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Estratto dai RENDICONTI della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, volume LXXXII 2009-2010 (fuori commercio) Tipografia Vaticana Ficulea: un nuovo frammento epigrafico. Problemi storici e topografici DI S. PANCIERA - F. DI GENNARO
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266 - Ficulea: un nuovo frammento epigrafico. Problemi storici e topografici

Feb 27, 2023

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Estratto dai RENDICONTIdella Pontificia Accademia Romana di Archeologia, volume LXXXII 2009-2010

(fuori commercio)

Tipografia Vaticana

Ficulea: un nuovo frammento epigrafico.Problemi storici e topografici

DI

S. PANCIERA - F. DI GENNARO

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FICULEA: UN NUOVO FRAMMENTO EPIGRAFICO.PROBLEMI STORICI E TOPOGRAFICI*

DI

SILVIO PANCIERA

SOCIO EFFETTIVO

E

FRANCESCO DI GENNARO

Entrambi i contributi, in cui la comunicazione si articola, traggonospunto dal ritrovamento, nel 1998, di un nuovo frammento epigrafico inlocalità nota con il nome di Casa Nova (o anche Casa Nova dei Gesuiti),vicino al confine con la tenuta Capobianco), al km 14 della via Nomentana,ma ancora entro i confini del Comune di Roma. Silvio Panciera, autore delprimo, ringrazia il Dott. Francesco di Gennaro per avergliene voluto affi-dare lo studio, che porterà anche alla trattazione di alcuni problemi storicirelativi agli ultimi anni dell’età neroniana. Per parte sua, Francesco di Gen-naro riconsidererà invece, nella seconda parte, anche alla luce del nuovodocumento, alcune vecchie e tormentate questioni topografiche concer-nenti l’abitato antico di Ficulea, dal quale il pezzo certamente proviene.Tutti e due gli autori volentieri riconoscono al Dott. Andrea Li Marzi ilmerito di aver trovato il frammento, di cui tratteranno, nel corso di perlu-strazioni di superficie condotte nell’area per la sua tesi di laurea, discussaalla Sapienza, presso la cattedra di Andrea Carandini, e di averne reso pos-sibile il recupero da parte della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeo-logici di Roma.

Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXXII 2009-2010, pp. 145-163

* Letta nell’Adunanza pubblica del 25 febbraio 2010.

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I

Per Ivan, ricambiando diciassette anni dopo

1. Il frammento (fig. 1), ora nel Museo Nazionale Romano delle Termedi Diocleziano (inv. 530482), appartiene ad una lastra in marmo bianco dallasuperficie corrosa e mancante da ogni lato, tranne inferiormente, dove restaun tratto della cornice: (21.5) × (27.3) × 3.7 (in alto) – 3.5 (in basso); altezzadella cornice: 5.6. Vi si conserva parte di quattro righe epigrafiche (lett.: 2,r. 1; 1.7, rr. 2-4; interlinea: I , 1.5; II-III,1.2; distanza della r. 4 dalla cornice:1.7; retro liscio) di cui si può dare la seguente trascrizione preliminare:

- - - - - -[- - - cons]u· l·i·bus in mont[e - - - ][- - - co]ndentibus [- - - ][- - - Fr]u· gi L. Calpurnio Pi·[sone - - - ][- - - ] C. Luccio Telesi[no - - - ].

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1 Sulle feriae Latinae e sulla relativa documentazione epigrafica: CHR. WERNER, De feriisLatinis (Diss. Lips.), Coloniae 1888; E. DE RUGGIERO, in Diz. Epigr., III, 1922, pp. 55-56;A. DEGRASSI, Fasti feriarum Latinarum, in I.It., XIII, 1 (1947), pp. 143-158. Sui praefecti feriarumLatinarum che venivano creati proprio per ovviare all’assenza da Roma dei consoli e degli

Fig. 1. Comune di Roma, località Casa Nova: frammento epigrafico inedito(foto SAR)

La I in margine di frattura alla fine di r. 3 è longa. Il formulario delleprime due righe rende subito chiaro che nell’iscrizione dovevano esseremenzionate quelle cerimonie religiose, denominate feriae Latinae, che si tene-vano annualmente, con la partecipazione dei consoli, in monte Albano.1 Que-

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sto e la provenienza del frammento dal territorio di Ficulea richiamano d’al-tronde alla mente una ben nota serie d’iscrizioni dello stesso centro in cui siricorda per l’appunto il ripetuto servizio che un benemerito, e verosimil-mente anche facoltoso, liberto locale, di nome M. Consius Cerinthus, avevareso, in tali cerimonie e in altre occasioni, in qualità di accensus velatus.

2. Tale serie è costituita da tre esemplari (A-C) di un medesimo testo, nes-suno dei quali purtroppo completo,2 la cui miglior illustrazione è stata data

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Fig. 2. Gaetano Marini: copia dei frammenti CIL XIV, 4014b-d al f. 206’ del ms. Vat. 9123

altri magistrati per la partecipazione alle feriae: S. PANCIERA, Epigrafi, epigrafia, epigrafisti. Scrittivari editi e inediti (1956-2005) con note complementari e indici, Roma 2006, pp. 1039-1044.

2 Esemplare A: parzialmente edito da A. FERRUA, Iscrizioni pagane nelle catacombe diRoma. Via Nomentana, in Epigraphica, 24, 1962, pp. 115-118 (AE 1964, 115), è stato rie-dito integralmente da I. DI STEFANO MANZELLA, Accensi velati apparentes ad sacra: propostaper la soluzione di un problema dibattuto, in Zeitschr. Papyr. Epigr. 101, 1994, pp. 269-272,calco a fig. 1 (AE 1994, 360); trovato in reimpiego nella Basilica di S. Alessandro, dovesi conserva. – Esemplare B: CIL XIV, 4014a cfr. Eph. Epigr., IX, p. 488; FERRUA, cit., pp. 115-118; riedizione di DI STEFANO, cit., p. 272 sg., calco a fig. 2 (AE 1994, 361); trovato inreimpiego nella Basilica di S. Alessandro, dove si conserva; M.G. GRANINO CECERE, Sup-plementa Italica - Imagines, Latium Vetus, 1, Roma 2005, p. 814, nr. 1061, con altra biblio-grafia. – Esemplare C: CIL XIV, 4014b, vd. anche XI, 4664a e p. 1373; FERRUA, cit., pp. 115-118 (AE 1964, 115); riedita da DI STEFANO, cit., p. 273 s., fig. 3, vd. anche p. 276 nt. 14(AE 1994, 362); trovato in fundo Capobianco ad viam Nomentanam VIII mil. pass. a Roma(Marini), irreperibile, come anche i frammenti, sempre in reimpiego da S. AlessandroCIL XIV, 4014c-d = XI, 4664b-c, della cui appartenenza all’esemplare C credo si sia ingiu-stamente dubitato. Grazie alla cortesia di Marco Buonocore che me ne ha procuratocopia (fig. 2), ho potuto verificare che le trascrizioni mariniane nel ms. Vat. 9123,f. 206’, in parte sono incerte verosimilmente per obiettiva difficoltà di lettura, in parte

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una quindicina d’anni fa da Ivan Di Stefano Manzella insieme con il chiari-mento definitivo della posizione e funzione degli accensi velati come quella diassistenti dei magistrati nelle cerimonie religiose ufficiali.3 Dal confronto edalla restituzione dei tre esemplari risulta che un edificio, forse ornato di sta-tue, e un portico erano stati costruiti ad uso dei maggiorenti della città e dellepiù diverse categorie dei suoi cittadini in memoria di Marcus Consius Cerinthusche, in quanto accensus velatus aveva assistito non solo l’imperatore Claudio(sia nelle feriae Latinae, sia nella censura), e l’imperatore Nerone (nelle feriaeLatinae), ma anche, come pare, tutti gli altri consoli che si trovarono ad inau-gurare le feriae Latinae dal 27 in poi, probabilmente fino alla sua morte, da col-locare verosimilmente poco prima che le opere eseguite in sua memoria fos-sero finite e inaugurate, alla fine del regno di Nerone, come vedremo.

Dei tre esemplari interessa qui soprattutto quello indicato come A (fig.3), conservato nella sua parte inferiore sinistra, con resti di 13 righe, che ilDi Stefano, ampliando e migliorando in alcuni punti la precedente edizionedel Ferrua, integra così:4

sono state alterate nella resa tipografica del CIL, in parte sono forse erronee. Così in4014b, r. 2, ad esempio, nel ms. non c’è propriamente PII come in CIL, ma, essendo laterza lettera piuttosto parte inferiore di una C, credo che la prima fosse la parte supe-riore di una D e la seguente una E con i tratti orizzontali evanidi, dunque dec[urionum],come, sulla base degli altri esemplari, ci si aspetta a questo punto del testo; ivi stesso,alla r. 4, quantunque sia stato chiaramente trascritto PVERORVM ET, sospetto che fossepuerorum in[genuorum]. È certo poi che le due righe del frammento 4014c appartengonorispettivamente alle espressioni [in consulatu in monte] Alban[o ferias Latinas condenti adsacra] e [item apparentis cons]ulibus i[n monte Albano]. Più problematico il frammento4014d, nella cui terza riga posso solo immaginare (anche se la forzatura è notevole) chefosse in realtà [app]áren[tis]. Mi sembra comunque improbabile (se non forse pererrore) che questo esemplare presentasse delle varianti testuali rispetto agli altri due.Si riferiscono allo stesso M. Consius Cerinthus anche: CIL XIV, 4013a-d, cfr. FERRUA, cit.,pp. 113-118, con altri frammenti (AE 1964, 115); DI STEFANO, cit., p. 274 sg. con fig. 4(AE 1994, 363); GRANINO CECERE, cit., p. 814 nr. 1060; trovata in reimpiego nel pavi-mento della Basilica di S. Alessandro, dove si conservano i frammenti a, d, e inoltre CILXIV, 4012; cfr GRANINO CECERE, cit., p. 804 nr. 1045, con ampia bibliografia; rinvenutanel fondo della Cesarina Vecchia, ora nei Mus. Vat., Lap. Prof. ex Later. Testimonianzesull’invio di informazioni al Dessau da parte del De Rossi, tramite il Gatti, sulle iscrizionificuleensi a S. Alessandro nel 1886 anche in due lettere recentemente pubblicate da M.BUONOCORE, Le lettere di Hermann Dessau conservate nella Biblioteca Apostolica Vaticana, inHermann Dessau (1856-1931) zum 150. Geburtstag der Berliner Althistorikers und Epi-graphikers, Berlin-New York 2009, pp. 134 sg. e 156.

3 Vd. nt. prec. e inoltre I. DI STEFANO MANZELLA, Accensi. Profilo di una ricerca in corso, inCah. Glotz 11, 2000, p. 226 s.; ivi anche (pp. 223-257) sugli accensi magistratuum in generale.Una nuova probabile testimonianza di accensus velatus è ora resa nota da U. FUSCO, in Rend.Pont. Acc. 81, 2008-2009, pp. 475-483, figg. 14-15.

4 Lastra in marmo bianco misurante (56) × (67,5) × 4; vd. sopra nt. 2.

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[M(arcus) Consius M. - - - ][scholam? statuis adornatam][marmoreis n(umero) - - - et porti]c·[um longam pedes - - - - impensa][sua feci]t· decu[rionum et sevirum Augustalium]

5 [et incola]rum et liber· [tinorum et iuvenum et][pueror(um)] ingenuórum [cura et in memoriam]M(arci) Consi Cerinthi p· [atr - - - , accensi velati]Divo Claudio in consulátu [in monte Albano ferias] aa. 42, 43, 47, 51 ?

Latinás condenti ad sacra ⁄ eid[em censum in Campo]10 agenti et lústrum condenti ad [sacra; item apparentis] aa. 47-48

[[[Imp(eratori) Neroni Claudio Caesari Aug(usto) Germanico]]]in consulatu in monte Albano [ferias Latinas condenti ad] aa. 55, 57, 58, 60, 68 ?

sacra ⁄ item apparenti<s> cons[ulibus in monte Albano ferias]Latinas co[ndentibus ad sacra];

15 apparenti<s> ex M(arco) Licinio Crasso Fru[gi L(ucio) Calpurnio Pisone]. a. 27

Dedicat(um)[[[Imp(eratore) Nerone - - - ]]] [co(n)s(ulibus)]. aa. 55, 57, 58, 60, 68 ?

Ho sottolineato le parti che, pur cadendo in lacuna, possono conside-rarsi di restituzione certa perché conservate almeno in un altro degli esem-

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Fig. 3. Via Nomentana, km. 13, basilica di S. Alessandro: frammento epigrafico AE 1994, 360

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plari pervenuti (per consulibus in r. 13 vd. sopra in nt. 2) e ho aggiunto alato gli anni cui le date (espresse nel testo secondo questa restituzione)fanno riferimento certo o possibile. Noto che, quando nell’iscrizione si usal’espressione in consulatu, tanto per Claudio quanto per Nerone, si è persolito inteso che Cerinthus abbia assistito questi imperatori in uno dei loroconsolati, mentre non mi pare da escludere che egli abbia in realtà prestatola sua opera anche in più di uno dei consolati imperiali, se non addiritturain tutti quelli rientranti nell’arco della sua attività, come pare sia accadutoper gli altri consoli a partire dal 27.5 Rimando per il dettaglio alla tratta-zione del Di Stefano sopra ricordata. La restituzione del nome di Neronenell’erasione alla r. 11 è sicura. Su quella concernente l’erasione alla r. 16dovremo tornare.

3. Questo esemplare A risulta di particolare importanza, non solo perchéè il più ampiamente conservato e quindi il più facilmente e sicuramente inte-grabile, ma anche perché, se gli si accosta il nuovo frammento in basso adestra (fig. 4), ci si accorge che le due linee di frattura, anche se non coinci-dono perfettamente, però corrispondono, e il testo delle ultime quattrorighe del frammento già noto da tempo trova esatta continuazione nelnuovo. Confermano che l’attacco è giusto, sia la V di Frugi, in penultima riga,che è incisa, parte nel frammento di sinistra e parte in quello di destra, sia laperfetta corrispondenza che si registra nei due frammenti per quantoriguarda l’altezza delle linee, gli spazi interlineari, la distanza dell’ultima rigadalla cornice, l’altezza e la tipologia della medesima, l’eguale trattazione delretro, nonché, infine, lo stesso esame paleografico. Dalla somma dei dueframmenti, il testo delle ultime quattro righe risulta ora come segue (lascioin sospeso, per il momento, alcuni punti, come il testo in erasione all’ultimariga e la restituzione della parte finale delle ultime due):

- - - - - -sacra ⁄ item apparenti<s> consu· l· i·b·u· s i·n· m· ont[e Albano ferias]

15 Latinas condentibus [ad sacra]apparenti<s> ex M(arco) Licinio Crasso Licinio Frugi L. Calpurnio P[isone - - -].Dedicat(um)[[[- - - ]]]C. Luccio Telesi[no - - -].

Come si vede, per quanto riguarda le prime tre righe, il nuovo fram-mento non porta sostanziali novità e non fa altro che confermare, per la

5 Se si voleva far riferimento ad un particolare consolato, sarebbe stato sufficiente, enaturale, far seguire al nome l’abbreviazione cos. accompagnata dal numerale pertinente;l’uso dell’espressione in consulatu, che tradurrei ‘quand’era console’, sembra invece volerestendere il riferimento al di là di una sola, specifica, circostanza.

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Fig. 4. Congiungimento fotografico dei frammenti epigrafici alle figg. 1 e 3

parte aggiunta, le giuste integrazioni alle quali si era pensato. Diversa la situa-zione nell’ultima riga che offre invece l’importantissimo dato certo, primasconosciuto, del nome di uno dei due consoli che erano in carica quando fufatta la dedica del monumento.

Questo ci porta a riaffrontare in nuova prospettiva il problema della datain r. 16. Finora, considerato che l’erasione alla r. 11 riguarda certamente ilnome di Nerone, è sembrato naturale pensare che anche la seconda, alla r.16, lo riguardasse e che quindi l’anno della dedicatio dovesse corrispondere auno dei cinque consolati di Nerone, che caddero rispettivamente nel 55, 57,58, 60 e 68, preferibilmente ad uno posteriore a quello (o a quelli?) in cuiCerinthus, ancora vivo e vegeto, assistette l’imperatore nelle cerimonie reli-giose delle feriae Latinae; si pensò ipoteticamente al 60, senza peraltro esclu-dere il 58 o il 57.6

Ora il nuovo frammento ci fornisce l’inattesa notizia che uno dei dueconsoli dell’anno era C. Luccius Telesinus, il che complica molto le cose per-ché questo personaggio ci è bensì già noto come console ordinario di etàneroniana, ma nel 66, non dunque in coppia con Nerone (che in quell’annonon fu console), bensì con C. Suetonius Paullinus.7 Eppure sembra difficile

6 La data è proposta con cautela da FERRUA, Iscrizioni cit. (nt. 2), p. 116.7 Per i consoli ordinari dell’anno 66: A. DEGRASSI, I fasti consolari dell’Impero romano,

Roma 1952, p. 18. Su C. Luccius Telesinus: PIR2, L 366; per C. Suetonius Paullinus: PIR2,S 958.

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che la rasura che precede il nome di Telesinus, quantunque diversa da quellain r.11, non sia stata ancora una volta in qualche modo determinata dalladamnatio di Nerone. Vi sono, mi pare, due sole possibilità.

4. Qualora ci si voglia tenere al 66 (prima possibilità), poiché nelle atte-stazioni della coppia consolare di quest’anno normalmente il nome di Telesi-nus compare per primo,8 si dovrebbe pensare che il nome dell’altro consoleseguisse (e sia caduto in lacuna) mentre prima ci sarebbe stato qualcos’altroche in seguito fu pur esso ritenuto meritevole di erasione.9 Considerandod’altronde che, tra il verbo di dedica e l’indicazione dell’anno con la coppiaconsolare, è abitualmente indicato il giorno e il mese in cui la dedica stessaveniva fatta, l’unica possibilità che mi viene in mente è che essa cadesse nellaseconda metà di marzo o nella prima metà di aprile (dunque con riferimentoalle calende, none o idi di quest’ultimo mese) e che, invece del nome tradi-zionale, si fosse usata per esso la denominazione di Neroneus che gli fu attri-buito, su proposta del consolare Ser. Cornelius Salvidienus Orfitus, dopo la sco-perta della congiura pisoniana del 65, quasi a segnare una nuova nascita del-l’imperatore nel mese in cui avrebbe dovuto morire.10 Lo spazio sarebbe suf-ficiente e la denominazione del mese potrebbe ben giustificare l’erasionedopo la damnatio del 68.

Tuttavia, a parte la rarità di riscontri epigrafici per la nuova denomina-zione, che compare ad oggi solo in due graffiti pompeiani (certo anche peril poco tempo intercorso tra la ridenominazione del mese e la morte del-

8 Il nome di Telesinus compare per secondo solo in TAC., Ann., XVI, 14, 1.9 Escludo che nello spazio eraso fosse il nome di Paullino, non solo perché non

sarebbe rispettato l’ordine dei nomi all’interno della coppia, ma anche e soprattutto,perché esso non risulta mai eraso e sarebbe comunque troppo lungo per lo spazio dispo-nibile.

10 Su L. Calpurnius Piso nonchè sulla congiura, che da lui ha preso il nome e cheavrebbe dovuto portare a morte Nerone il 19 aprile del 65: PIR2, C 284; W. ECK, Nero’s Frei-gelassener Epaphroditus und die Aufdeckung der pisonischen Verschwörung, in Historia 25, 1976,pp. 381-384; E. CHAMPLIN, The Life and Times of Calpurnius Piso, in Mus. Helv. 46, 1989,pp. 101-124; P. RUGGERI, I ludi Caeriales del 65 d.C. e la congiura contro Nerone, in Misc. Gr. Rom.18, 1994, pp. 167-176; A. TORTORIELLO, I fasti consolari degli anni di Claudio (Mem. Linc., cl.mor., ser. IX, 17, 3), Roma 2004, pp. 476-479. Fonti sulla ridenominazione del mese: TAC.,Ann., XV, 74, 1:Tum dona et grates deis decernuntur … utque … mensisque Aprilis Neronis cogno-mentum acciperet; XVI, 12, 2: et menses, qui Aprilem eundemque Neroneum sequebantur…; SUET.,Nero, 55: Erat illi aeternitatis perpetuaeque famae cupido, sed inconsulta. Ideoque multis rebus aclocis vetere appellatione detracta novam induxit ex suo nomine, mensem quoque Aprilem Neroneumappellavit. Su questa scelta, nel quadro di altri comportamenti simili: K. SCOTT, Greek andRoman Honorific Months, in Yale Class. Stud. 2, 1931, pp. 221-278, in part. 230-232; M. CLAUSS,Kaiser und Gott. Herscherkult im römischen Reich, Stuttgart-Leipzig 1999, pp. 237-245, in part.240, vd. anche pp. 101-102.

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l’imperatore che dovette por fine al suo uso)11 e a parte la stranezza che nonsi sarebbe cancellato soltanto l’incriminato nome del mese, ma anche l’in-nocente giorno della dedica, c’è un’altra difficoltà che mi sembra seriamenteopporsi a questa interpretazione. Come si vede dalla ricostruzione graficadelle ultime quattro righe, di cui sono debitore alla Dott.ssa Valentina Vegni,che ringrazio (fig. 5), lo spazio disponibile in lacuna per l’eventuale secondoconsole non è assolutamente sufficiente per contenere il nome C. SuetonioPaullino per esteso e inoltre l’abbreviazione cos. che doveva seguire; sidovrebbe dunque immaginarlo, o molto abbreviato, o ridotto solo a pre-nome e a gentilizio (o a prenome e cognome), ma questo sarebbe in nettocontrasto, sia con lo stile globale dell’iscrizione, dove le abbreviazioni sonoevitate, sia col fatto che tanto il nome di C. Luccius Telesinus quanto quelli deiconsoli del 27 nella riga precedente sono scritti in forma completa edestesa.12 Sarà opportuno indagare, pertanto, se non vi sia la possibilità diun’altra data consolare per la dedica oltre a quella del 66.

5. Ma prima di venire ad essa ritengo sia utile richiamare alcuni criteriche regolavano il numero, la permanenza in carica e la designazione dei con-soli in età giulio-claudia e, specificamente, durante il principato neroniano.13

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Fig. 5. Ipotesi di restituzione delle ultime 4 righe dell’iscrizione ricomposta alla fig. 4(realizzazione grafica al computer della dott. Valentina Vegni)

11 I graffiti, entrambi nel portico meridionale della casa di Paquius Proculus, sono statipubblicati da M. DELLA CORTE, in Not. Sc. 1929, p. 439 nr. 64 (inde AE 1930, 124; CIL, IV8078a): Nonis Neroni(i)s sal(utem) e p. 442 nr. 81 (inde AE 1930,125; CIL, IV 8092:Ol(ympica) III k(alendas) Ner(onias).

12 Nelle datazioni consolari epigrafiche del 66 il nome di Paullinus è sempre indicatocon formula onomastica trimembre, come del resto avviene anche per gli altri tre consoliche (imperatore a parte) compaiono in questa stessa iscrizione.

13 In generale sui fasti consolari degli anni da Caligola a Nerone: P.A. GALLIVAN, SomeComments on the Fasti of the Reign of Nero, in Class. Quart. n. s. 24, 1974, pp. 293-311; ID., TheFasti for the Reign of Claudius, in Class. Quart. n. s. 28, 1978, pp. 407-426; ID., The Fasti for theReign of Gaius, in Antichton 13, 1979, pp. 66-69; ID., The Number of Consuls per annum duringthe Reign of Claudius, in List. filol. 102, 1979, pp. 1-3; J.R. GINSBURG, Nero’s Consular Policy, inAm. Journ. Anc. Hist. 6, 1981, pp. 51-68; J.W. HUMPHREY - J.M. SWAN, Cassius Dio and the Suf-fect Consuls of A.D. 39, in Phoenix 37, 1983, pp. 324-327; CHR. BRUUN, Some Comments on EarlyClaudian Consulship, in Arctos 19, 1985, pp. 5-18; G. CAMODECA, I consoli del 55-56 e un nuovo

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Nel 5 a.C. Augusto introdusse la pratica di far eleggere ciascun anno deiconsoli suffetti oltre a quelli ordinari. Originariamente essi furono due peranno, poi il loro numero aumentò, anche per il bisogno di un maggiornumero di consolari per i vari incarichi (in particolare per i governatoratiprovinciali) che erano loro riservati. Così con Caligola il numero complessivodei consoli è mediamente di 5 per anno e con Claudio di 6; con Nerone lamedia è solo di poco inferiore (5,5).

Per quanto riguarda i consoli ordinari, secondo Svetonio14 Nerone con-sulatum (scil. ordinarium) in senos plerumque menses dedit e la notizia è confer-mata dai fasti consolari degli anni 54-68, dai quali gli ordinari risultano ingenerale in carica per tutti i primi sei mesi dell’anno, tranne nel caso, evi-dentemente speciale, dei primi quattro consolati di Nerone (del quintodiremo tra poco), di cui solo quello del 60 fu coperto per sei mesi, mentrequello del 57 fu tenuto per tutto l’anno,15 quello del 55 per due mesi equello del 58 per quattro.

Il periodo di permanenza in carica dei consoli suffetti fu invece abitual-mente di due o quattro mesi cosicchè nella seconda metà dell’anno si pote-rono avere, o due o tre coppie di suffetti, dovendosi ancora considerare aparte i suffetti dell’imperatore, che poterono essere chiamati a sostituirloanche nella prima metà dell’anno.

La designazione dei consoli di un determinato anno avveniva con moltoanticipo. Di fatto vediamo che quando Nerone muore, all’inizio di giugno del68, i consoli dell’anno successivo, ordinari e suffetti, sono già tutti stabiliti.16

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collega di Seneca nel consolato: P. Cornelius Diolabella, in Zeitschr. Papyr. Epigr. 63, 1986, pp. 201-215; ID., Novità sui fasti consolari dalle tavolette cerate della Campania, in Epigrafia, Rome 1991,pp. 45-74; Y. PERRIN, “Magis alii homines…”. Remarques sur les consuls néroniens, in Les élitesmunicipales de l’Italie péninsulaire des Gracques à Néron, Naples-Rome 1996, pp. 265-273;D. OKON, La désignation au consulat à l’époque du principat in Eos 84, 1996, pp. 137-142;G. CAMODECA, I consoli del 43 e gli Antistii Veteres d’età claudia nella riedizione delle Tabulae Her-culanenses, in Zeischr. Papyr. Epigr. 140, 2002, pp. 227-236; TORTORIELLO, I fasti cit. (nt. 10);P. BUONGIORNO, Sulla struttura dei fasti consolari degli anni 39 e 40 d. C., in Epigrafia e Territo-rio: Politica e Società. Temi di Antichità Romane, VIII, Bari 2007, pp. 253-271.

14 Nero, 15, 6.15 Erronea l’affermazione di Svetonio (Nero, 14, 6: Consulatus quattuor gessit: primum

bimenstrem, secundum et novissimum semenstrem, tertius quadrimenstrem) secondo il quale nel 57Nerone sarebbe rimasto in carica soltanto sei mesi.

16 TAC., Hist., I, 77 (a. 69): Consul cum Titiano fratre in kalendas Martias ipse (i. e. Otho);proximos mensis Verginio destinat …; iungitur Vestinio Pompeius Vopiscus … Ceteri consulatus exdestinatione Neronis aut Galbae mansere; PLUT., Otho, 1. 2: to‹j d≥ ¢podedeigm≤noij ØpÕ N≤rwnoj

À G£lba p©sin ™t»rhse t≠j Øpate…aj. Nel II sec. la designazione dei consoli (suffetti com-presi) sembra essere fatta all’inizio del mese di giugno dell’anno precedente: H. LIEB, ZumTag der designatio der consules im zweiten Jahrhundert, in Acta Class. 42, 1999, pp. 205-214.

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Quale che fosse la procedura ufficialmente seguita per la loro nomina, è d’al-tronde chiaro che già a quest’epoca, insieme con gli automatismi di carriera,molto doveva contare la volontà, o per lo meno la non opposizione, dell’im-peratore, cosicchè già gli storici antichi, sia pure di età posteriore, non esitanoad attribuire le varie nomine direttamente a lui.17

6. Sarà opportuno che questi dati siano tenuti presenti passando ora aconsiderare quanto sappiamo dei consoli nella prima metà del 68, anno permolti versi straordinario e il solo, oltre al 66, in cui, a mio avviso, la dedicadel nostro monumento potrebbe forse essere collocata.

Consoli ordinari di quest’anno, e come tali inizialmente destinati, contutta probabilità, a restare in carica da gennaio alla fine di giugno, risultanoda vari documenti, Ti. Catius Asconius Silius Italicus, forse di origine patavina(meglio noto, col nome di Silio Italico, come autore dei Punica, il più estesopoema latino), e P. Galerius Trachalus, importante oratore e avvocato, di ori-gine invece probabilmente riminese, entrambi homines novi, cioè primi dellaloro famiglia a ricoprire il consolato, della cui carriera antecedente si sapoco, ma che, per essere stati scelti a ricoprire questa carica, dovevano, nellaprima metà del 67, sia possedere i requisiti per la nomina, sia godere delfavore e della fiducia dell’imperatore.18 Scrive tuttavia Svetonio che in que-st’anno Nerone, avendo privato i consoli ordinari della loro carica prima cheavessero completato il loro mandato, esercitò in seguito il consolato da solo.19

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17 Qualche esempio, tra i molti possibili, già per il tempo di Tiberio e Caligola: TAC.,Ann., I, 81, 1-4 (a. 15): De comitiis consularibus … speciosa verbis, re inania aut subdola, quantoquemaiore libertatis imagine tegebantur, tanto eruptura ad infensius servitium; CASS. DIO, LVIII, 20, 1-4(su nomina, durata del servizio, sostituzione anticipata dei consoli ad libitum di Tiberio). Perl’età claudio-neroniana: SUET., Claud., 46, 3 (a. 54): nam et cum consules designaret (scil. Clau-dius); ID., Nero, 15: Nero consulatus in senos plerumque menses dedit; PLIN., Epist., III, 7, 9 (a. 68):novissimus a Nerone factus consul (scil. Silius Italicus) … postremus ex omnibus, quos Nero consulesfecerat …; TAC., Hist., I, 77 (a. 69): Ceteri consulatus ex destinatione Neronis aut Galbae mansere.

18 Su Ti. Catius Silius Asconius Italicus: PIR2, S 722; R. SYME, Eight Consuls from Patavium,in Pap. Brit. Sch. Rome 51, 1983, pp. 110-111. (Roman Papers, IV, Oxford 1988, pp. 380-381)G. ALFÖLDY, Senatoren aus Norditalien, in Epigrafia e ordine senatorio, Roma 1982, pp. 337-338(Städte, Eliten und Gesellschaft in der Gallia Cisalpina, Stuttgart 1999, pp. 295-296); A.M. ANDER-MAHR, Totus in praediis. Senatorischer Grundbesitz in Italien in der Frühen und Hohen Kaiserzeit,Bonn 1998, pp. 434-436. Su P. Galerius Trachalus: PIR 2, G 30; A. DONATI, Ascesa al senato erapporti con i territori d’origine. Italia, Regio VIII (Aemilia), in Epigrafia e ordine senatorio, cit.,p. 305; F. CENERINI, Ceti curiali ariminensi (I parte), in Atti Mem. Acc. Bol. 34, 1982, pp. 53-56;ANDERMAHR, Totus in praediis cit., pp. 279-280. Che il consolato ordinario sia attribuito a duehomines novi non meraviglia se si considera che dal 60 Nerone non lo considera più riser-vato esclusivamente alla nobiltà e al patriziato.

19 Nero, 43, 2: consules (scil. ordinarios) ante tempus privavit honore atque in utriusque locumsolus iniit consulatum. Non è chiaro se s’intenda che i consoli furono traumaticamente

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La notizia, in qualche misura confermata anche da un passo del Panegiricodi Plinio,20 è vera solo in parte. È vero che ad un certo momento troviamoNerone al posto di Silio Italico; non è vero invece che da allora Nerone abbiaesercitato il consolato da solo, perché c’è almeno un caso di datazione con-solare in cui egli compare in coppia con Galerio Tracalo, evidentementerimasto in carica, almeno formalmente, per qualche tempo ancora.21

Quando Nerone abbia sostituito Silio Italico si ricava con buona proba-bilità sempre da Svetonio, dal quale questo cambio (non previsto e del tuttoanomalo: un imperatore suffetto!) viene motivato quasi fatale esset non posseGallias debellari nisi a consule. Chiaro il riferimento alla rivolta di Vindice,governatore della Gallia Lugdunense, della quale, dichiarata intorno all’11marzo, Nerone ebbe notizia mentre era a Napoli, verosimilmente alla metà onella seconda metà del mese.22 La sostituzione dovette avvenire poco dopo,probabilmente con decorrenza dall’inizio di aprile. Ma per quanto tempodurò la nuova coppia formata da Nerone e Tracalo? Sfortunatamente nelsolo documento in cui compaia la coppia Nerone V et Trachalo co(n)s(ulibus)non sono indicati giorno e mese23 e quindi non abbiamo alcuna possibilità distabilire se essa sia rimasta inalterata fino a giugno e alla morte dell’impera-tore o no. I mesi di aprile e maggio furono, come si sa, tumultuosi: alla rivoltadi Giulio Vindice fece seguito quella di Sulpicio Galba nella Spagna Tarraco-nense e di Clodio Macro in Africa cosicché la posizione di Nerone divennesempre più precaria e insicura. In tali condizioni, ci si può chiedere seNerone non sia intervenuto di nuovo sulla composizione dei fasti consolari

deposti o ‘semplicemente’ indotti a dimissioni anticipate. Sul caso dei due consoli suffettideposti da Caligola nel 39, i cui fasci furono spezzati, vd. da ultimo P. BUONGIORNO,Sulla struttura cit. (nt. 13), pp. 253-254. Per casi di destituzione dalle magistrature dispostadai comizi o dal senato: M. PANI, Il costituzionalismo di Roma antica, Roma-Bari 2010, p. 61 s.e 81, nt. 24.

20 Paneg., 57,2: fuit etiam qui in principatu sui fine consulatum, quem dederat ipse, magna exparte iam gestum extorqueret et raperet; il riferimento a Nerone e alle vicende del 68 sembracerto.

21 CIL VI, 9190 cfr. p. 3895 = ILMN 127, con foto: fact(um) est Nerone V et Tracha[loco(n)s(ulibus)].

22 In SUET., Nero, 40, 4 si afferma che Nerone avrebbe ricevuto la notizia nell’anniver-sario della morte della madre, da porre, come pare, tra il 19 e il 23 di marzo; sulla crono-logia degli eventi: D.C.A. SHOTTER, A Time-Table for the ‘Bellum Neronis’, in Historia 24, 1975,p. 64.

23 Vd. sopra in nt. 21. In un’altra datazione consolare Trachalus compare da solo, vero-similmente perché il testo fu inciso dopo la morte di Nerone; si tratta dei fasti di un colle-gio della domus Augusta in cui le date sono sempre espresse peraltro con i nomi dei con-soli ordinari e Tracalo era il solo ordinario rimasto dopo le dimissioni forzate di Silio Ita-lico: CIL VI, 8639 = X 6637 b, 18 = I.It., XIII, 1, pp. 332-334.

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(se già non lo aveva deciso contestualmente alla deposizione di Silio Italicoper prenderne il posto) facendo dimettere prima della fine del suo mandatoanche l’altro console ordinario (alla fine di aprile?) e sostituendolo con unaltro di maggior fiducia e più adatto alla situazione pericolosssima che si eradeterminata. Questo spiegherebbe, tra l’altro, perché Svetonio parli di pri-vazione anticipata della carica di entrambi i consoli ordinari e non di unosolo. Galerio Tracalo, che era verosimilmente figlio o più probabilmentenipote di uno zio di Seneca24 e imparentato con Vitellio, il potente patrizio efuturo imperatore, in seguito al secondo matrimonio di questi con una Gale-ria Fundana,25 poteva non essere più considerato affidabile, o comunque unaltro poteva essere ritenuto preferibile. Di fatto, Tracalo non fu travolto dallamorte di Nerone se, al contrario, una diecina d’anni dopo lo troviamo rego-larmente proconsole d’Africa.26

Torna qui in gioco il nuovo frammento, che potrebbe testimoniareappunto l’esistenza di una coppia consolare costituita da Nerone e Telesino.Tale eventualità non avrebbe potuto realizzarsi che nei mesi di maggio e giu-gno del 68, con Nerone console per la quinta volta e Telesino per la seconda.È vero che di questo secondo consolato non sappiamo nulla e che durante ilregno di Nerone il consolato iterum non sembrerebbe esser mai stato dato adaltri.27 Ma in quest’ultimo anno di regno tutte le regole sembrano sovvertitee un consolato iterato tenuto da suffetto, insieme con l’imperatore del pari

24 C. Galerius, praef. Aegypti intorno al 23 (PIR2, G 25), risulta zio di Seneca, in quantomarito di una sorella della madre, da SEN., Helv., 19, 4: Carissimum virum amiserat, avuncu-lum nostrum; vd. anche 19,6: Post hoc nemo miretur, quod per sedecim annos quibus Aegyptummaritus eius optinuit … .

25 In generale su questa Galeria: M.-TH. RAEPSAET-CHARLIER, Prosopographie des femmes del’ordre sénatorial (Ier-IIes.), Lovanii 1987, pp. 344-346, nr. 399; sulla sua parentela con Gale-rio Tracalo: W. ECK, Prosopographica, 2. Zur Verwandschaft des Kaisers Vitellius, in Zeitschr.Papyr. Epigr. 101, 1994, p. 229 s.

26 W. ECK, Senatoren von Vespasian bis Hadrian, München 1970, p. 90 cfr. p. 125 pone ilsuo proconsolato circa nel 78-79; B. E. THOMASSON, Fasti Africani, Stockholm 1996, p. 45,nr. 50 preferisce una datazione tra la fine del regno di Vespasiano e l’inizio di quello diDomiziano. Sulla possibilità che Vespasiano abbia fatto sposare (splendidissime) una figliadi Galeria Fundana e di Vitellio con il senatore di rango patrizio (D.) Rupilius Libo Frugi eche in tal modo, tramite un ulteriore matrimonio, si sia creato un legame con la famigliadegli Annii Veri: F. CHAUSSON, Les Annii Veri d’Ucubi, in Occidents Romains, Paris 2009, pp. 220-221, con stemmi a pp. 219 e 223.

27 Sarebbe iterum il consolato di Suetonius Paullinus del 66 se il suo titolare dovesse iden-tificarsi, il che appare dubbio, con il console suffetto omonimo di età claudia (42/44?), sucui TORTORIELLO, I fasti cit. (nt. 10), pp. 567-569. In generale sui consolati multipli: W. ECK,Consules, consules iterum und consules tertium. Prosopographie und Politik, in Partiti e fazioni nel-l’esperienza politica romana, Milano 2009, pp. 129-156.

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suffetto, potrebbe forse non essere considerato del tutto impossibile. Pur-troppo, né della carriera anteriore, né delle relazioni familiari e politiche diC. Luccius Telesinus il cui raro cognomen (portato anche da una donna, chepotrebbe esserne figlia o sorella) sembrerebbe rinviare in qualche modo allacittà di Telesia nel Sannio,28 non sappiamo niente cosicchè non è possibileneppure intravedere da quali considerazioni Nerone potrebbe esser statomosso ad associarlo al suo consolato nell’ultimo mese o poco più della suavita. Si può solo eventualmente congetturare che a Nerone sia sembrato per-sona giusta per contribuire a calmare le acque e per affrontare con lui quelparticolare momento di difficoltà ripescandolo per questo a soli due anni dalprecedente consolato. Come intellettuale e filosofo accreditato a corte, sem-bra aver fatto parte del gruppo che non avversava il regime neroniano, ma lososteneva.29 Dopo la fine del regno, uscito dal consolato verosimilmente allafine di giugno,30 pare abbia condotto vita ritirata come poeta e filosofo (eraamico di Apollonio di Tiana) fino a che, come dice Filostrato, sotto Domi-ziano preferì andare in esilio come filosofo che rimanere in patria come con-

28 È la Luccia Telesina titolare della ricca ara sepolcrale urbana CIL VI, 21563 cfr.p. 3916 = ILS 8010 (10 foto in Bildkatalog der Skulpturen des Vatikanischen Museums, I, 2,Berlin 1995, pp. 416-417, vd. anche I,3, p. 38*); su di lei si veda PIR2, L 367 e RAEPSAET-CHARLIER, Prosopographie cit. (nt. 25), p. 433 nr. 508. Su Telesinus/Telesina, che formal-mente potrebbe essere considerato tanto nome greco quanto latino: I. KAJANTO, The LatinCognomina, Helsinki 1965, p. 187; H. SOLIN, Die griechischen Personennamen in Rom2, Berlin2003, p. 1385. Un rinvio ad ambito sannitico, o prossimo, è reso peraltro verosimile,oltre che dalle testimonianze indicate dal Kajanto e da AE 1968,120 (vd. anche H. SOLIN,Spigolature epigrafiche beneventane, in Samnium 81-82, 2008-2009, p. 96), dalla presenzaqualificata di Luccii (senza considerare i Lucii / Lucei / Lucceii / Luccaei) a: Casinum (CILX, 5197 [ILS 4093] e 5198, equestre); Venafrum, nell’onomastica dell’equestre Sex. Pul-fennius C. f. Ter. Salutaris M. Luccius Valerius Severus, duoviro e patrono della città (CIL X,4873 cfr. 4983, età post-traianea) e in quella del senatore Sex. Pulfennius M. f. Ter. Salu-taris M. Luccius Valerius Severus Plotius Cilo, patrono della città (CIL X, 4864, II sec., metà);Beneventum (CIL IX, 1617 [ILS 2117], decurio). Il gentilizio è attestato in questa formaanche ad Aesernia, Bovianum Vetus e Undecimanorum, nel pagus Veianus, e ad Aeclanum,Pompeii, Herculaneum, Puteoli.

29 E. CIZEK, L’époque del Néron et ses controverses idéologiques, Leiden 1972, pp. 206-207.30 È verosimile che lo schema originario abbia previsto per la seconda metà del-

l’anno due o tre coppie di suffetti, ma è difficile dire cosa sia successo dopo l’interventodi Nerone sulla struttura dell’anno e, ancor più, dopo la sua morte. Di fatto, conosciamosoltanto i consoli che furono in carica nei mesi da ottobre (o settembre?) a dicembre:C. Bellic(i)us Natalis e P. Cornelius Scipio Asiaticus, entrambi verosimilmente nominatida Galba, e ignoriamo quale sia stata la coppia consolare dall’inizio di luglio alla finedi agosto (o di settembre): G.B. TOWNEND, The Consuls of A.D. 69/70, in Am. Journ. Phil.83, 1962, p. 117; GALLIVAN, art. cit. 1974 (in nt. 13), pp. 296, 303 sg., 311; ID., art. cit. 1981(in nt. 13), p. 293.

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solare,31 A differenza di Silio Italico e di GalerioTracalo, non risulta che abbiasvolto alcun ruolo nel resto del 68 e nel tumultuoso anno seguente, dei quat-tro imperatori.

7. Un tentativo di ricostruzione grafica generale (sempre a cura dellaDott.ssa Vegni), anche sulla base di questa seconda ipotesi, porta ai risultatiche si vedono alla fig. 6, alcuni aspetti della quale richiedono di essere giu-stificati e commentati.

In primo luogo essa risulta utile per migliorare l’impaginazione del testo.Riservata la prima riga al nome (in caratteri maggiori) di colui al quale sideve l’esecuzione delle opere sotto indicate, che potrebbe essere dotato dicognomen lungo, o anche breve, ma seguito dall’indicazione di qualche fun-zione ricoperta, crederei infatti che sia opportuno modificare l’ordine delleparole nelle due righe seguenti, sia per adattarle meglio allo spazio disponi-bile, sia perché sopra la E di decurionum in r. 4 resta parte di una lettera C chedovrebbe appartenere alla parola porticum della riga soprastante. Analoga-mente, pare evidente che il puerorum, prima integrato all’inizio della r. 6, nonpossa stare in quella posizione, neanche abbreviato, ma debba essere trasfe-rito alla fine della riga precedente per avere un testo più armonicamenteimpaginato e più rispettoso della sua generale disposizione secondo un assecentrale. Infine, sempre ragioni di spazio indurrebbero a preferire in r. 9l’integrazione più lunga patroni a patris (con la conseguenza che il costruttoresarebbe piuttosto liberto che figlio dell’accensus), ma ammetto facilmenteche il problema non possa ancora considerarsi, con ciò, definitivamenterisolto.

In secondo luogo, la restituzione evidenzia un’anomalia testuale primanon considerata. Anche aggiungendo la consueta abbreviazione cos. perco(n)s(ulibus) (omessa per distrazione in contributi precedenti) ai nomidei consoli del 27, si vede che la riga resta incompleta e squilibrata perché,cominciando molto vicino alla cornice a sinistra, ci si aspetterebbe che ana-logamente finisse, a destra, vicino alla cornice, il che, considerando l’im-paginazione generale, chiaramente non avviene: manca dunque qualcosa equesto porta a riflettere sulla stranezza che, del servizio come accensus diCerinto, mentre si sarebbe accuratamente indicato l’inizio nel 27, nulla si

31 PHILOSTR., Vit. Apoll., VII, 11: ¢spas£menoj m©llon tÕ feÚgein æj filÒsofoj À tÕ æj

Ûpatoj m≤nein; Ûpatoj non indica solo il console, ma anche il consolare. Morì probabil-mente ancora sotto Domiziano, comunque prima che nel 103 circa morisse Silio Italico, ilquale, secondo Plinio (Epist., III, 7, 9), utque novissimus a Nerone factus est consul ita postremusex omnibus, quos Nero consules fecerat, decessit. Tracalo era già morto quando Quintiliano scri-veva le Institutiones (X, 1, 119; XII, 5, 5), dunque prima del 96.

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sarebbe detto della fine. Per questo propongo d’integrare qui qualcosacome ad mortem, ad obitum (troppo lunghe parole come decessum, interitum,o anche espressioni più eleganti come ad finem vitae suae), oppureannis/annos tot (XLI?).32 In tal modo si sottolineerebbe il lungo servizio diassistenza ai magistrati prestato da Cerinto, servizio interrotto soltantodalla morte, recente e ben nota a tutti, ad un’età che possiamo stimare dialmeno 65/70 anni.

Infine l’ultima riga. Riempito lo spazio eraso con una delle numerosevarianti con cui fu indicato il nome di Nerone nei suoi consolati (in que-sto caso il quinto),33 e restituito il nome di C. Luccio Telesino come consul

32 Ho raccolto altrove alcuni casi di quest’ultimo tipo d’indicazione (Epigrafia, epigrafi,epigrafisti, Roma 2006, pp. 1074 sg.) e altri se ne potrebbero aggiungere; ad esempio quelloche si legge in CIL IX, 699 (ILS 6476): … qui et ante egit rationem alimentariam sub cura prae-fector(um) annis XXXII (non condivido l’interpretazione che di questo testo è stata recen-temente proposta in I. CAO, Alimenta, Padova 2010, pp. 146-149).

33 Si va da una forma del tutto anomala, nella sua struttura ed estensione, come[Ne]ro[ne Claudio Divi Claudi fil. G]er[manici Caesaris nep. Ti. Caesaris Aug. p]ron[ep. DiviAug. abn[ep. Caes. Aug. Germanico, p]ont. max., trib. pot. IV, imperatore V, cos. III (AE 1999,202, a. 58), ad altre progressivamente più brevi come Nerone Claudio Caesare Aug. Germa-nico (ILS 6103, a. 55), Nerone Claudio Caesare Augusto II (TPSulp. 106, a. 57), Nerone Clau-

Fig. 6. Ipotesi di restituzione generale dell’iscrizione ricomposta alla fig. 4(realizzazione grafica al computer della dott. Valentina Vegni)

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iterum, si vede che anche in questo caso resta a fine riga uno spazio liberodi circa 5/6 lettere. Propongo di sistemare qui il giorno dell’inaugura-zione. È vero che abitualmente questo viene indicato subito dopo il verbodi dedica e prima della data consolare, ma non mancano casi in cui è ilgiorno che segue l’anno invece che precederlo.34 Se si tratta del 68, per leragioni suindicate, non potrebbe essere che un giorno di maggio o dell’i-nizio di giugno. Il mese di maggio, molto ricco di feste in onore deidefunti,35 sarebbe molto adatto per l’inaugurazione di un complessomonumentale in memoriam.

8. Lascio al lettore di scegliere tra le due possibilità proposte, ognunacon le sue difficoltà, anche se devo ammettere che, personalmente, sareiincline a preferire la seconda perché, se è vero che presume un secondoconsolato di Telesino non altrimenti attestato, non va però incontro alledifficoltà d’impaginazione rilevate per la prima e non obbliga ad ammet-tere che sia stato eraso, non solo un eventuale (ma possibile) mese Nero-neus, ma anche (e non sarebbe chiaro perché) il giorno della dedica. Pur-troppo, né una prolungata autopsia con l’ausilio della luce radente, né laserie di foto digitali ravvicinate (scattate per me nell’occasione dal Dott.Giorgio Crimi) ed ingrandite al computer, consentono di acquisire ele-menti veramente risolutivi, tranne forse traccia di quello che potrebbeessere il numerale V che concluderebbe l’integrazione con il consolato diNerone (fig. 7).

Come che sia, i tre esemplari dell’iscrizione non ebbero lunga vita nellaloro integrità. Poco dopo la dedica, l’imperatore, dichiarato hostis publicus dalsenato in una sua seduta dell’8 giugno,36 fugge da Roma e si rifugia non lon-tano da Ficulea nella villa del liberto Faonte, tra la Salaria e la Nomentana,circa al IV miglio, dove si suicida;37 in seguito alla damnatio (per la prima volta

dio Caesare Aug. (THerc. [ried. Camodeca], a. 55), Nerone Caesare Aug. IIII (ILS 3671,a. 60), Nerone Aug. IIII (AE 1999, 571b, a. 60), Nerone III (ILS 7863, a. 58) o Nerone V (CILVI, 9190, a. 68).

34 Qualche esempio (raccolto senza una ricerca sistematica) di quest’uso: ILLRP 211(a. 66), 212 ( a. inc. tra 59 e 44), 1271b (a. 35); CIL VI, 451 (a. 100), 859 (a. 168), 420(a. 186), 228 (a. 225), 30976 (a. 275), 510 (a. 376), 500 (a. 377); CIL XIV, 4505 (a. 183);AE 1969/70, 173 (a. 202), 1977, 265 (a. 287).

35 Nei giorni 9, 11, 13 cadono i Lemuria, l’11 è sacro a Mania, l’11 e il 13 si celebranoi Rosalia: I.It., XIII, 2, pp. 454-457.

36 D. KIENAST, Römische Kaisertabelle2, Darmstadt 1996, p. 96 sg.37 La data della morte, posta per lo più al 9 di giugno (ad es. KIENAST,Kaisertabelle cit.

[nt. 36]), non è del tutto sicura e non manca chi la colloca qualche giorno dopo come B.R.REECE, The Date of Nero’s Death, in Am. Journ. Phil. 90, 1969, pp. 72-74 (11 giugno). Su comeessa sia narrata: J. SCHEID, La mort du tyran. Chronique de quelques morts programmées, in Du châ-

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timent dans la cité. Supplice corporels et peine de mort dans le monde antique, Rome 1984, pp. 177-190, in part. pp. 180 181 e 184 ss.; D. SANSONE, Nero’s Final Hours, in Illin. Class. Stud. 18,1993, pp. 179-189. Sulla villa di Faonte e la sua ubicazione: Z. MARI, Phaontis suburbanum,villa, in LTUR, Suburbium, IV, Roma 2006, p. 198 s. Sul personaggio e il suo sepolcro fon-dano, da ultimo: M. MANNINO - A. D’ANDREA, Il sepolcro di L. Domitius Phaon: storia e diritto traepigrafia e archeologia (con appendice di A. D’ANDREA), in Theodor Mommsen e il Lazio antico,Roma 2009, pp. 150-174.

38 TAC., Hist., I, 16, 2: neque erat adhuc damnati principis exemplum. Lo storico non consi-dera il precedente di Caligola probabilmente perché nel suo caso non si arrivò, per il vetodi Claudio, ad una condanna formale (SUET., Claud. 11, 3; CASS. DIO, LX, 4, 5-6). E. CHAM-PLIN, Nero, Cambridge Mass. 2003, pp. 29-31 contesta che ci sia veramente stato un provve-dimento di condanna della sua memoria; così anche H.I. FLOWER, The Art of Forgetting.Disgrace and Oblivion in Roman Political Culture, Chapel Hill 2006, pp. 197-233 e 332-341, mala qualifica di hostis publicus non potè non produrre anche effetti di abolitio memoriae;vd. anche alla nt. sg.

39 W. ECK, Die Vernichtung der memoria Neros: Inschriften der neronischer Zeit aus Rom, inNeronia VI, Bruxelles 2002, pp. 285-295; per quanto concerne i monumenti: E.R. VARNER,Mutilation and Transformation: Damnatio memoriae and Roman Imperial Portraiture, Leiden2004, pp. 46-85. Di fatto restò sempre un largo margine di discrezionalità per cui, delleiscrizioni di Nerone conservate, solo meno del 15% risultano erase: J.-M. PAILLIER -R. SABLAYROLLES, Damnatio memoriae: une vraie perpétuité, in Pallas 40, 1994, p. 47 nt. 17. Peril comportamento in Grecia: C. HOËT - VAN CAUWENBERGHE, Condamnation de la mémoire deNéron en Grèce: réalité ou mythe,in Neronia VII, Bruxelles 2007, pp. 225-249. Sulla situazionea Roma alla morte di Nerone: ST. BENOIST, Le prince, la cité, les événements: l’année 68-69 àRome, in Historia 50, 2001, pp. 279-311. In generale sulla damnatio memoriae, si vedano anchele ricerche di autori vari raccolte sotto il titolo Condamnations et damnations. Approches des

comminata ad un principe, come Tacito non manca di rimarcare)38 si proce-dette a un’ampia distruzione di statue, rilavorazione di ritratti e cancella-zione del nome imperiale nelle iscrizioni poste in pubblico.39 Anche a Ficu-

Fig. 7. Dettaglio fotografico del frammento alla fig. 3 (foto dott. Giorgio Crimi)

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lea, vicina a Roma, ci si adeguò a questo comportamento e il nome di Neronefu cancellato su queste iscrizioni che, considerata la destinazione pubblicadelle opere in memoria di Cerinto, sembra verosimile che fossero ben visibiliin un nucleo urbanizzato della città, lasciandoci così in eredità il problema,solo in parte risolto, che si è fin qui esaminato.40

S.P.

modalités de réécriture de l’histoire, in Cah. Glotz 14, 2003, pp. 227-310 e 15, 2004, 173-253 eH.I. FLOWER, Damnatio memoriae and Epigraphy, in From Caligula to Constantine. Tyrannyand Transformation in Roman Portraiture, Atlanta 2000, pp. 58-69; EAD., Memory Sanctions andthe Disgrace of Emperors, in Selbdarstellung und Kommunikation. Die Veröffentlichung staatlichenUrkunden auf Stein und Bronzen der römischen Welt, München 2009, pp. 409-421.

40 Ringrazio per aver letto questo contributo prima della stampa gli amici Géza Alföldy,Giuseppe Camodeca e Werner Eck.

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II

Le tre copie dell’iscrizione, dopo che fu eraso ogni riferimento a Nerone,rimasero visibili per un tempo non esattamente precisabile sul monumentocon destinazione pubblica di cui resta ignoto l’aspetto, ma che sappiamoinaugurato e utilizzato in memoria di Marcus Consius Cerinthus, di cui giàconosciamo il legame con Ficulea.

Considerata la classe tipologica della struttura cui facevano da didascalia,non una strada o un acquedotto né comunque un’opera di lungo sviluppolineare, ma – a giudicare dai riferimenti interni ad un suo uso da parte didiverse categorie di cittadini e ad una sua ornamentazione forse con statue1

– probabilmente un edificio connesso a un portico, le tre copie del testo epi-grafico dovevano essere collocate a non grande distanza reciproca, forse sualtrettanti lati dell’edificio stesso.

Venendo alle informazioni sul ritrovamento delle epigrafi, osserviamoche le due copie A e B si sono conservate nella Basilica di Sant’Alessandro,all’attuale chilometro 13° della Via Nomentana, dove erano state portate inesito a operazioni di raccolta e spoliazione, per essere reimpiegate.

Su questo, Ivan Di Stefano Manzella appare perentorio quando scrive, aproposito del testo A: « attribuibile alla città di Ficulea, dalla quale fu distolto(c. III-IV sec.) per motivi di reimpiego edilizio ».2

I rispettivi luoghi di provenienza dei frammenti epigrafici, ammesso chenon fossero rimasti nel supposto sito, unico, di originale collocazione, resta-no pertanto imprecisati e solo il buonsenso ci suggerisce di considerarli neipressi di Sant’Alessandro, con un possibile maggiore excursus se si seguono learterie principali, che qui si riducono alla sola via Nomentana.

Soltanto per un terzo esemplare dell’iscrizione, quello contraddistintodalla lettera C, reso noto da Gaetano Marini, il luogo di rinvenimento è pre-

Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXXII 2009-2010, pp. 165-176

1 Per quanto riguarda la presenza di sculture marmoree nella zona, sono occorsi alcunisignificativi ritrovamenti dei quali si attende la pubblicazione da parte di Andrea Li Marzi.

2 I. DI STEFANO MANZELLA, Accensi velati consulibus apparentes ad sacra: proposta per la solu-zione di un problema dibattuto, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 101, 1994, p. 269.L’autore, integrando l’epigrafe, ritiene che il monumento in discorso potesse essere unaschola piuttosto che una basilica.

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cisato, non incontrovertibilmente, “ in fundo Capobianco ” all’ottavo migliodella Via Nomentana, quindi circa un miglio oltre Sant’Alessandro.

Questo terzo esemplare, ossia la parte principale del testo C, è a tutt’oggidisperso come alcuni altri frammenti visti altresì a Sant’Alessandro, e ad essopertinenti secondo quanto ribadito da Silvio Panciera. Di Stefano Manzellalo ritiene “ trovato, certo nel luogo di reimpiego ” venendoci in aiuto nontanto sui dettagli topografici, che restano incerti all’interno della tenutaCapobianco,3 ma sull’impostazione generale, giacché i dati disponibili scon-sigliano di localizzare il monumento dedicato a Consius padre o patrono nelfondo detto Casale di Castiglioni e poi Capobianco.4

I riferimenti alla toponomastica dei secoli XVIII e XIX, periodo al qualerisalgono le prime, e spesso le più cospicue, scoperte archeologiche nell’a-gro, anzitutto impongono, ma preferirei dire consentono, vista l’utilità del-l’argomento, un esame delle corrispondenti Tenute della campagnaromana,5 il cui valore di riferimento topografico, è soggetto a valutazionidiscordi tra una loro natura di territori fossili, dai contorni soggetti a limitatemodifiche e quella di appezzamenti in continua mutazione (fig. 1).

È certo, come ammonisce Lando Scotoni, che « se le oscillazioni delnumero sono state sensibili, i mutamenti delle superfici delle tenute furonofrequentissimi, sia per acquisizioni in seguito a compere o a matrimoni cheper divisioni ereditarie, ovvero per alienazioni dovute al declinare delle for-tune di talune famiglie ».6

Non mancano, tuttavia, gli elementi che possono attestare, comparto percomparto, quale fu la variazione dei confini delle tenute,7 rispetto al primosistematico e complessivo tracciamento pervenutoci, quello del catasto Ales-

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3 O presso il Casale omonimo dove una villa con mosaici è stata recentemente localiz-zata e esplorata con saggi di scavo, o a metà strada verso i Casaletti di Capobianco secondol’ipotesi formulata in L. QUILICI - S. QUILICI GIGLI, Ficulea (Latium Vetus, VI), Roma 1993,secondo cui ivi, al sito n. 192, è localizzato il balneum di Aurelia Faustiniana di CIL XIV 4015.

4 L’unica teorica ma forzata possibilità in tal senso è quella di tornare a immaginare ilmonumento in parola non come schola o basilica ma come un viale, possibilmente porti-cato, che attraversava il corso d’acqua, per cui una delle epigrafi poteva trovarsi entro latenuta Capobianco. Da notare in ogni caso che l’epigrafe sembra essersi conservata e ritro-vata a una distanza tale dalle altre, da non dare luogo alla commistione di frammenti deidiversi esemplari.

5 Corrispondenti ai fundi citati nel Corpus Inscriptionum Latinarum.6 L. SCOTONI, Le tenute della campagna romana nel 1660. Saggi di ricostruzione cartografica,

in Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e Arte 59, 1986, pp. 185-186, nota 1.7 Un saggio delle prospettive offerte dalle ricerche di archivio per questo genere di

messa a punto è offerto dagli appunti di Giuseppe e Francesco Tomassetti, editi, limitata-mente a questo settore dell’agro, in L. CHIUMENTI - F. BILANCIA, La campagna romana antica,medioevale e moderna, VI, Firenze 1979.

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sandrino del 1660, anche grazie alla loro trasposizione sulla cartografiamoderna, attraverso la redazione di Spinetti e fino ai saggi dello stesso Sco-toni, per limitarci ad alcuni significativi interventi di compilazione seguitialla prima schematica ricomposizione di Cingolani.

Nel nostro caso un’indagine in tal senso non è difficile, considerato chesi tratta della verifica, per un periodo non troppo lontano da noi, dei confinitra le tenute Sant’Agata, Capobianco, Cesarina e Casa Nuova dei Gesuiti;queste proprietà, in particolare nella fascia territoriale in cui confinano tradi loro, hanno mantenuto dopo il ’600 e fino alla recente parziale disgrega-

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Fig. 1. Tenute della campagna romana nel 1660(particolari da SCOTONI 1986)

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zione, che comunque non può più far perdere i confini tradizionali ormaiprecisamente registrati, un assetto stabile, anche in ordine alle numerosealienazioni intervenute.

Nella veduta dall’alto della fig. 2 sono indicati i confini delle porzionicontigue delle tenute Cesarina, Capobianco e Casa Nova.

Fin troppo evidenti, e già recentemente discussi, sono i motivi che consi-gliano di organizzare topograficamente i dati archeologici, e in particolarequelli di archivio o desumibili dalla bibliografia non recentissima, secondo lasuddivisione delle Tenute.8

Sul fronte della conoscenza archeologica ci troviamo in un territorio peril quale è disponibile una ampia base di dati elaborati, che dobbiamo alla rac-colta e all’organizzazione curate da Stefania e Lorenzo Quilici (fig. 3).

Inoltre, una svolta, di cui ancora non sono stati pienamente presentatie utilizzati i risultati positivi, si deve alle ricerche condotte, limitatamenteal territorio di competenza della Soprintendenza Speciale per i BeniArcheologici di Roma, in collaborazione con l’Università di Roma “LaSapienza ” e dirette sul fronte universitario, didatticamente preponde-rante, da Andrea Carandini con cui condivido, tra altri orientamenti meto-dologici e interpretativi, l’attribuzione di un elevato valore, ai fini dellaricostruzione storica, all’esplorazione di superficie, e il concetto di impre-scindibilità e urgenza del ricorso a questo strumento, il più semplice ebasilare, di raccolta delle fonti dirette.

Numerosi studenti selezionati e specificamente istruiti9 hanno contri-buito a sottoporre un vasto settore del territorio del suburbio e dell’agroromano ad una nuova operazione unitaria di rilevamento, redigendoognuno una tesi di laurea su uno spazio corrispondente a una o più tenutestoriche.10

La ricognizione di un determinato comparto territoriale per una tesiindividuale è anche una educativa occasione di collaborazione e mutuo soc-corso perché la perlustrazione, a meno di una dilatazione decennale del

8 F. DI GENNARO - M. DE FILIPPIS, Un sepolcreto d’età imperiale nella Tenuta Boccone D’Aste, inQuaderni del centro di studio per l’archeologia etrusco-italica 23 (Archeologia Laziale XII, 1),1995, p. 267; F. DI GENNARO - M. VITTI - F. FRAIOLI - S. PANCIERA - S. BIAGINI - A. MALIZIA - P. CATA-LANO - S. DI GIANNANTONIO - A. STARACE, III. - Roma. Via Salaria. - La villa “ di Marco ClaudioPonzio Ponziano Marcello ” e la basilica di San Michele Arcangelo sulla Collina di Castel Giubileo,in Notizie degli Scavi di Antichità 2000-2001, Roma 2002, pp. 470, 474-476; F. DI GENNARO,Nuovi dati archeologici dai territori fidenate, crustumino e ficulense (Municipio IV) - Introduzione,in Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma CIX, 2008 [2009], p. 209.

9 Da Paolo Carafa e dagli altri stretti collaboratori di Andrea Carandini.10 P. CARAFA, Una nuova analisi archeologica per il settore settentrionale del Suburbio di Roma,

in Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma CI, 2000, pp. 185-196.

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Fig. 2. Particolare dei confini tra le tenute Cesarina, Capobianco e Casa Nova (da foto satellitareGoogle Earth), con indicazione del luogo di ritrovamento del frammento di epigrafe; il punteggio

evidenzia parte del percorso della Via Nomentana

Fig. 3. Carta archeologica di L. Quilici e S. Quilici Gigli (1993), particolare

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periodo di compilazione della tesi, deve essere condotta da una squadra dioperatori, e a turno ognuno aiuta gli assegnatari delle tesi vicine.

È così che il giovane Andrea Li Marzi, che ha condotto le sue esplorazioniin due tenute separate, Casa Nova e Olevano, ha potuto avvalersi dell’aiutodel suo amico fraterno Daniele Di Vincenzo e insieme a lui rinvenire il fram-mento che oggi presentiamo, in data 11 ottobre 1998, nel corso di una esplo-razione cui partecipavano anche Francesca Dell’Era, Federica Pitzalis e Ales-sandro Calì.

Il nuovo frammento epigrafico è stato rinvenuto nella tenuta Casa Nova,di proprietà dei Gesuiti11 al tempo del censimento di papa Chigi, sulla suaestrema propaggine sudoccidentale (v. fig. 2).

Il complesso archeologico si trova a poche decine di metri dal corso d’ac-qua che costituisce il confine della tenuta Casa Nova con la tenuta Capo-bianco; in questo caso il limite, decorrente lungo un rivo stabilmente incisonel paesaggio tufaceo, seppur di rango secondario nell’ambito idrograficodel territorio laziale, fornisce sufficienti garanzie di una stabilità dell’assettodelle tenute, fugando le incertezze legate a possibili variazioni nel tempo.

Il posto era già noto grazie a Thomas Ashby,12 che vi rilevò le tracce di fab-bricati antichi e un terrazzamento, riportato nella sua tavoletta.

Un nuovo accertamento diretto si deve a Stefania e Lorenzo Quilici, chequi pongono il sito n. 233 del volume Ficulea, dove notarono un muro di ter-razzamento in calcestruzzo di tufo.13

Infine Andrea Li Marzi vi ha documentato la sua Unità Topografica 58,1,consistente in un’area di affioramento di materiali databili dal VI secolo a.C.al VI d.C., ed ha attribuito la presenza di alcuni blocchi tufacei al muro indi-viduato dai Quilici.14

A questo proposito è da notare il gradone, attualmente non osservabilenella sua intima struttura per l’interro e la fitta vegetazione, che potrebbenon essere solo una rottura di pendio determinata dall’uso agricolo, madipendere dalla conservazione e dal rispetto di una struttura artificiale.

11 Precisamente del noviziato di Sant’Andrea a Monte Cavallo della Compagnia delGesù, che l’aveva acquistata nel 1655. In precedenza era appartenuta ai Porcari e nel ’700ne risultano proprietari, e poi comproprietari, i Bolis.

12 TH. ASHBY, The Classical Topography of the Roman Campagna II, in Papers of the BritishSchool at Rome III, 1906, tav. II; si veda anche l’annotazione topografica marcata da Ashbysulla tavoletta di campagna, riportata in QUILICI - QUILICI GIGLI, Ficulea cit. (nota 3), tav. V.

13 QUILICI - QUILICI GIGLI, Ficulea cit. (nota 3), sito n. 233.14 A. LI MARZI, Ricostruzione del paesaggio antico nel territorio del IV municipio del Comune di

Roma: Le tenute agricole di Olevano e Casa Nova dei Gesuiti. Tesi di laurea discussa nell’annoaccademico 2002-2003, Università degli studi di Roma “La Sapienza ”, Roma 2004.

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Questo dislivello sembra comunque coincidere con, o proseguire, lalinea tracciata da Ashby sulla sua tavoletta.

Poiché uno dei punti di rilievo della presente comunicazione è la possi-bile originalità della giacitura del frammento epigrafico, è bene fornire i datiriguardanti il ritrovamento e un cenno sull’aspetto dell’area.

Il frammento di lastra marmorea che sappiamo pertinente all’epigrafe Aè stato rinvenuto al di sopra del gradone; ciò risulta sia dalla precisa annota-zione cartografica presentata nella tesi di Li Marzi, sia dal ricordo ancora vivodegli scopritori.

La concentrazione di materiali antichi è evidente rispetto al cosiddettorumore di fondo, dato da una tenue ma diffusa presenza di frammenti fittilinel campo.

Sulla base della compilazione archeologica della tavoletta topograficarealizzata dai Quilici osserviamo che la propaggine collinare era percorsadalla strada n. 238 che, in direzione del ruscello, converge con le strade n. 72e n. 84.

Non è escluso quindi che il monumento che inglobava le lastre inscrittepotesse essere qui, nella tenuta Casa Nova e che da qui le epigrafi siano state,nel caso, trasportate, utilizzate, e poi parzialmente ricomposte, a Sant’Ales-sandro, ma, come si è visto, anche a Capobianco.

Negli immediati dintorni si rinvengono ancora frammenti di sculture mar-moree, che possono certamente essere attribuite a edifici privati ma che vienenaturale collegare alle notizie epigrafiche che menzionano non solo il ricor-dato monumento pubblico, ma anche un tempio di Marte (CIL XIV 4012).

Considerato che l’epigrafe che suggellava lavori di viabilità (ancora CILXIV 4012) curati – per evergetismo e non per dovere d’ufficio, come è giàstato sottolineato15 – dallo stesso Marcus Consius Cerinthus proviene da unvicino settore della contigua tenuta Cesarina,16 siamo probabilmente in vici-nanza del Pagus Ulmanus e del Pagus Transulmanus Pelectanus, che trarrebberonome da un Rivus Ulmanus.

L’idronimo poteva spettare al Fosso della Cesarina o al suo principaleramo di origine, il Fosso delle Case Nuove, o ancora a uno dei due affluentidi destra insieme ai quali forma appunto il Fosso della Cesarina-Casal de’Pazzi; la prima ipotesi vede il favore dei Quilici che, sulla base di essa, pon-gono il Pagus Ulmanus tra il corso d’acqua e la via Nomentana, al loro sito192. Il percorso di collegamento con il pagus Transulmanus Pelectanus, quindi

15 DI STEFANO MANZELLA, Accensi velati cit. (nota 2), p. 276.16 CIL XIV, 4012; è tuttavia dubbio che l’epigrafe sia stata trovata nella sua collocazione

originale: TH. ASHBY, The Classical Topography cit. (nota 12), pp. 59-60.

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la possibile strada cui si riferiscono i lavori di Marcus Consius Cerinthus, è statograficizzato con le direttrici n. 191 e n. 193.

Il rivo poteva chiamarsi anche Ulmus, idronimo che si accorderebbeugualmente bene con la denominazione di Ulmanus e di Transulmanus Pelec-tanus dei due pagi ficulensi di cui ci è pervenuto il nome,17 anche se forse ènecessaria una ulteriore meditazione perché in effetti per un corso d’acquasembra che sia più confacente il nome aggettivale riferito ad una essenzaarborea piuttosto che il nome stesso dell’albero; un “ Fosso degli Olmi ”suona meglio di un “ Fosso Olmo ”.

Per quanto riguarda l’ubicazione di Ficulea, o meglio la risoluzione degliinterrogativi sulla sua struttura topografica, non credo che sia impossibilesperare in nuove scoperte chiarificatrici, stimolati e non dissuasi dall’affer-mazione di Ashby: « as it is, the exact site of Ficulea remains somewhat uncer-tain ».18

Per il momento possiamo osservare che in età romana la regio – ovvero,come ci ha più volte ricordato Silvio Panciera, lo spazio in cui è valida esovrana la giurisdizione dei magistrati di una città – di Ficulea, comprende,dunque più pagi, di cui alcuni indiziati o identificati. Ma se su base archeo-logica non è ancora chiara la struttura urbana di Ficulea né se la sede muni-cipale corrispondesse ad un vicus più ampio e strutturato di altri, la costru-zione del monumento in memoria di Marcus Consius Cerinthus, che fa riferi-mento a decuriones, seviri augustales, incolae, libertini, iuvenes e pueri ingenui, facomunque pensare a una struttura di tipo cittadino.

Recentemente Vincenzo Fiocchi Nicolai ha affrontato l’argomento apartire dall’età tardo antica, con osservazioni che ricadono sulle epocheprecedenti. Egli ha osservato come nei secoli IV-V il complesso fune-rario cristiano di Sant’Alessandro, per la sua consistenza e il suo sviluppo,appaia dipendente da un notevole insediamento, e come sia, sotto questoprofilo, accostabile alle catacombe laziali direttamente riferibili a centriurbani.19

Naturalmente il centro urbano di riferimento è in questo caso Ficulea, aproposito della quale egli nota che i Quilici, ma sappiamo con quanta cau-

17 Questa ipotesi è stata proposta da Pietro Barbina: P. BARBINA - L. CECCARELLI - F. DEL-L’ERA - F. DI GENNARO, Il territorio di Fidenae tra V e II secolo a.C., in Suburbium II – Il suburbiodi Roma dalla fine dell’età monarchica alla nascita del sistema delle ville (V-II secolo a.C.), Collec-tion de l’École Française de Rome, 419 (a cura di Vincent Jolivet, Carlo Pavolini, MariaAntonietta Tomei, Rita Volpe), Roma 2009, p. 338.

18 ASHBY, The Classical Topography cit. (nota 12), p. 61.19 V. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani del Lazio. II. Sabina (Monumenti di antichità

cristiana 20), Città del Vaticano 2009.

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tela e formale espressione di dubbio, riconducono l’ubicazione del centroamministrativo del municipio alle alture di Marco Simone Vecchio, dove esi-ste un ragguardevole insediamento.

Devo anche dire che il riscontro attraverso un metodo che probabil-mente i Quilici non hanno usato, quello che utilizza i poligoni, consente diporre in chiara evidenza la centralità della posizione di questo abitato.20

In accordo con deduzioni di Zaccaria Mari,21 Fiocchi Nicolai riprendeperò in considerazione la tradizionale ipotesi di Ficulea alla Cesarina.

In primo luogo, considerato che i limiti delle diocesi tendono a ricalcareconfini amministrativi preesistenti, Fiocchi Nicolai sottolinea come Ficulea eil suo territorio municipale siano integralmente passati alla cura della diocesidi Nomentum. Sia pure dopo la successiva accessione di questa alla più vastadiocesis Sabinensis, si può invece riscontrare, sulla base della restituzione deiconfini, che certamente nel secolo X, Marco Simone Vecchio rientra neldistinto territorio della diocesi di Tibur. Una contraddizione insuperabile seil centro municipale di Ficulea era nel territorio diocesano nomentano e nonin quello tiburtino.

In secondo luogo la presenza di iscrizioni pubbliche ficulensi pervenutea Sant’Alessandro proverebbe che il centro urbano doveva essere così vicinoda lasciar ritenere il complesso cultuale dei martiri Evenzio, Alessandro eTeodulo, l’« area funeraria paleocristiana dell’antica Ficulea ».22

Per quanto riguarda in particolare quelle del monumento di Marcus Con-sius Cerinthus, la provenienza da Capobianco, attribuita prima di oggi a unsolo esemplare, oltre a essere non del tutto certa, poteva ancora rinviare aduna precedente posizione originale anche lontana, mentre ora sappiamo chele epigrafi comunque o provengono da Casa Nova o da Capobianco, doven-dosi ragionevolmente escludere un quarto sito di originale collocazione.

La basilica di Sant’Alessandro, dal limite della tenuta Pietra Aura (da cuideriva il toponimo Prato Lauro presente anche sulle carte topografiche mili-tari), fronteggia sull’opposto lato della Nomentana, il confine tra Sant’Agata,che poi dagli Iacovacci fu detta Coazzo, e Capobianco.

A seguito del ritrovamento di due tombe di età orientalizzante lungo lavia Nomentana nella stessa tenuta Capobianco, chi scrive aveva consigliato ditenere presente la contigua area, ricca di materiali di superficie attribuibilialla stessa epoca, e con continuità fino ad età romana, nel quadro della rico-

20 Si veda A. AMOROSO, Nuovi dati per la conoscenza dell’antico centro di Crustumerium, inArcheologia Classica LIII, n.s. 3, 2002, fig. 23 a p. 324.

21 Z. MARI, Ficulensis ager, in Lexicon Topographicum Urbis Romae. Suburbium II, Roma2004, pp. 248-250.

22 FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani del Lazio cit. (nota 19), p. 413.

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struzione topografica dei centri arcaici di questo territorio;23 si aggiunga chenon era ancora noto che l’area interessata dall’intensa presenza di materialidi superficie è ben più estesa verso sudovest, in direzione di Sant’Alessandro.

Ciò è stato documentato da una seconda ricerca di tesi del già citato pro-getto di collaborazione tra Università e Soprintendenza, che va ricordata pergli esiti ricollegabili al nostro argomento, quella di Daniele Pantano.

Le ricerche di Pantano hanno conferito maggiore evidenza a due vastearee rispettivamente comprese nelle tenute di Sant’Agata e Capobianco, chevalorizzano unità di osservazione già rilevate dai Quilici, e nelle quali egli hasostenuto di riconoscere Ficulea,24 laddove Paolo Carafa vi pone Cameria25 e iQuilici, che tenendo conto della distanza di una notte di marcia da Romaattestata da Dionigi ritengono Cameria più lontana, propongono Piketia(distinguendone quindi l’identità rispetto a Ficulea).26

Va tuttavia sottolineato che la netta divisione in due ambiti topograficidei ritrovamenti presentati da Pantano (fig. 4)27 dipende probabilmenteda una carenza dell’indagine: infatti l’area centrale è rimasta esclusa dal rile-vamento sistematico per il diniego opposto dai proprietari alla richiesta diaccesso nei terreni; cionondimeno non sono mancate osservazioni relativealla giustapposizione di settori insediativi non saldati tra loro.

Comunque esiste un’area con densità urbana già attestata da epocaarcaica proprio di fronte a Sant’Alessandro e in collegamento stretto con lezone dei pagi ficulensi noti.

E a questo proposito nessuno ha messo in dubbio le notizie secondo cuiFiculea, la Ficulea vetus di Livio, era una città di antichissima fondazione.

23 F. DI GENNARO, Una tomba di età orientalizzante nel territorio di Ficulea, in Quaderni del cen-tro di studio per l’archeologia etrusco-italica 21 (Archeologia Laziale XI), 1993, p. 97. Con rife-rimento a fasi protostoriche e preromane, Anna Maria Sestieri (da ultimo in A.M. SESTIERI,Central and Southern Italy in the Late Bronze Age, in Crossroads of the Mediterranean, Archaeolo-gia Transatlantica II, Louvain 1984, p. 94, fig. 9 e p. 95), ipotizzando una continuità a par-tire da materiali di superficie dell’età del bronzo media e recente rinvenuti in un diversosettore della tenuta Capobianco, aveva proposto, sia pure solo tramite una menzione eun’indicazione cartografica, di ubicarvi Ficulea.

24 D. PANTANO, Ipotesi per la collocazione di Ficulea, in Annali Associazione Nomentana di Sto-ria e Archeologia n.s. 2, 2001, pp. 69-71.

25 P. CARAFA, Le guerre oltre l’Agro, in Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città (a curadi A. Carandini e R. Cappelli), cat. mostra Roma, Milano 2000, p. 341.

26 QUILICI - QUILICI GIGLI, Ficulea cit. (nota 3), p. 476.27 La carta archeologica da cui è tratta la fig. 4 è in: D. PANTANO, Resti archeologici e rico-

struzione dei paesaggi antichi nel territorio della IV circoscrizione del Comune di Roma: Le tenute diSant’Agata e di Capobianco. Tesi di laurea discussa nell’anno accademico 1994-1995, Uni-versità degli studi di Roma “La Sapienza ”, Roma 1996; ringrazio Daniele Pantano per aver-mene concesso l’uso.

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S. PANCIERA - F. DI GENNARO - FICULEA: UN NUOVO FRAMMENTO EPIGRAFICO, II 175

Fig.

4.Carta

arch

eologica

diD.P

antano

(199

6),p

artic

olare

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Ci sembra quindi che anche il fortunato ritrovamento qui presentato dianuovo impulso a considerare privilegiato per il posizionamento di Ficulearomana il comparto territoriale in cui termina il tratto rettilineo, e forse pri-migenio, della Ficulense-Nomentana, la cui definitiva variazione di direzionesi trova giusto in corrispondenza del luogo del ritrovamento.

Questa ipotesi, che possiamo per il momento dire ‘occidentale’ per nonconferire una supremazia al toponimo della Cesarina, include anche quellidi Capobianco e ora di Casa Nova, mentre per il comparto di Sant’Agata-Coazzo le future ricerche potranno consentire di valutare l’ipotesi di undeclino dall’età medio repubblicana, già sostenuto da Pantano e Barbinasulla base dell’analisi dei ritrovamenti di superficie.

F.d.G

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