Contesto socio-demografico La popolazione che risiede in un determinato territorio, in questo caso nelle province metropolitane, con le sue caratteristiche demografiche ed epidemiologiche ed i suoi comportamenti costituisce il fulcro fondamentale su cui ruotano la domanda e l’offerta di salute. Infatti, la diversità delle patologie che interessano le varie fasce di età della popolazione, implica la necessità di adattare l’offerta sanitaria alla domanda di assistenza che ne deriva. Nel presente capitolo sono stati analizzati alcuni indicatori demografici relativi alla struttura per età e ses- so della popolazione, con riferimento a tutta la popolazione anziana (65 anni ed oltre) che è quella più esposta al rischio di malattie gravi ed invalidanti ed alla presenza di stranieri che, negli ultimi anni, è notevolmente aumen- tata. È stata, inoltre, dedicata una sezione al genere femminile, per valutare i comportamenti rispetto alla fecon- dità e all’abortività. La popolazione italiana si attesta, nel 2007, sui 60 milioni. Le province più popolate sono Roma, Milano e Napoli. Una caratteristica del nostro Paese è la forte tendenza all’invecchiamento. La provincia in cui si registra una maggiore presenza di anziani, sia rispetto alla popolazione nella sua totalità che ai giovani (0-14 anni), è Trieste. Napoli, invece, è la provincia in cui tale percentuale è minore. Relativamente alla presenza straniera si è registrato, negli ultimi anni, un notevole aumento. Nel 2006 la popolazione straniera residente è di oltre 2 milioni e 600 mila abitanti. Si evidenziano, però, delle differenze ter- ritoriali. I poli di maggiore attrazione sono Milano e Roma (popolazione superiore ai 200 mila residenti), mentre più contenuta è la loro presenza nelle province del Sud (popolazione al di sotto dei 20 mila residenti). A fronte di un crescente invecchiamento della popolazione, si registra un Tasso di Fecondità Totale, sep- pur in lieve crescita, ancora non sufficiente per un ricambio generazionale (2 figli per donna). Il valore più eleva- to (circa 1,5 figli per donna) si osserva in due province del Sud (Napoli e Palermo). In crescita anche l’età media delle madri al parto (31,1 anni); Napoli e alcune province del Centro-Nord riportano il valore minore e maggiore (rispettivamente, 29,6 e 32,3 anni). Infine, l’Italia è caratterizzata da un aumento del ricorso all’Interruzione Volontaria di Gravidanza ed il valore maggiore si osserva nelle donne di 20-29 anni e in una provincia del Nord (Genova). Per quanto riguarda il rapporto di abortività spontanea, ci spostiamo al Centro. Infatti, è Roma la provincia in cui si registra il valore maggiore (170,19 per 1.000 nati vivi).
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Contesto socio-demografico
La popolazione che risiede in un determinato territorio, in questo caso nelle province metropolitane, conle sue caratteristiche demografiche ed epidemiologiche ed i suoi comportamenti costituisce il fulcro fondamentalesu cui ruotano la domanda e l’offerta di salute. Infatti, la diversità delle patologie che interessano le varie fasce dietà della popolazione, implica la necessità di adattare l’offerta sanitaria alla domanda di assistenza che ne deriva.
Nel presente capitolo sono stati analizzati alcuni indicatori demografici relativi alla struttura per età e ses-so della popolazione, con riferimento a tutta la popolazione anziana (65 anni ed oltre) che è quella più esposta alrischio di malattie gravi ed invalidanti ed alla presenza di stranieri che, negli ultimi anni, è notevolmente aumen-tata. È stata, inoltre, dedicata una sezione al genere femminile, per valutare i comportamenti rispetto alla fecon-dità e all’abortività.
La popolazione italiana si attesta, nel 2007, sui 60 milioni. Le province più popolate sono Roma, Milanoe Napoli. Una caratteristica del nostro Paese è la forte tendenza all’invecchiamento. La provincia in cui si registrauna maggiore presenza di anziani, sia rispetto alla popolazione nella sua totalità che ai giovani (0-14 anni), èTrieste. Napoli, invece, è la provincia in cui tale percentuale è minore.
Relativamente alla presenza straniera si è registrato, negli ultimi anni, un notevole aumento. Nel 2006 lapopolazione straniera residente è di oltre 2 milioni e 600 mila abitanti. Si evidenziano, però, delle differenze ter-ritoriali. I poli di maggiore attrazione sono Milano e Roma (popolazione superiore ai 200 mila residenti), mentrepiù contenuta è la loro presenza nelle province del Sud (popolazione al di sotto dei 20 mila residenti).
A fronte di un crescente invecchiamento della popolazione, si registra un Tasso di Fecondità Totale, sep-pur in lieve crescita, ancora non sufficiente per un ricambio generazionale (2 figli per donna). Il valore più eleva-to (circa 1,5 figli per donna) si osserva in due province del Sud (Napoli e Palermo).
In crescita anche l’età media delle madri al parto (31,1 anni); Napoli e alcune province del Centro-Nordriportano il valore minore e maggiore (rispettivamente, 29,6 e 32,3 anni).
Infine, l’Italia è caratterizzata da un aumento del ricorso all’Interruzione Volontaria di Gravidanza ed ilvalore maggiore si osserva nelle donne di 20-29 anni e in una provincia del Nord (Genova). Per quanto riguardail rapporto di abortività spontanea, ci spostiamo al Centro. Infatti, è Roma la provincia in cui si registra il valoremaggiore (170,19 per 1.000 nati vivi).
2 RAPPORTO OSSERVASALUTE AREE METROPOLITANE 2010
Struttura demografica della popolazione
Significato. Per la programmazione dei servizi socio-sanitari sul territorio è fondamentale conoscere lastruttura demografica della popolazione. In questomodo è possibile valutare la domanda e adeguare larelativa offerta locale rispetto alle difformità demogra-fiche. Come tutti i fenomeni demografici, la composi-zione della popolazione è strettamente dipendente dal-l’età. Con particolare attenzione va, infatti, monitorata
la dimensione e la dinamica della popolazione anziana(65 anni ed oltre). Il rischio di malattie gravi ed invali-danti ed il rischio di morire, ovviamente, cresconoall’aumentare dell’età; questo vuol dire che le personedi 75 anni hanno un maggior rischio rispetto a quelledi 65 anni. Per questo motivo, in genere, si procedealla stratificazione in due fasce di età (65-74 “anziani”e 75 anni ed oltre “molto anziani”).
Validità e limiti. I dati si riferiscono alla popolazionemedia residente e sono forniti annualmente dall’Istat.Tali dati sono abbastanza affidabili, nonostante pro-vengano da stime basate sulla popolazione rilevataall’ultimo Censimento. L’indicatore può risentire,comunque, di qualche distorsione nel caso di errori dicensimento, anche se i margini di errore sono piutto-sto ristretti.
Descrizione dei risultatiIn generale, una caratteristica del nostro Paese, è laforte tendenza all’invecchiamento (una persona al disopra dei 65 anni ogni sette residenti).Esaminando il rapporto tra sessi si evidenzia comequesto rapporto sia sbilanciato a favore delle donneche godono di una più bassa mortalità (65-74 anni:10,94% vs 9,91%; 75 anni ed oltre: 11,68% vs 7,29%)(Tabelle 1 e 2). Analizzando il dettaglio territoriale, ilrecord di provincia più “giovane”, per entrambi igeneri e per la classe di 65-74 anni, spetta a Napoli(uomini: 7,27%; donne: 8,26%), mentre la più “vec-chia” a Trieste (uomini: 13,19%; donne: 14,36%).Analoga situazione si riscontra per le donne anchenella classe di 75 anni ed oltre (Napoli: 7,71%;Trieste: 17,32%). Per gli uomini, invece, la provinciapiù giovane risulta sempre Napoli (4,70%), mentre la
più vecchia è Genova (10,29%). La domanda di servi-zi socio-sanitari che ne deriva è, dunque, molto diver-sa ed altrettanto diverse dovrebbero essere, in basealle differenze demografiche ed epidemiologiche del-le popolazioni residenti nelle singole province, lestrutture di erogazione dei servizi e la ripartizione del-la spesa sanitaria.Relativamente alla popolazione “anziana” e “moltoanziana”, dall’analisi dei dati presentati, è emerso che,nonostante la maggior presenza femminile, la percen-tuale di incremento è più alta per gli uomini (65-74anni: 2,27% vs 5,36%; 75 anni ed oltre: 11,27% vs14,94%). La provincia in cui si è registrato il maggiorincremento per la classe di 65-74 anni è, per gli uomi-ni, Venezia (10,29%) e per le donne Roma (9,40%),mentre la provincia che ha registrato il maggior decre-mento, con valori nettamente inferiori alla medianazionale, è Cagliari (uomini: -20,04%; donne: -23,04%). Nella classe di 75 anni ed oltre, invece, laprovincia con l’incremento più alto per entrambi igeneri è Roma (uomini: 23,50%; donne: 19,10%),mentre quella con il maggior decremento è sempreCagliari (uomini: -19,46%; donne: -19,68%).Infine, il Grafico 1, completa il quadro delineato inquanto permette di evidenziare le differenze demografi-che, esistenti nelle province metropolitane considerate.
Popolazione media residente
Percentuale di popolazione media “anziana”
Numeratore Popolazione media di 65-74 annix 100
Denominatore Popolazione media residente
Percentuale di popolazione media “molto anziana”
Numeratore Popolazione media di 75 anni ed oltrex 100
Denominatore Popolazione media residente
CONTESTO SOCIO-DEMOGRAFICO 3
Tabella 1 - Popolazione media (valori assoluti, variazioni percentuali e valori relativi in percentuale) di 65-74anni per provincia e sesso - Anni 2003, 2007
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Tabella 2 - Popolazione media (valori assoluti, variazioni percentuali e valori relativi in percentuale) di 75 annied oltre per provincia e sesso - Anni 2003, 2007
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
4 RAPPORTO OSSERVASALUTE AREE METROPOLITANE 2010
Grafico 1 - Percentuale di popolazione media residente di 65-74 anni e 75 anni ed oltre per provincia - Anno2007
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Raccomandazioni di OsservasaluteLa popolazione che vive nelle province metropolita-ne presenta, da un lato, caratteristiche distintiverispetto al resto del territorio nazionale, che vannoosservate e considerate, in funzione di politiche pub-bliche, in modo specifico e autonomo. D’altro lato,tali realtà presentano anche aspetti comuni con ledinamiche demografiche più generali del Paese, spes-so anticipando alcuni cambiamenti oltre che accen-tuandone alcuni tratti. Questo significa che una lettu-ra corretta della realtà delle province metropolitane eun’adeguata risposta ai nuovi bisogni e ai nuovirischi, possono diventare un punto di riferimento perazioni e soluzioni da estendere, successivamente, in
ambiti più allargati.Emblematico è il caso della crescita della popolazio-ne anziana. I maggiori contesti urbani, prima e più delresto del territorio, si trovano a dover far fronte a que-sto cambiamento e alle sue implicazioni in termini didomanda di cura e assistenza. Ma la vita dell’anzianoin contesto metropolitano presenta altresì aspettipeculiari che richiedono, quindi, un’attenzione speci-fica. Un’attenzione che va considerata non solo sulversante della vulnerabilità, ma anche in senso positi-vo, considerando che l’investimento in difesa dell’au-tonomia e delle buone condizioni di salute consente amolti anziani di essere una risorsa attiva crescente perla società, da valorizzare adeguatamente.
CONTESTO SOCIO-DEMOGRAFICO 5
Invecchiamento della popolazione
Significato. L’invecchiamento demografico ha sicu-ramente un importante impatto nel determinare le atti-vità di cura necessarie in un territorio.L’invecchiamento si modifica continuamente pereffetto della transizione delle diverse coorti che si suc-cedono nelle età anziane, formatesi in epoche lontanee trasformatesi lungo il percorso di vita per effetto di
innumerevoli eventi storici e sociali.Un indicatore sintetico del grado di invecchiamentodella popolazione è l’indice di vecchiaia che si ottie-ne rapportando la popolazione "anziana" (65 anni edoltre) a quella dei giovani (generalmente fino a 15anni).
Validità e limiti. Nel calcolo dell’indicatore vieneconsiderata la popolazione media residente in Italianell’anno preso in considerazione. È un indice moltodinamico perché quando una popolazione invecchia siha, contemporaneamente, una diminuzione del pesodei giovanissimi e un aumento del peso degli anziani;questo comporta una variazione in senso opposto delnumeratore e del denominatore.
Descrizione dei risultatiPer valutare la domanda dei servizi socio-sanitari eper adeguare la relativa offerta locale rispetto alle dif-formità demografiche, è fondamentale conoscere lastruttura per età e sesso della popolazione residente.I dati relativi all’invecchiamento demografico eviden-ziano che, nel 2007, nella provincia di Trieste si regi-stra, per entrambi i generi, l’indice di vecchiaia piùelevato (uomini: 192,69%; donne: 314,40%) a cui
segue la provincia di Genova (uomini: 187,75%; don-ne: 296,17%) (Tabella 1). In ambedue le province, dal2003 al 2007, si è assistito ad un aumento del pesodegli uomini anziani, mentre per le donne si è regi-strato un decremento. La provincia che, invece, pre-senta l’indice di vecchiaia minore, è Napoli (uomini:62,58%; donne 92,81%) dove il processo di invec-chiamento della popolazione si trova in uno stadiorelativamente non avanzato grazie all’alta natalità. Inoltre, come si evince dal Grafico 1, le province incui si è registrato l’incremento maggiore di popolazio-ne anziana sono Cagliari (15,02 punti percentuali) pergli uomini e Messina (19,80 punti percentuali) per ledonne, mentre il decremento più alto ha caratterizza-to, per entrambi i generi, la provincia di Bologna(uomini: -6,74 punti percentuali; donne: -12,43 puntipercentuali).
Indice di vecchiaia
Numeratore Popolazione di 65 anni ed oltrex 100
Denominatore Popolazione di 0-14 anni
Tabella 1 - Indice di vecchiaia (per 100) e variazioni assolute, per provincia e sesso - Anni 2003, 2007
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
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Grafico 1 - Variazioni assolute dell’indice di vecchiaia per provincia e sesso - Anni 2003-2007
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Raccomandazioni di OsservasaluteVivere a lungo è una grande conquista, che vede ilnostro Paese in posizione favorevole sul quadro inter-nazionale. La popolazione invecchia quando il pesodelle generazioni più vecchie aumenta in senso relati-vo rispetto a quelle più giovani. La più accentuatadenatalità delle grandi province rispetto al restod’Italia, porta ad un inasprimento di tale processo neicontesti metropolitani.Le risposte, in termini di riequilibrio, passano attra-verso le politiche di sostegno alle scelte riproduttive,di integrazione della popolazione immigrata, dimiglioramento della qualità di vita e delle condizioni
di salute della popolazione anziana. Più si allunga lavita in buona salute delle singole persone e meno cre-sce l’invecchiamento della popolazione, perché lasoglia di entrata in età anziana viene progressivamen-te sospinta più avanti. Questo significa anche che leprovince più “ricche di età” non sono necessariamen-te quelle in condizione più problematica se le politi-che pubbliche sono in grado di favorire un più prolun-gato periodo di vita in piena attività. È evidente, però,che la risposta all’invecchiamento deriva anche da unadeguato ricambio della popolazione, che non può cheagire sul versante delle nascite e dell’immigrazione.
CONTESTO SOCIO-DEMOGRAFICO 7
Stranieri residenti
Significato. Gli stranieri residenti sono tutti gli indi-vidui di cittadinanza diversa da quella italiana cherisiedono in Italia, cioè che hanno fissa dimora abitua-le in uno dei comuni italiani. Alla luce del notevoleflusso migratorio che ha interessato il nostro Paesenegli ultimi anni, si riscontra l’esigenza da parte delServizio Sanitario Nazionale di far fronte ad una uten-za che presenta importanti specificità sia riguardo a
problemi e rischi connessi alla tutela della salute chea modelli sociali e culturali di comportamento checondizionano, comunque, l’accesso ai servizi sanitari.Il monitoraggio della popolazione straniera residenterisulta, quindi, fondamentale per capire come e in chemisura si modifica l’assetto demografico dei comuniitaliani.
Validità e limiti. Le due tradizionali fonti di dati cheregistrano il numero di stranieri presenti in Italia sonole anagrafi ed i permessi di soggiorno. In occasionedei censimenti vengono, inoltre, enumerati i residentiin possesso di cittadinanza straniera, anche se il repe-rimento degli immigrati irregolari non è agevole edesaustivo, specie in alcune aree del Paese dove è piùfacile occultare la propria presenza.Va ricordato, comunque, che gli immigrati dall’estero,specialmente nella prima fase di insediamento, sonoestremamente mobili e, in molti casi, non hanno alcuninteresse a comunicare all’anagrafe d’iscrizione il lorospostamento. Ci sono anche problemi, soprattutto inalcuni grandi comuni del Centro-Sud, legati al ritardonella cancellazione degli iscritti non più presenti. Puòcosì succedere che le anagrafi riportino una situazio-ne non attuale della presenza straniera. Per quanto riguarda i permessi di soggiorno, è da sot-tolineare che i minori stranieri sono sottostimati, inquanto il più delle volte la loro presenza viene regi-strata sul permesso di soggiorno dei genitori. Inoltre,ai cittadini neo-comunitari non viene richiesto il per-messo di soggiorno; questo comporta solamente laregistrazione della presenza straniera regolare extra-comunitaria. Tale situazione, oggigiorno, è un proble-ma particolarmente rilevante. Infatti, pur essendo i
rumeni la prima comunità di immigrati in Italia, non èpiù così agevole registrare la loro presenza da quandola Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea(1 gennaio 2007).
Descrizione dei risultatiLa presenza straniera regolare in Italia è aumentatanotevolmente negli ultimi anni (2003-2006) raggiun-gendo una popolazione di oltre 2 milioni e seicentomila residenti nel 2006, quasi il doppio rispetto al 2003(Tabella 1). A livello territoriale tale fenomeno ha inte-ressato tutte le province considerate, ma in manieradiversificata: in particolare, Milano e Roma risultanoessere i poli di maggiore attrazione, entrambe con unapopolazione superiore ai 200 mila residenti.Al contrario la presenza straniera risulta più contenu-ta nelle province del Sud, specie a Cagliari, Messina,Reggio Calabria, Catania e Palermo con una popola-zione che non raggiunge i 20 mila abitanti. Una quotaparticolarmente bassa di stranieri si registra anche aTrieste con un valore pari a 12.406 residenti.Se si analizza la composizione della popolazione stra-niera per genere (Tabella 2), non risultano particolaridifferenze ad eccezione di Roma e Napoli, dove lapresenza di donne è più consistente.
Popolazione straniera residente
8 RAPPORTO OSSERVASALUTE AREE METROPOLITANE 2010
Tabella 2 - Stranieri residenti (migliaia) per provincia e sesso - Anno 2006
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Raccomandazioni di OsservasaluteL’Italia sta conoscendo un periodo storico di forte cre-scita dell’immigrazione. Questo vale ancor di più peralcune aree del Paese e, in particolare, per le provincecentro-settentrionali che si trovano in forte deficit intermini di crescita naturale. Ma alcuni problemi legatialle difficoltà di integrazione possono essere piùaccentuati nelle province del Sud, dove i livelli dibenessere generale possono essere più bassi, le oppor-tunità di lavoro e di sistemazione abitativa più preca-rie, le strutture e i servizi più carenti in senso quantita-tivo e qualitativo. La presenza straniera in parte sisovrappone come caratteristiche e bisogni a quelli del-
la popolazione generale, ma in parte si distingue. Lespecificità, con implicazioni per le politiche, possonoessere molto varie in funzione del Paese di provenien-za e del tempo di permanenza in Italia. Aspetti chevanno esplicitamente considerati. Va anche trattato,come un tema specifico, quello delle seconde genera-zioni (i figli di stranieri nati in Italia) il cui peso è for-temente crescente nelle grandi province.Va, infine, considerato che l’incidenza degli stranieriin età anziana è ancora bassa, ma tenderà a crescerenel tempo ed essere potenzialmente portatrice di esi-genze e problematicità più accentuate e complesserispetto alla popolazione autoctona.
Tabella 1 - Stranieri residenti (migliaia) e variazioni assolute, per provincia - Anni 2003-2006
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
CONTESTO SOCIO-DEMOGRAFICO 9
Fecondità
Significato. I consueti indici per descrivere la fecon-dità della popolazione italiana sono: il Tasso diFecondità Totale (TFT) e l’età media delle madri alparto. Il TFT permette di conoscere la capacità ripro-duttiva di una generazione ed esprime il numero
medio di figli per donna. L’età media al parto, invece,esprime come si distribuisce il fenomeno secondol’età. Il monitoraggio di tali indicatori ci permette,conoscendo la domanda, una più efficace organizza-zione delle strutture sanitarie interessate.
Validità e limiti. I tassi specifici per età, utilizzati peril calcolo del TFT, permettono di descrivere la fecon-dità di una generazione e di compararla a quella dialtre generazioni senza alcun problema di distorsione.Infatti, i tassi esprimono la fecondità di 1.000 donnela cui struttura per età è fissa, poiché si assume liberada mortalità e pari a 1.000 elementi in ogni età.Questo significa che i tassi di fecondità specifici simantengono costanti per tutto l’arco della vita ripro-duttiva di una donna appartenente a quella generazio-ne fittizia di 1.000 donne.
Descrizione dei risultatiRelativamente al TFT si registra, nell’arco temporaleconsiderato (2001-2005), una lieve ripresa anche se ivalori risultano estremamente bassi (1,311 figli perdonna) e inferiori al livello di sostituzione (2 figli perdonna) che garantirebbe il ricambio generazionale.
Tale ripresa è imputabile, in parte, all’aumento dellafecondità delle donne in età avanzata. Le province più“feconde” risultano Napoli e Palermo con valori,rispettivamente, pari a 1,507 e 1,505 figli per donna,mentre le province in cui si registra un TFT particolar-mente basso sono Cagliari e Trieste (0,982 e 1,131figli per donna) (Tabella 1). In crescita anche l’età media delle madri al parto il cuivalore nazionale, nel 2005, è pari a 31,1 anni (incre-mento di 0,6 anni rispetto al 2001). Le province in cuil’età media al parto è più elevata sono, a pari meritocon 32,3 anni, Trieste, Genova e Roma, mentre le pro-vince in cui l’età media è più bassa sono Napoli eCatania con 29,6 anni. Da notare, l’incremento che siè registrato a Milano dove l’età media delle donne alparto è passata da 30,3 nel 2001 a 32,1 nel 2005, evi-denziando un aumento di ben 1,8 anni (Tabella 2).
Tasso di Fecondità Totale
Età media della madre al parto
10 RAPPORTO OSSERVASALUTE AREE METROPOLITANE 2010
Tabella 2 - Età media delle madri al parto (anni) e variazioni assolute, per provincia - Anni 2001-2005
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Raccomandazioni di OsservasaluteLa fecondità italiana continua ad essere persistente-mente bassa, seppure in leggero aumento. Le provin-ce metropolitane sono in maggior sofferenza sottoquesto profilo. Più accentuata è anche la posticipazio-ne delle nascite in età avanzata, il che riduce ulterior-mente i margini di recupero. In questi contesti, più chealtrove, è necessaria un’attenzione e un investimentoin politiche che consentano di favorire le scelte ripro-duttive, riducendo anche l’ampio divario tra numerodi figli desiderati e numero realizzato. Molto comuneè, infatti, arrivare tardi a programmare l’arrivo di unfiglio e non riuscire ad averlo o fermarsi ad un figlio
unico pur desiderandone altri. Contano molto, in talsenso, le politiche per l’autonomia dei giovani, ladisponibilità di servizi per l’infanzia e gli strumenti ingenerale di conciliazione tra lavoro e famiglia. Non acaso la fecondità negli ultimi anni è aumentata mag-giormente nelle province centro-settentrionali, dovetale offerta è maggiore, mentre, pur partendo da livel-li più elevati, l’evoluzione recente della fecondità delSud risulta meno favorevole. Vanno, inoltre, messe inconto le implicazioni della fecondità in età sempre piùtardiva, come la crescente domanda di tecniche assi-stite per il concepimento e il contenimento dei rischidi malformazioni congenite legate all’età.
Tabella 1 - Tassi di Fecondità Totale e variazioni assolute, per provincia - Anni 2001-2005
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
CONTESTO SOCIO-DEMOGRAFICO 11
Abortività volontaria
Significato. A partire dal 1978, dopo l’approvazionedella Legge n. 1941, ogni donna può decidere di inter-rompere la gravidanza, purché lo faccia entro i primi90 giorni di gestazione. Il tasso di abortività volonta-ria, usato frequentemente a livello internazionale (al
denominatore spesso viene utilizzata la popolazionefemminile di 15-44 anni), permette di valutarel’incidenza di aborti volontari avvenuti in un anno inun determinato territorio.
Validità e limiti. Tale indicatore, essendo influenzatodall’effetto confondente dell’età, può essere standar-dizzato per tale variabile in modo da poter fare con-fronti tra popolazioni con differenti strutture per età.Il tasso di aborto volontario viene calcolato utilizzan-do i dati raccolti ed elaborati dall’Istat, dall’IstitutoSuperiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Ognivolta che si effettua un aborto volontario viene obbli-gatoriamente compilato il modulo Istat D.12 e, succes-sivamente, inviato al sistema informativo nazionale. Tale indicatore presenta il limite della sotto/sovrastima,in quanto al numeratore possono essere inclusi sia gliaborti delle donne che hanno la residenza nel territorioconsiderato che quelle senza residenza, mentre al deno-minatore sono presenti solo le donne residenti.
Valore di riferimento/Benchmark. Come valore diriferimento si può considerare il valore medio ottenu-to come media tra le tre regioni con il valore più bas-so. Nel calcolo degli indicatori su base provinciale,sono state effettuate delle medie triennali. A causa diincompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati per leseguenti regioni: Campania (anni 2002, 2005 e 2006)e Sicilia (anni 2004-2006). Per l’anno 2003 i dati del-
la Campania sono risultati fortemente sottostimati enon si è proceduto ad effettuare alcuna stima.Analoghe stime non sono state effettuate a livello pro-vinciale, quindi, il dato risulta mancante.
Descrizione dei risultatiL’analisi dei dati evidenzia che, nell’arco temporaleconsiderato (2000-2004), si è registrato un aumentodel ricorso all’Interruzione Volontaria di Gravidanza(IVG) pari a +3,98%. Tale aumento, come si evincedal Grafico 1, ha interessato le donne nella classe di20-29 anni e, in particolare, l’anno 2004.All’aumentare dell’età il ricorso all’IVG decresce finoa raggiungere un valore di 0,4‰ per tutti gli anni con-siderati (Grafico 1).A livello territoriale, Genova è la provincia che presen-ta, nel 2004, il tasso più elevato (13,37‰) ed è anchela provincia dove si è registrato, dal 2000 al 2004, ilmaggior incremento (+11,23%). Un minor ricorsoall’IVG si riscontra, invece, a Cagliari che presenta unvalore nettamente inferiore rispetto alla media nazio-nale (5,65 vs 9,67‰) ed un trend in diminuzione(-11,02%). Il decremento maggiore, però, si è registra-to nella provincia di Bari (-17,68%) (Tabella 1).
Tasso di abortività volontaria*
Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 annix 1.000
Denominatore Popolazione femminile media residente di 15-49 anni
*Il tasso è stato standardizzato per età secondo il metodo della standardizzazione diretta, utilizzando come popolazione di riferimento la popo-lazione media residente in Italia nel 2001.
1Norme per la tutela della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza.
12 RAPPORTO OSSERVASALUTE AREE METROPOLITANE 2010
Grafico 1 - Tassi specifici di abortività volontaria (per 1.000 donne di 15-49 anni) - Anni 2000-2004
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Tabella 1 - Tassi standardizzati di abortività volontaria (per 1.000 donne di 15-49 anni) e variazioni percentua-li, per provincia - Anni 2000-2004
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Raccomandazioni di OsservasaluteL’abortività indotta è sensibilmente più bassa nelnostro Paese rispetto alla media europea. L’incidenzadel fenomeno è, comunque, rilevante e tende ad esse-re particolarmente elevata proprio nei grandi centriurbani. Rispetto al profilo tipico della fecondità italia-na, sempre più spostata dopo i 30 anni (ancor più nel-le grandi province), l’interruzione volontaria della gra-vidanza presenta, invece, un’intensità maggiore in etàpiù giovane, dove alta è la fecondità delle immigrate.Una parte sempre maggiore dell’IVG è, del resto, pro-prio legata al comportamento delle donne straniere.Possono essere efficaci, in questo senso, politiche
mirate che consentano di fornire adeguata informazio-ne e assistenza alle giovani donne immigrate che vivo-no nelle aree metropolitane. Ma molti margini esisto-no per un contenimento più generale dell’abortivitàindotta attraverso un miglioramento delle attività diprevenzione. Va, inoltre, considerato, per converso,anche il legame dell’IVG con la continua posticipazio-ne delle nascite in combinazione con un aumento del-le possibilità diagnostiche sulla presenza di difetti con-geniti del feto. Un aspetto del fenomeno che interessa,in questo caso, più le donne italiane coniugate che,soprattutto nei grandi centri del Nord, arrivano in etàtardiva a programmare l’arrivo del primo figlio.
CONTESTO SOCIO-DEMOGRAFICO 13
Abortività spontanea
Significato. Per aborto spontaneo si intendel’interruzione involontaria della gravidanza che siverifica entro i 180 giorni di gestazione (cioè 25 setti-mane e 5 giorni). Dopo tale limite l’evento viene clas-
sificato come nato morto. Il rapporto standardizzato diabortività spontanea esprime il numero di aborti spon-tanei delle donne in età fertile, avvenuti su 1.000 nativivi.
Validità e limiti. Tale indicatore è quello più utilizza-to a livello internazionale, ma si potrebbe calcolareconsiderando al denominatore oltre ai nati vivi, anchei nati morti, gli aborti spontanei e una parte delle inter-ruzioni volontarie della gravidanza (cioè quella parteche avrebbe evitato l’aborto spontaneo avendo agitoprima che questo potesse verificarsi). La standardiz-zazione, eliminando l’effetto confondente dell’età,consente di fare confronti tra popolazioni con diversestrutture per età.I dati vengono raccolti dall’Istat e si riferiscono ai solicasi in cui è stato necessario un ricovero presso gliistituti di cura pubblici e privati. In questo modo,sfuggono i casi relativi agli aborti per cui non è statoeffettuato un ricovero (aborti che vengono effettuatisenza l’intervento di un medico o che necessitano dicure ambulatoriali). Non è possibile, o almeno è difficoltoso, fare dei con-fronti a livello internazionale a causa di una diversaprocedura di calcolo o per la non disponibilità deiregistri a copertura nazionale.
Valore di riferimento/Benchmark. Come valore diriferimento si può considerare il valore medio ottenu-to come media tra le tre province con il valore più bas-so (Trieste, Genova e Reggio Calabria: 111,40‰).
Descrizione dei risultatiNonostante le notevoli conquiste raggiunte nel settoredella tutela della salute riproduttiva ed i recenti risul-tati nel riconoscimento e nel controllo dei fattori dirischio, la possibilità che una gravidanza evolva inesito abortivo è ancora abbastanza elevata. L’analisidei dati evidenzia che, nell’arco temporale considera-to (2000-2004), sembra esserci una riduzione delfenomeno in quasi tutte le province ad eccezione diCagliari (17,46%), Firenze (11,84%), Napoli(10,16%) e Bari (0,09%), ma è ancora troppo prestoper parlare di una nuova tendenza in atto. Il decremen-to maggiore si è registrato nella provincia di Genova(-32,22%) (Tabella 1). Nell’anno 2004, a livello territoriale, Roma è la pro-vincia dove si è registrato il valore maggiore(170,19‰) e nettamente superiore alla media delle treprovince con il valore più basso (111,40‰), mentre aGenova (85,13‰) si è riscontrato il valore minore checorrisponde anche al valore più basso del benchmarkdi riferimento. Tale fenomeno, come si deduce dal Grafico 1, ha inte-ressato in maniera più consistente le donne della clas-se 40-49 anni, poiché l’età avanzata è un fattore asso-ciato al rischio più elevato di abortività spontanea.Infatti, nel 2004, il valore del rapporto di abortivitàspontanea passa da 138,01‰ della classe 15-19 anni a1.075,48‰ della classe 45-49 anni.
Rapporto di abortività spontanea*
Numeratore Aborti spontanei di donne di 15-49 annix 1.000
Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni
*Il rapporto è stato standardizzato per età secondo il metodo della standardizzazione diretta, utilizzando come popolazione di riferimento i nativivi in Italia nel 2001.
14 RAPPORTO OSSERVASALUTE AREE METROPOLITANE 2010
Tabella 1 - Rapporti standardizzati di abortività spontanea (per 1.000 nati vivi) e variazioni percentuali, per pro-vincia - Anni 2000-2004
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Grafico 1 - Rapporti specifici di abortività spontanea (per 1.000 nati vivi) - Anni 2000-2004
Fonte dei dati: Istat. Health For All-Italia. Dicembre 2008.
Raccomandazioni di OsservasaluteIl rischio di incorrere in un aborto spontaneo è forte-mente legato all’età. Se da un lato i miglioramenti sulversante della salute riproduttiva agiscono verso uncontenimento di tale rischio, la continua posticipazio-ne delle nascite in età sempre più avanzata espone uncrescente numero di donne alla possibilità che la gra-vidanza non si completi con successo. In alcune pro-vince metropolitane, il fenomeno presenta livelli mag-giori rispetto alla media nazionale ed è in crescita.
Particolare attenzione andrebbe rivolta ad alcune cate-gorie più esposte al rischio, come le donne di classesociale più bassa con meno strumenti, anche culturali,di protezione della propria salute riproduttiva. Moltidei rischi legati all’età potrebbero, inoltre, trovarerisposta anche attraverso politiche che consentonoalle giovani coppie di non posticipare troppo la realiz-zazione dei loro obiettivi riproduttivi proprio al fine dipoterli realizzare con successo.