

temporale rispetto all’obbligazione riferibile al periodo antecedente) e

o successivo, escludendo le possibilità di un reciproco condizionamento

se non previsto da legge.

47

Page 48: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

2) pagamento sempre con somma di denaro. Questo perché l’obbligazione

tributaria è funzionale a garantire il concorso individuale alle

pubbliche spese. Tuttavia la legge prevede si possa pagare cedendo beni

di interesse artistico/storico/culturale, ma non sembra possibile

un’ipotesi di una prestazione in luogo dell’adempimento (dovendosi invero

ritenersi possibile in casi elencati da legge una fattispecie di datio in

solum). Si applica però all’obbligazione tributaria il principio del

comportamento secondo correttezza (1175 cc): violarlo può esser causa di

responsabilità aquiliana per p.a. (quando quest’ultima violando abbia

provocato lesione alla sfera soggettiva del destinatario).

48

Page 49: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

L’ADEMPIMENTO

Luogo e tempo sono disciplinati da legge. Deroga al cc sugli

“interessi” : in tema di IVA si fanno decorrere dal 60esimo giorno

successivo dalla scadenza del termine del 5 marzo dell’anno solare cui si

riferisce l’accertamento o la rettifica. Mancato o tardivo pagamento del

tributo comporta anche sanzioni di carattere amministrativo (rafforzando

tutela interesse pubblico alla realizzazione dell’entrata tributaria).

Deroga al 1181 cc: stabilita dal 31 DPR 602/1973 : il concessionario

della riscossione non può rifiutare pagamenti parziali di rate scadute e

pagamenti in acconto per rate di imposte non ancora scadute. Anche sulla

quietanza ci sono deroghe rispetto al 1199 cc col riferimento contenuto

quietanza e soggetti legittimati ad emetterla. Se si paga un’imposta a un

ufficio incompetente a riceverla, ma che lo accetta lo stesso, la regola

vuole che il versamento è invalido (salvo le ipotesi in cui la legge dice

che il versamento è valido.)con conseguenze di natura sanzonatoria. In

questi casi si deve chiedere risarcimento e poi procedere a nuovo

versamento. Infine la compensazione: rappresenta questa una forma di

adempimento dell’obbligazione tributaria di tipo satisfattorio. La

giurisprudenza ritiene che esista: lo Statuto dei diritti del

contribuente chiede però un regolamento ministeriale per fissare regole

interpretative.

La traslazione dell’imposta e l’ estinzione dell’obbligazione tributaria

La traslazione dell’imposta rappresenta la possibilità di considerare il

debito (o il credito) d’imposta quale oggetto di un accordo negoziale,

che consenta il trasferimento su un soggetto diverso da quello previsto

come tale nella fattispecie d’imposta. A livello giuridico si può

realizzare nell’ambito di un modulo contrattuale a prestazioni reciproche

ovvero nell’ambito di uno schema unilaterale: in ambo i casi tali negozi

appaiono ammissibili. Tuttavia, considerando la natura pubblicistica

della p.a., la legge tributaria assoggetta a certi adempimenti49

Page 50: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

l’opponibilità dell’accordo della p.a., confermando la validità del patto

inter partes: l’8 dello Statuto prevede la generale ammissibilità

dell’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del

contribuente originario .

L’obbligazione si estingue:

a) per effetto dell’estinzione del relativo credito (ciò deriva

dalla decadenza dell’azione amministrativa di recupero del credito con

esercizio delle procedure di accertamento o liquidazione);

b) dalla prescrizione del credito ormai liquido e esigibile (ma non

azionato esecutivamente nei termini di legge. La disciplina tributaria

regola però molto poco ciò). La legge in materia di imposte sui redditi

e in materia IVA disciplina i termini di decadenza dell’azione di

accertamento e della riscossione tramite ruolo, non dettando regole

particolari riguardo la prescrizione del credito. La natura generale

della disciplina civilistica impone la prescrizione di 10 anni (2394

cc)quando la normativa tributaria non ponga termini diversi (l’8 dello

Statuto dice che i termini non possono esser superiori a quelli del cc,

tranne nel caso in cui sia accertato il mancato o irregolare

funzionamento degli Uffici finanziari: l’accertamento si fa con decreto

del direttore dell’ufficio di vertice dell’Agenzia fiscale interessata,

sentito il Garante del contribuente, da pubblicare in GU entro 45giorni

dalla scadenza del periodo di malfunzionamento).

c) Per forme di definizione legale inserite all’interno di norme

dirette a chiusura agevolata di pendenze tributarie: la legge crea forme

di estinzione del debito, ad esempio con il pagamento di una somma

rapportata al debito stesso entro un certo termine e con modalità

determinate. Il condono è una negazione del diritto tributario: produce

infatti un effetto premiale per l’evasore fiscale consolidando

50

Page 51: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

situazioni di ingiustizia nell’imposizione. Dopo la sentenza 17 luglio

2008 della Corte di Lussemburgo perchè ha condannato l’Italia ad aver

rinunciato all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel

corso di una serie di periodi d’imposta (violando 10 TCE, direttiva

1997,77/388/CEE), Tinelli si augura di regolamentare l’inammissibilità

di sanatorie generalizzate in materia tributaria.

CAPITOLO 8- L’ATTUAZIONE DELLA NORMA TRIBUTARIA

L’attuazione spontanea della norma tributaria. La dichiarazione

L’esigenza di una regolamentazione giuridica dell’attuazione della norma

tributaria si è inserita in un più ampio programma di politica economica

diretto a fondare la gran parte del prelievo tributario sulla spontanea

collaborazione del contribuente (x comprimere i costi connessi ad

un’attuazione amministrata e da ottenere un effetto d’anticipazione

finanziaria del gettito). Ora, l’attuazione spontanea si realizza

normalmente mediante la dichiarazione del contribuente, con cui sono

forniti gli elementi fattuali su cui fonda la ricognizione del

presupposto d’imposta, la determinazione della base imponibile e la

successiva liquidazione del tributo. In base alle caratteristiche del

fatto a rilevanza tributaria, la legge può prevedere una cadenza

periodica della dichiarazione ovvero la presentazione di una

dichiarazione e la conferma tacita della stessa negli anni seguenti. Il

contenuto informativo della dichiarazione può trovare garanzia: in

supporti documentali, contabili, informatici che la legge ricollega

all’esercizio di attività economiche oppure alle caratteristiche

soggettive del contribuente. La disciplina della dichiarazione è

contenuta nell’ambito delle singole leggi d’imposta, venendo ad essere

condizionata dalle caratteristiche del presupposto alla cui

rappresentazione è funzionale. In alcuni casi la dichiarazione sarà

particolarmente semplice e senza profili formali mentre in altri casi

richiederà complesse procedure compilative e requisiti di forma51

Page 52: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

condizionanti la validità. In ogni caso il contenuto sarà rappresentato

da una ricognizione fattuale/giuridica del presupposto del tributo

(idoneo a consentire la determinazione della base imponibile e la

successiva liquidazione dell’imposta); si potranno poi aggiungere altre

indicazioni richieste dalle singole leggi d’imposta, per agevolare il

controllo amministrativo, mediante informazioni sul soggetto passivo o

sull’attività tassata. La dichiarazione potrà prevedere manifestazioni di

volontà del contribuente per destinare parte del tributo a scopi

benefici. Caratteristica comune a ogni dichiarazione tributaria è la

previsione di alcuni requisiti inerenti la funzione informativa a cui

deve assolvere: il 1° si riferisce alla riferibilità della dichiarazione

a un soggetto passivo (che si esprime con il requisito della

sottoscrizione della dichiarazione, che ne condiziona la validità); il 2°

è un requisito temporale (che prevede il rispetto di precisi termini in

cui la dichiarazione deve esser presentata). Alla controllabilità

amministrativa risponde il requisito della forma legale (nei tributi

rilevanti dal punto di vista economico, si esprime nell’approvazione in

sede amministrativa di un modulo di dichiarazione necessario perchè

questa sia valida). Riguardo la natura giuridica della dichiarazione,

essa è una dichiarazione di scienza (in cui il profilo volitivo presenta

rilevanza solo al momento della presentazione e non si estende al

contenuto, che è invece obbligatorio). Per quanto riguarda la

dichiarazione dell’imposta sui redditi, dell’IRAP, dell’IVA, deve esser

redatta su modelli conformi a quelli approvati con apposito provvedimento

amministrativo da pubblicare in GU, deve essere sottoscritta dal

contribuente o da chi ne ha rappresentanza legale/negoziale e deve esser

presentata entro un certo termine (la violazione di tutto ciò è causa di

nullità). Riguardo le modalità di presentazione: banche, uffici postali,

in via telematica all’AE (pag 227).

La rettifica della dichiarazione

52

Page 53: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Ci si chiede se ci sia la possibilità per il contribuente di correggere,

in un momento successivo a quello di presentazione, eventuali errori

commessi nella redazione o nel contenuto della dichiarazione. Secondo

Tinelli ormai si deve ammettere la funzione meramente ricognitiva della

dichiarazione (come tale suscettibile di esser emendata in presenza di

errori di rappresentazione del fatto o della sua qualificazione

giuridica. Una serie di norme prevede la possibilità di presentare una

dichiarazione integrativa diretta a correggere errori/omissioni a

svantaggio del fisco (salva l’applicazione delle sanzioni) come anche la

possibilità di presentare una dichiarazione integrativa diretta a

correggere errori/omissioni che hanno determinato l’indicazione di

maggior reddito o comunque di un maggior debito d’imposta o di un minor

credito. Tuttavia, mentre la dichiarazione rettificativa a favore del

fisco può esser presentata entro i termini stabiliti per l’accertamento

tributario, la dichiarazione rettificativa a favore del contribuente può

esser presentata al massimo entro il termine prescritto per la

presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta

successivo. Di sostituzione della dichiarazione si potrà parlare quando

il contribuente presenti una seconda dichiarazione da ritenersi

integralmente sostitutiva della 1°.

Gli obblighi documentali, contabili e dei terzi

Essi si esplicano sia nell’obbligo di fornire documenti idonei a provare

esistenza/dimensioni di un certo fatto economico come anche obblighi di

conservazione di documenti probatori dell’avvenuto pagamento del tributo

e dell’adempimento di obblighi del contribuente. Nel sistema dell’IVA, la

legge prevede l’obbligo dell’emissione (in forma cartacea/elettronica)

della fattura come adempimento essenziale ai fini dell’attuazione del

meccanismo impositivo. In alcuni casi, dell’obbligo documentale è un 3°

(come avveniva nei casi di scontrino fiscale) che subisce una sanzione

53

Page 54: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

nel caso in cui non esibisce il documento o lo esibisce con corrispettivo

inferiore a quello reale, agli organi accertatori.

Dopo la riforma degli anni ’70, il sistema dell’accertamento dei redditi

d’impresa e di lavoro autonomo, come pure il sistema accertativo proprio

dell’iva, ha visto la nascita di obblighi contabili. In particolare,

nella sistematica dell’accertamento delle imposte sui redditi, gli

obblighi contabili sono imposti, dal 13 DPR 600/1973, a questi soggetti:

a)società soggette all’IRES;

b) enti pubblici/privati diversi dalle società,

soggetti all’IRES, nonché i Trust;

c) snc,sas;

d)persone fisiche che esercitano imprese

commerciali.Questi soggetti devono tenere (14 del DPR):

a)libro giornale e libro inventari;

b) registri prescritti ai fini dell’IVA;

c)scritture ausiliarie in cui si devono registrare gli

elementi patrimoniali/reddituali;

d) scritture ausiliarie di magazzino.

Gli obblighi dei terzi sono specifichi obblighi

(garantiti da sanzioni tributarie) a carico di

soggetti che per effetto di funzioni professionali o

di semplice contiguità col fatto fiscalmente

rilevante, si pongono in una posizione di garanti

degli interessi informativi del fisco. La maggior

parte sono stati cancellati: ne rimangono alcuni, 54

Page 55: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

specie in materia di accertamento delle imposte sui

redditi ed IVA, ove vengono previsti specifichi

obblighi di collaborazione all’attività istruttoria

della P.A. (l’inadempienza trova sanzione nell’11 d.

lgs 471/1997). Tra gli obblighi di collaborazione,

abbiamo quello per cui alcuni soggetti pubblici che

svolgono attività ispettive e di vigilanza, devono

comunicare fatti che possono configurarsi come

violazioni tributarie.

CAPITOLO 9

Il controllo amministrativo

La struttura giuridica del sistema tributario, adottando il cosiddetto

“modello della fiscalità di massa”, ha consentito l’introduzione di

tributi ad elevato gettito e destinati ad un’ampia diffusione soggettiva

(anche in presenza di una organizzazione amministrativa che non ha visto

una corrispondente crescita dimensionale proporzionata al maggiore

impegno richiesto). Ciò è stato realizzato con la valorizzazione della

collaborazione del privato all’attuazione del tributo, attribuendo al

contribuente responsabilità applicative tali da ridurre l’intervento

amministrativo. Oltre a ciò, in questo sistema vengono riconosciuti ruoli

di controllo preventivo del rispetto della normativa tributaria a

soggetti estranei alla p.a. (specie professionisti legati al contribuente

da rapporti fiduciari). Oltre ciò, il sistema di fiscalità di massa

impone che l’attuazione amministrativa del tributo abbia ruolo rilevante

sia in chiave preventiva (es. dissuasione di comportamenti fiscalmente

devianti)ma anche in chiave repressiva (cm concreto strumento di recupero

del gettito sottratto all’imposizione). Da questa presenza delle

situazioni soggettive nell’attuazione del diritto tributaria, è sorta la

reazione legislativa che è espressa nell’introduzione di norme dello

55

Page 56: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Statuto dei diritto del contribuente disciplinanti l’attività di

accertamento: quindi siamo davanti a un principio di legalità dell’azione

amministrativa (per cui le regole disciplinanti le modalità di intervento

amministrativo nell’attuazione del tributo condiziona la legittimità

dell’azione amministrativa stessa e quindi la validità giuridica degli

atti con cui si esprime). In generale però non esiste una disciplina

comune ai diversi tributi, mentre si riscontra una disciplina

dell’attuazione amministrativa o accertamento propria per ogni tributo.

Il controllo liquidatorio

L’impossibilità materiale di un controllo generalizzato e capillare su

ogni imposizione a rilevanza tributaria ha imposto la divaricazione tra

un controllo liquidatorio (generalizzato) ed un controllo di merito

selettivo (x contemperare esigenze di governo del gettito con quelle di

dissuasione di comportamenti fiscalmente rilevanti). Il controllo

liquidatorio si svolge nel settore delle imposte sui redditi, con la

procedura prevista dal 36bis DPR 600/1973. Per questa disposizione,

l’amministrazione finanziaria, che si avvale di procedure automatizzate,

procede alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi

dovuti nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni

presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta, entro l’inizio

del periodo di presentazione delle dichiarazioni che si riferiscono

all’anno successivo. Il riscontro su fonda su dati ed elementi desumibili

dalle dichiarazioni ed è diretto a:

a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai

contribuenti nella determinazione degli imponibili, imposte, contenuti,

premi;b) correggere errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto

delle eccedenze delle imposte, dei contributi, dei premi risultanti

dalle precedenti dichiarazioni;

56

Page 57: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

c) ridurre detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella

prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti

dalle dichiarazioni;d) ridurre deduzioni del reddito esposte in misura superiore rispetto

alla previsione legislativa;

e) ridurre i crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella

prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti

dalle dichiarazioni;

f) controllare rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei

versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di

acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di

sostituto d’imposta.Nel caso di esito positivo del controllo, la liquidazione amministrativa

è comunicata al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la

reiterazione degli errori, consentendo la regolarizzazione degli aspetti

formali e per evitare reiterazione degli errori, nonché dare gli

opportuni chiarimenti. In mancanza di versamento o chiarimenti nel

termine di 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione, i

maggiori importi sono iscritti a ruolo a titolo definitivo. Ex 6

“Statuto” prima di iscrivere a ruolo si deve garantire al contribuente

la possibilità di fornire chiarimenti necessari e produrre documenti

mancanti (entro termine congruo comunque non inferiore a 30 giorni dalla

ricezione della richiesta). Tale regola riproduce il 36bis DPR 600, ma

trova una significativa garanzia nella sanzione di nullità degli atti

emessi in violazione di tali disposizioni contenuta nell’ultima parte

del 5° 6.Un’altra forma di controllo liquidatorio è quella del 36ter del DPR 600,

che si svolge secondo modalità differenti rispetto all’istituto

precedentemente esaminato e si dirige ad un sindacato amministrativo

della liquidazione dell’imposta con riscontro dei supporti probatori

usati dal contribuente. Il controllo tende a

57

Page 58: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

a)escludere (in tutto o in parte) lo scomputo delle ritenute d’acconto

non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, delle

comunicazioni, delle certificazioni richieste da contribuenti;

b)escludere le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti

richiesti ai contribuenti o agli elenchi ex 78 l.413/1991;

c)escludere le deduzioni del reddito non spettanti in base ai documenti

richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati in b);

d) determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti

dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;

e) liquidare la maggior imposta sul reddito delle persone fisiche;

f) correggere errori materiali e di calcolo commessi dai sostituti

d’imposta. (pag 249-250).

La programmazione selettiva dei controlli

controllo liquidatorio di cui al 36ter è di particolare importanza in

quanto introduce il tema della selezione dei contribuenti nei confronti

di cui avviare l’attività di controllo. Dopo alcuni tentativi diretti ad

assegnare alla sorte oppure ad indici esterni, la normativa in materia di

accertamento delle imposte sui redditi ha fondato la scelta dei

contribuenti da controllare sulla centralizzazione amministrativa dei

criteri da adottare da parte degli uffici periferici (affidando a una

produzione normativa interna la determinazione annuale di criteri

selettivi per programmare azione di controllo, tali da tener conto anche

della capacità operativa dei singoli uffici). Il decreto ministeriale

provvede annualmente a programmare l’azione amministrativa di controllo e

ad individuare le attività nei confronti di cui deve indirizzarsi

l’accertamento tributario (tenendo conto non solo di indici di

pericolosità fiscale delle diverse attività produttive, ma anche dei

risultati delle verifiche condotte negli anni precedenti, come pure delle

dimensioni economiche e della localizzazione territoriale delle

attività).58

Page 59: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

I poteri istruttori dell’amministrazione finanziaria

Questi potere istruttori nascono al fine di controllare la corretta

applicazione della normativa tributaria (in particolare per il rispetto

degli obblighi strumentali tributari). Ora, l’elencazione dei potere

istruttori deve ritenersi tassativa (sia per effetto della necessaria

legalità dell’azione amministrativa, ma anche conseguentemente al

riconoscimento a livello costituzionale di una serie di posizioni

soggettive che vengono ad essere limitate dall’intervento

amministrativo). I poteri istruttori sono regolati dal 31 e ss. DPR 600.

Il 31 individua le attribuzioni degli uffici, il 32 elenca i poteri di

cui l’ufficio dispone per realizzare tali compiti istituzionali (in

questo senso è rilevante l’individuazione della competenza territoriale

dell’ufficio). Il DPR si occupa poi anche di regolamentare una

collaborazione tra Autorità competenti di Stati UE (per garantire

l’accertamento corretto delle imposte sul reddito e sul patrimonio). La

Guardia di Finanza coopera con gli uffici amministrativi per acquisire e

reperire elementi utili ai fini di accertare/reprimere violazioni alle

leggi tributarie (con propria iniziativa o su richiesta degli uffici. La

Guardia di Finanza utilizza e trasmette agli uffici i documenti, previa

autorizzazione giudiziale relativa al “segreto”).

I potere istruttori usabili dagli uffici si distinguono tra: potere

esercitabili verso i contribuenti (la situazione è la stessa del

sostituto d’imposta) e potere esercitabili verso i terzi (essi sono i

soggetti non direttamente influenzati dall’azione amministrativa, perchè

estranei alla manifestazione di capacità contributiva); questa

distinzione serve per diversificare le conseguenze ricollegabili al

mancato adempimento degli obblighi previsti dalla legge (in quanto il 32

prevede una certa forma di preclusione di utilizzo a favore del

contribuente dei documenti, libri, registri, non esibiti o non trasmessi

in risposta agli inviti degli uffici).

59

Page 60: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Tra i potere esercitabili verso i contribuenti.

1)potere che danno luogo ad una compressione dei diritti del

contribuente (il 33 disciplina l’esecuzione di accessi, ispezioni,

verifiche che si pongono quindi verso diritti di privacy. Ex “Statuto”

questi devono esser svolti, nei locali destinati all’esercizio di

attività commerciali, industriali, agricole, artistiche, professionali,

sulla base di specifiche esigenze di indagine/controllo, durante

l’orario di esercizio, recando la minor turbativa possibile. Non serve

in questi casi autorizzazione giudiziale (vs 14 3° cos):

l’autorizzazione però serve quando l’accesso riguardi locali adibiti ad

abitazioni, ovvero per perquisizioni personali ovvero per l’apertura di

casseforti, borse, mobili ecc ovvero quando c’è segreto professionale.

L’ispezione può durare massimo 30 giorni; di ogni accesso si fa processo

verbale e il verbale deve esser sottoposto al contribuente o al suo

rappresentante; questi può entro 60 giorni comunicare

osservazioni/richieste valutabili dagli uffici impositori (introduzione

del contradditorio per verificare l’emanazione di atti dotati di

rilevante attitudine lesiva di posizioni soggettive del contribuente), a

tutela di ciò l’avviso di accertamento non può esser comunicato prima di

questo termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

Particolare forma di accesso presso aziende e istituti di credito e

Amministrazione postale per rilevare i dati/notizie che si riferiscono

ai rapporti coi clienti: autorizzazione del Diritto Regionale delle

Entrate ovvero Del Comandante regionale della GDF, accesso effettuato da

ufficiali di Guardia di Finanza dal Capitano in su)

2)potere non suscettibili di dar luogo a compressione di diritti

soggettivi del contribuente (essi generano solo obblighi di

collaborazione con l’amministrazione finanziaria: sono gli “inviti a

comparire” personalmente o con rappresentante per fornire dati/notizie

rilevanti per l’accertamento, gli “inviti ad esibire” o a trasmettere

atti/documenti; l’invio di “questionari” ai contribuenti relativi a 60

Page 61: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

dati/notizie di carattere specifico, col dovere di ridarli firmati).Potere esercitabili verso i terzi (organi/amministrazioni Stato, enti

pubblici non economici, società che fanno riscossioni/pagamenti in conto

di terzi ecc. Molto delicate sono le richieste di informazioni

riguardanti rapporti di contribuenti e aziende/istituti di credito con

Amministrazione postale, società fiduciarie, ogni altro intermediario

finanziario: qui la richiesta deve esser autorizzata con modalità

analoghe a quelle previste per l’accesso presso le banche.

L’amministrazione finanziaria può richiedere poi ai soggetti obbligati

alla tenuta delle scritture contabili, dati, documenti relativi ad

attività svolte in un certo periodo d’imposta verso clienti, fornitori,

prestatori di lavoro autonomo.)Tutela del contribuente verso illegittimo esplicarsi dell’attività

istruttoria amministrativa. Riguardo agli atti che danno luogo alla

compressione di un diritto fondamentale del contribuente, la

giurisprudenza di Corte Costituzionale ha fatto una lettura sistematica,

ponendo il rispetto delle regole istruttorie come presupposto della

legittimità di ogni successivo atto che si fondi sull’acquisizione

probatoria illegittima.Esiti del controllo:

A)si riscontra la regolarità del comportamento del contribuente o la

mancata individuazione d’elementi utili a supportare una ricostruzione

dell’imponibile o dell’imposta in misura diversa/superiore a quella

dichiarata (in questo caso il controllo si conclude con lo stesso atto

col quale si giunge alla constatazione di fatti a rilevanza tributaria.

Tuttavia successivamente la Guardia di Finanza o l’amministrazione

finanziaria potranno fare ulteriori controlli e verifiche nei termini

entro cui può essere notificato l’accertamento tributario.

B) si individuano elementi idonei a fondare una pretesa tributaria

diretta al recupero d’imposta o alla rideterminazione dell’imponibile

fiscalmente rilevante (in questo caso le risultanze istruttorie 61

Page 62: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

acquisite sono poste a base dell’accertamento tributari, quando da

queste derivi un recupero d’imposta o una rettifica dell’imponibile

oppure un provvedimento d’irrogazione di sanzione amministrativa)

L’accertamento tributario

L’esito positivo del controllo introduce l’accertamento tributario “in

senso stretto” (esso rappresenta l’attività di affermazione

amministrativa della pretesa tributaria conseguente alla rideterminazione

dell’imposta o dell’imponibile in maniera diversa da quella rappresentata

dal contribuente oppure alla determinazione dell’imponibile e

dell’imposta nelle ipotesi di omessa dichiarazione). Il DPR 600 contiene

la disciplina meglio articolata. Un primo problema è la rilevanza in sede

di accertamento della cosiddetta interposizione fittizia” (37 DPR 600):

per questo art, oggi in sede di rettifica/accertamento d’ufficio sono

imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri

soggetti (quando dimostrato che questi ne è l’effettivo possessore per

interposta persona: con questa norma si consente al fisco di superare

l’assetto formale dei rapporti, dirigendo l’accertamento anche verso un

soggetto interposto, disconoscendo l’effetto dell’interposizione). Ci si

è poi chiesti se l’accertamento si debba necessariamente rivolgere verso

la tutela dell’interesse del fisco (precludendo così un intervento

favorevole al contribuente) ovvero possa esperirsi anche quando porti uno

svantaggio per il fisco: ad oggi il 38 1° stabilisce che l’Ufficio delle

Imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle

persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta

inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano in tutto o

in parte le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate

nella dichiarazione.

La disciplina giuridica dell’accertamento. Metodi e presupposti divalidità

62

Page 63: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

La particolare forza giuridica che la legge attribuisce all’accertamento

tributario, porta con sé anche l’esigenza di determinare normativamente i

presupposti di legittimità e il contenuto dell’atto nonché di

condizionare la validità al rispetto di tali regole da parte

dell’autorità amministrativa, per assicurare la tendenziale conformità

dell’azione amministrativa alla funzione attuativa della volontà della

legge. I presupposti sono costituti da regole dirette ad adattare

l’istruttoria amministrativa alla situazione base oggetto di accertamento

nonché regole capaci di garantire contradditorio tra amministrazione e

contribuente nella fase genetica dell’atto; le prescrizioni che si

riferiscono al contenuto sono invece dirette a garantire la regolarità

formale dell’atto e quindi la sua riferibilità ad un organo

amministrativo dotato di attribuzioni effettive sul rapporto d’imposta

(ma anche un’adeguata rappresentazione delle ragioni poste a fondamento

della ricostruzione amministrativa della base fattuale e giuridica del

tributo). I presupposti dell’accertamento si esprimono nella tematica dei

cosiddetti “metodi di accertamento”: esse sono una serie di regole

dirette a collegare alla particolare situazione di fatto da osservare i

livelli di attendibilità dimostrativa minimi ai fini dell’affermazione

della pretesa accertativa. La legge quindi disciplina la prova del fatto

ignoto sulla base delle caratteristiche del fatto da dimostrare ma anche

del grado di collaborazione offerto dal destinatario dell’attività di

accertamento alla concreta ricostruzione del fatto ignoto (condizionando

validità dell’atto amministrativo al rispetto di tale articolazione e

lasciando poi alla successiva dialettica conoscitiva la concreta

ricostruzione probatoria del fatto). Il sistema accertativo delle imposte

sui redditi propone la fondamentale distinzione tra accertamento in

rettifica e accertamento d’ufficio: il 1° si dirige alla rettifica della

dichiarazione dei redditi, il 2° prescinde dalla dichiarazione, in quanto

omessa o non valida. Nell’IRPEF l’accertamento in rettifica si distingue

tra analitico e sintetico: la differenza dipende dal diverso angolo di

63

Page 64: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

osservazione della base imponibile del tributo che deve avvenire con

analisi delle singole fonti reddituali ex schema 6 TUIR n.917/1986.

Riguardo l’accertamento analitico, la norma distingue l’accertamento dei

redditi diversi da quelli derivanti dall’esercizio di attività

commerciali/lavoro autonomo (per questi l’incompletezza, falsità,

inesattezza dei dati si possono desumere dalla dichiarazione stessa)

dall’accertamento di questi ultimi.

L’accertamento dei redditi determinanti in base a scritture contabili

Articolata è la previsione riguardante le prove utilizzabili

nell’accertamento dei redditi determinati in base alle scritture

contabili (in connessione all’equilibrio che la legge pone tra

adempimento degli obblighi formali e rispetto in sede di accertamento

delle risultanze contabili anche a favore del contribuente). La struttura

della norma è fondata sulla contrapposizione tra metodo contabile (che

propone la ricostruzione del reddito nel rispetto della base dimostrativa

delle scritture contabili) e un metodo extracontabile “presuntivo” (che

presuppone la violazione aprendo la porta ad una ricostruzione del

reddito stesso secondo schemi dimostrativi alternativi a quello

contabile). Il 39 1° DPR 600 stabilisce che l’ufficio procede alla

rettifica dei redditi d’impresa e di quelli derivanti dall’esercizio di

arti/professioni:

a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a

quelli del bilancio, del conto dei profitti/perdite e dell’eventuale

prospetto;b) se non sono state applicate esattamente le disposizioni del capo VI

TUIR N.917/1986;c) se l’incompletezza/falsità/inesattezza dei dati della dichiarazione

risulta da verbali e questionari ex 32, dalle altre dichiarazioni ecc;

d) se l’incompletezza/falsità/inesattezza degli elementi indicati nella

dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle

scritture contabili e dalle altre verifiche ex 33.

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Page 65: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

Accertamento contabile. Esso prevede un controllo di diritto (per

verificare la corretta applicazione di norme del TUIR in materia di

reddito d’impresa) e un controllo di fatto (con oggetto la dimensione

effettiva degli elementi su cui si è fondata la dichiarazione). Da ciò

la corretta tenuta delle scritture contabili non preclude un sindacato

di merito riguardo la base fattuale del singolo fatto di gestione, ma

condiziona il tipo di prova valorizzabile a tal fine che deve

presentarsi come caratterizzata da un livello di attendibilità

accentuato, per tutelare l’interesse del destinatario dell’attività di

accertamento, ma anche prevenire la formazione di atti destinati a non

superare il vaglio giurisdizionale.Accertamento extra-contabile. Questa visione è però capovolta dal 39 che

prevede un metodo presuntivo: in esso vengono meno le prescrizioni sulla

raccolta e sul contenuto della prova usabile per rettificare il reddito

d’impresa, svincolandosi l’azione accertativa dal rispetto di regole

formali, come anche dalla valutazione delle risultanze contabili

dell’impresa (conseguentemente a una violazione da parte del

contribuente delle cosiddette “regole del gioco”). In pratica è

possibile rilevare d’ufficio il reddito d’impresa (sulla base di

dati/notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza, con facoltà di

prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle

scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di

presunzioni prive di requisiti di gravità, precisione, concordanza). Per

la legge questo metodo è adottabile in gravi situazioni che impediscono

alla p.a. di fare affidamento sulle basi contabili dell’impresa (specie

per un comportamento sospetto o superficiale del contribuente, ma anche

per situazioni di forza maggiore). Per Tinelli questo metodo è però

un’extrema ratio, proprio per queste ragioni. I presupposti sono

comportamenti omissivi: ad esempio mancata indicazione del reddito

d’impresa in dichiarazione, irregolarità formale delle scritture tale da

condizionare l’attendibilità per mancanza delle garanzie proprie di una 65

Page 66: APPUNTI TRIBUTARIO RIASSUNTI LIBRO TINELLI

contabilità sistematica ecc.Accertamento in base a studi di settore

Questo è possibile per le cosiddette “imprese minori”: essi sono dei soggetti per cui la legge prescrive obblighi contabili meno stringenti in virtù delle dimensioni . Il 62 bis d.l.331/1993 ha introdotto questo sistema. In particolare gli uffici amministrativi (con associazioni professionali e di categoria) elaborano appositi studi di settore idoneiad individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata, rendendo così più efficace l’azione accertativa verso i contribuenti appartenentiallo stesso settore economico. Gli effetti degli studi di settore sono previsti dal 3° 62 sexies che prevede la possibilità di una rettifica analitica fondata sull’esistenza di gravi incongruenze tra ricavi, compensi, corrispettivi dichiarati. Così dicendo, ai risultati degli studi di settore è data un’efficacia dimostrativa privilegiata (idonea adimostrare una base attendibile della rettifica, salva la possibilità per il contribuente di dimostrare positivamente la differente composizione dei fattori economici nella specifica attività realizzata).Attualmente però il 37 2° d.l.223/2006 ha modificato il 10 l.146/2008, concernente le modalità d’utilizzazione degli studi di settore in sede d’accertamento. Ad oggi la nuova disciplina permette di rettificare la dichiarazione riguardanti ogni periodo d’imposta, in relazione a cui il contribuente non è risultato congruo, con le risultanze degli studi di settore, superando quindi la regola dell’incongruenza dei 2 periodi d’imposta su 3 precedentemente prevista dal citato 10 2°. La problematica è però sulle caratteristiche di formazione degli studi di settore: questi si fondano su un’analisi di tipo statistico delle diverse realtà economiche e ciò non si raccorda bene con la funzione dimostrativa di tipo storico che dovrebbe caratterizzare la prova del fatto a rilevanza tributaria. Da ciò si apre la discussione riguardo la natura giuridica da attribuire agli studi di settore: ciò secondo alcuniporterebbe ad inquadrarli tra le presunzioni semplici (inidonee ad invertire l’onere della prova del fatto ignoto, ma destinate ad operare insieme ad altri elementi indiziari); altri autori riconoscono la naturapresuntiva dello strumento (ma vi attribuiscono natura legale ritenendo sussistenti negli studi di settore i requisiti di gravità, precisione, concordanza, con possibilità comunque di prova contraria a carico del contribuente). In altri studi si è cercato di ricostruire la portata dimostrativa degli studi di settore, facendo leva sul concetto di “massime di comune esperienza” per le quali il giudice potrebbe prescindere dall’accertamento del fatto ignoto (derivando da ciò la limitazione dell’inversione dell’onere della prova da essi derivante alla massima stessa). C’è poi un’altra tesi, per cui gli studi di settore, fondandosi su dati statistici e descrittivi, non potrebbero assurgere a elementi dimostrativi del fatto ignoto, mentre rappresenterebbero “fatti di mera conoscenza” destinati a costituire

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parti tecniche estimative di un discorso retorico di tipo deliberativo. Se si riconoscesse natura presuntiva agli studi di settore, gli stessi dovrebbero valere anche a favore del contribuente. Queste perplessità però non devono far abbandonare la visione legislativa, che ha ritenuto di affidare la ricostruzione del fatto ignoto nell’accertamento dei soggetti di ridotte dimensioni economiche a strumenti di correttezza sistematica. A livello Costituzione poi tutto regge: infatti il contribuente ha diritto alla prova contraria. Nella pratica si sono rilevati come un efficace strumento di gettito.

L’accertamento sintetico (l.78=Manovra finanziaria 2010)

Esso è un accertamento svincolato dall’analisi delle singole fonti di reddito ed è diretto a ricostruire il reddito complessivo IRPEF sulla base di una logica presuntiva differente rispetto a quella posta a base della ricostruzione analitica. E’ quindi questo un accertamento di 2°, diretto a prevenire un vuoto d’imposta, conseguente ai limiti dell’accertamento analitico, quando c’è una situazione di contrasto tra reddito derivante da ricostruzione analitica e reddito complessivo nettoche risulta accertabile sulla base del contenuto induttivo attribuibile alle spese sostenute dal contribuente. Questo tipo di accertamento ha come parametro l’uomo medio (che destina al consumo personale o familiare somme non superiori a quelle di cui dispone o a titolo reddituale o a titolo patrimoniale). Questo metodo è piuttosto delicato:urge quindi delineare una serie di garanzie dirette ad imporre una ponderazione quantitativa al ricorso a questo strumento (il 38 DPR modificato dalla l.78/2010 introduce una soglia minima di accesso alla rettifica sintetica: il reddito complessivo accertabile deve eccedere almeno di 1/5 quello dichiarato) nonché una selezione e valutazione degli elementi indicativi di capacità contributiva (la 2° parte del 4°, dopo la l.78, prevede che l’accertamento sintetico possa fondarsi sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato con l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto Ministero Economia da pubblicare in GU ogni 2 anni. In tal caso si fa salva la prova contrariaper il contribuente: questi può dimostrare che il maggior reddito determinato/determinabile sinteticamente è fatto in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Il procedimento prevede che gli uffici amministrativi invitino il contribuente a comparire di persona o con rappresentanti legali per consentire la produzione di dati/notizie rilevanti per l’accertamento. Si avvia quindi il contradditorio.)Infine, la legge prevede che la ricostruzione sintetica del reddito è limitata al solo anno d’imposta oggetto di accertamento (non sugli anni precedenti).

L’accertamento d’ufficio (art 41 DPR)67

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In caso di invalida (quando la dichiarazione è scritta su moduli non conformi a quello ministeriale) o mancata presentazione della dichiarazione da parte del contribuente (dichiarazione non sottoscritta o presentata oltre i termini di legge) l’attività di accertamento è diretta a sostituire integralmente la dichiarazione. Lo schema è molto simile all’accertamento extracontabile, in quanto l’amministrazione devepoter usare, mancando la collaborazione del contribuente, le fonti dimostrative di cui dispone per ricostruire nel modo più attendibile il reddito. E’ un accertamento tendenzialmente analitico in quanto l’ufficio deve determinare i singoli redditi (se non è possibile, il reddito complessivo del contribuente)sulla base dei dati e delle notiziecomunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con la facoltà di potersi avvalere di presunzioni prive dei requisiti di gravità/precisione/concordanza. Si potrà anche usare il metodo sinteticod’accertamento. L’argomentazione contraria del contribuente eventuale, deve fondarsi su una prova altrettanto attenuata.

Principio dell’unicità dell’accertamento. Accertamento parziale

Il principio in questione non trova espressione normativa, desumendosi acontrario dalla disciplina degli accertamenti integrativi e modificativicontenuta nel 4° del 43. In base a questo art l’atto di accertamento (notificato al contribuente) può essere integrato/modificato in aumento (fino alla scadenza del termine di decadenza previsto da legge) ma solo in base a sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (da indicare specificamente a pena di nullità nell’avviso di accertamento). Così la legge impone un’adeguata ponderazione di elementi probatori a disposizione dell’ufficio, per evitare che atti o fatti siano in seguitovalorizzati (in presenza es. di una fondata contestazione da parte del contribuente di quelli usati dall’ufficio). Si han però dei casi in cui la prova di singoli rilievi può presentarsi già attendibile, ma ciò non si può dire dell’intera posizione fiscale del contribuente relativa a uncerto periodo d’imposta: in questo caso la notificazione di un avviso diaccertamento che valorizzi solo gli elementi probatori già acquisiti finirebbe per imporre una limitazione ad un successivo approfondimento della posizione reddituale del contribuente. per questo motivo gli uffici dell’AE possono limitarsi ad accertare il reddito o il maggior reddito imponibile qualora dagli accessi/ispezioni/verifiche o da dati in possesso dell’anagrafe tributaria risultino elementi che consentano di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato ovvero il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato (che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile). Questa attività di accertamento deroga a quella ordinaria (quest’ultima si fonda sull’attendibilità delle fonti informative da cui promana la base probatoria del recupero a tassazione).

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Avviso di accertamento

L’attività d’accertamento si formalizza con la notifica al contribuente dell’avviso di accertamento (nell’ambito di cui sono valorizzati ai finidella contestazione al destinatario elementi di fatto e di diritto a base della rettifica della dichiarazione o dell’accertamento d’ufficio).L’avviso d’accertamento è atto recettizio (il 42 prevede l’obbligo di portare a conoscenza gli accertamenti in rettifica e d’ufficio con la notificazione di appositi avvisi condizionando quindi la legittimità dell’azione accertatrice alla legale conoscenza dell’atto da parte del destinatario. L’omessa/irregolare notifica dell’atto ne pregiudica la legittimità, salva la sanabilità di certi vizi con la nuova correzione nei termini ex 43). Forma e contenuto individuati da legge.

1)Presupposti di legittimità dell’atto d’accertamento. 1°)competenza funzionale/territoriale dell’ufficio che lo emette: questa è attestata dalla sottoscrizione dell’atto stesso dal capo dell’ufficio o da altro impiegato. La violazione delle regole su competenza/sottoscrizione dell’atto ne pregiudicano la validità.

2) Presupposti di forma: importante il 42 che vuole che l’avviso rechi indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquoteapplicate e delle imposte liquidate, per consentire al destinatario di poter agevolmente ricostruire l’azione accertatrice nell’analisi delle singole operazioni compiute dall’ufficio.

3) Accertamento motivato relativamente ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Con la motivazione il destinatario può quindi valutare la fondatezza dell’atto ai fini delle successive determinazioni (è quindi uno dei presupposti di legittimità più importanti). La legge disciplina con dettaglio l’obbligo di motivazione di questo atto, anche considerando la sua idoneità a stabilizzare la pretesa tributaria in esso contenuta nel caso di mancataimpugnazione in sede giurisdizionale (sancendo una sanzione di nullità conseguentemente alla mancanza di motivazione dell’atto d’accertamento).Giurisprudenza e dottrina si sono contrapposte spesso sul contenuto dell’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento: la giurisprudenza, come la dottrina, ha in seguito abbracciato la visione garantista per il contribuente dell’obbligo di motivazione , Già l’originario testo del 42 prevedeva una sanzione di nullità collegata alla violazione dell’obbligo di motivazione (differenziando così l’illegittimità dell’atto di accertamento per difetto di motivazione in quanto in questo caso il fatto ipoteticamente provato non è rappresentato idoneamente in motivazione e provoca una non conformità dell’atto di accertamento al modulo legale descritto dal 42,

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dall’illegittimità dello stesso atto per difetto di prova del fatto fiscalmente rilevante e in questo caso la motivazione è incensurabile nel suo contenuto esternativo, ma la portata dimostrativa su cui si fonda l’atto è contestata dal contribuente con apporti conoscitivi o logici che ne incrinano le basi fattuali o giuridiche su cui l’accertamento si poggia e in questo caso l’accertamento è infondato sulmerito quindi illegittimo).

4) termine decadenziale entro cui si deve perfezionare la notifica dell’avviso: gli avvisi di accertamento ex 43 devono essere notificati entro il 31/12 del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentatala dichiarazione. Nei casi di omessa dichiarazione o di presentazione didichiarazione nulla, l’avviso di accertamento può esser notificato fino al 31/12 del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbedovuto esser presentata. Ex 4° 34 (aggiunto con il dl 223/2006) i suddetti termini decadenziali sono raddoppiati per il periodo d’imposta in cui sono state commesse violazioni comportanti l’obbligo di denuncia penale per i reati ex d. lgs 74/2000.

5) rispetto del termine dilatorio ex 12 7° “Statuto”: si dispone che l’accertamento non possa esser emanato prima della scadenza del termine di 60gg previsto per la presentazione di osservazioni/richieste del contribuente a seguito di rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo fiscale.

Con la finanziaria 2010 si richiede che gli avvisi di accertamento rechino “l’intimazione ad adempiere” l’obbligo del pagamento degli importi ivi indicati. In questo modo l’avviso di accertamento assume natura esecutiva : infatti l’avviso di accertamento deve indicare che, decorsi i 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme ivi indicate è affidata in carico agli Agenti della Riscossione competenti anche per l’esecuzione forzata. Se sussiste un fondato pericolo per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, decorsi60gg dalla notifica dell’avviso di accertamento, la riscossione integrale delle somme è affidata agli Agenti per la Riscossione che procederanno all’espropriazione forzata. L’unico limite per gli Agenti èche, se decorre un anno dalla notifica dell’avviso di accertamento, l’azione esecutiva dovrà essere preceduta dalla notifica dell’avviso ex 50 DPR 602/1973. Una volta notificato, per effetto della natura recettizia, l’atto di accertamento è idoneo a produrre i suoi effetti, che continuano a prodursi anche nella pendenza della verifica giurisdizionale, fin quando un provvedimento incida sulla sua legittimità, imponendone l’annullamento (parziale o totale) da parte dell’ufficio che lo ha formato. Infine, l’esercizio del potere di autotutela può esser attivato dal contribuente ovvero dall’interesse dell’Amministrazione a prevenire situazioni tali da generare vasto contenzioso ovvero dal Garante del contribuente ex 13 “Statuto” (in caso

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di irregolarità, disfunzioni, prassi amministrative anomale, irragionevoli, altri comportamenti incrinanti rapporto di fiducia cittadini/amministrazione finanziaria).

La definizione consensuale dell’accertamento

Con il d. lgs 218/1997 “Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale” cadono tutti i limiti legali alla definibilità in sede amministrativa dell’accertamento tributario, stabilendosi alcune regole dirette a garantire stabilità della definizione (in questo senso il 2 3° d.lgs. 218/1997 prevede che l’accertamento con adesione non è soggetto a impugnazione, non è integrabile/modificabile da parte dell’ufficio e preclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice, salve le ipotesi di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi in base a cui si può accertare maggior reddito superiore al 50% del reddito definito. L’impulso per la definizione può esser dato d’ufficio ovvero di parte e l’atto di accertamento con adesione è redatto con atto scritto in 2 copie e deve indicare, separatamente per ogni tributo, elementi e motivazione su cui la definizione si fonda, liquidazione delle maggiori imposte, sanzioni ealtre somme dovute eventualmente. A tale atto segue entro brevi terminiil versamento diretto delle somme dovute o la rateizzazione degli importi idoneamente garantita dal contribuente e da ciò deriva il perfezionamento della definizione) e attuazione delle sanzioni derivantidall’accertamento.

Natura giuridica dell’accertamento con adesione (2 impostazioni). Una impostazione tende ad attribuire all’accertamento con adesione una funzione di concorso del privato alla produzione degli effetti obbligatori nascenti dall’atto di accertamento: questa impostazione peròsi scontra con la natura dell’attività di accertamento che non può ritenersi idonea a generare effetti obbligatori, ma solo ad individuare dimensioni fattuali e giuridiche del rapporto tributario originario dal verificarsi del presupposto d’imposta. Bisogna allora attribuire effettidispositivi di diritti già esistenti da parte di soggetti che ne sono titolari, ricorrendo all’assimilazione con istituti civilistici ad esempio transazione. In questo modo però si deve rinunciare al dogma dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria ( di solito attribuitoalla base giuridica del rapporto d’imposta considerando la sua base pubblicistica e la sua specifica finalizzazione).

Secondo Tinelli, i problemi di queste impostazioni avrebbero termine se si pensasse all’accertamento con adesione come un accordo sulla rappresentazione dei fatti alla base dell’obbligazione tributaria (in questo senso diventa solo uno dei metodi di accertamento, caratterizzatoperò dal fondamentale rapporto consensuale). In definitiva allora,

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l’accertamento con adesione sarebbe il risultato di un accordo sulla prova (per cui l’ufficio non è tenuto a dimostrare secondo regole ordinarie il maggior reddito e il contribuente rinuncia ad una verifica giurisdizionale sulla fondatezza della pretesa fiscale).

L’accertamento in materia di IVA (dpr 633/1972)

Questo istituto vede nella propria struttura documentale tratti comuni alle regole sulla dimostrazione del fatto nella disciplina del reddito d’impresa: ciò si esprime in alcuni istituti derogatori rispetto alle regole tipiche delle imposte sui redditi, che in alcuni casi vedono veraidentità di disciplina ottenuta con rinvii interni ovvero con estensioniall’IVA della disciplina prevista ai fini delle imposte sui redditi e viceversa. In materia di IVA anche troviamo la distinzione tra accertamento in rettifica (consiste nella rettifica della dichiarazione annuale IVA. Esso è disciplinato dal DPR 633/1972 e consiste nella rettifica della dichiarazione annuale da cui risulti un’imposta inferiore rispetto a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile/rimborsabile, superiore a quella spettante. La rettifica peròpuò basarsi anche su presunzioni semplici (devono però essere gravi, precise, concordanti) e accertamento d’ufficio (presuppone omissione/nullità della dichiarazione). La legge consente anche un accertamento induttivo ex 55 DPR 633/1972 : esso è diretto alla ricostruzione extracontabile della base imponibile del tributo e può esser attivato in 2 casi, cioè quando il soggetto non ha presentato la dichiarazione o quando non ha tenuto le scritture contabili ovvero quando quest’ultime non sono state esibite a richiesta dell’ufficio. L’attività di accertamento anche qui si estrinseca con notifica degli avvisi di accertamento: questi ex 56 devono contenere:

a) nell’accertamento in rettifica, l’indicazione degli errori/omissioni/false indicazioni a pena di nullità;

b) nell’accertamento induttivo, l’indicazione dell’imponibile complessivo e dell’aliquota e delle detrazioni applicate, nonché il perché si è ricorso a questo metodo d’accertamento.

Gli avvisi devono esser notificati a pena di decadenza entro il 31/12 del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Rettifiche e accertamenti possono essere integrati/modificati con la notifica di nuovi avvisi a seguito della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi: ciò è da indicare nell’avvisoa pena di nullità Anche qui è possibile per gli uffici procedere a accertamenti parziali: ex 57 i competenti uffici dell’AE possono limitarsi ad accertare l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minorcredito spettante emersi nel corso di accessi/ispezioni/verifiche.

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Infine, ex 54bis, l’ufficio può liquidare l’imposta dovuta in base alla dichiarazione, avvalendosi a tal fine di procedure automatizzate, nonchépuò controllare rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell’imposta.

L’accertamento in materia di imposte indirette sui trasferimenti e

l’accertamento in materia di accise e di imposte doganali

Di particolare rilevanza qui è rilevare la natura giuridica del negozio

da assoggettare a tributo nonché le dimensioni economiche del presupposto

impositivo sui cui applicare l’imposta. Infatti per quando riguarda

l’imposta di registro, l’attività di accertamento è diretta a verificare

la congruità dei valori su cui si applica l’imposta (nei casi in cui non

è applicata in misura fissa) individuandosi la natura giuridica nell’atto

in sede d’applicazione dell’imposta in sede di registrazione. Ex 52 DPR

131/1986 , se l’ufficio ritenga che i beni trasferiti abbiano un valore

venale superiore a quello dichiarato, provvede con lo stesso atto alla

rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta dovuta. Di

conseguenza l’avviso di accertamento in materia di imposta di registro ha

un contenuto sia di rettifica della base imponibile che di liquidazione

dell’imposta. La motivazione dell’atto deve essere tale da consentire al

contribuente di ripercorrere l’iter logico-giuridico che l’ufficio ha

seguito nell’effettuare la rettifica: per la giurisprudenza,

quest’obbligo di motivazione trae origine dalla tutela del diritto di

difesa del contribuente (che dall’esame delle indicazioni contenute

nell’atto deve essere in grado di valutare adeguatamente fondatezza e

legittimità della pretesa fiscale, ai fini delle successive

determinazioni). La legge ha portato riforme recentemente per quanto

riguarda l’accertamento in materia d’imposta di registro con riferimento

al settore delle operazioni immobiliari: ex 5°bis del 52 d.l. 223/2006 la

preclusione all’accertamento ( di cui al 4°) non troverà più applicazione

per le cessioni immobiliari diverse da quelle con oggetto immobili ad uso

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abitativo e relative pertinenze effettuate da persone fisiche che non

agiscono nell’esercizio d’attività commerciali, artistiche,

professionali. Termini: 3 anni dal pagamento dell’imposta principale. Se

però è stato l’Ufficio e non il contribuente a provvedere alla

registrazione, l’Ufficio può notificare l’avviso di liquidazione entro 5

anni dalla data in cui la registrazione doveva farsi.

La legge, anche nel caso dell’accertamento in materia di accise e di

imposte doganali, prevede una disciplina d’accertamento che presenta

caratteri di complessità, in quanto tende a combinare attività di

controllo con quella di rettifica, anche ad iniziativa del contribuente,

prevedendo una serie di rimedi di tipo amministrativo variamente

articolati. Fra l’altro gran parte delle violazioni ha natura penale:

l’esercizio dell’azione penale sospende l’attività d’accertamento e

interrompe la prescrizione, quindi il giudice penale avrà la

determinazione definitiva dell’imposta nella sentenza di condanna, che

costituisce titolo per riscuotere il tributo.

Avvisi di liquidazione

Normalmente l’attività di liquidazione non è formalizzata in un vero e proprio atto amministrativo, in quanto costituisce una base d’una più ampia attività d’accertamento, che si conclude con la determinazione dell’imposta dovuta a seguito della liquidazione dell’imposta stessa, mediante l’applicazione dell’aliquota sulla base imponibile accertata. L’autonomia della liquidazione si presenta invece nel settore delle imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza: il 41 DPR 131/1986 prevede che l’imposta di registro è liquidata dall’ufficio con la notificazione d’un apposito avviso di liquidazione, contenente l’indicazione della base imponibile e dell’aliquota applicata. In materia poi di imposta sulle successioni, il 33 d.lgs. 346/1990 prevede che l’ufficio liquidi l’imposta, in base alla dichiarazione di successione, notificando avviso agli eredi. Ora, in materia di imposta di registro e di imposta sulle successioni, la disciplina degli avvisi di liquidazione è lacunosa; riguardo invece agli avvisi d’accertamento, la disciplina è puntuale sia con riferimento a forma/contenuto, sia con riferimento ai termini di decadenza, mentre per gli avvisi di liquidazione non c’è disciplina dettagliata: si è ovviato al problema regolamentando che l’ufficio competente a notificare l’avviso di liquidazione è lo stesso competente a notificare l’avviso di accertamento, così anche i termini sono coincidenti. Per quanto riguarda

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la motivazione: se l’avviso di liquidazione contenga solo il calcolo matematico dell’imposta, in questo caso per Tinelli non serve motivazione in quanto non si è davanti a una funzione di controllo dellap.a.; invero, se nell’avviso di liquidazione l’ufficio contesti al contribuente una visione del rapporto d’imposta diversa rispetto a quella rappresentata in atti attribuibili al contribuente, allora serve motivazione.

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Capitolo X – L’adempimento dell’obbligazione TributariaAdempimento e riscossione

L’adempimento dell’obbligazione tributaria è completamente disciplinato dalle legge, questo specialmente per tutelare in maniera intensa il credito tributario rispetto alle ordinarie garanzie derivanti dal sistema civilistico. Proprio per ciò la normativa che disciplina l’adempimento è connotata da un accento posto sulla funzione pubblica incui si esprime l’attività di riscossione. Tuttavia secondo Tinelli parlare oggi di attività pubblica di riscossione vuol dire perdere di vista il fatto che l’intervento amministrativo nella realizzazione del tributo è marginale, in quanto la collaborazione del contribuente è centrale.

Situazione precedente.

1) Sistema della riscossione tramite ruolo. Il sistema di riscossione delle imposte dirette, su cui si concentrava la parte più rilevante del finanziamento della spesa corrente statale, ruotava attorno alla figura dell’esattore delle imposte: questi era un imprenditore che acquisiva ilservizio della riscossione delle imposte in un certo territorio, cui faceva fronte l’onere di anticipare il versamento delle imposte risultanti dal ruolo d’imposta, indipendentemente dall’effettiva riscossione nei confronti del debitore. Tuttavia, quando l’esattore dimostrava di aver compiuto ogni attività per il recupero del credito, ma queste si erano dimostrate infruttuose, questi aveva diritto al rimborso delle quote inesigibili da parte dell’erario. Tuttavia questo sistema aveva delle criticità: innanzitutto la riscossione tramite ruolorisultava onerosa, in quanto il costo del servizio (che variava in relazione agli ambiti territoriali) rappresentava una posta riduttiva del gettito (quando posto a carico dell’erario) e un aumento della pressione fiscale (quando posto a carico del contribuente).

2) Sistema della riscossione tramite ingiunzione fiscale Il sistema di riscossione invece previsto per le imposte indirette, si fondava sulla gestione amministrativa del servizio di Cassazione (cui si univa l’attribuzione agli uffici stessi dell’azione esecutiva) e ciò si realizzava con l’istituto dell’ingiunzione fiscale. Questo sistema risultava poco efficiente per quanto riguarda la gestione della riscossione coattiva: mancando infatti un diretto interesse alla realizzazione del credito tributario, il funzionario amministrativo aveva più comprensione verso oggettive difficoltà economiche dei contribuenti.

Comunque sia 1) che 2) non potevano adattarsi a una fiscalità di massa.

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Riforma. Essa ha portato alla tendenziale unificazione dei sistemi di riscossione delle imposte dirette e delle imposte indirette, alla generalizzazione dell’adempimento spontaneo del tributo, nonché al riconoscimento al sistema di riscossione tramite ruolo di una funzione di riscossione “patologica” (quindi eccezionale)sia per le imposte indirette che per quelle dirette (figura dell’esattore diventa allora quella del concessionario del servizio pubblico della riscossione dei tributi).

Ritorno alla mano pubblica. Sempre la riforma poi in seguito ha ricondotto la riscossione a una gestione pubblicistica: è stata creata “Riscossione spa”, oggi Equitalia spa (società di diritto pubblico: 51% AE, 49%INPS. Collabora per le sue funzioni con Guardia di Finanza) che dal 1/10/06 ha il compito di svolgere attività di riscossione dei tributi mediante ruolo. Il ritorno al pubblico è stato giustificato per il mancato conseguimento, col sistema precedente, degli obiettivi di recupero del gettito. Rapporti AE-Equitalia: la 1° esercita le funzioni riguardanti la riscossione nazionale e a funzioni di controllo e coordinamento su Equitalia; approva poi l’ordine del giorno di quest’ultima, le sedute del Consiglio d’Amministrazione, le deliberazioni.

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L’adempimento spontaneo (su esso ruota il sistema di realizzazione del credito tributario)

Si realizza col versamento diretto da parte del contribuente della sommadovuta secondo le modalità previste dalle singole leggi d’imposta. Per le imposte sui redditi la legge prevede il versamento diretto al concessionario della riscossione o alla tesoreria provinciale dello Stato: il versamento può farsi:

1)con delega irrevocabile a una banca convenzionata, la quale rilascia apposita attestazione conforme al modello ministeriale;

2)con conti correnti postali intestati al concessionario (la l. 413/1991 ha introdotto il “conto fiscale”: esso è aperto presso il concessionario competente per territorio in relazione al domicilio fiscale del contribuente e registra ogni versamento e rimborso relativo alle imposte sui redditi, alle imposte sostitutive, all’IVA, può anche estendersi ad altri tributi. Le somme riscosse dal concessionario sul conto fiscale sono versate entro il 3° giorno lavorativo alla sezione ditesoreria provinciale dello Stato o alle casse degli enti destinatari);

3) pagamenti telematici per soggetti titolari di partita IVA.

La compensazione

Nei rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria, il contribuente (debitore a titolo d’imposta) può vantare un credito verso l’erario. In tale circostanza si pone il pone il problema dell’applicabilità della compensazione (metodo satisfattorio delle obbligazioni) disciplinato dal 1241 e ss del C.C. La dottrina che si è occupata di ciò, ha escluso la compensazione civilistica come causa di estinzione delle obbligazioni tributarie. Questo perché:

1) lo stato ha necessità di riscuotere senza intralci e rapidamente i tributi;

2) c’è diversa natura tra il credito vantato dall’ente impositore di natura pubblicistica rispetto a quello del contribuente di natura privatistica;

3) il fatto che le entrate dello Stato di regola si riscuotono in contanti. Secondo la dottrina, mentre è sempre possibile all’Amministrazione finanziaria compensare un suo credito con un debito del contribuente, quest’ultimo non può opporre in compensazione un suo debito all’erario.

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Ritenuta diretta. Essa è una forma di compensazione prevista dalla leggetributaria, che si applica agli emolumenti corrisposti dalle amministrazioni statali. Secondo gran parte della dottrina, attraverso questa si opererebbe una compensazione legale tra debito dell’amministrazione statale avente ad oggetto le somme che costituiscono reddito e il correlato credito d’imposta a favore dell’erario relativo al reddito predetto. Tuttavia Tinelli ci dice che oramai non si parla più di essa come nello schema della compensazione legale: questo perché lo schema della compensazione potrebbe esser usatosolo se la ritenuta è a titolo d’imposta (in quanto solo in tale ipotesisi verifica l’estinzione dell’obbligazione tributaria) e anche perché lacompensazione richiederebbe identità tra amministrazione titolare del tributo e quella titolare del debito (ciò di fatto si verificherebbe solo per i dipendenti dell’amministrazione finanziaria). Per questi motivi l’istituto della ritenuta diretta è una semplice modalità pubblicistica di riscossione dei tributi.

Ipotesi di compensazione: 11 4° e 80 DPR 917/1986: secondo esse se l’ammontare dei crediti d’imposta è superiore a quello dell’imposta dovuta, il contribuente ha diritto ( a sua scelta) a computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso (sempre in sede di dichiarazione dei redditi). Abbiamo poi ipotesi di compensazione di discendenza civilistica, implicanti identità di posizioni di creditore e debitore, ma anche ipotesi atipiche di compensazione, in cui manca l’identità: ad esempio 17 d.lgs.241/1997 che ha consentito al contribuente di compensare crediti e debiti dello stesso periodo anche relativi a tributi diversi (estendendo la compensazione anche quando i rapporti obbligatori contrapposti riguardano prestazioni non tributarie, ma previdenziali). Ed è proprio la mancanza di identità ad aver sollevato dubbi sulla equiparazione tra compensazione civilistica e finanziaria: infatti essendo consentita ex 17 la compensazione anche fra crediti verso l’amministrazione finanziaria e debiti verso istituti previdenziali, non c’è perfetta identità tra soggetti titolari delle diverse posizioni creditorie e debitorie. Alcuni per questo ravvisano nel 17 l’operatività di diversi istituti (riconducibili in parte alla compensazione vera e propria) mentre in gran parte sarebbero da inquadrare nella delegazione di debito tra contribuente (delegante) ed ente (delegato) avente ad oggetto l’assunzione di un’obbligazione verso un altro ente delegatario. Usando l’attuale normativa possono esser compensati (usando modulo di pagamento F24) le imposte sui redditi e le ritenute alla fonte, l’IVA, le imposte sostitutive delle imposte sui redditi, L’IRAP, i contributi assistenziali, previdenziali e premi (INPS, INAIL, ENPALS, INPDAI), i diritti camerali, interessi in caso di pagamento a rate, imposta sugli intrattenimenti, le accise. Tra i recenti interventi legislativi c’è anche poi l’ 8 1° “Statuto” che prevede la possibilità dell’adempimento del tributo mediante

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compensazione con un credito del contribuente. Al riguardo tale disposizione prevede che “l’obbligazione tributaria può esser estinta anche per compensazione” anche se c’è il rimando ad un apposito decreto attuativo per regolamentare le modalità di adempimento. In pratica da ciò però si evince che la compensazione è applicabile solo quando previsto da legge: con l’art 8 sembra esserci un richiamo alla disciplina civilistica della compensazione, ciò quindi potrebbe invero aprire la strada all’applicazione di tale istituto. Infine, sempre in tema, si è introdotto il contributo unificato di versamento, grazie a cui la possibilità d’un’estinzione per compensazione dell’obbligazione tributaria è stata estesa a ogni contribuente, mentre prima era solo perquelli che avevano il conto fiscale. Infine il 2 d. lgs n.262/2006 ha introdotto una nuova ipotesi di compensazione in fase di riscossione, per il quale l’AE, quando procede all’effettuazione di un rimborso, verifica l’esistenza di debiti iscritti a ruolo in capo allo stesso contribuente, per cui l’agente della riscossione procede alla notifica di apposita proposta di compensazione volontaria (con contestuale sospensione delle procedure di recupero del credito) che il contribuenteè ammesso ad accettare nel termine di 60gg dalla ricezione.

Il ruolo d’imposta (ha funzione residuale)

Il ricorso a questo strumento come metodo di riscossione fisiologica è limitato alle ipotesi in cui un’autoliquidazione del tributo da parte del privato si presenta complessa o non proponibile o richiede la disponibilità di dati in possesso dell’ente impositore. Tuttavia questo istituto sopravvive proprio per il ricorso all’interesse privato nella realizzazione coattiva del tributo: ciò ha fatto si che questo strumentorimanesse, anche se si è delineato come uno strumento diretto ad intervenire in mancanza di un adempimento spontaneo del contribuente, che impone un intervento amministrativo di recupero del credito. La struttura (praticamente immutata dopo le riforme tra cui il dl 203/2005)si fonda sulla distinzione tra soggetto che forma il ruolo (alla formazione provvede, per i tributi erariali, l’Amministrazione finanziaria; per gli altri tributi, il soggetto titolare delle attribuzioni attuative) e soggetto che provvede alla riscossione del credito in esso iscritto (il cosiddetto “agente della riscossione”: eglideve concretamente individuare il contribuente, portare a sua legale conoscenza il titolo e procedere alla riscossione del credito portato dal titolo. L’”Agente” è remunerato per tale attività con una somma rapportata alle caratteristiche di oggettiva difficoltà dell’esazione, determinate su base territoriale in relazione ad elementi statistici) . Il DPR 602/1973 considera il “concessionario” come colui a cui è affidato in concessione il servizio di riscossione ovvero il commissariogovernativo che gestisce il servizio stesso e “ruolo” l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della

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riscossione a mezzo del concessionario. Il ruolo diventa titolo esecutivo per la riscossione anche coattiva delle somme iscritte a ruolocon la “sottoscrizione” o la “validazione”. Abbiamo ruoli ordinari e ruoli straordinari (questi sono formati quando vi è fondato pericolo perla riscossione, considerando le caratteristiche del credito e le condizioni del debitore). Il ruolo deve contenere: generalità del contribuente, codice fiscale, descrizione del tributo, eventuale motivazione della pretesa (se previsto). L’iscrizione a ruolo può avvenire a titolo definitivo o a titolo provvisorio (in pendenza cioè diaccertamento non definitivo per effetto dell’impugnazione avanti il giudice tributario). Il DPR 602/1973 in materia di dilazione del pagamento, dispone che l’agente della riscossione può, su richiesta del contribuente, concedere nelle ipotesi di obiettiva difficoltà del contribuente, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolofino a massimo 72 rate mensili. La sospensione della riscossione può esser disposta dall’autorità amministrativa che ha iscritto a ruolo ex 39 DPR 602/1973, fino alla data di pubblicazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale. L’agente della riscossione riceve ilruolo e notifica lo stesso con la cartella di pagamento (redatta conformemente allo schema ministeriale, deve contenere :1)l’intimazione ad adempiere entro 60gg dalla notificazione, con l’avvertimento che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata, 2) responsabile del procedimento di iscrizione al ruolo e di quello di emissione e notificazione della stessa (a pena di nullità). Il pagamento può esser fatto presso gli sportelli dell’agente della riscossione, banche, ufficipostali. Si può fare anche con mezzi diversi dal contante, ma il pagamento si considera omesso in caso di assegno scoperto o non pagabilee in caso di utilizzo di carta di credito se il gestore della carta non fornisce la provvista finanziaria. Il pagamento delle imposte dirette può esser fatto con la cessione di beni culturali o con compensazione (specie quando, in sede di erogazione d’un rimborso d’imposta, l’AE rileva che il beneficiario è iscritto a ruolo).

La riscossione coattiva

Con la notifica della cartella esattoriale, il contribuente è messo in mora nel pagamento della somma iscritta a ruolo, per cui se questi non provveda nel termine di 60gg al pagamento, il concessionario provvede alla riscossione coattiva del credito. Secondo Tinelli, la procedura di riscossione coattiva tributaria è una espropriazione forzata speciale. La disciplina si fonda sul DPR 602/1973 che però fa sovente rinvio alle regole del CPC (ritenendo applicabili le regole sull’espropriazione forzata del CPC ove non derogate). Ora, rispetto al CPC mancano però il giudice dell’esecuzione e l’ufficiale giudiziario: infatti la figura delgiudice interviene solo in presenza di opposizioni dell’esecutato (l’opposizione all’esecuzione è ammessa solo se diretta a contestare la

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pignorabilità dei beni; l’opposizione agli atti esecutivi non è ammessa se relativa alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo) o del 3° (deve esser promossa prima della data fissata per il1° incanto e non può esser promossa quando i mobili pignorati hanno formato oggetto di una precedente vendita nell’ambito di procedura di espropriazione forzata promossa dall’agente della riscossione verso lo stesso debitore), mentre le funzioni dell’U.G. sono esercitate dagli ufficiali della riscossione (i collaboratori dell’agente della riscossione).

Procedura (ricalca CPC). 1) Pignoramento, 2)vendita al pubblico incanto dei beni del debitore.

L’agente della riscossione può, per assicurare la proficuità dell’azioneesattiva, accedere ai dati dell’anagrafe tributaria relativi a rapporti finanziari e bancari e anche richiedere detti dati a soggetti pubblici/privati

L’agente della riscossione può per conto del creditore del tributo presentare istanza di fallimento del debitore o può chiedere l’ammissione del credito tributario al passivo di un fallimento promossoda altri creditori. Ex 59 DPR 602 chiunque si ritenga leso dall’esecuzione può proporre azione verso l’agente della riscossione. Infine, abbiamo le disposizioni che regolano i rapporti tra riscossione coattiva e pagamenti delle P.A. a favore di debitori iscritti a ruolo: il 48bis del DPR 602 dispone che le P.A. e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di fare pagamento di un importo superiorea 10000euro, devono verificare se il beneficiario è inadempiente dall’obbligo di versamento di somme risultanti dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari a detto importo. Se ciò ricorre, le PA non fanno il pagamento, segnalando ciò all’agente della riscossione che farà l’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo avvalendosi del credito vantato dal debitore.

Le garanzie del credito d’imposta

Ex 2740cc il contribuente risponde dell’adempimento dell’obbligazione tributaria con tutti i suoi beni presenti e futuri. La garanzia della conservazione del patrimonio del debitore è rimessa agli ordinari istituti di diritto comune. Ora però, il Codice Civile prevede una seriedi privilegi per il credito tributario, ispirati a una tutela di tale credito nel concorso con altri crediti: questi sono sia privilegi generali (che si riferiscono a ogni bene mobile o immobile del debitore)sia privilegi speciali (che si riferiscono a specifici beni mobili o immobili, consentendo l’aggressione del bene vincolato al privilegio anche nei confronti del 3° acquirente del bene stesso). Dopo la riforma

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del 1975 i privilegi trovano specifico riferimento all’imposta a tutela di cui sono posti. Singole fattispecie di privilegio:il 2752 prevede privilegio generale sui mobili del debitore a tutela della riscossione dell’IRPEF e dell’IRPEG (ora si intende per l’IRES), sui redditi non rilevanti da immobili, relativamente ai crediti iscritti nei ruoli resi esecutivi nell’anno in cui il concessionario procede o interviene nell’esecuzione e nell’anno precedente. (vedi pag 360-361).

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Capitoli XI – L’indebito TributarioIndebito tributario e rimborso

L’indebito tributario identifica una situazione creditoria opposta a quella tributaria, che trova la propria causa nel pagamento di un tributo in misura superiore a quella dovuta. Ora, nelle altre varie ipotesi di credito d’imposta, la legge prevede il riconoscimento al contribuente di una posizione creditoria nei confronti del fisco, ma tale posizione non presenta una sua autonomia giuridica ed una causa di pagamento indebito in quanto rientra nel normale meccanismo di liquidazione dell’imposta. L’indebito tributario invero deriva dal pagamento d’un’imposta e segue logicamente alla fase di liquidazione dell’imposta stessa. Il credito d’imposta derivante da un indebito tributario presuppone applicazione non corretta della normativa tributaria (che quindi da luogo al versamento d’un’imposta superiore a quella dovuta). I casi in cui ciò può avvenire possono semplicisticamente essere distinti in:

a) “Errore sul fatto a rilevanza tributaria”: in questo caso il versamento spontaneo ovvero imposto dall’ufficio in sede di controllo amministrativo deriva una rappresentazione non corretta del fatto stesso(che quindi genera pagamento spontaneo/coattivo di un’imposta superiore a quella che risulta a seguito della corretta rappresentazione del fatto);

b) “Errore di diritto”: ciò deriva dalla non corretta riconduzione alla fattispecie legale di un fatto oggettivamente non controverso (sia in sede di dichiarazione che di accertamento);

c)”Modifica con effetti retroattivi della norma impositiva”: il pagamento dovuto originariamente può divenire indebito a seguito di dichiarazione di incostituzionalità della norma impositiva ovvero dalla mancata conversione in legge di un d.l. ovvero dall’abrogazione con effetti retroattivi della norma impositiva;

d) “Modifica con effetti retroattivi del fatto tassabile”: in tal caso si modifica la base fattuale su cui poggiava l’applicazione del tributo a seguito del verificarsi di situazioni di patologia negoziale (come la nullità) capaci di eliminare retroattivamente il presupposto del tributo(esempio: dichiarazione di nullità di un contratto su cui è stata applicata l’imposta di registro, che impone la restituzione dell’impostaquando derivi da causa non imputabile alle parti, venga accertata con sentenza passata in giudicato o non sia suscettibile di ratifica, convalida, conferma).

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Le procedure di rimborso

La legge le disciplina, sottraendo quindi all’autonomia privata le modalità di attuazione/realizzazione del diritto al rimborso. La disciplina legale delle procedure di rimborso deriva dall’esigenza di coordinare l’iniziativa privata di rimborso con la gestione pubblica delrapporto d’imposta, specie nella fase della modifica in senso negativo d’un’entrata già perfezionata. Oltre ciò il tema dell’indebito si interseca spesso con quello della rettifica della dichiarazione in quanto la rideterminazione della base imponibile rappresenta il più delle volte presupposto essenziale per riconoscere l’indebito tributario: in questo senso la spettanza del rimborso è subordinata all’affermazione di un assetto della fattispecie diverso rispetto a quello considerato ai fini del versamento dell’imposta. Tuttavia i 2 aspetti, anche se legati da vincolo di pregiudizialità/dipendenza, si presentano autonomi nella loro dinamica applicativa. Infatti un diritto al rimborso può derivare a seguito della stessa dichiarazione che ha dato luogo ad un erroneo versamento per errore di calcolo: ciò si manifesta nelle fattispecie di “rimborso d’ufficio” in cui la realizzazione del diritto di credito del privato è rimessa ad un’iniziativa ufficiosa della P.A., inserendosi in una situazione di gestione amministrativa. della riscossione del tributo. La legge prevedeil rimborso d’ufficio quando l’indebito deriva da un’iscrizione a ruolo e l’errore alla base dell’obbligazione di restituzione è riferibile ad un’attività dell’ufficio nonché quando l’applicazione del tributo genera un credito del contribuente in conseguenza dell’inderogabilità diadempimenti inerenti il versamento dell’imposta. In questi casi l’Amministrazione cura la realizzazione del credito del contribuente, adempiendo un dovere imposto dalla legge. Il termine di prescrizione delcredito è 10 anni (modello civilistico). A livello procedurale la legge non disciplina il rimborso d’ufficio: si limita a prevede obbligo di comunicazione al contribuente del rimborso e la consegna dell’ordinativoal concessionario che provvede alla restituzione.

Rimborso su istanza di parte (è la regola generale, le ipotesi di prima sono ipotesi speciali)

Il 21 d.lgs. 546/1992 prevede la possibilità di azionare l’indebito tributario con istanza da presentarsi entro il termine di 2 anni dal pagamento ovvero se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Ora, questa disciplina non si sovrappone a quella del rimborso d’ufficio, quindi le 2 procedure non sono concorrenziali (questa disciplina si applica se la legge non prevede il rimborso d’ufficio). Questa disciplina prevede la necessità dell’istanza del contribuente (o del sostituto d’imposta) che vanti un

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diritto alla ripetizione dell’indebito. Questa istanza è valida quando indirizzata all’ufficio competente a disporre il rimborso (competenza funzionale = si determina sulla base delle attribuzioni previste dalla legge; competenza territoriale = in base a regole proprie del rapporto d’imposta in discussione, ad esempio domicilio fiscale contribuente o sede dell’ufficio del percettore delle imposte. Il 38 DPR 602 prevede per i versamenti diretti da questo art, una competenza territoriale dell’ufficio sulla base della sede di quella del concessionario ricevente il versamento indebito, stabilendo anche termine decadenziale di 48 mesi dalla data del versamento stesso). in materia di imposta di registro, il 77 DPR 131/1986 stabilisce che il rimborso può esser richiesto (a pena di decadenza) entro 3 anni dal giorno del pagamento ovvero (se posteriore) da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione. Il 77 2°, in caso di imposta di registro su contratti a prezzo indeterminato, stabilisce che se la restituzione dell’imposta dipende dalla misura dell’imponibile, il termine decorre dal giorno in cui è stato accertato il minore ammontare.

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Capitolo XII – Le sanzioni TributarieEvoluzione storica del sistema delle sanzioni tributarie

L’attuale sistema delle sanzioni tributarie è il risultato d’un’evoluzione storica, che si può cogliere bene se si esamina distintamente il settore delle imposte dirette (settore dove l’accertamento/riscossione affidate ad Amministrazione finanziaria, quindi fino al 1956 la tutela della fattispecie tributaria consisteva incontravvenzioni punite con ammenda. Tuttavia con la l.1/1956 fu introdotta una pena detentiva per sanzionare l’omessa denuncia dei redditi oltre una certa soglie nonché il delitto di frode fiscale punitocon reclusione fino a 6 mesi) e quello delle imposte indirette (per questo settore è stato elevato fin dall’Unità d’Italia a regola la tutela penale della fattispecie tributaria, in connessione alla problematica individuazione della fattispecie impositiva e in certi casidei soggetti passivi).

Comunque, la disciplina sanzonatoria ebbe una disciplina generale con lal.4/1929 “Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggifinanziarie” con cui fu organicamente disciplinata la materia delle sanzioni tributarie relative a tributi erariali: la legge si limitava a prevedere la disciplina generale applicabile agli illeciti tributari, lasciando poi a singole disposizioni specifiche la regolamentazione di dettaglio delle relative sanzioni. Questa legge creò la “summa divisio” tra sanzioni penali (derivate da illecito penale) e amministrative (queste nei casi in cui la sanzione consisteva in un’obbligazione civiledi provvedere al pagamento di somma di denaro che si esprimeva nelle figure tipiche della l.4: pena pecuniaria e sopratassa). L’art 1 2° conteneva il “principio di fissità” (le disposizioni della stessa leggenon potevano essere abrogate/modificate da leggi posteriori concernenti i singoli tributi, se non per dichiarazione espressa del legislatore o con specifico riferimento alle singole disposizioni abrogate/modificate); l’art 20 derogava al 2 del Codice Penale introducendo il “principio diultrattività della norma penale finanziaria” (con cui si affermava l’applicazione della norma sanzionatoria vigente al momento della commessa violazione, anche quando questa fosse ormai abrogata ovvero modificata da altra più favorevole al trasgressore).

Critiche alla l.4/1929. Le sanzioni amministrative (pena pecuniaria e sovrattassa) avevano una natura giuridica eterogenea: la pena pecuniariaera posta in regime di alter natività rispetto alle sanzioni penali e inquanto commisurata alla personalità del trasgressore, denotava una connotazione di tipo afflittivo tipica delle sanzioni penali; la sopratassa si poteva invero cumulare con sanzioni penali e pena pecuniaria, ciò determinava una natura tendenzialmente risarcitoria,

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caratteristica delle sanzioni civili.

La l.4 contemplava poi, sotto il profilo del rapporto tra accertamento della violazione e irrogazione della sanzione, una procedura differenziata in funzione del tipo di violazione. Riferendosi alle violazioni costituenti reato e riferite a tributi diretti era previsto l’istituto della pregiudiziale tributaria (x cui l’azione penale non poteva esser iniziata se non dopo l’intervenuta definitività dell’accertamento del tributo in sede amministrativa). Riguardo alle violazioni relative agli altri tributi, se l’esistenza del reato dipendeva dalla risoluzione d’una controversia riguardante il tributo, il Tribunale penale investito della cognizione del reato decideva della controversia relativa al tributo stesso, osservando però le regole di C.p., quindi si decideva il profilo penale e non tanto quello amministrativo sottostante al 1°, secondo il “principio dell’assorbimento”. Questa bipartizione si giustificava in ragione del più elevato tasso di tecnicismo che ineriva i tributi diretti e per cui l’irrogazione della sanzione penale era subordinata al giudizio dell’autorità amministrativa ovvero del giudice speciale tributario in ordine alla fattispecie base sottostante. Nel caso invece di reati connessi a tributi diversi da quelli diretti (es. quelli doganali), si poteva giustificare l’attribuzione al giudice penale della cognizione sia del profilo penale che di quello tributario.

Modifiche alla legge 4 (per il resto inalterata fino a Riforma Visco 1996-1997). La Consulta ha dichiarato incostituzionale la pregiudiziale tributaria, escludendone l’applicazione nei casi di violazioni formali ove non era necessario quantificare l’imposta evasa; la legge stessa spesso ha ignorato il principio di fissità consentendo quindi cumulo materiale tra sanzioni amministrative e penali. A seguito della riforma tributaria degli anni ’70, l’accertamento ha perso la funzione di ordinario strumento di recupero del gettito, per divenire ruolo di monito al corretto adempimento dell’obbligo tributario. In questo modo il sistema ha cominciato a perdere le caratteristiche che si richiedono a un sistema punitivo: prevenzione e esser afflittivo. La legge a quel punto ha: 1) aperto la depenalizzazione riconducendo nell’area dell’illecito amministrativo violazioni che prima erano di rilevanza penale (es. l.689/1981 ha sostituto all’ammenda l’obbligo di pagamento di somma di denaro); 2) è ricorsa al penale per prevenire/reprimere fenomeni evasivi e fattispecie prodromiche dell’evasione (capaci di mettere in pericolo potenzialmente gli interessi erariali); 3) inaspritole sanzioni in tema di violazioni relative a imposte sui redditi a all’IVA (L.516/1982, che ha anche eliminato il principio di fissità e haanche eliminato la pregiudiziale tributaria, collegando la sanzione penale a fattispecie cosiddette “semplici” (prescindenti dalla concreta determinazione dell’imposta evasa) fondate sull’accertamento di fatti materiali ritenuti sufficientemente espressivi di comportamento

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evasivo/potenzialmente evasivo.

Le sanzioni amministrative (art 3 133° legge delega 662/1996 (parte della “riforma Visco”)

La legge non modifica fondamentalmente la differenziazione tra sanzioni penali e amministrative, proponendo però un sistema sanzionatorio amministrativo. più orientato verso la personalizzazione anche della sanzione amministrativa. La legge delega si fondava su questi principi direttivi:

1)adozione di un’unica sanzione amministrativa (in luogo di pena pecuniaria e sopratassa) assoggettata a principi di legalità, imputabilità, colpevolezza;

2)riferibilità della sanzione alla persona fisica autrice/coautrice secondo il regime del concorso (in luogo del regime della solidarietà exl.4) e in trasmissibilità della sanzione per causa di morte;

3)previsione dell’obbligazione solidale a carico della persona fisica o dell’ente che si giova della violazione;

4)fissazione delle cause di esclusione da responsabilità secondo principi propri del diritto penale;

5) affermazione principio di specialità;

6)adozione di criteri di determinazione della sanzione in relazione allagravità della violazione e dell’opera prestata per l’eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, oltre che in relazione a condizioni economiche/sociali/personali del trasgressore;

7)introduzione della disciplina dell’autore mediato;

8)fissazione della disciplina della continuazione e del concorso formaledi violazioni;

9) previsione di sanzioni amministrativa accessorie non pecuniarie e introduzione d’un sistema di misure cautelari;

10)previsioni di aggravanti/attenuanti/esimenti per incentivare gli adempimenti tardivi;

11)introduzione di procedimento unitario di irrogazione della sanzione tale da garantire il diritto di difesa e tale da assicurare sollecita

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esecuzione del provvedimento sanzionatorio;

12)riduzione dell’entità della sanzione in caso di accettazione del provvedimento e di pagamento nel termine previsto per la sua impugnazione;

13) revisione dell’entità delle sanzioni e loro migliore commisurazione all’effettiva entità oggettiva/soggettiva delle violazioni in modo tale da assicurare uniformità alla disciplina per identiche violazioni anche se riferite a tributi diversi, contando anche delle previsioni punitive adottate dall’UE. La delega è stata attuata con: d. lgs. 472/1997 (“disposizioni generali sulle sanzioni amministrative tributarie), 471/1997 (“disciplina in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto), 473/1997 (“disciplina delle sanzioni amministrative in materia di tributi su affari, produzione, consumi, altri tributi indiretti”).

Disciplina generale in materia di sanzioni amministrative tributarie. Ild.lgs. 472 ha previsto un’unica sanzione amministrativa (in sostituzionedelle 2 precedenti), omogeneizzando la normativa rispetto ai principi generali e di base governanti le sanzioni penali, in quando sono stati introdotti i principi di legalità. Irretroattività, favor rei (art 3 ), abrogazione di ultrattività (art 29), principi di imputabilità (esclude la sanzionabilità dell’autore che al momento della violazione non era capace di intendere/volere) e colpevolezza (l’autore è punibile solo in funzione della riferibilità allo stesso dell’azione od omissione cosciente/volontaria, sempreché dolosa o colposa: è colposa quando l’evento ancorchè non voluto si verifica per negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di leggi. Una precisazione: le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo per dolo o colpa grave. Colpa grave (non codificata nel c.p.): sussiste quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non si può dubitare ragionevolmente del significatoo della portata della norma violata e quindi è evidente ogni macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari. Dolo: si haquando la violazione è attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero è diretta a ostacolare l’attività amministrativa di accertamento ) (art 4 e 5 1°). Le definizioni di dolo e colpa grave non sembrano idonee a dare una puntuale enucleazione dell’elemento soggettivo, mentre sembrano fatte per restringere le nozioni stesse di dolo e colpa grave in relazione a cui non opera il limite di responsabilità ex 2° 5: infatti nei casi in cui la violazione sia stata commessa da un dipendente o da un rappresentate legale o negoziale di un ente o persona fisica nell’esercizio delle sue funzioni/incombenze, saranno obbligati in solido l’autore e il soggetto rappresentato al pagamento di una somma

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pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso. Se però la violazione non è stata commessa con dolo/colpa grave, la sanzione non può esser eseguita verso l’autore che non ne abbia tratto vantaggio più di 51645 euro.

Riguardo alle società ed enti con personalità giuridica, il 7 d.l.269/2003 ha introdotto però un principio di esclusiva riferibilità alle società e ad egli con personalità giuridica delle sanzioni amministrative commesse in relazione al rapporto fiscale proprio di talisoggetti giuridici. Tuttavia per la categoria degli illeciti in esame, il 3° del 7 dice che continuano ad applicarsi le disposizioni già recatedal d.lgs.472. Tinelli interpreta ciò dicendo che vi sarebbe in capo alla persona giuridica il solo obbligo di pagamento di una sanzione amministrativa pur sempre determinata in via generale dal d.lgs.472 con particolare riferimento all’imputabilità e agli stati soggettivi di doloo colpa grave dell’autore materiale della violazione. Tinelli infine auspica che nel futuro codice tributario (delega già conferita al governo: l. 80/2003) si preveda che la sanzione amministrativa si concentri sul solo soggetto traente beneficio dalla violazione delle norme tributarie, senza distinzione tra enti rappresentati dotati o menodi personalità giuridica.

Cause di non punibilità (6 d. lgs.472). Si verificano quando difetti la rimproverabilità dell’autore, come nel caso di:

1)errore sul fatto se non determinato da colpa; rilevazioni contabili fatte nel rispetto dei principi di continuità dei valori di bilancio secondo corretti criteri contabili e valutazioni fatte con corretti criteri di stima;

2)esistenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della norma ovvero indeterminatezza delle richieste degli uffici o dei modelli di dichiarazione e di pagamento deitributi;

3)mancato pagamento per fatto denunciato all’autorità giudiziaria ed imputabile solo a terzi;

4) inevitabilità dell’ignoranza della legge tributaria (da intendersi inmaniera oggettiva, dopo la lettura della Consulta);

5)forza maggiore;

6) violazioni non arrecanti pregiudizio nell’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile dell’imposta

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Il concorso di violazioni e il concorso di persone

Ex 12 del d. lgs 472 chi con una sola azione/omissione viola diverse disposizioni anche relativi a tributi diversi ovvero commette (anche conpiù azioni/omissioni) diverse violazioni formali della stessa disposizione, è punito con la sanzione più grave aumentata da ¼ fino al doppio. Si ha quindi l’applicazione del cumulo giuridico in luogo della regola che vorrebbe il cumulo materiale. Se le violazioni rilevano ai fini di più tributi, la sanzione base è aumentata di 1/5. Oltre ciò, quando violazioni della stessa indole si riferiscono a più periodi d’imposta, la sanzione base è aumentata dalla metà fino al triplo. Oltreciò, se in tempi diversi sono state commesse più violazioni che pregiudichino la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo (quindi nel caso di continuazione) si applica la sanzione più grave, aumentata da ¼ al doppio. Con il 9 d.lgs.472 si è fissata la disciplina del concorso di persone: questa si ha quando più persone concorrono in una violazione, in questo caso ogni persona soggiace alla pena disposta per la violazione. Se però la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti, è irrogata una sola sanzione e il pagamento eseguito a uno dei responsabili libera gli altri salvo il diritto di regresso. Sembra ex 11 applicabile il concorso in ordine a violazione colpose: infatti prevede l’11 che ci siano violazioni diversea fronte di cui siano applicate sanzioni diverse.

Infine, il concorso si verifica:

1) pluralità di agenti;

2) realizzazione dell’elemento oggettivo dell’illecito;

3) contributo causale di ogni concorrente al verificarsi dell’evento;

4) volontà di cooperare o contribuire alla realizzazione dell’evento.

Ex 10 è punibile l’autore mediato (colui che con violenza, minaccia, inducendo altri in errore, usando persona incapace di intendere volere, determina la commissione di una violazione. Ne risponde in luogo dell’autore materiale).

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Il ravvedimento operoso (art 13 d.lgs 472) e il procedimento di

irrogazione della sanzione amministrativa (16 e 17 d.lgs 472)

è un trattamento premiale a favore del contribuente, il quale pur avendo

commesso una violazione, operi spontaneamente per rimediarvi attraverso

la regolarizzazione degli adempimenti omessi ovvero irregolarmente

effettuati. Il ravvedimento deve essere fatto prima che siano iniziati

accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento. Il

ravvedimento dà luogo a riduzione della sanzione da un dodicesimo a un

decimo del minimo edittale.

Le sanzioni sono irrogate dallo stesso ufficio o ente competente in

ordine all’accertamento del tributo le cui violazioni si riferiscono.

L’ufficio notifica al trasgressore un atto di contestazione (che indica a

pena di nullità fatti contestati, elementi probatori, norme applicate,

criteri che vuole seguire per determinare la misura delle sanzioni,

minimi edittali previsti da legge per le singole violazioni). Se la

motivazione si riferisce ad altro fatto non conosciuto né ricevuto dal

trasgressore, ex “Statuto” questo fatto deve essere allegato all’atto che

lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto

essenziale. Notificato l’atto, il trasgressore e i soggetti coobbligati

in solido possono entro 60gg definire la controversia pagando un importo

pari a un quarto della sanzione indicata e comunque non inferiore a un

quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative

a ogni tributo. Se non fanno ciò, possono produrre deduzioni difensive

entro 60 giorni dalla notifica: in questo caso è sospesa l’efficacia

dell’atto e l’ufficio nel termine di decadenza della presentazione delle

deduzioni, se lo ritiene irroga le sanzioni con atto motivato a pena di

nullità anche in ordine alle deduzioni stesse. Se mancano deduzioni

difensive e di estinzione della violazione con pagamento, l’atto di

contestazione è considerato provvedimento di irrogazione (quindi

impugnabile davanti Commissione tributaria competente entro 60 giorni

dalla notificazione). Nel caso invece di sanzioni “collegate al recupero

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del tributo”, gli uffici procedono all’irrogazione delle sanzioni senza

previa contestazione, unitamente all’atto d’accertamento o rettifica

avente ad oggetto i tributi a cui le violazioni si riferiscono. Decadenza

dell’azione amministrativa di irrogazione della sanzione: 5° anno

successivo a quello in cui è avvenuta la violazione (art 20) o nel

diverso termine previsto dai tributi singoli.

Il principio di specialità

Il legislatore intendeva necessario prevedere un meccanismo volto ad evitare la contemporanea applicazione della sanzione penale e di quella amministrativa a fronte della stessa violazione: tuttavia il legislatore delegato non ha disposto nulla nella disciplina delle sanzioni amministrative. I rapporti tra i 2 tipi di sanzioni sono però regolati dald.lgs. 74/2000 che ha codificato il principio di specialità: all’art 19 silegge che quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni che contemplano i reati in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (come anche una disposizione che prevede una sanzione amministrativa)allora si applica la disposizione speciale rispetto all’altra più generale che disciplina l’illecito. In pratica si afferma laprevalenza della disciplina penale su quella amministrativa.

Le fattispecie sanzionatorie (d. lgs 471)

Sanzioni in tema di imposte sui redditi e IVA. 3 patologie:

a) violazioni formali o documentali che comunque non influenzano la determinazione dell’imponibile o del’imposta, punite con sanzione amministrativa tra 258 e 2065euro;

b)violazioni prodromiche all’evasione ma non necessariamente rilevanti aifini della quantificazione dell’imponibile o dell’imposta, punite con sanzione amministrativa tra 100 e 200% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato/registrato nel corso dell’esercizio;

c) violazioni sostanziali concernenti l’omessa/infedele dichiarazione di elementi rilevanti per la quantificazione dell’imponibile o dell’imposta, punite con sanzione amministrativa tra 120 e 240 % delle somme risultanti come dovute (nel caso di dichiarazione omessa) e con sanzione tra 100 e 200% in caso di dichiarazione infedele.

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Sanzioni in tema di riscossione. Si menzionano le ipotesi di omesso, ritardato, insufficiente versamento al di fuori dei casi di iscrizione a ruolo: sono soggetti ad una sanzione pari al 30% del tributo. Riguardo all’IVA, la sanzione (nelle ipotesi di mancati versamenti periodici o in acconto) deve esser commisurata al netto degli eventuali versamenti periodici o di conguaglio già autonomamente sanzionati.

Sanzioni accessorie (21 d. lgs 472). Consistono:

a) nell’interdizione per massimo 6 mesi delle cariche di amministratore, sindaco, revisore di società o enti;

b) interdizione per massimo 6 mesi dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti/forniture;

c) nell’interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni, autorizzazioni amministrative per l’esercizio di imprese o attività di lavoro autonomo e la loro sospensione, per la durata massima di 6 mesi;

d) nella sospensione per massimo 6 mesi dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle indicate alla lettera c).

Queste sanzioni sono eseguibili quando il provvedimento di irrogazione è divenuto definitivo.

Le sanzioni penali (stesso ruolo di quella amministrativa, ma colpisce gliilleciti più gravi)

Esse hanno il valore di extrema ratio: sono state previste per scoraggiarela commissione di violazioni (funzione afflittiva) e contemporaneamente rafforzare la conoscenza giuridico-sociale dei consociati nella direzione del corretto adempimento degli obblighi tributari (funzione deterrente). Il bene giuridico tutelato dalla sanzione penale tributaria è individuabile nell’interesse generale a che tutti concorrano all’esatto e puntuale adempimento rispetto agli obblighi tributari su di ciascuno di loro gravanti. Nel nostro ordinamento sono allora punite anche con sanzione penali le violazioni riferite a: imposte sui redditi, sul valore aggiunto, sui tributi doganali, sugli oli minerali, in materia di monopolifiscali. Bisogna cercare il criterio più appropriato per circoscrivere gliilleciti più gravi ed enuclerare quindi il campo di operatività della sanzione penale. I criteri impiegabili sono: il tipo di obbligo fiscale violato; il tipo di condotta tenuto dal trasgressore; il quantum dell’imposta evasa: oggi sono sanzionate penalmente sia le ipotesi connotate da una certa insidiosità della condotta tenuta sia anche quelle che si risolvono in un’evasione particolarmente significativa.

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Tecnica normativa di costruzione del precetto penale. Si può procedere attraverso il mero rinvio alla corrispondente figura tributaria (esempio: abrogato 56 del DPR 600 che prevedeva che oltre alla pena pecuniaria dello stesso art, si applicava la pena dell’arresto da 3 mesi aun anno) ovvero con l’autonoma costruzione del precetto. Comunque sia, c’èuna dipendenza di disciplina penaltributaria da quella tributaria: partendo da ciò ci si è chiesti quanto possano valere in ambito penale i termini e gli istituti propri del diritto tributario e viceversa. Ora, perTinelli, il riferimento in ambito penale a concetti/istituti tipici del diritto tributario non soffre di particolari limitazioni. Riferendosi al tema delle presunzioni legali, si può distinguere il caso delle presunzioni relative (ai fini penali gli si può attribuire solo una valenza di meri schemi argomentativi, bisognevoli in ogni caso del vaglio critico del giudice penale) e delle presunzioni assolute (ai fini penali gli si può dare una valenza relativa, confinata cioè al profilo processuale e probatorio). Riguardo invero alle fonti di diritto penale tributario, sono piuttosto numerose. Le principali si trovano: nel 1° libro C.p.; nel d. lgs 74/2000 relativo ai reati in materia di imposte suiredditi e sul valore aggiunto; nel DPR 43/1973 relativo al contrabbando doganale; nel dl 334/1939 relativo ai reati in materia di oli minerali.

Tra le poche differenze del d.lgs. 74/2000 rispetto al sistema penale occorre ricordare:

a) la speciale causa di non punibilità ex 15 in dipendenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata/applicazione della norma;

b)la speciale causa di non punibilità ex 16 in presenza di comportamento conforme al parere espresso dal Ministero;

c)2 speciali cause di interruzione della prescrizione ex 17 dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. (altre cose pag 422-425).

Singole fattispecie di reato tributario (d.lgs. 74/2000)

Delitti in materia di dichiarazione.

1)Si distinguono a seconda della connotazione fraudolenta (art 2: reclusione da un anno e mezzo a 6 per chi, al fine di evadere le imposte, indica in una delle dichiarazioni annuali elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) o nonfraudolenta (art 3: stessa pena per chi realizza la dichiarazione annuale infedele con strumenti diversi da fatture o altri documenti: l’evasione però deve esser superiore a 77468, 53 euro per ciascuna imposta e il tot

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dell’evasione sia superiore al 5% dell’ammontare totale degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque superiore a 3mld di lire) del comportamento tenuto dall’agente.

2) dichiarazione infedele: reclusione da 1 a 3 anni quando il contribuenteper evadere le imposte, indichi in una delle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ovvero elementi passivi fittizi (se però l’imposta evasa sia superiore a 103291,38 euro per ciascuna imposta e quindi ammontare complessivo dell’evasione sia superiore al 10% dell’ammontare totale degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque sopra 4mld di lire).

3)omissione di dichiarazione: ex art 5 punito con reclusione da1 a 3 anni chi, per evadere le imposte, non presenti, essendovi obbligato, 1 o più dichiarazioni tributarie annuali, quando l’imposta evasa sia superiore riferendosi a ciascuna imposta a 77468,53 euro.

Delitti in materia di documenti. Essi sono caratterizzati dall’autonoma rilevanza della condotta tipica finalizzata all’evasione (senza che cioè derivi necessariamente il mancato pagamento dell’imposta). Costituisce eccezione rispetto all’impostazione generale, che tende a qualificare il delitto in base al danno effettivamente cagionato all’Erario.

1) Ex art 8 è allora punito con reclusione da 1 anno e mezzo a 6 chi, per consentire a terzi l’evasione, emette/rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture è però inferiore a 300mln di lire, si applica reclusione da 6 mesi a 2 anni.

2)ex 10 chi occulta o distrugge scritture o documenti contabili obbligatori è punito con reclusione da 6 mesi a 5 anni (se lo ha fatto perevadere lui o per far evadere altri).

Altre fattispecie incriminatrici. Sanzionato penalmente l’omesso versamento di ritenute certificate: reclusione da 6 mesi a 2 anni per chi non versi, entro termine stabilito per presentare la dichiarazione annualedei sostituti d’imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per un importo superiore a 50000euro per ciascun periodo d’imposta. Delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: chi per sottrarsi al pagamento delle imposte, sanzioni, interessidi ammontare complessivo superiore a 100mln di lire, aliena simultaneamente o compie atti fraudolenti su propri beni o su beni altrui idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, è punitocon reclusione da 6 mesi a 4 anni.

CAPITOLO XIII – LA TUTELA GIURISDIZIONALE IN MATERIA TRIBUTARIA

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L’evoluzione storica del sistema della giustizia tributaria

Excursus storico. Nel periodo preunitario esisteva una netta demarcazione tra sistema di tutela previsto per le imposte dirette e quello previsto per le imposte indirette: questa distinzione trovava la sua probabile ragione per la peculiarità dell’oggetto della lite fiscale: nei tributi indiretti la facilità di distinzione delle questioni di diritto (an) dallequestioni tecniche di stima (quantum) consentiva di devolvere al giudice ordinario la piena cognizione delle controversie (pur posticipandola ad una prima fase di natura tecnico-amministrativa), mentre nei tributi diretti la connessione tra presupposto e base imponibile unita all’enorme prevalenza delle contestazioni in ordine a valutazioni del fatto pertinenti la funzione amministrativa di accertamento, rendeva impossibiledevolvere queste questione “di semplice estimazione” al giudice ordinario.

Dopo l’Unità d’Italia, la l.1830/1864 introdusse l’imposta sui redditi di ricchezza mobile, attribuendo alle istituite “Commissioni tributarie” evidenti connotazioni di amministrazione attiva nella ripartizione del carico tributario localmente stabilito. La 1° regolamentazione di tale tributo diretto prevedeva un sistema cosiddetto ”a contingente” in cui le Commissioni di prima istanza (comunali o consorziali) dopo aver pubblicatogli elenchi forniti dall’agente e dopo aver esaminato eventuali osservazioni dei contribuenti, “accertavano i redditi” con deliberazioni soggette a reclamo dinnanzi a Commissione provinciale. La legge però rimaneva silente circa l’attività giudiziaria. Intervenne in questo senso la l.2248/1865 (quella che abrogava contenzioso amministrativo) che stabilì implicitamente che tutte le controversie in materia di imposte dirette (quindi anche di imposta di ricchezza mobile) fossero conosciute dal giudice ordinario. Ora questa legge però manteneva il sistema delle Commissioni, tuttavia prevedeva che l’azione giudiziaria in materia d’imposte dirette potesse esser proposta solo a seguito della formazione del ruolo d0imposta e del pagamento delle imposte in esso iscritte (la regola del cosiddetto “solve et repete”), restando escluse comunque dalla giurisdizione ordinaria le controversie di semplice estimazione. Successivamente, con la l.3021/1866 ci fu la sostituzione del metodo del “contingente” con quello della “quotità” (con cui si trasferisce all’agente la fase di accertamento del tributo e la formazione del ruolo, nonché l’introduzione di un 3° grado di giudizio, limitato però alle sole questioni concernenti l’applicazione della legge). Tuttavia solo con la l.3719/1867 si introdusse la possibilità del successivo ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, anche qui escludendo le controversie attinenti la semplice estimazione del reddito. In pratica fino alla riforma tributaria del 1972 il sistema che sorse con la 1° legge sull’imposta di ricchezza mobile, posponeva la tutela civile (strutturata in 3 gradi) a quella speciale (articolata con Commissioni, comunali o

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mandamentali, provinciali e Centrale. Ma solo le Commissioni di 1° e 2° istanza potevano addentrarsi nelle questioni relative all’estimazione del reddito). Ora il complesso dei mutamenti intervenuti, come ad esempio l’indicato limite oggettivo al giudizio ordinario, condusse dottrina e giurisprudenza a rifiutare il precedente inquadramento amministrativo delle Commissioni e a classificarle tra le “giurisdizioni speciali amministrative”: tuttavia la composizione dei collegi e l’incisività dei “potere di accertamento” loro conferiti, indussero a ritenere invece che queste conclusioni non fossero per nulla pacifiche. Le Commissioni in seguito apliarono la loro area di influenza: all’imposta sui fabbricati (1889), all’imposta complementare sui redditi (1925),all’imposta indirettasui trasferimenti della ricchezza (1936).

Negli anni 1936-1937 vennero introdotte norme recanti il riordino delle Commissioni tributarie e la riforma del relativo procedimento. Queste modificazioni hanno dato maggior compiutezza al diritto processuale tributario. Da un lato vennero recepite dal processo civile fondamentali regole attinenti la formazione della pronuncia, il contraddittorio, l’uso delle prove, il giudizio d’appello, la revocazione; d’altro lato per la nomina dei componenti fu abbandonato il principio elettivo e fu mantenuta la facoltà della Commissione di 1° istanza di elevare gli accertamenti eseguiti dagli uffici ( o concordati col contribuente) di complesso inquadramento sistematico. Quindi le Commissioni divenivano sempre più organi giurisdizionali, ma d’altra parte continuavano ad essere organi burocratico-corporativi vicini all’amministrazione.

Con l’avvento della Costituzione, la previgente normativa mal si conciliava sia con la statuita necessità dell’indipendenza dei giudici appartenenti alle giurisdizioni speciali (108 cos)sia con la prevista tutela in sede giurisdizionale verso gli atti della P.A. (113cos). In taleottica, mentre il 102cos pose il divieto di istituire nuovi giudici speciali, la VI disposizione transitoria decretò che entro 5 anni dall’entrata in vigore della Cos, la legge avrebbe dovuto provvedere a revisionare gli organi di giurisdizione speciale esistenti alla data di entrata in vigore della Costituzione , diversi da Consiglio di Stato, Corte dei Conti, tribunali militari. Si erano studiati tanti progetti, ma la legge si occupò solo della legge delega di riforma tributaria: la l.825/1971 conferì al Governo il compito di procedere alla revisione delleCommissioni tributarie con criteri che esaltassero autonomia dei componenti, garantendo autonomia del giudizio, escludendo le questioni di estimazione dalla cognizione del giudice ordinario. Quindi natura giurisdizionale delle Commissioni.

Le commissioni tributarie

Sono stati pubblicati i d. lgs 545 (dedicato all’ordinamento degli organi

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della giurisdizione tributaria) e 546 (dedicato al processo tributario) aseguito dell’art 30 legge delega 413/1991, con cui il Parlamento ha dettato principi e criteri direttivi per la revisione del contenzioso tributario. La riforma del 1992 ha sancito il carattere giurisdizionale delle commissioni tributarie, conferendo al sistema struttura più omogenea, migliorando il profilo dell’indipendenza dei giudici, in generale conferendo maggiore pariteticità tra le parti in lite tramite il più ampio rinvio alle forme ed agli schemi del processo civile.

Struttura (d.lgs. 545). Primi 2 gradi: Commissioni tributarie provinciali e regionali: hanno sede nei rispettivi capoluoghi. Ultimo grado: Cassazione.

Composizione. Ogni Commissione ha un Pres. ; è formata da una o più sezioni (ognuna ha 1 Presidente, un vicepresidente, almeno 4 giudici). All’interno di ogni sezione i collegi giudicanti, presieduti dal Presidente o vice Presidente di sezione, decidono con un numero invariabile di 3 votanti. I membri delle Commissioni sono individuati dal “Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria” (organo di “autogoverno” posto a garanzia dell’autonomia della stessa: ha funzioni direclutamento, vigilanza, consultive, ispettive). La magistratura tributaria appare come una sorta di magistratura onoraria, in quanto i componenti non sono reclutati per concorso, bensì sulla base di criteri automatici quasi del tutto svincolati dall’effettivo riscontro del livellodi preparazione (la legge in realtà pone dei requisiti per i giudici ex 3,4,5 d.lgs. 545, ma la legge delega chiedeva molto di più). I componenti delle Commissioni sono nominati con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro Finanze, previa deliberazione del Consiglio di Presidenza. I magistrati giurano fedeltà alla Repubblica. Nonsorge un rapporto di pubblico impiego. Il compenso è un emolumento (non hai caratteri della retribuzione).

Incompatibilità (art 8 d.lgs. 545). Nei casi di incompatibilità, la cessazione dell’incarico viene disposta con Decreto del Ministero Finanze,con deliberazione del Consiglio di Presidenza.

Astensione. I casi di astensione ineriscono all’accertamento di situazionisoggettive anomale dell’organo giudicante, ma in relazione al singolo casotrattato. Infatti l’astensione opera come istituto preposto ad assicurare la terzietà del giudice, sorge quando per certe circostanze stabilite da legge, il giudice ha l’onere di non partecipare alla decisione; se ciò nonavviene, la parte può proporre istanza di ricusazione.

Durata. La nomina a giudice della Commissione ha durata massima nella stessa sezione della stessa Commissione di 5 anni; cessa comunque al compimento dei 75 anni.

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Uffici di segreteria delle Commissioni e del “Consiglio di Presidenza”. Svolgono attività ausiliaria. Il personale dipende dal Ministero delle Finanze. Svolgono funzioni amministrativo burocratiche, giurisdizionali, ausiliarie.

PROCESSO TRIBUTARIO. Con il d.lgs. 546, ai fini dell’individuazione dell’oggetto della cognizione del giudice, il termine “competenza” è statosostituito da “giurisdizione”. La Commissione tributaria competente deve esser individuata in base alla sede dell’Ufficio, dell’ente locale, del concessionario per la riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto.Alla “giurisdizione” si è invece attribuita la nozione del thema decidendum (ossia l’ambito oggettivo del potere giurisdizionale). Ora, la ricognizione dell’ambito della giurisdizione tributaria implica l’esame di2 piani d’indagine:

1)quello delle norme che delimitano esternamente rispetto alle altre giurisdizioni ordinaria e amministrativa. Il d.lgs. 546 aveva ricompreso nella giurisdizione delle Commissioni tributarie le controversie concernenti “ogni altro tributo” loro attribuito dalla legge, così ampliando l’operatività. Successivamente la l.488/2001 ha esteso la sfera di cognizione delle Commissioni a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi d’ogni genere/specie, nonché le sovraimposte, le addizionali, le sanzioni amministrative irrogate da uffici finanziari. Oltre ciò, anche lecontroversie concernenti alcune tipologie di prestazioni patrimoniali imposte, come le controversie con oggetto la debenza del canone per l’occupazione di aree/servizi pubblici, canone per scarico/depurazione acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani. La Corte Costituzionale ha rilevato in molte pronuncie che la giurisdizione dei giudici tributari “deve essere imprescindentemente legata alla natura tributaria del rapporto”: quindi è la “materia tributaria” ad esser di competenza del giudice tributario: il giudice ordinario avrà allora le sole controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria.Giudice amministrativo: quest’ultimo potrà giudicare sui singoli decreti ministeriali che: individuano gli indici rilevatori di capacità contributiva ai fini dell’accertamento sintetico dei redditi, determinano i coefficienti d’ammortamento dei cespiti strumentali, approvano gli studidi settore (compresi anche i regolamenti degli enti locali istitutivi di tributi o disciplinanti elementi secondari alla prestazione impositiva). Davanti al giudice amministrativo il contribuente potrà poi tutelare la lesione degli interessi legittimi che non si concretizzano in atti impugnabili innanzi a commissioni tributarie e che risultano frutto dell’esercizio di potere discrezionale della P.A. (sono interessi legittimi residuali: es provvedimenti in materia di domicilio fiscale). Fermo restando ciò, il giudice tributario ha cognizione sulle controversierelative all’impugnazione del provvedimento di rigetto (espresso o tacito)dell’istanza di autotutela promossa dal contribuente per l’annullamento diun atto impositivo dell’Amministrazione finanziaria (ogni volta si discuta

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di uno specifico rapporto tributario): la valutazione rimane però circoscritta alla verifica della legittimità del comportamento tenuto dall’ente impositore in ordine all’istanza di autotutela.

2) quello delle disposizioni che, dall’interno, disciplinano le parti necessarie del processo e gli atti impugnabili. Il processo si instaura per iniziativa del contribuente che abbia interesse ad agire: quindi le sue controparti sono esclusivamente quelle disciplinate dal 10 d.lgs. 546,ossia Ufficio Ministero Finanze, l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione (che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto). Ex 19 d.lgs. 546 gli atti impugnabili sono (elencazionetassativa): l’avviso d’accertamento, l’avviso di liquidazione, il provvedimento irrogante sanzioni, il ruolo e la cartella di pagamento, l’avviso di mora, l’iscrizione di ipoteca sugli immobili ex 77 DPR 602, atti relativi alle operazioni catastali, il rifiuto al rimborso (espresso o tacito), il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata, ogni altro atto per cui la legge prevede autonoma impugnabilità davanti alle Commissioni. Ora tutti questi atti sono “autonomamente impugnabili”: quindi la “mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”: ossia gli atti della riscossione, se preceduti dalla notifica di atti di accertamento/liquidazione/irrogazione della sanzione non impugnati dal contribuente, possono esser contestati solo per vizi propri e non per vizirelativi a tali atti che ne rappresentano il presupposto (quindi si possono considerare prodromici).

Difetto di giurisdizione. Ex riforma 1992 è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato/grado del processo (col solo limite della formazione del giudicato sulla questione di giurisdizione); è ammesso il regolamento preventivo ex cpc. La giurisdizione è presupposto processuale: il giudice adito dovrà allora giudicare in via preliminare, affermandola (con decisione anche sul merito) ovvero negandola (dando allora spazio a successive impugnazioni) ovvero disponendo l’improponibilità assoluta della domanda di fronte a qualsiasi giudice.

Possono infine sorgere problemi anche nello stabilire a quale giudice spetti la cognizione effettiva della controversia: la premessa è la competenza è presupposto di validità del processo (non della domanda). Dato che non si possono applicare le disposizioni del processo civile che attengono ai regolamenti di competenza, può accadere che la Commissione provinciale/regionale si reputi implicitamente/esplicitamente competente quando giudica sul merito: in tal caso il vizio potrà esser sollevato in sede d’appello o ricorso per Cassazione . (nel qual caso il giudizio continuerà di fronte al giudice dichiarato competente). Se invecela Commissione dichiari la propria incompetenza e indichila Commissione competente, ci sarà la traslatio iudicii.

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Il giudizio avanti alla Commissione tributaria provinciale (prima parte)

INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO. L’avvio del procedimento viene rimesso ad un atto, il “ricorso” che è posto in essere ad iniziativa del contribuente edè rivolto alla Commissione tributaria provinciale. Tale atto implica la presenza del difensore del ricorrente (tranne per le liti di importo unitario inferiore a 2582,28 euro: li si può stare personalmente). Ex 12 d. lgs 546 sono abilitati all’assistenza tecnica: avvocati, dottori commercialisti, consulenti del lavoro, anche geometri e periti agrari (x controversie di natura catastale). Il conferimento dell’incarico avviene per atto pubblico ovvero per scrittura privata autenticata (se la procura è posta in calce ad un atto del processo, lo stesso professionista autentica la firma del delegante). È applicabile al processo tributario l’84 cpc (il difensore può compiere e ricevere, nell’interesse della partestessa, tutti gli atti del processo non riservati espressamente ad essa, ma non può compiere atti che comportino la disposizione della pretesa in contesa (es. conciliazione)tranne che se espressamente autorizzati).

Requisiti essenziali del ricorso (18 d.lgs. 546): l’atto deve indicare:

a)Commissione tributaria cui è diretto;

b) ricorrente e suo legale rappresentante, residenza, sede legale o domicilio eventualmente eletto nel territorio statale, il codice fiscale;

c)l’Ufficio del Ministero finanze o dell’ente locale o del concessionario del servizio di riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto;

d)l’atto impugnato e l’oggetto della domanda (il petitum);

e)i motivi (la “causa petendi” cioè le ragioni di fatto/diritto poste a fondamento della domanda). Ex 4° la mancanza/assoluta incertezza di questimotivi determina l’inammissibilità del ricorso. Si può però ritenere (in quanto nulla dice la legge al riguardo) che, se non spirati i termini per la proposizione, è consentita la riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile.

Riguardo al petitum, esso è connesso all’antica disputa sulla qualificazione del processo tributario e dell’obbligazione che ne è alla base. Abbiamo infatti 2 teorie:

a) identifica il processo tributario come giudizio di impugnazione-annullamento degli atti emanati dall’Amministrazione finanziaria (involgendo esclusivamente i vizi di legittimità degli stessi)

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b) teoria dell’impugnazione-merito per cui il giudizio investe altresì il modo di essere, la disciplina del rapporto d’imposta, essendo preordinato all’accertamento del relativo regime giuridico (quest’ultima teoria è per Tinelli maggiormente condivisibile ed è anche quella più diffusa: da ciò si desume che il connotato dell’impugnazione attiene solo al profilo formale del processo, caratterizzandone la fase introduttiva, mentre l’attività del giudice investe il processo sostanziale, attinente al merito del rapporto obbligatorio d’imposta, fino all’emanazione della sentenza della Commissione tributaria in cui la volontà ordinamentale è attuata dall’organo giudicante in sostituzione della ricognizione operata dall’Amministrazione finanziaria nell’atto impugnato.). In pratica in virtù di questa 2° teoria il contribuente chiede al giudice non tanto l’ annullamento dell’atto, bensì l’accertamento della situazione giuridica soggettiva (nei limiti della domanda). Una volta specificato il petitum nell’atto introduttivo, esso non può più esser modificato.

Riguardo ai motivi del ricorso, essi variano in relazione al contenuto della domanda. L’eventuale integrazione dei motivi trova applicazione eccezionale (essendo legata al presupposto della sopravvenuta conoscenza di nuovi argomenti della linea difensiva della controparte). E’ quindi unastrategia processuale quella di presentare una domanda con oggetto più ampio possibile (considerando l’eventualità di poter comunque rinunciare aparte di esso).

Attività processuale che porta al perfezionamento della fase introduttiva.Il giudizio è introdotto quando la controversia, nelle forme previste, è portata alla conoscenza dell’altra parte “resistente” e quindi nella cognizione del giudice. Il 1° momento si manifesta nella “proposizione delricorso” (20 d. lgs 546): con questa fase si instaura il contraddittorio con la controparte, ponendola a legale conoscenza dell’azione. Il 2° momento si concretizza con la “costituzione in giudizio” del ricorrente (21 d. lgs 546) e consente di presentare la controversia all’esame dell’organo giudicante.

Il ricorso è proposto con notifica alla controparte ex 16 2° e 3° d.lgs 546 e si prevedono 2 fattispecie di notificazione:

a) in modo diretto (notificazione “propria” o “tipica”) tramite ufficiale giudiziario ex 137 e s.s. cpc

b)in modo indiretto (notificazione “impropria” o “atipica”) attuabile secondo 2 diverse modalità:

1) a mezzo del servizio postale con spedizione in busta chiusacon raccomandata con ricevuta di ritorno. (per il ricorrente la notificazione è effettuata alla data della spedizione; per il resistente si prevede che i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono

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dalla data in cui l’atto è ricevuto);

2) all’ufficio del Ministero finanze o all’ente locale con consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia. Il ricorso può esser proposto entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato (art 21).

Costituzione del ricorrente. Con la costituzione in giudizio la Commissione tributaria è investita della controversia: in questo momento nasce il processo tributario (indipendentemente dalla costituzione del resistente) .Il ricorrente ex 22 deve depositare entro 30 giorni (termine per la costituzione) dalla proposizione del ricorso (a pena dell’inammissibilità) nella segreteria della Commissione tributaria, l’originale del ricorso notificato tramite ufficiale giudiziario ovvero copia del ricorso consegnato/spedito per posta. La Corte Costituzionale con una sentenza del 2002 ha dichiarato l’illegittimità Costituzione del 22 1° e 2° del d.lgs.546 per contrasto con gli art 3 e 24 Costituzione, “nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti afi fini della costituzione in giudizio, l’utilizzo del servizio postale”. A seguito di ciò il legislatore ha modificato il 22 1° prevedendo la possibilità di costituzione in giudizio anche con trasmissione a mezzo posta (in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento)del ricorso notificato ex 137 e s.s. cpc.

La fase in esame si esplica con il deposito da parte del ricorrente, presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, di un fascicolo di parte costituito da:

a) ricorso in originale (nel caso di notificazione tramite ufficiale giudiziario) ovvero in copia (in tal caso insieme alla fotocopia della ricevuta di deposito o di spedizione, se è stato proposto con consegna diretta o tramite spedizione a mezzo posta);

b) originale dell’atto impugnato o sua fotocopia (se notificato);

c) ulteriori documenti (in originale o in fotocopia)che si reputino utilial procedimento dinanzi al giudice.

Si ricordi che, in caso di proposizione a mezzo posta, mentre ai fini della regolare costituzione è sufficiente il deposito della sola ricevuta della spedizione, la prova del perfezionamento dell’intera procedura di notificazione è costituita invece dall’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente. Infine, riferendosi alle ipotesi di vizi procedurali che pendono sul ricorrente in tale fase del giudizio, queste sono collegate dalla legge alla mancata costituzione nel termine dei 30 giorni ed alla difformità dell’atto depositato da quello consegnato/spedito alla controparte. Inammissibilità rilevata in ogni stato/grado del giudizio

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(indipendentemente dalla costituzione in giudizio della parte resistente).

Costituzione del resistente (23 d.lgs.) l’ufficio del Ministero finanze, l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione, se ritengono di partecipare attivamente al processo, hanno l’obbligo di costituirsi entro 60gg dalla notificazione (o dalla consegna o dal ricevimento tramite posta) del ricorso. La costituzione avviene con un atto analogo al ricorrente (quindi con fascicolo di parte contenente controdeduzioni in cui il resistente espone le sue difese prendendo posizione su motivi addotti dal ricorrente, indica le prove di cui intendaavvalersi, propone le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, presenta istanze per la chiamata di terzi in causa e altri documenti, utili per il processo, offerti in comunicazione). Il resistentepartecipa ad un processo con oggetto già determinato e delineato sia dai motivi del ricorso sia dalla motivazione contenuta nell’atto impugnato ; oltre ciò il termine per costituirsi ha solo funzione ordinatoria (in quanto la mancata/tardiva costituzione non pregiudica la prosecuzione dell’attività processuale o l’attività difensiva del resistente. L’unica conseguenza della non tempestiva costituzione è la preclusione della chiamata di un 3° in causa). Nell’ipotesi di mancata costituzione, non essendo prevista la dichiarazione di contumacia, i riflessi dell’inadempimento si riverberano solo in tema di notificazione degli attiprocessuali (udienza, istanze, sentenze) e di comunicazione dell’avviso ditrattazione, che possono esser fatte solo dalle parti costituite.

Litisconsorzio necessario (14 d.lgs). Questo istituto era stato in precedenza solo prospettato da non unanime dottrina e da incerta giurisprudenza. Lo stesso intervento normativo però non consente di superare le difficoltà insite nel cercare situazioni in cui può ricorrere l’inscindibilità di rapporti: in questo senso la giurisprudenza ne ha ravvisato un’ipotesi nelle controversie concernenti il rimborso di ritenute alla fonte (i litisconsorti sono: sostituto, sostituito, Amministrazione finanziaria). Parte della dottrina ravvisa altri casi nelle ipotesi di morte del ricorrente la cui legittimazione processuale sitrasmetta mortis causa a una pluralità di eredi.

Dottrina e giurisprudenza escludono il litisconsorzio necessario però nell’eventualità di obbligazioni solidali (in quanto queste non ostano allo svolgimento di processi distinti nei riguardi di ciascun coobbligato). In questo caso si può ravvisare il litisconsorzio facoltativo: ex d.lgs. 546 art 29, è riconosciuta al Presidente di sezionela facoltà di disporre la riunione dei ricorsi aventi lo stesso oggetto ( o tra loro connessi). La richiesta può esser fatta: da altri soggetti che vogliano intervenire volontariamente (a processo già iniziato. Ex art 14 è legittimato solo chi è destinatario dell’atto impugnato ovvero parte del rapporto tributario controverso . Non è quindi ammesso né l’interventoprincipale (105 1° cpc) né quello adesivo dipendente (105 2°). Il soggetto

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interveniente volontario deve notificare l’atto d’intervento a tutte le altre parti e si costituisce in giudizio secondo le regole previste per ilresistente), su istanza di parte, per ordine del giudice. Ex 14 6° , il legislatore preclude l’impugnazione dell’atto alla parte chiamata in causao intervenuta volontariamente, se per essa sia già trascorso il termine ex21.

Il giudizio avanti alla Commissione tributaria provinciale (seconda parte)

Possibilità di ampliare l’ambito cognitivo già offerto al giudice. Ex 24 èpossibile integrare questa sfera con i “motivi aggiunti”: questa è però un’ipotesi del tutto eccezionale (ammissibile solo a seguito del deposito di documenti non conosciuti, ad opera delle altre parti o per ordine dellaCommissione tributaria, anche se in realtà è stato abrogato il 7, dove si contemplava la facoltà del giudice tributario di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per decidere la controversia). Questa attività può esser fatta entro 60gg dalla data in cui l’interessatoha notizia del deposito dei documenti sconosciuti (se però è già stata fissata la trattazione della controversia, l’interessato a pena di inammissibilità deve dichiarare non oltre la trattazione in camera di consiglio o la discussione in pubblica udienza, che intende proporre motivi aggiuntivi).

Chiesto e pronunciato. Riguardo al chiesto, la materia del contendere è delimitata dalla motivazione contenuta nell’atto oggetto di impugnazione edai motivi presenti nel ricorso e da quelli successivamente aggiunti. Quindi il giudice deve pronunciarsi sui fatti come giuridicamente configurati dalle parti. Riguardo al momento del pronunciato (cioè il convincimento del giudice in merito alla ricostruzione dei fatti), non c’èalcun riferimento normativo che possa disciplinare/circoscrivere l’attività giudiziale di acquisizione delle prove. Ora, secondo dottrina/giurisprudenza, la fase istruttoria è governata riguardo alle parti dal principio dell’onere della prova ex 2697 cc, mentre la ricostruzione dei fatti necessaria alla decisione di merito è fondata sul cosiddetto “principio dispositivo” (a mente di cui il giudice baserà la sua decisione sulla base dei fatti così come provati dalle parti): quindi i “potere istruttori” del giudice non possono avere ad oggetto il riscontro di fatti ulteriori rispetto a quelli allegati dalle parti (ed oggi non possono le Commissioni neppure chiedere alle parti il deposito didocumenti ritenuti necessari per la decisione della controversia, dopo l’abrogazione del 7 3°). Le Commissioni possono comunque richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’Amministrazione statale o altri enti pubblici (anche GDF) ovvero disporre consulenza tecnica.

Mezzi di prova adducibili. Non sono adducibili giuramento e prova testimoniale.

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Riprendiamo lo studio della procedura del processo. Ex 25, la “Segreteriadella Commissione” iscrive il ricorso nel registro generale e forma il fascicolo d’ufficio del processo (inserendovi anche quello del ricorrente e delle altre parti, con atti e documenti prodotti, successivamente gli originali dei verbali di udienza e dei decreti e copia delle sentenze. Le parti possono avere copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti).A questo punto poi il fascicolo viene dato alla “Segreteria del Presidentedella Commissione”, che assegna il ricorso ad una delle sezioni (se si hanno ricorsi concernenti identiche questioni di diritto a carattere ripetitivo, questi posson esser assegnati alla stessa sezione per esser trattati congiuntamente).

Esame del ricorso da parte della Commissione. 2 momenti.

A) l’esame preliminare. Il Presidente della Sezione cui è assegnato il ricorso effettua un controllo preventivo per evitare che vado in trattazione ricorsi viziati palesemente (dichiarandone eventualmente la inammissibilità ex 27). Il Presidente Sezione nella stessa sede può dichiarare sospensione, interruzione, estinzione del processo (con decreto, se ne esistono i presupposti). Il Presidente Sezione può poi disporre in ogni momento la riunione dei ricorsi (con decreto) assegnati alla sezione da lui presieduta (che abbiano stesso oggetto o siano tra loro connessi). Se i processi pendono davanti a sezioni diverse della stessa Commissione, Il Presidente della Commissione (su ufficio o istanza di parte o su segnalazione dei Presidente Sezione) determina con decreto la sezione presso cui i processi devono proseguire. Successivamente però il collegio giudicante, se rileva che la riunione dei processi connessi ritarda o rende più gravosa la loro trattazione, può disporre con ordinanza motivata la separazione.

B) Se questo esame preliminare passa indenne, il Presidente Sezione fissa la trattazione della controversia e nomina il relatore. In questo modo si entra nella discussione sul merito del ricorso e l’esame di esso passa dalPresidente Sezione al giudice della Commissione Tributaria. Fissata quindila trattazione, la segreteria comunica alle parti la data dell’udienza almeno 30 giorni liberi prima dell’udienza stessa. Le parti ex 32 posson depositare documenti fino a 20 giorni liberi prima della data della trattazione (con la stessa forma vista trattando l’integrazione dei motivi) al fine di arricchire l’impianto probatorio già allegato in sede di presentazione del ricorso. Fino a 10 giorni liberi prima, ciascuna parte può depositare “memorie illustrative” con relative copie per le altre parti. Infine nell’ipotesi di trattazione in camera di consiglio, sono consentite brevi repliche scritte fino a 55 giorni prima della data di trattazione.

Trattazione “vera e propria”. Essa ex 33 avviene normalmente senza la 108

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partecipazione delle parti costituite (tecnicamente “in camera di consiglio” , cioè con l’esposizione del relatore al collegio giudicante dei fatti e delle questioni della controversia).

La discussione “in pubblica udienza” è invece subordinata alla previa ed espressa richiesta di una delle parti da avanzarsi con apposita istanza dadepositare in segreteria e da notificare alle altre parti costituite entroil termine ex 32 2° (10 giorni liberi prima della data di trattazione). Oltre ciò la richiesta “in pubblica udienza” può esser contenuta nel ricorso introduttivo del processo, nel ricorso in appello o in altri atti processuali (in quest’ultimo caso però questi atti devono esser notificatialle parti costituite e devono esser depositati presso la Segreteria dellaCommissione entro 10gg liberi prima della data di trattazione). In questa forma di discussione, il relatore espone al collegio i fatti e le questioni della controversia , successivamente Il Pres Sezione ammette le parti presenti alla discussione. Dell’udienza il Segretario trae processo verbale. La Commissione può disporre il differimento della discussione a udienza fissa, su istanza della parte interessata, quando la sua difesa (scritta o orale) è resa molto difficile a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti.

Sospensione del processo (39). Essa è prevista per le ipotesi per cui è espressamente esclusa la giurisdizione del giudice tributario dal 2 3° (querela di falso ovvero la questione attinente allo stato/capacità delle persone salvo che si tratti di capacità di stare in giudizio). Non esiste quindi la sospensione necessaria o volontaria del processo civile. Il processo rimane comunque in stato di quiescenza. Venuta meno la causa che ha generato la sospensione, il processo riprende se una delle parti propone istanza di trattazione al presidente Sezione entro i successivi 6 mesi dalla venuta meno della causa di sospensione.

Interruzione del processo. Essa opera quando si verificano fatti pregiudicanti la partecipazione della parte (morte, perdita di capacità distare in giudizio ecc)ovvero del suo difensore (oltre ai primi 2, radiazione, sospensione dall’albo professionale). Per il resto, disciplinaidentica alla sospensione. Il processo riprende quando una delle parti presenti istanza di trattazione al Presidente Sezione entro 6 mesi dalla data in cui fu dichiarata l’interruzione.

Sia la sospensione che l’interruzione sono dichiarate dal Presidente Sezione con decreto reclamabile ovvero dalla Commissione con ordinanza. Inqueste fasi non si posson compiere atti e non decorrono termini.

Se le parti sono chiamate a integrare, proseguire, riassumere il giudizio e non ottemperano entro il termine stabilito da legge o dal giudice, il processo si estingue per inattività con modalità fissate dal 45. Altre cause di estinzione: 44 (rinuncia al ricorso); 46 (cessata materia del

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contendere).

Fase di decisione. Il collegio giudicante, alla fine della trattazione, delibera in camera consiglio e formalizza la decisione con sentenza. Alle deliberazioni del collegio si applicano norme del cpc (276 e ss) : non sono però ammesse sentenze non definitive o limitate ad alcune domande.

La sentenza contiene:

1)indicazione della composizione del collegio, delle parti, dei difensori se ci sono;

2) la concisa esposizione dello svolgimento del processo;

3) le richieste delle parti;

4) la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto;

5) il dispositivo.

La sentenza è corredata dalla data della deliberazione e è sottoscritta dal Presidente Sezione e dall’estensore (questi ultimi 2 requisiti consentono di definire un certo atto, una sentenza).

Le decisioni di rito sono quelle su cuila Commissione pronuncia:

a)sulla sua giurisdizione, rilevando l’eventuale difetto;

b)sulla propria competenza territoriale;

c)sull’inammissibilità del ricorso introduttivo ex 18;

d)sull’estinzione del giudizio per rinuncia delle parti, per loro inattività processuale, per cessata materia del contendere).

Verificata l’insussistenza di tali preclusioni processuali, la Commissionesi pronuncia sul merito: le decisioni posson avere ad oggetto l’accoglimento (totale o parziale) ovvero il rigetto. Dopo la deliberazione della sentenza, ci sarà la sua pubblicazione (con deposito nella segreteria della Commissione entro 30 giorni dalla data di deliberazione) e comunicazione (alle parti costituite entro 10 giorni dal deposito-pubblicazione). Così si conclude il 1° grado di giudizio.

I procedimenti speciali (47 e 48)

Procedimento cautelare (47). Fu introdotto, dopo che per molto tempo ne fu

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avvertita la necessità, solo con la legge delega 431/1991. Il 47 nasce proprio dall’attuazione della delega: si è creato un procedimento interno al processo tributario che, in presenza dei presupposti di legge, consentedi sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato fino alla pubblicazione della sentenza emessa dalla Commissione tributaria provinciale. (ricordiamo però che ci sono analoghi rimedi di natura amministrativa comunque esperibili). La funzione di cautela insita nella sospensione è evitare che, nelle more di definizione del giudizio, in virtù del principio per cui l’impugnazione dell’atto non ne sospende l’esecuzione, si possano cristallizzare nei confronti della parte ricorrente gravi dannie irreparabili (mancando un provvedimento giurisdizionale, ancora in la davenire). I presupposti della tutela cautelare sn: periculum in mora e fumus boni iuris. Il procedimento si attiva con istanza motiva proposta dal contribuente nel ricorso ovvero in atto separato, notificato alle altre parti e depositato in segreteria (sempre osservando le disposizioni sulla costituzione in giudizio del ricorrente, cosìcchè la decisione sull’istanza cautelare epiloghi un vero e proprio procedimento incidentale).Il Presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza di sospensione per la 1° camera di consiglio utile; in caso di eccezionaleurgenza potrà disporre la provvisoria sospensione dell’esecuzione fino alla pronuncia del collegio. Ci può anche essere sospensione parziale (relativa a una parte dell’atto impugnato) , subordinata alla prestazione di idonea garanzia mediante cauzione/fideiussione bancaria. La trattazionedella controversia deve esser fissata non oltre 90gg dalla pronuncia e glieffetti della sospensione cesseranno dalla data di sospensione della sentenza di 1°. Infine, è possibile revocare/modificare il provvedimento cautelare prima della sentenza, se mutano le circostanze sulla base di cuila sospensione era stata concessa.

Procedimento conciliativo (48). Questo istituto ha dei forti collegamenti con l’accertamento con adesione: entrambi hanno comune matrice nell’antico“concordato tributario”. Tuttavia con il 48, il procedimento conciliativo ha una sua disciplina autonoma. Dopo il d.lgs 218/1997, posson esser conciliate, in tutto o in parte, controversie riguardanti ogni tipo di questione o materia e concernenti qualsiasi categoria di contribuenti. Il procedimento può realizzarsi solo davanti alla Commissione provinciale e si snoda secondo 2 diversi schemi: uno “in udienza” (si innesca quando o una delle parti l’abbia proposto con istanza per la trattazione in pubblica udienza ovvero quando la Commissione l’abbia sollecitato ovvero quando l’ufficio abbia depositato la proposta di conciliazione con l’adesione della controparte. Se si raggiunge l’accordo, si fa apposito processo verbale in cui sono indicate imposte/sanzioni/interessi e il verbale è titolo esecutivo per riscuotere le somme dovute.) e l’altro “fuori udienza” (si realizza quando l’ufficio depositi la proposta accettata dalla controparte, prima che si fissi la data di trattazione. A questo punto il Presidente Commissione, verificata l’esistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, dichiara l’estinzione del

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giudizio con decreto). Entro 20 giorni successivi al processo verbale o aldecreto, il contribuente dovrà pagare quanto deve o pagare la 1° rata e dare fideiussione per le successive: così si perfeziona l’accordo. Applicazione di eventuali sanzioni: avviene nella misura di 1/3 delle somme irrogabili sull’entità del tributo definito.

Le impugnazioni

Nel caso in cui una delle parti abbia motivi di doglianza, può impugnare la sentenza di 1° tramite l’appello presso la Commissione tributaria regionale; la decisione di quest’ultima è impugnabile con ricorso per Cassazione (questi 2 mezzi sono i “mezzi ordinari d’impugnazione” assiemealla revocazione ordinaria. Questi posson esser esperiti solo se la sentenza non è passata in giudicato)Sia per le sentenze di 1° che di 2° è ammessa la revocazione (395cpc). (revocazione straordinaria = “mezzo straordinario”. Possono intervenire in sentenze passate in giudicato, per ottenere l’annullamento del vizio, sia perché sentenze viziate da anomalienel giudizio di fatto sia perché affette da patologie apprese in un momento successivo dagli interessati). Ex 49 c’è un generale rinvio alla disciplina processuale civilistica.

Appello (52). Al 1° la “Commissione regionale” è individuata come il giudice funzionalmente competente a conoscere dell’appello proposto avverso le sentenze emesse dalle Commissioni provinciali. Non è applicabile il ricorso immediato per Cassazione per le sentenze di prime cure (nel cpc si: 360 2°). L’appello a pena di inammissibilità deve contenere: l’indicazione del giudice adito, dell’appellante, delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi della sentenza impugnata, esposizione sommaria dei fatti, petitum, causa petendi, sottoscrizione. I termini: “termine breve”: 60 giorni dalla notificazione integrale della sentenza di 1° a cura della parte; “termine lungo”: 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. Se non si fa in questi tempi, la sentenza passa in giudicato. L’appello si presenta con ricorso (che si presenta di persona ovvero spedito per posta alla controparte). A differenza del ricorso (atto esclusivo del contribuente) l’appello può anche esser proposto dalla controparte. Se il ricorso non è notificato con Ufficio giudiziario, l’appellante deve a pena di inammissibilità depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della Commissione pronunciantela sentenza impugnata. L’Ufficio che voglia notificare l’appello al contribuente si può avvalere anche di messi comunali. Se siamo davanti ad ipotesi di litisconsorzio necessario e l’appello sia stato notificato soload alcuni di essi, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio entro un termine da lui fissato, pena l’inammissibilità dell’impugnazione.In litisconsorzio facoltativo la mancata notificazione ordinata dal giudice non rende inammissibile l’impugnazione, ma sospende il processo fin quando non siano decorsi i termini a carico della parte pretermessa

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per l’impugnazione che è legittimata a proporre. Dopo la notifica, l’appellante deve costituirsi (a pena di inammissibilità) entro 30 giorni presso la Segreteria della Commissione regionale (depositando appello più documenti). Questa segreteria chiederà a quella della Commissione provinciale il fascicolo contenente anche copia autentica della sentenza di 1°. La parte vittoriosa, ricevuta la notifica dell’appello, può attivamente partecipare al giudizio di 2° depositando atto di controdeduzioni. Sono legittimati ad agire = chi era parte nel giudizio di1°. Ha interesse ad impugnare chi è risultato soccombente: la parte ricorrente (se la Commissione non abbia accolto in tutto o in parte le richieste avanzate al giudice di prime cure) e la resistente (nel caso in cui non sia stata condivisa dallo stesso giudice la domanda di rigetto delricorso). La soccombenza è allora il vero presupposto. Se c’è soccombenzaripartita, tutte le parti sono legittimate e quindi han interesse ad impugnare. La legge ha stabilito che tutti i gravami verso la stessa sentenza siano esaminati in un solo processo: in questo senso si colloca l’appello incidentale che altro non è che quello presentato dopo l’appelloprincipale. Quindi la parte che si vede notificare l’appello principale, se vuole impugnare la sentenza (sempre che sia soccombente) può farlo entro 60 giorni dalla notificazione suddetta, depositando l’atto presso laSegreteria. L’appello incidentale è tempestivo quando proposto entro i termini previsti per l’appello principale: è autonomo rispetto a quest’ultimo, quindi l’invalidità di uno non travolge l’altro. Appello incidentale tardivo: può esser fatto dalla parte per cui siano scaduti i termini per impugnare o abbia inteso prestare acquiescenza, quando ad essasia notificato appello principale. In questo caso l’appellato beneficia diuna rimessione in termini ad opera dell’appellante, che gli consente di far valere le sue ragioni in un processo iniziato da altri. Il soggetto avrà quindi altri 60 giorni per presentare appello incidentale “tardivo”. Questo segue le sorti di quello principale. Il giudice d’appello è vincolato al principio della domanda (quindi può pronunciare sugli aspettidella controversia ce non siano stati sottoposti al suo esame) e oltre ciònon può riformare la sentenza a danno dell’appellante, in mancanza d’appello incidentale dell’appellato (divieto di “reformatio in pejus”). Il giudizio d’appello è sicuramente devolutivo (il giudice di 2° potrà esercitare gli stessi potere di cognizione e di decisione spettanti al 1° giudice), tuttavia il legislatore ha posto dei limiti all’automatismo dell’effetto devolutivo: ex 56 le questioni/eccezioni non accolte in 1°, se non sono specificatamente riproposte in appello, si intendono rinunciate. L’appellato e l’appellante hanno l’onere di riproporre ogni ragione di difesa o contestazione (proposte in 1°), non accolte o non esaminate, pena la decadenza ex 346. No nuove domande ed eccezioni che siano rilevabili anche d’ufficio (divieto di ius novarum). Contenuto dellasentenza: di rito e di merito (in quest’ultimo caso la sentenza emessa da Commissione regionale sostituisce quella impugnata, sia che sia di riformache di conferma della stessa). Nei casi stabiliti dal 59, la legge disponela rimessione al giudice di primo grado per assicurare il doppio grado di

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giudizio (es. in caso di irregolare costituzione del contraddittorio o mancata sottoscrizione della sentenza).

Ricorso per Cassazione (62). I motivi sono quelli del 360 n.1-5 cpc. Dopol.69/2009, introdotto altre 2 cause di inammissibilità ex 360bis. L’impugnazione per Cassazione . costituisce tipico rimedio impugnatorio, tendente ad individuare vizi in senso tecnico della sentenza impugnata (non chiedere un nuovo giudizio, genericamente). Il ricorso si propone entro gli stessi termini previsti per l’Appello, con notifica alla controparte e depositato nella cancelleria della Corte entro i successivi 20 giorni. Anche il ricorso in Cassazione . va sottoscritto a pena di inammissibilità ma solo da avvocato patrocinante in Cassazione . o da un rappresentante dell’Avvocatura generale dello Stato. La controparte può presentare controricorso e, se legittimata (cioè in caso di soccombenza parziale reciproca), anche ricorso incidentale. Se il ricorso è fondato, la Cassazione . Cassazione la sentenza (con rinvio alla Commissione regionale). In caso violazione/falsa applicazione di norme di dir (dopo ilnovellato 384cpc), la Corte enuncia il principio di diritto cui il giudicedovrà attenersi, in sede di rinvio. Il principio di diritto può esser poi ora reso dalla Corte addirittura “nell’interesse della legge” ed anche quando la sentenza del giudice di merito non è impugnabile ovvero non è stata impugnata nei termini di legge ovvero quando le parti hanno rinunziato al ricorso. Il principio di diritto potrà poi essere enunciato d’ufficio, se il riscorso proposto dalle parti sia stato dichiarato inammissibile, in tutti i casi in cui si ritenga che la questione decisa rivesta particolare importanza (questo considerando la funzione nomifiliaca della corte): in questo caso la pronuncia della Corte non avràeffetto sul provvedimento del giudice di merito, ossia la sentenza non gioverà alle parti in quanto, altrimenti, finirebbero per essere vanificate le regole sulla inammissibilità dei ricorsi per Cassazione .

Revocazione (64-67). Può fondarsi solo sui motivi tassativamente indicati dalla legge al 395cpc (vedi).L’impugnazione è diretta allo stesso organo pronunciante tale decisione. La revocazione ordinaria è quella per i motivi ex n.4 e 5 395cpc (ossia vizi palesi, immediatamente conoscibili dalla parte interessata dalla semplice lettura della sentenza. Termine di proposizione: 60 giorni dalla notifica della sentenza, se manca la notifica, 1 anno dalla pubblicazione). La revocazione straordinaria (64 2°) è proponibile per i motivi n.1,2,3,6 395cpc (ossia vizi occulti non immediatamente rilevabili dalla sentenza stessa. Termine di proposizione: 60 giorni dalla scoperta del vizio). Sentenze revocabili: per opinione comune le sentenze di 1° sono revocabili se è scaduto il termine d’appelloe solo per i motivi di revocazione straordinaria; le sentenze di 2° sono soggette a revocazione ordinaria e straordinaria (in quanto per i vizi relativi non può porre rimedio il giudizio di Cassazione). Procedimento: stesso di commissione regionale. Sentenza: impugnabile con i mezzi medesimi esperibili verso sentenza revocata.

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Esecuzione delle sentenze

L’impugnazione dell’atto emanato dall’Amministrazione finanziaria non sospende la riscossione dei tributi pretesi (salva l’ipotesi in cui tale effetto consegua al positivo esperimento del procedimento cautelare). Per questo il 68 determina entità e tempi del pagamento del tributo in pendenza del processo modulando gradualmente l’esazione in funzione della oggettivata probabilità di fondamento della pretesa tributaria confluita nell’atto impugnato. Nel caso poi di accoglimento del ricorso, lo stesso art prevede l’obbligo di procedere al rimborso di quanto versato in eccesso entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza. Il 69 invece prevede le modalità per dare esecuzione alla sentenza con cui il giudice tributario abbia condannato l’ufficio o il concessionario al pagamento di somme in favore del contribuente (in questo caso l’esecuzione coattiva, subordinata al passaggio in giudicato della sentenza, potrà avvenire seguendo il rito ordinario basato sul titolo esecutivo rappresentato dallacopia della sentenza di condanna rilasciata in forma esecutiva dalla segreteria della Commissione).

E’ comunque ex 70 possibile esperire il “giudizio di ottemperanza” (istituto del diritto amministrativo) per dotare il contribuente di uno strumento volto a garantire l’effettività nell’esecuzione delle sentenze delle Commissioni tributarie. L’applicazione di questo istituto in sede tributaria non è indirizzata in modo unanime: da un lato si afferma la distinzione con l’istituto amministrativo ravvisandosi nella figura fiscale solo un’attività esecutiva volta a consentire la restituzione al contribuente di somme indebitamente percepite dall’erario, mentre d’altra parte si osserva che l’oggetto di tale giudizio sarebbero solo obblighi difare diversi da quello insito nel pagamento di somme, in quanto già disciplinato dal 69. Comunque vada, il giudizio d’ottemperanza può esser avviato proponendo ricorso al Presidente Commissione provinciale o regionale se esistano 2 presupposti: da un lato la sentenza di cui si chiede l’adempimento deve essere passata in giudicato e d’altra parte deveessere scaduto il termine (fissato da legge) per l’adempimento dell’obbligo risultante dalla sentenza a carico dell’Ufficio finanziario odell’ente locale (in mancanza di questo termine si richiede la decorrenza di 30 giorni dalla loro messa in mora a mezzo di Ufficiale giudiziario). Il ricorso viene poi comunicato dalla segreteria della Commissione, all’Ufficio finanziario o all’ente locale obbligato a provvedere (quest’ultimo entro 20 giorni dalla comunicazione, può far pervenire alla Commissione le sue osservazioni) e quindi assegnato alla sezione emanante la sentenza rimasta inadempiuta. Il collegio (sentite le parti in contradditorio e acquisita la documentazione necessaria) pronuncia sentenza (impugnabile solo in Cassazione . per violazione delle norme sul procedimento) con cui, se accerta l’inadempimento denunciato dal

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contribuente, adotta provvedimenti necessari l’ottemperanza (potendo delegare un suo componente o nominare commissario a cui fissa un termine per i necessari provvedimenti attuativi). A quel punto il collegio chiude il procedimento con ordinanza.

Giustizia tributaria e “giusto processo”

La giustizia tributaria presenta un oggetto particolare, intimamente connesso all’esistenza stessa dello Stato in quanto in grado di controllare le attività amministrative di reperimento delle risorse finanziarie essenziali per il funzionamento dello stato. Applicare quindi i principi del “giusto processo” alla giustizia tributaria è un compito delicato per il teorico della materia, in quanto vuol dire esprimere una preliminare opzione per un approccio di pura critica verso un sistema che non può e non vuole garantire una rigorosa ricerca della giustizia tributaria. Per poter conciliare quegli aspetti nella disciplina del processo tributario, ci sarebbe bisogno d’un intervento riformatore per garantire la tutela effettiva delle posizioni soggettive coinvolte nella dinamica applicativa del tributo e quindi bilanciamento tra interesse pubblico al prelievo tributario e interesse individuale all’integrità patrimoniale, rispettando principio di legalità e altri principi dello “Statuto”

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