Top Banner
I GRECI A TORINO Storie di collezionismo epigrafico I CATALOGHI | MUSEO DI ANTICHITÀ DI TORINO | 4
82

I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Mar 31, 2023

Download

Documents

Giuliano Bobba
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

I GRECIA TORINOStorie di collezionismo epigrafico

I CATALOGHI | MUSEO DI ANTICHITÀ DI TORINO | 4

Page 2: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

I CATALOGHI | MUSEO DI ANTICHITÀ DI TORINO | 4

Page 3: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Mostra a cura diEnrica Culasso Gastaldi e Gabriella Pantò

Progetto scientifico Enrica Culasso Gastaldi

Progetto espositivoUgo Bruno

Grafica in mostraRosanna Giani, Giorgia Martellaro

Restauri e allestimentoLaboratorio di restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici del PiemonteEnrico Bertazzoli, Angelo Carlone, Beatrice De Filippis, Milena Magnasco, Cristina Meli, Alessandro Sani

Contributi videoGian Battista Garbarino, Donatella Van WyngaardtRosanna Giani, Giorgia Martellaro

Laboratori didatticiSimone Lerma, Patrizia Petitti, Daniela Speranza

ComunicazioneFederica Pepi

Elaborazioni grafiche, disegni e impaginato del catalogoSusanna Salines

Testi Enrica Culasso Gastaldi, Gabriella Pantò

Schede Valentina Barberis, Sara Maria Demichelis, Enrica Culasso Gastaldi, Daniela Marchiandi, Elisa Fiore Marochetti, Elisa Panero, Gabriella Pantò, Patrizia Petitti, Anna Maria Riccomini, Giuseppina Spagnolo Garzoli

FotografiePaolo Giagheddu Angelo Carlone, Milena Magnasco

A tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione dell’iniziativa la nostra più viva riconoscenza.In particolare si ringrazia il Dipartimento di Studi Storici e l’Università di Torino (fondi 60%) per aver contribuito al finanziamento del Catalogo

Grafica e stampaAgit Mariogros Industrie Grafiche

ISBN 978-88-950005-14-0© 2014 Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie

I GRECI A TORINOStorie di collezionismo epigrafico

Museo di Antichità di Torino21 giugno 2014 – 26 ottobre 2014

Page 4: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

I GRECI A TORINOStorie di collezionismo epigrafico

a cura di Enrica Culasso Gastaldi e Gabriella Pantò

Page 5: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.
Page 6: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

L’esposizione propone all’attenzione del pubblico le articolate vicende delcollezionismo epigrafico in Piemonte, illustrate dai reperti con iscrizioni inlingua greca raccolti da colti eruditi fin dal XVI secolo e confluiti nelle col-lezioni dei Savoia o di altri importanti istituti museali piemontesi. Pochi maimportanti materiali provengono invece dal territorio piemontese e sono statiacquisiti grazie ad antichi rinvenimenti o a recenti indagini archeologiche.Oltre a quelle del Museo di Antichità, vengono esposte alcune epigrafi dellacollezione del padre barnabita Luigi Bruzza, custodite presso il Real CollegioCarlo Alberto di Moncalieri, e altri preziosi reperti appartenenti alla raccoltadi Bernardino Drovetti e confluiti nelle collezioni del Museo Egizio di Torino.

La mostra, curata da Enrica Culasso Gastaldi e Gabriella Pantò, è statarealizzata in proficua collaborazione con il Dipartimento di Studi Storicidell’Università degli Studi di Torino, nell’ambito del progetto “Cultural he-ritage of antiquity and its influence from Piedmont of Risorgimento to Eu-rope, from the middle of the nineteenth century to 1961”, sostenuto dalgeneroso contributo della Compagnia di San Paolo.

Egle MichelettoSoprintendente per i Beni Archeologici del Piemonte

e del Museo Antichità Egizie

Il progetto della mostra I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigra-fico è nato dall’interesse per l’epigrafia greca come serie documentaria fon-damentale nella conoscenza dei fatti storici e, insieme, dalla consapevolezzadel ruolo determinante rappresentato dal collezionismo privato nella con-servazione e nella ricezione del manufatto epigrafico. In minima parte pro-veniente dal territorio piemontese, il corpus epigrafico descrive infatti le viemolteplici del collezionismo e gli illuminati progetti culturali che hanno con-sentito la sua formazione. Tale interesse scientifico, da tempo coltivato al-l’interno del Dipartimento di Studi Storici, fa parte di un programma piùampio che mira alla revisione del patrimonio epigrafico greco del Piemonte,nel quadro di una ripubblicazione delle Iscrizioni greche d’Italia.

Adele MonaciDirettrice del Dipartimento di Studi Storici

Università degli Studi di Torino

5

Mario TurettaDirettore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte

Page 7: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

6

Page 8: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Blasone del baroneE.F. Pingone

sul retro della lapide funeraria in marmo pario del I secolo d.C.

che ricordaNumerio Appio ed

Ebruzia, recuperatanel 1568. Museo diAntichità, inv. 577

7

Alle origini del collezionismo epigrafico piemonteseGabriella Pantò

Nella tradizione antiquaria piemontese un posto di rilievo è oc-cupato dalle raccolte epigrafiche che sin dai primi anni del XVI se-colo furono oggetto di interesse da parte di umanisti, eruditi ecollezionisti dediti alla raccolta di lapidi ritrovate fortuitamente so-prattutto di ambito locale, o acquisite attraverso la mediazione deglistessi mercanti che alimentavano la rete del ricco commercio di an-tichità riservato agli esponenti dell’alta aristocrazia europea. Benchéla quantità e la qualità dei ritrovamenti epigrafici fosse modesta,con essenzialmente iscrizioni funerarie latine, molti eruditi si ci-mentarono nella compilazione di sillogi grazie alla conoscenza di-retta dei documenti oppure attraverso la loro trascrizione, dandoorigine ai primi ordinamenti in codici.

Il più antico ordinamento di undici iscrizioni latine torinesi sitrova nell’opera Cornelius Nepos qui contra fidem veteris inscriptio-nis Plinius aut Svetonius appellabatur vigilanti studio emendatur,data alle stampe nel 1508 con commento a cura del lombardo Do-menico Della Bella, detto il Maccaneo, nominato nel 1514 storio-grafo ducale da Carlo II, in cui lo scrittore intuì l’importanza delleiscrizioni antiche che furono valutate come fonti documentarie convalore non inferiore ai testi letterari (Giaccaria 1994, p. 9). Nellostesso periodo anche Maurizio Ferrari si interessò delle iscrizionilatine trovate a Torino, mandandone copia a Roma ad Aldo Ma-nunzio il Giovane (Maritano 2008, pp. 13-20).

Quantitativamente ben superiore fu l’apporto del barone Ema-nuele Filiberto Pingone di Cusy, storico savoiardo formatosi a Pa-dova e dal 1561 al seguito di Emanuele Filiberto come riformatoredell’Università di Torino. Questi radunò nella sua raccolta ben 42epigrafi latine e un centinaio le trascrisse pubblicandole nell’operaAugusta Taurinorum, la prima storia della città di Torino data allestampe nel 1577. I limiti oggettivi della corposa silloge epigrafica,più volte ristampata fino agli inizi del Settecento, si riconoscono so-prattutto nella facilità con cui l’erudito sabaudo cadde vittima deicontemporanei fabbricatori di antichità. In Piemonte la contraffa-zione delle epigrafi nel Cinquecento restò un fenomeno circoscrittoai falsi che fecero vittima il Pingone, mentre in altre regioni illustrifalsari diedero vita ad un fruttuoso commercio facendo “scoprire”a onesti raccoglitori lapidi appena incise e sotterrate, oppure pro-ducendo disegni poi mescolati a iscrizioni autentiche come fecel’eclettico e famoso architetto antiquario Pirro Ligorio, i cui artefatti,utilizzati per esibire la propria erudizione e per gioco intellettuale,furono accolti da editori successivi con ripercussioni perniciose

Page 9: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Etienne du Perac,Veduta delMausoleo diAugusto, 1575,incisione(particolare)

Antonio Rivautellae Giovanni PaoloRicolvi, MarmoraTaurinensia, 1743,tav. 169, ermeSoderini

8

sugli studi del mondo antico che a queste seguirono (Mercando1994). Pare così plausibile ipotizzare che nel caso delle due erme diMenandro [cat. 15] e di Omero (dispersa), provenienti dalla cin-quecentesca collezione di monsignor Francesco Soderini al Mau-soleo di Augusto e acquistate da Carlo Emanuele I, già acefale nelXVI secolo, come documentano i disegni dell’epoca, siano state gra-ficamente integrate da Pirro Ligorio con teste ad esse compatibilitratte da altra documentazione iconografica esistente.

A un secolo di distanza l’interesse per le antichità epigrafichefu espresso da Samuel Guichenon, che nella monumentale operaHistoire généalogique de la Royale Maison de Savoye del 1660 dedicòun intero capitolo alle iscrizioni piemontesi, trascrivendo e com-prendendo nello studio le “iscritioni antiche” che Carlo EmanueleI aveva fatto raccogliere da scavi locali o che aveva acquisito da rac-colte antiquarie e che erano conservate nei giardini e nella Galleriadel Palazzo Ducale di Torino (Guichenon 1660, pp. 45-75). Il re-pertorio, seppure soggetto a successivi aspri giudizi negativi perl’assenza di trascrizioni autoptiche da parte dello studioso, ine-sperto di epigrafia (Promis 1869, p. 367 segg.), costituisce l’unicatestimonianza dello stato della collezione epigrafica così come essaera prima delle dispersioni cagionate dal devastante incendio del 1667che interessò l’intera raccolta di antichità iniziata dal duca EmanueleFiliberto ed arricchita dal figlio Carlo Emanuele. Gli interessi colle-zionistici dei dinasti sabaudi tuttavia furono solo marginalmente in-dirizzati all’acquisizione di documenti epigrafici, stante l’incidenzamolto bassa di tali reperti negli inventari relativi agli acquisti sul mer-cato antiquario (Maccabruni 2009, p. 33), mentre una maggiore at-tenzione, per il loro valore estetico più che documentario, fu riservataai reperti scultorei contenenti anche iscrizioni.

Per tutto il Settecento gli studi epigrafici ebbero, rispetto allealtre scienze ausiliarie della storia, un ruolo preminente. La primametà del secolo segnò con l’attività di Giuseppe Ariosti e di Carlo

Page 10: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Ricca – editore, il primo, di 53 importanti iscrizioni scoperte a To-rino nel 1723, aggiunte ai documenti epigrafici già noti, responsabile,il secondo, del completamento del quadro sulle nuove scoperte – unimpulso fondamentale all’antiquaria rendendo partecipe agli studisulle raccolte un pubblico più vasto. L’apporto dei due studiosi allaricerca epigrafica fu di grande importanza anche per la concretizza-zione di un vasto lavoro di ricerca di fonti per la storia della città.

Ma ad aprire la strada verso lo studio e il ricupero, anche mu-seale, delle epigrafi fu nei primi decenni del secolo il nobile eruditoveronese Scipione Maffei, animato da interessi letterari e antiquariassai vasti e con particolare predilezione per la grecità, espletatiin particolar modo nella città natale come emerge nelle memoriedi Ulrich von Wilamowitz-Moellendorf, Il futuro direttore delleInscriptiones graecae, in Italia per la prima volta nel 1872-73, cherievocando la visita al Museo Lapidario veronese ricorda di essersisentito avvolto da “un alito di grecità” (Marchi 2008, pp. 577-578).

È con il soggiorno torinese del Maffei, ottenuto da Vittorio Ame-deo II nel 1723 l’incarico di ordinare il museo di Antichità nel log-giato terreno del cortile interno al nuovo palazzo dell’Università,che si pone l’inizio del collezionismo pubblico piemontese e delladidattica museale ostensiva espressa per volontà dei dinasti sabaudi.Il mandato fu assolto l’anno successivo con l’allestimento del“Museo lapidario” nel cortile dell’Università, ove lo studioso vero-nese collocò una selezione di lapidi e marmi figurati di scavo e dicollezione recuperati in un magazzino ingombro di “una montagnadi statue, busti, teste, lapidi e rilievi”, come egli stesso ebbe modo

9

Scipione Maffei,Museum Veronense,

1749, tav. CCIX(particolare)

Page 11: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

10

di precisare in una corrispondenza (Micheletto 2009, pp. 84-85).Per l’allestimento della collezione nel porticato forse si avvalse del-l’apporto di indirizzi progettuali da parte di Filippo Juvarra, cheaveva riplasmato Torino come capitale del nuovo regno improntataal gusto scenografico delle architetture aperte e permeabili alla luce.A questo spazio aperto si collegò in seguito il Museo di Antichità,sistemato in locali al piano terreno dell’Università, con l’affida-mento della direzione a Giuseppe Bartoli, Antiquario Regio fin dal1751. All’opera di riorganizzazione del Museo seguì la descrizionedi un centinaio di reperti lapidei con iscrizioni, solo due delle qualiin lingua greca, in una sezione della più vasta opera Museum Vero-nense (Verona 1749) che si presenta come un sorta di manuale diepigrafia latina e greca e con aperture all’epigrafia medioevale e aireperti falsi. Quest’ultima problematica fu sviluppata nel saggio Arscritica lapidaria (Lucca 1765), uscito postumo, in cui definì il cor-retto metodo critico per distinguere le epigrafi autentiche dalle false.

Il Museo di Antichità di Torino era stato illustrato poco primadai Marmora Taurinensia edito nel 1743-47 pei i tipi della tipografiaregia da Antonio Rivautella e Giovanni Paolo Ricolvi corredatodalle incisioni in rame delle epigrafi e dei reperti archeologici e conin appendice le iscrizioni note attraverso la silloge del Pingone, mache già risultavano disperse. Fu il Maffei a descrivere poco dopo laragguardevole raccolta epigrafica del Museo: le quasi cento iscri-zioni furono pubblicate nel Museum Veronense edito nel 1749, priveperò dell’indicazione di provenienza dei documenti epigrafici perun difetto nella fase di ordinamento e di raccolta (Claretta 1878, p.306) e con incisioni di maniera, talvolta scarsamente aderenti al-l’originale. Sul giudizio negativo dell’ordinamento del Maffeiespresso in seguito da buona parte del mondo accademico pesò sulpiano scientifico sia l’omissione di alcune epigrafi trattate da Ri-vautella e Ricolvi, sia l’erronea indicazione di conservazione pressoil Museo di Antichità di alcune epigrafi che in realtà si trovavanosul territorio (Giaccaria 1994, p. 18). Una nuova distribuzione deireperti “avec plus d’ordre” fu attuata all’inizio dell’Ottocento dalGiuseppe Vernazza e la collezione epigrafica, arricchita dal 1779dalle lapidi della collezione del conte Grimaldi di Bellino, fu di-segnata dal noto artista Angelo Boucheron per l’opera Voyage enPiémont, edita nel 1816 dall’antiquario francese Aubin Louis Millin,in cui compare anche il cippo ritrovato a Busca (Cuneo) con iscri-zione etrusca (Riccomini 2008).

Da segnalare in negativo anche l’intensa attività di falsificazionedel sacerdote cuneese Francesco Meyranesio, dal 1768 al 1793 par-roco di Sambuco (Cuneo), che raccolse notizie e documenti ondecompilare una storia ecclesiastica del Piemonte, disseminando lecorrispondenze intrattenute con numerosi studiosi ed eruditi, ditesti epigrafici e documenti da lui stesso falsificati, mescolati a iscri-zioni autentiche. I suoi falsi rappresentarono a lungo una perniciosafonte di inquinamento e fecero vittima anche illustri studiosi, tra

Page 12: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

cui il barone Giuseppe Vernazza di Freney (1745-1822), instanca-bile raccoglitore di documenti lapidei di Alba, che ingenuamenteaccolse gli artefatti presentandoli nel suo corpus, e Jacopo Durandi,considerato a torto con sospetto dall’autorevole studioso tedescoTheodor Mommsen e solo in parte rivalutato dalla critica moderna.

Il Vernazza fu uno dei maggiori cultori di antiquaria nel Pie-monte del XVIII secolo e colto studioso degli aspetti di storia locale,che per primo raccolse sistematicamente gli studi sull’epigrafia pie-montese compilati a partire dal XV secolo sino ai suoi tempi. Nellasua imponente opera intitolata Bibliografia lapidaria patria, rimastamanoscritta ed elaborata in parecchie redazioni successive ancoraoltre il 1816, incluse per completezza anche studi con trattazioniepigrafiche marginali, a cui attinsero successivamente molti colle-zionisti minori di antichità locali e importanti studiosi tra cui CarloPromis e Giovanni Francesco Muratori (Giaccaria 1994, p. 8).

Fino a questo momento l’attenzione del collezionismo in Pie-monte si era rivolta essenzialmente verso le raccolte di epigrafi la-tine per difficoltà di reperimento di documenti archeologici inlingua greca in ambito locale e con provenienza di scavo, ma pro-prio per questo talvolta frutto di falsificazioni utili a comprovare lenobili e antiche origini di un sito. È questo il caso di Biella, in cui ilcolto canonico Gromo, appartenente a una famiglia di nobiltà re-cente e cospicuo censo, divenuto vicario episcopale nel 1769, rac-colse nel Museo Gromiano le memorie patrie, tra cui “vari bronziscritti in Greco, e marmi di greco lavoro scoperti in Biella” sulla cuiprovenienza locale è lecito dubitare, dispersi con il resto della col-lezione nell’incendio distruttivo del museo (Pantò 1999).

Importanti testimonianze epigrafiche sepolcrali in lingua greca,oggi per gran parte perdute, furono invece raccolte nella secondametà del XIX secolo a Tortona da Cesare Di Negro-Carpani du-rante lavori di sbancamento avvenuti non lontano dalla chiesa deiSS. Simone e Giuda ove si estendeva la più antica e importante

11

Disegno di rilievo di iscrizione

funeraria in linguagreca (perduto)

da Tortona, 1870,collezione Cesare di

Negro-Carpani(Crosetto 2007,

DNC 319)

Tavola grafica delcorredo funerario

di età romanada VillanovaMonferrato,

collezione diErnesto Maggiora-

Vergano, 1878

Page 13: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

12

necropoli dell’antica Iulia Dertona, insieme a un cospicuo com-plesso di documenti latini che studi recenti assommano a un totaledi 227 reperti (Crosetto 2007; Mennella 2007, p. 278).

Anche a Vercelli Giuseppe Maria De Rossi aveva raccolto e de-scritto in una memoria corredata di disegni acquerellati i reperti ar-cheologici venuti in luce durante gli scavi per la costruzione dellenavate della nuova cattedrale vercellese di S. Eusebio (1703-1717),pubblicata dal padre barnabita Luigi Bruzza nel 1874, tra i quali fi-gurava la prima iscrizione in lingua greca (Pantò – Mennella 1994,p. 349). Questi, nominato nel 1839 “Maestro di eloquenza” nellescuole dirette dalla Congregazione dei Barnabiti di Vercelli, dove eraentrato come novizio nel 1831, si dedicò allo studio complessivo deidocumenti lapidei e non solo alla loro componente epigrafica. Neisuoi studi di eccezionale rigore critico e serietà scientifica presentòper ciascun reperto una serie di dati utili ad acquisire la compren-sione storico-archeologica del contesto di ritrovamento, nella volontàdi trasmettere tutte le possibili tracce del passato. Con tale approcciometodologico evidenziò, negli aspetti epigrafici delle iscrizioni in lin-gua greca osservate sulle mura serviane di Roma, da poco riportatein luce, la conoscenza del greco nell’antichità (Bruzza 1878).

Nella compilazione della silloge edita a Roma nel 1874 con il ti-tolo Iscrizioni antiche vercellesi, l’elemento chiave di lettura di docu-menti è rappresentato dall’esemplificazione visiva con l’illustrazionedi tipo litografico dello specchio epigrafico, completo e dei caratteridecorativi e architettonici, superando in questo il Mommsen chenel suo Corpus Inscriptionum Latinarum invece utilizzò caratterigrafici uniformi privilegiando i contenuti storici delle iscrizioni.Nell’opera il Bruzza espunse i falsi e pubblicò le epigrafi cristiane,tra le quali l’iscrizione in lingua greca ricuperata dal De Rossi(Bruzza 1874, CXVI, pp. 262-266), e la coppa di vetro con la firmadell’artefice, il maestro vetraio Ennion ritrovata in un corredo fu-nerario presso la cappella di S. Giorgio fuori Caresana [cat. 19] de-scritta insieme ai reperti ritrovati in associazione.

Si trattava di un approccio collezionistico per certi versi analogoa quello del notaio Maggiora-Vergano che nel 1866 pubblicò, con ireperti acquisiti nella sua collezione, la natura stratigrafica delloscavo in Asti da cui provenivano. Anche il complesso di vetri, tracui spiccava una coppa firmata da Ennion, ricuperati in una tombapresso Refrancore (Asti) e ricevuti in dono nel 1873 da un conta-dino, furono editi sugli Atti della “Società di Archeologia e BelleArti per la provincia di Torino” da poco costituitasi, con l’autorevoleapporto scientifico di Ariodante Fabretti giunto a Torino nel 1852come esule politico dello Stato Pontificio (Crosetto 2009, p. 139).

Considerando le testimonianze archeologiche fonte di cono-scenza storica, si era definitivamente superato il monografismo ti-pico della tradizione antiquaria, il cui sapere era talvolta pura efarraginosa erudizione e dove la ricerca storica e l’attività antiqua-ria apparivano spesso come pratiche distinte.

Page 14: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Il regno di Carlo Felice aveva aperto l’interesse anche da partedel mondo borghese per le antichità ma aveva soprattutto favoritol’acquisizione pubblica di importanti collezioni e di più piccole rac-colte che segnarono l’ingresso di importanti materiali epigraficicome quella cipriota donata dal console sardo Marcello Cerutti nel1853 [cat. 10]. La più considerevole per interesse e consistenza fula straordinaria collezione egizia di Bernardino Drovetti, diploma-tico in Egitto al servizio della Francia, acquisita nel 1824 e pagatadall’Università quattrocentomila lire, e dal novembre 1824 espostanel seicentesco Palazzo dei Nobili di Torino già occupato dall’Ac-cademia delle Scienze. Nello stesso palazzo si trasferì la sezionegreco-romana del Museo di Antichità, che dal 1832 fu unito all’Egi-zio, mentre le epigrafi e le statue rimasero nel cortile dell’Universitàfino al 1878 (Micheletto 2006).

13

Disegno di rilievodella stele dalla

Tracia pubblicata da padre Bruzza

nel 1861

Page 15: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

14

Il Drovetti giunto ad Alessandria d’Egitto con l’incarico di sot-tocommissario alle relazioni commerciali ottenuto nel 1802 perconto di Napoleone, risiedette nell’okel che divenne sede consolarema anche approdo per i viaggiatori europei, tra i quali il letteratoFrançois-René de Chateaubriand che raggiunse la città nel 1806 eche lo invogliò a formare la collezione di antichità egizie.

La sua infaticabile e spasmodica attività di raccoglitore fu favoritadai buoni rapporti con Mohammed Alì, l’ufficiale albanese dive-nuto viceré, dal quale ricevette in dono una proprietà terriera nelFayum, e che si dimostrò un accorto amministratore dedicandosial rinnovamento del paese ispirandosi ai modelli europei. Se è pergran parte nota la storia dei viaggi del Drovetti molto meno lo è lastoria delle acquisizioni della ricca collezione dell’Egitto faraonicogià al suo tempo famosa in tutta Europa (Curto 1976). Ancora piùproblematico è il reperimento di informazioni puntuali sui luoghiin cui furono raccolti i reperti di età tolemaica e romana, che si sup-pone scoperti per gran parte ad Alessandria in seguito agli impo-nenti lavori urbanistici promossi del viceré dopo il 1805 e lasconfitta degli inglesi [cat. 4, 13], ma che sappiamo essere stati rac-colti anche in altri paesi del regno ottomano [cat. 12].

Alessandria, che con Ottaviano Augusto non era più capitale diun regno ma capoluogo di una provincia romana, fu indiscutibil-mente la più grande metropoli commerciale dell’intero Mediterra-neo, imponente e monumentale, oggetto di meraviglia da parte deiviaggiatori, di cui resta la testimonianza di Strabone che vi giunsenel 25 a.C. dopo la caduta della dinastia tolemaica (Geografia, 17, I,6-10), ancora poco nota sotto il profilo archeologico e negli aspettidi topografia antica e che solo oggi si comincia a conoscere grazieagli innovativi approcci scientifici (Goddio 2006, pp. 13-15). Restafuor di dubbio l’interesse di Drovetti per l’epigrafia greca, nella me-desima consapevolezza espressa in precedenza da Giovanni BattistaBelzoni, che cercava iscrizioni “de Gieroglifici con la traduzione ingreco, affine di poter pervenire a formare un alfabeto” (Zatterin 2011p. 35). Drovetti aveva lasciato l’Egitto l’anno prima che Jean-FrançoisChampollion nel 1824 annunciasse la sua scoperta effettuata sullastele trilingue di Rosetta (in geroglifico, demotico e greco) ritrovatanel 1799 dalla spedizione napoleonica e decifrata nel 1822. Cham-pollion vide la stupefacente collezione a Torino nello stesso 1824 esicuramente negli otto mesi di soggiorno nella città ebbe modo ap-prezzare la stele di granito proveniente da Karnak di Cleopatra e Ce-sarione, scolpita durante il Nuovo Regno e riutilizzata in etàtolemaica (39 a.C.), contenente un decreto in greco e demotico ema-nato dai sacerdoti di Ammon-Ra in onore dello stratega Callimaco(Caramello 2013, n. 17, pp. 251-252). La stele era già stata segnalataper l’interesse epigrafico da Giulio Cordero di San Quintino, il qualepubblicò nel 1825 anche l’iscrizione geroglifica e greca sul sarcofagodi Petamefofi, morto all’età di quattro anni, datata ad età adrianea epervenuta anch’essa con la collezione Drovetti.

Page 16: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

La stessa valenza scientifica fu ravvisata dal viceré di SardegnaAlberto Ferrero della Marmora, che volle riservare alle regie colle-zioni il cippo votivo in bronzo con iscrizione punica, greca e latinaritrovato nel 1861 presso un tempio rettangolare in connessionecon una fonte di acque minerali sulle montagne nella zona di PaùliGerrei (Cagliari). Il santuario di un dio guaritore indigeno avevaricevuto nella seconda metà del II secolo a.C. la dedica da Cleone,che lavorava o aveva lavorato nelle saline a 40 chilometri dal san-tuario in cui aveva ricevuto il dono della guarigione, formulata nelletre lingue diverse con contenuti non omologhi [cat. 8].

L’indirizzo positivistico e la tendenza filologica con la ricerca deicontesti di provenienza dei documenti epigrafici, finalizzata allaloro corretta interpretazione storica, che si avvertono già nella metàdell’Ottocento, sono preludio all’indirizzo moderno degli studinella specificità degli argomenti, che tuttavia non possono prescin-dere dalle precedenti letture critiche e dagli apporti della ricerca an-tiquaria così ragguardevoli per il territorio piemontese.

15

Stele di Cleopatra eCesarione, 39 a.C.,

granito, cm 114 x 6,5 x 30,Karnak, Museo Egizio di

Torino, cat. 1763

Page 17: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

I Greci a TorinoEnrica Culasso Gastaldi

Il titolo scelto per illustrare la mostra e il catalogo vuole apposi-tamente accostare due termini apparentemente non confrontabili,i Greci e Torino. In realtà l’obiettivo è quello di valorizzare la riccadocumentazione greca, presente nella capitale subalpina, che nonproviene dal territorio ma che vi giunse per altre vie, quelle molte-plici e articolate del collezionismo. Questi documenti possono a ra-gione essere definiti piemontesi “per diritto di domicilio”, comeebbe a dire in modo efficace il Gazzera commentando il carattereitinerante di molte iscrizioni (1851, p. 293). Il lungo tempo inter-corso, dal momento del loro arrivo in Piemonte, li rende certo ma-nufatti con pieno diritto di cittadinanza onoraria. Occorre tuttaviaaggiungere che ciò è vero solo nella maggior parte dei casi. Fannoeccezione, infatti, alcuni documenti importanti che sono venuti allaluce a Torino o nel territorio piemontese: essi sono presenti in mo-stra perché attestano modi e percorsi alternativi che hanno contri-buito a incrementare il corpus piemontese di iscrizioni greche.Dall’insieme dei casi presentati emerge una realtà molto varia, cheè arricchita proprio dalla concomitante presenza di iscrizioni au-tenticamente piemontesi e di iscrizioni piemontesi per adozione.

Questi ultimi documenti possono essere ascritti nell’ampia ca-tegoria delle lapidi itineranti, che per varie ragioni di collezionismohanno abbandonato le loro sedi originarie per essere ospitate neinostri musei cittadini. Il panorama risulta molto diversificato e trac-cia efficacemente la mappa dei progetti culturali che hanno portatoalla costituzione di questo importante patrimonio.

S’impone innanzitutto, per precocità, l’arrivo congiunto da Romadell’erma di Menandro [cat. 15] e di Omero (tra il 1610 e il 1616),che portarono a Torino una ventata di cultura filellena grazie anchealla notorietà dei personaggi rappresentati. Queste erme testimo-niano il clima e le ambizioni intellettuali operanti tra le aristocrazieromane nell’età imperiale; va considerata, tuttavia, anche la pas-sione dei dotti umanisti per le iscrizioni antiche e la stessa influenzache l’epigrafia classica esercitò su quella rinascimentale (Solin2012): non si può escludere, infatti, che l’abbinamento delle dueerme abbia suggerito nel Cinquecento un intervento epigrafico sultesto di Menandro, con l’aggiunta di una terza quartina di versi.Gli indizi sembrano sufficienti: gli ultimi versi sono intrinsecamenteestranei rispetto ai precedenti da un punto di vista contenutistico epaleografico; l’interlinea accresciuta all’interno degli ultimi quattroversi, inoltre, richiama in modo sospetto altri documenti, ad esem-pio della raccolta veronese del Maffei, da lui già giudicati comespurii. Egli ci ammonisce, comunque, sull’utilità di tali documenti,che possono esercitare il lettore, guidandolo nel riconoscimento

16

Page 18: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

dei documenti genuini o, come ebbe egli a dire, costituendo uno sti-molo ad erudiendos oculos, et ad genuinas a spuriis secernendas [scil.inscriptiones] (Maffei 1749, p. LXVII; cfr. Ritti 1981, nrr. 33, 46, 100).

Il vero episodio di svolta nel collezionismo subalpino coincise tut-tavia con l’arrivo della ricca raccolta di Bernardino Drovetti, con laquale affluirono a Torino documenti di significativo impatto storico.Fortemente eterogenea, la collezione, che fu acquistata da Carlo Felicenel 1824, comprendeva oggetti provenienti dall’area egizia oppuredalle sue strette dipendenze. Ricordo innanzitutto gli oggetti ancorarapportabili all’età ellenistica: l’elmo di bronzo appartenuto a unmacedone che militò ad Alessandria d’Egitto sotto i Lagidi [cat. 4];l’offerta votiva dedicata da un altro macedone, di nome Leonides,di cui forse conosciamo i legami famigliari, che nella sua qualificadi naukleros corse molti pericoli battendo le rotte del Mar Rosso[cat. 9]. La dedica fotografa le ardite esplorazioni che, già in età el-lenistica, si avventurarono in direzione dell’Arabia e del mare Indianoalla ricerca di prodotti di lusso. Ma non solo: da tali spedizioni eranoimportati in Egitto gli elefanti, temibili macchine da guerra posteal servizio dei Tolomei. Sempre di età ellenistica possiamo ricor-dare ancora un’iscrizione funeraria proveniente da Beirut, ove dueconiugi si rivolgono il tradizionale saluto funebre: Thallion e Thau-bastis [cat. 12], un greco asiatico e una donna dal nome egizio, chehanno probabilmente stretto un vincolo di unione mista.

17

Stele sepolcrale di un personaggio

ignoto, Verona,Museo Maffeiano

Page 19: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Il nucleo più cospicuo della collezione Drovetti appartiene peròa età imperiale e comprende anche documenti di proporzioni mo-numentali, come il gruppo marmoreo offerto al medico PapposTheognostos [cat. 13], cui la dedica rivolge un ringraziamento perun’avvenuta guarigione; essa vuole soprattutto esaltare, però, le fun-zioni terapeutiche di Serapide, presso il cui Serapeo ad Alessandriail monumento fu rinvenuto. Anche l’edicola con quattro figure fem-minili, forse di natura agonistica [cat. 14], presenta un’articolatacomposizione decorativa: essa fu firmata da Protys, il responsabiledella bottega scultorea. Di modesta fattura, inoltre, ma di forte ca-pacità documentaria, l’iscrizione funeraria bilingue greco-latina diAlkimos [cat. 11] ci rappresenta un mondo in evoluzione: innan-zitutto il panorama dei militari romani di stanza intorno ad Ales-sandria di Egitto, coordinati per quadri militari nella struttura dellelegioni, ma anche la vita ordinaria e molto umana che si organiz-zava negli accampamenti, con i comandanti di rango inferiore, iloro liberti e le famiglie di questi ultimi. La stele funeraria di Peteeus[cat. 2], infine, dalla semplice fattura e dalla modesta iconografia,descrive le tradizioni funebri di un individuo profondamente in-triso di cultura greco-egizia.

Successivamente all’acquisizione della collezione Drovetti giunsea Torino, nel 1853, la collezione cipriota donata dal console sardoMarcello Cerrutti: per questa via il patrimonio epigrafico greco siarricchì della dedica all’imperatrice Iulia Domna [cat. 10], mogliedi Settimio Severo e madre di Caracalla e Geta. Il documento testi-monia, con questo atto di omaggio nei confronti dell’augusta rap-presentante della famiglia imperiale, l’atteggiamento filoromanodella città di Larnaka.

L’iscrizione trilingue [cat. 8], proveniente da Pauli Gerrei (Ca-gliari), giunse a Torino successivamente al 1861; dono di un pri-vato, il notaio Michele Cappai, essa entrò a far parte dellecollezioni dei Savoia grazie alla mediazione dell’abate GiovanniSpano. Il reperto (I secolo a. C.) attesta un clima culturale per-meato di tradizioni puniche, a fronte di un clima politico ed eco-nomico dominato da Roma e occasionalmente popolato daindividui grecofoni di condizione servile. Le credenze religiosecomuni operano una sintesi tra questi tre mondi, accomunati nelculto del dio Asclepio, cui si rivolge il dedicante affidandogli leproprie speranze di guarigione. Il quadro economico, evocato dalcontesto epigrafico, descrive lo sfruttamento delle locali saline perparte delle società romane di publicani.

Le collezioni dei Savoia furono ulteriormente arricchite, nellaseconda metà del XIX secolo, da tre vasi attici che giunsero sepa-ratamente dall’area etrusca: si tratta di tre formidabili documentiusciti dalle botteghe ceramiste di Atene e giunti in Italia per soddi-sfare i gusti raffinati delle aristocrazie etrusche nella seconda metàdel VI secolo a.C. Già molto si è scritto sullo psykter a firma delgrande vasaio e pittore Euthymides [cat. 16], oggetto di rilevanza

18

Page 20: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

internazionale, su cui è raffigurato il noto atleta crotoniate Phayllos.La kylix a figure rosse [cat. 18] rappresenta, invece, la società ari-stocratica della fine dell’età arcaica, nelle sue componenti anche pe-derastiche, popolata da giovani connotati dalle iscrizioni-kalos. Lakylix attica a figure nere, più antica [cat. 17], ha goduto infine diminori attenzioni ma, attraverso la semplice iscrizione di proprietà,graffita sulla superficie esterna del vaso, è in grado di aprirci unmondo: quello dei Greci che risalirono il Tirreno in cerca di buoniaffari di mercatura, in particolar modo con gli Etruschi, prove-nendo da regioni molto lontane. Questi “capitani coraggiosi”, perusare un termine felicemente usato nel recente dibattito critico (DeVido 2013, p. 67), appartennero a popoli diversi: Euboici e Greciorientali, in prevalenza. Certo l’ignoto possessore della coppa cidice molto di sé, ma ancora la sua precisa identità ci sfugge.

Altri documenti, infine, esulano dal grande bacino del collezio-nismo dei Savoia, che rappresenta indubbiamente il polo attrattivomaggiore. Accanto a esso un posto di riguardo va riconosciuto aPadre Bruzza, che con passione e competenza costituì in area tori-nese un piccolo corpus d’iscrizioni, greche e latine. Il grande Bar-nabita, dotato di un sicuro orientamento metodologico, volse il suomagistero all’educazione della giovane nobiltà savoiarda che stavacompletando la propria istruzione presso il Real Collegio Carlo Al-berto. Egli riuscì a intercettare, con apprezzabile sensibilità per latutela e la conservazione, un’iscrizione giunta dalla Tracia per essereofferta come premio in una lotteria benefica: si tratta della dedicavotiva di Stratia, guarita da un malanno alla vista [cat. 5]. Gli altridue documenti provengono da area campana e illustrano un

19

Pagine delmanoscritto di

Padre Luigi Bruzza,conservato presso il

Real Collegio diMoncalieri

Page 21: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

mondo vario e composito. L’iscrizione funeraria per Domitia Eu-phrosyne [cat. 7] proviene da un contesto probabilmente libertino,mentre quella di Gamikos [cat. 6], di professione attore, ruota in-torno al mondo dei militari che gravitavano su Capo Miseno.

Due iscrizioni, da ultimo, sono di recente acquisizione, in quantofurono donate dall’Unione Industriale nel 1969; se non per colle-zionismo, esse pervennero certamente presso il Museo Egizio peratto di mecenatismo. La prima [cat. 1] proviene da Abido, nell’AltoEgitto, e conserva la semplice iscrizione funeraria di Pos, che di me-stiere fu architetto o, forse più probabilmente, semplice costruttore.La seconda [cat. 3] proviene da Armant, nell’Alto Egitto, e ci con-duce nell’epigrafia più tarda, d’impostazione cristiana. Essa ram-menta che l’uomo non è immortale, adeguandosi a una formula cheebbe molta fortuna su un lungo periodo cronologico. La constata-zione, inevitabile e di per sé poco originale, ha tuttavia una funzioneconsolatoria che apre a una visione ultraterrena, d’intonazione cri-stiana, nella precisazione finale che nessuno è immortale “su questaterra”.

Tra le iscrizioni greche autenticamente piemontesi, per così dire,cioè restituite dal territorio, possiamo annoverare due documentimolto particolari. Il primo, venuto alla luce nei dintorni dei bastionidella Consolata a Torino [cat. 22], è classificabile come onorario eprevedeva, nella sua forma originaria, una monumentalità di grandidimensioni: si doveva, infatti, sviluppare in elevato, con un sostegnorettangolare (trapeza), su cui si ergeva una statua equestre. La rile-vanza del documento è accresciuta anche dalla notorietà del dedi-catario, senatore e console sotto Nerva e Traiano, e dalla singolaritàdel dedicante, che fu una comunità greca d’ambito asiatico che sidefinisce consanguinea dei Romani. La seconda iscrizione provienedal territorio del municipio romano di Forum Fulvii (Alessandria,Villa del Foro). Si tratta di un amuleto [cat. 23] che doveva liberareuna donna dai dolori del capo e quindi aveva una funzione curativao profilattica. Il filatterio si apprezza per la tipologia documentaria,del tutto singolare, e inoltre per il materiale di cui è composto, unasottile lamina d’oro, che ne esalta la fragilità.

Altri tre documenti non hanno seguito le vie del collezionismoma provengono dal territorio del Piemonte orientale; si tratta di duecoppe e di un bicchiere in vetro colorato, risalenti al primo secolod.C., con iscrizioni greche. Le prime due riportano la firma dellabottega di Ennion [cat. 19 e 20], il terzo suggerisce di godere la vitaper le gioie che essa possa offrire [cat. 21]. Il piccolo corpus attestala vitalità del commercio di lussuosi oggetti prodotti da maestranzegreche orientali e distribuiti per via probabilmente fluviale nei prin-cipali centri dell’Italia settentrionale.

20

Page 22: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

CatalogoSchede di

Valentina Barberis [V.B.]

Sara Maria Demichelis [S.M.D]

Enrica Culasso Gastaldi [E.C.G.]

Daniela Marchiandi [D.M.]

Elisa Fiore Marochetti [E.F.M.]

Elisa Panero [E.P.]

Gabriella Pantò [G.P.]

Patrizia Petitti [P.P.]

Anna Maria Riccomini [A.M.R.]

Giuseppina Spagnolo Garzoli [G.S.G.]

Page 23: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.
Page 24: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

incrociate al petto che reggono uno scettroheqat e un flagello nekhekh, il capo è sor-montato da una corona atef, una tiarafiancheggiata da piume di struzzo. La deaIside è rappresentata stante, dietro losposo Osiride, la gamba sinistra appenaavanzata, il capo coronato da un disco so-lare tra corna bovine, la mano destra di-stesa lungo il fianco impugna una croceankh, simbolo di vita, mentre la sinistra èsollevata alle spalle del dio in un atteggia-mento di protezione.

Davanti a Osiride si trova una tavolad’offerta a piede centrale sormontata daquattro pani stilizzati. Al di sopra tre lineeverticali delimitano lo spazio che avrebbedovuto ospitare i geroglifici con i nomidelle divinità rappresentate (Spiegelberg1904, CGC 31149 e passim), l’iscrizionenon è però stata realizzata. Di fronte alla ta-vola, il dio Anubi, a testa di sciacallo ecorpo umano, è raffigurato in piedi dietroal defunto che introduce al cospetto di Osi-ride. Il defunto appare come una mummia,sorretta in piedi dalle braccia del dio, chene cingono il corpo. La funzione di psico-pompo di Anubi, documentata già a partiredall’Antico Regno, si mantiene attraverso isecoli determinandone l’assimilazione daparte dei Greci con Hermes.

[S.M.D.]

L’iscrizione è disposta su una sola lineaal di sotto della raffigurazione iconogra-fica ed è separata da questa da una sem-plice cornice costituita da due lineeparallele incise. L’impaginazione del testo

La continuità nell’Egitto romano delleantiche tradizioni funerarie egizie è atte-stata anche da un insieme di stele, prove-nienti dalla necropoli di Abido (Bosticco1970, p. 67), in cui compaiono elementiiconografici che legano la sopravvivenzadel defunto alla sua identificazione conOsiride, il dio trionfante sulla morte. Ladecorazione di questi documenti segueuno schema fisso: è ripartita in tre registri,i primi due figurati e il terzo recante in-vece un’iscrizione con il nome del defuntoe una breve preghiera. Il testo è redatto oin demotico o in greco, a dimostrarequindi l’adozione di credenze religiose egi-zie anche in ambiti estranei a quelli dei na-tivi (Spiegelberg 1904, tav. 5 e Bosticco1970, p. 67, tav. 60).

Nel frontone arcuato della stele è rap-presentato un disco solare alato con dueserpenti cobra che pendono; al di sotto, inposizione centrale, una mummia è depo-sta su una barca molto stilizzata, con pruae poppa a forma di fiore di loto: su di essail defunto avrebbe dovuto navigare finoalla città sacra di Abido per ricongiungersicon il dio dell’Aldilà Osiride. Ai lati sitrova, in composizione simmetrica, la rap-presentazione di due sciacalli assisi sullezampe posteriori, rivolti verso l’esterno,immagine del dio funerario Anubi. Nellasezione centrale della stele è raffigurata lascena di presentazione del defunto al co-spetto di Osiride. Il dio è assiso sul bassotrono cubico delle divinità, appoggiato suuna pedana, il corpo è fasciato in un man-tello aderente da cui fuoriescono le mani

1. Stele funeraria egiziaInv. Suppl. 18114

Età imperiale (II-III secolo d.C.)Calcareh cm 45,5; larghezza 30,5; profondità 7,2Integra, margine inferiore leggermente scheggiato, retro originaleProvenienza: da Abido, Alto Egitto Museo Egizio di Torino (dono dell’Unione Industriale 1969)

23

Page 25: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

24

iscritto è centrata. Le lettere sono rubricatee presentano il tratto finale leggermenteingrossato. Epsilon, sigma e omega sonolunati. Una tendenza evidente ad arroton-dare i tratti rettilinei suggerisce una data-zione all’età imperiale; una possibileinfluenza della scrittura corsiva potrebbeanche suggerire una datazione inoltratanel medesimo periodo. Altezza specchioepigrafico: cm 7,8. Altezza lettere: cm 1-1,7; iota: 2; kappa: 2,2.

Il defunto ha voluto ricordare il proprioidionimo, senza altri attributi nominali, ela professione che esercitò in vita; mancaanche l’indicazione biometrica, che apparericorrente con una certa frequenza negliesempi confrontabili. L’idionimo Pos èmolto raro (cf. Boswinkel - Pestman 1978,nr. 22, 2; VI sec. d. C.) e può figurare comeuna variante di Ποῦς (Preisigke 1922, col.342; Foraboschi 1971, p. 267) o di Παῶς(Preisigke 1922, col. 297; SB V 8881, 6;Παιώς SB V 8832; Foraboschi 1971, p.244). La professione indicata dal defuntocomunica un forte desiderio di autorap-presentazione, a maggior ragione evidentea fronte della dichiarazione onomasticacostituita da un solo elemento nominale.Egli esercitò il mestiere, socialmente ap-prezzabile, di architetto o di costruttore(un confronto da Panopolis in Milne 1905,p. 80, nr. 9374; II/III sec. d.C., ma altriconfronti sono disponibili nelle aree delVicino Oriente). Talvolta leggiamo nelleiscrizioni egizie la dichiarazione di altreprofessioni quali il pittore (Perdrizet - Le-febvre 1919, 319; Bernand 1975, 40: ζω-γράφος), il panettiere (Bernand 1992, p.122 nr. 72: ἀρκτοκόπος), il venditore dibacche di mirto (Bernand 1975, 41: μιρτο-πώλης; per altri mestieri, collegati ai ruolipubblici dell’amministrazione, ad attivitàmilitari o commerciali, vd. Milne 1905, pp.152-153).

“Pos costruttore”.[E.C.G.] BIBLIOGRAFIA

Inedita

Stele funeraria di Horo, Firenze,Museo Archeologico, inv. 6404

(da Bosticco 1972)

Page 26: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

25

2. Stele funeraria egiziaCat. 7145

Età imperialeCalcareh cm 25; larghezza 19; profondità 5-6,4Mancante dell’angolo inferiore sinistro; fianchi e retro originali; foro per grappa sul mar-gine superioreProvenienza: ignota, collezione Drovetti Museo Egizio di Torino

Il carattere funerario della stele, dallasommità arcuata, è evidente dalla raffigu-razione del corpo mummificato, disteso aldi sotto dell’iscrizione. Il bendaggio dei liniincrociati, caratteristico del periodo ro-mano, è reso sommariamente come il restodella figura. Alle estremità racchiudonol’iscrizione e la figura quattro angoli incisi.

[E.F.M.]

L’iscrizione e l’iconografia sono delimi-tate da una coppia di tratti ortogonali spe-culari, di cui è andato perduto quasicompletamente l’elemento inferiore sini-stro. L’iscrizione, che occupa la parte cen-trale della superficie ed è composta da trelinee, è scandita superiormente e inferior-mente da una linea orizzontale graffita.Sotto lo specchio epigrafico è tracciata lagrossolana raffigurazione di una mum-mia, fasciata da lini incrociati e deposta sulletto funebre.

Le lettere conservano tracce di rubrica-tura; lettere lunate; presenza di modesteapicature. L’altezza delle lettere aumentaprogressivamente dalla prima all’ultimalinea (linea 1: cm 2-2,6; linea 2: 2.3-2,4;linea 3: 2,8, omicron 1,8).

L’iscrizione, giunta con la collezioneDrovetti (Fabretti 1880, p. 230 nr. 125; Fa-bretti - Rossi - Lanzone 1888, p. 312, nr.7145), fu già segnalata da Cordero di SanQuintino e da Lumbroso. Essa conservanome, patronimico ed età del defunto. Ilnome Peteeus, “dono degli Dei”, è di ori-gine egizia e si conserva ancora nell’uso

dell’Egitto greco-romano (Preisigke 1922,s.v., col. 312; Lüddeckens 1984, p. 296).Alla terza linea, dove si conserva l’indica-zione biometrica, il simbolo che precede ilnumerale ha il consueto significato diesprimere gli anni vissuti (Avi-Yonah1940, p. 114; Bernand 1992, p. 66). L’etàdel defunto è espressa con il sistema nu-merale alfabetico, ampiamente in uso inetà romana, dove le lettere NA indicano ilnumero cinquantuno.

La tradizione delle stele centinate, giàattestata dal Medio Regno, prosegue nel-l’età ellenistica e romana. Per quel che ri-guarda la provenienza della stele, la forma

Page 27: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

26

e l’iconografia potrebbero suggerire unastringente somiglianza con i manufattiprovenienti da Akoris (Tehna El-Gebel;sulla storia degli scavi, databili alla fine delXIX secolo, cfr. Bernand 1988, pp. XI-XX).Le stele funerarie di Akoris, grossolana-mente lavorate, offrono molti confronti,infatti, sulla forma centinata del manufattoe sull’approssimativa raffigurazione di unamummia su letto funebre (vd. in partico-lare Bernand 1988, p. XXIV e planche 30sgg., con ulteriori raffronti, per le iscri-zioni conservate al Museo del Louvre, inId. 1992, planche 45-7). Il nome del de-funto Peteeus trova un riscontro proprioad Akoris nell’età imperiale (SB I 48; Ber-nand 1988, nr. 66), così come anche ilnome Ammonios sembra godervi di unparticolare favore: qui Ammone conosceinfatti forme particolari di culto che lopongono tra le divinità più venerate (Ber-nand 1988, p. XXV; cfr. ex.gr. nrr. 7, 9, 10,51, 53, 67, 81; Id. 1992, nr. 81, p. 130).[Queste ultime considerazioni sono stateavviate, in parte, già da B. Guagliumi,Schede del Museo di Antichità Egizie, Di-partimento di Storia, Università di To-rino].

“Peteeus, figlio di Ammonios, dell’età dicinquantuno anni”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIACordero di S. Quintino 1825, p. 323; Lum-broso 1868/1869, p. 703; SB I 2023; Fabretti– Rossi – Lanzone 1888, p. 312.

Stele funeraria da Akôris (da Bernand 1988, cat. 49)

Stele funeraria dall’Egitto, II-III secolo d.C., già a Berlino

(perduta durante la guerra)

Page 28: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

27

Il rilievo appartiene a un gruppo di stelefunerarie provenienti da Armant, a sud diLuxor, caratterizzate dallo stesso modelloa edicola e dalla tipica e stereotipata orna-mentazione locale risolta secondo schemicompositivi analoghi. Si registrano va-rianti nei motivi decorativi utilizzati qualiriempitivi e differenziazioni di tipo quali-tativo nel modellato, profondamente in-ciso e con campi ribassati, così comealcune varianti si riconoscono nel formu-lario epigrafico sempre breve ma che puòessere anche disposto alla base della stele,e che in taluni casi ricorda il nome del de-funto e la professione.

La stele trapezoidale reca sul frontonetriangolare una semplice decorazione apalmetta iscritta in uno spazio triangolareche sovrasta l’iscrizione in greco, marcatatra due linee incise, la cui formula gene-rica si ritrova anche in contesti pagani. Nelcampo centrale una cornice quadrango-lare circoscrive un clipeo costituito da unacorona di foglie di palma fortemente sti-lizzate (simboleggianti probabilmente larinascita) disposte simmetricamente econvergenti sull’asse verticale, entro cui sicolloca una croce greca con bracci termi-nanti a coda di rondine; alcuni elementiriempitivi con due rosette in alto e fogliein basso completano la decorazione in cuii campi ribassati sono campiti di colorerosso su pigmento bianco, analogamenteal solco delle lettere.

Al centro della stele è presente un foroquadrangolare (h cm 4,2; larghezza 3,8),ben rifinito anche sul retro, circoscritto da

un cerchio inciso che taglia in parte sial’ultimo registro dell’iscrizione, sia la de-corazione, in altri casi interpretato comealloggiamento per il fissaggio della stelenell’esemplare dal confronto stringente(Effenbergen 1996, pp. 126-127, cat. 80),ma che potrebbe anche essere indicativodel riutilizzo successivo come segnacoloper una tomba in cui la fenestrella consen-tiva l’introduzione di brandea, ovvero

3. Stele funeraria a edicolaInv. Suppl. 18116

VI-VII secolo d.C.Calcare biancoh cm 46,7; larghezza 21,9-28,3; profondità 10-12,5Integra, con consistenti sbrecciature e abrasioniProvenienza: Armant, Alto Egitto Museo Egizio di Torino (dono dell’Unione Industriale 1969)

Page 29: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

28

strisce di tessuto che venivano poste acontatto con la sepoltura venerata.

[G.P.]

Tra il frontone e la cornice è ospitato lospecchio epigrafico, che è delimitato dadue semplici solchi lineari. Misure: h cm10,5; larghezza 21,7-24,7. L’iscrizione eracomposta originariamente da quattrolinee, di cui la prima fu erasa per motiviche non si lasciano definire. Le lettere con-servano traccia di rubricatura. Epsilon,omicron e omega sono lunati. Alpha pre-senta il tratto orizzontale fortemente ri-bassato, tanto da congiungersi con leestremità dei tratti obliqui. Altezza lettere:cm 1,4-1,8; omicron 1,2. La lingua è carat-terizzata da fenomeni fonetici, dovuti allatrascuratezza culturale del lapicida (conosservazioni generali sulla produzioneepigrafica d’età cristiana in Egitto vd. Le-febvre 1907, pp. XXXVIII-XXXIX): deltaè notato come tau, con scambio tra dentaliosservabile altrove in modo ricorrente(οὐτίς / οὐδείς); il fenomeno di itacismo èosservabile nel dittongo ει registrato comeiota nella parola οὐτίς (il lemma è indiffe-rentemente iscritto, nell’epigrafia tardo-romana e cristiana, secondo le variantiοὐδείς, οὐτείς, οὐδίς); omicron è intercam-biabile con omega nel sintagma ἐν τῷ

κόσμο τούτῳ, a dimostrazione della per-dita del valore breve e lungo delle vocalinell’uso comune e di un’evidente identitàdi pronuncia.

L’espressione funeraria ha un’inten-zione fortemente consolatoria, non solonel ricordare che nessuno è immortale, masoprattutto nel rilevare che tale limiteumano invalicabile è legato all’esistenza“in questo mondo” terreno. Tale afferma-zione, apparentemente ispirata a modesteriflessioni materialistiche, è infatti impre-gnata di un’attesa salvifica legata alla spe-ranza di una vita ultraterrena (Lefebvre1903, pp. 80-1; cfr. Id. 1907, p. XXX).La formula completa comprendeva origi-nariamente nella prima linea erasaun’espressione di conforto oppure un’invo-cazione religiosa (μαρ[.]αμμη+) oppureanche un elemento nominale, cui seguivala massima <ο>ὐτὶς ἀθάνατος ἐν τῷκόσμο τούτῳ. La formula esortativa diconforto prevede un alto numero di va-rianti, sempre volte ad allontanare dall’in-dividuo le sofferenze morali del trapasso:esse invitano a stare di buon animo (εὐψύ-χει, εὐψύχι, εὐθύμει), ad avere coraggio(θάρσει, θάρσι, θαρσεῖτε), a essere felici(εὐμοίρει, εὐτύχει, εὐτύχι), a non soffrire(μὴ λύπει, λυποῦ, λυπηθῇς). La lingua, perquanto in una fase di trasformazione, è

Page 30: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

29

influenzata soprattutto dalla fantasia deisingoli lapicidi, che utilizzano tutte le va-riazioni possibili di itacismo e tutte le con-fusioni praticabili tra suoni foneticamenteprossimi.

La massima conosce una grande for-tuna nel mondo tardo-antico, con prose-cuzione inoltrata ancora in età bizantina,in ambito sia pagano sia cristiano (soprat-tutto con la variante inneggiante allaprosecuzione della vita nell’aldilà). Unconsistente nucleo di confronti documen-tari provenienti da Armant (Hermonthis)conferma tuttavia l’origine della stele pro-prio da tale località dell’Alto Egitto, comeperaltro è già stato ipotizzato sulla base deiparagoni stilistici. La formula consolatoriavaria all’interno del medesimo registro: μὴλυπηθῇς, con grande prevalenza (sull’usodella forma passiva in luogo di quella at-tiva cfr. Lefebvre 1907, p. XL; inoltre,ex.gr., ibid. n. 385, 421, 422, 426, 445,454, 459, 462, 465, 476, 479, 494 496, 507,515, 525), ma anche μὴ λυποῦ, con minoriattestazioni (ibid. 485). Anche l’aggiuntasalvifica ἐν τῷ κόσμῳ τούτῳ contraddi-stingue l’epigrafia cristiana di Armant inmodo riconoscibile.

“Nessuno è immortale in questo mondo”. [E.C.G.]

BIBLIOGRAFIADonadoni 1988, p. 242; l’iscrizione è ine-dita.

Stele funeraria coptadell’architetto Euprepios,

dall’Alto Egitto, V-VI secolo d.C.(inv. 22878), Città del Vaticano,

Museo Gregoriano Egizio

Page 31: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

30

Elmo del tipo a pileo con calotta diforma conica appuntita nella parte supe-riore a base subcircolare, con volute a ri-lievo sulla fronte; l’ampia tesa obliqua èmodellata sui lati in corrispondenza deifori (tre per parte) di fissaggio delle para-gnatidi, non conservate e probabilmentein materiale deperibile, e della protezionedel collo su cui si trova l’iscrizione con ilnome del proprietario.

Un analogo esemplare all’AshmoleanMuseum di Oxford (Waurich 1988, fig.14), maggiormente integro, conserva an-cora in cima alla calotta il foro per l’inse-rimento di un elemento decorativo.

Gli elmi a pilo, dal nome del pileo, il ti-pico copricapo di feltro, spesso a bordirialzati, diffuso in tutta la Grecia, compa-iono durante il V secolo a.C. e risultanospecialmente utilizzati nel IV. Il nostro ap-partiene a una variante tarda, databile al IIsecolo a.C. dal confronto con la medesimafoggia di elmo su una serie di conii mone-tali macedoni presentati da Waurick(1988, fig. 13, 10-11).

Nella classificazione del Waurick (1988,tav. 1) il tipo è indicato come n. 7; la suadistribuzione è ampia e spazia dall’Europaall’Asia Minore.

[P.P.]

L’elmo fu rinvenuto ad Alessandriacome ricordano con precisione i primieditori e giunse a Torino con la collezioneDrovetti (Fabretti 1880, p. 219 n. 306).Sulla tesa corre un’iscrizione su due lineerealizzata attraverso l’accostamento di

4. Elmo grecoInv. n. 7174

II secolo a.C. Lamina di bronzo fusah cm 24; larghezza 23-29,5 Ampie lacune all’apice della calotta Provenienza: da Alessandria d’Egitto, Collezione Drovetti Museo delle Antichità Egizie di Torino

Page 32: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

31

piccole incisioni puntinate, secondo unatecnica suggerita dalla qualità del mate-riale di supporto. Le lettere epsilon e sigmasono lunate. I tratti obliqui presentano unaleggera incurvatura e le lettere tonde sonovisibilmente rimpicciolite. Lo xi presenta,in assenza del tratto verticale, il segmentoorizzontale intermedio accorciato. Spec-chio epigrafico: h cm 2,8-3; larghezza 8-8,7. Altezza delle lettere: cm 0,4-0,6,omicron 0,3. Un foro circolare di fissaggioper la protezione del collo interrompe laseconda linea di scrittura tra la quinta e lasesta lettera. Le caratteristiche paleografi-che suggeriscono una datazione nell’am-bito dell’età ellenistica avanzata.

L’iscrizione ricorda, in caso genitivo, ilnome di colui che fu il proprietario del-l’elmo: l’onomastica è composta, secondol’uso greco, dal nome proprio, nella primalinea, e dall’indicazione patronimica, nellaseconda linea. Manca l’etnico, che avrebbepotuto confermare l’appartenenza del mi-litare al popolo macedone. Anche in suaassenza, tuttavia, la forte ricorrenza delnome Nikanor nella Grecia centrale e set-tentrionale potrebbe indicare tale ipotesi

come percorribile; molti individui porta-tori di tale onomastica sono reperibili,inoltre, tra i Macedoni che operarono al difuori della patria di origine e molti di essisono localizzabili proprio in Egitto (Tataki1998, pp. 380-4, part. nrr. 31-3, 41, 45, 47).Il nome Alexandros invece, per la suaestrema diffusione, non fornisce indiziutili.

“Di Alexandros, figlio di Nikanor”.[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIAGau 1822, tab. X n. 3; CIG III 4685; Fabretti1872, p. 25; Fabretti – Rossi – Lanzone1888, p. 315; SB V 8287; Curto 1984, p.316; Waurick 1988, p. 157, fig. 15.

Page 33: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

32

Page 34: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

33

Piccola stele rettangolare, dal profilo su-periore arrotondato. Il campo figurativo èdelimitato da una cornice a rilievo, più svi-luppata nel margine inferiore per conte-nere lo specchio epigrafico, che si sviluppain parte anche lungo il bordo superiore. Lelettere sono rubricate.

Come ricorda l’iscrizione, la stele è undono votivo in onore di Demetra da partedi Stratia, grata per avere recuperato lavista; nel margine superiore la dedica siestende anche ad Agathe Tyche (BuonaFortuna), una divinità che dall’età elleni-stica assume alcune delle prerogative diDemetra, con una parziale sovrapposi-zione dei culti.

La figura stante sulla destra, vestita diun chitone altocinto e dal capo coperto daun lungo mantello (himation) e da un altocopricapo cilindrico (polos), tipico delledee madri, è identificabile con Demetra:con la destra la dea è intenta a fare una li-bagione su un altare, da cui salgono dellefiamme, mentre con il braccio sinistroregge una lunga fiaccola intorno a cui siavvolge un serpente. Di fronte a Demetra,in proporzioni gerarchicamente ridotte, èla dedicante, Stratia, che tende entrambele braccia verso la dea, in atteggiamento disupplica. In secondo piano, in uno spaziofigurativo autonomo rispetto alla scenaprincipale, siede in trono una coppia di di-vinità (maschile a sinistra e femminile adestra), entrambe con uno scettro nellamano sinistra, in cui è possibile ricono-scere Plutone e Proserpina. La rigida fron-

talità di queste figure divine riesce ad evo-care, pur nell’ingenuità della resa prospet-tica e nella trattazione sommaria delrilievo, l’aura ieratica dei gruppi cultualidedicati alle divinità eleusine o a quelle adesse assimilate, come il gruppo marmoreodal tempio di Despoina (Proserpina) a Ly-kosoura, in Arcadia, del II secolo a.C. (LaRocca 2010, fig. 19).

In questo suo ruolo di divinità salutare,Demetra assume le funzioni di Igea, in unsincretismo religioso sottolineato dallapresenza del serpente, in cui si è propostodi riconoscere non tanto il tradizionalesimbolo ctonio di Demetra, ma l’attributodella dea della salute (Bruzza 1861; vedianche Kerény 1967, p. 202, nota 53).

Il rilievo entrò a far parte delle raccoltearcheologiche del Real Collegio Carlo Al-berto di Moncalieri nel 1859, grazie all’in-teressamento del barnabita Luigi Bruzza,appassionato raccoglitore di antichità edesperto studioso di iscrizioni antiche, chenei soggiorni a Roma e Napoli riuscì a for-mare una piccola ma scelta raccolta epigra-fica, cui si aggiunsero presto importantiiscrizioni del Piemonte romano (CulassoGastaldi 1995a e 1995b; Uggé 2009). ANapoli il Bruzza ebbe modo di appren-dere il greco, una conoscenza che gli fa-ciliterà l’interpretazione dei monumentiepigrafici estranei all’ambito italico, comenel caso di questo rilievo. Il pezzo, infatti,venne trovato prima del 1851 a Filippopoliin Tracia (attuale Bulgaria) e da qui inviatoa Torino come premio di una lotteria per

5. Rilievo votivo a Demetras. inv.

Fine II-III secolo d.C.Marmo biancoh cm 31,5; larghezza cm 23,5; profondità cm 8La superficie è piuttosto corrosa e in corrispondenza dell’angolo superiore destro e di quelloinferiore sinistro si notano due frattureProvenienza: da Filippopoli, Tracia, collezione BruzzaMoncalieri (Torino), Real Collegio Carlo Alberto

Page 35: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

34

le missioni cattoliche: l’impegno delBruzza, che del rilievo pubblicherà anchela prima edizione nella prestigiosa sededegli Annali dell’Istituto di Corrispon-denza Archeologica (Bruzza 1861), ne hascongiurato la dispersione e garantito l’at-tuale musealizzazione.

L’acconciatura adottata dalla dedicanteè resa in modo troppo sommario per per-mettere un preciso inquadramento crono-logico: i capelli sono raccolti sulla nuca inuno chignon piuttosto piatto, secondo unafoggia in uso tra la fine del II e i primi de-cenni del III secolo d.C., una datazioneche si avvicina a quella avanzata dalBruzza (post regno di Settimio Severo) eche sembra accordarsi anche con i carat-teri epigrafici della dedica.

La forma quasi quadrata della stele e ilsemplice coronamento si confrontano conalcuni rilievi votivi iscritti in greco nelMuseo Maffeiano di Verona, anch’essi da-tabili tra la fine del II e l’inizio del III se-colo d.C. (Ritti 1981, nn. 80, 87, 88),mentre l’iconografia e il gesto di Demetratrovano un valido precedente in un rilievovotivo dalla Macedonia, della prima etàimperiale (Beschi 1988, n. 29).

[A.M.R.]

L’iscrizione presenta una paleografiatrascurata, dai tratti molto incurvati, am-bientabile in età imperiale avanzata. Le let-tere epsilon, sigma e omega sono lunate.Una hedera distinguens orna la superficiescrittoria. Sul margine superiore si con-serva la tradizionale invocazione augurale“Alla buona sorte”, cui segue, sul margineinferiore, la dedica votiva rivolta dalla fe-dele, di nome Stratia, alla Dea Demetra.L’atteggiamento orante con cui la devota,nel rilievo iconografico, alza le bracciaverso la divinità trova la sua motivazionenel testo iscritto: la dea avrebbe guaritoStratia da un male connesso alla vista(ὑπὲρ ὁράσεως) e come ringraziamentoquest’ultima le avrebbe dedicato il rilievocome dono votivo (δῶρον). L’onomastica

della donna è ricorrente nell’età imperialeromana.

“Alla buona sorte. Stratia per il recuperodella vista, alla dea Demetra, come donovotivo”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIABruzza 1861, pp. 380-8; Syll.3 1141; Mihai-lov 1961, nr. 932; Kerényi 1967, p. 202,nota 53; Culasso Gastaldi 1995a, pp. 154-157 n. 1 (con bibl. precedente); Ead. 1995b,pp. 50-51, 55, fig. 3: Stecca 1997, p. 172.

Page 36: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

35

Lastra quadrangolare con lo specchioepigrafico rialzato e delimitato da una mo-danatura a cavetto.

Luigi Bruzza, in una lettera datata 28 di-cembre 1859, descrive l’epigrafe comegiunta a Moncalieri e già entrata a farparte della collezione epigrafica. L’iscri-zione, che si sviluppa su cinque linee discrittura, presenta le lettere rubricate. Il la-picida incise con cura le lettere e tentò diordinare il testo secondo un’impagina-zione centrata, non perfettamente riuscitaalla quinta linea. Una hedera distinguens eun’interpunzione a forma di virgola api-cata segnalano le lettere con valore nume-rale, che sono anche sovrastate da untratto lineare. Epsilon, omicron e omegasono lunati.

Il titolo conserva la semplice iscrizionefuneraria di Gamikos, che morì all’età di

quindici anni. L’indicazione numerale èresa con il sistema alfabetico (iota=10, ep-silon=5). Egli praticò il mestiere di attorecomico (komodos), per il quale si riscontrala presenza di bambini o di adolescenti inattività sceniche d’ambito sia pubblico siaprivato. La sua patria di origine fu la cittàfrigia di Aezani, come leggiamo alla terzalinea: l’etnico tuttavia è espresso in unaforma insolita (Azianeites pro Aizaneites).

Le caratteristiche paleografiche potreb-bero indicare una datazione intorno al IIsecolo d. C.

“Gamikos, attore di commedia, di Aezani,visse quindici anni”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIALumbroso 1874, p. 218; IG XIV 874; Cu-lasso Gastaldi 1995a, pp. 157-158 n. 2.

6. Iscrizione funeraria di Gamikoss. inv.

II secolo d. C.Marmo biancoh cm 35; larghezza 35; profondità 5Provenienza: da Miseno (Campania), ignote data (ante 1859) e circostanze del rinveni-mento, collezione BruzzaMoncalieri (Torino), Real Collegio Carlo Alberto

Page 37: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

36

Lastra dai margini rozzamente sbozzatie tracce di corniciatura. Come per l’iscri-zione [cat. 6] in ricordo del giovane attoreGamikos, anche per questa epigrafe cono-sciamo la data dell’arrivo all’interno dellacollezione epigrafica, che fu costituita daLuigi Bruzza presso il Real Collegio diMoncalieri: una lettera autografa datata 28dicembre 1859 ne rappresenta infatti ilprimo ricordo.

Il lapicida usò diffusamente il sistemadelle abbreviazioni per adattare lo scritto

alla modesta superficie scrittoria. Per aiu-tare poi il lettore nella comprensione deltesto, egli impiegò ripetutamente segnid’interpunzione triangolari e hederae di-stinguentes di varia forma e dimensione.

Dopo l’invocazione agli Dei Mani, me-diata dal mondo romano ed espressa concaratteri greci, il dedicante Gaios Nymphi-dios Alexandros rivolge il proprio ricordoa una donna di nome Domitia Euphrosyne.La titolare della dedica è una giovane ap-partenente alla gens Domitia, come prova

7. Iscrizione funeraria per Domitia Euphrosynes. inv.

II-III secolo d. C.Marmo biancoh cm 16; larghezza 24; profondità 4IntegraProvenienza: da Pozzuoli (Campania), ignote data (ante 1859) e circostanze del rinveni-mento, collezione BruzzaMoncalieri (Torino), Real Collegio Carlo Alberto

Page 38: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

37

il suo gentilizio, ma sicuramente di originegreca, come indica il suo cognome Eu-phrosyne. Questi due elementi, congiunta-mente, fanno pensare che la donna possaessere una liberta. Anche il dedicante, chedichiara un gentilizio greco, ma un co-gnome grecanico, potrebbe appartenere adambiente libertino (in analogia con il casodi C. Nymphidius Sabinus, prefetto delpretorio sotto Nerone: cfr. PIR2 N 200).

Il rapporto parentale tra i due individuiè richiamato dalla qualifica ἀδελφή attri-buita alla donna (linea 3): in essa è da in-tendere sorella ma soprattutto sposa, com’èprovato dall’onomastica, che presenta undifferente gentilizio rispetto a quello deldedicante.

Il motivo della dedica è formulato allelinee 4-5: la formula μνίας χάριν, in luogodella più frequente μνήμης χάριν, rivela lavolontà di perpetuare il ricordo della de-funta. Costei morì all’età di ventisetteanni, come ricorda l’espressione biome-trica espressa attraverso il sistema nume-rale alfabetico (κ=20, ζ=7).

La tipologia dell’iscrizione e le caratte-ristiche paleografiche indicano una crono-logia rapportabile al II-III secolo d. C.

“Agli Dei Mani. Gaios Nymphidios Ale-xandros alla propria sorella dolcissimaDomitia Euphrosyne, in ricordo fece, es-sendo ella vissuta 27 anni”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIALumbroso 1874, p. 218; IG XIV 850; Cu-lasso Gastaldi 1995a, pp. 158-160 n. 3.

Page 39: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

La storia del collezionismo archeolo-gico in Sardegna si lega alla presenza delre Carlo Felice, che soggiornò a Cagliari inqualità di Viceré a inizio Ottocento. Inparticolare l’iscrizione trilingue attesta ilcostituirsi di un collezionismo colto di pri-vati, tradizionalmente sensibili alla con-servazione del reperto archeologico, chefanno confluire l’iscrizione trilingue nelleraccolte dei Savoia. Il manufatto fu donatoinfatti dallo scopritore e proprietario delterreno, notaio Michele Cappai, all’abateGiovanni Spano, che ne fece a sua voltadono al Museo di Antichità di Torino.

Il monumento originariamente eracomposto da una base, sopra cui si ergeva

un plinto quadrato con echino e un troncodi colonna. Una decorazione di ramibronzei con foglie di alloro, non pervenuti,circondava originariamente la colonna.

L’iscrizione, che si è conservata integra,è composta da cinque linee di scrittura checorrono sulla base bronzea. Essa conserval’iscrizione votiva di Kleon, preposto allesaline, per Esculapio-Asclepio-EshmunMerre, il dio guaritore il cui nome è decli-nato nelle tre accezioni culturali e onoma-stiche proprie del mondo latino, greco efenicio.

La versione trilingue del testo esprimela composizione articolata e plurietnicadella comunità antica insediata nell’area di

38

8. Iscrizione trilingue da Pauli GerreiInv. 1046

I secolo a. C.Bronzoh cm 7-15; lunghezza 41 Ricomposto da due frammentiProvenienza: rinvenuto nel 1861 a Pauli Gerrei, località Santuiaci (Cagliari)

Page 40: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

39

Cagliari. Il testo latino occupa la primaposizione nell’ordine di scrittura, in osse-quio alla dominante presenza politica edeconomica di Roma, ma contiene anche iltesto più essenziale. In esso il dedicante sidichiara servo di una società di pubbli-cani. Il testo greco, giustificato dall’origineellenica del dedicante, come rivela la suaonomastica, appare più preciso e motival’offerta come un dono votivo richiesto daldio. Il testo fenicio, infine, conserva il mag-gior numero d’informazioni, dettagliandoanche il materiale bronzeo della dedica e ilpeso di cento libbre. Il rapporto del fedelecon il dio descrive inoltre l’azione dellaguarigione come conseguenza di un atto ri-petuto di supplica. La datazione, infine, èprecisata attraverso la magistratura eponi-mica dei suffeti cagliaritani: se ne evince lapersistenza delle tradizioni culturali delmondo punico in un momento cronolo-gico che ha già conosciuto un’avanzata ro-manizzazione. Nei testi greco e fenicio ilrapporto servile è attenuato attraversoespressioni meno precise che collegano ildedicante all’attività estrattiva delle saline(Culasso Gastaldi 2000).

La cronologia è suggerita da considera-zioni interne al testo: l’appartenenza deldedicante all’ambito servile suggerisce unadatazione della dedica nel quadro del I se-colo a.C. (Culasso Gastaldi 2000); alcuniprestiti linguistici del testo punico nei con-fronti soprattutto della lingua latina confer-mano la datazione proposta: in particolarela parola latina socius è acquisita attraversoun meccanismo di calco fonetico a prefe-renza di altro termine punico ed è adattataalle esigenze della lingua ricevente (Pen-nacchietti 2002).

Testo latino: “Cleon, schiavo degli appalta-tori del sale, a Escolapio Merre diede in donodi buon grado, a ragione, meritatamente”.

Testo greco: “Ad Asclepio Merre Kleon, ilpreposto alle saline, dedicò come offertavotiva una base, secondo l’ordine del dio”.

Testo punico: “Al Signore Eshmun Merre.Cippo di bronzo del peso di cento libbreche ha dedicato Cleone, quello dei conces-sionari che (operano) nelle saline. Haascoltato la sua voce, lo ha guarito. Nel-l’anno dei suffeti Himilkot e Abdeshmunfiglio (figli) di HMLN”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIASpano 1863, pp. 87-102; Peyron 1863, pp.103-114; CIS I 1, 143; CIL X 7856; IG XIV608; CIL I2 2226; Amadasi Guzzo 1967, pp.91-93 n. 9; Culasso Gastaldi 2000, pp. 11-28; Pennacchietti 2002, pp. 304-312; Ber-gamini 2006, pp. 20-25.

Page 41: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

40

Il testo è inciso con cura ed è caratteriz-zato dalla presenza di linee-guida graffite,che ne facilitano l’impaginazione. I puntitondi preparatori corrispondono agli apicidelle lettere.

L’offerta votiva ricorda i molti pericolicorsi dal dedicante sul Mar Rosso nella suaqualità di naukleros (proprietario o re-sponsabile dell’imbarcazione). I rischisono connessi a una navigazione perico-losa, a tempeste, naufragi, attacchi di piratio difficoltà di vario genere. Il culto degliDei di Samotracia, riconoscibili anchecome Cabiri, s’irradiò dall’isola del nordEgeo in tutto il Mediterraneo. Esso lasciòtraccia anche nella città di Alessandria elungo l’alto corso del Nilo. L’appello agliDei Cabiri appare opportuno in virtù pro-prio di una loro specifica connotazionecome divinità protettrici dei marinai.

L’importanza dell’iscrizione torineseè rilevante da molti punti di vista. Essainnanzitutto arricchisce l’esigua docu-mentazione disponibile in cui individui,

appartenenti ai ranghi ufficiali dell’Egittotolemaico, si definiscono come Macedoni,cioè come appartenenti all’élite dominanteche governava in Egitto a partire dal regnodi Tolomeo, figlio di Lago (305 a. C.). Insecondo luogo evidenzia l’interesse dei so-vrani tolemaici per il Mar Rosso e per leregioni esterne dei mari orientali. Recentilavori hanno messo in luce, infatti, i prin-cipali porti sul Mar Rosso, da Myos Hor-mos a nord fino a Berenice più a sud, e ilsistema regionale di vie carovaniere checomunicavano con il percorso fluviale delNilo e, in prosecuzione verso nord, con ildelta. La rete di comunicazione terrestre epoi di navigazione sui mari esterni portavain Egitto elefanti da guerra, avorio, beni earomi di lusso. In terzo luogo l’individuoche dedicò l’offerta votiva può essereidentificato, con molta probabilità, con unimportante personaggio della corte tole-maica, Leonides, figlio di Leonides, che fuonorato con la prestigiosa titolatura aulica“dei primi amici (del re)”. Da ultimo,l’iscrizione aggiunge una nuova testimo-nianza sull’irradiamento cultuale della re-ligiosità degli dei Cabiri.

“Leonides, figlio di Leonides, Macedone,naukleros, tra quelli che navigano il mare,salvato dal Mar Rosso da molti pericoli,(dedicò) agli Dei di Samotracia in voto”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIAInedito (Culasso Gastaldi c.d.s.)

9. Dedica votiva agli Dei di Samotracia Inv. 86437

Metà del II secolo a. C.Calcare gialloh cm 24; larghezza 27,5; profondità 0,92Cippo frammentario sul lato destroProvenienza: probabilmente da Alessandria di Egitto (collezione Drovetti?)

Page 42: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

41

L’iscrizione, composta da cinque lineedi scrittura, è scandita da sottili linee-guida. La lastra doveva probabilmente ac-compagnare l’erezione di una statua,secondo un programma onorario delibe-rato dalla bule di Larnaka. L’onomasticadell’imperatrice Augusta, pur frammen-taria, è integrabile grazie alla successivadizione di “madre degli eserciti”: essa con-traddistingue infatti con grande frequenzaGiulia Domna, che nel 187 d.C. sposò ilfuturo imperatore Settimio Severo e da luiebbe i due figli Caracalla e Geta.

Nel programma politico e propagandi-stico di Settimio Severo l’unità della fami-glia imperiale doveva prefigurare egarantire l’unità stessa dell’impero; analo-gamente la presenza della sposa imperialeaccanto al marito doveva alludere all’unitàmilitare dell’impero. Il titolo poi di matercastrorum, già riconosciuto a Faustina IIda Marco Aurelio, intendeva rendere evi-dente a tutti la continuità e la stabilità della

dinastia: così Giulia Domna ripeteval’esempio di Faustina II come Settimio Se-vero si presentava nella veste di successorelegittimo di Marco Aurelio.

“[Giulia Dom]na Augusta, madre[degli eserciti] sotto Sesto Clodio[- - -] proconsole[e - - -] Appiano logistes[il Consiglio] (onora) pagando con pro-prie entrate”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIARoss - Welcker 1850, p. 517 n. 11; Lum-broso 1871-1872, p. 212; IGRRP III 977.

10. Dedica a Iulia Domna, madre degli esercitiInv. 86438

Fine II-inizio III secolo d. C.Marmo bianco proconnesio con vistose venature di grigioLastra frammentaria, parzialmente conservati il margine superiore e laterale destroh cm 26,5; larghezza 32,5; profondità 1,6-0,22Provenienza: rinvenuta nei dintorni di Larnaka (Cipro); donata al Museo di Antichità dalconsole sardo Cerruti (1853)

Page 43: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

42

Page 44: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

43

La superficie, concava in senso longitu-dinale, conserva una superficie scrittoriagrezza. L’impaginazione del testo e la curadell’incisione sono approssimative. Il ma-nufatto giunse a Torino nella collezioneDrovetti (Fabretti 1880, p. 228 n. 99; cfr.Lumbroso 1874, p. 207 n. 99).

Helpidus fu liberto del centurione CaioPinario Paconio e ricorda con questa de-dica la morte del figlio Alcimus. La lingualatina, che precede sulla pietra, prova l’ap-partenenza del dedicante al mondo ro-mano, mentre la lingua greca ricorda lasua patria di origine. Proprio nella sua lin-gua nativa l’offerente esprime i maggioridettagli: il suo patrono avrebbe militatonel quinto manipolo della XXII legione,denominata Deiotariana.

La legione fu di stanza ad Alessandriadi Egitto e sorvegliò probabilmente il tra-sporto granario per via fluviale. Le piùantiche testimonianze della sua perma-nenza in Egitto risalgono a età augusteae terminano con l’anno 119 d.C., quandola legione è ancora acquartiera nell’ac-campamento alessandrino di Nicopolis.

L’iscrizione torinese conserva notiziepreziose sulla società che ruotava intornoai militari di stanza in Egitto. Il liberto, diorigine greca, è completamente inseritonelle tradizioni culturali del mondo ro-mano, come dimostrano il bilinguismodell’iscrizione funeraria e l’uso del thetanigrum (iniziale di thanatos, morte) al-l’inizio della linea 1. Il liberto, inoltre,aveva accompagnato il proprio padronenei luoghi del suo servizio militare. Quiaveva costruito la propria famiglia, che

comprendeva appunto il figlio Alkimos, ilcui segnacolo funerario ne ricorda lamorte precoce.

Testo latino: “(morto) Alcimus, figlio di*Helpidutis, visse mesi diciotto. Il libertodi Caius Pinarius della centuria di Paco-nius (pose)”.

Testo greco: “Alkimos, figlio di *Elpidotos,visse mesi diciotto. (Il servo) di Gaios Pi-narios della quinta coorte della legioneXXII della centuria di Paconius (pose)”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIACIL III Suppl. 6632=6541.

11. Iscrizione bilingue greco-latina Inv. 602

I secolo d. C.Stele di calcare conchiglifero di colore giallastroh cm 32; larghezza 18,7; profondità 5Integra; lato sinistro grezzoProvienza: dall’Egitto, probabilmente da Alessandria

Page 45: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

44

Page 46: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

45

La stele, vista dal viaggiatore inglese J.S. Buckingam a Beirut poco dopo il suo ri-trovamento, giunse a Torino nel 1824nell’ambito della collezione Drovetti (Fa-bretti 1880, p. 228 n. 93). Il manufatto s’in-serisce appieno nel solco della tradizionegreca di età classica, sia per tipologia cheper iconografia. Esso appartiene, infatti, auna classe di segnacoli ben nota, costituitada stele di dimensioni modeste, in cui larappresentazione a rilievo è contenuta al-l’interno di un piccolo riquadro ribassato,da cui il nome di Bildfeldstelen, “stele a ri-quadro figurato” (Scholl 1994). Il tiponasce ad Atene sullo scorcio del V secoloa.C., come surrogato economico dellegrandi stele con rilievo a tutto campo, e co-nosce una notevole popolarità nelle necro-poli attiche del IV secolo a.C., per poidiffondersi ulteriormente in tutto il mondogreco nell’età ellenistica.

Anche il tema iconografico riprendeprototipi molto comuni nell’Attica del-l’epoca classica. La scena figurata rappre-senta, infatti, la stretta di mano (dexiosis)tra una donna, assisa sulla sinistra, e unuomo, stante sulla destra. Il soggetto com-pare sulle stele funerarie ateniesi sulloscorcio del V secolo a.C., certo come cifraiconografica della solidarietà che univa icontraenti, siano essi una coppia di co-

niugi, come è presumibile in questo caso,oppure un padre e un figlio o due fratelli.Il tema monopolizza quindi la produzionedel IV secolo per poi diffondersi nell’etàellenistica e romana, dove la dextrarumiunctio continua a essere un soggetto ri-corrente nell’immaginario funerario.

[D.M.]

L’iscrizione, corre sotto la decorazioneiconografica. Essa ricorda i nomi dei dueconiugi ritratti nell’atto della dexiosis:Thallion e Thaubastis, cui è rivolto il tra-dizionale saluto funerario chrestoi chairete.I due sposi hanno probabilmente strettoun matrimonio misto, poiché Thallion ènome greco, pur con limitate attestazioni(per l’Asia Minore vd. ex.gr. Milet I 3, nn.124, 23; 145,1; 167; 17891), mentre Thau-bastis presenta una connotazione egizia(vd. ex.gr. SEG 37:1652).

“Thallion e la tua sposa, Thaubastis, ot-timi, state bene”.

[E.C.G.]

Bibliografia:Buckingam 1825, pp. 443-444; CIG III 4532(Syria); Fabretti 1880, p. 228 n. 93; SB I2037; cfr. Lumbroso 1871-1872, p. 212 n. 3;Id. 1874, pp. 206-207.

12. Iscrizione funeraria di Thallion e Thaubastis Inv. 602

Età ellenisticaCalcare h cm 42; larghezza 26; profondità 6,5integra, con una scalfittura sul lato sinistro della superficie scrittoriaProvenienza: Beirut, collezione Drovetti

Page 47: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.
Page 48: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

13. Gruppo statuario di Pappos Theognostosinv. 269

seconda metà del II secolo d.C. Marmo grecoh totale cm 132; base h 18; larghezza 77; profondità 46 Gruppo statuario con figura seduta priva del capo, di parte del piede destro e della manosinistra; a destra cinocefalo privo di parte delle zampe anteriori; a sinistra figura comple-tamente mancante a esclusione dei piedi; varie lacune di minore entitàProvenienza: Rinvenuta ad Alessandria d’Egitto nel 1819, durante lo scavo del canale Mah-mudiyah, nei pressi della colonna di Pompeo ove sorgeva il Serapeo; collezione Drovetti

Il personaggio assiso è stato variamenteinterpretato dagli studiosi: vi si sono rico-nosciuti un medico, cui un privatoavrebbe dedicato la statua in ringrazia-mento per una guarigione (Dittenberger eAriani), Serapide (De Ricci) o ancora ladivinità egizia Imhotep/Imuthes, assimi-lata in età tolemaica ad Asclepio (Pesce).A seguito di questa ipotesi si potrebberoimmaginare nella mano sinistra un fasciodi calami e il relativo atramentarium. Piùdi recente Mercando non trova piena-mente convincente nessuna delle identifi-cazioni, preferendo lasciare aperta laquestione (Mercando - Lazzarini 1995), ein effetti non vi sono elementi che permet-tano di escludere in via definitiva nessunadelle proposte.

I dati di rinvenimento suggerisconol’originaria collocazione della scultura nelSerapeo e inducono quindi a riconoscerviSerapide, divinità dalle molteplici valenzecultuali, tra cui, fin dall’età ellenistica, inconseguenza dell’aspetto oracolare, si an-novera anche quella di guaritore. Serapidepuò inoltre essere associato al serpente siaper il suo aspetto di Agathodaimon, sia peril potere di guarigione che lo accomuna adAsclepio. L’identificazione con Imhotep/Imuthes-Asclepio può essere giustificataanche dall’associazione di questa divinitàcon Serapide, dal suo diretto collegamentocon i culti salutistici, dalla presenza delserpente e dalla funzione di medico delpersonaggio cui la scultura è dedicata.

Il personaggio maschile seduto indossail chitone, al di sopra del quale è postol’himation, animato da profonde pieghe,che copre la parte inferiore della figura, ri-cade sulla spalla e sul braccio sinistro e la-scia scoperto l’avambraccio destro. Lamano destra regge parte di un volumen. Ilcapo si ricostruisce leggermente volto adestra, cinto da una tenia le cui estremitàricadono sulle spalle. La gamba destra, por-tante, è avanzata con il piede poggiato aterra, la sinistra è flessa all’indietro. I piedi,con i calzari, poggiano su una predella.

Il sedile, con gambe incrociate, privo dischienale e braccioli (sella aurea o curulis),è retto al centro da un sostegno cilindrico,visibile solo nella parte posteriore. Ai lati,su basi quadrangolari, si trovano due co-lonnine, forse lotiformi, emergenti da fo-glie di acanto, eattorno alle quali sidispongono due serpenti.

Alla sinistra del personaggio seduto, suuna basetta rettangolare modanata, si tro-vava una piccola figura stante ammantata,alla destra, sopra una base cilindricaanch’essa modanata, si erge un cinocefalo,che reca sul capo un crescente lunare e undisco solare.

La scultura, concepita per una visioneprevalentemente frontale, come dimostrala lavorazione assai meno curata dellaparte posteriore, poggia su un basamentoquadrangolare, che reca un’iscrizione didedica a Pappos Theognostos da parte diBassos per la guarigione di Triptolema.

47

Page 49: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

48

Infine anche l’ipotesi di riconoscere nelpersonaggio seduto un uomo comune,forse lo stesso medico Pappos Theogno-stos, trova sostegno nelle indicazioni dirinvenimento. La consuetudine di dedi-care all’interno delle aree sacre non soloeffigi di divinità, ma anche di devoti o diuomini degni di particolare rilievo è bentestimoniata nel mondo greco fin dall’etàarcaica. Tale uso, quindi, si potrebbe facil-mente spiegare anche in età romana in unsantuario che si richiama fortemente allatradizione ellenistica. Le identificazionidella figura stante ammantata sulla sini-stra con il dedicante e del cinocefalo conil dio Thot appaiono invece meno proble-matiche.

[V.B.]

Sul basamento del gruppo statuariocorre un’iscrizione composta da tre lineedi scrittura, l’ultima delle quali è ospitataal di sotto della cornice inferiore. Le let-tere, di forma allungata, sono incise contratto nitido ed elegante. Si osserva, nellelettere alpha, delta e lambda, il caratteri-stico fenomeno paleografico dell’allunga-mento verso l’alto del tratto destro, chesuggerisce valide indicazioni cronologi-che. Epsilon, sigma e omega sono lunati.

L’iscrizione ricorda la dedica di Bassos,figlio di Straton, per un individuo deno-minato Pappos Theognostos. Nonostantequest’ultimo non sia definito espressa-mente come medico, tale funzione è sug-gerita dall’insieme della decorazioneiconografica (in particolare dalla presenzasimbolica dei serpenti) e dalla prove-nienza del gruppo statuario dal Serapeoalessandrino, in connessione con le capa-cità terapeutiche dello stesso Serapide (cfr.Samama 2003, pp. 475-6 n. 395). L’iscri-zione, in particolare, afferma chiaramenteche l’importante iniziativa dedicatorianasce dalla volontà di ringraziare PapposTheognostos per la guarigione di unadonna di nome Triptolema. Indubbia-mente la difficoltà di riconoscere in un in-dividuo di natura umana il dedicatariodell’offerta votiva, in un contesto sacroquale il Serapeo, può essere superata pro-prio alla luce delle funzioni terapeuticheche il medico avrebbe condiviso con il dio,in cui va identificato il recipiente ultimoed essenziale dell’intenzione dedicatoria.Anche l’elemento nominale Theognostos,forse un soprannome legato all’eserciziodelle proprie mansioni, descrive la parti-colare vicinanza e conoscenza del dio dicui avrebbe fornito prova il medico.

Page 50: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

49

Il dedicante Bassos, figlio di Straton, svol-geva compiti sacri all’interno del santuario,in quanto ne era curatore (ἐπιμελητής), masoprattutto, come orgogliosamente af-ferma, egli fu “voce sacra del dio Serapide”(ἱερόφωνος τοῦ κυρίου Σαράπιδος). Taledizione non descrive solo un titolo onori-fico, ma allude certamente al suo ruolod’interprete degli oracoli del dio e di vocerecitante nelle orazioni sacre a lui rivolte.L’orizzonte cultuale lega pertanto in modocoinvolgente tutti i protagonisti della vi-cenda umana e divina che avrebbe portatoalla guarigione miracolosa di Triptolema,fanciulla o giovane donna, che fu forse fi-glia o moglie del dedicante.

“A Pappos Theognostos, io, Bassos figliodi Straton, curatore del luogo e interpretesacro del dio Serapide, dedicai in ringra-ziamento per Triptolema, a fin di bene”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIA Heydemann 1879, p. 38, n. 5; Dütschke1880, pp. 67-68 n. 105; Fabretti 1880, p. 287n. 6; De Ricci 1906, pp. 379-381, n. 39;Pesce 1938, 32, pp. 3-17; Adriani 1961, pp.61-62, n. 209, tav. 98, figg. 323, 325; Mer-cando - Lazzarini 1995, pp. 363-364, 365-366, n. 6, tav. LXV, 2-3; Barberis 2009, p.43; Barberis 2010, pp. 98-102.

Ricostruzione artistica del Portus Magnus di Alessandria d’Egitto in etàimperiale (da Goddio 2006), con localizzazione del Serapeo e del ritrovamento

Page 51: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

14. Monumento a edicola con quattro figure femminiliinv. 270

Seconda metà del II secolo d.C.Marmo grecoh cm 79; larghezza cm 46,5; profondità cm 37Monumento molto frammentario: mancano le quattro colonne angolari e la copertura chedovevano sorreggere; due teste sono completamente spezzate, le altre hanno il volto abraso;sono spezzati gli avambracci della figura frontale e metà del piccolo togato ai suoi piedi, ilbraccio destro della figura alata sul fianco destro e di quella posteriore, cui manca ancheparte della gamba corrispondente. Numerose altre lacune e abrasioni su tutti i latiProvenienza: dall’Egitto, collezione Drovetti

centrale, quelle sui fianchi hanno identiciattributi e sono entrambe intente a inco-ronare la figura posta alla loro destra. Leali, il ramo di palma nella sinistra e la co-rona nella destra le caratterizzano comeVittorie. Gli svolazzi del lungo chitone al-tocinto e l’aderenza della stoffa al corpo

Agli angoli di un basamento quadran-golare modanato quattro basi ioniche at-testano l’originaria presenza di colonne,destinate a sostenere una copertura a edi-cola, completata da una mensa d’altare oda un tavolo. Delle quattro figure femmi-nili, addossate con la schiena al pilastro

50

Page 52: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

(Grecia) e a Smirne (Asia Minore), dove sivenerano due Nemesi, una duplicazioneche, in età tardoellenistica, giunge anche inEgitto (Hornum 1993). Proprio nell’Egittoromano ha origine l’iconografia documen-tata nel monumento torinese, con la sa-goma umana schiacciata e la ruota (talvoltaassociata a un grifo): un puntuale con-fronto iconografico e stilistico con la no-stra Nemesi è infatti una statuettadall’Egitto, oggi al Louvre, databile alla se-conda metà del II secolo d.C. (Karanastassi- Rausa 1992, n. 157).

La figura frontale, avvolta in un pe-sante mantello (himation) che si arrotolasotto al seno e le copre il capo, riprende loschema romano della figura orante (Bie-ber 1977, tavv. 139-140), adottato ancheper alcune divinità femminili (come Ce-rere o Tyche). La sua precisa identifica-zione è ostacolata dalla perdita degli

(una lontana eco delle figure in volo di etàtardoclassica) suggeriscono l’idea che ledee siano appena atterrate.

La figura posteriore, anch’essa alata e inchitone corto e alti calzari, schiaccia con ilpiede destro la sagoma di un corpo umano,dalla faccia completamente abrasa, mentrecon la sinistra appoggia una ruota su un al-tare: attributi che identificano la dea comeNemesi. Le pieghe sullo scollo e le traccedell’avambraccio sul petto suggeriscono ilgesto originario, tipico della dea: quello,apotropaico, di sputarsi in petto. Seduta,sulla destra, è una piccola figura in cortatunica. Nel sincretismo religioso di età ro-mana anche Nemesi, la dea che punisce latracotanza degli uomini (hybris) e ristabi-lisce la giusta misura, viene talvolta assimi-lata a Tyche/Fortuna e a Victoria, di cui puòassumere gli attributi. In età preromana ilculto di Nemesi è attestato a Ramnunte

51

Page 53: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

52

attributi, compreso l’elemento frammen-tario alla sua destra, oggi di difficile inter-pretazione. Sulla destra si riconosce lapiccola figura di un togato stante.

Il monumento è stato oggetto di di-verse interpretazioni. Per la presenza delledue Vittorie, Volkmann (1934) ha propo-sto di riconoscervi una replica, in formatoridotto, di un trofeo militare eretto inEgitto a celebrazione delle vittorie ripor-tate da Marco Aurelio sui Germani e suiParti: alla guerra partica segue lo scontrocon l’usurpatore Avidio Cassio, incentratoproprio in Egitto (175 d.C.). Nella letturadel Volkmann, le due Vittorie incorone-rebbero le due Nemesi venerate in Egitto:in questo contesto, di carattere militare eufficiale, la piccola figura seduta (qui si-mile, nell’iconografia, alle immagini dibarbari sconfitti) alluderebbe al nemicopunito da Nemesi, mentre il piccolo to-gato sulla fronte potrebbe essere lo stessoMarco Aurelio. La diffusione del culto diNemesi presso i soldati romani è, infatti,documentata da numerosi rilievi trovatinei pressi di campi di legionari, soprat-tutto nell’area orientale dell’impero (Ka-ranastassi - Rausa 1992, nn. 160-161,dalla Moesia).

Negli studi più recenti (Hornum 1993;Mercando - Lazzarini 1995), il monu-mento è stato invece inserito tra le testi-monianze che documentano il legame trail culto di Nemesi e le attività agonali, conparticolare riferimento ai giochi circensie quelli gladiatori. In virtù della sua par-ziale assimilazione a Fortuna e a Victoria,la dea è invocata per il conseguimento delsuccesso. Il monumento torinese avrebbe,dunque, carattere privato e sarebbe cele-brativo di una vittoria agonistica. Si è pro-posto di identificare nella figura frontalela dedicante (Mercando - Lazzarini 1995),forse accompagnata dal figlio: un’ipotesi,

Statuetta di Nemesi dall’Egitto,seconda metà del II secolo d.C.

Parigi, Louvre

Monumento a edicola con Arpocrate,Anubi e due tori (simbolo del dio

Api), da Ostia, II secolo d.C. Ostia, Museo Ostiense

Page 54: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

53

a mio avviso, improbabile per le dimen-sioni e la posizione pari a quelle delle dee.È verosimile, invece, che il dedicante (ilvincitore dei giochi?) sia il piccolo togato,raffigurato sotto la protezione di una dea,probabilmente una delle due Nemesi ve-nerate in Egitto.

Rimanda all’Egitto anche la tipologiaarchitettonica del monumento, come mo-stra il confronto con un analogo esem-plare proveniente da Ostia, ma decoratocon divinità egizie, interpretato come so-stegno di statua o di un bacino lustrale(Arslan 1997, V. 36, p. 415).

Il monumento è riconoscibile nel“cippe en marble blanc, ayant quatre fi-gures sur le contour”, elencato tra le anti-chità giunte a Torino dall’Egitto con lacollezione Drovetti (Fabretti 1880, p. 291,n. 20). Errata è invece l’identificazioneproposta in passato (Mercando - Lazza-rini 1995, p. 286, n. 17) con la “petite sta-tue en trois corps reunis, dont deuxmanquent de la tête”, presente nello stessoelenco (Fabretti 1880, p. 286, n. 17) e cor-rispondente, a mio avviso, alla statuettadi Ecate tricorpore conservata nel Museodi Antichità di Torino (inv. 689).

[A.M.R.]

Sul lato anteriore del monumento, doveè rappresentata la figura femminile con hi-mation e l’individuo togato a dimensioni ri-dotte, corre un’iscrizione su due righe cheoccupa la parte centrale del basamento.L’iscrizione tradisce la scarsa professiona-

lità del lapicida, nella resa sia della paleo-grafia sia dell’impaginazione. Altezza let-tere: cm 2-2,2. Epsilon, sigma e omega sonolunati; in generale la cronologia presup-pone almeno la fine del II secolo d. C.

Il testo è costituito dalla firma dell’arti-sta, che ebbe nome Protys e di cui nonpossediamo altre notizie. L’antroponimoricorre con molta rarità nel mondo greco(IG X 2, 1, 865 in Macedonia; SEG 6:567in Pisidia), mentre conosce maggiori con-fronti nell’Egitto greco-romano. L’artistasi definisce ἐργαστηριάρχης, termine assairaro che intende affermare la sua funzionedi capo della bottega scultorea.

“Opera di Protys, capobottega”.[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIALumbroso 1874, p. 211, n. 20; Fabretti 1880,p. 291, n. 20; Dütschke 1880, p. 68, n. 106;De Ricci 1906, p. 382, n. 40; Volkmann1934, pp. 66-71, figg. 1-3; Karanastassi -Rausa 1992, p. 748, n. 161; Hornum 1993,p. 184, n. 55; Mercando - Lazzarini 1995, p.364, n. 8, tav. LXVI, figg. 1-3.

Page 55: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.
Page 56: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Le erme di Menandro e di Omero re-cano le prime iscrizioni di lingua grecache, in una data compresa tra il 1610 e il1616, raggiunsero Torino. Esse furono rin-venute assieme nei suburbi romani, lungol’antica via Laurentina, certo anterior-mente al 1567, data della loro prima men-zione ad opera di Fulvio Orsini (cf. Orsini1570, pp. 20-21, 32-33). I marmi costitui-vano parte dell’arredo scultoreo di unavilla della matura epoca imperiale, quandoi due poeti greci rappresentavano punti diriferimento imprescindibili nella culturadelle aristocrazie colte e profondamente fi-lellene (Slavazzi 1999). Purtroppo non di-sponiamo di ulteriori dettagli circa ilcontesto originario. Si deve con ogni pro-babilità soltanto alla fantasia di Pirro Li-gorio l’attribuzione della proprietà aClaudio Valerio Eliano, un noto scrittoree filosofo vissuto all’epoca dell’imperatoreMarco Aurelio (Lanciani 1912, pp. 39-40).

Non molto tempo dopo la scoperta, ledue erme entrarono nella raccolta romanadella famiglia Soderini. Tra la fine del Cin-quecento e l’inizio del Seicento, infatti, di-versi disegni e incisioni le ritraggono ai latidella scalinata che dava accesso al giardinodel palazzo che la famiglia possedevapresso il Mausoleo di Augusto (Riccomini1996, pp. 92-95 nn. 5-6). È probabile che,in virtù di legami parentali esistenti tra iSoderini e gli Altoviti, i marmi siano poipassati nelle disponibilità del banchiereBindo Altoviti, poco prima di prendere lavia del Piemonte (Riccomini 2011, pp.136-137). La sua collezione, infatti, fu in

parte acquistata da Carlo Emanuele I diSavoia al termine di lunghe ed estenuantitrattative, delle quali gli archivi conser-vano precise memorie. Particolare atten-zione egli dedicò alla “Grande Galleria”,una manica che univa il castello medie-vale degli Acaja, poi Palazzo Madama,alla vecchia residenza del vescovo, dive-nuta Palazzo Ducale e infine Reale. Con-cepita inizialmente come teatro dellacelebrazione della dinastia, essa fu ripen-sata in corso d’opera come una biblio-teca-museo, in cui le antichità trovavanoposto accanto a preziosi manoscritti, na-turalia, strumenti scientifici e curiosità divario genere, secondo un gusto di ma-trice ancora dichiaratamente tardo-rina-scimentale.

Da un inventario redatto nel 1631 sap-piamo che i due marmi erano esposti“dentro un Gabinetto intagliato con learmi di Spagna”, ubicato tra le armadia-ture lignee che fiancheggiavano le pareti(precisamente tra la numero 11 e la nu-mero 12), assieme a due mani di marmo,certo frammenti di statue, e a un “tondinocun una testa depinta” (Angelucci 1878, p.62). L’erma di Omero si perse nelle suc-cessive, travagliate vicende della collezionedi Carlo Emanuele e risulta tuttora nonrintracciabile, mentre quella di Menandroricomparve nel lapidario allestito nel 1723da Scipione Maffei sotto i portici dell’at-tuale Palazzo del Rettorato (Maffei 1749,pp. 229-230; cf. Rivautella - Ricolvi 1743,pp. 169-184; Millin 1816, p. 257, n. 6).

[D.M.]

15. Erma acefala di MenandroInv. 86436

Fine II secolo o III d.C.Marmoh cm 61; larghezza 30; profondità 25Lato destro originale, parziale conservazione del sinistro e del margine inferiore; retro ri-lavorato; sui lati destro e sinistro si conservano due incassi speculari di forma rettangolare Provenienza: Roma, villa romana sita lungo la via Laurentina, collezione Savoia

55

Page 57: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

L’erma reca un testo iscritto compostoda tre gruppi di quattro versi ciascuno. Leprime due quartine alludono al particolarerapporto che Menandro, poeta insignedella Commedia Nuova, intrattenne con itemi amorosi. Egli infatti, all’inizio dell’etàellenistica, rappresentò sulla scena storie dietere e di vita borghese ateniese. Il testo al-lude a una vicinanza fisica dell’erma, nellasua originaria collocazione, rispetto a unastatua di Eros. La terza quartina dichiarainvece la prossimità con un busto diOmero, che condivise infatti la medesimasorte collezionistica. Tuttavia gli ultimiquattro versi, tracciati con mano visibil-mente diversa e non omogenei tematica-mente con i precedenti, suggeriscono chel’ultimo riferimento si sia aggiunto poste-riormente, in occasione di un successivoaccostamento con l’erma di Omero.

La revisione dell’iscrizione ha raggiuntointeressanti risultati rispetto alla compren-sione del testo e alla sua tradizione mano-scritta. Il primo che ne trasmise ilcontenuto fu Fulvius Ursinus nel 1567, chevedeva ancora il documento nella sua in-terezza, benché l’erma fosse già acefala.Egli ci lasciò la lettura completa di tutte lelinee, anche delle lettere nella parte sini-stra della superficie scrittoria che ora sonoirrimediabilmente perdute. La sua edi-zione godette di credibilità finché ScipioneMaffei, nel suo Museum Taurinense (p.CCXXX), avanzò il sospetto che FulviusUrsinus avesse ingegnosamente integratoil testo senza averlo visto di persona(ipsum nequaquam vidisse opinor, sed in-geniose supplevisse). Il Maffei motivò talegiudizio, clamorosamente, a causa di suoipersonali travisamenti del testo greco e in-fluenzò la critica successiva così profon-damente che un personaggio del calibro diKaibel (IG XIV 1183) suggerì integrazionidel testo diverse e peggiorative rispettoalla lettura originaria di Fulvius Ursinus.Moretti stesso accolse le indicazioni diKaibel, consolidandone l’errore (IGUR1526). Un’attenta autopsia ha dimostrato

tuttavia che l’originaria lettura deve essereristabilita e che le correzioni dotte di Sci-pione Maffei, con le successive edizionimoderne, devono essere definitivamenteaccantonate.

Il componimento è costruito fittizia-mente su un dialogo che si sarebbe svoltotra un viandante (prima quartina), cheesalta nel poeta il dolce legame con il dio,e lo stesso Menandro (seconda quartina),che riafferma la forza di Eros e la sua for-tunata influenza sulla propria arte poetica.Nella terza quartina è asserita la posizionesecondaria di Menandro rispetto a quelladi Omero, alludendo sia alla posizione fi-sica delle due erme sia alla secondarietàpoetica del commediografo.

“Menandro.Si doveva erigere te, o Menandro, con iltuo caro Eros, / con il quale vivendo tucompivi i dolci misteri del dio: / tu portichiaramente sempre con te il dio, poichéanche ora / ciascuno, contemplando la tuaimmagine, subito ti ama.

Tu vedi il lieto compagno di amore, la Si-rena dei teatri, / questo Menandro con ilcapo sempre cinto di corona: / perché ioinsegnai agli uomini a vivere felicemente,rallegrando la scena con rappresentazionitutte nuziali.

Non a caso io ti rizzai, o Menandro, sottogli occhi / di questo busto di Omero, o tua me carissimo, / ma decretò che tu ti ag-giudicassi la seconda posizione dopo di luiil sapiente grammatico Aristofane, untempo dalla chiara fama”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIAOrsini 1570, pp. 20-21, 32-33; Rivautella -Ricolvi 1743, pp. 169-184; Maffei 1749, pp.229-235; Millin 1816, p. 256, n. 6; Angelucci1878, p. 62; IG XIV 1183; Lanciani 1912, pp.39-40; IGUR 1526; Riccomini 1996, pp. 92-95, nn. 5-6; Eadem 2011, pp. 136-137.

56

Page 58: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

57

Particolare forma di vaso con sagoma abulbo e alto piede cilindrico, utilizzato nelbanchetto, pieno di neve o acqua ghiac-ciata, inserito dentro un cratere a caliceper raffreddare il vino già miscelato in cuiera posto a galleggiare. Il collo stretto ha ilbordo espanso con listello di appoggio in-terno per il coperchio e sulla spalla vi sonodue prese con fori da fune.

La decorazione principale è sul corpo,delimitata in basso da una linea violaceache sembra demarcare il limite di affiora-mento sul liquido. Sul lato A sono rappre-sentati due giovani raffigurati in unesercizio di lotta; sul lato B due atleti nel-l’atto di utilizzare lo strigile e a terra, a ca-

ratterizzare l’ambiente di gara, due picconiche sottintendono l’utilizzo per preparare ilcampo. Sono presenti anche alcuni ele-menti decorativi accessori: finte baccella-ture a contorno risparmiato sulla spalla egrandi palmette circoscritte da volute al disotto e ai lati delle anse. Sono risparmiatisolo il fondo e una fascia al di sopra dellabase; le corone degli atleti sono in rossoviolaceo sovradipinto.

I corpi, rappresentati in azione, sono for-temente anatomici, descritti con un disegnolibero da rigide convenzioni, sperimen-tando anche la resa di scorcio, non perfet-tamente riuscita, nella figura del lottatore didestra (Bordman 1992, p. 34); i dettagli sonoindicati con linee di vernice spessa lucentee modulati attraverso l’uso, peculiare di Eu-timíde, di vernice diluita che conferisce allefigure un aspetto scultoreo.

Tipico appartenente dei “Pionieri“, ungruppo di ceramografi attici tardo arcaici -“artisti consumati” li definisce Boardman -attivi, tra il 525 e il 500 a.C., nel primo pe-riodo della ceramica a figure rosse, Euthy-mides, «di buon spirito», fa un ampio usodelle iscrizioni per identificare i personaggimitici o reali (come Phayllos, il celebreatleta di Crotone in Magna Grecia tre voltevincitore ai giochi Pitici a Delfi, nominatoanche in un altro suo vaso), per commen-tare la scena e per firmarsi. La sua firmaè attestata sette volte; in questo vaso com-pare su entrambi i lati con l’indicazione

16. Psykter attico a figure rosse di EuthymidesInv. n. 4123

510-500 a.C. Argilla arancio, dura, ben depurata; vernice nera, lucente, spessa, omogeneah massima cm 34,5; diametro massimo cm 26,5 Ricomposto con lacune, integrato e restaurato Provenienza: dalla necropoli di Vulci o da Bomarzo, già nella collezione Bazzichelli di Vi-terbo, dal 1872 nelle collezioni Savoia

Page 59: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

del patronimico. Fra tutti i pittori di vasiche si firmano, Eutimíde è l’unico a indicareil nome del padre, lo scultore Pollias (Catoni2010, p. 350); comune, invece, la segnala-zione del patronimico in associazione alverbo epóiesen da parte di vasai e capibot-tega, con una più ovvia funzione di indica-tore di continuità del marchio e garanzia ditradizione di qualità.

Secondo Hoppin (1917, pp. 19-22) ilvaso fu acquistato da Fabretti (1872, pp.35-36), che lo indica come proveniente daBomarzo (Viterbo).

[P.P.]

Su entrambi i lati del vaso le iscrizionicorrono libere riempiendo gli spazi disponi-bili e raggiungendo evidenti scopi sia di de-corazione sia di comunicazione. La scritturaepigrafica su ceramica, tracciata prima dellacottura, intende infatti informare il pubblicodei committenti sull’iconografia prescelta, incui possono ravvisarsi i giovani esponentidella società aristocratica ateniese, soventecontraddistinti dall’appellativo kalos a signi-ficare la loro qualifica di promettenti ram-polli di illustri casate. Altre volte invecel’onomastica apposta, insieme al registro de-corativo della scena, rende riconoscibili i

soggetti mitologici raffigurati e i relativi in-trecci mitici. Il grande artista, infine, puòusare la scrittura epigrafica per affermare l’il-lustre tradizione della propria bottega, fir-mando le creazioni migliori. L’alfabetoimpiegato nello psykter di Euthymides èquello azzurro chiaro comunemente in usoin Attica fino alla fine del V secolo a.C.

Sul lato A, dov’è raffigurata la scena didue giovani lottatori, un’iscrizione corresopra la testa della figura di sinistra contri-buendo a farlo riconoscere come Θεσεύς;tra le gambe divaricate è leggibile l’esclama-zione affermativa εὖ γε, ναίχι (bravo, sìcerto), frequentemente ravvisabile sui vasidipinti a figure rosse (Threatte 1996, pp.410-411). Il chi tuttavia è stato in parteobliterato dalla linea circolare che delimitainferiormente la scena, mentre lo iota finalesi posiziona al di sotto di tale linea.

Tra i due lottatori, sotto le teste e lemani avvinghiate, con direzione retro-grada, leggiamo il nome dell’oppositoredi Theseus, parzialmente oscurato dalla la-cuna: ΚI[...]Οϟ (le lettere mancanti sonotre; le tracce della seconda lettera nonconsentono di riconoscervi un lambdacalcidese, come finora è stato proposto:cfr. Immerwahr 1990, p. 66 n. 377).

58

Page 60: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Sotto il braccio sinistro dell’individuodi destra, con direzione progressiva, di-scendendo dietro il dorso e verso il piedesinistro, leggiamo la firma dell’artistaΕὐθυμίδες ἔφραφσεν, cui segue il patroni-mico, tracciato tra le gambe del personag-gio di destra: hο Πολίο (in assenza digeminazione del lambda).

Sul lato B, ove sono raffigurati due gio-vani atleti con strigile, il nome Φάϋλος,anche qui senza geminazione del lambdae con direzione retrograda, denomina l’in-dividuo di destra, che è da riconoscere nelcelebre atleta di Crotone, tre volte vinci-tore ai giochi Pitici (Monaco 2007). Sottoil braccio destro dell’atleta di sinistra in-vece, a partire dal petto, con direzione re-trograda, è parzialmente conservato ilnome: Ο[—-5-6?—-]ορα<ς> oppure Θ[—-5-6?—-]ορα<ς> (il theta presenta laforma con il puntino interno); le integra-zioni che possono soddisfare l’ampiezzadella lacuna non convincono alla lucedelle attestazioni confrontabili. Tra le in-tegrazioni più corte, che prevedono unminor numero di lettere in lacuna, apparesenz’altro preferibile Ὀ[ρθαγ]όρας (Im-merwahr 1990, p. 66 nr. 377; vd. il nostroindividuo in PAA 748762): lo prova il nu-

mero di attestazioni disponibili in ambitoonomastico ad Atene (PAA 748765-748800), tra cui si segnala anche la pre-senza di un individuo Ὀρθαγόρας καλός(Orthagoras bello) su un’anfora a figurenere della fine del VI secolo (PAA 748760,530-500 a. C.).

Al centro in basso tra i due atleti, condirezione progressiva su tre linee, è ripe-tuta la firma dell’artista: Εὐθυμίδε<ς> /ἔφραφσεν / hο Π<ο>λίο (Euthymides di-pinse, il figlio di Pollias), ove si notal’omissione della vocale non accentataomicron (Threatte 1996, p. 743).

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIA Hoppin 1917, pp. 19 sgg., tavv. 4-5;Barocelli 1931, p. 40; Carducci 1959, p. 58;Beazley 1963, p. 28, n. 11; Lo Porto, 1969,III, I, pp. 3-4, tavv. 1-2; Drogou 1975, 20B7, tav. 12; Mercando 1989, p. 59 fig. 79;Bordman 1992, p. 34, fig. 36; BrecciaroliTaborelli 2006, p. 47; Preacco 2006, p. 86;Barello 2008, p. 77; Trombetti 2011, pp. 32;Petitti 2013, p. 142; Beazley Archive on-line, 200140, Turin, Museo di Antichità,4123.

59

Page 61: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Coppa “tipo stemless” con labbro indi-stinto, vasca emisferica, anse a bastoncelloleggermente oblique impostate sotto l’orloe basso piede a disco. La decorazione figu-rata occupa quasi completamente lo spaziointerno, eccettuato l’esergo, determinato dauna linea di spessore variabile che identificail terreno, entro il quale sei punti in nerosembrano simulare un’iscrizione. Al centro,in primo piano, un uomo adulto nudo, bar-bato, di profilo a destra, è rappresentato inpiedi nell’atto di suonare una lira a settecorde davanti a un efebo volto verso di lui.Alle spalle dell’adolescente, un uomo bar-bato, di aspetto senile, volto nella medesimadirezione, è seduto su un sedile quadran-golare e tiene in mano una lunga asta; unmantello decorato a croci incise e borchiedipinte avvolge completamente la figura,identificabile con un anziano pedagogo.All’estremità sinistra, in secondo piano, ungiovane volto a destra, stante, impugna un

giavellotto. Le bende sui capelli, la coronasul capo del giovinetto e le barbe sono so-vradipinte in rosso. Le figure sono rese amacchie di colore; pochi dettagli a incisionedefiniscono l’accentuata muscolatura deicorpi in nudità avvalorando l’ideale am-bientazione della scena in un ginnasio,luogo per eccellenza della paideia.

L’esterno è completamente verniciatoin nero; sono risparmiati solo il fondoesterno e la base del piede. Queste carat-teristiche consentono di inserire questa“coppa senza stelo” nella “Classe dei Seg-menti” (Beazley 1956 e successivi). Unbuon confronto, in particolare per il voltodel suonatore di lira, si ha con una stemlesscup frammentaria conservata al Paul GettyMuseum (Clark 1990, p. 70, tav. 119,2).

[P.P.]

Sull’esterno della coppa, a lettere graf-fite dopo la cottura sul fondo di vernicenera, è leggibile l’iscrizione di proprietà,nella forma dell’oggetto parlante, Ἀντα-γόρα ἠμί. Il genitivo del nome del proprie-tario, con desinenza in -α, denota l’uso deldialetto dorico; la stessa indicazionegiunge dalla forma del verbo essere, allaprima persona singolare, dove l’allunga-mento di compenso dà come esito il suonolungo aperto reso con la lettera eta (ἐμί,εἰμί in ionico-attico). Le caratteristiche pa-leografiche indicano un alfabeto non at-tico, sulla base della forma del gamma.

17. Kylix a figure nere di produzione atticaInv. 5776 (vecchio inv. 3642)

550-540 a.C. Argilla arancio, dura, compatta, depurata; vernice nera, semilucida, spessa, ben conservatah cm 5,5; diametro massimo 16,8 Vasca integra, anse ricomposte Provenienza: acquisita dal mercato antiquario chiusino (mediazione Brogi), collezione Sa-voia (acquisto Fabretti 1886)

60

Page 62: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

L’alpha conserva il tratto ancora legger-mente obliquo; lo iota è a forma rettilinea;il rho presenta un ampio occhiello tondeg-giante; il my presenta l’ultimo tratto giàcompletamente disceso, a differenza del ny.

Il possessore, di nome Antagoras, in-dubbiamente deve essere identificato conun individuo di razza dorica che percorsele ampie rotte dell’Occidente, dove lacoppa conobbe la sua destinazione finaletra il numeroso materiale attico giuntopresso gli Etruschi (sull’ampio panoramadella presenza greca vd. I Greci in Etruria2004). Tra le popolazioni greche che ven-nero in contatto con gli Etruschi campanipossono essere esclusi gli Achei: costoroavrebbero indicato infatti lo iota nella va-riante paleografica a tratti spezzati. Puòanalogamente essere escluso un individuoeuboico, che non avrebbe usato la formaverbale dorica ἠμί, bensì quella ionico-at-tica ἐμί. Pur nell’impressionante varietà dicommercianti e di naviganti che si spinseroa vario titolo nel mar Tirreno per stabilirerapporti di mercatura con gli Etruschi, traquesti emergono sicuramente gli Egineti,esperti navigatori e mediatori commercialiin ogni angolo del mondo greco. Di essiSostratos di Egina può ben considerarsiun illustre rappresentante, considerato daErodoto (IV 152) come un imbattibile con-corrente nell’ambito dei commerci navali ecome uomo straordinariamente ricco. Lasua presenza è attestata dall’ancora che eglidedicò intorno al 500 a.C. ad Apollo Egi-neta nel santuario di Hera a Gravisca,(Jeffery - Johnston 19902, p. 439 n. E).

Un individuo egineta che volesse graf-fire la propria iscrizione di proprietà suuna coppa attica a figure nere nella se-conda metà del VI secolo avrebbe mani-festato le caratteristiche dialettali e paleo-grafiche osservabili sulla coppa torinese.Meno certo sarebbe invece l’uso della

forma verbale ἠμί, non attestata in ambitoegineta (ma presente in Argolide, IG IV631; cfr. tuttavia SEG 14:321, 19:318).Un’attenta considerazione deve essere ri-volta in alternativa a una possibile originerodia del possessore della nostra coppa:costui avrebbe usato un alfabeto rosso(non riconoscibile qui alla luce della breveiscrizione), avrebbe tracciato lettere pale-ograficamente simili e avrebbe certamenteusato la forma verbale ἠμί, ampiamente at-testata in ambito rodio per tutta l’età ar-caica (Jeffery - Johnston 19902, pp. 347,349, 356 n. 1 [475 n. 1]; p. 356 nn. 2, 8, 17-19, p. 357 nn. 21, 27). Il nome Antagoras,infine, ricorre con parsimonia in pochearee del mondo greco, ma conosce una si-gnificativa concentrazione proprio a Rodi.Quest’ultima ipotesi potrebbe ulterior-mente rafforzarsi alla luce dell’acclaratapresenza di Greci siciliani nei siti com-merciali etruschi (vd. in particolare Torelli2004) e pertanto la presenza rodia sarebbeda imputare all’intervento di mercantigiunti dalle colonie di Gela e di Agrigentooppure dall’insediamento di Lipari.

“Sono di Antagoras”.[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIA Lo Porto 1969, III, H, pp. 3-4, tav. 2;Beazley Archive on-line, 302732, Turin,Museo di Antichità, 5776; Beazley 1956, p.214.50; Carpenter et alii 1989, p. 57;Brecciaroli Taborelli 2006, p . 46, fig. 58.L’iscrizione è inedita.

61

Page 63: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.
Page 64: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Coppa (kylix di tipo B) con orlo indi-stinto e vasca a profilo curvilineo, anse oriz-zontali verniciate in nero, piegate versol’alto, piede a tromba con alto stelo dipintoa vernice nera tranne che sul bordo delfondo esterno.

La vasca interna è completamente cam-pita a vernice nera, a esclusione del meda-glione centrale delimitato da unacirconferenza risparmiata, all’interno delquale è rappresentato un guerriero nudoin corsa inginocchiata, con testa di profiloverso sinistra, busto di prospetto e gambedi profilo verso destra. Il capo è copertoda un elmo attico con paranuca, da cuispuntano i neri capelli ricciuti, e alto ci-miero. Il braccio sinistro è completamentenascosto dallo scudo ornato di una testataurina, mentre il destro, flesso, regge unalunga lancia. Intorno al guerriero si leg-gono alcune lettere iscritte la cui interpre-tazione è controversa.

Sull’esterno della vasca si snoda un rac-conto continuo, suddiviso dalle anse indue scene, interpretabile come komos, unasorta di gioioso corteo improvvisato conil quale i convitati in preda all’allegria cau-sata dal vino lasciano la sala in cui si èsvolto il simposio, danzando, cantando,continuando a bere e dedicandosi al cor-teggiamento. Una parte del vaso ospita ungruppo di tre giovani, che a passo didanza, reggendo ciascuno una coppa(skyphos) tra le mani, raggiungono unquarto giovane che poggia il piede destro

su un otre colmo appoggiato a terra eregge nella mano destra una brocca (oino-choe) da cui versa il vino ai compagni.Sull’altro lato della coppa si trovano al cen-tro tre giovani, due di profilo e uno di pro-spetto in atteggiamento erotico, al di sopradei quali è appesa una cesta. Ai lati delgruppo si dispongono due coppie di gio-vani, che osservano la scena muovendosiin passi di danza. Uno dei giovani, con ilfallo in erezione, è visibilmente eccitatodalla scena erotica che si sta svolgendosotto i suoi occhi. I comasti (partecipanti alkomos) sono rappresentai sempre nudi, ocon le sole spalle coperte da un mantello(clamis), con corti capelli neri ricciuti suiquali poggiano corone vegetali, sottolineateda tocchi di colore rosso violaceo.

La linea dipinta a vernice che definisce iparticolari fisiognomici e anatomici deicorpi e disegna i panneggi è pulita ed essen-ziale, precisa ed efficace a rendere la musco-latura delle figure; i movimenti risultanosciolti e la disposizione delle figure nellospazio è suggerita dall’utilizzo dello scorcio.

Questa coppa è stata in un primo tempoattribuita dal Beazley, in base allo stile della

18. Kylix a figure rosse di produzione atticaInv. 4117

500 a.C. circaArgilla arancio, dura, ben depurata; vernice nera, brillante, omogenea, spessah cm 13; diam. orlo cm 31 Completamente ricompostaProvenienza: Vulci, già collezione Canino (n. 3032), collezione Savoia

63

Page 65: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

figura di guerriero dipinta all’interno dellavasca, al pittore di Epeleios, allievo del piùfamoso Epitteto dalle cui opere spesso traeispirazione, e che fu uno dei primi a utiliz-zare l’innovativa tecnica a figure rosse. Inbase allo stile della scena di komos dipintaall’esterno della coppa il Beazley preferìperò in un secondo momento espungerequesto vaso, che si data negli anni intornoal 500 a.C., da quelli ascrivibili con certezzaall’opera del pittore di Epeleios.

[V.B.]

All’interno della coppa, intorno alla testadel guerriero con direzione retrograda versosinistra, leggiamo l’iscrizione dipinta primadella cottura hο παῖς; con partenza sempredalla testa e con direzione destrorsa è scrittocon scrittura progressiva παῖ<ς> καλ<ός>,dove si osserva una ripetuta incompiutezzanella grafia delle parole. L’alfabeto è attico eil lambda è di forma calcidese.

All’esterno, nella scena che ritrae quattrocomasti nudi danzanti, il giovane di destraversa vino con una oinochoe dentro unakylix tenuta da un secondo giovane con lamano sinistra; a terra, tra i due, su un otresi riconoscono tracce di lettere su cui siscorgono le quattro lettere καλα (lambdacalcidese), seguite da due tracce di letterenon riconoscibili [per Immerwahr un“nonsense” κλγ(γ)ο(.)]. Con riferimentoalla coppia di sinistra, nel campo tra i duegiovani danzanti, corre l’iscrizione progres-siva hο παῖς καλός.

Nella parte opposta della scena, che ri-trae al centro tre giovani in atteggiamentiosceni tra due coppie di giovani danzanti,leggiamo nel campo con direzione progres-siva hο παῖς καλός.

Le ripetute iscrizioni inneggianti alla bel-lezza dei giovani ritratti dal ceramista, in unorizzonte a intonazione pederastica, ben siadattano al contesto simposiastico dei vasi.

In questo caso il riferimento è generico,mentre in altri casi è possibile ravvisare laconoscenza diretta dei fanciulli ritratti, chevenivano interpellati attraverso il loro nomepersonale seguito dall’aggettivo kalos. Soli-tamente essi sono giovani rampolli appar-tenenti a illustri famiglie aristocratiche,come nel caso ben noto di Leagros, figlio diGlaukon, ek Kerameon, soggetto privile-giato dei pittori a figure nere e rosse sull’ul-timo scorcio del VI secolo (PAA 602645; sullivello sociale di rango liturgico cfr. APF3027; sul significato culturale e antropolo-gico delle iscrizioni-kalos vd. Lissarague1999, pp. 359-373).

“Il fanciullo è bello”.[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIA Philippart 1932, p. 9, n. 2; Carducci 1959,p. 26; Beazley 1963, p.150, n. 35 e p. 1628;Lo Porto 1969, pp. 4-5, III, I, tavv. 3-4;Brecciaroli Taborelli 2006, pp. 46-47, n. 61;Barberis 2011, pp. 31-32; Immerwahr,www2.lib.unc.edu/dc/attic, p. 2337, n. 7809.

64

Page 66: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Coppa biansata con parete cilindricaraccordata alla base leggermente incurvatamediante una calotta quasi sferica. La pa-rete è caratterizzata da una banda scanditain 29 scanalature verticali interrotte dauna tabula ansata con l’iscrizione; le dueanse, di forma quasi triangolare, sonoposte in posizione simmetrica rispetto al-l’iscrizione. La calotta emisferica di rac-cordo alla base è segnata da 36 petaliradiali. Sotto l’attacco di uno dei due ma-nici è visibile un segno interpretabile forsecome una A, che contraddistingue ancheuna coppa da Pollenzo (Cuneo) conser-vata al Museo Civico di Bra (inv. M 1144)

e un’altra proveniente da una località nonprecisabile del nord Italia attualmenteconservata a Newark (New Jersey - USA).Si tratterebbe quindi di tre oggetti derivatida un’unica matrice, come confermanoanche le identiche misure. Questo gruppoafferente alla tipologia “in stile geome-trico” si distingue per l’ornato semplice elineare, ben diverso da quello di altriesemplari di Ennione decorati da elaboratimotivi vegetali che richiedevano stampimetallici realizzati da artigiani molto abili,come l’esemplare da Vercelli [cat. 20].

La matrice della coppa di Caresana po-trebbe invece essere stata creata dallo

19. Coppa per bere firmata dal vetraio EnnionInv. n. 3302

Secondo quarto del I secolo d.C.Vetro blu soffiato in stampo bivalveh cm 6; diametro orlo 8,8; diametro piede 4,4Ricomposta da più frammentiProvenienza: Caresana (Vercelli), rinvenuta nel 1873 presso la cappella di S. Giorgio; donodel prevosto don Giovanni Bussi al Museo di Antichità

65

Page 67: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

stesso Ennion o da un suo lavorante abba-stanza esperto, in modo da evitare la cir-colazione del modello e il rischio difalsificazioni, come invece deve essere av-venuto per i prodotti più elaborati; si trat-terebbe quindi di un vetro riferibileall’ultima fase di attività dell’officina delraffinato maestro (De Bellis 2004, cc. 159-166).

La coppa è stata rinvenuta nel 1873 inuna tomba della necropoli estesa presso lacappella di S. Giorgio di Caresana il cuicorredo era costituito da due balsamari divetro e una lucerna in associazione a unamoneta di rame a nome dell’imperatoreClaudio coniata nel 41 d.C. (Bruzza 1874,375-381), forse un quadrante (gr 3, del va-lore di un quarto di asse: inf. F. Barello).La necropoli doveva essere piuttosto ricca,come si evince dalla corrispondenza deltempo in cui si parla del ritrovamentonella stessa necropoli di un raro piattellodi vetro millefiori (Sommo 1994, p. 122).

[G.P.]

Le pareti della coppa sono scandite dascanalature verticali che percorrono tuttoil corpo del vaso, lasciando libero, ante-riormente e in posizione centrata rispettoalle anse, lo spazio per una tabula ansata.All’interno corre l’iscrizione su due lineeἘννίων / ἐποίει, cioè «Ennion faceva»,con cui si voleva perpetuare, attraverso la

firma personale, il ricordo dell’artista op-pure garantire l’alta qualità del manufattoattraverso l’imposizione di un sigillo dibottega. Lettere lunate. Altezza lettere:cm 0,5-0,6; pi: 0,7.

“Ennion faceva”.[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIA Bruzza 1874, pp. 375-381; IG XIV 2410, 3d;Viale 1971, p. 56, tav. 47; Facchini 1998,p. 266; De Bellis 2004, cc. 165-166; Pantò2009, p. 484; Gabucci - Spagnolo Garzoli2013, pp. 43-44.

66

Page 68: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Coppa biansata con orlo verticale leg-germente aggettante, corpo cilindrico, rac-cordato al fondo convesso con piccolopiede sagomato da netta carenatura. Ansacircolare verticale, applicata alla paretecon leggera modanatura.

Decorazione a registri: sulla parete ver-ticale, quello superiore è fitomorfo, conspiraliformi tralci di vite e foglie d’acqua,l’inferiore si presenta a baccellature verti-cali; la parte di collegamento al fondo pre-senta un motivo a reticolo di losanghe. Sulregistro superiore, in posizione opposta,due cartigli a tabula ansata: entrambi sutre righe, uno con firma del vasaio En-nion, l’altro con formula beneaugurale,forse di origine semitica (Glass of the Cae-sars 1987, pp. 164-165).

L’esemplare si confronta con la coppadel Corning Museum of Glass, inv.66.1.36, da collezione, ma ritenuta prove-niente da Cavarzere loc. Cuora (Venezia)(Sternini 1995, fig. 40). Dalla medesimalocalità, ora al Museo Archeologico Na-zionale di Adria, sono identificati altri ma-nufatti di Ennion sempre a matrice invetro blu, tra cui la tazza monoansata IGAD 9100, simile ma di dimensioni mag-giori (h 10 cm, d 13,5 cm) (Larese 2012,pp. 99-100).

È inoltre simile (seppur di colore di-verso) alla coppa di Refrancore (Asti) con-servata al Louvre (n. inv. MNC3). Con lacoppa biansata [cat. 19], presenta alcunesimilitudini, anche se l’esemplare in esamesi presenta più ricco nella decorazione,aprendo il dibattito sul problema delle

imitazioni o rielaborazioni locali (De Bel-lis 2004). Entrambe le coppe sono realiz-zate a soffiatura entro matrice, in modo daassumerne la forma e la decorazione:nell’esemplare [cat. 19] rimane traccia delpunto di congiunzione tra le due valve,mentre in quella in esame, la maggiorecomplessità del motivo decorativo e deicartigli, nonché il loro aggetto, induconoa ipotizzare una matrice costituita da unvaso in metallo o vetro.

Il vaso così ottenuto assumeva una de-corazione molto nitida e articolata, che ri-cordava i manufatti in metallo a sbalzo(Panero 2012, p. 213), argenti modo caela-tur (PE. Nat. Hist., XXXVI, 193).

I primi artigiani a eseguire tale tecnicafurono quelli dell’area siro-palestinese, ditradizione ellenistica, tra cui appunto En-nion. La sua firma compare soprattutto sucoppe e tazze provenienti dall’Italia setten-trionale, tra l’età tardo-tiberiana e il 70d.C. (per quanto alcuni studi alzino la pro-duzione alla prima metà del I secolo d.C.)(Price 1991, p. 71. V. anche Israeli 2011).

20. Coppa per bere firmata dal vetraio EnnionInv. 75699

Metà I secolo d.C. Vetro blu soffiato in stampo bivalveh cm 6; diametro orlo 9,2Mutila di un’ansa, in frammenti ricompostiProvenienza: Vercelli, necropoli romana di Regione S. Bartolomeo (ritrovamento fortuito,1981)

67

Page 69: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Si tratterebbe di un interessante caso di ar-tigiano formatosi presso Sidone e poi tra-sferitosi in Italia, dove impianta sueofficine nell’area del Po. Attraverso la dif-fusione delle sue caratteristiche tazze sisono potuti seguire gli spostamenti delmaestro vetraio (o dei suoi modelli o ma-trici: Sternini 1995, pp. 28-29) da Orientein Italia. Ben documentata è la presenza inPiemonte, dove oltre ai casi esposti si se-gnala anche un pezzo frammentario pro-veniente dall’Alessandrino (n. inv. 539) euna da Pollentia-Pollenzo (Cuneo) (Pasto-rino 2007, p. 64).

[E.P.]

La superficie del vaso è scandita inmodo simmetrico dalle anse, di cui solouna è conservata. Al centro, su ciascunadelle facce, è ospitata una tabula ansatache reca un’iscrizione su tre linee. Letterelunate. Altezza lettere: cm 0,3-0,5. FacciaA: Ἐννίων / ἐποίη/σεν; faccia B: μνη(σ)θῇ/ ὁ ἀγορά/ζων. L’iscrizione principale ri-corda che la graziosa coppa è opera dellabottega di Ennion; la seconda iscrizioneconserva invece uno scherzoso invito af-finché colui che è definito ho agorazonnon dimentichi: con tale termine si vuoleintendere non solo il frequentatore dellapiazza del mercato, ma anche colui che almercato fa acquisti. Pertanto la scritta in-tende esortare il possessore a ricordare:forse la piacevole giornata trascorsa incompere, forse l’illustre maestro vetraio, dicui ha comprato il grazioso souvenir, forse

la coppa stessa, quella che ora egli tienenelle mani e che non va perduta.

La doppia iscrizione conosce altre atte-stazioni in Italia settentrionale e sembraaver seguito una linea di diffusione flu-viale da Aquileia all’area piemontese (cfr.IG XIV 2410, 3 a-b; su una coppa prove-niente da Refrancore (Asti) e conservatapresso il Museo del Louvre vd. IG XIV2410, 3 c; De Bellis 2004, c. 151, 2b).

Lato A: “Ennion fece”

Lato B: “Colui che frequenta il mercato(colui che fa acquisti) si ricordi!”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIAGabucci - Spagnolo Garzoli 2013, p. 4;l’iscrizione è inedita.

68

Page 70: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Tra i materiali suntuari la cui presenzasi è riscontrata nei corredi di Craveggia ac-quista rilievo, per la rara attestazione deltipo, il bicchiere soffiato entro triplicestampo della tomba 46 da assegnare algruppo di vetri con iscrizioni augurali.Una decorazione a rami di palma contrap-posti delimita la parte superiore dellospecchio iscritto, sottolineato inferior-mente da una doppia costolatura sotto cuisi dispone un basso fregio continuo di pic-cole foglie di palma. La scritta è interrottada palme che vanno a coincidere, nascon-dendoli, con i punti di giunzione verticaletra due valve della matrice. Una doppiacostolatura definisce anche l’orlo legger-mente estroflesso.

Tra gli esemplari completi, un con-fronto puntuale sembra possibile riscon-trare nel bicchiere conservato al Museovetrario di Murano di probabile prove-nienza da Nona (Ravagnan 1994, p. 124,n. 232), che potrebbe essere derivato dauna stessa matrice non metallica. Fram-menti di bicchieri analoghi in area occi-dentale provengono da contesti sicuri,anche di abitato, dal golfo di Fos (Foy -Nenna 2003, p. 246), da Nijmegen (vanLith 1995, pp. 133-134) e Vitudurum inSvizzera (Rütti 1988, pp. 37-38). Da areaorientale si segnalano gli esemplari daAroer in Israele (Herschkovitz 1992, pp.156, 309-319, fig. 7). I bicchieri da contesti

databili si collocano nell’ambito della se-conda metà del I secolo d.C.

L’areale di distribuzione di questi oggetticoincide con quello dei prodotti di Ennion,vetraio di Sidone che si ritiene abbia atti-vato officine in Italia settentrionale, forsead Aquileia, e i cui prodotti raggiungonoanche la Cisalpina nord-occidentale (Ga-bucci – Spagnolo Garzoli 2013, pp. 43-44,figg. 1-3; cat. 1-4). Attribuiti in origine adofficine siro-palestinesi, anche la produ-zione di questi bicchieri rientra nella gene-rale problematica ancora aperta delladislocazione delle manifatture e/o dell’im-migrazione di maestranze siriane che hariguardato i prodotti ennioniani. In ognicaso è da sottolineare la capacità di attra-zione di prodotti di pregio di un centro

21. Bicchiere cilindrico con scritta auguraleInv. 55010

Ultimo quarto del I-inizi del II secolo d.C.Vetro trasparente con sfumatura verde chiarissimoh cm 7,8; d orlo cm 7,6; d piede cm 3,6Ricomposto da frammenti con lacune all’orlo e al corpoProvenienza: Craveggia (Verbano-Cusio-Ossola), località Marlè, necropoli tomba 46 (scavi1980-1984)

69

Page 71: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

molto periferico come Craveggia che tut-tavia poteva beneficiare della vicinanza diun complesso sistema di collegamenti at-traverso vie d’acqua, di notevole impor-tanza per la storia non solo commerciale,della regione, quale quello del bacino ver-bano-ticinese che collegava, attraverso ilLago Maggiore, il Ticino e il Po, le areetransalpine occidentali alla Cisalpinaorientale, epicentro dei contatti con i cen-tri manifatturieri del Mediterraneo orien-tale da cui non si esclude possa arrivare ilnostro esemplare.

Il bicchiere di Craveggia si presentacome oggetto di pregio all’interno di uncontesto in cui gli elementi compositivi,vitrei e ceramici, sembrano sottolinearecon insistenza gli aspetti rituali del bere inuna filosofia epicurea del vivere quoti-diano.

[G.S.G.]

Il campo epigrafico, parzialmente lacu-noso, è scandito in due parti simmetricheda un ramo di palma verticale. Lettere lu-nate. Altezza lettere: cm 1,4-1,9; epsilon eomicron 1; ypsilon 1,1.

L’iscrizione rivolge un malizioso invitoal lettore o a colui che regge, per scopisimposiali o di libagione, il grazioso reci-piente: κατάχαιρε / [καὶ] εὐφραίνου, cioè«rallegrati e goditela».

Lo scherzoso invito conosce numerosiconfronti nel mondo romano, dalla Dal-mazia (Zara; SEG 45:709, b) all’area di Ca-

gliari (IG 14:2410, 11a=SEG 44:798 bis),dall’area siriana (IGLSyr V 2467 bis; SEG2:44; SEG 44:1559 b, III-IV sec. d. C.) allaPalestina (SEG 31:1459, età ellenistica),dalla Nubia (Serra, I-II sec. d. C.; SEG33:1365; cfr. 1364 bis, I sec. d. C.) all’AfricaProconsolare (SEG 51:1485) e ancora allaGallia Narbonese (SEG 51:1464; metà delI sec. d. C.). La maggior parte delle atte-stazioni proviene tuttavia dalla Siria, comesembra emergere dalla bibliografia specia-listica (vd. SEG 32:1625=42:1688, 33:1364bis), con un ampio ventaglio di datazioni,dall’età ellenistica all’età imperiale avan-zata.

“Rallegrati e goditela”.[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIASpagnolo Garzoli 2012, p. 63, fig. 42 e p.181, fig. 183; Gabucci - Spagnolo Garzoli2013, p. 55, n. 38, figg. 25-26.

70

enricaculasso
Nota
[κ]αὶ
Page 72: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

L’epigrafe fu rinvenuta forse nel 1720“sotto il bastione della Consolata, od a po-nente della piazza d’Italia” (Promis 1869,p. 319; cfr. p. 306), ovvero a occidentedell’odierna via Milano e piazza della Re-pubblica.

Il testo conservato, pur nello stato fram-mentario in cui è giunto fino a noi, riesceancora a esprimere il prestigio e la potenzacomunicativa del manufatto originario.Un sapiente uso della dimensione dellelettere evidenzia il nome del destinatario,

22. Una città greca onora Q. Glizio AtilioAgricola, senatore di Augusta TaurinorumInv. 336, 337

90-93 d. C.Marmo biancoDue frammenti solidali di una stele a: h cm 23-30; larghezza 30; profondità 7-14; b: h cm 7-27,5; larghezza 26-61; profondità14; larghezza originaria cm 62-63Provenienza: ritrovata a Torino, collezioni Savoia

71

Page 73: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Q. Glitius Atilius Agricola, e la sua fun-zione di patronus della città greca che haavviato l’iniziativa onoraria. Il nome dellacomunità dedicante è nascosto dalla la-cuna ma il testo conserva ancora, in carat-teri minori, la sua qualifica di città cara aRoma e consanguinea dei Romani, allorasignori del mondo mediterraneo.

In secondo luogo la tipologia del sup-porto scrittorio lascia intuire che essoavesse costituito il pannello laterale di so-stegno di una dedica, monumentale emolto elaborata, composta da una trapezacon sovrastante statua equestre, di dimen-sioni poco inferiori a quelle naturali. Taliconclusioni sono confermate dal con-fronto con le altre iscrizioni dedicate a Q.Glitius Atilius Agricola, tutte in lingua la-tina e tutte conservate presso il Museo diAntichità di Torino, che confermano l’altolivello pubblico del personaggio onorato.

Tali manufatti monumentali, compren-sivi di iscrizioni su tavole quadrangolarioppure a forma di lira, erano destinati auna esposizione negli spazi privati dellacasa dell’individuo onorato. L’opera per-tanto intendeva rappresentare intenzio-nalmente i meriti del patronus all’internodel contesto sociale di quest’ultimo, edunque in modo tanto più efficace inquanto costituiva un veicolo di comuni-cazione con risultati amplificati e ampiericadute nel quadro della società locale.

L’individuo onorato con iniziative cosìprestigiose da parte dei committenti latinie per volontà anche di una polis greca èl’autorevole senatore Q. Glitius AtiliusAgricola, cittadino di Augusta Taurino-rum, che percorse il suo lungo cursus ho-norum a partire da Vespasiano, perterminare con Traiano, quando divenneconsole per la seconda volta nell’anno 103,conseguendo poi, al termine di una presti-giosa carriera, la prefettura urbica. Egli ri-

coperse inoltre importanti ruoli di co-mando, partecipando a numerose campa-gne militari e ottenendo ripetutamente iltitolo di patrono. Il rilievo della sua posi-zione politica è ben documentato, inoltre,dal folto gruppo di iscrizioni onorarie a luidedicate. Il fatto poi che la città commit-tente vada localizzata in un’area geograficaremota rispetto alla dimora dell’onorato,nel nostro caso in un ambito grecofono,obbliga a pensare che la notifica dell’onorefosse stata consegnata al patronus permezzo di una delegazione di ambasciatoriappositamente inviati a tale scopo.

La determinazione geografica relativaalla Siria può precisare l’area dell’attivitàdi Glizio, all’interno del suo cursus hono-rum, oppure può alludere all’area di pro-venienza della città dedicante. Già CarloPromis, infatti, nel 1869, aveva suggeritouna relazione con il soggiorno di Glizio inOriente (Siria) come legatus legionis dellalegione VI Ferrata.

La datazione del manufatto è suggeritadalla ricostruzione della carriera pubblicadell’onorato.

“A Quinto GlizioAtilio Agricola[- - -]di Siria [- - - città - - -]e cara e affidabile e consanguinea e [- - -]dei Romani invittial patrono”.

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIA Rivautella - Ricolvi 1743, pp. 185-8; Maffei1749, p. 226, nn. 9, 10; CIG III 6763 + Add.III, p. 1271; IG XIV 2278; IGRRP 1, 478;Culasso Gastaldi c.d.s..

72

Page 74: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Il testo, portato alla conoscenza deglispecialisti subito dopo il rinvenimento(Zanda - Betori 2002), fu successivamenteriedito e precisato nella sua esatta com-prensione testuale da Sergio Giannobile(2005-2006). Altezza lettere cm 0,15-0,25.

Il reperto rientra nella categoria degliamuleti, destinati, nelle intenzioni, a pro-teggere il possessore da malanni di naturafisica o spirituale. La sottile lamina metal-lica, sia essa d’oro o d’altro materiale menoprezioso, ben si adatta a essere ripiegata econservata in astucci da portare appesi alcollo, con l’intenzione di accrescere la ca-pacità di cura o di prevenzione di un maleattraverso il contatto fisico con il posses-sore del talismano (Kotansky 1994). I malida cui l’uomo antico invocava la guari-gione o la salvaguardia sono vari: la febbre,l’epilessia, le malattie degli occhi o ancheil malocchio e le possessioni demoniache.Altrettanto differenziati sono i demoni cuisi imputava la paternità di tali afflizioni:già il solo conoscerne l’identità e il trac-ciarne per iscritto il nome poteva esorciz-zare il male. Non a caso, infatti, leggiamonella laminetta aurea di Villa del Foro unaserie di nomi demoniaci, che occupano leprime nove linee del testo. Subito dopol’invocazione per così dire profilattica, leg-giamo la supplica a far cessare il mal ditesta (κεφαλαργία) di Iulia, figlia di Eufe-mia, e il medesimo concetto è ripetuto unaseconda volta nelle linee finali del testo.L’afflizione del capo rappresentava un ma-lanno ricorrente nelle antiche patologie,tanto che abbiamo notizia diretta di altri sei

amuleti che ne fanno menzione (Gianno-bile 2005-2006, p. 57).

Il documento di Villa del Foro sembraprovenire da un contesto funerario: Iulia,che ne fu committente, lo portò con sé invita e continuò a richiederne la protezioneanche dopo la morte.

“Anoch baianiwch sel bai anoch oeinenwfrianoch ekar anoch se kouthmw se . kowfr facessare il mal di testa di Iulia figlia di Eu-femia, s . . emwthiti libera Iulia dal mal ditesta” (trad. Giannobile).

[E.C.G.]

BIBLIOGRAFIAZanda - Betori 2002, pp. 51-66, tav. XXIV;Giannobile 2005-2006, pp. 54-66, taf. I.

23. Filatterio contro il mal di testaInv. scavo 1555

Inizi II sec. d. C.Oroh cm 5,5, larghezza 1,8Integro, con segni di piegaturaProvenienza: Forum Fulvii Alessandria (fraz. Villa del Foro), scavi 2000-2001

73

Page 75: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

74

BibliografiaAdriani A. 1961. Repertorio d’arte dell’Egitto Greco-Romano, serie A, vol. II., Palermo.Amadasi Guzzo M.G. 1967. Le iscrizioni fenicie epuniche delle colonie in Occidente, Roma.Angelucci A. 1878. Arte e artisti in Piemonte.Documenti inediti con note, in Atti della Società diArcheologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, II,pp. 32-86. APF. J.K. Davies, Athenian Propertied Families, 600-300 B.C., Oxford 1971.Arslan A. 1997 (a cura di). Iside. Il mito, il mistero, lamagia, cat. della mostra (Milano, feb.-giu. 1997),Milano.Avi-Yonah M. 1940 [=1974]. Abbreviations in GreekInscriptions [The Near East, 200 B.C.-A.D. 1100], inAl.N. Oikonomides (a cura di), Abbreviations in GreekInscriptions Papyri, Manuscripts and Early PrintedBooks, Chicago, pp. 1-125.Badawy A. 1944. Idéologie et formulaire païens dansles épitaphes coptes, in Bulletin de la Sociétéd’Archéologie Copte,10, pp. 1-26.Barberis V. 2009 (scheda di catalogo). Statua di figuramaschile seduta, in S. Einaudi (a cura di), Egittonascosto. Collezioni e collezionisti dai musei piemontesi,cat. della mostra (Pinerolo, mar.-lug. 2009), Milano,p. 43.Barberis V. 2010. Qualche riflessione su una statua daAlessandria d’Egitto al Museo di Antichità di Torino,in Quaderni della Soprintendenza Archeologica delPiemonte, 25, pp. 98-102.Barberis V. 2011 (scheda di catalogo). Kýlix a figurerosse di produzione attica, in G. Pantò (a cura di), IModi dell’Eros. Reperti archeologici a tema erotico dalMuseo di Antichità di Torino, cat. della mostra,(Cuorgnè, set. 2012-gen. 2013), Torino, pp. 31-32.Barello F. 2008 (scheda di catalogo). Psykter attico afigure rosse, in G. M. Bacci - G. Pantò (a cura di), IlMuseo di Antichità, Torino, p. 77.Barocelli P. 1931. Il Regio Museo di Antichità di Torino,Roma. Battistoni F. 2009. Missing Relative?, in Zeitschrift fürPapyrologie und Epigraphik, CLXIX, pp. 183-7.Beazley Archive on-line, 200140, Turin, Museo diAntichità, 4123, http://www.beazley.ox.ac.uk. Beazley J.D. 1956. Attic Black-figure Vase-Painters,Oxford.Beazley J.D. 1963. Attic Red-figure Vase-Painters, voll.I-II, Oxford.Bergamini G. 2006. Due importanti reperti punicinel Museo di Antichità di Torino, in Quaderni dellaSoprintendenza Archeologica del Piemonte, 21, pp.20-5.

Bernand É. 1975. Recueil des inscriptions grecques duFayoum, I, La “Méris” d’ Hérakleidès, Leiden.Bernand É. 1988. Inscriptions grecques et latinesd’Akôris, (Bibliothèque d’étude, 103), Paris. Bernand É. 1992. Inscriptions grecques d'Égypte et deNubie au Musée du Louvre, Paris. Beschi L. 1988. v. Demeter, in LIMC, IV.Bieber M. 1977. Ancient Copies. Contributions to theHistory of Greek and Roman Art, New York.Bordman J. 1992. Vasi ateniesi a figure rosse, Milano.Bosticco S. 1970. Museo Archeologico di Firenze. Lestele Egiziane, parte III, Firenze.Boswinkel E. - Pestman P.W. 1978 (a cura di). Textesgrecs, démotiques et bilingues, (P.L.Bat. 19), LugdunumBatavorum. Brecciaroli Taborelli L. 2006. Guida breve. Il Museo diAntichità di Torino, Torino.Bruzza L. 1861. Bassorilievo con epigrafe grecaproveniente da Filippopoli, in Annali dell’Istituto diCorrispondenza Archeologica, XXXIII, pp. 380-8.Bruzza L. 1874. Iscrizioni antiche vercellesi, Roma.Caramello S. 2013 (scheda di catalogo). Stele diCleopatra e Cesarione, in G. Gentili (a cura di),Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto, cat. dellamostra (Roma, ott. 2013-feb 2014), Roma, p. 251.Carducci C. 1959. Il Museo di Antichità di Torino.Collezioni preistoriche e greco-romane, Roma.Carpenter, T.H. - Mannack, T. - Mendonca, M. 1989.Beazley addenda: additional references to ABV, ARV2& Paralipomena, 2nd edition, Oxford.Catoni C. 2010. Bere vino puro. Immagini del simposio,Milano.CIG III. Corpus Inscriptionum Graecarum, edidit J.Franz, Berlin 1845-1853.CIL I2, Corpus Inscriptionum Latinarum, InscriptionesLatinae antiquissimae ad C. Caesaris mortem, ed.altera, pars posterior cura E. Lommatzsch, Berolinifasc. 1 (1918), 2 (1931), 3 (1943), 4 (1986).CIL III, Suppl., Inscriptionum Orientis et IllyriciLatinarum Supplementum, Th. Mommsen - O.Hirschfeld - A. Domaszewski ediderunt, Berlin 1902.CIL X, Corpus Inscriptionum Latinarum, X,Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae,Siciliae, Sardiniae Latinae, edidit Th. Mommsen,Berolini 1883.CIS I, Pars prima Inscriptiones Phoenicias continens, I,Parisiis 1881.Clark A. J. 1990. Corpus Vasorum Antiquorum, USA,XXV, The J. Paul Getty Museum. Malibu, fascicolo 2,Malibu.Colligite fragmenta 2009. Colligite fragmenta. Aspettie tendenze del collezionismo archeologico ottocentescoin Piemonte, Atti del convegno (Tortona 19-20

Page 76: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

75

gennaio 2007), a cura di M. Venturino Gambari - D.Gandolfi, Bordighera (Collezione di monografiepreistoriche ed archeologiche, XVI).Claretta G. 1878. Sui principali storici piemontesi,Torino.Cordero di S. Quintino G. 1825. Interpretazione econfronto di una bilingue iscrizione che sta sopra unamummia egiziana nel R. Museo di Torino, inMemorie dell’Accademia delle Scienze di Torino,XXIX, pp. 255-325.Lo Porto F. G. 1969 (a cura di). Corpus VasorumAntiquorum, Italia, fasc. XL, Museo di Antichità diTorino, fasc. II, Roma 1969. Crosetto A. 2007. La collezione epigrafica di Cesare diNegro-Carpani: una ricostruzione virtuale, in Ondenulla si perda 2007, pp. 203-26.Crosetto A. 2009. “Far incetta di anticaglie”.Collezionismo privato e attività degli enti di tutelanell’Ottocento, in Colligite fragmenta 2009, pp. 133-53.Culasso Gastaldi E. 1995a. La collezione epigrafica delReal Collegio Carlo Alberto di Moncalieri (To), inEpigraphica, LVII, pp. 147-71.Culasso Gastaldi E. 1995b. Padre Luigi Bruzzaepigrafista e collezionista: la raccolta epigrafica del RealCollegio Carlo Alberto di Moncalieri, in Bollettino dellaSocietà Piemontese di Archeologia e Belle Arti, XLVII,pp. 45-57.Culasso Gastaldi E. 2000. L’iscrizione trilingue delMuseo Archeologico di Torino (dedicante greco, culturapunica, età romana), in Epigraphica, LXII, pp. 11-28.Culasso Gastaldi E. (c.d.s.). Un’inedita iscrizionevotiva: la dedica di Leonides, figlio di Leonides,Makedon, in Historika, 4, 2014.Culasso Gastaldi E. (c.d.s.). Q. Glitius Atilius Agricola:l’iscrizione greca da Augusta Taurinorum. inEpigraphica 76, 2014.Curto S. 1976. Storia del Museo Egizio di Torino,Torino. Curto S. 1984. L’antico Egitto nel Museo Egizio diTorino, Torino.De Bellis M. 2004. Le coppe da bere di Ennione: unaggiornamento, in Aquileia nostra, LXXV, cc. 121-90.De Ricci S. 1906. Statues antiques inédites de Muséesitaliens, in Revue Archéologique, s. iv, VIII, pp. 372-89.De Vido S. 2013. ‘Capitani coraggiosi’. Gli Eubei nelMediterraneo, in C. Bearzot - F. Landucci (a curadi), Tra mare e continente: l’isola d’Eubea, Milano,pp. 67-102.Donadoni A.M. - Leospo E. - D’Amicone E. - RoccatiA. - Donadoni S.1988. Il Museo Egizio di Torino; guidaalla lettura di una civiltà, Novara.Donadoni S. 1988. L’avvento del Cristianesimo, inA.M. Donadoni Roveri (a cura di), Civiltà degli Egizi.

Le credenze religiose, Torino, pp. 238-45.Drogou S. 1975. Der Attische Psykter, Würzburg. Dütschke H. 1880. Antike Bildwerkeim Oberitalien,IV, Leipzig.Effenbergen 1996 (scheda di catalogo). Grabstele desGold-schmiedes Andromachos, in Reichert Verlag L.1996 (a cura di). Ägypten, Schätze aus demWüstensand: Kunst und Kultur der Christen am Nil,cat. della mostra (Hamm-Mainz-München-Melch1996-1998), Wiesbaden, pp. 126-127.Fabretti A. 1872. Il Museo di Antichità della R.Università di Torino, Torino. Fabretti A. 1880. Documenti inediti per servire allastoria dei Musei d’Italia, III, Firenze-Roma.Fabretti A. - Rossi F. - Lanzone R.V. 1888. Regio Museodi Torino, Catalogo generale dei musei di antichità eoggetti d’arte raccolti nelle gallerie e biblioteche delRegno, Serie Prima, II, Torino.Facchini G.M. 1998. Vetri romani della prima e mediaetà imperiale, in L. Mercando (a cura di), Archeologiain Piemonte. L’età romana, Torino, pp. 265-70.Foraboschi D. 1971. Onomasticon alterumPapyrologicum. Supplemento al Namenbuch di F.Preisigke, Milano.Foy D. - Nenna M.D. 2003, Productions etimportations de verre antique dans la vallée du Rhoneet le Midi méditerranéen de la France (Ier-IIIe siècles),in Echanges et commerce du verre dans le mondeantique, Actes du colloque de l’association Francaisepour l’Archéologie du Verre, Aix-en-Provence etMarseille 7-9 juin 2001, a cura di D. Foy et M.D.Nenna, Mergoil, pp. 227-296. Gabucci A. - Spagnolo Garzoli G. 2013. Vetri bollatidal Piemonte romano (Transpadana occidentale eLiguria interna), in Per un corpus dei bolli su vetro inItalia, Atti delle XIV Giornate Nazionali di Studio sulVetro (Trento, 16-17 ottobre 2010) a cura di M. G.Diani - L. Mandruzzato, Venezia, pp. 43-58.Gau F.C. 1822. Antiquités de la Nubie, Paris.Gazzera C. 1851. Appendice al discorso intorno alleiscrizioni cristiane antiche del Piemonte, in Memoriedell’Accademia delle Scienze di Torino, serie 2, XI, pp.293-325.Giaccaria A. 1994. Le antichità romane del Piemontenella cultura storico-geografica del Settecento, Cuneo.Giannobile S. 2005-2006. Filatterio contro il mal ditesta nella tomba di Iulia, in Jahrbuch für Antike undChristentum, XLVIII-XLIX, pp. 54-66.Glass of the Caesars 1987. Glass of the Caesars, editedby D.B. Harden - H. Hellenkemper - K. Painter - D.Whitehouse, cat. della mostra (Roma, 1997-1998),Milan.Glassway 2002. Glassway: le stanze del vetro:dall’archeologia ai giorni nostri, a cura di R. Barovier

Page 77: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

76

Mentasti - G. Cuneaz, cat. della mostra (Aosta, giu.-ott. 2002), Milano.Goddio F. 2006 (a cura di). Egitto. Tesori sommersi,Catalogo della mostra (Venaria, 7 febbraio-31 maggio2009), Torino.Guichenon S. 1660. Histoire Genealogique de LaRoyale Maison de Savoie, Lyon. Herschkovitz M. 1992, Aroer at the end of secondtemple period, in Eretz-Israel, 23, pp. 309-19.Heydemann H. 1879. Mitteilungen aus denAntikensammlungen in Ober- und Mittelitalien,Drittes Hallisches Winckelmannsprogramm, Halle.Hoppin J.C. 1917. Euthymides and his fellows,Cambridge (Mass.). Hornum M.B. 1993. Nemesis, the Roman State and theGames, Leiden.I Greci in Etruria 2004. I Greci in Etruria Atti del XIConvegno Internazionale di Studi sulla Storia el’Archeologia dell’Etruria, (Orvieto), a cura di G. M.Della Fina, Roma.IG IV. Inscriptiones Graecae Aeginae, Pityonesi,Cecryphaliae, Argolidis, edidit M. Fränkel, Berolini,1902.IG X 2, 1. Inscriptiones Thessalonicae et viciniae, ediditC. Edson, Berolini, 1972.IG XIV. Inscriptiones Graecae Italiae et Siciliae, ediditG. Kaibel, Berolini 1890.IGLSyr V. Inscriptions Grecques et Latines de la Syrie,par L. Jalabert et R. Mouterde, Beyrouth, Paris 1959.IGRRP I. Inscriptiones Graecae ad res Romanaspertinentes, edendum curavit R.Cagnat, Paris 1911.IGRRP III. Inscriptiones Graecae ad res Romanaspertinentes, edendum curavit R. Cagnat, Paris 1906.IGUR. Inscriptiones Graecae Urbis Romae, curavit L.Moretti, Roma 1968-1990.Immerwahr H.R. 1990. Attic Script: a Survey, Oxford.Israeli H. 2011. Made by Ennion: Ancient GlassTreasures from the Shlomo Moussaieff Collection,Jerusalem. Jeffery L.H. - Johnston A.W. 19902 . Local Scripts ofArchaic Greece, Oxford.Johnston A.W. 1972. The Rehabilitation of Sostratos,in La parola del passato, XXVII, pp. 416-23.Karanastassi P. - Rausa F. 1992. v. Nemesis, in LIMCVI.Kerényi C. 1967. Eleusis. Archetypal image of motherand daughter, Princeton.Kawerau G. - Rehm, A. (a cura di) 1914. DasDelphinion in Milet, Milet I.3, Berlin 1914.Kotansky R. 1994. Greek Magical Amulets. TheInscribed Gold, Silver, Copper and Bronze Lamellae,Part I, Published Texts od Known Provenance, Opladen.La Rocca E. 2010. La maestà degli dèi come apparizione

teatrale, in E. La Rocca e C. Parisi Presicce (a cura di),I giorni di Roma. L’età della conquista, cat. della mostra(Roma, mar.-set. 2010), Milano, pp. 95-114.Lanciani R. 1912, Storia degli scavi di Roma e notizieintorno le collezioni romane di antichità, IV, Roma.Larese A. 2012. Vetri antichi del Veneto, in Vetri aRoma. Cat. della mostra (Roma, 16 febbraio-16settembre 2012), a cura di M. Cima - M.A. Tomei,Milano, pp. 97-106.Lefebvre G. 1903. Inscriptions chrétiennes du Muséedu Caire, in Bulletin de l’Institut Français d’ArchéologieOrientale, III, pp. 69-95.Lefebvre G. 1907 [=1978], Recueil des inscriptionsgrecques-chrétiennes d’Égypte, Le Caire [Chicago].LIMC IV. Lexicon Iconographicum MythologiaeClassicae, Zürich-München, 1988.LIMC VI. Lexicon Iconographicum MythologiaeClassicae, Zürich-München, 1992.Lissarague F. 1999. Publicity and Performance: kalosInscriptions, in S. Goldhill - R. Osborne (eds.),Performance Culture and Athenian Democracy,Cambridge, pp. 359-73.Lo Porto F.G. 1969. Corpus vasorum antiquorum,Italia XL, Museo di Antichità di Torino, fascicolo II,Roma.Lüddeckens E - Brunsch W. - Vittmann G. - ZauzichK.-Th. 1984. Demotisches Namenbuch, Band I,Lieferung 4, Wiesbaden.Lumbroso G. 1868-1869. Documenti greci del RegioMuseo Egizio di Torino, in Atti dell’Accademia delleScienze di Torino, IV, pp. 683-713.Lumbroso G. 1871-1872. Museo di Antichità inTorino, in Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino,VII, pp. 205-14.Lumbroso G. 1874. Saggio d’inventario delle iscrizionigreche di Torino, in Rivista di filologia e d’istruzioneclassica, II, pp. 201-23.Maffei S. 1749. Museum Taurinense, in Id.,MuseumVeronense, pp. 209-35.Maffei S. 1749. Museum Veronense, Veronae.Marchi G.P. 2008. Scipione Maffei e il collezionismoantiquario veronese, in “Est enimille flos Italiae…”. Vitaeconomica e sociale nella Cisalpina romana, Atti delleGiornate di studi in onore di Ezio Buchi (Verona, 30novembre-1 dicembre 2006), a cura di P. Basso - A.Buonopane, A. Cavarzere - S. Pesavento Mattioli,Verona, pp. 571-80.Maritano C. 2008. Il riuso dell’antico nel Piemontemedievale, Pisa.Mennella G. 2007. Cesare di Negro-Carpani el’epigrafia di Iulia Dertona, in Onde nulla si perda2007, pp. 277-84.Mercando L. 1984. Brevi note sul Museo di Antichità

Page 78: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

77

di Torino fino alla direzione di Ariodante Fabretti, inC. Morigi Govi - G. Sassatelli (a cura di), Dalla Stanzadelle Antichità al Museo Civico. Storia della formazionedel Museo Civico Archeologico di Bologna, cat. dellamostra (Bologna, dic. 1984-feb. 1985), Bologna, pp.539-46. Mercando L. - Lazzarini M.L. 1995. Sculture greco-romane provenienti dall’Egitto nel Museo di Antichitàdi Torino, in Alessandria e il Mondo Ellenistico-Romano, Atti del II Convegno InternazionaleItalo-Egiziano, (Alessandria, 23-27 novembre 1992)a cura di N. Bonacasa, Roma, pp. 356-67.Mercando L. 1989. Museo di Antichità di Torino. LeCollezioni, Roma.Micheletto E. 2006. Documenti per servire alla storiadel Museo di Antichità di Torino (1829-1880), inQuaderni della Soprintendenza Archeologica delPiemonte, XXI, pp. 206-8.Micheletto E. 2009. Collezionismo dinastico a Torinonell’Ottocento. Le raccolte sabaude di archeologia e ilRegio Museo di Antichità, in Colligite fragmenta 2009,pp. 83-104.Mihailov G. 1961. Inscriptiones Graecae in BulgariaRepertae, III 1, Serdicae.Millin A.L. 1816. Voyage en Savoie, en Piémont, à Niceet à Gènes, tomo 1, Paris.Milne J.G. 1905. Greek Inscriptions. Service desAntiquités de l’Égypte: Catalogue géneral des antiquitéségyptiennes du Musée du Caire, Oxford.Monaco M.C. 2007. Un’isolata presenza occidentalesull’acropoli di Atene: l’anathema di Faillo di Crotone,in Atene e l’Occidente. I grandi temi, Atti del ConvegnoInternazionale, (Atene, 25-27 maggio 2006) a cura diE. Greco - M. Lombardo, Atene, pp. 155-89.Onde nulla si perda 2007. Onde nulla si perda. Lacollezione archeologica Di Negro Carpani, a cura di A.Crosetto - M. Venturino Gambari, Alessandria, pp.239-52.Orsini F. 1570. Imagines et elogia virorum illustriumet eruditorum ex antiquis lapidibus et nomismatibusexpressa cum annotationibus ex bibliotheca FuluiVrsini, Romae.PAA. Persons of Ancient Athens, edited by J. S. Traill,Toronto 1994-2010.Panero E. 2012. Nella bottega del vetraio, in Botteghee artigiani. Marmorari, Bronzisti, Ceramisti e Vetrainell’antichità classica, a cura di G. Bejor - M. Castoldi- C. Lambrugo - E. Panero, Milano, pp. 209-24.Pantò G. 1999. Biella, area del Battistero. Cimiteromedievale e testimonianze di età tardoromana, inQuaderni della Soprintendenza Archeologica delPiemonte, XXVI, pp. 206-8.Pantò G. 2009, Coppa di Ennione, in E. Fontanella (acura di), Luxus. Il piacere della vita nella Roma

imperiale, cat. della mostra (Torino, set. 2009-gen.2010), Roma, p. 484.Pantò G. - Mennella G. 1994. Topografia ed epigrafianelle ultime indagini su Vercelli paleocristiana, inRivista di Archeologia Cristiana, LXX, nn. 1-2, pp.329-410. Pastorino A.M. 2007. I vetri, in Onde nulla si perda2007, pp. 187-96.Pennacchietti F. 2002. Un termine latino nell’iscrizionepunica CIS n° 143? Una nuova congettura, in G.L.Beccaria e C. Marello (a cura di), La parola al testo.Scritti per Bice Mortara Garavelli, Alessandria, pp.304-12.Perdrizet P. - Lefebvre G. 1919. Les graffites grecs duMemnonion d’Abydos, Nancy, Paris and Strasbourg.Pesce G. 1938. Divinità orientali di Epoca Romana nelMuseo di Antichità di Torino, in Bulletin. Sociétéarchéologique d’Alexandrie, 32, pp. 3-17.Petitti P. 2013 (scheda di catalogo). Psykter attico afigure rosse firmato da Euthymides, in Capolavoridell’archeologia. Recuperi, Ritrovamenti, Confronti, cat.della mostra (Roma, mag.-nov. 2013), Roma, p. 142.Peyron A. 1863. Appendice di Amedeo Peyronindirizzata all’autore dell’illustrazione precedente, inMemorie dell’Accademia delle Scienze di Torino, ser.II, XX, pp. 103-14.Philippart H. 1932. Collection de céramique grecqueen Italie, Paris.PIR2.Prosopographia Imperii Romani. Saec. I. II. III.,2° ed. Berlin 1933.Preacco M.C. 2006. Psykter attico a figure rosse conscene di palestra, in A.M. Reggiani - M. SapelliRagni (a cura di), Eroi e atleti. L’ideale esteticonell’arte da Olimpia a Roma a Torino 2006, cat. dellamostra (Torino, 8 febbraio-30 aprile 2006), Torino,p. 86. Preisigke F. 1922. Namenbuch: enthaltend alleGriechischen, Lateinischen, Agyptischen, Hebraischen,Arabischen und sonstigen Semitischen undnichtsemitischen Menschennamen, soweit sie inGriechischen Urkunden (Papyri, Ostraka, Inschriften,Mumienschildernusw) Agyptens sich vorfinden,Heidelberg.Price J. 1991. Decorated Mould-Blown GlassTablewares in the First Century AD, in M. Newby – K.Painter (editor), Roman Glass: Two Centuries of Artand Invention, London, pp. 56-75.Promis C. 1869. Storia dell’antica Torino Julia AugustaTaurinorum. Scritta sulla fede de’ vetusti autori e dellesue iscrizioni e mura da Carlo Promis, Torino.Ravagnan G.L. 1994. Vetri antichi del Museo Vetrariodi Murano, Venezia(Corpus delle CollezioniArcheologiche del Veneto, 1).Reichert Verlag L. 1996. Ägypten, Schätzeausdem

Page 79: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

78

Wüstensand: Kunst und Kultur der Christen am Nil,Wiesbaden.Riccomini A.M. 1996. La ruina di sì bela cosa. Vicendee trasformazioni del Mausoleo di Augusto, Milano.Riccomini A.M. 2008. Angelo Boucheron disegnatoredi antichità per il Voyage en Piémont di Aubin LouisMillin, in Quaderni della Soprintendenza Archeologicadel Piemonte, 23, pp. 9-20.Riccomini A.M. 2011. Marmi antichi da Roma aTorino: sul collezionismo di Carlo Emanuele I diSavoia, in Quaderni della Soprintendenza Archeologicadel Piemonte, 26, pp. 131-45.Ritti T. 1981. Iscrizioni e rilievi greci nel MuseoMaffeiano di Verona, Roma.Rivautella A. - Ricolvi J.P. 1743. Marmora Taurinensiadissertationibus et notis illustrata, Pars prima,Augustae Taurinorum.Ross L. - Welcker F.G. 1850. Inschriften von Cypern,in Rheinisches Museum für Philologie, VII, pp. 512-26.Rütti B. 1988, Die Gläser, in Beiträge zum romischenOberwinterthur-Vitudurum 4, (Berichte der ZurcherDenkmalpflege, Monographien 5), Zürich.Samama É. 2003. Les médecins dans le monde grec.Sources épigraphiques sur la naissance d’un corpsmédical, Genève.SB. Sammelbuch Griechischer Urkunden aus Aegypten,Preisigke F. , vol. I, 1915; IV, 1931; V, 1955.Scholl A. 1994. Die attischen Bildfeldstelen des 4. Jhs.v. Chr., Berlin.SEG. Supplementum Epigraphicum Graecum, Leiden1923 sgg.Slavazzi F. 1999. Menandro in villa. Di una nuovacopia del ritratto e dell’uso delle repliche, in Koina:miscellanea di studi archeologici in onore di PieroOrlandini, a cura di M. Castoldi, Milano, pp. 441-50.Solin H. 2012. Falsi epigrafici, in L’officina epigraficaromana in ricordo di Giancarlo Susini, a cura di A.Donati - G. Poma, Faenza, pp. 139-51.Sommo G. 1994. Corrispondenze archeologichevercellesi, Vercelli.Spagnolo Garzoli G. 2012. I vetri: forme e funzioni, inG. Spagnolo Garzoli (a cura di), Viridis Lapis. Lanecropoli di Craveggia e la pietra ollare in ValleVigezzo, Verbania (Collana Documenta 2), pp. 52-68.Spano G. 1863. Illustrazione di una base votiva inbronzo con iscrizione trilingue latina, greca e feniciatrovata in Pauli Gerrei nell’isola della Sardegna, inMemorie dell’Accademia delle Scienze di Torino, ser.II, XX, pp. 87-102.Spiegelberg W. 1904. Die demotischen Denkmäler.

Die demotischen Inschriften, CGC 30601-31166,(Catalogue général des antiquité ségyptiennes duMusée du Caire, 16) Leipzig.Stecca C. 1997. La collezione archeologica, in C.Bertolotto (a cura di), Il Real Collegio e i Barnabiti aMoncalieri. Educazione e custodia delle memorie,Torino, pp. 165-78.Sternini M. 1995. La fenice di sabbia. Storia etecnologia del vetro antico, Bari (Bibliothecaarchaeologica, 2).Syll.3 . Sylloge Inscriptionum Graecarum, 3e éd., ediditG. Dittenberger, Leipzig 1915-1924.Tataki A.B. 1998. Macedonians Abroad: aContribution to the Prosopography of AncientMacedonia, Athens.Threatte L. 1996. The Grammar of Attic Inscriptions,II, Morphology, Berlin - New York.Torelli M. 1971. Il santuario di Hera a Gravisca, in Laparola del passato, XXVI, pp. 40-67.Torelli M. 2004. Quali Greci a Gravisca?, in I Greci inEtruria 2004, pp. 119-32.Trombetti C. 2011. La breve vita dello psykter.Parabola dell’habrosyne sullo scorcio dell’arcaismo, inFrankfurter elektronische Rundschau zurAltertumskunde, 16, pp. 11-41.Uggé S. 2009. Luigi Maria Bruzza (1813- 1883), inColligite fragmenta 2009, pp. 440-8.van Lith S.M.E. 1995 [1996], Some mould blownFlavian glass from Nijmegen, in Annales du 13e

Congrès de l’Association Internationale pour l’Histoiredu Verre, (Pays Bas 28 aout - 1 septembre 1995),Lochem, pp. 129-38.Viale V. 1971, Vercelli e il Vercellese nell’antichità,Vercelli.Volkmann H. 1934. Neue Beiträgezum Nemesiskult,in Archiv für Religionswissenschaft, 31, pp. 57-76.Waurick G. 1988. Helme der hellenistischen Zeit undihre Vorläufer, in Antike Helme: SammlungLipperheide und andere Bestande des AntikenmuseumsBerlin, pp. 151-80.Zanda E. - Betori A. 2002. Laminetta aurea coniscrizione greca e testimonianze di un evento ritualelungo l’antica Via Fulvia (Villa del Foro-Al), inQuaderni della Soprintendenza Archeologica delPiemonte, 19, pp. 51-66.Zatterin M. 2009. Belzoni e Caviglia: la storia di dueGiovanni, in Egitto nascosto: Collezioni e collezionistidai Musei piemontesi, a cura di S. Einaudi, catalogodella mostra (Castello di Miradolo, 21 marzo - 5 luglio2009), Milano, pp. 33-36.

Page 80: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Sommario

Presentazioni 5

Alle origini del collezionismo epigrafico piemontese 7Gabriella Pantò

I Greci a Torino 16Enrica Culasso Gastaldi

Catalogo 21

Bibliografia 74

Page 81: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Finito di stampare nel mese di giugno 2014

Page 82: I Greci a Torino. Storie di collezionismo epigrafico.

Le ricche raccolte dei Musei piemontesi hanno conservatoimportanti iscrizioni greche: su supporti modesti oppuremonumentali, esse hanno raggiunto Torino a partire dalCinquecento attraverso le molteplici e articolate vie delcollezionismo. Altri reperti ancora, venuti alla luce a Torino enel territorio piemontese grazie ad antichi rinvenimenti o arecenti indagini archeologiche, hanno contribuito ad arricchireil prezioso corpus documentario.

DIREZIONE REGIONALEPER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DEL PIEMONTE

Soprintendenza per i Beni Archeologicidel Piemonte e del Museo Antichità Egizie

T