Liceo Scientifico “G. Marconi” - Pesaro MUSICA: DA LINGUAGGIO PRIMITIVO AD ARTE DEI SUONI Excursus sull’arte della musica dalle origini al novecento Tesina di Maturità di: FILIPPO FABI Classe 5^ sez. I Anno Scolastico 2006 – 2007
Liceo Scientifico “G. Marconi” - Pesaro
MUSICA: DA LINGUAGGIO PRIMITIVO AD ARTE DEI SUONI
Excursus sull’arte della musica dalle origini al novecento
Tesina di Maturità di: FILIPPO FABI
Classe 5^ sez. I
Anno Scolastico 2006 – 2007
MUSICA: DA LINGUAGGIO PRIMITIVO AD ARTE DEI SUONI
Excursus sull’arte della musica dalle origini al novecento
INDICE Introduzione 1 1. La musica primordiale: funzione pratica e linguaggio arcaico 1 2. La musica in Grecia: perfezione ed estetismo 1
2.1. Matematica, astronomia e musica: dalle intuizioni di Pitagora alle scoperte successive
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3. Seicento e settecento: il risveglio della musica 3
3.1. Seicento e settecento: musica e cultura 43.1.1. Gianlorenzo Bernini: Apollo e Dafne 53.1.2. Antonio Canova: Amore e Psiche 6
Le metamorfosi di Apuleio 7
4. Ottocento: la musica Romantica 84.1. Musica e filosofia: dalla “teoria delle arti” alla “nascita della tragedia”
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4.1.2. Arthur Schopenhauer 94.1.2. Friedrich Nietzsche 10
Wilhelm Richard Wagner 124.2. Musica e letteratura: i cori di Alessandro Manzoni 12
L’Adelchi 15
5. Novecento: la musica popolare 165.1. Musica e movimenti nazionalisti: i canti di propaganda fascista 16
Il movimento fascista 185.2. La musica diventa di massa 18
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MUSICA: DA LINGUAGGIO PRIMITIVO AD ARTE DEI SUONI
Excursus sull’arte della musica dalle origini al novecento
Introduzione
La musica è sempre esistita, da prima ancora che ne rimanesse traccia storica, e come ogni
forma d’arte si è evoluta nel tempo, perfezionandosi sempre più, fino a giungere ad oggi,
elemento essenziale della nostra vita: pensiamo non soltanto all’insistenza delle trasmissioni
radio e televisive, alla diffusione capillare di tecnologie quali cd, mp3, i-pod, ma tutto il
frastuono del mondo circostante, che è fatto più di “rumori” che di “suoni”, ma che spesso ci
spinge ad un’attenzione selettiva affine a quella dell’ascolto musicale.
1. La musica primordiale: funzione pratica e linguaggio arcaico
Sin dai primordi l’uomo ha usato la musica come un vero e proprio linguaggio per
comunicare con i propri simili, dapprima con funzione pratica ed in seguito anche con
intelligente e cosciente funzione estetica, traducendo sentimenti e sensazioni in suoni
efficaci ed espressivi. L’uomo primitivo prima di imparare a dipingere e a scolpire, prima di
raggiungere questo stadio evolutivo, si servì delle proprie doti naturali: Egli possedeva un
corpo ed una voce con la quale potè istituire un linguaggio rudimentale e sommario, formato
non tanto da parole articolate quanto da suoni convenzionale e gestualità. Questi suoni
possono essere considerati vera e propria musica, ed è da qui che quest’arte, vera invenzione
umana, ha avuto origine e da allora è una caratteristica intrinseca del genere umano,
accompagnandolo passo per passo nella sua evoluzione, storica e culturale, perché non c’è
civiltà al mondo che non abbia elaborato un proprio sistema musicale e che non abbia
proprie tradizioni musicali differenti da ogni altra civiltà.
2. La musica in Grecia: perfezione ed estetismo
Il significato del termine musica deriva dalla parola greca “musa” ed, infatti, l’idea
occidentale di musica è generalmente collegata alle muse che in questo senso alludevano ad
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ogni scienza ed arte che risveglia il senso di perfezione, bellezza, gradevolezza ed ordine.
Proprio nel periodo greco la musica arrivò ad occupare un ruolo di gran rilievo nella vita
sociale e religiosa e proprio qui che la musica fu elevata a vera e propria arte,
sottolineandone la funzione estetica ed educativa, che essi gli attribuivano.
Importante era la valenza, gia citata in
precedenza, che la musica vantava in ambito
religioso: i greci ritenevano sacra quest’arte
e compivano veri e propri culti adulatori nei
confronti di divinità quali Apollo e Dionisio,
ritenute creatrici e protettrici di questa
nobile arte.Questa civiltà originò e porto allo
sviluppo quelli che potremmo definire veri e
propri fenomeni culturali, in cui la musica
assumeva un ruolo di primo ordine, quali la
tragedia, il teatro ed i canti corali che furono notevolmente ripresi sia in campo musicale
che in diversi ambiti quali potevano essere la pittura, la scultura, l’architettura e, non di
meno importanza, la filosofia e la letteratura dei primi anni del settecento fino ad arrivare
all’ottocento romantico.
2.1.: Matematica, astronomia e musica: dalle intuizioni di Pitagora alle scoperte
successive
Di notevole importanza sono gli studi che i greci fecero in campo matematico ed
astronomico accostandoli alla musica. Impossibile non citare la figura di Pitagora che con le
sue affermazioni portò alla formazione di un vero e proprio sistema musicale a cui
dobbiamo le nostre conoscenze di divisione e metrizzazione della musica, in cui la
matematica ha un ruolo di grande importanza. Il sistema greco fu poi ripreso e riadattato nel
tempo, passando per la scoperta delle note nel periodo medievale, per l’invenzione del
pentagramma per merito di Guido D’Arezzofino a giungere alle notevoli scoperte ottenute
dai grandi teorici e compositori che si alternarono nella scena musicale europea dal 1500
fino ad epoche a noi contemporanee.
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Inoltre Pitagora nelle sue intuizioni accosta l’armonia e la perfezione della musica alla
rispettiva grandezza e armoniosità del cielo stellato, ed è proprio dallo studio delle stelle e
dall’accostamento che fece tra il movimento d’astri e pianeti e la musica, che egli arrivò a
dedurre il rapporto tra quest’ultima e la matematica che lo portò ad affermare che la musica
è regolata da precise leggi matematiche.
Pitagora Rappresentazione musicale nell’arte greca
3. Seicento e settecento: il risveglio della musica.
Facendo un salto temporale, tralasciando epoche in cui la musica visse periodi più cupi, e
come nel caso delle altre arti, fu sconvolta (senza però sminuire tutte le scoperte in ambito
musicale ottenute in periodo medievale e la svolta radicale che la musica compie in campo
religioso con l’avvento del cristianesimo) dai fatti storici e sociali che si alternarono nel
periodo medievale e nei secoli successivi, arriviamo a trattare il periodo seicentesco e
settecentesco. La musica in questi secoli si risveglia da una rigidità e da una limitatezza che
l’ha caratterizzata negli anni precedenti e si sviluppò con straordinaria rapidità arrivando
allo sviluppo del sistema tonale che ebbe una delle sue pietre miliari nell'opera di J.S.Bach
"Clavicembalo ben temperato" (1722), che portò ad assumere l’autore il soprannome di
“architetto della musica” (sottolineando ancor più l’importanza della matematica e della
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fisica nell’evoluzione della musica). In questo periodo e nei secoli a seguire la musica si
distinse sempre più fino a giungere al vero e proprio “periodo d’oro” di quest’ultima,
anticipato dalla gran presenza di W.A.Mozart, senza dubbio uno tra i grandi: grazie a lui
l'evoluzione della musica può poggiare su un grande pilastro creato, che si estende in tutti i
campi, sinfonia, opera, musica da camera, serenate, ma soprattutto egli è il legame tra la
musica del settecento e quella romantica del diciannovesimo secolo.
J. S. Bach W. A. Mozart
3.1.: Seicento e settecento: musica e cultura
La musica è sempre stata considerata un arte a sé, il cui sviluppo procede sulla base
d’autonomi postulati, indipendentemente dall’evoluzione delle altre arti e al di fuori della
stessa storia. Al contrario anche la musica, come ogni altra branca dell’attività umana, fa
parte della storia ed ogni momento musicale riflette il senso dell’epoca storica in cui si
colloca non meno di quanto lo riflettano la pittura, la poesia ed il pensiero filosofico, e
proprio in questi secoli che vanno dal 600 al periodo romantico dell’800 che la musica si
rispecchia totalmente nelle altre forme d’arte riprendendo temi e valori che si riflettono in
tutti i campi artistici dell’epoca, ponendo attenzione maggiormente per le tecniche plastiche
come l’architettura e la scultura. In queste ultime la ripresa dei temi classici e mitologici si
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fece sempre più forte ed è proprio nella maestosa ed austera architettura greca e nella
profondità ideale della sua drammaturgia, non poteva certo non trovare la musica un
corrispettivo più degno.
3.1.1.: Gianlorenzo Bernini: Apollo e Dafne
E così, nel seicento, la musica, la sua perfezione ed il suo estetismo, vengono
magnificamente rappresentati da uno tra i migliori esempi del movimento artistico che
siamo soliti definire “barocco”: Gianlorenzo Bernini, che con la sua “Apollo e Dafne”
sottolinea la stessa perizia tecnica e lo stessa importanza per i particolari che caratterizzano
sia questa scultura che la musica del tempo.
Apollo e Dafne 1621 – 1623 Gianlorenzo Bernini Galleria Borghese, Roma
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Nel testo d’Ovidio (le metamorfosi), da cui Bernini riprende il fatto, Apollo si era vantato di
saper usare come nessun altro l'arco e le frecce e per la sua presunzione Cupido lo punisce
colpendolo e facendolo innamorare della bella ninfa Dafne, la quale però aveva consacrato
la sua vita a Diana e alla caccia. L'amore di Apollo è irrefrenabile, Dafne chiede aiuto al
padre Penèo, dio dei fiumi, il quale per impedire ai due di congiungersi la trasforma in un
albero, il lauro, che da quel momento diventerà sacro per Apollo. Questo è in breve
l'episodio che Bernini rappresenta fedelmente proprio nel momento della trasformazione
della ninfa in pianta mentre Apollo, con un ultimo sforzo, cerca di raggiungerla. Bernini
esalta il movimento, sottolinea la disperata fuga della ragazza che si può cogliere nei gesti,
nelle posizioni e addirittura nel movimento dei capelli, ma anche nell’espressione disperata
della ninfa, che terrorizzata assiste alla sua metamorfosi; tutto questo arricchito dai
magnifici particolari, minuziosi e curati: basti pensare alle sottili dita e ai lunghi capelli
nell’atto di trasformarsi in piccolissime foglie e minutissimi ramoscelli.
3.1.2.: Antonio Canova: Amore e Psiche
Altro esempio di perfetto connubio tra scultura e musica è una famosissima opera del pittore
e scultore Antonio Canova, che con la sua “Amore e Psiche” porta al massimo splendore il
movimento artistico neoclassico, che con la ripresa dei temi mitologici e il culto per il bello
e la perfezione (sottolineandone il vezzoso, il dolce e il leggiadro) si ricollega
magnificamente al movimento musicale del tempo. La scena, tratta da una storia racchiusa
nell’opera delle “Metamorphoseon”(metamorfosi) di Apuleio, appartiene alle allegorie
mitologiche della produzione del Canova e per queste radici si accomuna al gruppo di
Apollo e Dafne, del Bernini, benché si differenzi dalle intenzioni di quest'ultimo (che
desiderava suscitare stupore e meraviglia), allorché in Amore e Psiche si percepisce la
tensione verso la perfezione classica. Tecnicamente l'opera Amore e Psiche del 1788 è un
capolavoro nella ricerca d'equilibrio. Le due figure sono disposte diagonalmente e divergenti
fra loro. Questa disposizione piramidale dei due corpi è bilanciata da una speculare forma
triangolare costituita dalle ali aperte di Amore. Le braccia di Psiche invece incorniciano il
punto focale, aprendosi a mo' di cerchio attorno ai volti.
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Le Metamorfosi di Apuleio Opera tarda di Apuleio che racconta in 11 libri la straordinaria vicenda di Lucio l’asino, giovane di ottima famiglia che per eccessiva curiosità nei confronti delle pratiche magiche viene trasformato in asino e deve quindi affrontare ogni sorta di avventura, di cui è scrupoloso testimone e talvolta involontario protagonista, prima di poter riassumere (nell’ultimo libro) la forma umana grazie all’intervento salvifico della dea Iside. La storia di Lucio occupa però solo metà o poco più dell’opera perché la trama è continuamente interrotta dall’inserimento di racconti di cui il più lungo ed importante è proprio la favola di Amore e Psiche da cui è tratta l’opera analizzata in precedenza. Questa opera (le metamorfosi) viene anche chiamata “Asino D’oro” per via delle qualità umane di cui è dotato Lucio asino, che viene quindi considerato un animale speciale. Inoltre è importante ricordare le similitudini con la vita stessa dell’autore che portano a pensare che ci sia una sovrapposizione di identità tra Lucio e Apuleio e che quello che compie il protagonista dell’opera sia un vero e proprio viaggio iniziatici al culto della dea Iside: Apuleio apparteneva a questo culto che a quel tempo a Roma era ritenuto proibito e proprio per questo motivo e per i suoi interessi per occultismo e pratiche magiche si conquistò la nomea di mago e addirittura dovette difendersi da un processo intentatogli contro che lo vedeva accusato di praticare arti magiche e occulte (riporta le orazioni in sua difesa in un opera che chiamerà Apologia).
Amore e Psiche 1787 Antonio Canova Louvre, Parigi
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4. Ottocento: la musica Romantica.
La musica dell’ottocento si svolse pressoché per intero sotto il segno del romanticismo,
movimento che influì sulle più diverse manifestazioni artistiche nel periodo di tempo che va
dagli ultimi decenni del settecento fino agli inizi del XX secolo. La caratteristica essenziale
di questo movimento culturale fu quella di presentarsi come alternativa o ribellione alla
formale compostezza del classicismo settecentesco e di porre una rivalutazione della
fantasia, della libertà formale, dell’impronta personale ed individuale. In precedenza
avevamo citato l’importanza nell’epoca passata di Mozart che rappresentò la musica del
settecento, ma ora i tempi sono cambiati e l’Europa venne profondamente segnata da un
importante fatto: tra Mozart e il romanticismo sta la rivoluzione francese. Il celeberrimo
artista è l’espressione di un mondo che aveva il suo centro nelle corti di Versailles e di
Vienna, ma questo mondo verrà spazzato via dalla borghesia rivoluzionaria. Ora l’uomo è la
vera misura di tutte le cose e così è anche per la musica: la perfezione delle forme
settecentesche, adatte all’ambiente in cui erano nate, appare come vincolo che limita le
possibilità espressive, che condiziona il naturale fluire dei sentimenti. Nell’ottocento il
musicista è il creatore, che scrive musica per se, e che quasi di volta in volta deve trovare la
forma più adatta all’idea da esprimere.
Simbolo di questo nuovo impegno, e al
tempo stesso anello di congiunzione tra
le due epoche, è L.V.Beethoven. Le sue
prime composizioni testimoniano una
certa adesione ai classici canoni della
musica settecentesca, ma ben presto la
nota fondamentale della sua ispirazione
fu quello che potremmo definire un
doloroso sentimento della condizione
umana, dove l'uomo non era più integro,
unico e sufficiente a sé stesso come
nell'antichità classica: l'uomo, essere
finito, tende all'infinito, ovvero è alla
costante ricerca di un bene o di un
piacere illimitato, mentre nel mondo L. v. Beethoven
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compiuto a sua disposizione non trova che risorse limitate. Questo fa sì che l'uomo senta un
vuoto dentro se, una mancanza, che lo relega in un’inevitabile situazione di infelicità. Questi
sono i sentimenti che meglio rappresentano il movimento romantico, che con il suo pensiero
coinvolge ogni arte e ogni espressione letteraria del tempo fino al punto di poter parlare di
un arte romantica, di una letteratura romantica, di una musica romantica e soprattutto di una
filosofia romantica.
4.1.: Musica e filosofia: dalla “teoria delle arti” alla “nascita della tragedia”
Come si è appena asserito il romanticismo si espresse in ogni branca culturale del tempo, ed
in una di queste, la filosofia, ebbe una delle sue maggiori rappresentazioni. Inoltre è molto
importante sottolineare l’importanza che ebbe la musica nel pensiero filosofico di due tra i
più noti filosofi del tempo: Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche, che arrivarono a
postulare vere e proprie teorie riguardanti questa arte ed incentrarono sulla musica parte del
loro pensiero.
4.1.2.: Arthur Schopenhauer
Con la sua riflessione propone la completa irrazionalità del reale, definendo la realtà
null’altro che un’apparenza la cui vera essenza ci viene celata da quello che egli,
richiamando la filosofia sanscrita, chiama “velo di Maya”. La realtà “noumenica” non è altro
che una volontà cieca e irrazionale che egli chiama anche “voluntas” che rende l’uomo
schiavo: quest’ultimo, per liberarsene, deve compiere un cammino attraverso la
contemplazione artistica che lo porterà all’ascesi, unica via che conduce alla “noluntas”, la
non volontà. La rappresentazione artistica viene intesa come una raffigurazione del mondo
che si sottrae alla schiavitù della volontà poiché il “genio artistico”, figura ripresa dal
romanticismo settecentesco, non ritrae la rappresentazione della realtà ma la sua forma
archetipa. Queste sue affermazioni lo portarono in seguito alla creazione di una vera e
propria teoria delle arti, dove queste vengono organizzate in ordine gerarchico dalla più
bassa alla più alta: ai primi scalini egli pone le arti plastiche e la pittura, ritenute legate al
mondo fenomenico; al terza scalino vi è la poesia, che pur usando parole della
rappresentazione sensibile cambia il modo in cui queste sono relazionate fra loro; al secondo
scalino vi è la tragedia, rappresentazione di passioni e sentimenti, oggettivazioni della
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volontà nel mondo fenomenico; infine, allo scalino più alto egli posiziona la musica, ritenuta
l’arte per eccellenza, perché non necessita di supporto sensibile. Egli termina il suo pensiero
con la coscienza che la sottrazione dalla schiavitù posta dalla volontà è solo temporanea e
per liberarsene completamente l’uomo deve realizzare una vita in cui questa venga negata,
una non vita, quella che chiama “ascesi”, cui si può giungere mediante la “virtù”: il virtuoso
(figura molto importante anche in campo musicale, che nasce proprio in questi anni) è
l’unico che sa che il mondo è dominato dalla volontà e che quest’ultima crea conflittualità
tra gli uomini. La vita ascetica si realizzerà solo opponendo alla volontà un'altra volontà.
4.1.2.: Friedrich Nietzsche
Filosofo, nonché compositore di musica, impronta la prima fase della sua filosofia
nell’opera “La nascita della tragedia”. È importante sottolineare il fatto che, sia quest’opera,
che in generale tutta la parte iniziale del suo pensiero, fu enormemente influenzata
dall’autorevole figura di Richard Wagner, famosissimo compositore e teorico del tempo, che
influenzò tanto lo stesso Nietzsche quanto gran parte dei pensatori romantici. Il famoso
compositore fu la vera e proprio chiave di volta nella formazione della personalità del
giovane filologo ed è proprio nella Nascita della tragedia che si espone in modo ancora più
chiaro l'influenza esercitata dagli scritti di Wagner su Nietzsche. In quest’opera l’autore
afferma che arte e civiltà nascono dal connubio e dalla combinazione di due fondamentali
spiriti: “dionisiaco” e “apollineo”. Egli riprende le figure di queste due divinità,
rappresentanti le arti e la musica nella mitologia greca, perché sostiene che questa
terminologia sia più chiara ed incisiva di tanti altri concetti astratti, che avrebbe potuto usare
per esprimersi al meglio. Il dionisiaco è l’elemento dell’affermazione della vita e raffigura
l’ebbrezza, la spontaneità dell’istinto umano, la giocosità, e trova la sua manifestazione più
compiuta nella musica. Lo spirito apollineo invece rappresenta la serenità e l’armonia delle
cose, sottolinea un rapporto ordinato fra i vari elementi, perciò lo spirito apollineo è
l'impulso umano che fugge di fronte al caos, che è capace di concepire l'essenza del mondo
come ordine e che spinge l'uomo a produrre forme armoniose, rassicuranti e razionali.
L’apollineo si presenta quindi nelle arti plastiche, quali scultura ed architettura.
Originariamente questi due spiriti convivevano separati e opposti in un antagonismo che
generava arte, seppur l’uno indipendentemente dall’altro, ma finirono per essere congiunti e
armonizzati dal genio ellenico dando origine ad una nuova forma d’arte: la tragedia greca.
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Quest’ultima, per Nietzsche, è la forma artistica che meglio rappresenta la compenetrazione
ed il connubio tra i due spiriti, e seppur riprenda temi classici che furono cari soprattutto nel
secolo precedente, egli si distacca da questi, offrendo una visione non convenzionale
dell’arte e della classicità in quanto anche la forma e l’equilibrio nascondono
un’irrazionalità ed un pessimismo di fondo.
Oltre che dalla musica e dagli scritti wagneriani, Nietzsche improntò molto il suo pensiero
sulle idee del filosofo tedesco A. Schopenhauer: con dionisiaco e apollineo l’autore
rappresenta l’ebbrezza ed il sogno, riprendendo il dualismo tra fenomeno e noumeno di
Schopenhauer, dove il dionisiaco è visto come la spontaneità che lacera il “velo di Maya” e
provoca una spaccatura che fa sprofondare l’uomo in un abisso dal quale può essere salvato
solo dall’intervento salvifico dell’illusione apollinea, che sublima tutti gli aspetti orribili
dell’esistenza.
Con l’opera “Umano troppo umano” Nietzsche chiude la prima fase del suo pensiero
distaccandosi da Schopenhauer e Wagner, e proprio il sentimento per quest’ultimo, da
grande ammirazione si trasformò in odio, che lo portò a dar vita a veri e proprio scritti
riguardanti il distacco tra i due. Tutto ciò avvenne a causa degli ideali e dei valori
nazionalisti che Wagner mostrava, anche nelle sue composizioni e nei suoi drammi musicali,
che non erano apprezzati dal filosofo (ideali nazionalisti) e lo portarono a scontrarsi con
l’uomo che più aveva ammirato e adulato in giovinezza.
W.Horvath: "Friedrich Nietzsche and Arthur Schopenhauer", Creta
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Wilhelm Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813 – Venezia, 13 febbraio 1883) è stato un compositore, librettista, direttore d'orchestra e saggista tedesco. Wagner è stato inoltre un teorico musicale, ma è principalmente noto per le sue opere liriche (o "drammi musicali", come lui li chiamava). Le sue composizioni, ed in particolare quelle del suo ultimo periodo, sono rilevanti per la loro tessitura contrappuntista, il ricco cromatismo, le armonie, l' orchestrazione ed in particolare per l'uso della tecnica del leitmotiv: temi musicali associati con persone, luoghi o sentimenti. Wagner inoltre fu precursore di sviluppi del linguaggio musicale: tra questi un estremo cromatismo e l'atonalità influenzarono lo sviluppo della musica classica. Egli trasformò il pensiero musicale attraverso la sua idea di Gesamtkunstwerk (opera totale), sintesi delle arti poetiche, visuali, musicali e drammatiche. Questo concetto è compendiato nella monumentale quadrilogia Der Ring des Nibelungen (L'anello del Nibelungo, che egli divide in 4 parti: l’oro del Reno, la Valchiria, Sigfrido, il crepuscolo degli dei). Wagner si spinse al punto di costruire un proprio teatro d'opera, il Festspielhaus di Bayreuth per cercare di rappresentare le proprie opere così come lui le aveva immaginate. Da non dimenticare il rapporto con il filosofo Nietzsche che si interruppe a causa dei forti ideali nazionalisti che il compositori aveva e non esitava a mostrare nelle sue opere (le più note Tristano e Isotta, la Valchiria) che infatti furono poi riprese e diventarono la vera e propria colonna sonora del nazionalsocialismo tedesco.
4.2.: Musica e letteratura: i cori di Alessandro Manzoni
Come asserito in precedenza, nell’ottocento, la cultura e le arti con il giungere del
romanticismo vengono profondamente segnate dai nuovi temi e dai nuovi valori che
invadono l’Europa e che portano al crearsi, come era accaduto per una filosofia romantica e
per una musica romantica, anche di una letteratura romantica. Anche se non possiamo
definire Alessandro Manzoni un vero e proprio letterato romantico, possiamo affermare che
quest’ultimo segno particolarmente la scena Italiana ed Europea. Egli inizialmente aderì,
anche per via dei suoi studi giovanili imbevuti di classicità e cultura francese, ad un idea più
vicina a quella che era la letteratura settecentesca, ma in seguito, anche grazie all’amicizia
con il critico, filologo ed elaboratore delle dottrine romantiche Claude Fauriel (1772-1844),
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imparò a conoscere ed apprezzare il romanticismo, aderendone nei primi anni dell’ottocento
(dopo aver ripudiato il suo scritto Urania perché troppo classicheggiante), seppur non
condividendone alcuni punti fondamentali che affermavano la poesia come espressione
ingenua dell'anima e quindi non rinuncerà mai al dominio intellettuale del sentimento ed a
una controllata espressione formale.
Importante è sottolineare il rapporto che appare, seppur minimo, tra la musica e l’operato di
manzoni, che si incrociano nei “cori” del poeta milanese. Mentre nella filosofia di
Schopenhauer la musica era vista come metafisica e priva di sensibilità (il filosofo afferma
che la musica è l’arte per eccellenza proprio perché non ha bisogno di supporto sensibile),
Manzoni con i suoi cori ci mostra un idea differente di musica: concreta, realistica e
tangibile. Manzoni con i tre cori presente nelle due tragedie “Il conte di Carmagnola” e
“L’Adelchi” (2 cori nell’Adelchi e uno nel Carmagnola) rappresenta una grande innovazione
tecnica, distaccandosi dall’idea di coro precedente e tornando alle origini della stessa
tragedia greca, in cui il coro aveva una funzione importantissima. In Manzoni il coro torna
con una valenza diversa: non è più un momento di dialogo tra i singoli personaggi con la
folla, bensì un momento in cui l'autore stesso si estranea dalla narrazione vera e propria (i
cori, infatti, nulla aggiungono alla trama, e se questi non fossero inseriti al termine degli atti
delle tragedie nulla cambierebbe nello sviluppo di quest’ultima) e presenta le sue idee e il
suo parere sull’accaduto e sui temi degni di nota.
Tra questi tre cori è importante porre in evidenza il primo dell’Adelchi, riportato di seguito: Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, Dai boschi, dall'arse fucine stridenti, Dai solchi bagnati di servo sudor, Un volgo disperso repente si desta; Intende l'orecchio, solleva la testa Percosso da novo crescente romor. Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, Qual raggio di sole da nuvoli folti, Traluce de' padri la fiera virtù: Ne' guardi, ne' volti, confuso ed incerto Si mesce e discorda lo spregio sofferto Col misero orgoglio d'un tempo che fu. S'aduna voglioso, si sperde tremante, Per torti sentieri, con passo vagante, Fra tema e desire, s'avanza e ristà; E adocchia e rimira scorata e confusa De' crudi signori la turba diffusa, Che fugge dai brandi, che sosta non ha. Ansanti li vede, quai trepide fere, Irsuti per tema le fulve criniere, Le note latebre del covo cercar;
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E quivi, deposta l'usata minaccia, Le donne superbe, con pallida faccia, I figli pensosi pensose guatar. E sopra i fuggenti, con avido brando, Quai cani disciolti, correndo, frugando, Da ritta, da manca, guerrieri venir: Li vede, e rapito d'ignoto contento, Con l'agile speme precorre l'evento, E sogna la fine del duro servir. Udite! Quei forti che tengono il campo, Che ai vostri tiranni precludon lo scampo, Son giunti da lunge, per aspri sentier: Sospeser le gioie dei prandi festosi, Assursero in fretta dai blandi riposi, Chiamati repente da squillo guerrier. Lasciar nelle sale del tetto natio Le donne accorate, tornanti all'addio, A preghi e consigli che il pianto troncò: Han carca la fronte de' pesti cimieri, Han poste le selle sui bruni corsieri, Volaron sul ponte che cupo sonò. A torme, di terra passarono in terra, Cantando giulive canzoni di guerra, Ma i dolci castelli pensando nel cor: Per valli petrose, per balzi dirotti, Vegliaron nell'arme le gelide notti, Membrando i fidati colloqui d'amor. Gli oscuri perigli di stanze incresciose, Per greppi senz'orma le corse affannose, Il rigido impero, le fami durâr; Si vider le lance calate sui petti, A canto agli scudi, rasente agli elmetti, Udiron le frecce fischiando volar. E il premio sperato, promesso a quei forti, Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, D'un volgo straniero por fine al dolor? Tornate alle vostre superbe ruine, All'opere imbelli dell'arse officine, Ai solchi bagnati di servo sudor. Il forte si mesce col vinto nemico, Col novo signore rimane l'antico; L'un popolo e l'altro sul collo vi sta. Dividono i servi, dividon gli armenti; Si posano insieme sui campi cruenti D'un volgo disperso che nome non ha.
Il poeta in questo coro esordisce rappresentando il popolo italiano, oppresso e sconvolto da
anni di dominio longobardo in Italia, che vede nei franchi, chiamati dal papa per liberare
l’Italia, il giungere di una libertà da tanto bramata. Manzoni poi negli ultimi versi considera
come gli invasori non siano mai liberatori e, senza eccezione, i Franchi avrebbero tolto
l’Italia ad una tirannia per sottoporla ad un’altra. Unico modo per sottrarsi da tirannie e
oppressioni che da secoli travagliano il suolo italiano è unirsi, perché un Italia divisa nulla
può contro il dominio straniero.
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Questo coro, con gli ideali che trasmette, sottolinea la completa adesione di Manzoni
all’idea nazionale, che lo porterà a sostenere il diritto dei popoli all’indipendenza cercando
di conciliare la morale evangelica con le guerre patriottiche, teorizzando la legittimità di una
guerra giusta.
L’Adelchi (Manzoni 1820-1822) La vicenda raccontata nell’Adelchi si svolge tra il 772 e il 774. Gran parte dell’Italia era allora occupata dai longobardi, guidati da re Desiderio e dal figlio di questi, Adelchi. Quando la politica di consolidamento del potere spinse il re longobardo a minacciare i territori dello Stato della Chiesa, il papa chiamò in aiuto Carlo Magno, re dei franchi, che ben volentieri assunse la difesa del papato intimando a Desiderio di recedere dai suoi progetti. L’inevitabile guerra tra longobardi e franchi, nel frattempo penetrati in Italia, si concluse con la sconfitta di Desiderio e la morte di Adelchi. Manzoni inserì nella tragedia due momenti lirici, due cori, il primo dei quali coglie il pavido sgomento del popolo italico alla notizia della sconfitta dei loro dominatori, i longobardi, per opera dei franchi. La massa anonima e silenziosa dei latini si limita ad assistere passivamente agli eventi – che si risolveranno nella sostituzione di una dominazione con un’altra – e offre a Manzoni lo spunto per un’analogia con la condizione servile dell’Italia del suo tempo, della quale rivendica il riscatto morale. Comprensibile quindi l’interesse suscitato da questi versi nei patrioti del Risorgimento italiano. Nel secondo coro si parla di Ermengarda (figlia del re dei Longobardi) morente, circondata dalle suore nel convento in cui è rinchiusa e se ne analizza la mutevole sorte: la giovane donna è vittima anche se nata dalla parte dei vincitori e la ragione di tutto ciò non è umanamente comprensibile. Anche l’Adelchi è corredato di scritte teorici, come le Note Storiche e il successivo Discorso su alcuni punti della storia longobardica in Italia.
Alessandro Manzoni
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5. Novecento: la musica popolare.
Come abbiamo notato nei casi, trattati in precedenza, di Manzoni e Wagner, nel periodo
romantico erano forti i sentimenti patriottici e l'orgoglio di appartenere ad un paese:
nell'ambito musicale questi sentimenti diedero luogo al sorgere di scuole nazionali nella
seconda metà del diciannovesimo secolo. Per questo ogni paese ebbe modi personali e del
tutto propri di fare musica: in molti casi comunque la tradizione della musica era talmente
forte che le vicende nazionali non potevano avere un'influenza particolarmente intensa,
come in Italia ed in Germania, ma anche in altri paesi extraeuropei. Come è stato asserito
prima, la musica è un vero e proprio fenomeno sociale, che si evolve e corre pari passo con
la storia e lo sviluppo della società, quindi non dobbiamo meravigliarci se con il giungere
del ventesimo secolo, e con il nascere di sempre più numerosi movimenti nazionalisti in
Europa, la musica abbia spesso trovato largo spazio in questi, che ne fecero largo uso per
propagandare e massificare le proprie idee.
5.1.: Musica e movimenti nazionalisti: i canti di propaganda fascista
In Italia, come nel resto dei paesi occidentali, sull’onda di Stati Uniti e Gran Bretagna, la
musica diventa popolare e avviene una massificazione (vedi il paragrafo successivo
“novecento: la musica diventa di massa”) e si comincia a parlare di “canzone” per intendere
quello che potremmo definire il nuovo movimento musicale. La fortuna della canzone in
terra d’Italia ha subito spesso notevoli oscillazioni, dovute anche ai mutamenti della
situazione politica; eppure è possibile seguire con una certa sicurezza una linea di
svolgimento pressoché costante che, partendo dall’Ottocento, si fece decisa e marcata agli
inizi del Novecento, e mentre la melodia italiana si diffondeva sempre più, il fascismo,
movimento nazionalista guidato da B.Mussolini, che ormai era saldamente al potere,
cominciò ad esercitare un rigorosissimo controllo anche in quel campo. Il regime fascista
cominciò da subito a reprimere ogni forma di musica straniera che non rappresentasse
l’Italia e nel 1924 con una circolare del Partito nazionale fascista, recava l’ordine di
presentare tutte le canzoni straniere e tradurne le parole. Da quel giorno anche la libertà di
parola fu ridotta, e persino la musica fu limitata e mutilata. Un esempio? L’inno
universitario Collegiate diventò: “Picche nicche / E chi se ne fricche / Picche nicche /
Parroco e sindicche...”. E mentre il cognac diventava “arzente” e il pullover “farsetto”, il
nome di Louis Armstrong veniva tradotto in quello di Luigi Braccioforte e quello di Benny
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Goodman in quello di Beniamino Buonomo…». Oltre a censurare la musica ritenuta
inopportuna il regime cominciò a dar vita a veri e proprio canti e inni: le canzoni furono utili
a far rinascere nel popolo italiano l’attenzione e l’interesse per il fascismo: i contenuti
politici del nuovo regime – ossia i presunti impegni sociali – furono diffusi anche attraverso
la musica, elemento propagandistico tra i più efficaci e, sicuramente, strumentalizzazione
non secondaria. Inoltre per raggiungere obiettivi come quello di far odiare il nemico
“bolscevico” e di esaltare gli istinti per la guerra, il fascismo fece continuo ricorso ad un
canzoniere ricchissimo, che rivelava un aspetto non nuovo dell’impegno politico. Il
linguaggio di questa nuova “musica” (se così dobbiamo definirla) cruento ed eroico doveva
essere colto dalla schematica incisività del titolo per essere poi esasperato nelle sue
implicazioni significative anche con studiati accorgimenti; spesso si passava, con grande
naturalezza, dalla commedia alla tragedia, dall’umorismo all’orrore, con una
contaminazione di toni che tanto piaceva: il regime era riuscito in quello che voleva ed il
popolo lo seguiva con clamore. Successivamente ci fu, nel contenuto dei canti, un forte
distacco dalla realtà, ma i tanti morti e le numerose vittime rappresentarono un risvolto che
non era stato del tutto previsto: la guerra aveva travagliato e sconvolto gli italiani che
persero grande fiducia nelle parole del loro Duce, ma molto presto la morte venne accettata
come una regola del gioco; a mano a mano che i canti crescevano di numero, la violenza in
loro divenne quasi palpabile, lacerante e la musica perse ogni forma compositiva, artistica e
positiva che aveva acquistato negli anni.
Benito Mussolini e Adolf Hitler Un momento di propagandat
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Il movimento fascista Il fascismo fu un movimento politico di estrema destra del XX secolo che sorse in Italia alla fine della prima guerra mondiale. Nacque in parte come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle forti lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso, in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della guerra. Il nome deriva dalla parola fascio (lat.: fascis) e fa riferimento ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo di unione, mentre l'ascia presente nel fascio simboleggiava il loro potere, in particolare il loro potere giurisdizionale. Ispiratore e fondatore del movimento fascista fu il forlivese Benito Mussolini, già espulso per interventismo nella prima guerra mondiale dal Partito Socialista Italiano, che il 23 marzo 1919 diede vita a Milano ad un piccolo gruppo denominato Fasci italiani di combattimento. Il fascismo fu il primo dei grandi movimenti nazionalisti diffusisi rapidamente in Europa negli anni Venti e Trenta del secolo scorso in molti paesi, accomunati da una matrice comune di conservatorismo, nazionalismo, autoritarismo e culto della personalità del dittatore: il nazismo in Germania, le guardie di ferro in Romania, il franchismo in Spagna. Anche movimenti che non si ispiravano inizialmente al fascismo, come lo stalinismo o il maoismo ne assorbirono gli impianti organizzativi. Il fascismo tendeva ad imporre l'assoluta preminenza del partito fascista, in ogni aspetto della vita politica e sociale e pur combattendo il comunismo e il socialismo come nemici della patria e della società (col diretto appoggio, in questo, della grande industria e dei capitalisti privati, spaventati dalle rivendicazioni sindacali, con cui il fascismo ebbe sempre un rapporto privilegiato) Mussolini mutuò dalla dottrina socialista molte idee, creando uno stato maggiormente centralizzato e strutturando l'economia in un modello di pseudo-socialismo corporativista. Il fascismo visse soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta e ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto, ma l'ideologia fascista fu tuttavia sempre piuttosto contraddittoria e al fianco di queste posizioni reazionarie conviveva, non sempre armoniosamente, un culto della modernità e della tecnica di ispirazione futurista. Il movimento fascista terminò, dopo tutti gli accaduti di grande rilievo che riguardarono la politica fascista ed in primo piano l’Italia prima e durante la seconda guerra mondiale, il 28 aprile 1945, con la liberazione del nord Italia, la fucilazione di Mussolini e l'esposizione dei loro cadaveri, assieme a quella di altri gerarchi fascisti a piazzale Loreto a Milano; eventi che segnarono la fine della guerra e del fascismo in Italia.
5.2.: La musica diventa di massa
Nel novecento inoltre la musica cominciò ad assumere un aspetto “popolare”. La
massificazione della musica aveva cominciato ad avanzare, seppur in modo molto lieve, con
l’avvento del romanticismo (anche se logicamente ancora nell’ottocento non possiamo
parlare di massa) che si era distaccato da quel uso frivolo e aristocratico che era attribuito
alla musica nel settecento, aprendosi a nuove classi sociali, fino a giungere con il novecento
all’affermazione di una nuova musica. All'inizio del ventesimo secolo la musica occidentale
è dunque ormai profondamente cambiata, e scossa fin dalle fondamenta. Non solo, ma
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cambiano anche, grazie alle invenzioni relativamente recenti della radio e del fonografo, i
modi e i tempi di ascolto della musica stessa, prima limitati a concerti in locali
appositamente adibiti. Da una parte inizia a crearsi un pubblico potenziale più vasto e meno
acculturato, che apprezza strutture melodiche e armoniche più semplici, dall'altra, mai come
in questo periodo storico, è stato facile, per chi volesse suonare, procurarsi uno strumento e
imparare a usarlo. Inoltre le nuove possibilità tecniche, inventate in questo secolo, crearono
l'occasione per nuovi veicoli espressivi che la musica colta tardò a cogliere e che la nuova
musica popolare non ebbe alcun problema ad adottare, creando, tra il 1920 fino al 1980, e in
misura minore negli anni successivi, una grande fioritura di nuovi stili e generi (quali jazz,
blues, rock, soul, pop, funky, metal, fusion, ognuno dei quali si è suddiviso in ulteriori
sottogeneri). Nascono così personaggi che diventano autentici fenomeni mediatici
raggiungendo una popolarità senza precedenti.
Louis Armstrong Elvis Presley