Integrazione narrativa - Dipartimento di Comunicazione e ... · tuttavia il momento in cui l’integrazione narrativa si delinea può essere approssimativamente collocato nel periodo

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Integrazione

narrativa

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Senza futuro

Il cinema delle origini entra nel nuovo secolo con qualche

incertezza sulla sua identità e parecchi deficit, che da un lato

non gli consentono di essere un’espressione artistica ma

dall’altro neppure una forma compiuta di spettacolo. I film

durano troppo poco, sono monchi e poco espressivi, inadatti

all’apparenza a veicolare contenuti seri e complessi; danno

luogo insomma a una forma d’intrattenimento «minore»,

spesso volgare e potenzialmente pericolosa.

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Il calo dell’attrazione

Contemporaneamente, nel primo decennio del Novecento, il

sistema delle attrazioni mostrative, che pure è stata la culla del

nuovo medium, entra in una crisi irreversibile poiché da un lato

si rivela palesemente inadeguato ad assorbire le sue enormi

potenzialità produttive e dall’altro rischia di trascinarlo nel suo

processo di lenta e inesorabile marginalizzazione.

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L’integrazione narrativa

Le risorse imprenditoriali protese a sfruttare la sua popolarità,

ormai notevoli, spingono un cinematografo ancora indeciso tra

la registrazione tachigrafica della realtà e la liberazione della

fantasia a «cambiare pelle» e ad affrontare una seria «crisi di

crescita», che gli studiosi interpretano come l’avvicendamento

fra «attrazioni mostrative» e «integrazione narrativa».

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L’industria culturale

Forse proprio la paura del calo di credibilità, unita al senso di

endemica precarietà, ad alcuni gravi incidenti e alla perdurante

gracilità dei contenuti, spinge il cinematografo su un binario di

«emancipazione» che alla fine gli consente di mettersi al

passo coi tempi nuovi e di diventare, in tempi brevi, un pilastro

essenziale dell’incipiente «industria culturale».

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Trasformazione complessa

Naturalmente è difficile stabilire date precise per un fenomeno

così complesso - senza considerare che l’“attrazione” non

scompare mai del tutto dal mondo del cinema e ritorna spesso

in generi come il Musical o negli effetti speciali dei film odierni -

tuttavia il momento in cui l’integrazione narrativa si delinea può

essere approssimativamente collocato nel periodo 1905-1908.

Avatar (James Cameron, 2009) e Gold Diggers of 1933 (Mervyn LeRoy, 1933)

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Trasformazione complessa

Sebbene si compia nel giro di appena qualche anno, questo

turnover segna un passaggio cruciale e complesso, durante il

quale il cinema impara a raccontare «storie» e assume quella

fisionomia di «fabbrica dei sogni» che gli è stata

universalmente riconosciuta.

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Trasformazione complessa

Non si tratta perciò di una semplice evoluzione «tecnica» o

«linguistica» ma di una metamorfosi complessa, che integra

diversi fattori (di tipo economico, tecnico, culturale, ecc.), a loro

volta collegati con un imponente cambiamento sociale, tra cui

è spesso difficile istituire relazioni lineari e omogenee: logiche

produttive e commerciali, sviluppi tecnici, modalità di consumo,

paradigmi espressivi, considerazione sociale del mezzo ed

evoluzione della domanda.

1909. Negli studi Selig si gira The Hearth of a Race Tout

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Trasformazione complessa

Non si deve tuttavia inquadrare questo passaggio in un’ottica

di «progresso» o di furbo e fortunato adeguamento. Si tratta

piuttosto della felice coincidenza fra il successo di un mezzo di

comunicazione «moderno» e la trasformazione della società

occidentale in società di massa, che sacrifica la chiassosa

interazione degli antichi spettacoli di «proiezioni» sull’altare di

una fruizione collettiva di tipo rituale, anonima e impersonale.

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Dal cinematografo al cinemaIl passaggio dall’esitante

caleidoscopio degli esordi alle

grandi costruzioni narrative è stato

sintetizzato anche da Edgar Morin,

nel 1956 (Il cinema o l’uomo

immaginario), come la

trasformazione del “cinematografo”

in “cinema”, cioè del fenomeno da

baraccone in spettacolo di svago e

intrattenimento di notevole rilievo

sociale e di grande importanza

culturale.

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Linee guida

Le linee guida che orientano il passaggio alla fase

dell’integrazione narrativa possono così essere schematizzate:

• Cattura di nuovo pubblico, assicurando agli spettatori un

consumo strutturato e confortevole;

• miglioramento della qualità complessiva del prodotto;

• elaborazione di contenuti meno banale, divertenti ma non

volgari, brillanti ma comprensibili;

• conquista progressiva dell’“autosufficienza” soprattutto sul

piano espressivo.

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Visione sistemica

È nell’ambito di quell’imprenditoria «rampante», capace di

trasformare in pochi anni un banale passatempo in un’industria

fiorente e redditizia, che balena istintivamente l’abbozzo di una

visione «sistemica» del cinematografo, in grado di articolare le

misure che, sebbene motivate da gretti interessi, favoriscono

l’emergere di una più specifica identità del mezzo.

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Visione sistemica

La produzione cinematografica è ormai in grado di realizzare

una valanga di film, ma senza un vero «progetto espressivo».

Il mantenimento di un alto livello di produzione mal si concilia

con il contesto confuso e precario in cui sono ancora immersi

la produzione e il consumo. Il timore di un improvviso crollo

d’interesse spinge perciò gli artefici delle imprese più grandi e

più esposte a prestare maggior attenzione alla qualità dei

prodotti ma anche alle condizioni di fruibilità.

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Produzione

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Alfabetizzazione narrativa

Il legame fra l’alimentazione di una

filiera industriale in caotico

sviluppo e il mantenimento della

quota di popolarità passa quindi

attraverso una processo di

«alfabetizzazione narrativa»

mediante il quale il cinema impara

a raccontare storie in modo

«autonomo», proponendo cioè un

prodotto sempre più avvincente,

accessibile e di facile consumo. Non è permesso fischiare o

parlare a voce alta

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Narrami, o diva…

Il termine di questo

«apprendistato» diventa

palpabile allorché, nell’arco di

sei-sette anni, dall’insieme

frammentario e informe di

vedute e sketch cominciano ad

emergere film con una

successione di inquadrature più

lunghe, che organizzano una

storia e articolano forme più

compiute di narrazione.

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L’integrazione narrativa

La grande mutazione, di cui vedremo alla fine gli aspetti

socio-culturali, si snoda attraverso l’evoluzione di alcuni

caratteri con importanti risvolti pratici e operativi:

• Durata

• Contenuti

• Consumo

• Professionalizzazione

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Durata

Il primo passo per conseguire una certa autonomia rispetto ad

altre forme di spettacolo è il superamento del limite frapposto

dalla brevità dei film.

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Contenuti

L’aumento della durata implica un altro elemento

fondamentale: la ricerca di contenuti e di modalità espressive

appropriate.

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Consumo

Al lavoro sulla qualità e sul formato si accompagna una

complessa riorganizzazione del sistema produttivo e del

consumo, con sale specializzate e circuiti stabili.

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Professionalizzazione

Il cambiamento sistemico e la specializzazione delle filiere

produttive provocano la professionalizzazione della parte

«creativa» del lavoro.

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qualità

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Il primo fronte che si apre, alle soglie del nuovo secolo,

concerne il consolidamento delle forme narrative, che spesso

semplicemente non esistono o, se ci sono, appaiono esitanti e

goffe. Le case cinematografiche più importanti, presagiscono

la disaffezione del pubblico e, ai primi segni di freddezza,

intuiscono di dover abbandonare «trucchi» e «vedute» per

stimolare l’avvento di forme narrative meno inconsistenti.

Vedute ristrette

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Vedute ristrette

Più o meno simultaneamente, Zecca alla Pathé e la Guy alla

Gaumont intuiscono di dover arricchire con film «a soggetto»

un catalogo che ormai odora di muffa. Perfino i Lumiére, prima

di abbandonare il campo, hanno affiancato rappresentazioni

drammatiche (la Passione del 1897) alle riprese di gente che

passeggia per strada.

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Negli Stati Uniti è la Biograph, che tra il 1896 e il 1901

guadagna ampie quote di mercato, a muoversi in modo più

organico nella razionalizzazione del processo produttivo,

separando le attività di sceneggiatura e regia e istituendo

diverse unità capeggiate da un operatore che offrono alla sala

un servizio completo, fino alla proiezione del film.

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Vedute ristrette

In questo contesto, spronato dalla concorrenza, il responsabile

della produzione, l’ingegner Henry N. Marvin, decide nel 1903

d’investire nel cinema «narrativo», affiancando film con trama

alle consuete «vedute» per arrivare nel 1908 allo switch off, a

sospendere cioè la produzione di attualità in favore della fiction.

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Porter

Intanto alla Edison, tra il 1903 e il 1905, Edwin Porter utilizza

nuove tecniche per realizzare film a soggetto che riscuotono

grande successo e offrono intriganti modelli per la narrazione

cinematografica, tra cui il celeberrimo Assalto al treno (1903).

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L’Assalto al treno, così come il Viaggio nella luna (1902) di

Méliès e altri film di successo del periodo, rivelano nello stesso

tempo le aspirazioni verso una superiore qualità dei prodotti

ma anche i limiti insiti nella «primitività» del mezzo, frenato da

remore culturali, linguaggio ancora legnoso, soggezione al

gusto popolare, occasionalità della produzione, e da evidenti

limiti tecnici.

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lunghezza

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I singoli film durano infatti ancora tra i dieci e i quindici minuti,

e anche La vita e la passione di Gesù Cristo (1903) realizzato

dalla Pathé, che dura nella sua integrità lo sproposito di 44

minuti, è frazionabile in singoli rulli da un quarto d’ora.

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Durata

Uno dei motivi dello scarso valore attribuito ai primi film, che

per un po’ ha fatto il paio con il deficit di attenzione causato

dalla predilezione per il dispositivo di proiezione, è proprio la

loro misera durata, circoscritta alla quantità di pellicola vergine

utilizzabile nella macchina da presa, che nel caricatore dei

Lumière è di 17 mt., equivalenti a circa cinquanta secondi.

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DurataCon gli opportuni accorgimenti per

non rovinare la pellicola durante lo

scorrimento la portata dei caricatori

sale in breve a tre minuti per giungere

poco dopo al classico standard di 300

mt. a rullo, per una durata di 11 minuti

circa. Montando insieme tre rulli si

può arrivare tranquillamente a

mezz’ora; dopodiché, con l’uso del

montaggio, non resta altro limite che

la capacità dei proiettori, che possono

caricare fino a 1800 mt. di pellicola.

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DurataMa è evidente che il

semplice

«allungamento» dei film,

pur mettendo alle corde

le gag comiche e i

tableaux vivants, non è

sufficiente a migliorare

la «credibilità» dei

soggetti e delle

modalità espressive,

senza un parallelo

intervento sui contenuti.

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Film a quadri

Né la maggiore complessità delle storie, che pure incoraggia la

produzione dei film più lunghi reclamati dal pubblico, basta a

rivoluzionare il linguaggio cinematografico se si risolve, come

avviene inizialmente, nel semplice collage di scene fisse

tradizionali, girate «tutte d’un fiato» e senza revisione.

Billy Bitzer, Artist and Model (Biograph)

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La struttura del racconto, cioè, ignara dell’idea di sequenza, è

ancora vincolata al telaio teatrale dei «quadri» e tende a

inserire lo sviluppo narrativo nella cornice statica delle scene,

all’interno delle quali si dipana tutta l’azione, anche se il

movimento è complesso o prevede molti personaggi.

Film a quadri

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Centralità del prodotto

Come abbiamo visto, l’istanza narrativa (virtualmente presente

fin dall’inizio, come cornice o fugace scena comica) trova

difficoltà a strutturarsi, per via della brevità delle proiezioni e

dell’assenza di una grammatica specifica del nuovo mezzo

cinematografico.

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Film a quadri

Il prodotto film si è staccato piuttosto in fretta dallo sfondo

meccanico e ontologico per abbracciare una precipua

vocazione spettacolare, ma proprio su questa strada incontra i

limiti di un corredo tecnico-linguistico ancora inadeguato, che

stenta a disincagliarsi dall’imitazione dei modelli vigenti.

L’elaborazione dei contenuti infatti mira ancora a catturare gli

occhi del pubblico attraverso i «trucchi», aggiungendo magari

qualche fasto scenografico.

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Contenuti

In questo contesto, in cui si sperimenta con molta cautela per

richiamare il pubblico senza «disturbarlo» troppo, la ricerca

degli argomenti procede a tentoni come l’elaborazione dei

contenuti, pescando vicende note e rassicuranti in un mazzo di

soggetti alla portata di tutti, come le fiabe, i racconti evangelici,

le novelle e i poemi, i romanzi più diffusi, le canzoni e le

ballate, ecc., seguendo le mode e imitando i modelli più in

voga. Gli esempi più eclatanti sono le «passioni di Cristo», i

film tratti dalla letteratura più popolare, e successivamente i

serial, il cui tono è spesso moralistico e di un livello raramente

al di sopra della puerile ingenuità.

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Lungometraggio

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Il montaggio

Intorno al 1909 dunque la produzione di film in più rulli sarà

ormai una prassi consolidata e il trionfo del lungometraggio

(full-lenght o feature film), decreterà il dominio su tutte le altre

forme di cinema del film «a soggetto», confinando i formati più

brevi al rango di cortometraggio, riservato a settori particolari

come i documentari o le «comiche». Ma sarà la «scoperta» del

montaggio a dilatare la gamma espressiva e stimolare quella

miglior organizzazione delle scene che nell’arco d’un decennio

condurrà i film alla loro fisionomia matura.

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Il montaggio

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Autonomia

L’aumento della durata dei film, che sfocia nei primi

lungometraggi, s’intreccia quindi con l’incremento di alcune

loro qualità intrinseche e con i tentativi di innovare e variare i

contenuti, di conferire alle nuove produzioni un tessuto

narrativo meno naïf, di far loro raccontare una storia in modo

autonomo, senza intermediazioni.

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Verso il lungometraggio

La proposta di scene più lineari ed esplicite e l’uso delle

didascalie mettono finalmente le pellicole in grado di

raccontare autonomamente le storie. L’aumentata leggibilità e

la rinuncia ad «aiutare» il consumo in sala consentono di

accontentare meglio il pubblico, che reclama film di durata

sempre maggiore.

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autonomia

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Caratteri del cinema primitivo che scompaiono:

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Serietà

Nel lungo passaggio alla narratività, che asseconda la nascita

di una riconoscibile nuova forma di spettacolo, decreta

l’estinzione della gaia contaminazione fra la scena e

l’operatore, che nei primi film dialoga spesso con i personaggi,

invitati anche a rivedersi nella proiezione pubblica (auto-

rappresentazione).

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Oggettività

Viene anche superata la dimensione ingenua e confidenziale

del trastullo e della meraviglia e l’occhio della cinepresa,

inizialmente giocoso e compiaciuto, diventa in breve tempo

più professionale, freddo e “oggettivo”.

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New York, 1899. L’Eden Musee (museo delle cere)

ospita regolari proiezioni di film dal 1897.

Autonomia

Il senso di «distacco» e la reputazione seria sono corroborati

dalla graduale rimozione delle «stampelle interpretative» che

accompagnavano le prime proiezioni, frammentarie ed esitanti,

sempre meno necessarie al cospetto di prodotti sempre più

incisivi e autonomi.

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Centralità del prodotto

La forma più primitiva

del consumo di cinema

assegnava

all’imbonitore più meno

lo stesso ruolo dei suoi

predecessori con la

lanterna magica:

richiamare il pubblico,

istruirlo, spiegare le

immagini e commentarle.

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Centralità del prodotto

I primi film infatti non hanno didascalie e non risultano sempre

comprensibili senza indicazioni appropriate. Anche quando i

nickelodeon prescrivono una visione “di sala”, la mediazione

tende a permanere: spesso è il gestore della sala a spiegare

quanto succede sullo schermo, sebbene diventi sempre più

frequente l’uso d’un accompagnamento col pianoforte o col

fonografo per sottolineare o “sonorizzare” alcuni passaggi.

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Nickelodeon

Quasi sempre c’è un sottofondo sonoro: può essere lo

stesso gestore della sala a spiegare quanto succede sullo

schermo, ma più di frequente la visione è accompagnata

da un pianoforte o da un fonografo.

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Didascalie

Ma il disordine della fruizione «collettiva» rende sempre più

problematica la contestualizzazione del film che, costretto a

rendersi autosufficiente, punta sulla semplicità della storia o

sull’uso di didascalie, che all’inizio si limitano ai “titoli” delle

scene e vengono lette dall’imbonitore, che aggiunge ancora

dei commenti prestabiliti, indispensabili per capire la trama.

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Didascalie

La didascalia si assume dunque l’onere di collocare l’azione

nel tempo e nello spazio, soprattutto nel momento in cui i film

iniziano a proporre frequenti salti tra periodi e luoghi diversi.

Lasciate ben presto all’autonoma lettura degli spettatori,

diventano il commento “ufficiale” del film: sottolineano alcuni

punti, definiscono i personaggi, esprimono le opinioni o le

annotazioni sarcastiche del regista.

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Didascalie

Nella Passione Pathé del 1903 compare una sola frase di un

personaggio: l’angelo che appare a Giuseppe e gli dice:

Joséph, prend l’Enfant et sa mère et fuis avec eux en Égypte.

Solo dopo il 1915 le didascalie iniziano abitualmente a

riportare i dialoghi dei personaggi.

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Ritualità

La comparsa delle didascalie spegne virtualmente il frastuono

intorno allo schermo e moltiplica la concentrazione degli

spettatori sulle immagini che passano sullo schermo,

contribuendo, insieme alla diffusione delle sale, all’evoluzione

del consumo verso precise forme rituali di massa.

Leda Gys

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Il consumo

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Alla radice dell’ansia dei produttori per il miglioramento della

qualità dei loro film, come della rivoluzione del consumo che

porta il cinematografo alle dimensioni di un enorme spettacolo

di massa, c’è l’enorme successo delle proiezioni, una forma di

divertimento che diventa subito molto popolare e minaccia ben

presto di fagocitare ogni forma di concorrenza.

La folla che accoglie Charlie Chaplin a Londra nel 1917

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il decollo della nuova forma di intrattenimento permette di

edificare vere e proprie sale, con un cartellone esclusivo di

proiezioni a ore fisse, più volte al giorno.

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L’integrazione narrativa

l’integrazione narrativa, (che si ritiene conclusa nel 1915 con

l’uscita del film di Griffith Nascita di una nazione (considerato il

primo film interamente «narrativo», in cui cioè l’elaborazione

delle immagini appare del tutto funzionale alla storia

raccontata). Dopo il 1915 inizierà il corso del «modo di

rappresentazione istituzionale».

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L’immagine in movimento è

1. Documentazione della realtà

2. Narrazione

3. Espressività (più o meno artistica)

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• Sviluppo del racconto

• Giustificazione culturale del prodotto

• Sperimentazione tecnico-linguista

• Pretesa artistica (possibile per l’abbattimento degli

steccati classicisti e accademici, ruolo delle avanguardie,

nella stampa di massa, nella letteratura di massa, nelle

arti figurative).

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I film

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Film a soggetto

Airy Fairy Lillian Tries On Her New Corsets, Biograph 1905, dur. 1’.

San Francisco, 1906

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Successo di pubblico

5 febbraio 1926: migliaia di fans ai funerali dell’attrice Barbara La Marr.

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