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403 ALDO PILLITTU AGGIORNAMENTI, REVISIONI E AGGIUNTE A SCIPIONE APRILE Quella sorta di damnatio memoriae in cui sono incorsi gli scul- tori attivi in Sardegna nei secoli XVI e XVII ha invece risparmiato il più importante dell’ultimo ventennio del Cinquecento, Scipione Aprile, continuatore di una plurisecolare tradizione di architetti, scal- pellini, intagliatori e scultori noti dalla seconda metà del sec. XV al XVIII, quella degli Aprile di Carona, nell’attuale Canton Ticino, allo- ra inclusa nella diocesi di Como ( 1 ). Egli è ricordato in due epigrafi, ( 1 ) Antonio, scultore e architetto, e Andrea di Carlo, scultore, si trovavano in Genova nel 1470 (G. MERZARIO, I maestri comacini, Milano 1893, pp. 236-237, cita anche i loro figli o nipoti Pietro, Anton Maria, Giovanni Battista di Giovanni, tutti caronesi). Carlo potrebbe essere quel Carlo Aprile documentato nel sec. XV a Carona. Giorgio, scultore e architetto, figlio di Andrea, è a Genova nel 1499. Nel Cinquecen- to, più ricco di notizie, ritroviamo un altro Andrea, scultore e architetto, attestato a Genova e Carrara dal 1504 al 1567. Un Giovanni, documentato nel 1509, risulta esse- re il padre di Pietro, Antonio Maria e Giovanni Antonio. Pietro Aprile, o Pietro da Carona, scultore, nato presumibilmente intorno al 1480, risulta fino al 1558 attivo fra Genova, Carrara e la Spagna, dove operò anche Antonio Maria, scultore, noto dal 1522 al 1542 (i fratelli Antonio Maria, Pietro, Giovanni Antonio Aprile di Carona e Pace Gaggini di Bissone furono fra i primi scultori e marmorari luganesi attestati in Spagna, cfr. E. GOMEZ-MORENO, Escultores de Lugano y Como en España, in Arte e Arti- sti dei laghi lombardi, I (Architetti e scultori del Quattrocento), a cura di E. ARSLAN, Como 1959, pp. 375-380). Giovanni Antonio, scultore, è presente a Savona e Carrara fino al 1527. Battista, scultore, figlio di Pietro, lavorò a Carrara nel 1524. Un Giovan- ni Battista, architetto e intagliatore in legno, all’opera a Venezia insieme con Tullio Lombardo fra il 1524 e il 1532, risulta essere figlio di Giovanni Antonio. I fratelli Andrea e Battista furono al lavoro intorno al 1560 alla decorazione in stucco di am-
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Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Apr 01, 2023

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Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

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ALDO PILLITTU

AGGIORNAMENTI, REVISIONI E AGGIUNTEA SCIPIONE APRILE

Quella sorta di damnatio memoriae in cui sono incorsi gli scul-tori attivi in Sardegna nei secoli XVI e XVII ha invece risparmiato ilpiù importante dell’ultimo ventennio del Cinquecento, ScipioneAprile, continuatore di una plurisecolare tradizione di architetti, scal-pellini, intagliatori e scultori noti dalla seconda metà del sec. XV alXVIII, quella degli Aprile di Carona, nell’attuale Canton Ticino, allo-ra inclusa nella diocesi di Como (1). Egli è ricordato in due epigrafi,

(1) Antonio, scultore e architetto, e Andrea di Carlo, scultore, si trovavano inGenova nel 1470 (G. MERZARIO, I maestri comacini, Milano 1893, pp. 236-237, citaanche i loro figli o nipoti Pietro, Anton Maria, Giovanni Battista di Giovanni, tutticaronesi). Carlo potrebbe essere quel Carlo Aprile documentato nel sec. XV a Carona.Giorgio, scultore e architetto, figlio di Andrea, è a Genova nel 1499. Nel Cinquecen-to, più ricco di notizie, ritroviamo un altro Andrea, scultore e architetto, attestato aGenova e Carrara dal 1504 al 1567. Un Giovanni, documentato nel 1509, risulta esse-re il padre di Pietro, Antonio Maria e Giovanni Antonio. Pietro Aprile, o Pietro daCarona, scultore, nato presumibilmente intorno al 1480, risulta fino al 1558 attivo fraGenova, Carrara e la Spagna, dove operò anche Antonio Maria, scultore, noto dal1522 al 1542 (i fratelli Antonio Maria, Pietro, Giovanni Antonio Aprile di Carona ePace Gaggini di Bissone furono fra i primi scultori e marmorari luganesi attestati inSpagna, cfr. E. GOMEZ-MORENO, Escultores de Lugano y Como en España, in Arte e Arti-sti dei laghi lombardi, I (Architetti e scultori del Quattrocento), a cura di E. ARSLAN,Como 1959, pp. 375-380). Giovanni Antonio, scultore, è presente a Savona e Carrarafino al 1527. Battista, scultore, figlio di Pietro, lavorò a Carrara nel 1524. Un Giovan-ni Battista, architetto e intagliatore in legno, all’opera a Venezia insieme con TullioLombardo fra il 1524 e il 1532, risulta essere figlio di Giovanni Antonio. I fratelliAndrea e Battista furono al lavoro intorno al 1560 alla decorazione in stucco di am-

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apposte l’una al monumento funebre di Emanuele Castelvì (1586)nella chiesa di San Gemiliano di Samassi, l’altra alla lapide dedicatoriadella fontana nell’attuale piazza Carlo Alberto del Castello di Cagliari(1603) (2), in una formula latina che ne rivela la coscienza di artista néimprovvisato né provinciale, padrone di forme decorative aggiornateal gusto italiano. A dispetto di ciò, la sua attività e la sua stessa figura

bienti del Palazzo Carrega-Cataldi di Genova e nel 1567 ad una loggia della villaGrimaldi in Sampierdarena (cfr. O. GROSSO, Genova e la Riviera ligure, Roma 1951,p. 88). Su Leonardo, scultore ed architetto attestato a Como nel 1569, e su Martino,scultore in Milano nel 1541, non abbiamo certezze riguardo l’appartenenza alla mede-sima stirpe. Sugli Aprile cfr. inoltre M. GUIDI, Dizionario degli artisti ticinesi, Roma1932, pp. 21-23, 26, 79; le singole voci Aprile, inU. THIEME, F. BECKER, AllgemeinesLexicon der Bildenden Künstler, II, 1908; Dizionario Biografico degli Italiani, III, Roma1961 e in Allgemeines Künstler-Lexicon, III, Leipzig 1990.

(2) La lapide di Samassi reca un’iscrizione metrica in castigliano, cfr. Appendi-ce, 13. Quella cagliaritana ne ospita invece una latina, anch’essa metrica, cfr. Appendi-ce, 27. Su Scipione Aprile cfr. V. ANGIUS, voce Samassi, inG. CASALIS, Dizionario geogra-fico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, XVIII, Torino1849, p. 11; R. DI TUCCI, Artisti napoletani del Cinquecento in Sardegna, in “ArchivioStorico per le Province napoletane”, X, 1924, pp. 379-381; D. SCANO, Forma Karalis,Cagliari 1934, pp. 77-78, docc. XI e 15 rispettivamente alle pp. 150, 181; R. DELOGU,Primi studi sulla storia della scultura del Rinascimento in Sardegna, in “Archivio StoricoSardo”, XXII, 1941, pp. 3-26; R. DI TUCCI, Documenti e notizie per la storia delle arti edell’industrie artistiche in Sardegna dal 1570 al 1620, in “Archivio Storico Sardo”,XXIV, 1954, p. 163; C. MALTESE, Persistenza di motivi arcaici tra il XVI ed il XVII secoloin Sardegna, in “Studi Sardi”, XVII, 1961, pp. 466-467; ID., Arte in Sardegna dal V alXVIII, Roma 1962, p. 25, scheda 109 di R. SERRA, p. 230; A. BOVERO, voce Aprile, inGrande Dizionario Enciclopedico, vol. II, 19673; C. MALTESE, R. SERRA, Episodi di unaciviltà anticlassica, in Sardegna, Milano-Venezia 1969, pp. 335-337; J. ARCE, España enCerdeña, Madrid 1960, consultato nell’edizione italiana tradotta da L. Spanu, La Spa-gna in Sardegna, Cagliari 1982, pp. 114, 312-313, 341, 527-529; R. SERRA, Pittura escultura dal Medioevo all’Ottocento, in La Sardegna, I, sez. 3 (Arte e Letteratura), Ca-gliari 1982, p. 91; M. CORDA, Arti e mestieri nella Sardegna spagnola, Cagliari 1987,pp. 40, 43-44, 48, 97-98, 102, 119, 145; R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanicaalla fine del ’500, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro 1990, p. 165, schede34 e 75 di R. CORONEO, rispettivamente alle pp. 80, 168-169; W. MÜLLER, voce Aprile,Scipione, inAllgemeines Künstler-Lexicon, III, cit.; M.G. SCANO, Pittura e scultura del’600 e del ’700, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro 1991, pp. 15, 58-59,61, 86, 89; S. NAITZA, La scultura del Cinquecento, in La società sarda in età spagnola, acura di F. MANCONI, vol. I, Cagliari 1992, pp. 114-115; ID., La scultura del Seicento,ibidem, vol. II, Cagliari 1993, p. 156.

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storica sfumano nell’indeterminatezza, per la penuria documentaria,per l’imprecisione delle trascrizioni delle carte, per l’insufficiente at-tenzione prestata dagli studiosi alle opere superstiti; la riedizione criti-ca dei documenti, nuove ricerche d’archivio e un attento vaglio dellesopravvivenze sono il contributo che si deve alla precisazione del suoruolo storico, ed è quanto ci si propone in questa occasione.

A tale scopo, occorre riesaminare preliminarmente la sottile di-stinzione formulata dal Delogu nel XXII volume dell’Archivio StoricoSardo (3) fra due diversi scultori, un “Serapio” Aprile, attestato fra il1582 e il 1587, in familiarità con l’uso di materiali inconsueti nell’Iso-la quali lo stucco, e uno “Scipio” (o Scipione), testimoniato negli annifra il 1580 e il 1603, cui attribuì un simulacro in terracotta della Ma-donna, nella Cattedrale cagliaritana, oltre al monumento Castelvì diSamassi (4). In quell’occasione egli riprendeva un breve paragrafo incui il Di Tucci (5) aveva raccolto alcune note archivistiche su un artistacui dava “indifferentemente” – così lamenta il Delogu – “a volte il nomedi Scipione ed a volte quello di Serapio e la cosa sarebbe pienamentegiustificabile se i due nomi fossero intercambiabili o se, ad esempio, nellostesso documento la medesima persona venisse chiamata congiuntamenteScipione o Serapio oppure ora Scipione, ora Serapio” cosa, quest’ultima,che non accadeva in nessun documento (6).

La questione relativa all’esistenza dei due scultori Aprile ha inrealtà aspetti assai singolari e, anche ad arrivare molto vicini a unaconclusione, mantiene pur sempre dei lati sfuggenti. Ad un esame at-tento delle carte, si nota però che “Serapio Aprile” appare solamentenei minutari del notaio Melchiorre De Silva e in un atto del notaioGiovanni Battista Tamarit. Ulteriori ricerche svelano particolari curio-si. Una strana commistione dei nomi è in un atto di battesimo del1588, che vede un “mestre Sypirio Abril” (7). Ancor più sorprendente

(3) R. DELOGU, Primi studi, cit., p. 5.

(4) Ibidem, p. 15.

(5) R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., pp. 379-381.

(6) R. DELOGU, Primi studi, cit., p. 5.

(7) Archivio della Curia Arcivescovile di Cagliari (d’ora in poi A.A.C.),Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 52 v., 7 gennaio 1588; cfr. Appendice, 16.

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l’analogo caso di Scipione Noffre, scrivano del De Silva e più tardi no-taio egli stesso, che si firma in qualche documento “Scipio”, in talaltro“Serapio” (8). Dovremo fare l’ipotesi anche in questo caso, seguendo ilDelogu, di un’altra coppia di quasi omonimi Scipio e Serapio dalla vitaparallela, esercitanti la medesima attività, dei quali alla fine prevarràsolamente Scipio, presumibilmente in virtù delle fortunate doti insitenel nome, visto che anche fra gli Aprile fu così. Il caso acquistarilevanza per il fatto che fu proprio il Noffre a stendere un buon nu-mero di atti in cui si nomina lo scultore Serapio Aprile e mai vi figuraScipione. A ciò si aggiunga che, a fronte di tanti riscontri biografici diScipione (moglie, figli, decesso), Serapio Aprile è una meteora chesfugge alle registrazioni anagrafiche dei registri parrocchiali.

Una nutrita serie di prove porta dunque a concludere che siaesistito un unico Aprile, Scipione, il cui nome venne talvolta storpiatoin Serapio, per qualche ragione non del tutto chiara. L’autentico e, percosì dire, riunificato Scipione Aprile dimorava in una casa di Lapolanel carrer dit de ritrasto, nei pressi di un’abitazione su cui vantava dirit-ti il cognato, il maestro d’ascia Hieroni Vidal (9). Sposò infatti unaMonserrata Vidal, da cui ebbe Angelica Llucya Bernardina (1581), Lu-cia Francisca (1584), Maria Madalena Lusia (1587), Allena (cresimatanel 1602), Joan Batista (1602) (10). Morì il 12 agosto 1604 (11).

(8) Cfr. Appendice, 4, 6, 7, 8, 9 e il documento in Archivio di Stato di Ca-gliari (d’ora in poi A.S.C.), Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 368 r., (31dicembre 1582), in cui a distanza di tempo compaiono entrambi i nomi.

(9) La menzione della casa è in A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol.2073, Lapola, 5 aprile 1584, inventario di Beatrice Pintor; cfr. Appendice, 10. Ladenominazione corretta, usuale nei documenti coevi, è “carrer de Jordi Trasto”.Gerolamo Vidal vendette il 15 settembre 1599 un censo su una casa nel “vico dictode Jordi Trasto”, cfr. A.S.C., Atti notarili sciolti, Girolamo Serpi, vol. 1113, f. 1166 v.

(10) L’atto di battesimo di Angelica Llucya Bernardina è registrato in A.A.C.,Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 17 v., 23 aprile 1581; nello stesso volume vengonoannotati quelli di Lucia Francisca (f. 21 v., 18 ottobre 1584) e di Maria MadalenaLusia (f. 45 v., 18 giugno 1587), mentre il decesso di un altro figlio, di cui non èspecificato nemmeno il sesso, compare al f. 167 v. (25 luglio 1588). Per la cresima diAllena cfr. il vol. 3, al f. 100 v.; al f. 60 r. si troverà invece l’atto di battesimo diGiovanni Battista (22 gennaio 1602), che è l’ignoto figlio del defunto ScipioneAprile che, circa dodicenne, è affidato quale apprendista a un passamanaio dallo zio

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Il suo scarno catalogo è arricchito dalle opere di cui è rimastamemoria nelle carte d’archivio: un gruppo ligneo del Compianto suCristo morto per la parrocchiale di Samassi (1580); una fontana configure mitologiche (1581); tre statue lignee, di Sant’Alberto, San Nico-la da Tolentino e San Vincenzo Ferrer (1585); un retablo in stucco peruna cappella nel convento di Santa Maria di Gesù in Cagliari (1587);una fontana ottagona in pietra (1589); una statua lignea di San Diego(1591); una statua lignea della Madonna d’Itria (1601); la scultura e ilrestauro di stemmi in marmo per conto dell’amministrazione vicere-gia (1602); probabilmente, un tabernacolo destinato alla parrocchialedi Muravera, per la cui doratura il pittore Michelangelo Mainas avreb-be ricevuto in cambio una statua lignea di San Sebastiano (1603). Pos-siamo ancora ampliare l’elenco con le opere scelte a modello in alcuniatti di commissione, quali il Compianto della Cattedrale di Cagliariper il Compianto di Samassi e il tabernacolo della chiesa del Carminedi Cagliari per quello di Muravera del 1603 (12).

Unico esempio sardo di monumento sepolcrale di foggia rina-scimentale, il cosiddetto “Mausoleo Castelvì” (13) fu voluto da don

Gerolamo Vidal, cfr. M. CORDA, Arti e mestieri, cit., pp. 45, 145. Non mi sembramotivata l’asserzione del Di Tucci secondo il quale l’Aprile ebbe un figlio chiamatoNicola (ma “De Apila”!), cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163. Cfr. Ap-pendice, 2, 11, 15, 17, 22, 23.

(11) A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 5, f. 173 r., cfr. Appendice, 29.Morì senza avere fatto testamento e fu sepolto nella parrocchiale.

(12) I relativi documenti, inediti o emendati, quando già editi, sono pubbli-cati in Appendice, rispettivamente ai nn. 1, 3, 12, 14, 18, 19, 21, 24, 25 e 26.

(13) Sul monumento funebre di Emanuele Castelvì cfr. V. ANGIUS, Samassi,cit., p. 11; R. DELOGU, Primi studi, cit., pp. 11-14, figg. 1-2; R. SALINAS, L’architettu-ra del Rinascimento in Sardegna. I primi esempi, in “Studi Sardi”, XIV-XV, parte II,1955-57, pp. 362-363; C. MALTESE, Persistenza di motivi arcaici, cit., pp. 466-467;ID., Arte in Sardegna, cit., p. 25, scheda 109 di R. SERRA, p. 230; C. MALTESE,R. SERRA, Episodi, cit., pp. 335-337; R. SERRA, Retabli pittorici in Sardegna nel Quat-trocento e nel Cinquecento, Roma 1980, p. 8; J. ARCE, España, cit., pp. 114, 527-529;V. MOSSA, Dal Gotico al Barocco in Sardegna, Sassari 1982, pp. 40-41; R. SERRA, Pit-tura e scultura dal Medioevo, cit., p. 91; EAD., Pittura e scultura dall’età romanica, cit.,p. 165, scheda 75 di R. CORONEO, pp. 168-169; S. NAITZA, La scultura del Cinque-cento, cit., p. 115.

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Emanuele, signore di Samassi (14). Nonostante le notizie riportatedall’Angius sulla primitiva collocazione in una chiesa rurale intitolataa Sant’Agostino e l’osservazione del Delogu circa la sua disorganicitàcompositiva siano state a fondamento della tesi di manomissioni e diun trasferimento (15), l’attuale collocazione è originaria. Esso fu in-fatti destinato alla chiesa rurale dedicata a San Gemiliano, concessa

(14) Discendente da una famiglia giunta in Sardegna nella seconda metà delsec. XV, Emanuele nacque nel 1524 da Gerolamo. Furono suoi fratelli Artale, vi-sconte di Sanluri, e Ludovico, cavaliere di Malta e governatore del Capo di Cagliaridal 1561. Sposò Anna Cavaller, figlia di Mattia e di Teresia Castelvì, che gli portò indote i feudi, ereditati nel 1547, di Asuni e Nureci - già in possesso dei Castelvì dal1479 al 1504 - e di Samassi e Serrenti. Il beneficio allodiale di Laconi, acquisitodalla casata nel 1479, diede a lui il titolo comitale (1559) e, agli eredi, quellomarchionale (1605). Dal 1479 i Castelvì acquisirono il feudo di Sanluri e il relativotitolo di visconte, rinnovato nel 1507. Dal matrimonio con Anna nacquero France-sco, Angelo, Giovanni (che ereditò i feudi materni), Antonio.

Uomo di guerra, Emanuele ricoprì la carica di capitano delle marine di Ca-gliari e fu insignito dell’Ordine di San Giacomo nel 1568. Era ancora in vita nel1605, quando, nel timore di non poterne godere essendo oltre gli ottantotto anni dietà, sollecitò al Regio Consiglio Patrimoniale il pagamento delle spettanze di suacompetenza per il ruolo di trattatore in un parlamento non specificato, che è lecitosupporre fosse quello convocato nel 1602 da Filippo III durante il viceregno di Anto-nio Coloma conte d’Elda, cfr. A.S.C., Antico Archivio Regio, vol. P 6, f. 138 r., 4 feb-braio 1604; f. 243 r., 16 settembre 1605. Secondo altri morì nel 1604, cfr. D. SCANO,Donna Francesca Zatrillas, marchesa di Laconi e di Sietefuentes, in “Archivio StoricoSardo”, XXIII, (1940-41), 1942, p. 63; F. FLORIS, Feudi e feudatari in Sardegna, Ca-gliari 1996, pp. 266-267, 298-299, 561-562, 567; F. FLORIS, S. SERRA, Storia dellanobiltà in Sardegna, Cagliari 1986, pp. 213-214.

Nell’Archivio di Stato di Cagliari esiste una raccolta delle concessioni feudalidei Castelvì su una serie di ville abitate e spopolate del Logudoro, fatta stampare aMantova nel 1596 presso Ludovico Sanchez, su iniziativa del conte di Laconi donGiacomo, a sostegno di una causa feudale; vi compare il blasone, cfr. A.S.C., AnticoArchivio Regio, Capibreviazioni, vol. L 3, f. 331.

(15) Sia nella scheda di R. SERRA in C. MALTESE, Arte in Sardegna, cit.,n. 109, p. 230, sia in C. MALTESE, R. SERRA, Episodi, cit., pp. 335-337, si seguel’opinione espressa dal Delogu nei Primi studi, cit., p. 12, circa i rimaneggiamenti,mentre in R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica, cit., p. 165, e alla scheda75 di R. CORONEO, pp. 168-169, ricalcato in S. NAITZA, La scultura del Cinquecen-to, cit., p. 115, è evidentemente una attenta e fiduciosa lettura dell’Angius a con-durre alle medesime conclusioni del Delogu circa l’eventualità di uno spostamen-to da altra chiesa.

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nel 1583 dall’arcivescovo Gaspare Vincenzo Novella agli Eremitanidi Sant’Agostino per aderire all’intenzione di don Emanuele de Ca-stelvì e del figlio Giovanni, “desiderantes terrena celestibus commutareac altissimo inservire”, di fondarvi nei pressi un monastero, con dirit-to di sepoltura (16). Se pure può essere intervenuta qualche alterazio-ne, il nucleo con l’arca funeraria, i peducci a mensola, i leoni reggi-stemma e l’orante conservano la primitiva disposizione, testimoniatadal monumento Bandini, oggi al Museo Nazionale di San Matteo diPisa ma in origine nella chiesa di Santa Croce in Fossabanda. Attri-buito dal Ciardi a Pietro Aprili (Aprile) e datato da una dubbia epi-grafe al 1511 (17), ripete uno schema ideato da Andrea Sansovino,

(16) Il 13 agosto 1583 l’arcivescovo Gaspare Vincenzo Novella confermò conun atto di concessione il consenso, già verbalmente espresso in data 29 gennaio, allacessione ai Padri Agostiniani della antica parrocchiale di Samassi dedicata a SanGemiliano, acconsentendo alla volontà di don Emanuele de Castelvì e del figlioGiovanni di fondarvi una comunità monastica (A.A.C., Registrum commune, vol. 7,f. 165 r., pagina 342 della numerazione originale). Il prelato autorizzò i capitoli sullafondazione del convento, già concordati il 29 gennaio fra i Castelvì e frate Franciscode Segura, vicario generale degli Agostiniani nel Regno di Sardegna (Ibidem, f. 166r., pagina 344 della numerazione originale), limitando la donazione alla chiesa, pri-vata dei redditi spettanti alle chiese parrocchiali, e al territorio circostante. Inoltre visi proibiva la tumulazione, eccezion fatta per i monaci, per i fondatori e i loro fami-liari. I patti fra gli Agostiniani e i Castelvì furono ratificati dal Generale StefanoVicentino con lettere patenti date a Roma il 4 marzo dello stesso anno (Ibidem,f. 166 v., pagina 345 della numerazione originale; si veda anche la rubrica al f. 183r., pagina 378 della numerazione originale). Cfr. inoltre G. SORGIA, Gli Agostiniani inSardegna in epoca moderna, in “Studi Sardi”, XXIX, (1990-91), 1991, p. 521, dove siriporta al 1630 la fondazione del convento di Samassi. La chiesa tardoromanica diSan Gemiliano risale alla seconda metà del sec. XIII, cfr. R. SERRA, Sardegna, (collana“Italia romanica”), Milano 1989, pp. 356-357; R. CORONEO, Architettura romanicadalla metà del Mille al primo ’300, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro1993, pp. 136, 238, 240, 242, scheda 123, p. 235, in cui si raccoglie la notizia, daD. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari 1907,p. 339, sulla denominazione di Su Cunventu del poggio sul quale si trova la chiesa.

(17) R.P. CIARDI, Il Cinquecento, IN C. CASINI, R.P. CIARDI, L. TONGIORGI

TOMASI, Scultura a Pisa tra Quattro e Cinquecento, Firenze 1987, pp. 117-119. IlCiardi propone di integrare l’epigrafe portando la data al 1521. Nell’attuale sistema-zione museale a cura di Mariagiulia Burresi, successiva alla permanenza nel secondochiostro della chiesa di San Francesco, il sepolcro Bandini è ascritto a scultore pisanodei primi del sec. XVI.

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con il giacente recline su un fianco, il braccio reggente la testa penso-sa (18). L’arca funeraria, sebbene non baccellata, è assai vicina a quelladi Samassi nell’impianto generale, nella lavorazione degli spigoli, nel-la curvatura dei profili, mentre le mensole sono, oltreché molto simi-li, nella medesima posizione di quelle del monumento Castelvì; sonoinvece assenti i leoni. La figura del giacente di Pisa deriva da modelli,sansovineschi, distanti da quelli assunti a Samassi per la figura del-l’orante, iconografia diffusa piuttosto in area ispanica e, per mano diartisti italiani (specie lombardi stanziati a Genova), anche a Napoli,in Sicilia e nella stessa Genova (19). Il Ciardi coglie tuttavia in en-trambi un comune gusto del contrappunto plastico quale segno dicontinuità degli Aprile, nei termini in cui esso fu individuato dalMaltese nel 1962 per il ritratto del Castelvì (20). Richiama quella inSan Gemiliano l’arca baccellata raffigurata in un disegno, attribuito aGaleazzo Alessi, per il monumento sepolcrale del genovese GiovanniPaolo Pinelli (1557), nel quale, soprattutto, sono effigiati due leonireggistemma che la sostengono volgendosi le terga (21). Lo schemadel sarcofago incorniciato da un arco rinascimentale, usato nel mau-soleo Castelvì, non ha immediati prototipi: potrei solamente indicarele nicchie dei sepolcri dei fanciulli (i “tabutetti”) della chiesa di SanGiorgio dei Genovesi di Palermo, che ne condividono la spazialità,

(18) I prototipi sono da rintracciarsi nei monumenti sepolcrali eseguiti dalSansovino per le chiese romane di Santa Maria in Aracoeli e di Santa Maria del Po-polo.

(19) A Genova Bernardino de Novo promise il 20 febbraio 1579 di scolpire aLorenzo Landini una statua di marmo rappresentante un cardinale “in figura diuomo d’altezza naturale di 7 palmi di Genova” inginocchiato su uno sgabello, essopure di marmo, come da modello eseguito in cera rossa per il prezzo di 80 scudi da 4lire ciascuno in moneta corrente di Genova, cfr. L. ALFONSO, Tomaso Orsolino e altriartisti di “Natione lombarda” a Genova e in Liguria dal secolo XIV al XIX, Genova1985, p. 356.

(20) C. MALTESE, Arte in Sardegna, cit., p. 25; R.P. CIARDI, Il Cinquecento, cit.,p. 119.

(21) E. PARMA ARMANI, Il secolo d’oro dei Genovesi: il Cinquecento, in La scultura aGenova e in Liguria. I. Dalle origini al Cinquecento, Genova 1987, p. 333, fig. 361.Osservo incidentalmente che il Museo Nazionale di San Matteo di Pisa conservaalcuni esempi di leoni in pietra accosciati, sostenenti scudi con insegne araldiche.

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pur nelle ridotte dimensioni (22). I tipi sepolcrali in uso a Napoli nelQuattrocento e nel Cinquecento sono invece senz’altro differenti dalmonumento sardo (23).

La cornice dell’iscrizione è anch’essa simile a tipi utilizzati fra laseconda metà del Cinquecento e gli inizi del Seicento nella chiesa del-la Nazione genovese di Palermo (24). Curioso, ed apparentemente fuo-ri luogo in tale contesto, il mascherone sulla fronte dell’arca, in cuinon si fatica a riconoscere il volto di un satiro, per le sfrangiature dellalanugine del viso e il trattamento caricaturale dei lineamenti (le naricidivaricate ed aperte, gli zigomi carnosi e cascanti, le orecchie animale-scamente accentuate, l’apertura innaturale della bocca), che richiama-no analogo trattamento, di diversa mano, in un volto di satiro raffigu-rato in una vasca della fine del sec. XVI nella Certosa di San Lorenzo aPadula (25). In ciò si rivela l’autentica natura di Scipione Aprile, realiz-

(22) Si tratta in realtà di arcosoli incornicianti i sarcofaghi (i “tabutetti”). Ilsepolcro Spinola, opera dello scultore Vincenzo Guercio, è del 1588, il sarcofagoLomellino è del 1592 e quello Giustiniani del 1611, cfr. G. SPATRISANO, Architetturadel Cinquecento a Palermo, Palermo 1961, p. 148, fig. 187, p. 158; V. SAVONA, Geno-va e i Genovesi a Palermo: i contenuti della mostra, in Genova e i Genovesi a Palermo.Atti delle manifestazioni culturali tenutesi a Genova (13 dicembre 1978-13 gennaio1979), Genova 1980, p. 92.

(23) Sulla scultura napoletana del XVI secolo cfr. O. MORISANI, Saggi sullascultura napoletana del Cinquecento, Napoli 1941; F. BOLOGNA, Il Cinquecento, inB. MOLAJOLI, R. CAUSA, F. BOLOGNA, Sculture lignee nella Campania, (catalogo dellamostra, Napoli 1950), Napoli 1950, pp. 153-173; O. MORISANI, La scultura del Cin-quecento a Napoli, “Storia di Napoli”, vol. V, parte II, Napoli-Cava dei Tirreni 1972,pp. 721-780; R. PANE, Il Rinascimento nell’Italia meridionale, Milano 1975; M. ROTILI,L’arte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1976, pp. 95-120; G. WEISE, Studisulla scultura a Napoli del primo Cinquecento, Napoli 1977; F. ABBATE, La scultura napo-letana del Cinquecento, Roma 1992.

(24) R. PATRICOLO, Le iscrizioni sepolcrali in S.Giorgio dei Genovesi a Palermo,in Genova e i Genovesi, cit., p. 35, fig. 30, p. 143 (lastra tombale di SofonisbaAnguissola, dedicata nel 1632); p. 43, fig. 31, p. 144 (lastra tombale di AloysioSpinola, dedicata nel 1594). Non ha avuto seguito l’attenta lettura dell’iscrizione diSamassi da parte dell’Arce, che ha fra l’altro individuato un erroneo “giaciesse” cor-retto in un più ispanico “yaciesse”, cfr. J. ARCE, España, cit., nota 55, p. 529.

(25) Pietra, cm. 30 x 40, cfr. La Certosa ritrovata, (catalogo della mostra), Na-poli 1988, scheda 30 a p. 63, p. 64.

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zatore di fontane monumentali e di lapidi, ma a disagio nell’ideazionee nella decorazione di un monumento sepolcrale.

Proprio a una fontana scomparsa, un tempo collocata nel-l’odierna piazza Carlo Alberto del Castello di Cagliari, si riferisce lalapide con la seconda menzione epigrafica dell’Aprile (1603), comme-morante la realizzazione dell’opera pubblica; vi sono ricordati i cinqueconsiglieri civici in carica, il sovrano Filippo III di Spagna, il viceréJuan Coloma conte d’Elda. Essa è contenuta in un campo rettangolarechiuso da una cornice modanata, al di là della quale una serie di bandedisegna le frange di un cartiglio, a rilievo sul fondo della lastra. Il ma-stice che evidenzia le lettere è invece assente sui girali fitomorfi incisinei campi laterali di risulta. Una seconda lastra poggia, nell’attuale si-stemazione, nel mezzo dell’estremità superiore della precedente, acco-gliendo lo stemma civico cagliaritano entro un campo ovato, solcatoda altri girali, da cui fuoriescono le solite frange che vanno a confon-dersi in un trionfo di frutti. Il colmo dell’ovato è rotto da un volto,subsannante maschera orrida attinta al repertorio decorativo dellefontane, ma per l’occasione muta di zampillanti scrosci d’acqua; cuiun altro volto corrisponde, all’estremo inferiore, paffuto e infantile.La composizione è costruita in un discorso serrato sotto forma araldi-co-allegorica e non è difficile afferrarne gli intenti celebrativi del buongoverno delle istituzioni spagnole, espressi in un tono solenne adegua-to alla forma culta dell’iscrizione in esametri latini. La sommità dellalastra è sormontata da un sopracciglio, residuo di una corona, su cuiinsiste la base di un elemento decorativo tronco.

Nel medesimo programma pubblico rientra la fontana di SantaLucia, nella piazza Indipendenza della rocca del Castello, corredata diun’epigrafe del 1604 in cui compaiono i nomi degli stessi consiglieridella Municipalità. Anch’essa collocata a muro e composta da due par-ti, del tutto simili a quelle della precedente, è perciò inseribile, almenoparzialmente, nella produzione di Scipione Aprile, come proposto daM.G. Scano (26). Se infatti nella lastra superiore ne sono ripetuti con-

(26) M.G. SCANO, Pittura e scultura, cit., scheda 35, p. 59. L’iscrizione, pub-blicata con numerose imprecisioni da G. SPANO, Guida della città e dei dintorni diCagliari, Cagliari 1861, p. 80 ed emendata da J. ARCE, España, cit., pp. 312-313,con alcuni errori, recita: D.O.M. FOELICISSIME REGNANTE SERENISS(IMO) ET

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tenuti e forme (27), e il sopracciglio vi si precisa in una corona regiacon una distorsione che presuppone un punto di vista molto ribassa-to, i modi manifestati sia nella protome inferiore sia nel rilievo dellostemma civico impongono una distinzione. I caratteri epigrafici sonopoi nettamente diversi da quelli usati dall’Aprile sia a Samassi sia nellafontana del 1603, né vi compare la firma. Sarà avventata l’ipotesi cheessa sia stata completata da altri dopo la sua morte, avvenuta appuntoil 12 agosto del 1604?

Altre due opere idrauliche sono infine testimoniate dai documen-ti: la nicchia o volta in stucco, decorata con figure anch’esse in stucco –una ninfa, un satiro e una protome animale nel mezzo – da realizzarsiper la vigna di Cristoforo Portugues (1581) (28) e la piccola fontana ot-tagona in pietra, in due bacini concentrici sovrapposti, per la vigna delcanonico Aymerich (1589) (29). Se non altro, inedita testimonianza diuna abitudine al decoro comune a nobiltà e ceto mercantile.

INVICTISS(IMO) PHILIPPO HISPANIARUM ET SARDINIAE ETC REGE CATHOLICOTERTIO ORBIS MONARCHA ORTHODOXAE FIDEI PROTECTORE CALARITANACIVITAS TOTIUS SARDINIAE REGNI CAPUT, PRIMAS PRAESIDIUM, ET EMPORIUMCELEBRE HOC FONTIS BEATAE LUCIAE NO(M)I(N)E OPUS AERE PUBLICO FIERICURAVIT CONSULIBUS GASPARE FORTESA PETRO IOANNE OTGERIO STEPHANOSATA QUENZA, ANTIOCHO MALTES ET MATHEO XINTO ANNO A CHRISTI NATA-LI MDCIIII.

(27) La decorazione di entrambe le lastre superiori mostra strette relazionicon una serie di frontespizi e di stemmi in opere a stampa pubblicate a Cagliari nellaseconda metà del secolo. In particolare, lo stemma dell’autore nel De Rebus Sardoisdi Giovanni Francesco Fara (1580) con cui vi è comunanza d’impianto generale estretta affinità nei festoni di fiori e frutti, mentre il suo mascherone inferiore è pa-rente in primo grado di quello nello stemma Aymerich della facciata della chiesadella Speranza, che manifesta però caratteri differenti da quelli degli stemmi civiciad ornamento delle fontane. Lo stemma del Fara è pubblicato in L. BALSAMO, Lastampa in Sardegna nei secoli XV e XVI, “Biblioteca di Bibliografia Italiana”, LI, Fi-renze 1968, fig. 9.

(28) Cfr. Appendice, 3.

(29) Cfr. Appendice, 18. Il canonico Bartolomeo Aymerich, defunto fra 1592e 1601, detenne le prebende di Sinnai e Settimo San Pietro. Non conosco la suaparentela con Jayme Aymerich, di cui fu curatore testamentario (cfr. A.A.C.,Registrum commune, vol. 7, f. 103 v., 5 settembre 1581, f. 288 v., 19 settembre1586).

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Nessuna delle sculture attestate nei documenti è stata finora rin-tracciata ed è probabile che tutte siano andate perdute. La sola ecce-zione potrebbe aversi, come suggerì per primo il Delogu (30), nellaMadonna in terracotta policroma nel Tesoro della Cattedrale di Ca-gliari, unica superstite di un gruppo del Compianto sul Cristo mortoche potrebbe identificarsi in quello dato a modello per il Compianto diSamassi e, perciò, anteriore al 1580 (31). L’ipotesi trova conferma nelgusto per il contrappunto plastico, nella rilevanza data ai dettagli, nel-la costruzione campaniforme e abbreviata, e in altri indici ancora,quali quelli sottolineati dal Delogu. Suggestiva e per ora impossibile

(30) R. DELOGU, Primi studi, cit., pp. 9-11, fig. 3.

(31) Il Delogu stesso (Ibidem, p. 11) rafforza la sua ipotesi con la corretta os-servazione circa l’usanza di proporre agli artisti, come modello per opere da realiz-zarsi, lavori già da essi eseguiti per altri committenti. La Cattedrale conserva oggialtre sette figure di un Compianto (le medesime segnalate anche dal Delogu), tuttelignee, provenienti da almeno due (forse tre) gruppi diversi. Lo Spano ne segnalauno, completo e caratterizzato da “due statue colossali di Nicodemo e Giuseppe” nellacappella del Santo Sepolcro, nel transetto sinistro, in cui deve riconoscersi il nucleodi quello tuttora esistente (cfr. G. SPANO, Guida al Duomo di Cagliari, Cagliari 1856,pp. 21-22). Non so se fu eseguita la disposizione, emanata dall’arcivescovoBerchialla durante la visita pastorale del 1884, di dare al fuoco il gruppo collocatonella cappella “delle Anime”, con l’eccezione del simulacro del Salvatore, (A.A.C., VisitePastorali, vol. 1, cartella 10, 14 agosto 1884, f. 15). A proposito gioverà ricordare chela figura del Cristo morto è stata giudicata estranea al gruppo della Cattedrale (cfr.R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica, cit., scheda 34 di R. CORONEO, p. 80). Fulo Spano a notare l’uso, che egli dice rispettato in quasi tutte le chiese parrocchialidella diocesi, di dedicare al Santo Sepolcro una cappella prossima all’ingresso (Guidaal Duomo, cit., nota 1, p. 22). Per parte mia, posso precisare che fra Cinque e Sei-cento i gruppi del Compianto trovavano canonicamente ospitalità nella cappella piùlontana dall’altare, dedicata alle Anime del Purgatorio, generalmente coincidentecon la base della torre campanaria e, perciò, più stretta e buia delle altre. Dei gruppidel tutto simili a quelli descritti nel documento del 1580 per Samassi si trovavanonelle parrocchiali di Santa Barbara a Sinnai e di San Biagio a Villasor (in A.A.C.,Inventari, vol. 1, rispettivamente ai ff. 24 r., 68 r., trascritti in A. PILLITTU, Il patri-monio pittorico e scultoreo negli inventari parrocchiali della Sardegna sud-orientale(1599 - 1601 - 1604 - 1616), Tesi di Specializzazione in Studi Sardi, relatore RenataSerra, A. A. 1990-91, rispettivamente alle pp. 29, 54; sui Compianti cfr. anche lanota 1 a p. 10 in R. DELOGU, Primi studi, cit.). Nei suddetti inventari compare ancheil gruppo della parrocchiale di San Vito a Gergei, tuttora conservatovi (f. 141 v.,riportato in A. PILLITTU, Il patrimonio pittorico, cit., p. 96).

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da accertare, ma non priva di verosimiglianza, è invece la derivazionedello scultoreo Sant’Alberto dipinto da Francesco Pinna nel pannellocentrale della pala nella chiesa del Carmine di Cagliari (1593-1607)da quello intagliato dall’Aprile per un abitante dello stesso quartiere diStampace (32).

Se ora paiono senz’altro meglio definiti i contorni e l’importan-za della sua attività, le sue matrici culturali sono ancora da discutere.Nel testo del proprio contributo – privo di trascrizioni o di regesti an-che perché pubblicato postumo – il Di Tucci riportò in corsivo la qua-lifica “sculpidor napolità”, che ogni lettore interpreta come un’estrapo-lazione da un documento e, perciò, come la prova definitiva e indiscu-tibile dell’origine napoletana dello scultore (33). Sta di fatto, però, chené nei documenti ivi citati, né in quelli successivamente scoperti,compare mai una nota relativa alla sua nascita, provenienza o naziona-lità (34). E se i confronti finora avanzati sembrano disperdersi in unampio arco, dalla Liguria alla Sicilia, una serie di riflessioni può sugge-rire ulteriori indirizzi di ricerca. Innanzitutto, i legami intrattenuti aCagliari privilegiano i liguri (35). Genova era la sede storica di genera-

(32) Cfr. Appendice, 12. Sul dipinto del Pinna cfr. G. SPANO, Guida della cit-tà, cit., p. 163; R. DELOGU, Cronaca dei ritrovamenti e dei restauri. R[egia] Soprinten-denza ai Monumenti e Gallerie di Cagliari, in “Le Arti”, V, 1942, pp. 44-53; R. SER-RA, Su taluni aspetti del Manierismo nell’Italia meridionale. Francesco Pinna, pittorecagliaritano della maniera tarda, in “Annali della Facoltà di Lettere, Filosofia e Magi-stero”, XXX, (1967), 1968, pp. 418-419, 425, 428, 435-439, 441, 446-447, 449,figg. 11-13; R. SERRA, Retabli pittorici, cit., p. 38; J. ARCE, España, cit., p. 336;D. PESCARMONA, voce Pinna, Francesco, in La Pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Mi-lano 19882, p. 805; R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica, cit., pp. 255, 257,261, scheda 32 di R. CORONEO, p. 257.

(33) R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 379.

(34) Il fatto che la medesima circostanza si verifichi quando il Di Tucci si oc-cupa dello scultore Antonio Bonato, per lui genovese, induce la massima cautela sul-la natura di queste affermazioni, cfr. A. PILLITTU, Antonio Bonato e la diffusione delleforme rinascimentali in Sardegna, in “Studi Sardi”, XXXI, (1994-98), 1999, pp. 487-488, 504.

(35) Cfr. Appendice, 9, 11, 14, 15, 16, forse il 19, 22, 23. Il solo Aprile in cuimi sono imbattuto nei documenti cagliaritani del Cinquecento è Battista, mercantedi nazionalità genovese figlio degli alassini Serafino e Caterinetta Aurame, cfr.

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zioni di artisti ticinesi e lombardi: a partire almeno dal Quattrocento,i ticinesi Aprile vi tengono bottega, istituendo rapporti con Carrara invirtù della commistione, usuale alle botteghe dei maestri lombardistanziati a Genova, fra i mestieri di scultore-scalpellino e di imprendi-tore del marmo. Quivi era il fulcro della loro attività, che si irradiavanelle terre affacciate sul Mediterraneo occidentale (36). Nel XVI secoloalcuni di loro si stabiliscono anche in Sicilia, dove compaiono Gio-vanni Battista, marmoraro, attivo a Palermo fra il 1597 e il 1600, An-tonio Maria “de Aprile de valle Lugani” e Antonio de Aprile de Iegino,a Palermo nel 1574 quali “piccapietra o sia ... scultori di pietre”, al ser-vizio di miser Giacomo de Aprile de Iegino come anche lo scultore Fran-cesco Maria de Aprile (37). Per tutto il Cinquecento sono documentati

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, ff. 135 r., 250 r., 414 v., 505 v.,(tutti del 1582); G. Tamarit, vol. 2065, f. 183 v. (1585), vol. 2066, f. 24 r., f. 100 r.,248 r. (del 1587). Questo Battista Aprile non è certo uno sconosciuto per Scipione,poiché nel 1587 sarà padrino di battesimo della figlia Maria Maddalena Lucia, cfr.Appendice, 15. A proposito di Genovesi e scultura, ricordo che lo Spano segnalòdue pile battesimali, con iscrizione, in due chiese in Cagliari: quella (distrutta nel1943) dei Santi Giorgio e Caterina dei Genovesi (“Battista Corona 1590”), e quelladel Santo Sepolcro (“Batista Corona me fecit 1595”). L’unico Battista Corona finoraattestato nei documenti coevi è un mercante, per di più residente proprio in Lapola,ma vale la pena di riferire la notizia perché in Sicilia accade che tale cognome na-sconda la provenienza da Carona; cfr. G. SPANO, Guida della città, cit., pp. 222, 242.

(36) Sull’attività dei Luganesi in Spagna, fra cui sono numerosi e importanti gliAprile, cfr. J. DE CONTRERAS DE LOZOYA, Escultura de Carrara en España, Madrid 1957,pp. 13-24; E. GOMEZ-MORENO, Escultores de Lugano, cit., pp. 375-380; C. KLAPISCH-ZUBER, Les maîtres du marbre. Carrare. 1300-1600, Paris 1969, note 36, 38 rispettiva-mente alle pp. 159, 228; R. LOPEZ TORRIJOS, La scultura genovese in Spagna, in Lascultura a Genova, cit., pp. 366-381. Un episodio capitale è la realizzazione del mo-numento Cisneros ad Alcalà de Henares, disegnato da Domenico Fancelli, ese-guito a Carrara da Bartolomeo Ordoñez e, alla sua morte (1520), concluso dalcaronese Pietro Aprili con la collaborazione di Raffaello da Montelupo. È possibileche siano luganesi i fratelli “de Corona” attestati a Napoli nel 1561, cfr. O. MORISANI,Saggi sulla scultura napoletana, cit., p. 73.

(37) Su richiesta dei maestri Domenico di Marco di Carabio e Antonio Mariadi Aprile, sia Cristoforo Enrico di Pietro Antonio, scultore di pietre, sia Pietro Anto-nio de Curto fu Giacomo, entrambi scultori originari di Carona, testimoniarono inGenova il 21 agosto 1576 di essere a conoscenza della permanenza a Palermo dal-l’aprile del 1574 di Antonio Maria e Antonio de Aprile di Iegino, il secondo ormai

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i contatti e le collaborazioni con i Gagini, del resto anch’essi ticinesima di Bissone. Se fra le varie storpiature cui, in Sicilia, fu sottoposto ilcognome Gagini, si ammettesse anche quella in “Iegino”, ci si potreb-be spingere fino all’ipotesi della sussistenza di legami di parentela (38).

Ulteriori cautele, nel giudizio dell’opera di Scipione Aprile, giun-gono dalla considerazione che alcuni pezzi (quali l’arca del monumentoCastelvì) potrebbero essere stati prodotti da suoi referenti tosco-liguri epoi importati in Sardegna, secondo una pratica imprenditoriale diffusis-sima fra i Lombardi di Genova. Non è neanche corretto escludere deltutto una componente culturale napoletana, ma è incerto se essa debbaessere interamente attribuibile all’Aprile o se vi entri in gioco la collabo-razione, sostanziata da un rapporto di parentela (39), con MichelangeloMainas, il quale eseguì per l’Aprile lavori di doratura e di pittura dellesuperfici di tabernacoli e statue. Figlio di Peroto, a sua volta figlio diAntioco, che fu figura di una certa importanza nella cosiddetta “Scuoladi Stampace” orbitante intorno alla bottega di Pietro Cavaro, Michelan-

defunto, al servizio di Giacomo de Aprile di Iegino “a tutta la possanza della loro artedi piccapietra o sia di scultori di pietre”, cfr. L. ALFONSO, Tomaso Orsolino, cit., pp. 44-45 e p. 308 sull’appellativo “Iegino” o “Iogino”. Su alcuni Aprile da Carona scultori emarmorari in Sicilia cfr. G. DI MARZO, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV eXVI, I, Palermo 1880, pp. 240, 241, 599-600, 637, 663, 822; su Scipione diCarona, o Scipione Casella, figlio di Fedele marmoraro, stuccatore e argentiere e diGiovannella Gagini, attestato anch’egli come marmoraro a Palermo fra 1533 e 1551cfr. ID., Delle Belle Arti in Sicilia, IV, Palermo 1864, pp. 121, 134, 137-143, docc.XLIII, p. 440, XXXVI, p. 428; ID., I Gagini, cit., I, pp. 239-243, 549-551, II,p. 279, doc. CCXXVIII; M. GUIDI, Dizionario, cit., pp. 83-84. Su Giovanni BattistaAprile e suo nipote Pietro Aprile marmorari cfr. G. DI MARZO, I Gagini, cit., I, nota2, p. 240. Su Francesco Maria, alle dipendenze del suddetto Giacomo Aprile comescultore, cfr. L. ALFONSO, Tomaso Orsolino, cit., p. 45. Sulla partecipazione di France-sco Aprile ai lavori dell’Escorial cfr. G. DE ANDRÉS, Inventario de documentos sobre laconstruccion y ornato del monasterio del Escorial existentes en el archivo de su real bi-blioteca, (Istituto Diego Velazquez), Madrid s.d. Cfr. inoltre L. BRENTANI, Antichimaestri d’arte e di scuola delle terre ticinesi, I, Como 1937.

(38) Sui Gagini in Sicilia cfr. G. DI MARZO, Delle belle arti in Sicilia, IV, Paler-mo 1864, pp. 120, 134, 137, 138, 140-143.

(39) In un atto del 1613 il Mainas agisce quale procuratore della suoceraMonserrata Vidal Abril, che ho identificato nella moglie di Scipione Aprile; cfr.M. CORDA, Arti e mestieri, cit., pp. 40-41.

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gelo trascorse un periodo giovanile a Napoli, dove è attestato nel 1568,verosimilmente attendendo alla propria formazione professionale discultore e pittore nella città che costituiva tradizionalmente il polo diriferimento per gli artisti cagliaritani (40); luogo in cui forse si annodava-no anche intrecci di parentela o di amicizia. Tornato a Cagliari, tardò aconquistare una posizione indipendente e svolse la sua attività racco-gliendo mansioni secondarie nelle botteghe di Scipione Aprile e del pit-tore napoletano Ursino Bonocore (41).

Tornando all’Aprile, sarà quindi opportuno svolgere alcuneconsiderazioni finali. Non si conoscono né l’occasione né le modalitàdella sua venuta in Sardegna, e neppure è lecito includerlo fra gli ar-chitetti impegnati nei piani di fortificazione di Cagliari (42), anche sesono evidenti le implicazioni militari del programma pubblico per lacostruzione di una serie di cisterne e di fontane nel Castello e se, an-cora, la sua apparente attività di seminagione in Pula vi coincida conl’edificazione della torre del Coltellazzo (43). Da scultore, opera su le-

(40) Il soggiorno napoletano di Michelangelo Mainas è attestato dalla regi-strazione di una lettera di cambio proveniente appunto da Napoli, datata 27 dicem-bre 1569, con la quale “Miquel Maynas” chiamava il padre Pere, pittore, a pagareben 25 ducati, due lire e sedici soldi, cfr. A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol.2073, inventario di Johan Silvestre, eseguito in Lapola il 16 febbraio 1579.

(41) Su Ursino Bonocore, nel quale ho proposto di identificare il Maestro diGergei (cfr. A. PILLITTU, Antonio Bonato, cit., p. 501, nota 42) cfr. inoltre G. SPANO,Storia dei pittori sardi e catalogo descrittivo della privata pinacoteca, Cagliari 1870,pp. 19, 40, 45, 48, 49; R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., pp. 376-378; C. ARU, Lapittura sarda nel Rinascimento II. I Documenti d’archivio, in “Archivio Storico Sar-do”, XVI, 1926, pp. 213-223; R. DELOGU, Michele Cavaro (influssi della pittura ita-liana del Cinquecento in Sardegna), in “Studi Sardi”, III, 1937, pp. 12-16, 71-73;R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., pp. 158-161; M. CORDA, Arti e mestieri, cit.,pp. 18-35, 40, 63, 92-23, 105-106, 133-134; D. PESCARMONA, voce Bonocore,Ursino, in La Pittura in Italia, II, cit.; R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica,cit., p. 265; M.G. SCANO, Pittura e scultura, cit., pp. 15, 25, 27, 29, 32; A. PILLITTU,voce Bonocore, Ursino, in Allgemeines Künstler-Lexicon, XII, Leipzig 1996.

(42) Tesi sostenuta in D. SCANO, Forma Karalis, cit., pp. 77-78, lucidamentecontestata in R. DELOGU, Primi studi, cit., nota 1, p. 14.

(43) Nel settembre del 1582 era in costruzione la torre “en lo coltellas” di Pula,ad opera dei maestri “picapedrers” Antiogo Frigado, Augustì Pixella, Pere Mora e JaumeCasula, cfr. A.S.C., Atti not. legati, M. De Silva, vol. 639, f. 484 r., 22 settembre 1582.

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gno, pietra, marmo e modella figure in stucco, ma richiede le presta-zioni di un pittore quando sia necessaria la rifinitura col colore. Sfrut-ta delle cave di sua proprietà (44), la cui localizzazione è ignota (45). Èspecializzato in fontane (barquils, nella Sardegna di cultura catalana),come i Lombardi a Genova (dove le fontane sono chiamate ancoraoggi barchili). L’intento di circoscrivere una sua matrice culturale neitermini, talvolta artificiosi, di una specificazione geografica, si scontracon l’atteggiamento pragmatico degli artigiani lombardi e ticinesiemigrati, soprattutto quelli operanti nello sbocco mediterraneo di Ge-nova, aperti ad innesti e contaminazioni con artisti e gusti differenti,sulla radice della conquista di un linguaggio rinascimentale pronto aflettersi alle esigenze della committenza e saldamente ancorato a unamaestria artigianale ultracentenaria, atteggiamento che potrebbe esserescambiato per un generico eclettismo stilistico. Un linguaggio diffusodalle colonie di lombardi presenti nelle principali città costiere cristianedel Mediterraneo occidentale. Se un tratto distintivo caratterizza il lin-guaggio di Scipione Aprile, esso andrebbe certo riconosciuto in quelsenso della costruzione dei volumi per un plastico contrappunto, checostituirebbe una preferenza costante della scultura degli Aprile.

La problematica della scultura di figura nella Sardegna meridio-nale nell’ultimo quarto del Cinquecento e agli inizi del Seicento nonpuò, infine, fare a meno di accennare a due episodi di rilievo: la cop-pia di ritratti marmorei alloggiata in nicchie nella facciata della par-rocchiale di Guspini, nei quali si è ragionevolmente proposto di iden-tificare Carlo V e Filippo II, e l’inedito fonte battesimale della parroc-chiale di Villaurbana (46), datato al 1575 da un’iscrizione menzionante

(44) Cfr. Appendice, 18.

(45) La periferia urbana di Cagliari era tempestata di cave di pietra. Il marmopoteva invece facilmente essere fornito via mare dalle cave possedute dai marmorari-imprenditori lombardi di Genova, in parte artisti in parte commercianti; sull’attivitàdelle botteghe lombardo-ticinesi a Genova cfr. L. TAGLIAFERRO, Un secolo di marmo edi pietra: il Quattrocento, in La scultura a Genova e in Liguria, cit., pp. 217-249.Sugli scambi commerciali fra Carrara e le botteghe di Lombardi di Genova attive aNapoli e Palermo, cfr. C. KLAPISCH-ZUBER, Les maîtres du marbre, cit., p. 293.

(46) Il busto in cui è stato riconosciuto Filippo II compare in La società sarda,I, cit., fig. 221, p. 206; cfr. inoltre F. SEGNI PULVIRENTI, A. SARI, Architettura

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tardogotica e d’influsso rinascimentale, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro1994, figg. 68 b, c, pp. 234, 235. L’iscrizione di Villaurbana recita: “IACOBVSBVSQUETS RECTOR HVIVS VILLE MDLXXXV”; ringrazio Ivo Serafino Fenu perquesta segnalazione.

(47) Palermo, Museo Diocesano: frammento scultoreo con gli Apostoli, ambitogaginesco (Archivio Fotografico Soprintendenza ai BB.AA.SS., Palermo, n. 20236),sul quale cfr. V. ABBATE, Scheda 1, in V. ABBATE, V. SCUDERI, T. VISCUSO (a cura di),Momenti del Cinquecento meridionale. Restauri e recuperi, (catalogo della mostra),Palermo 1985, pp. 9-11, tav. I., che solamente ora ho potuto esaminare in una sod-disfacente riproduzione fotografica. Sul Bonato cfr. A. PILLITTU, Antonio Bonato, cit.

il rettore Giacomo Busquets. Testi singolari sotto il profilo tipologico,spiccano per qualità formale nel contesto coevo. I caratteristici linea-menti absburgici dei sovrani si costruiscono entro una tettonica di si-cura plasticità, compatibile con il modellato dell’Aprile. Fuori dai ter-mini cronologici della sua attività conosciuta è invece il fonte di Vil-laurbana, testo d’eccezione nel Cinquecento sardo per il tono idealiz-zato che ne fa un prodotto di un classicismo coltivato, generalmenteestraneo al modo di intendere la forma degli artisti sardi. Lontano an-che dal classicismo formulare di Antonio Bonato, a proposito del qualeproduco un frammento raffigurante Due Apostoli custodito nel MuseoDiocesano di Palermo, in precedenza non consultabile, che rafforza lastrada siciliana nell’individuazione delle sue componenti culturali, perlo stretto confronto conducibile con i due elementi di predella nellaparrocchiale di Barumini (47).

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APPENDICE DOCUMENTARIA

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CRITERI DI EDIZIONE

I documenti sono stati trascritti secondo le norme dell’Istituto StoricoItaliano. Nel caso di lacune, l’integrazione è riportata entro parentesi quadre.Le abbreviazioni sono state sciolte, salvo alcuni casi in cui la lezione è dub-bia; in tal caso, lo scioglimento proposto figura entro parentesi tonde.L’interpunzione segue l’uso moderno. Le lacune intenzionali del testo sonostate evidenziate con una fila di asterischi, per la lunghezza approssimativadella lacuna stessa. Si è invece preferito anteporre il rimando cronologico aquello topico per consentire un immediato e agevole orientamento nella se-rie documentaria, in considerazione del carattere specifico di questo studio.

TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

A.A.C. = Archivio della Curia Arcivescovile di Cagliari

A.S.C. = Archivio di Stato di Cagliari.

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(1580), (luglio), 13. Cagliari.

Scipione Aprile si impegna con don Giovanni di Castelvì a scolpireentro il primo gennaio successivo otto immagini lignee per la chiesa diSamassi. Il compenso è fissato in otto scudi del valore ciascuno di 52lire di Cagliari per ogni scultura. L’atto, i cui vincoli contrattuali sonosottoscritti anche dal fuster Joanot Foxi, è cancellato il 23 settembre1581 con reciproca soddisfazione.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Orda’, vol. 1510, ff. 327 r. - 328 r.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. VII, p. 22.

Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 379, con numero errato divolume.

Die XIII predictorum, Calari. Mestre Scipion Aprile sculptor habitanten Caller, de son grat etc., per ferma valida y solemne stipulatio,conve y ab bona fe promet al molt noble señor don Joan de Castellvien Caller domiciliat que per tot lo mes de janer primer vinent li daraacabats ab tota perfectio vuyt personatjes, quals ha de sculpir de lenya,sens enguixar, ço es: les Maries, sanct Ioan evangelista, lo Christo,Nicodemus y Baramatia (1), del modo y factura que son los de la seude Caller, de manera que no hi falte res si no lo enguixar y pintar queno es obligat fer dit mestre Scipio; los quals han de servir per la capellade purgatori de la iglesia de Samassi. Las quals ymages promet fer araho de vuyt scuts la pessa, a raho de sinquentados sous monedacallaresa per cascun scut la pes (a) de mans y lenyam que ha de posardit mestre Scipio, quals ha de pagar dit señor don Joan axi com anyrafent fena, de manera que dat li hara dits personatges acabats com dites dit, mestre Scipio sia acabat de pagar de tot lo que muntara ditspersonatges a la dita raho. E quant nols hagues acabat per tot lo dit

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temps, promet restituir al dit señor don Joan de Castellvi tot lo que deaquell haura rebut enco(n)tine(n)t passat dit mes de janer primervinent, es assaber dins lo present Castell de Caller, sens dilatio algunaet.; ab restitutio de tots danys et.; sobre los quals et. E per que ne st[ig?]a mes segur, ne dona per fermansa y principal obligat, iunctamentab ell y sens ell per restituir lo que haura cobrat per dita fena, lohonorable mestre Joanot Foxi fuster habitant de la Lapola predita, loqual acceptant lo carrech de dita fermansa per ell e per los seus, convey ab bona fe promet que iunctament ab dit son principal y sens ell seratingut a restituir y pagar tot lo que dit mestre Scipio haura rebut dedit señor don Joan de Castellvi segons dit son principal dalt ho hapromes. ÍÍ E dit señor don Joan de Castellvi promet que pagara lopreu de dits personatjes a la dita raho com dit es. E totes dites coses lesdites parts vicissimdinariament prometen adimplir, es assaber (b) dinslo present Castell de Caller, sens dilatio alguna et.; ab restitutio de totsdanys et.; sobre los quals et.; volen que la part fahent aquells siacreguda et. E per attendre y adimplir les dites coses et., ne obliganllurs persones y bens y de qualsevol de dites parts, in sol(idu)m,mobles e immobles et.; ab totes les renuntiations opportunes et. y dellur propri for et.; ab submissio del for del magnifich veguer real deCaller y de altre qualsevol jutge, renuntiants quant ad aço a la ley siconvindrasse et. y dita fermansa renuntia a la ley die(n)t que primersia convingut lo principal et; y tanbe lo dit don Joan al privilegi mili-tar y a la monicio hortatio de XXVI dies et. E tots renuntian a tot altredret et.; ab scriptura de ters y iurament largament. Testimonis sonmossen Bonito Fadda y mossen Joan Baptista Cerpi habitants deCaller y mossen Hierony Cerpi scrivent que com ha substitut de minotari infrascrit ha rebut ditas fermas. (c)

(1) Con tale termine si intende designare Giuseppe d’Arimatea.(a) La parola va completata in pessa.(b) Nel testo: ascaber.(c) Nel margine la nota con la quale si sancisce il buon fine dell’accordo: Die XXIII mensis septembris

anno a nativitate Domini MDLXXXI, Calari. Predicti don Joannes de Castellvi ex una etScipio(n) Aprile parte ex altera confessi sunt invicem fuisse satisfactos de pr[e]dictis, ideo can-cellarunt ita et taliter et. Testes sunt Hieronimus Xera ville de Nurexi et Balthasar Cabra Calarihabitator.

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(1581), (aprile), 23. Cagliari.

È battezzata Angelica Llucya Bernardina, figlia di mestre Scipio de Apri-le e di Monserrada Aprille y Vidal; padrini sono mossen Pantali e AnnaRams.

A. A. C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 17 v.

3

(1581, luglio, 6). Cagliari.

Lo scultore Scipione Aprile, abitante a Cagliari, si impegna a realizzarenella vigna di mossen Cristoforo Portugues, cittadino cagliaritano, unanicchia o volta in stucco decorata all’esterno con una ninfa e un satirodelle dimensioni dello stesso Scipione. Tra di esse eseguirà una testaanimalesca secondo il gusto del Portugues. Il lavoro dovrà essere con-cluso entro due mesi. il compenso è fissato in venticinque scudi, inragione di cinquantadue soldi per scudo.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Valmagna, vol. 2182, ff. 448 v. - 449 r.

Edizioni:– M. CORDA, Arti e mestieri, cit., doc. 8, pp. 97-98.

Cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163.

Dicto die, Calari. Sobre les coses infrascrits entre lo magnifich mossenCristofol Portugues ciutada de Caller de una part y mestre ScipioAprile sculptor habitant de Caller de la part altra son stats fets loscapitols seguents. E primerament dit mestre Scipio promet que en la

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viñya de dit mossen Portugues, hont ell designara, li fara una ninxa eovolta de stuco obrada de part de fora, y fara dos personatges granscom lo dit Scipio y ben formats tot de stuco, lo hu dels quals sera unanynfa y l.altre un satiro, çoes mig cabra y mig home; y entre mig delsdos personajes fara un cap de animal a contento y com sera la voluntaty factura de dit mossen Portugues; y fara que dits personages brol(l)enaygua per les parts que dit mossen Portugues volra; y sota ditspersonages fara una pica com sera necessaria per la factio de ditspersonatges. Les quals coses ha de dar bones y acabades a contento dedit mossen Portugues dins dos mesos del die present comptadors eimmediate seguents. Item lo dit mossen Portugues acceptant ditapromesa promet que dara al dit mestre Scipio tot lo guix, cagaferro,smalt, fil de ferro, arena, las v(er)gas de ferro, lo plom per los cano(n)sque seran mester per dita fena; y per la manifactura de aquella li daratambe vynt y sinch scuts a raho de sinquanta dos sous per scut, qualspromet pagar çoes: de present sis scuts y lo restant acabada la fena.Item son de pacte que totes les altres coses que seran mester,exceptades les demunt dites coses, que dit mestre Scipio les haia deposar a ses despeses. Totes les quals coses dits mossen Portugues ymestre Scipio vicissimdinariament prometen adimplir dins lo presentCastell de Caller, sens dilatyo alguna et ab restitutio de tots danys,messions y despeses, et sobre los quals et per attendre y adimplir lesdites coses, dits parts ne obligan lo hu a l.altra vicissimdinariamentlurs persones y bens, mobles y immobles, et ab totes les renuntiationsopportunes y de son propri for etc; ab submissio del for del magnifichveguer real de Caller y de altre qualsevol jutge etc; renuntian quant adaço a la ley si convindrasse etc; y a tot altre dret; ab scriptura de ters;jurament largament. Testimonis son mestre Augusti Regesta y BernatGavar scuder habitants de Caller y mossen Hieroni Serpi, que com hasubstitut de mi notari infrascrit ha rebut ditas fermas.

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4

(1582, maggio, 23). Cagliari.

Nanni Pisu di Sinnai riconosce di essere debitore di lire 10 versomestre Serapio de Aprile. Di ciò è testimone “Serapio Noffre scriptor”.L’atto è cancellato il 13 novembre 1582 e ne sono testimoni “mestrePerot Marras y Scipio Noffre”.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 269 v.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. I, p. 19.

5

(1582), luglio, 30. Cagliari.

Joan Siddi carrador di Villanova riconosce di essere debitore dilire 16 verso mestre Serapio de Aprile di Lapola. Promette di estinguereil debito lavorando un terreno in Pula a favore del de Aprile. Fra i testi,mestre Ursino Buoncore di Villanova.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 359 r.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. II, p. 19.

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6

(1582, luglio, 30). Cagliari.

Mestre Serapio de Aprile y Serapio Noffre scriptor compaiono come testiin un atto.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 366 v.

7

(1582, agosto, 3). Cagliari.

Salvador Xirello carrador de Vilanova promette di coltivare in Pula peril mestre Serapio de Aprile di Lapola in cambio di lire 10. Sono testi-moni “mossen Ant(oni) Quirigo y Serapio Noffre scriptor”.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 372 r. - v.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. III, p. 19.

8

(1582, ottobre, 27). Cagliari.

Nanni Usala di Ballao affida per sette anni il figlio quindicenne almestre Serapio de Aprile sculpidor affinchè gli insegni il mestiere. Loscultore si impegna, una volta terminato il periodo, a donare all’ap-prendista l’attrezzatura necessaria per intraprendere una propria attivi-tà.

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A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 519 v.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. IV, p. 20.

Dicto die, Calari. Nanni Usala de la vila de Ballau de Gerrei, per tempsde set a(n)is contadors de vuy avant, aferma y posa a carta a son fillnomenat *****, de edat de quinze a(n)is vel circa, ab mestre Serapio deAprile sculpidor per apendre lo offiti, ab promesa que fara quel serve-sca en sa casa axi en lo offiti com altraments be y degudament, no lifurtara ni consentira en furt, ni dies abans del temps no sen anira yanantsen fara que los restituesca com es costum. E lo dit mestre Sera-pio present accepta al dit ***** y li promet ensenia(r) lo offiti y lo ten-dra en sa casa malalt, vestit, calsat, governat y alimentat de menjar ybeure; y a la fi del temps li donara tota la ferramenta necessaria per ditoffiti y mes lo vestira de mescla de Barcelona. Y aço sens dilatio; abrestitutio de totes despeses etc. E per ço attendre y complir ne obliganad invicem et vicissim personas y tots sos bens, mobles e immobles,haguts y per haver etc.; renuntiants a llur propri for y tot dret etc.; abscriptura de ters etc.; jurant etc.; fiat large etc. Testes predicti (a).

(a) I testimoni, indicati negli atti precedenti, sono Scipio Noffre y Joan Pau Catala scriptors.

9

(1582, dicembre, 17). Cagliari.

Mestre Serapio de Aprile imaginari residint en lo appendici de la Llapolariconosce di essere debitore verso mestre Baptista Garibaldo di lire 12prestategli per le necessità della coltivazione in Pula. Promette diestinguere il debito fornendo il corrispettivo in frumento al prezzod’“afforo”. Sono testimoni “mestre Ant(oni) P(ere) Coni y Sipio Noffre”.

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A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 583 r. - v.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. V, p. 20.

Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 379, in cui è però assentel’indicazione del volume.

10

1584, aprile, 5. Cagliari.

Nell’inventario dell’eredità di Beatrice Pintor si menziona, fra leaffrontazioni di una casa situata in Lapola, nel “carrer dit de ritrasto”,quella con la casa del “mestre Serapio de Aprile”.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol. 2073.

11

1584, ottobre, 18. Cagliari.

È battezzata Lucia Francisca, figlia di mestre Sipio de Abril e diMonserrada Vidal y Abril; padrini sono mossen Salvador Faner e GraciaFrancisca Guaspa.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 21 v.

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12

(1585, gennaio, 11). Cagliari.

Lo scultore Cipio de Aprile, abitante della Marina di Cagliari, si impe-gna a scolpire al mercante Jaume Roger, abitante nell’appendice diStampace, le immagini lignee di Sant’Alberto carmelitano, San Nicolada Tolentino e San Vincenzo Ferrer. Le figure, da realizzarsi entro duemesi, dovranno essere alte quattro palmi e mezzo e pronte a essere di-pinte. Il compenso pattuito è di 26 lire.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Valmagna, vol. 2189, ff.48 r. - 49 v.

Edizioni:– M. CORDA, Arti e mestieri, cit., doc. 12, pp. 102-103.

Cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163, con indicazione erra-ta del volume.

Dicto die, Calari. Mestre Cipio de Aprile sculptor habitant de la Marinade Caller, gratiosament per ferma valida y solemne stipulatio, conve yab bona fe promet al magnifich mossen Jaume Roger mercaderhabitant del appendici de Stampaix present que, donantli aquell vynt ysis lliures moneda callaressa, dins dos mesos del die present en avantcomptadors li sculpira en lenya, de altaria de quatre pams y mig enavant des dels peg fins al cap, tres ymages en lenya, y posara la lenyanecessaria per al sculpir y mollura de dites tres ymages, les quals handesser la ymage de sanct Arberto del orde de Nostra Señora del Carme,y de sanct Nicholao de Tolenti del orde de sanct Agosti y de sanctVicens Ferrer del orde de sanct Domingo, tot dret á dorar y axibe lapeana y sca(m)belo a cascuna de dites tres ymages necessaria a totavoluntat y contento de dit magnifich Jaume Roger, volent y consentintque sempre que ell dins dit termini no li sculpia dites tre ymages y fassalos scalons eo peanes de aquells, que lo dit magnifich Jaume Roger selas puga fer fer en lo present regne o portar y fer fer de fora de aquell, a

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gastos y despesses de dit mestre Cipio de Aprile y dels se(us), ycompeller y forsarle lo que li haura bestret lo que iunctament ab dit[a]bestreta y danys supportadors predits promet reffer y pagarli a savoluntat y requesta. E les dites coses promet fer y adimplir dins lapresent ciutat de Caller; sens dilatio ni excusatio alguna y ab salari depr(oc)u(ra)d(o)r dins Caller y sos appendicis de X sous, fora de XX sousmoneda callaresa, ultra los quals y sobre los quals promettent mes avantque en estas cosas no fermara de dret la pena es V sous monedacallaresa, de la qual la qual paga dara. E perço attendre ne obliga sa per-sona y tots sos bens mobles e immobles; ab totes les renuntiationsopportunes y de son propri for; ab submissio del for del noble señorveguer real de Caller y de altre qualsevol jutge; fent y fermantnescriptura de ters; ab jurament; e dit magnifich Jaume Roger acceptantgratiosament conve y abbona fe promet a dit mestre Cipio de Aprileque dites vynt y sis lliures li dara y pagara bestrent y servint y pagant atota sa voluntat y requesta, sens dilatio alguna y ab les matexes clausulesde salari de pr(oc)u(rad)or, pena de non fermar de dret; obligatio de sapersona y bens; renuntiatio de son propri for a submissio del for delnoble señor veguer real de Caller; e ab scriptura de ters y jurame(n)tallargadores fetes ut supra. Testimonis son mestre Gabriel de Massaporter del rational y Gregori Adcori scrivent habitants de la Marina deCaller. Item ab altre acte dit mestre Cipio de Aprile ferma apocha a ditmagnifich mossen Jaume Roger de tretse lliures moneda callaresa,hagudes en compte de dites vynt y sis lliures, anticipades de comptantsa sa voluntat en presentia dels notari y testimonis infrascripts e perçorenuntiant. Testimonis los predits.

13

1586, marzo, 12. Samassi.

Epigrafe accompagnatoria del mausoleo di don Emanuele di Castelvì,recante il nome dell’esecutore Scipione Aprile (Samassi, chiesa di SanGemiliano).

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Edizioni:– V. ANGIUS in G. CASALIS, voce Samassi, cit., p. 11, con numerose impre-

cisioni;– R. DELOGU, Primi studi, cit., p. 12; emendato da J. ARCE, España, cit., p.

529;– R. CORONEO, scheda 75 in R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica,

cit., p. 168.

DE DADIVAS DEL CIELO Y DE NATURA DON EMANUEL DECASTELVI ADORNADO ASPIRANDO A LOS BIENES DE LA ALTURA EN CUIA PARTE FUE DE DIOS LLAMADO HIZO ESTE MONESTERIOY SEPULTURA DO YACIESSE QUAL YACE SEPULTADO DEXANDONOS EN HECHO TAL MEMORIA PARA ROGAR Q(UE) GOZE DE LAGLORIA SIPIO APRILE OPUS FECIT A 12 DE MARCO ANNO 1586.

14

1587, marzo, 23. Cagliari.

Serapio de Aprile, intagliatore residente in Lapola, promette al mossenCristoforo Mallò di realizzare, nella cappella della Maddalena del con-vento di Gesù extra muros, una nicchia in cui scolpirà in stucco LaMaddalena, il Cristo, al di sopra un Dio padre, più in basso una Di-scesa dalla Croce con le Marie e altri personaggi. Il compenso è fissatoin 240 lire.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol. 2066, ff. 172 r. - 173 r.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. VI, p. 21.

Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 380, in cui è assente l’indica-zione del numero del volume.

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Dicto die, Calari. Mestre Serapio de Aprile entallador residint en lallapola promet y se obbliga fer al magnifich mossen Cristofol Mallo lafaena seguent en la capella de la Magdalena que te en lo convent deHiesus extra muros: primo fara la nicha, en la qual fara la ymage de laMadalena de relleu de stucco, ab un cap de mort y un cr(ist)o dret orecolsat a contento de dit mossen Cristofol; mes fara los costats, tantalts com la capella; mes fara lo altar, tant alt com la capella, tot de stuc-co; y dalt de tot fara un d[e]u lo pare; mes baix un devallament de lacreu ab les maries y los altres personajes; tot de relleu tot de stucco abtota perfectio y les demes proportions fara conforme lo modello qualresta en poder del notari infrascrit. En la qual faena y obra posara maencontinent y no ne llevara ma fins tant tota la dita faena sia acabada abtota perfectio a contento de dit mossen Mallo. Y no fent dita faena yobra es content y li dona facultat que puga acordar y fer venir qualsevolmestre per fer acabar dita faena, etiam que pague qualsevol altre preumajor. E lo dit magnifich mossen Cristofol Mallo accepta tot lo sobredity se obliga pagar a dit mestre Serapio per la faena infr(ascript)a, qualsera tot a despeses de dit mestre Serapio, doscentes quaranta lliurespagadores dest modo: la tersa part a requesta, l.altra tersa part a mijafaena, l.altra tersa part acabada la faena a son contento y ab perfectio.Les quals coses prometen y se obligan adimplir ad invicem et vicisim,

sens dilatio, ab reffectio de totes despeses; ab obligatio ad invicem; etvicisim de personas y bens ab les renuntiations necessaries; ters yjurament large, etc. Testimonis son los magnifichs Hieronim Pintor yHieronim Brundo mercaders de la present ciutat.

15

1587, giugno, 18. Cagliari.

È battezzata Maria Madalena Lusia, figlia di mestre Sypio de Aprill e diMonserada Abrill; padrini sono miser Batista Aprille e una señoraMicquela.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 45 v.

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16

1588, gennaio, 7. Cagliari.

Mestre Sypirio Abril è padrino di battesimo del figlio di mestreFransesch Gentil.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 52 v.

17

1588, luglio, 25. Cagliari.

Si registra il decesso di un figlio di mestre Sipion Aprille.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 167 v.

18

1589, settembre, 4. Cagliari.

Mestre Scippio Aprile scultor promette al canonico Aymerich di realiz-zare nella sua vigna una fontana ottagona in pietra con tre pilastri edue bacini.

A.S.C., Atti notarili sciolti, G. Tamarit, vol. 1165.

Il documento è una frettolosa minuta di un atto notarile, ricca di anno-tazioni a margine perlopiù prive di rimandi al testo. La sintassi è perciòestremamente sommaria. Si trova inoltre in pessime condizioni.

Die 4° septembris 1589 Caller. Mestre Scippio Aprile (a) promet alseñor canonge Aymerich fer en la sua vinya, en lo lloch que hi te

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designat, un barquil octavat de pedra picada (b) llavorat conforme lodesegne, de altaria de 3 pams y mig xichs; y mes ava(n)t tres pilarsaddos bassinas tot de mabre (c) conforme disegne, y darà la dita obraacabada ad perfectio p(er) 14 de febrer; l.aygua major sobre lobeolbador 3 pams xichs (d). Lo modo de la paga: ara de present 10lliures; fet lo primer pilar de sota la bassina gran, obrats a son deuer,10 lliures; y [mes] 10 starells de forment a 3 (sous?), posat en casa deldit Scipio, posada tota la obra en la vinya y lo residuo acabada lafahena a son deuer y perfectio. Testimonis mestre Antiogo Adzoricalaritanus y mossen Antiogo Toxeri clerque de Sinnah(y).

(a) A margine compare l’attributo di mestiere scultor.(b) A margine compare, senza alcun segno di rimando al testo: vinent de las pedreras del mestre.(c) A margine compare una annotazione iio non agevolmente collocabile nel testo né facilmente

interpretabile, se non come l’annotazione di una cifra relativa ad una somma corrispondente a unarata di pagamento, in questo caso 110.

(d) A margine compare: 4 pams de amplaria de creu a m... creu.

19

(1591, novembre, 12). Cagliari.

Lo scultore Sipio de Aprile, abitante nell’appendice di Lapola, promet-te al maestro d’ascia Andrea Gandulfo, anch’egli abitante in Lapola,che entro il mese di dicembre eseguirà una scultura lignea di San Die-go alta 5 palmi grandi compresa la base. La figura dovrà essere inchi-nata verso il Cristo e reggere un Cristo nella mano sinistra; quella de-stra dovrà essere fatta in modo da tenere un salterio. Il prezzo dell’im-magine pronta a essere dipinta è di sedici lire cagliaresi.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol. 2069, ff. 737 v. - 738 r.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. VIII, p. 23.

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Dicto die, Calari. Lo honorable mestre Sipio de Aprile esculpidorhabitant en lo appendici de la Llapola promet y se obliga a mestreAndria Gandulfo mestre de axa habitant en dit appendici que per totlo mes de dezembre primo vinent li fara una image de la invocatio delbenaventurat sanct Diego, de altaria de sinch pams grans compres lopeu, tot de bulto de llenya. Y dita ymage ha de tenir un Cristo en lama esquerra; y la ma dreta a de tenir del modo que puga portar unsaltiri; y ha de estar la dita ymage inclinada en ves lo Cristo. Tot lo queha de fer ab perfectio y contento de dit Gandulfo, tot dret a pintar. Lopreu es setze lliures moneda callaresa de les quals dit Aprile confessahauerne hagudes y rebudes del dit Gandulfo vuyt lliures per principide paga de dita faena, la qual promet fer dins lo dit temps ab totaperfectio segons es dit. Y no fentla promet restituir les dites vuytlliures que de dit Gandulfo ha rebut lo die present incontinenti; passatsia lo dit temps sens neguna dilatio, ab refectio de totes despeses, absalari de procurador de deu y vint so(us) essent present lo Gandulfopromet y se obliga que les restants vuit lliures dara y pagara al dit deAprile en dines contants, sempre y quant li done la dita faena delmodo se conte per lo que la una part a l.altra ad invicem et vicissim neobligan sas personas y tots sos bens mobles e immobles, haguts y perhaver; renuntian llur propri for; tota ferma de dret y la llei; absumissio del noble señor veguer real de Caller; ab ters; iurament; fiatlarge. Testimonis mossen Domingo Dedoni y Melchior Dessi deCaller habitants.

20

1598, (novembre, 4). Cagliari.

In un atto compare come testimone Sipio Aprile habitant en la marinade Caller.

A.S.C., Atti notarili sciolti, M. Noffre, vol. 830.

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(1601), (agosto), 17. Cagliari.

Lo scultore Scipio Aprile, abitante nell’appendice di Lapola, si impe-gna con Vincenzo de Patxi, abitante in Cagliari, a realizzare una im-magine lignea, non dipinta, di Nostra Signora d’Itria con il Bambinofra le braccia, simile a quella posseduta dall’Aprile. La scultura dovràessere alta sei palmi piccoli, come una statua di San Sebastiano che sitrova in casa dell’Aprile. Il compenso è stabilito in 70 lire cagliaresi.

A.S.C., Atti notarili sciolti, D. Bonfant, vol. 63, ff. 242 v. - 243 v.

Edizioni:– M. CORDA, Arti e mestieri, cit., doc.32, p. 119.

Cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163, senza gli estremi del-l’archivio, del notaio e del volume.

Die decimo septimo predictorum, Calari. Scipio Aprile scultorhabitant en lo appendici de la Llapola de Caller, de son grat y certascientia, promet y se obliga a Vincentio de Patxi habitant de Callerque per tot lo mes de febrer del any primo vinent de mil y sis cents ydos li fara una ymage de llegna de Nostre Señora de Itria ab sa caxa alspeus, ab los dos vells en la caxa, la qual caxa dit de Patxi la fara ferassas despessas; e la dita ymagen sera ab son fill en brassos del modelloque dit Aprile te en sa casa y a mostrat a dit de Patxi, de altaria de unymagen de sant Sebastia que dit Aprile te en sa casa, qual es de altariade sis pams xichs; qual fara dit Aprile sens pintura ninguna e ditVincentio de Patxi acceptant dites coses conve y ab bona fe prometque per la dita fena li dara settanta lliures moneda callaresa pagadoresdesta manera, es a saber que trenta lliures dit Aprile hagut y rebut dedit de Patxi en presentia dels notari y testimonis infrascrits y la meitatdel restant encontinent acabada la meitat de dita fena; y l.altra meitaten ser acabada dita fena segons dalt se ha dit. Totes les quals coses

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prometten adimplir es a saber dins lo present Castell de Caller; sensdilatio alguna e ab salari de procurador dins Caller y sos appendicis deX sous e fora de XX sous ultra los quals prometten restituir tots losdan(n)ys, missions y des- pesses sobre aço supportadors; sobre losquals; volen y concenten que la part fahent aquella sia creguda; e perattendre y adimplir totes dites coses ne obligan llurs persones y bensmobles e immobles; ab totes les renunciacions opportunes; y de sonpropri for ab submissio del for del veguer real de Caller y de altrequalsevol jutge; renunciant quant ad aço a la ley si convindra; e a totaltre dret; ab scriptura de ters jurament llargament. Testimonis sonJacomo Antonio de Cutis y Antoni Spano scrivent habitants de Caller.

22

1602. Cagliari.

Si annota la cresima di Allena, figlia di Sipio Abril e di Monserada. Ilpadrino è Agustu Ricardu.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 3, f. 100 v.

23

1602, gennaio, 22. Cagliari.

È battezzato Joan Batista, figlio di Sipio Abbrile e di MonserradaAbrille; padrini sono Desiderio de Ferari e Catalina Ricarda.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 3, f. 60 r.

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(1602, agosto, 31). Cagliari.

Il Regio Consiglio Patrimoniale delibera il pagamento allo scultoreScipio Aprile degli stemmi in marmo del Vicerè e di Sua Maestà.

A.S.C., Antico Archivio Regio, vol. P 6, f. 12 v. (f. 3 v. della numerazione originale) (a).

Edizioni:– D. SCANO, Forma Karalis, cit., doc. 15, p. 181;– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. IX, p. 24.

Dicto die. Haventse tractat sobre lo que se podia pagar a Scipio Aprilesculptor per los servicis ha fet ala Regia Cort, axi en esculpir les armesde sa Señoria Illustrissima ab son letrero sobra la pedra de mabre queha posat y dat lo dit Aprile, com per adobar y reedificar, o, a clarir lesarmes reals posades eran per abans en altra pedra mabre en la porta delMoll, fonch conclos que a dit Sipio Aprile se li donen, per la valor dela pedra mabre ha posat y per sos traballs fets y sostenguts en ditapedra fent en ella les sus dites armes y letrero, y per reformar les armesreals estavan en altra pedra, cent lliures moneda del present Regne, perles quals se despache m(anda)to en la forma deguda y acostumada;qual conclusio y determinatio fonch presa y determinada en dit realpatrimonial consell en lo qual foren presents ab sa señoria illustrissimalos infrascrits nobles y magnifichs don Nofre Fabra p(ro)cur(ador)real, Francesch de Ravaneda mestre rational, don Joan Naharro y deRueças regent la real g(e)n(er)al Thesor[e]ria, y lo doctor JaumeCastañer advocat fiscal y patrimonial. (b) Don Onovre Fabra yDeyxer. Don Francisco de Ravaneda. Don Juan Nah(arr)o de Ruecas.Lo doctor Jaime Castañer. Illustrissimus dominus l(ocumtenens)g(eneralis) concludit cum omnibus. Joannes Franciscus Taray notariuspro herede Serra scriba.

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(a) La rubricazione del secolo XVIII o XIX a f. 1 r. dice: Per la paga di uno scultore che aveva fatto learmi del Vicerè, e rinovate quelle del Re, che erano sopra la porta del Molo. 3 a tergo. Tale notaè ripetuta a margine del f. 12 v. con le modifiche un scultore anzichè uno scultore; avea fattoanzichè aveva fatto.

(b) Seguono le firme.

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1603, ottobre, 6. Cagliari.

Michelangelo Mainas promette a Scipione Aprile di dorare un taber-nacolo, in cambio di una statua di San Sebastiano e di 40 lire, quandoqueste verranno pagate dalla villa di Muravera.

A.S.C., Atti notarili legati, G. B. De Murtas, vol. 1454, ff. 96 r. - v.; per un errore dilegatura, il documento prosegue ai ff. 124 r. - v.

Edizioni:– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. X, p. 25.

Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 380, senza l’indicazione delnumero del volume.

Die sexto mensis octobris anno a nativitate Domini MDCIII, Calari.Miquel Angel Maynas pintor habitant en lo appendici de Vilanova, deson grat y certa scientia, per ferma valida y solena stipulatio, convè yab bona fe promet a Sipio Aprille scultor (a) present que a totarequesta de dit Aprille li daurara de or e inguixara y fara tot lo que faramester en unas andas eo tabernacle de la faictio y mollura que esendaurat (b) lo tabernacle de nostra Señora del Carme, ab quatreangels y quatre poms, tot a gastos y despeses de dit Maynas, promet-tent que aquell endaurara be, segons y de la sobreditta manera li staendaurat dit tabernacle de nostra Señora del Carme (c) revist emperode mestres si es ben endaurat no. E fent al contrari y no endaurantaquell, de la sobreditta manera li dona facultat lo puga fer tornarendaurar a sos gastos y despeses y a qualsevol preu lo porra haver. E lo

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dit Sipio Aprile promet a dit Maynas darli per endaurar dit tabernaclea ses despeses, com dalt se ha dit, quoranta lliures moneda callaresa yuna imagen de bulto de llenya sots invocatio de sanct Sebastià, la qualimagen dit Maynas confessa haver rebuda a totes ses lliberes voluntatsy dittes quoranta lliures les hi dara y pagara dit Aprile a dit Maynasencontinent (d) vingudes y trameses lis hatjan de [la vila de] Muraverade Sarrabus. Totes les quals coses lo que a quiscuna de (e) dittes partsses guardan adimplir per les dittes parts attendran adimpliran yobservaran dins la present ciutat de Caller; sens dilacio alguna. E absalari de procurador dins Caller y sos appendicis de deu sous e fora devint sous ultra los quals e per les predittes coses attendre ne obbliganinvicem et vicissim llurs persones y tots llurs bens y de quiscu dellsrespective mobles e immobles, ab totes les renuntiations opportunes yde llur propri for sotsmetentse al for del veguer real de Caller o dealtre qualsevol jutge e ne ferman carta de ters; ab iurament llargament.Testimonis son Sebastia Spada y Marti Spada habitants de Caller (f).

(a) A margine si annota: habitant en lo appendici de la Llapola.(b) Endaurat è inserto interlineare.(c) A margine si specifica: que sia conforme a q(ue)l propri.(d) A dit Maynas encontinent è nota a margine.(e) Il documento prosegue a f. 124 r.(f) A f. 124 v. si annota: acte de Miquel Angel Maynas 1603.

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(1603), (ottobre), 6. Cagliari.

Michelangelo Mainas promette a Scipione Aprile di dorare un taber-nacolo, in cambio di una statua di San Sebastiano e di 40 lire, quandoqueste verranno pagate dalla villa di Muravera (1).

A.S.C., Atti notarili sciolti, G.B. De Murtas, vol. 245.

Die sexto predictorum, Calari. Notat. Miquelangel Maynas pintorhabitant en Vilanova, de son grat y certa scientia, per ferma valida y

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solena stipulatio, convè y ab bona fe promet a mestre Sipio Aprilescultor habitant en lo appendici de la Llapola (a) present que a totarequesta de dit Aprile li daurara de or e inguixara y fara tot lo que faramester en unas andas eo tabernacle de la faictio y mollura que es lotabernacle de nostra Señora del Carme ab quatre angels y quatre pons(b) tot a sos gastos y despeses. E fent al contrari y no daurantlo be lidona facultat lo puga fer fer tornar a endaurar. Emper dit mestres si esben daurat o no que sia com lo propri de nostra Señora del Carme. Edit Aprile li dara per daurar aquell y tot lo demes necessari 40 lliuresmoneda callaresa y una imagen de llenya de sanct Sebestia qual terebut y dites quoranta lliures les hi dara vingudes y trameses lis hatjande Sar- rabus y de Muravera ter comensant endaurar venunts lamoneda y no altrament. Testimonis son Sebastia Spada y Marti Spada.

(1) Si tratta della minuta dell’atto steso nel documento precedente. Non è possibile sapere a qualedei due si riferisse R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 380.

(a) La nota scultor habitant en lo appendici de la Llapola è aggiunta interlineare.(b) La nota ab quatre angels y quatre pons è aggiunta interlineare.

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1603. Cagliari.

Epigrafe commemorante la realizzazione della fontana nella plazueladel Castello di Cagliari; reca il nome di Scipione Aprile (Cagliari,piazza Carlo Alberto).

Edizioni:– G. SPANO, Guida, cit., p. 80, con errori.– J. ARCE, España, cit., pp. 312-313, con emendamenti ma ancora con

imprecisioni.Cfr. M.G. SCANO, Pittura e scultura, cit., fig. 35, p. 59.

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D. O. M. CALARIS INSIGNIS REGNI CAPUT INCLYTA NOSTRI SARDINIAE PRIMAS, SUB MAIESTATE PHILIPPI CATHOLICI REGISTERTII, SUMMIQUE MONARCHAE, PERVIGILI COMITE ELDAE SEDPROREGE COLOMA MUNIFICUM FONTIS OPUS URBS HOC EDIDIT:ALMI IN MEDIO CASTRI, CELSAQUE IN PARTE LOCAVIT, PATRESCONSCRIPTI GASPAR FORTESA, IOANNES OTGERIUS PETRUS,STEPHANUS QUENZA, ANTIOCHUSQUE MALTES MATTHAEUSXINTUS FIERI ID SATAGEBANT. SCIPIO APPRILIS HOC ... MDCIII.

28

(1604), aprile, 7. Cagliari.

Scipio Aprile scultor e Prospero Vallasllara di Lapola figurano in un attocome testimoni.

A.S.C., Atti notarili legati, M. Conco, vol. 453, f. 148 r.

29

1604, agosto, 12. Cagliari.

Si annota il decesso di Sipio Aprile di Lapola. Morì dopo aver rice-vuto i sacramenti e senza lasciare testamento. Fu seppellito nella chie-sa parrocchiale.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 5, f. 173 r.

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Fig. 1 - Samassi, chiesa di San Gemiliano: Scipione Aprile, monumento sepolcraledi Emanuele Castelvì, pietra, marmo, 1586 (foto Archivio Ilisso).

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Fig. 3 - Archivio di Stato di Genova: Galeazzo Alessi (attr.), disegno per il monumentofunebre di Giovanni Paolo Pinelli, 1557 (la riproduzione del documento è stata autoriz-zata, con lett. Prot. 3051.V/9.99, n. 35, dall’Archivio di Stato di Genova).

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Fig. 6 - Cagliari, Duomo: Scipione Aprile (attr.), Vergine addolorata, terracottapolicroma, ante 1580 (foto Archivio Soprintendenza ai B.A.A.A.S. Cagliari eOristano).

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Fig. 7 - Guspini, chiesa parrocchiale di San Nicola di Mira: busto-ritratto di Filippo IIdi Spagna, marmo, seconda metà del sec. XVI (foto Archivio Ilisso).

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Fig. 9 - Palermo, Museo Diocesano: frammento con Due Apostoli, marmo, prima metàdel sec. XVI (foto Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali della Sicilia).

Fig. 8 - Villaurbana, chiesa par-rocchiale: fonte battesimale, mar-mo, 1575.