Giornale ordine medici milano -luglio-settembre 2011
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Ordine Provinciale Medici Chirurghie Odontoiatri Milano
Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milan
ANNO LXIVLUGLIOSETTEMBRE
INCHIESTA
Quale futuro peri giovani medici?
• Giancarlo Roviaro:
come superare la crisi vocazionale dei chirurghi?
• Il pericolo di detenere un’arma
• Quando lavorare diventa difficile
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Organo ufficiale di stampa dell’Ordine
Provinciale dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Milano
Inviato agli Iscritti e ai Consiglieridegli Ordini d’Italia
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
1
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Sommario
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n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008).
Direttore Responsabile: Ugo GarbariniComitato di Redazione: Valerio Brucoli,Dalila Patrizia Greco, Maria Grazia Manfredi,Luigi Paglia, Roberto Carlo Rossi
Redazione e realizzazioneTecniche Nuove SPAVia Eritrea 2120157 Milano - ItalyRedazione: Cristiana Bernini - 02 39090689Impaginazione: Alessandra Loiodice - 02 39090671e-mail bollettino.medici @tecnichenuove.com Segreteria Cinzia Parlanti
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TrimestralePoste Italiane SpA – Spediz. In abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1,comma 2, DCB Milano
Dati generali relativi all’OrdineConsiglio DirettivoPresidenteUgo GarbariniVice PresidenteRoberto Carlo RossiSegretarioSalvatore G. AltomareTesoriereAngiolino BigoniPresidente OnorarioRoberto AnzaloneConsiglieri
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Commissione OdontoiatriPresidenteValerio BrucoliSegretarioErcole RomagnoliComponentiDino Dini, Claudio Gatti, Luigi Paglia
Collegio Revisori dei Conti
PresidenteGiovanni CantoComponentiLuciana Maria Bovone, Paola PifarottiTito Pignedoli
Anno LXIV - 3/2011 Luglio-Settembre
Editoriale All’insegna del caos InchiestaQuale futuro per il giovani medici? 4Maria Cristina Parravicini
IntervistaPiù formazione e investimenti 10Federica Barberis
Storie di medici
Tre giovani, tre storie diverse 14Maria Cristina Parravicini
IntervistaChirurghi, come superare la crisi vocazionale 18
Pierluigi Altea
AttualitàIl pericolo di detenere un’arma 22Carlo Alfredo Clerici
Medicina del lavoroQuando lavorare diventa difficile 24
Giuseppe Leocata e Giovanna Castellini
Finestra sull’odontoiatriaGestione delle fratture coronali e radicolari 30Luigi Paglia e Claudia Caprioglio
Storia della medicinaOspedali Militari di Riserva 34Dario Cova e Ugo Garbarini
IntervistaPartire dalle parole… non dette 40
Tiziana Azzani Dario
Finestra sulla medicina sportivaNon tutti gli sport sono uguali 43Ugo Monsellato
Corsi ECM 49
In libreria 53
Notizie 55
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C on grande soddisfazione dei pochi lettori di questo Bollettino,questo numero non avrà quelloche, con una certa presunzionechiamano editoriale.Volevo parlare ancora dei CReG,
e così avevo titolato il pezzo.Leggi e norme in Italia hannola prerogativa di essere lette einterpretate in mille modi, hanno, inuna parola, il pregio della confusione.Perché tu non capisci niente, sidirà da sinistra o da destra mentreio, che mi credo l’ermeneuta delleleggi, non posso ammettere svarioniinterpretativi e strumentali.Da destra, il coro di lamenti di
medici che, come il sottoscritto,non possiedono il dono di unQI elevato e che vedono inquell’ormai famoso acronimoun altro mezzo di persecuzionesulla medicina convenzionata.Dagli illuminati di sempre, illuministidella convenzione, futuristi dellamedicina pubblica, assessori dellasanità in pectore, politici di razza
non solo vengono il disprezzo per [bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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EDITORIALE
All’insegna del caos
gli ignoranti cronici ma anche leingiurie e la richiesta di punizione per lesione del Codice Deontologico (!).
Anche questa vicenda, cometante altre, ci ricorda il visto da
destra e da sinistra del grandeGiovannino Guareschi. Nell’Italiadei Comuni, dei quartieri e deisestieri ci si accapiglia su tutto.Non è il mezzo per controllarela spesa controllando i medici,anzi togliendo loro la potestà dicurare i propri assistiti ma, voilà,il sorvegliato a vista è il pazienteimpaziente, il paziente cronicoinosservante, colpevole di non seguire
le aggiornate terapie, oggi, dei propricuranti, domani, del gestore.È a lui che vengono tirate le orecchie.Ed ecco il rimedio, è il provider, ilgestore che si prenderà cura di luicui, oso supporre, invierà cartolinerosa precetto che gli ricorderanno, pena sanzioni, con uno scadenzarioscolpito nella pietra, che il giorno x deve fare questo, il giorno xx
quest’altro e via cantando.
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EDITORIALE
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Quindi di che si lamentano i medicise viene loro sottratto gran partedel loro lavoro, tenendo contodel numero di cronici chegrava nelle loro liste?
Ai numerosi Colleghi che, preoccupati,intasano la nostra posta elettronicaraccomandiamo di aspettare fiduciosiil risultato della fase sperimentale. A quelli che ci insultano per il nostrocatastrofismo, rivendichiamo,ancora una volta (sembra ditornare agli anni’60), il nostro dirittodi esprimere le nostre opinionifelicissimi, nel caso di specie, di
riconoscere che avevamo sbagliato.
Vasilij Kandinskij,
Alcuni cerchi, 1926,
Guggenheim Museum,New York
Nel momento di dare alla stampail mio scritto, arriva la manovrafinanziaria anche questa scrittaapparentemente in italiano manecessitante di uno strumentodecrittatore: poca chiarezza
molta confusione, messaggi diminaccia. Una faticosa lettura delcapo XIV sembrerebbe escluderel’abolizione dell’Ordine come, alcontrario, i mezzi informativi hannoampiamente scritto e detto.Le manovre correttive dovrebberoesserci e dovrebbero consentire,deburocratizzando, un più facileaccesso alla professione.
Suppongo si tratti di abolire
l’esame di abilitazione, di validarel’autocertificazione (!) e altre amenità per favorire la concorrenza.Non posso, a questo punto, nonricordare la famosa Legge Bersaniche abolì lacci e laccioli soffocanti la
pubblicità sanitaria, consentendo, in pratica, che solo potenti e intoccabilisocietà di servizi, inondassero, conogni mezzo, il mondo sanitariocon la peggiore pubblicità, promozionale, comparativa e nonraramente mendace e lasciando,isolato e impotente, il libero professionista a guardia del suostudio vuoto a fronte degli affollati
supermercati della Medicina.
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INCHIESTA
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Maria Cristina Parravicini
Quale futuro per i giovani medici?
«C
Nessuno, fino a qualche anno fa, si sarebbe posto unadomanda come questa, ma oggi anche i dati forniti sia alivello nazionale che regionale mostrano buchi sempre piùgrandi negli organici di tante specialità
ome Ordine dei Medici
di Milano – ricorda
Roberto Carlo Rossi,
Vice Presidente – noi
constatiamo che diversi colleghi che
si laureano in Medicina e si affacciano
alla professione, per molti lunghi anni,
pur lavorando, ricoprono mansioni
anche molto impegnative, ma per
compensi decisamente miseri. Non sitratta di un problema nuovo, ma la mia
impressione è che il numero dei lavori
sottopagati, come pure l’entità delle
cifre che questi colleghi percepiscono,
stia diventando preoccupante; conosco
colleghi che lavorano a dieci euro lordi
l’ora, come dire la remunerazione
di una collaboratrice familiare. Va
poi osservato che a fronte degli
scarsi guadagni, spesso il peso delle
responsabilità è molto grande: turni
di notte pesantissimi, magari in Case
di Cura per pazienti molto abbienti in
cui, se durante il giorno l’assistenza
è perfetta, durante la notte un gran
numero di degenti viene lasciato
nelle mani di un neolaureato che può
avere delle difficoltà a seguire dei
quadri complessi, e soprattutto viene
pagato in maniera assolutamente non
decorosa.
Esiste poi il problema relativo a
quelli che io chiamo impropriamente
“gettonasti”; si tratta di colleghi
che hanno un contratto libero-
professionale con delle grosse/
medie strutture ospedaliere. Quello
che colpisce è che questo fenomeno
investe non solo le piccole realtà tipo
Case di Cura, ma anche diversi grossi
ospedali. Ad esempio, in Lombardia,è relativamente frequente l’usanza
di fare contratti libero-professionali
a colleghi che vanno poi a ricoprire
incarichi molto delicati come il medico
di Pronto Soccorso, trovandosi
a percepire uno stipendio lordo
appena decente, ma con fatturazione
della prestazione su cui devono poi
pagare il 20% di ritenuta d’acconto,
la previdenza, etc. Se consideriamo
che, vista la delicatezza dei lavori
che fanno, questi Colleghi devono
anche stipulare un’assicurazione
particolarmente robusta, alla fine, non
gli rimane attaccato niente e i soldi
che percepiscono sono nettamente
insufficienti per una vita dignitosa.
Tutto questo fa sì che io sia veramente
preoccupato come Vicepresidente
dell’Ordine, sia pensando alla tutela
del cittadino, sia alla tutela etico-
deontologica della professione. Infatti,
io credo che un medico che viva
questa condizione, sia un medico
demotivato, un medico che corre il
rischio di livellare al basso l’assistenza
al paziente, non per sua colpa, ma per
le pessime condizioni in cui lavora: è
poco protetto dalla struttura, guadagna
quattro soldi, si deve pagare la
previdenza… e poi è ricattabilissimo.E tutto questo è molto grave in quanto
è ovvio che il collega che è assunto
nel senso vero della parola gode di
giuste tutele contrattuali e quindi non
vive quella condizione di ricattabilità
del collega che viene assunto con
un contratto libero-professionale e,
proprio per questo, vive una situazione
di precarietà. Se un medico si deve
occupare di sbarcare il lunario, volente
o nolente, nella necessità di fare altro,
sarà stanco e demotivato. Tutti questi
aspetti si ribaltano poi sull’assistenza
che viene erogata al cittadino e, se
pensiamo che spesso queste situazioni
si verificano nei Pronto Soccorsi,
si capisce perché bisogna essere
preoccupati».
«Fatte queste considerazioni –
prosegue Rossi – ritengo che
bisognerebbe avere il coraggio civile,
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INCHIESTA
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da parte di tutti, di denunciare queste
situazioni pubblicamente: l’Ordine
può intervenire e fare la sua parte,ma solo se chi vive questa condizione
di precarietà denuncia il suo disagio.
Tuttavia, è necessario che soprattutto
le istituzioni (la Regione e le ASL, che
hanno il compito di controllare le
strutture ospedaliere) intervengano
una volta per tutte! Poiché il problema,
ci tengo a ribadirlo, non è solo di
carattere contrattuale/sindacale, ma è
assistenziale e deontologico in quanto
viene svilita la prestazione che si eroga
e viene svilita la professione medica».
Durante e dopo la specialità«Altro problema di carattere più
spicciolo, ma non per questo meno
importante, è quello delle borse di
studio che, se per gli specializzandi
(delle scuole quinquennali) sono state
abbastanza rimpinguate, quelle per
il triennio di formazione specificain Medicina Generale, sono ancora
largamente insufficienti e va oltretutto
tenuto presente che questi giovani
non possono praticamente lavorare
(al più fanno qualche guardia medica
durante i weekend). È ovvio che in
queste condizioni o la famiglia si fa
carico di questi giovani, o non esiste la
possibilità di sbarcare il lunario.
Da qui il mio invito a chiunque possa
avere voce in capitolo, perché si facciaparte diligente affinché questi colleghi
vengano pagati in modo decoroso,
o almeno come i loro colleghi
specializzandi quinquennali, perché
non esiste alcun tipo di differenza nel
percorso formativo».
Sfogliando il cahier de doléances
della professione medica nella fase
in fieri, Rossi osserva che, «un altro
problema, e non di poco conto, è
UN PO’ DI OSSIGENO
DALLA GIUNTA DELLAREGIONE LOMBARDIA
Ospedali e ASL lombarde assumeranno nel 2011
complessivamente 3.233 nuovi dipendenti. Loprevedono due nuove delibere approvate dalla
Giunta, su proposta dell’assessore Bresciani, che
dettagliano i piani di assunzione del personalemedico e infermieristico a tempo indeterminato
per l’anno in corso.
Inoltre, la Giunta ha deciso di sostenere, con un
primo finanziamento di 2 milioni, l’attivazione di 40contratti per medici specializzandi nelle Università,
aggiuntivi rispetto ai posti fissati dal Miur. Stanziati
anche altri 2.575 milioni per coprire i 31 contratti
aggiuntivi già attivati nel 2010 con fondi SSR.
quello che riguarda alcune specialità
che, stando alle notizie che ci arrivano,
stanno diventando sempre meno
appetite o appetibili per diversi motivi:
perché il tipo di lavoro è consideratotroppo gravoso e, in proporzione,
poco remunerato. Dai numeri che ci
arrivano dal territorio, la pediatria
è una di quelle che registra un calo
crescente di iscritti per ragioni che
probabilmente vanno dalla lunghezza
dell’iter per diventare pediatri di libera
scelta, (raramente si apre qualche
zona carente), oppure dalla scarsa
disponibilità di posti nei reparti
ospedalieri in cui si fa pediatria, con il
rischio di percorrere un iter, a livello
di specialità, lungo e gravoso, ma con
scarsi sbocchi.
Ci sono poi una serie di specialità,
come la chirurgia generale, in cui
siamo di fronte a fenomeni assimilabili
ai temi della medicina difensiva nel
senso che queste specialità sono
bersagliate dai contenziosi medico-
legali e questo, inevitabilmente,
provoca una disaffezione da parte
dei giovani medici che temono, in
futuro, di andare incontro a problemi
quasi sicuri. In questo senso, altro
aspetto a sfavore è quello legato
agli aumenti costanti dei premi
assicurativi in relazione all’incremento
dei contenziosi, cui si aggiunge una
giurisprudenza che, a mio avviso, è,
purtroppo, marcatamente schierata
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INCHIESTA
a favore del paziente e molto meno
del medico. Inoltre, per i giovani che
frequentano una scuola di specialità è
difficile, oggi come oggi, percorrere in
Italia un iter paragonabile a quello che
c’è all’estero.
Mi riferisco al fatto che la parte
pratica della professione viene
insegnata in maniera non sufficiente
nella maggior parte degli Atenei. È
un peccato, perché la preparazioneteorica è eccellente ma i ragazzi
devono in qualche modo strappare la
professionalità dai colleghi già esperti.
Non è colpa del singolo che non
insegna al giovane, né che il giovane
sia pigro e non voglia imparare dal
vecchio, la colpa – a mio avviso – sta
nel fatto che non si sono previsti dei
percorsi obbligati in cui se uno non sa
fare una cosa non viene “specializzato”.
In teoria è già così, ma in pratica tutti,in maniera palese e chiara, dicono
che per lo specializzando imparare
il mestiere è difficile, per cui è il
singolo discente che si deve dare da
fare chiedendo e seguendo il collega
anziano per cercare di avere gli
insegnamenti su quello che fa».
«Un cardiologo – esemplifica Rossi
– dovrebbe uscire dalla scuola di
specializzazione in cardiologia sapendo
a mettere da parte – se c’è – il sciocco
timore della concorrenza e passare
tutto quello che abbiamo di buono achi viene dopo di noi».
Medico o burocrate?
Procedendo nella disamina degli
aspetti che possono indurre le
giovani leve a non intraprendere
il lungo percorso nella Facoltà di
Medicina, Rossi si sofferma sulla
burocratizzazione della professione
che «incide a sua volta tantissimo nel
senso che, se per i giovani è un aspetto
in parte tutto da scoprire, vero è che
ha un suo peso rilevante e che ha
cambiato anche il lavoro del medico. I
giovani sono forse avvantaggiati, non
solo perché nascono praticamente con
il computer in mano, ma anche perché
si abituano facilmente all’utilizzo di
sistemi informatici particolarmente
complessi.
Ma al di là della complessità deisistemi, oggi le cartelle cliniche
informatizzate sono delle “Treccani”…
Probabilmente per evitare contenziosi,
si documentano tutti i passaggi in
maniera quasi maniacale e le cartelle
cliniche che impone la Regione
Lombardia sono pacchi e pacchi di
fogli. Certamente dietro a questa
massa di documenti c’è la necessità
di evitare dei contenziosi, ma è anche
vero che queste attività portano via deltempo all’assistenza del paziente. C’è,
a mio avviso, un aspetto nel percorso
del medico giovane che è fortemente
penalizzato da questi elementi e cioè,
aumentando la parte burocratica, si
corre il rischio che le incombenze di
più basso profilo vengono scaricate
soprattutto sugli ultimi arrivati
colpendo ulteriormente la loro
professionalità. Ma è un problema che
fare un po’ tutto, dalla cardiologia
interventistica alla cardiologia
ambulatoriale.Oggi, è inutile nasconderselo, tutto
questo di solito non avviene perché
sembra mancare un sistema che
preveda delle verifiche puntuali in base
alle quali, per restare nell’esempio,
il neo cardiologo debba saper fare
uno studio elettrofisiologico, un
cateterismo cardiaco, una coronografia
ecc. Al momento, la maggior parte
degli specializzandi con cui vengo
in contatto, mi dicono che fanno
veramente fatica ad apprendere perché
manca un sistema che li metta al
centro, nella fase dell’apprendimento, e
non solo nella fase teorica».
«Se non saremo capaci di apportare
di dovuti cambiamenti – sottolinea
Rossi - noi formeremo degli specialisti
inadeguati che passeranno i primi anni
della professione a dover compensare
quello che gli è mancato nel cursus della specialità e tutto questo avrà una
ricaduta negativa sull’assistenza che
si offre al paziente, oltre a formare
dei professionisti con degli handicap
di partenza che non saranno al passo
con i loro colleghi europei e che
rischieranno anche di più sotto il
profilo medico-legale. Noi lombardi,
quindi, dovremmo trovare il modo
di avere una levata d’orgoglio e di
pretendere che da oggi in poi le cosesi facciano in modo diverso rispetto al
resto della nazione. Bisogna che ci sia
un reparto di scuola, un ospedale dove
si impara, che tutto l’apprendimento
sia davvero pratico e che ci sia un
maggior numero di colleghi anziani
disponibili a seguire i colleghi in
formazione. La trasmissione del sapere,
infatti, è fondamentale e, poiché
nessuno è eterno, bisogna imparare
Angelo Nespoli,
direttore della Scuola
di Specializzazione in
Chirurgia Generale
dell’Università degli
Studi Milano Bicocca.
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INCHIESTA
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grava un po’ su tutti: basti pensare
ai MMG che non possono più fare a
meno di confrontarsi con una seriedi leggi e circolari che incombono
praticamente nel quotidiano».
Di padre in figlio?Se fino a qualche tempo fa “mestieri“
come quelli del medico, dell’avvocato,
del farmacista era prassi che si
tramandassero di padre in figlio,
secondo Rossi la «sensazione che mi
viene parlando con tanti colleghi è che
una volta, nella nostra professione,
il figlio cresceva effettivamente nella
bottega del padre, ed era frequente
vedere un figlio medico di padre
medico Nei periodi difficili come
quelli post bellici i soldi erano pochi
e le famiglie risparmiavano molto per
cercare di avviare i figli alla professione
medica. Nella generazione successiva,
la scelta di fare medicina è stata spesso
per emulazione, perché esistevala bottega del padre che garantiva
stabilità economica nella sua qualità
di professionista (quando ancora i
medici facevano parte di una élite).
Oggi sento spessissimo padri che
cercano in tutti i modi di dissuadere
i figli ad intraprendere la loro stessa
professione, a indice del fatto che i
rischi medico-legali stanno diventando
enormi, i costi per poter usufruire
di un buon iter di studi stanno
diventando elevati, e dove il lavoro
che si svolge non è più socialmente
ed economicamente remunerativo.
In Inghilterra è ancora così, nel senso
che se un medico va in banca, ha
immediatamente e senza problemi
un’apertura di credito perché il livello
professionale, sociale e remunerativo
è ancora elevato. Se guardiamo le
statistiche, l’Italia è l’ultimo paese
del mondo occidentale per quanto
attiene la remunerazione dei medici
di famiglia, e uno degli ultimi perquanto riguarda la remunerazione
dei medici ospedalieri. Ed è un
problema perché la nostra credibilità
professionale e il nostro peso sociale
si misura anche su questi parametri.
Altro aspetto che vedo, e con estrema
preoccupazione, è che aumenta il
numero dei medici poveri: un fatto
gravissimo che, una volta, riguardava
solo quei pochi che potevano avere
problemi di salute o di dipendenza.
Oggi invece sono in contatto con una
serie di colleghi che hanno bisogno
di assistenza, anche nel cibo, ed è un
fatto incredibile per delle persone
che hanno nelle mani la salute degli
altri. Anche il fatto che il livello sociale
della professione si sia così ribassato
si ribalta ancora una volta sui giovani
per diverse ragioni: innanzi tutto
perché la professione appare menoappetibile di un tempo, poi perché
provoca anche il disamoramento di
chi deve insegnare. Se neanche gli
insegnanti del sapere medico ricevono
delle remunerazioni sufficienti per un
carico di responsabilità così gravoso e
pesante è chiaro che nessuno avrà più
voglia di trasmettere ciò che sa.»
Crisi di vocazioni in chirurgia?Perde appeal la figura del chirurgo
se, come emerge dai dati, su 278
borse di studio annuali in Chirurgia
generale una su cinque non viene
assegnata per mancanza di candidati.
La ragione di questa emorragia,
andata consolidandosi nel corso
degli ultimi vent’anni, nasce da una
serie di concause ma, come dichiara
Angelo Nespoli, Direttore della
Scuola di Specializzazione in Chirurgia
Generale dell’Università degli Studi
Milano Bicocca, «il fenomeno non
è solo italiano (negli USA accade
altrettanto), il lavoro del chirurgo
è diventato poco appetibile per i
giovani perché ai sei anni di Università
si vengono a sommare i sei anni
di scuola di specialità, quindi un
investimento a lungo termine. Fatta
questa considerazione, aggiungo che
non è vero che una volta diplomati nontrovino lavoro in Chirurgia: quelli che
abbiamo diplomato negli ultimi anni
sono stati tutti praticamente assunti
in qualche struttura. Il problema
riguarda il tipo di lavoro che nei
giovani ha poca corrispondenza:
è un lavoro difficile, un lavoro di
responsabilità e che impegna molto
sotto il profilo della qualità della vita.
Oggi, inoltre, il contenzioso medico-
legale è diventato pressoché la norma,
e anche questo incide notevolmente.
Le previsioni dicono che entro il 2015
in Lombardia, ma presumibilmente
anche in altre regioni a causa dei
numerosi pensionamenti previsti,
ci sarà una carenza di chirurghi.
Anche questo è un segnale che deve
far meditare e portare a mettere dei
correttivi e, uno di questi correttivi
dovrebbe essere la legittimazione
Roberto
Carlo Rossi,
vicepresidente
dell’Ordine dei
Medici Chirurghi e
degli Odontoiatri
di Milano.
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INCHIESTA
economica. Oggi infatti siamo di fronte
a un appiattimento generale che vede
sullo stesso piano professionisti concarichi di responsabilità assai diversi;
un esempio per tutti i professionisti
che lavorano nell’ambito di una branca
internistica, quindi di tutta tranquillità,
con un orario di servizio dal lunedì al
venerdì pomeriggio, e professionisti
come i chirurghi che hanno impegni di
tutt’altro genere, da quello fisico, alle
responsabilità, alle guardie, ai turni di
notte e ai turni di sabato e domenica. E
non finisce qui perché il chirurgo, una
volta operato il paziente, anche se non
è di turno si sente coinvolto, telefona,
e se lo chiamano interviene: è evidente
come tutto questo finisca con l’avere
un impatto non indifferente sulla
qualità della vita».
Venendo ai contenziosi medico-
legali, Nespoli ricorda che «in termini
numerici le specialità più esposte sono
la ginecologia e l’ortopedia, mentrela chirurgia generale lo è di meno.
Dal punto di vista assicurativo noi,
come ospedale, abbiamo una buona
assicurazione; esiste comunque la
possibilità di fare una integrazione
assicurativa, che si aggira intorno ai
500 euro l’anno, che è utile nel caso di
greve responsabilità, ma raramente
viene utilizza. Le stesse linee guida,
che in teoria dovrebbero cautelarci
nel caso di contenziosi medico-legali,non si sono dimostrate sufficienti nel
caso di ricorso in Cassazione, come ha
dimostrato una recente sentenza, ed è
sotto questo profilo che l’integrazione
assicurativa trova la sua logica.
Personalmente sono cresciuto con una
mentalità diversa, male non fare, paura
non avere, ma certi episodi lasciano un
po’ di perplessità…».
Ma al di là delle forme cautelative
(medicina difensiva, assicurazioni,
etc.), Nespoli osserva che «un aspetto
molto importante è quello del rapportodi comunicazione con il paziente
che deve essere molto personale
e preciso, tale cioè da permette di
superare tanti problemi, a monte
anche di un possibile contenzioso
medico-legale. Come Direttore della
Scuola di Specialità cerco di insegnare
ai giovani questo aspetto, innanzi
tutto con l’esempio: durante il giro
in reparto, vedo il paziente, gli parlo
e instauro un rapporto dialettico
chiaro e mirato alla persona. Quello
che vale per il paziente vale per i
familiari, nel senso che bisogna saper
spiegare in modo comprensibile e
inequivocabile i problemi relativi
all’intervento chirurgico, incluse le
possibili complicanze che vanno al di
là delle capacità tecniche del singolo
operatore. E questo è il punto cruciale:
una complicanza, tranne in casieccezionali, non può essere considerata
un errore ma un evento avverso.
Anche se si cerca di agire sempre
per il meglio, quando si presenta una
complicanza bisogna saperla gestire,
non solo sotto il profilo pratico e
tecnico, ma soprattutto col paziente a
cui vanno spiegate le ragioni, anche
se a volte capita che nemmeno noi le
conosciamo».
Terminata la scuola di specialitàQuante le possibilità per un giovane
di ottenere un contratto a tempo
indeterminato in una struttura
ospedaliera? Pochissime come
lamentano in tanti? «È molto relativo.
In questo ospedale (San Gerardo,
n.d.r.) avevamo tutta una serie di
contratti libero-professionali (troppi);
è stata fatta la richiesta alla Regione
di convertirli in rapporti a tempo
indeterminato e la Regione ha
acconsentito. Vorrei però precisare che
un giovane appena diplomato dalla
scuola di specialità, che viene assunto
in una struttura pubblica, nonostante
i sei anni della scuola di specialità
non lo si può ancora considerare un
chirurgo finito in grado di operare
autonomamente.Nel corso degli anni di specialità
si viene maturando un percorso di
crescita che permette di arrivare al
diploma con un buon curriculum di
esperienze vissute direttamente in sala
operatoria in presenza di un tutor. Il
regolamento delle scuole di specialità
prevede infatti che lo specializzando
arrivi all’esame di diploma con un
certo numero di interventi fatti».
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INCHIESTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Numero programmato:i test d’ingresso
«Qui nella nostra Facoltà di Medicina(Milano Bicocca, n.d. r .) lavoriamo
tutti gli anni con centinaia di ragazzi,
di cui il 70% donne, e circa il 95% di
questi ragazzi arriva alla laurea negli
anni previsti dal corso. C’è una bassa
percentuale di rinunce, ma si tratta di
casi in cui lo studente si rende conto di
non aver fatto una scelta ottimale e il
cambio di facoltà avviene rapidamente.
Tornando per inciso alla alta
percentuale di donne iscritte,
devo riconoscere che sono molto
più motivate e mature rispetto ai
colleghi maschi e qui, alla scuola di
specialità, la metà degli specializzandi
è rappresentato da ragazze molto
determinate, che non si fermano
davanti a nessun ostacolo. Quanto al
numero programmato, è stata una
necessità. Attualmente il Ministero ci
ha più o meno imposto di aumentareil tetto e siamo arrivati al 30% in più
su base nazionale. Il discorso però è
un po’ più complesso. Che ci voglia
un test di ingresso personalmente
lo ritengo indispensabile ma, quello
che è criticabile, è la qualità dei test
da tanti punti di vista. Io darei molto
più spazio ai test di logica rispetto
ai test di conoscenza perché quello
che noi facciamo tutti i giorni nella
professione è fare esercizi di logica;
fare un ragionamento diagnostico è
un test di logica in qualsiasi specialità.
L’aspetto ancora critico è che il test di
ingresso viene fatto nello stesso giorno,
con le stesse modalità in tutta Italia.
Noi, per esempio, vediamo presso
la nostra Facoltà ragazzi che hanno
ottime valutazioni ma che non entrano,
e quegli stessi ragazzi che non sono
entrati qui avrebbero potuto entrare in
altre Università. Esiste però un’ipotesi
che sarebbe molto bella se attuata: che
si facesse cioè una graduatoria unicanazionale, possibilità che, al momento,
è inattuabile. È stato fatto un tentativo
qualche anno fa per la Facoltà di
Odontoiatria ma, dal punto di vista
pratico, si tratta di un problema molto
complesso nel senso che, se riusciamo
a far partire il corso di laurea, a
gennaio dell’anno successivo abbiamo
fatto in fretta.»
Tornando al sistema dei test che resta
tema di polemiche tra favorevoli
e contrari, Nespoli osserva che,
«quello che noi non potremmo mai
fare con i test, è valutare l’attitudine
a fare il medico e, nel caso della mia
specialità, a fare il chirurgo. All’esame
per la scuola di specialità quest’anno
ho nove iscritti su quattro borse di
studio, e questo da una parte mi fa
piacere perché mi conferma che
la mia scuola di specialità è moltoambita. Personalmente non mi pongo
il problema di essere sotto il numero
programmato, ma il fatto è che questo
esame che è un test, e che io ritengo
orribile, è una necessità. Come per
l’iscrizione alla Facoltà di Medicina
anche nel caso della Scuola di
Specialità i test vengono dal Ministero
e l’esame si svolge nello stesso giorno
in tutte le scuole di specialità d’Italia,
escludendo quindi la possibilità di
tentare l’esame in sedi diverse. Il tempo
che intercorre poi tra la prova dei test e
quella di pratica è molto poco e questo
toglie la possibilità di valutare questi
ragazzi sull’attitudine: perché vuoi fare
il chirurgo? Il mio maestro, Vittorio
Staudacher, a noi giovani studenti
diceva sempre «ricordatevi che non
sono io che ho scelto voi, siete voi che
avete scelto me».
n
Conseguito il diploma di specialità,
tra pubblico e privato, quali saranno
le possibilità concrete di un lavoro
a tempo indeterminato? «Nel corso
degli ultimi anni – ricorda Nespoli
- ho visto tanti giovani che hanno
preferito andare a lavorare nel privato
convenzionato per svolgere un’attività
di nicchia, nel senso che anche lì non
hanno le guardie, ma si occupano di unsettore limitato della chirurgia, come
ad esempio la chirurgia senologica,
quella dei melanomi che sono meno
complicate (la definisco «chirurgia
di superficie») e dove è difficile che
sopravvenga la complicanza, la
chiamata notturna perché il paziente
operato durante il giorno sanguina,
anche se certamente può succedere
(5%)».
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INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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10
Federica Barberis
Più formazione e investimenti
S
È l’impegno della S.I.G.M. perché non vengano dispersele motivazioni di quei giovani che hanno scelto quellodel medico come percorso di vita
econdo lo schema di Piano
Sanitario Nazionale per il
triennio 2011-2013 uno dei
capitoli più critici è quello delle risorse
umane: si stima, infatti, che entro il 2015
diciassettemila medici lasceranno ospedali
e strutture territoriali per raggiunti limiti
di età; di questi, una parte non verrà
rimpiazzata a causa della crisi economica
e tagli del personale, ma anche a causadella carenza di nuovi professionisti. La
crisi, secondo il Ministero della Salute,
avrà origine a partire dal 2012, anno in cui
si registrerà il primo “saldo negativo tra
pensionamenti e nuove assunzioni”. Ma
c’è una correlazione tra la carenza di nuovi
medici e il numero chiuso per l’accesso alla
Facoltà di medicina e chirurgia?
Per Martino Massimiliano Trapani,
vice presidente del Segretariato Italiano
Giovani Medici (S.I.G.M.), «non è correttoparlare di numero chiuso, ma ci si
dovrebbe riferire più correttamente alla
definizione di numero programmato nel
settore sanitario, che dovrebbe essere
in funzione del fabbisogno di salute
espresso dalla popolazione. È infatti su
queste basi che si dovrebbe effettuare una
corretta programmazione delle nuove
professionalità mediche da formare per
soddisfare le carenze di organico. Un
discorso a parte meritano le modalità
di selezione per l’accesso alle Facoltà
Mediche, che dovrebbero mirare a valutare
oltre che il livello di preparazione anche le
attitudini alla medicina: i test di ingresso,
dovrebbero essere ri-tarati, soprattutto
sulla parte relativa alla cultura generale,
che dovrebbe invece essere sostituita con
quesiti più affini ai contenuti che sono
oggetto di studio nel corso di laurea inMedicina e Chirurgia. Un’altra criticità da
rimuovere è rappresentata dalla spesso
non ottimale capacità professionalizzante
del corso di laurea, a fronte invece di un
eccessivo apporto contenutistico, il che
costringe il giovane medico a colmare sul
campo le lacune, una volta avuto accesso
al mondo del lavoro. Il quadro appare
più sconfortante se si pone un confronto
a livello europeo: uno studio, pubblicato
nel 2004 sul Journal of Medicine & the
Person, evidenziava come l’attesa media
di occupazione per uno studente italiano
che si iscriveva al primo anno di Medicina
era pari a 15-16 anni, con una tendenza a
un ingravescente allungamento dei tempi
di accesso all’esercizio della professione,
soprattutto nelle Regioni sottoposte alle
limitazioni introdotte dai Piani di Rientro,
in ossequio al Patto della Salute sancito nel
2006 tra Governo e Regioni. Un pari età del
Regno Unito, invece, ha già acquisito una
piena maturità e autonomia professionale.
Tornando al contesto Italiano, dopo la
laurea la strada si biforca: da una parte,
troviamo il percorso della formazione
specialistica, della durata di cinque o sei
anni, cui si accede per concorso annuale
a numero programmato, bandito dalle
singole Università in maniera coordinata
e congiunta sulla base delle direttive delMIUR, soggetto annualmente a ritardi
nell’espletamento (a causa di uno stato di
deroga connesso a una deriva burocratico-
normativa), tanto che, in funzione della
sessione in cui si consegue il diploma di
laurea, si può “perdere” anche più di un
anno per essere ammessi al concorso. Il
paradosso infatti è che la programmazione
del fabbisogno viene definita dal Ministero
della Salute di concerto con le Regioni,
mentre i posti da mettere a concorsosono decisi dal MIUR, che adotta come
criterio le capacità formative delle
scuole di specializzazione che, spesso,
non corrispondono con le esigenze
programmatorie del SSN. Dall’altra
parte, si può optare per il corso triennale
specifico di medicina generale, anch’esso
a numero programmato, ma gestito dalle
singole Regioni. Entrambi, il diploma
di specializzazione e quello di medicina
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INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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generale, in ossequio alle Direttive
Comunitarie sono requisiti indispensabili
per accedere alla dirigenza medica, nel
primo caso, e al rapporto convenzionato di
medicina generale, nel secondo».
Proposte migliorativeIl S.I.G.M., in risposta delle predette
criticità, si è fatto latore di proposte volte a
migliorare la condizione dei giovani medici:adozione di un sistema a graduatoria
unica su base nazionale e di criteri di
valutazione quanto più possibile oggettivi
e uniformi, ai fini dell’accesso alle scuole di
specializzazione (da estendere per il Corso
di Laurea in Medicina e Chirurgia).
anticipazione nel contesto del Corso
di Laurea in Medicina e Chirurgia del
tirocinio professionalizzante dell’esame
di stato (laurea professionalizzante) e
rendere abilitante il concorso di accesso
alla specializzazione (e il concorso annuale
per l’accesso al corso specifico di medicina
generale): i vincitori del concorso e i non
vincitori, purché superino una soglia
minima, conseguirebbero l’idoneità
all’esercizio della professione.
Tale sistema permetterebbe di abbreviare
i tempi medi di accesso alla professione
medica in Italia.
Trapani ricorda poi che «un altro
problema è la rete formativa delle scuole
di specializzazione che, ai sensi della
normativa vigente, dovrebbe aprirsi
anche alle strutture non universitarie,
pubbliche e private, in modo da offrire un
numero di prestazioni atte a soddisfare una
soddisfacente formazione tecnico-pratica.
Purtroppo, molte scuole si sono adeguate
soltanto sulla carta a tali incombenze e,
laddove invece si fossero adeguate in
concreto, non risultano chiare le modalità di
impegno dello specializzando che dovrebbe
essere posto nelle condizioni di ruotare
all’interno della rete formativa secondo un
programma ben definito. Questo aspetto
andrebbe quindi regolamentato per fare
sì che lo specializzando non si “nutra”
solo di teoria, ma possa fare la pratica
richiesta, che è fondamento di una realeprofessionalizzazione.
Gli specializzandi, di contro, spesso
vengono trattenuti nei Policlinici
universitari per vicariare la carenza di
personale strutturato.
Al fine di superare le predette criticità, il
S.I.G.M. chiede che si provveda a una reale
implementazione della rete formativa,
che dovrebbe aprirsi tanto alle aziende
ospedaliere, quanto ai vari presidi di
cura del territorio: in tal modo si avrà un
incremento dell’offerta formativa con un
ottimale rapporto tra casistica e medici
in formazione, oltre che mettere nelle
condizioni il giovane medico di essere
preparato a operare in tutte le articolazioni
del SSR, a cominciare dal territorio che,
in risposta all’incremento del bisogno di
salute ascrivibile alle patologie croniche,
cronico-degenerative e invalidanti, offrirà
maggiori sbocchi occupazionali».
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INTERVISTA
Formazione post laurea«È il momento in cui i nodi vengono al
pettine per i giovani medici – dichiara
Trapani che prosegue. – La tendenza che
si sta consolidando è quella di offrirecontratti a tempo determinato o rapporti
di lavoro che alimentano un vero e proprio
regime di precariato; ciò per consentire alle
Aziende Sanitarie di risparmiare e restare
nei budget assegnati. L’errore concettuale è
proprio quello di non investire sui giovani,
che rappresentano invece il futuro del
sistema sanitario nazionale. Il momento
attuale infatti vede l’adozione di contratti
libero professionali molto flessibili,
della disoccupazione/sotto-occupazione
giovanile trattenendo i migliori, anche se in
alcune regioni c’è il blocco delle assunzionie in altre ci sono difficoltà economiche;
quando infatti il sistema scoppierà, le
regioni, a fronte dei pensionamenti, prima
o poi dovranno assumere qualcuno (salvo
affidare tutto ai privati), con il rischio di
privilegiare la quantità a scapito della
qualità.
Il S.I.G.M., per evitare il ripetersi di
questi fenomeni, punta sulla corretta
programmazione, quali-quantitativa, del
fabbisogno di professionalità specialistiche
e specifiche di medicina generale. In
risposta alla prospettiva di una carenza di
professionalità mediche, il Ministero della
Salute, dopo aver concordato col MIUR
un incremento dell’offerta formativa delle
Facoltà Mediche, applicato in itinere nel
corrente anno accademico, ha adoperato
l’unico strumento di cui dispone a tal
proposito, predisponendo al punto 1.6
“Risorse Umane del SSN” dello schemadi Piano Sanitario Nazionale (PSN)
2011-2013, l’innalzamento dell’attuale
contingente dei contratti per la formazione
specialistica dei medici, pari a 5000, che si
può realizzare solo attraverso un aumento
delle risorse», peraltro in recepimento delle
esigenze prospettate dalle Regioni negli
ultimi tre anni. Il nostro Segretariato, pur
riconoscendo la validità di tale iniziativa,
ritiene che sia indispensabile, al contempo,
dotare da subito gli Assessorati Regionalidella Sanità di strumenti ulteriori, utili a
esercitare una piena governance della
dotazione di professionalità mediche,
superando il ricorrente stato emergenziale,
e magnificando la dimensione regionale
alla luce delle innovazioni introdotte dalla
devoluzione in ambito di Sanità. Il S.I.G.M.
ha avanzato nelle sedi Istituzionali la
proposta di istituzione di un Osservatorio
Nazionale sulla Condizione Occupazionale
contratti limitati a sei mesi, uno o due
anni al massimo, mentre si registra una
sola assunzione a tempo indeterminato a
fronte, mediamente, di tre pensionamenti.
Siffatta gestione delle risorse umane,oltre a non dare stabilità esistenziale ai
giovani medici che hanno affrontato
enormi sacrifici e investimenti per la loro
formazione, crea l’effetto paradosso di non
favorire il trasferimento delle conoscenze
tra i professionisti più attempati, che
presentano un prezioso bagaglio di
esperienze, e i giovani». Trapani ricorda
inoltre che «Stato e regioni dovrebbero
porgere maggiore attenzione al fenomeno
Nato dalle radici del S.I.M.S., Segretariato Italiano Medicie Specializzandi, si pone all’attenzione della comunitàmedica come realtà associazionistica (no profit) il cui scopoè dare un contributo qualificante alla formazione dei giovanimedici, ai profili etici e sociali della professione medica,alla crescita intellettuale, professionale, deontologica dellenuove classi mediche. Obiettivo del S.I.G.M. è di affermareun modello di medico che abbia padronanza della propriaprofessione in ogni condizione, oltre i confini geografici eculturali, aprendosi al confronto con le realtà assistenzialiinternazionali senza trascurare il miglioramento del
contesto nel quale opera. In quest’ottica il Segretariato offre ai propri iscritti servizi in
termini di formazione, occasioni di lavoro e perfezionamento in Italia e all’estero, di accessoalla ricerca scientifica, curando una corretta informazione e formazione sugli aspettitecnico-legislativi e intervenendo attivamente e criticamente sulle politiche sanitarie,professionali e previdenziali. Il S.I.G.M. ha inoltre prodotto il primo “Manuale del GiovaneMedico” con tutte le informazioni per quanti si affacciano alla professione, e la rivista sulweb “Capsula Eburnea” che pubblica articoli scientifici originali su argomenti di medicina,biomedicina, biotecnologie mediche, scienze motorie e psicologia medica. Il Segretariatoha anche realizzato la rivista “Giovani Medici”, periodo di informazione a carattere tecnicoprofessionale per giovani medici e professionisti della sanità a distribuzione nazionaleL’assetto organizzativo del Segretariato, ramificato sul territorio in sedi locali e provinciali,prevede un’articolazione in Dipartimenti autonomi ma coordinati da un direttivorappresentativo delle differenti specificità. Attualmente il Segretariato è presente in 27 sedidistribuite sul territorio nazionale. Il S.I.G.M., da Statuto, ha individuato la FNOMCeO e gliOrdini Provinciali dei Medici e Odontoiatri quali referenti istituzionali e modelli organizzativicui ispirarsi. Inoltre, i responsabili del Segretariato curano la gestione della moderazionedel Forum dei Giovani Medici, spazi tematici a libero accesso e luoghi di incontri virtuali(www.giovanemedico.it).
CARTA D’IDENTITÀ DEL S.I.G.M.
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INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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dei Giovani Medici, e di omologhi
Osservatori Regionali che insistano presso
gli Assessorati Regionali della Sanità,con il compito di rilevare e analizzare
quantitativamente e qualitativamente il
fabbisogno di professionalità mediche,
svolgere attività di monitoraggio
sull’andamento occupazionale dei medici
e proporre interventi ai Policy Makers.
L’idea si fonda sul portare a regime un
sistema integrato di flussi informativi
occupazionali, che metta insieme il dato
rilevato nel SSN attraverso le Regioni e
le banche dati FNOMCeO e delle Casse
previdenziali (ENPAM, INPDAP, INPS),
nonché un ulteriore dato relativo al
flusso di professionisti in incoming and
outgoing. Gli obiettivi sono ambiziosi:
ottenere un quadro completo e aggiornato
dei medici in attività sul territorio
nazionale, documentare eventuali carenze
di professionalità e pianificare azioni
adattative in funzione del bisogno di
salute, che è in continuo divenire. Inoltre,tale sistema, se opportunamente messo a
rete, potrebbe espletare una funzione di
raccordo tra le Regioni al fine di monitorare
le eventuali carenze o eccedenze di
professionisti sulla base delle quali definire
politiche di mobilità a garanzia di un
maggior equilibrio a livello nazionale».
«Altro settore in cui sarebbero opportuni
degli interventi – sottolinea Trapani – è
quello del privato. Circa l’occupazione nelle
strutture sanitarie private, si dovrebbeavviare, su base regionale, un monitoraggio
dell’impiego dei giovani medici: è noto,
infatti, che esistono dei casi di prestazioni
professionali mediche sotto retribuite. Si
tratta di segnalazioni provenienti da giovani
colleghi, i quali lamentano l’assenza di un
tariffario ben definito per le prestazioni
erogate nel privato. Siamo a conoscenza di
retribuzioni pari anche a sette euro l’ora! Si
tratta di cifre scandalose, se si tiene conto
dell’investimento dei giovani medici in anni
di formazione, a cui si sommano i costi per
la copertura assicurativa. A tal propositochiediamo che sia la Regione che l’Ordine
dei Medici prendano una posizione».
Il quadro prima rappresentato rende
ragione del trend in ascesa del numero
di giovani medici italiani, tra questi i più
motivati, che decidono di trovare asilo
professionale presso altri Paesi, e talora di
completare o addirittura intraprendere il
percorso formativo post laurea. Quadro
che viene confermato dai dati preliminari
di un questionario sulla condizione
occupazionale dei giovani medici, che il
S.I.G.M. sta somministrando attraverso
il Portale dei Giovani Medici (www.
giovanemedico.it ). Si stanno delineando
i contorni di una vera e propria fuga di
cervelli in sanità. Altri sistemi sanitari,
infatti, peraltro in sofferenza per carenza
di medici, garantiscono il raggiungimento
in tempi molto più brevi di maturità e
autonomia professionale, unitamente amaggiori possibilità di progressione di
carriera quanto di arricchimento sociale e
umano. Altri Paesi, dunque, in mancanza
di interventi urgenti, si avvarranno di
professionalità mediche formate a spese
dello Stato Italiano e delle rispettive
famiglie. Non si tratta, quindi, di una
mera questione economica, per quanto
gli stipendi per i medici in Paesi quali la
Francia, il Regno Unito e la Germania
siano molto più sostanziosi. È lecitoperaltro interrogarsi sulla provenienza
delle professionalità mediche a cui il nostro
Paese dovrà ricorrere in futuro, a fronte
della carenza prospettica di medici italiani.
Affrontare i cambiamenti
nella sanità
Martino Trapani ribadisce che «la sanità
sta cambiando e, cambiando la sanità,
noi giovani medici possiamo essere
l’opportunità per approdare a questo
cambiamento, anche sotto il profilo
culturale; il passaggio principale non è
saper solo fare la propria professione, ma
bisogna anche essere mentalmente aperti,
più disponibili alle conoscenze informatiche
e al cambiamento della società. Il vecchio
management di una volta non c’è più
e, almeno a livello ospedaliero, tutti si
interfacciano con la tecnologia sempre più
avanzata che offre la possibilità di diagnosi
più certe e di terapie migliori. A livello di
Medicina di base, quindi territoriale, si stainiziando un percorso simile e già se ne
vedono i risultati con i certificati medici
on line e, a breve, anche la ricetta on line.
Si tratta in parte di un progetto in fieri
che andrà ampliato sul territorio. I nodi
centrali che la politica deve affrontare sono
le risorse destinate alla salute pubblica,
la promozione di salute e prevenzione,
l’assistenza agli anziani e ai cronici, la
medicina territoriale, la motivazione
e il ruolo dei medici. La strategia èquella del cambiamento graduale, del
«miglioramento a piccoli passi, evitando
inutili e pericolose decisioni di vertice e
‘riforme’ dei sistemi, spesso utopiche, mal
studiate e mal gestite». Quindi nessuna
rivoluzione azzardata, basata su «grandi e
repentini cambiamenti senza una accurata
valutazione preventiva dei vantaggi e degli
svantaggi», ma piuttosto un percorso
ponderato e serio.n
Martino
Massimiliano
Trapani, vice
presidente del
Segretariato
Italiano Giovani
Medici (S.I.G.M.),
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STORIE DI MEDICI
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Maria Cristina Parravicini
Tre giovani, tre storie diverse
Dal contratto libero professionale del giovane neo-specializzatoin Chirurgia Generale, alla penuria di pazienti per l’Odontoiatra,alla farmacista… se non c’è la bottega di famiglia
Il chirurgo«I contratti di lavoro che ci vengono offerti
dalle aziende ospedaliere lombarde – dichiara
A. D., neo-specializzato in Chirurgia
Generale e attualmente con un contratto di
collaborazione a termine in una struttura
universitaria lombarda – sono di tipo libero
professionale, cioè come consulenti esterni;
mi risulta però che la Regione Lombardia
abbia intenzione di tramutarli in contratti
con assunzione a tempo determinato. Tra
l’altro i contratti libero professionali spesso
prevedono solo lo svolgimento di alcune
specifiche attività: ad esempio un giovane
medico può essere assunto in un reparto di
chirurgia limitatamente al Pronto Soccorso,
vedendosi così preclusa la possibilità
di svolgere l’attività di reparto e di sala
operatoria, limitando quindi enormemente
la sua crescita professionale. Accade perciò
che, arrivati al termine della specialità, si
resti per almeno tre o quattro anni in una
situazione precaria, con un contratto libero
professionale semestrale o annuale che non
prevede tutele quali maternità, malattia e
ferie. Questo tipo di situazione spesso si
perpetua per diversi anni, rimandando il
raggiungimento di una solida preparazione
chirurgica spesso sino oltre i quarantacinque
anni circa. Dopo tanta attesa diventa quindi
difficile lasciare spazio ai più giovani!».
«La realtà libero professionale, come tipo di
contratto – prosegue A.D. – non da nessundiritto, nel senso che si dovrebbe lavorare
per 40 ore la settimana, ma in realtà non è
così e ci si ritrova regolarmente a lavorare
per 60-70 ore la settimana, alla mercé delle
necessità dell’ospedale nella speranza di
arrivare prima o poi a un’assunzione vera e
propria, come avviene per qualsiasi laureato
quando fa uno stage. Ma la differenza è che
noi abbiamo alle spalle sei anni di specialità,
con tempi che si dilatano, dai venticinque
anni degli altri laureati, ai nostri 32/33 anni.
Quanto poi alla remunerazione, i contratti
professionali hanno una scarsa incidenza
sulle casse dell’ospedale perché lo stipendio
è inferiore rispetto a quello di un’assunzione
a tempo indeterminato. In realtà il paragone
non è tanto sul tipo di contratto, quanto se
mai si relaziona alle ore effettivamente svolte
durante il giorno/settimana; spesso infatti si
verifica che il tempo giornaliero si dilati alle
9/10 ore, alle notti e ai weekend senza termini
di confronto con altre professioni».
«Anche la qualità della vita per chi sceglie
la chirurgia – sottolinea A.D. – risulta essere
molto condizionata dai carichi di lavoro che
sono maggiori rispetto ad altre specialità.
Aspetto, questo, che a sua volta si riflette
sul numero sempre più scarso di giovani
che decidono di intraprendere il percorso
della chirurgia. Se quindi una volta c’era la
corsa a fare il chirurgo, oggi questa corsa
sta rallentando per una serie di ragioni che vanno dai carichi di lavoro e responsabilità
che si riflettono sulla qualità della vita, al
sistema vigente in Italia che di soddisfazioni
personali ne elargisce pochine e, non ultimo,
ai contenziosi medico-legali che a loro volta
hanno il loro peso sulla qualità stessa del
lavoro. Io per esempio, come del resto i miei
colleghi, nello svolgimento della professione,
in particolar modo quella di Pronto Soccorso,
mi trovo molto spesso a praticare la
cosiddetta medicina difensiva».
Quanto alla scelta della specialità, secondo
A.D. «molti giovani, quando si trovano
a prendere la decisione sulla specialità
da intraprendere, basano la scelta
anche sull’idea che nella professione del
chirurgo venga a mancare il rapporto
medico- paziente. In realtà, a mio avviso,
è esattamente il contrario nel senso che
il rapporto che il chirurgo instaura con il
paziente è sì più breve, ma estremamente
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STORIE DI MEDICI
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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più intenso perché fondamentalmente, salvo
patologie particolari, mentre l’internista
somministra una terapia farmacologicache il paziente si limita ad assumere, nel
nostro caso il paziente si deve fidare della
persona che lo opera. Certamente i ritmi
imposti impediscono di sedersi al letto del
paziente per poter interagire maggiormente
con lui. Aggiungo poi che durante le
visite ambulatoriali, spesso si hanno a
disposizione solo pochi minuti a paziente;
questo significa che, in quel tempo limitato,
lo dobbiamo visitare, spiegargli quello
che deve o non deve fare, mentre in realtà
sarebbe meglio – anche a nostra tutela –
avere un tempo maggiore per esporre con
chiarezza i problemi che deve affrontare.
Ma non sempre questo tempo è sufficiente.
Ovviamente poi, sia che si tratti di un medico
internista o di un chirurgo, tutto sta alla
sua disponibilità e professionalità». Circa
le modalità di ammissione alla scuola di
specialità, A.D. ritiene che «il sistema dei
test sia un po’obsoleto perché ci obbliga astudiare cinquemila possibili quesiti quando
poi ce ne ripropongono novanta; basterebbe
quindi essere un novello Pico della
Mirandola e il risultato, nella prova scritta,
sarebbe il medesimo. La prova orale/pratica
normalmente consiste in una domanda
aperta su un caso clinico o un colloquio
orale ed è quindi più idonea per valutare le
competenze del singolo. Purtroppo però,
il percorso formativo durante gli anni
di specialità non risulta essere tracciatocon precisione. Al conseguimento della
specializzazione, i neospecialisti risultano
far parte di una classe estremamente
eterogenea per competenze sviluppate e
capacità chirurgiche acquisite: la formazione
è fortemente condizionata dalla sede in cui
viene svolta e spesso lasciata all’iniziativa
personale e, comunque, certamente al di
sotto della media europea.
All’interno degli Ordini dei Medici si sono
dunque formate “Commissioni Giovani
Medici” che cercano di occuparsi di una serie
di problematiche che vanno dai contenziosidi carattere medico-legale alla formazione,
cioè la possibilità compiere un percorso
formativo.
Quanto al futuro prossimo, l’attuale
situazione potrebbe in teoria rivelarsi
favorevole per noi neo-specializzati perché
sono in atto molti pensionamenti e,
parallelamente, sono pochi i chirurghi che
si stanno formando; in realtà l’evoluzione
in positivo favorirà i giovani che verranno
dopo di me (che adesso ho trent’anni), perché
saranno quelli che beneficeranno di più della
mancanza di chirurghi. Questo significa
che se io sarò professionalmente pronto a
trentacinque anni, loro lo dovranno essere
da subito».
Altro problema è quello della fuga di cervelli.
Per A.D. «il senso di precarietà che ha indotto
molti giovani a cercare lavoro fuori dai
confini nazionali è comune anche ai medici
neo-specializzati, chirurghi inclusi, che siritrovano - a trent’anni - a dover indovinare
il proprio futuro in uno scenario dalle
molteplici sfumature. Certamente la tendenza
ad andarsene c’è, componente economica a
parte. Non è vero infatti che i giovani italiani
sono bamboccioni (secondo la definizione
dell’allora Ministro Padoa Schioppa, n.d.r.);
io ho constatato che appena le borse di
studio per gli specializzandi sono passate da
800 euro a 1700, il numero di giovani che si
sono sposati da specializzandi è aumentato vertiginosamente. Questo significa che
non si resta a casa perché si è mammoni,
ma perché non ci si può permettere altro.
Lo stesso discorso vale per dopo: se ho un
contratto precario, come posso comperare
una casa, decidere di avere una famiglia?
Com’è possibile che un individuo adulto
possa gettare delle solide basi per costruirsi
un futuro? È ovvio che bisogna aspettare,
magari anche quattro o cinque anni».
A. D. conclude sottolineando che «sarebbe
il caso di regolamentare maggiormente
il percorso di formazione, e in seguito di
assunzione, dei giovani medici così da
garantirci un futuro migliore e un presente
più solido. Questo ci permetterebbe di
svolgere la nostra professione con maggiore
serenità, senza dimenticare che i «fruitori»
della nostra attività non sono beni materiali,
ma persone! È solo basandoci su una realtàlavorativa, e più strettamente professionale,
più solida che possiamo aiutare i pazienti a
trovare la forza di affrontare serenamente e
con fiducia la malattia».
L’odontoiatra
L.C. odontoiatra ventottenne così si
racconta: «Mi sono iscritto alla Facoltà di
Odontoiatria su consiglio di amici di famiglia
e di colleghi; non avendo comunque parenti
nel settore, Odontoiatria rappresentava perme, nell’ambito delle diverse specializzazioni
della medicina, quella che mi era più
consona e che, in prospettiva, mi conferiva la
possibilità di gestirmi, in tempi ragionevoli,
in maniera autonoma. Per quanto riguarda
in termini concreti il mondo del lavoro,
va subito detto che, per un odontoiatra, le
possibilità di inserimento nelle strutture
pubbliche (interesse accademico a parte)
sono pressoché inesistenti per mancanza,
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STORIE DI MEDICI
salvo in pochissimi casi, di offerta. Esistono
poi dei centri convenzionati con le ASL,
gestiti fondamentalmente dagli investitori,
che sono delle vie di mezzo tra gli ospedali
e il privato. Inoltre, aggiungo che i bandi/
concorsi per accedere nelle ASL come medici
strutturati non sono per niente pubblicizzati».
Per quanto riguarda in particolare le scuole
di specializzazione, L.C. ricorda che «sono
fondamentalmente due, cioè chirurgia orale/ implantologia e ortodonzia che presentano
a loro volta notevoli difficoltà di ingresso.
Passa cioè il principio che ci entrano sempre
gli stessi… e il problema non è tanto
quello della scarsità dei posti banditi che
sono sufficientemente orientati al mercato
della domanda e dell’offerta. Il problema
dell’ingresso è sempre lo stesso e cioè che
non si entra su basi meritocratiche.»
Abbandonata quindi la possibilità di
svolgere la professione in una strutturapubblica, chiediamo a L.C. quali ostacoli
deve affrontare un giovane odontoiatra che
decide di aprire uno studio: «Gli ostacoli
sono tanti ma, anche se sono giovane, l’idea
di poter lavorare in un mio spazio, magari
in collaborazione con un collega, la sto
prendendo in considerazione. Quanto agli
ostacoli, primo in assoluto è l’investimento
iniziale sia per poter avere una struttura
moderna e tecnologicamente competitiva sia
anche nel nostro settore, ma chi il lavoro
lo offre pretende da subito un «prodotto
finito», cioè un odontoiatra con esperienzae totalmente indipendente nel suo lavoro.
Nessuno ha il tempo e forse neanche la
voglia di accompagnarti in un percorso di
crescita. Per buona pace della maieutica».
Il farmacista
Quali sono le aspettative di un giovane
neolaureato in Farmacia che non abbia le
spalle coperte dalla “bottega di famiglia”?
La risposta non è, come ci si aspetterebbe,
quella di un futuro incerto, al limite della
sottoccupazione/disoccupazione ma, come
raccontaR.R., classe 1978, dipendente in
una farmacia di Milano «in riferimento alla
realtà di Milano l’aspettativa è quella di
trovare lavoro facilmente; si tratta infatti di
una Facoltà in cui, per quello che è l’ambiente
lavorativo, c’è una certa disponibilità alle
assunzioni da parte delle farmacie, almeno
fino a qualche mese fa. Attualmente mi capita
di parlare con alcuni colleghi che hannodeciso di cambiare, perché la crisi si fa sentire
anche nel nostro settore (anche se qualcuno
qui ci gioca con la finalità di proporre
contratti meno vantaggiosi per il dipendente,
vedi stage). È anche vero però che le nuove
disposizioni di legge (Legge 69/2009, art. 11)
che allargano le competenze territoriali delle
farmacie a servizi erogati fin ora solo dal
SSN, porteranno, in prospettiva, all’ingresso
di nuovi collaboratori che potrebbero trovare
spazio nell’ambito dei servizi aggiuntiviprevisti». Circa l’altro punto dolente, che
per la maggior parte dei giovani laureati
è quello delle retribuzioni, R.R. aggiunge:
«personalmente ho avuto un percorso molto
lineare. Ho incominciato con un contratto a
tempo determinato che, come da promessa, è
stato convertito a tempo indeterminato. So di
colleghi a cui oggi viene proposto uno stage,
come purtroppo accade per la maggior parte
dei neolaureati, indipendentemente dalla
per poter rientrare nei parametri di sicurezza
e affidabilità giustamente richiesti dalle ASL,
e si tratta di un problema certamente di nonpoco conto. A seguire la capacità, nel senso
che il piccolo studio monoprofessionale è
ormai in decadenza a tutto vantaggio dei
grandi studi associati o multispecialistici;
tutto questo evidentemente non invoglia
ad aprire uno studio in proprio sia per
l’impegno in termini economici, sia per il
numero dei potenziali pazienti. Si tratta di
una realtà che ho verificato in prima persona
frequentando nel tempo diversi studi, e di
questi, in crescita, ne ho visti veramente
pochi». Venendo ad altri problemi concreti,
come l’incidenza dei premi delle polizze
assicurative parallelo, per altro, al costante
incremento dei contenziosi medico-legali,
L.C. dichiara che «il costo dell’assicurazione
non grava particolarmente su un principiante
in quanto godiamo di particolari agevolazioni
(polizze triennali) con massimali molto alti,
e questo di per sé è una buona cosa, mi fa
sentire ben tutelato». Per restare all’attualitànostrana e alle altissime percentuali di
disoccupazione/sottoccupazione tra i
giovani neolaureati con la conseguente fuga
all’estero di tanti “cervelli”, chiediamo a L.C.
se questo problema riguarda anche i giovani
odontoiatri. «Per quanto ne so io sono molto
pochi i colleghi emigrati altrove; so di alcuni
che hanno frequentato corsi, master o
comunque specialità post laurea all’estero,
ma che se ne siano andati definitivamente ne
conosco solo un paio, entrambi in Inghilterra. Vorrei però concludere con un’osservazione
che riguarda il disagio che ho vissuto anch’io
nei primi anni di lavoro. Non dico che
l’Università non prepari a sufficienza, ma non
accompagna adeguatamente all’ingresso nel
mondo del lavoro, nel senso che c’è distanza
tra teoria e pratica e, come sento da colleghi
più anziani, c’è poca pazienza nei confronti
dei giovani. Di lavoro, purtroppo non ce n’è
tanto perché, come si sa, la crisi si fa sentire
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STORIE DI MEDICI
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Facoltà di provenienza».
Quanto alla possibilità per i laureati in
Farmacia di avviare una attività in propriocon l’apertura di una parafarmacia, come
previsto a suo tempo dal Decreto Bersani,
R.R. ritiene che «sicuramente creare la
concorrenza permette di aumentare il
numero dei posti di lavoro; d’altro canto
non so dire se questo tipo di soluzioni possa
mettere in crisi altre realtà, cioè la farmacia
nella sua accezione storica, perché il bacino
di utenza, numericamente, rimane lo stesso.
Certamente la presenza delle parafarmacie
nelle grandi città ha consentito una buona
concorrenza sui prezzi dei farmaci da banco,
nello stesso tempo però sarebbe impensabile
una parafarmacia in realtà urbane di
dimensioni modeste perché non avrebbe
sufficienti margini di guadagno. Inoltre, per
un giovane che dalla sua ha la sua laurea e le
sue scarse o nulle possibilità di investimento,
la parafarmacia potrebbe rappresentare
una soluzione, se non altro perché i costi di
avviamento non sono neanche lontanamenteparagonabili a quelli di una farmacia che
resta una chimera».
Ma di fronte alla “chimera”, la farmacia,
quella con la F maiuscola, quali gli auspici di
R.R.? «Non è una domanda facile perché, in
base a quello che mi è dato sapere, la realtà
ci dice che per comperare una farmacia
ci vogliono tantissimi soldi e, per chi non
ha questa fortuna ed è costretto a fare un
investimento, magari a lungo termine,
il rischio potrebbe essere rappresentato
da liberalizzazione delle licenze, con la
conseguente possibilità che apra un’altra
farmacia, a una distanza inferiore ai 200 metri
attualmente previsti; questo evidentemente
comporterebbe una caduta del proprio
fatturato e l’impossibilità di rientro
nell’esposizione patrimoniale».
Scartato o momentaneamente accantonato
per una ragione o per l’altra il lavoro
autonomo, non rimane che vedere se la
soluzione apparentemente più logica, cioè
quella del lavoro come dipendente in una
farmacia, vada bene così come è. «Sono un
po’ diviso su questo aspetto. Al momento,
avendo acquisito una buona esperienza,
mi piacerebbe pensare di potermi mettere
in proprio. Ma se lo volessi fare, dovrei
ricorrere a un prestito…e se ci dovesse essere
la liberalizzazione? Il rischio è quello che ho
espresso poc’anzi, anche se l’impossibilità
di vedermi proiettato in una realtà mia si
scontra con il mio desiderio di libertà. Nello
stesso tempo mi metto nei panni di chi ha
voluto rischiare stando alle vecchie regole
previste almeno nelle città (200 m. di distanza
tra una farmacia e l’altra , n.d.r.)».
Se il problema dei giovani neolaureati
oggi è quello di guadagnare ai limiti della
sopravvivenza e della dignità professionale,
R.R. dichiara: «se guardo ai giovani farmacisti
che si affacciano oggi al mondo del lavoro
credo che faranno fatica per un po’. Se invece
guardo alla mia realtà, rispetto soprattutto
ad amici e conoscenti, mi posso ritenere
“fortunato” e non perché la retribuzione
sia particolarmente congrua, ma perché è
certamente superiore alla media rispetto ad
altre professioni, anche se non è certamente
proporzionale ai guadagni di una farmacia.
Alla luce della mia esperienza, consiglierei
comunque a un giovane che si appresta a
iscriversi all’università di optare per Farmacia
perché il lavoro che facciamo è di grande
soddisfazione professionale: basti pensare
al rapporto umano che si viene a creare con
tanti clienti!».n
LIBERA PROFESSIONE: QUANDO I CONTRATTICAPESTRO NON HANNO ETÀ
G. L. T. cinquantadue anni, medico di base e libero professionista, riferisce che «mi è stato propostodi prestare la mia opera libero professionale presso una Casa di Riposo con un tariffario, ad aliquotaoraria, pari al 30% in meno rispetto a quella di un infermiere. Si tratta di una situazione a cui è difficileporre rimedio perché tanti colleghi la subiscono come una ovvietà. Ed è questo l’aspetto che più miaddolora. Sarebbe auspicabile infatti che tutti i colleghi si impegnassero se non altro nella difesa delladignità professionale, perché non si tratta solo del loro lavoro, ma della dignità di tutta la categoria giàpesantemente tartassata da una serie di decreti, in primis il decreto Bersani che ha tolto il tariffarioesponendoci ai “ricatti”, soprattutto da parte dei privati il cui fine ultimo è il solo profitto. Da qui lamancanza di scrupoli nel proporre tariffari mortificanti». Sulle ragioni per cui un infermiere percepisce unatariffa oraria pari al 30% in più rispetto a quella di un medico, G. L. T. aggiunge: «a mio avviso la ragionerisiede nel fatto che è più difficile trovare infermieri che medici per cui, davanti alla logica di mercatodella domanda e dell’offerta, le strutture private (soprattutto quelle per anziani) si adeguano. È evidente
che una situazione come questa è il medico per primo a doverla rifiutare: nella realtà mi trovo da solo adaffrontarla». «Quello che mi amareggia – prosegue G. L. T. – è che gli altri colleghi, quelli che accettanopiù o meno supinamente questa situazione, non sono giovani neo-laureati ma colleghi della mia età chelavorano nella Casa di Riposo come me da vent’anni. Di colleghi giovani infatti non ne ho mai visti, sia pergli effetti del numero chiuso alla Facoltà di Medicina, sia perché, magari giustamente, hanno altri interessi.Restano i colleghi extracomunitari che, per necessità, accettano qualsiasi compromesso».Quanto alla tariffa oraria, G. L. T. ricorda che «se prima le aliquote erano “dignitose”, nel corso degli ultimidue anni si è verificato un picco in discesa grazie al menzionato decreto Bersani. Vista quindi l’impossibilitàdi un’azione corale con i colleghi a tutela della nostra dignità professionale, ho deciso di presentare unesposto all’Ordine dei Medici perché intervenga. Le strutture private fanno ovviamente i loro interessi, mal’Ordine deve tutelare la dignità professionale che è un patrimonio di noi tutti. Il mio esposto all’Ordinesi rifà alla mia esperienza personale in una Casa di Riposo di Milano; vorrei però aggiungere che sono aconoscenza di situazioni altrettanto discutibili che riguardano strutture private convenzionate di Milano incui lavorano dei colleghi con contratti non solo annuali, ma anche bassi sotto il profilo retributivo, con tutto
quello che questo comporta in termini di incertezza per il posto di lavoro e la qualità della vita».
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INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Pierluigi AlteaChirurghi, come superare
la crisi vocazionale
«A
Abbiamo chiesto a Giancarlo Roviaro le ragioni che hannoportato questa disciplina a divenire meno attrattiva e lesoluzioni proposte da chi nel 1991 realizzò in anteprimamondiale un intervento oggi considerato il “gold standard”in oncologia
ttualmente negli USA
più di 500 ospedali non
hanno chirurghi nei loro
staff e gli abitanti di 925 contee non hanno
accesso locale alle cure chirurgiche. I
chirurghi degli ospedali periferici stanno
diventando progressivamente più vecchi, e
allorché vanno in pensione, pochi giovani
chirurghi hanno intenzione di sostituirli».
Solo le parole pronunciate nell’ottobredel 2009 dal Presidente dell’American
College of Surgeons, all’inaugurazione del
Congresso di questa che con oltre 80.000
fellows è la più grande società scientifica del
mondo. La situazione italiana, per fortuna,
fa sapere Giancarlo Roviaro, professore
Ordinario di Chirurgia e direttore della
Scuola di Specializzazione in Chirurgia
Generale dell’Università Statale di Milano,
una delle più importanti d’Italia, non è così
drammatica, anche se i segnali non sonoincoraggianti. Basti pensare che a Milano,
peraltro una delle realtà più felici per la
chirurgia italiana, quest’anno all’esame
di ammissione hanno partecipato solo 35
candidati: un numero in progressivo calo
rispetto al passato. Quali sono le ragioni
di questa disaffezione? Quali conseguenze
porterà? Lo abbiamo chiesto a chi la
chirurgia la pratica da tempo e proprio
quest’anno festeggia un’importante
ricorrenza (vedi box) che dovrebbe far
riflettere, soprattutto i giovani, sul valore e
sull’utilità sociale di questa professione.
Professor Roviaro, perché i giovani
oggi sembrano meno interessati alla
chirurgia rispetto ad un tempo?
È difficile dirlo. Certamente, alla base
di questa disaffezione vi sono fattori
socioeconomici, ambientali e culturali. Laprofessione del chirurgo non è più vista
come «economicamente attraente»: per
questo vengono preferiti corsi di laurea
con periodi di studi più brevi, che possano
garantire un inserimento più rapido nel
mondo del lavoro, che non prevedano turni
così stressanti e impegni lavorativi che assai
sovente scardinano il menage famigliare.
Nelle regioni del Nord Italia, i giovani
sono più attratti da facoltà che gravitano
nel mondo economico o del terziario:Economia e commercio, Ingegneria,
Giurisprudenza etc. Nelle regioni del Sud,
invece, la professione del medico e anche
quella del chirurgo hanno ancora una
loro attrattiva, sebbene non sia facile poi
per un giovane trasferirsi al Nord. Tra le
cause che contribuiscono a determinare
questa disaffezione, poi c’è sicuramente la
medicina difensiva, sviluppatasi in questi
anni anche in relazione alla criminalizzazione
in generale della sanità italiana (la cosiddetta
«malasanità»). Nessun giornale però
riporta le decine di migliaia di interventi
eseguiti quotidianamente con successo nei
vari ospedali d’Italia, nessuno si ricorda
che l’OMS pone l’Italia, dopo il Canada,
al secondo posto come livello sanitario. I
mass–media sono solleciti nel riportare con
enfasi e drammaticità qualunque evento
letale possa verificarsi, soprattutto in
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INTERVISTA
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chirurgia, colpevolizzando tutta la categoria
dei chirurghi e dei medici in generale, la
malasanità appunto, senza però riferire
mai nulla quando i medici o i chirurghi
vengono prosciolti dalle accuse o dalle
criminalizzazioni…..
A quali conseguenze porterà questa
situazione?
In questo clima è inevitabile che la medicina
difensiva e così ancora più la chirurgia
difensiva diventino pratiche diffuse.
Numerosi sono gli esami diagnostici eseguiti
per evitare che un domani si possa dire «il
caso non è stato sufficientemente studiato».
Operazioni particolarmente complesse
rischiano di non essere eseguite per paura
di possibili e probabili complicanze, quasi
sempre fonte di contenzioso medico-legale.
Queste ed altre situazioni ormai ben note
a tutti sono e saranno sempre più limitanti
per l’operatore e, ciò che più importa,
di svantaggio per il paziente. Se lo stato
attuale non si modificherà, assisteremo ad
una progressiva riduzione di coloro che
ambiscono a diventare chirurghi, prima
nel Nord Italia e poi, progressivamente,
anche nel Sud del nostro Paese. Si potrà
anche verificare il trasferimento di
chirurghi dal Sud verso il Nord, ma le
Lo festeggia il prossimo autunno il professor Giancarlo Roviaro che nell’ottobre del1991, agli albori della chirurgia mininvasiva, con i suoi collaboratori eseguì in anteprimamondiale, in toracoscopia, una lobectomia polmonare per cancro del polmone el’asportazione di un timoma. Pochi giorni dopo l’intervento (eseguito dunque senzatoracotomia e senza stereotomia), i pazienti furono dimessi. Ai collaboratori Roviaro
raccomandò di tenere segreto il fatto: voleva prima confrontarsi con alcuni colleghistranieri. Invece, la notizia trapelò, fu trasmessa dal Tg1 e pubblicata in prima pagina sulCorriere della Sera, suscitando particolare interesse e sorpresa nel mondo chirurgico.Dopo pochi giorni, la ripresa televisiva di quegli interventi fu presentata a Chicago,all’American College of Surgeons, il più importante congresso di chirurgia al mondo. Il videosuscitò sorpresa, interesse, congratulazioni per l’abilità tecnica, ma superata questa fase,la comunità scientifica internazionale, e soprattutto quella italiana, definirono l’intervento“assurdo, pericoloso, non valido da un punto di vista oncologico”. «Erano affermazionigravissime – ricorda Roviaro – che avrebbero dovuto fermarci nel proseguire la nostraattività, ma, supportati da pochi colleghi europei e statunitensi, decidemmo di continuarenella nostra esperienza e, dopo due anni, in Texas presentammo la prima consistentecasistica di questi interventi. Eravamo giovani, pieni di entusiasmo, ci sembrava di esplorare
un mondo nuovo, con tante prospettive, pieno di novità. Le ostilità nei confronti di questotipo di chirurgia, soprattutto per quanto riguardava il cancro del polmone, durarono quasi10 anni: nel frattempo pochi altri centri nel mondo iniziarono questo tipo di chirurgia,ormai convinti della sua validità. Fino a non molti anni orsono la nostra casistica fu la piùcospicua nel mondo, finché all’inizio del 2000 anche i chirurghi statunitensi e giapponesiadottarono questa tecnica nel trattamento del cancro del polmone in stato iniziale». Nel2009 e nel 2010 i congressi della S.T.S. (Society for Thoracic Surgery), dell’AATS (AmericanAssociatione for Thoracic Surgery) in un amplissimo studio policentrico, stabilirono che lalobectomia toracoscopia per cancro del polmone iniziale era l’intervento “gold standard” eche tutti i parametri (complicanze, mortalità, sopravvivenza) erano superiori alla lobectomiaconvenzionale.
UN IMPORTANTE ANNIVERSARIO
PER LA CHIRURGIA ITALIANA
Il professor
Giancarlo Roviaro
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INTERVISTA
sperequazioni continueranno a sussistere.
Con la liberalizzazione della specialità e
con il riconoscimento della professione alivello europeo è stato ipotizzato l’arrivo di
chirurghi stranieri in Italia, anche se questo
non è ancora avvenuto. Accade invece il
contrario. D’altronde, i salari dei chirurghi
in Francia, Germania e in altri Stati europei
sono almeno due–tre volte quelli italiani,
risultando dunque di interesse per i giovani
chirurghi.
Cosa si sta facendo per arginare il
fenomeno? Come andrebbe affrontata la
questione?
Si è fatto poco o pressoché nulla. È
mancata una programmazione per il futuro,
pur sapendo che moltissimi chirurghi
presto andranno in pensione, lasciando
gli ospedali orfani di importanti bagagli
professionali e culturali. Oggi finalmente
qualcosa si sta muovendo, o almeno pare,
ma con i tempi biblici che occorrono in
Italia per modificare situazioni costituite,ho serie perplessità che tutto ciò possa
verificarsi in breve tempo. La costante
riduzione numerica delle nuove leve può
essere arginata solo da una maggiore
responsabilizzazione degli specializzandi, fin
dall’inizio della loro attività, ma soprattutto
da una riduzione drastica del contenzioso
medico–legale e della criminalizzazione
della categoria in genere. Non mancano
in alcuni Paesi europei esperienze positive
in questo senso. Recentemente il Ministrodella Salute e la Regione Lombardia
stanno prendendo in considerazione la
possibilità di attribuire una certa autonomia
agli specializzandi, dopo il 3° anno di
specializzazione. Sarebbe già qualcosa, ma
sono bizantinismi che dimenticano che la
parola «chirurgo», significa «colui che lavora
con le mani» e che la borsa di studio di
cui gode lo specializzando è per «chirurgo
in formazione», cioè per un medico
generazionali attualmente esistenti nei vari
reparti, dando ai giovani chirurghi maggiore
consapevolezza del proprio operato e del
proprio ruolo. Dopo la laurea, io ero ungiovane assistente chirurgo, oggi nei reparti
questi laureati, professionisti abilitati alla
professione, sono spesso definiti «studenti
di Chirurgia» o genericamente e in modo
limitativo “specializzandi”.
C’è tuttavia una nota positiva da
segnalare: i giovani che oggi,
nonostante tutto, accedono alla Scuola
di Specializzazione in Chirurgia
Generale sono particolarmente motivati. È vero?
Sì, è vero. Il giovane laureato in Medicina
e Chirurgia fa una scelta motivata,
responsabile ed è pieno di entusiasmo. E
debbo dire che questo entusiasmo dura
e aumenta in tutti i sei anni della Scuola. I
nostri giovani specializzandi ruotano nei
vari ospedali lombardi e stranieri della rete
formativa della scuola: i giudizi espressi nei
loro confronti dai primari degli ospedali, i
laureato e abilitato che sta acquisendo una
formazione chirurgica, e che merita pari
dignità, fiducia e responsabilità di quella
di cui gode nel resto d’Europa. Oggi,nella situazione legislativa attuale, sono
molto più numerose le attività proibite
allo specializzando di quelle concesse.
Quarant’anni orsono, invece, quando mi
laureai ed entrai nel novero degli assistenti
volontari che il Direttore della Clinica
Universitaria selezionava tra quelli che
frequentavano il reparto, partecipavo alle
guardie, alla sala operatoria, alla vita di
reparto: tutto ciò ovviamente avveniva
sotto diretta responsabilità del Direttore esotto la supervisione dei suoi collaboratori
più anziani. Ma allora non esisteva la
drammatica situazione medico–legale di
oggi, presente in nessun altro Stato europeo.
Credo che lo specializzando dovrebbe
tornare ad essere il «giovane assistente
chirurgo» del passato, con mansioni
di volta in volta attribuite in funzione
dei livelli tecnici conseguiti. In questo
modo si colmerebbero realmente i vuoti
È difficile dirlo, anche dando uno sguardo alla storia più recente. Negli anni ‘90 la chirurgiasubì mutamenti che nessuno avrebbe potuto prevedere. Interventi complessi, possibili solomediante ampie incisioni, laparotomiche o toracotomiche, cominciarono ad essere eseguiti,grazie al supporto di attrezzature sofisticate e a telecamere miniaturizzate, con incisioni dipochi millimetri. «All’inizio, l’establishment della chirurgia tradizionale - spiega GiancarloRoviaro - si oppose fortemente a questa nuova tipologia di chirurgia, che sconvolgeva tuttii canoni della pratica chirurgica. Ma la storia ha sempre dimostrato che le idee davveroinnovative sono inarrestabili». Quale sarà il futuro della chirurgia? «Non lo so – dice Roviaro– sono però convinto che dopo quanto avvenuto in questi ultimi decenni (oggi la quasi totalitàdelle colecistectomie, delle plastiche antireflusso, degli interventi per obesità, degli interventiper pneumotorace e per biopsie polmonari, e molti altri interventi, sono eseguiti con tecnica
mininvasiva e nella maggior parte dei casi sarebbe impensabile eseguirli diversamente), lanostra immaginazione e la nostra fantasia siano troppo limitate per poter prevedere il futuro.La genetica, la biologia, l’ingegneria molecolare ed altre scienze affini potrebbero introdurremetodiche e scoperte così importanti che i nostri successori, all’idea di come e perchéoperavamo certe patologie, soprattutto tumorali, potrebbero finire per sorridere».
COME SARÀ LA CHIRURGIA DI DOMANI?
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INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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loro tutors, sono sempre di grande encomio
ed è costante la richiesta di potere trattenere
questi giovani nei loro reparti per periodi
più lunghi di quelli previsti. Alcuni di questi
specializzandi, purtroppo non molti, hanno
potuto essere assunti nei reparti dove
avevano instaurato rapporti particolarmente
intensi e dove si erano fatti apprezzare per
le loro capacità. Sono persone che portano
una ventata di entusiastica gioventù che
rivitalizza equipe di età avanzata: ci sono
reparti, come il mio per esempio, in cui l’età
media dell’organico supera i 55 anni, con vuoti generazionali che non sono mai stati
colmati e per i quali il turn-over futuro si
presenterà difficile. Non dimentichiamoci
che per formare un chirurgo, completo,
in grado di affrontare con le sue proprie
forze e capacità tutte le situazioni possibili,
occorrono almeno altri 5-6 anni da che
è diventato specialista in chirurgia. La
durata della Scuola di Specialità è troppo
lunga, la legge italiana e le normative
delle varie Regioni sono estremamente
limitative nell’attribuire un’assunzione
di responsabilità: da molti anni, con altri
Direttori di Scuole di Specialità, stiamo
portando avanti questa istanza, senza però
avere ottenuto almeno per ora risultati
concreti. Ancora oggi stiamo discutendo
se il giovane Specializzando possa eseguire
interventi chirurgici in prima persona,
sempre con la supervisione di un tutor:
stiamo ancora discutendo su quanti tutorsdebbano essere presenti in sala operatoria
ad affiancare lo specializzando. L’entusiasmo
che caratterizza gli specializzandi diminuisce
alla fine della specialità, quando i giovani
si trovano di fronte muri difficilmente
superabili: dopo anni di training in
prestigiosi ospedali debbono accettare
guardie mediche, turni notturni in case di
cura, gettoni di prestazione in P.S. sparsi in
varie parti della Regione…
Sono numerose le difficoltà…
Sì, all’inizio lo specializzando in Chirurgia
vede nella «chirurgia» il sogno della sua
vita. Una volta, si diceva, fare il medico era
una missione. Oggi, superata la retorica
del passato, nella professione del chirurgo,
di ciò che si intendeva come missione è
rimasta solo la grande fatica nello svolgere la
propria attività che caratterizza i missionari
in terra di missione: turni snervanti,
notturni e festivi, carichi burocratici che
a volte superano, in termini di tempo,
l’impegno dedicato al paziente, minanol’entusiasmo e la professionalità. Gran
parte del lavoro del chirurgo dovrebbe
svolgersi in sala operatoria: il tempo restante
andrebbe dedicato alla vita di reparto e
agli ambulatori, a contatto con i pazienti.
Purtroppo, invece, il carico burocratico
imposto dalle normative vigenti riduce
progressivamente il tempo a disposizione:
non per niente crescono le problematiche
legate a carenza di comunicazione e
ad un’insufficiente umanizzazione. Ho
conosciuto, per questo, chirurghi all’apice
della carriera, delusi, che dalla professione si
aspettavano qualcosa di diverso.
Quali sono le sue previsioni, le speranze
per il futuro di questa disciplina?
Sono sempre stato un inguaribile ottimista,
ma oggi di fronte alla situazione attuale
comincio a nutrire qualche perplessità.
Certo, fare previsioni sul futuro è moltodifficile, anche perché condizionate da
problematiche politiche, economiche e
sociali del tutto imprevedibili, com’era del
tutto imprevedibile la crisi economica che
stiamo vivendo.
Le leggi sull’economia stabiliscono che
quando le risorse diminuiscono, diventa
necessaria razionalizzarle al meglio.
Sicuramente, in questo momento, ai
chirurghi competono mansioni che
potrebbero essere svolte da altre figure
istituzionali, come avviene negli altri stati
occidentali. Se il numero dei chirurghi
diminuirà, l’attività del chirurgo dovrà essere
limitata alla sala operatoria, al trattamento
delle eventuali complicanze post-operatorie,
al reclutamento e alle decisioni terapeutiche
dei nuovi pazienti.
Al personale amministrativo dovranno
essere demandate tutte le attività
burocratiche che, attualmente, e con un
crescendo sempre più incessante, debbono
essere svolte dal chirurgo con un’importantedistrazione dai suoi compiti istituzionali.
Alle nuove figure delle Lauree Specialistiche
ed Infermieristiche, accortamente
preparate a queste esigenze, e coordinate
da un medico internista, potrebbe essere
demandata l’assistenza in reparto dei
pazienti operati. Il chirurgo sarebbe a
disposizione solo quando se ne presentasse
la necessità.
Questa potrebbe essere la soluzione.
C’è però il rischio di un’ulteriore
disumanizzazione del rapporto chirurgo-
paziente a favore del tecnicismo ed
un probabile aumento dei contenziosi
medico-legali. Della chirurgia però non
si può fare a meno: rinnovata, continuerà
a vivere. Credo spetti alla classe politica
prendere in seria considerazione queste
problematiche migliorando i livelli qualitativi
di prestazione e soprattutto controllando
seriamente l’attacco mediatico alla medicina
in genere e alla chirurgia in particolare. La
«depenalizzazione» della colpa chirurgica,
ad esempio, è attesa e rinviata da molte
legislature: solo in Italia si pone questo
problema che in altri Paesi è stato risolto.
Per quanto ci riguarda, invece, dobbiamo
cercare di restare vicino ai giovani, la linfa
vitale dei nostri reparti, affinché possano
diventare bravi chirurghi, quelli di cui avrà
sempre bisogno la nostra società. n
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ATTUALITÀ
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22
Carlo Alfredo ClericiSezione di Psicologia, Dipartimento di Scienzee Tecnologie Biomediche, Facoltà di Medicina,Università degli Studi di Milano
Il pericolo di detenere un’arma
A
Clinici e rischio di abuso di armi legamente detenuteaggiornamenti sulla situazione italiana
Milano, nel 2003, in
una tranquilla via
residenziale in zona Fiera,
un uomo di trentatré anni uccide la
giovane moglie, una vicina di casa
e poi spara sui passanti dal balcone
di casa, ferendone tre in maniera
grave. Le forze dell’ordine dopo
alcune ore di assedio irrompono
nell’abitazione e scoprono che l’uomo
si è tolto la vita con la stessa pistolausata per la strage; l’arma risulta
regolarmente denunciata. Il grave
fatto colpisce l’opinione pubblica e
resta un drammatico ricordo nella vita
milanese e italiana.
La normativa italiana sulle armi
Da allora, in seguito anche ad
altri gravi fatti di sangue, si sono
susseguite varie proposte di riformare
la normativa italiana sulle armi. Alcunicambiamenti sono annunciati in vista
dell’applicazione della normativa
europea. Nel 2008 la Direttiva del
Parlamento Europeo 2008/51/EC ha
infatti previsto che l’acquisizione e
la detenzione di armi da fuoco sia
permessa soltanto a persone che “non
possano verosimilmente costituire
un pericolo per se stesse, per l’ordine
pubblico o la pubblica sicurezza”.
La direttiva Comunitaria è stata
attuata nel nostro Paese dal Decreto
Legislativo 26 ottobre 2010, n. 204; fra
le altre modifiche all’attuale normativa,
alcune sono relative al tema delle
valutazioni sanitarie.
È previsto che il rilascio del
nulla osta o del porto d’armi sia
subordinato alla presentazione
di certificato rilasciato dal settore
medico legale delle Aziende sanitarielocali, o da un medico militare,
della Polizia di Stato, o del Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco,
dal quale risulti che il richiedente
non è affetto da malattie mentali
oppure da vizi che ne diminuiscono,
anche temporaneamente, la
capacità di intendere e di volere,
ovvero non risulti assumere,
anche occasionalmente, sostanze
stupefacenti o psicotrope ovveroabusare di alcool, nonché dalla
presentazione di ogni altra
certificazione sanitaria prevista dalle
disposizioni vigenti.
È disposto anche che il provvedimento
con cui è rilasciato un nulla osta
o un porto d’armi debba essere
comunicato, a cura dell’interessato,
ai conviventi maggiorenni, anche
diversi dai familiari, compreso il
convivente more uxorio, individuati
dal regolamento e indicati dallo stesso
interessato.
Una certificazione medica dovrà essere
prodotta ogni sei anni da chiunque
detenga armi senza essere in possesso
di alcuna licenza di porto d’armi
(art. 38 del T.U.L.P.S. modificato).
Le modalità di accertamento dei
requisiti psico-fisici per l’idoneità
all’acquisizione, alla detenzione e alconseguimento di qualunque licenza
di porto delle armi nonché al rilascio
del nulla osta saranno emanate con
decreto del Ministro della Salute, di
concerto con il Ministro dell’Interno,
entro 180 giorni dalla data di entrata in
vigore del decreto, il 1° luglio 2011.
Con il medesimo decreto, sentito il
Garante per la protezione dei dati
personali, saranno definite le modalità
dello scambio protetto dei datiinformatizzati tra il Servizio Sanitario
Nazionale e gli uffici delle Forze
dell’ordine nei procedimenti relativi
all’acquisto e al conseguimento di
qualunque licenza di porto d’armi.
Medici e prevenzione del rischio
di abuso di armi
Grazie all’insostituibile collaborazione
dell’Ordine dei Medici di Milano
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ATTUALITÀ
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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23
il nostro gruppo di lavoro presso
l’Università degli Studi di Milano
(con i colleghi Angelo de’ Micheli e
Laura Veneroni) ha avviato nel 2009
una ricerca su medici e prevenzione
del rischio di abuso di armi. In
particolare la ricerca è stata dedicata
alla percezione nei sanitari rispetto al
problema del rischio di abuso di armi
legalmente detenute, alla formazione e
alle pratiche dei clinici per la gestione
dei casi problematici. Inizialmente
prevista in una forma limitata al
territorio milanese, grazie alla modalità
di distribuzione on-line dei questionari
la ricerca, ha potuto raccogliere dati
provenienti da 908 clinici in tutta la
penisola (296 medici responsabili
di certificazioni, 162 psichiatri e 450
psicologi). La ricerca attualmente
sottoposta per la pubblicazione a una
rivista internazionale ha permesso di
evidenziare punti di forza e limiti delle
attuali procedure. In particolare è statasegnalata una scarsa informazione
circa il possesso di armi nei pazienti,
proveniente per lo più in modo
informale. Se la conoscenza del
possesso di armi è considerata in ogni
caso importante per la quasi totalità
dei professionisti, la trasmissione delle
informazioni fra operatori sanitari
risulta invece migliorabile.
Soltanto in pochi casi, se il medico
di medicina generale ha in carico
il paziente da un periodo recente,
avviene una trasmissione dei dati
anamnestici dal precedente curante.
Nel caso di pazienti con disturbi
mentali a rischio di condotte
aggressive e in particolare in quelli
sottoposti Trattamento Sanitario
Obbligatorio mancano procedure che
consentano la verifica sistematica della
detenzione di armi da fuoco.
dell’autorizzazione al porto di fucile
per uso di caccia e al porto d’armi
per uso di difesa personale”) eorganizzate in due fasi. La prima fase
prevede che chi richiede una licenza
in materia di armi debba presentare
“un certificato anamnestico rilasciato
dal medico di fiducia di cui all’art. 25
della legge 23 dicembre 1978, n. 833,
di data non anteriore a tre mesi”. La
seconda fase prevede l’accertamento
dei requisiti psicofisici presso gli uffici
medico legali o i distretti sanitari delle
Unità Sanitarie Locali o le strutture
sanitarie della Polizia di Stato. Con
l’attuale riforma della normativa si
attende che un decreto del Ministero
della Salute “di concerto con quello
dell’Interno” definiscano le nuove
procedure di valutazione. Non è
ancora stato stabilito quale sarà il
ruolo del medico di famiglia e si
intravede il rischio che possa essere
perso l’osservatorio insostituibile dichi conosce e ha da tempo relazioni
con il soggetto da valutare. La ricerca
condotta grazie all’incoraggiamento
e il sostegno dell’Ordine di Milano
(in particolare del dott. Roberto
Carlo Rossi) potrà fornire dati utili
per orientare una ridefinizione delle
procedure ed è stata presentata nel
corso del XXVII Convegno Nazionale
di Studio sulla Disciplina delle Armi
tenutosi a Brescia l’8 aprile 2011. In
questo breve articolo ringraziamo tutti
i colleghi (fra cui particolarmente del
dott. Antonio Vitello della ASL Città
di Milano) che a vario titolo hanno
contribuito alla progettazione della
ricerca e a quanti hanno contribuito
allo studio attraverso la consultazione
del sito www.ricercawar.com e la
compilazione on-line del questionario
on-line.n
Certamente la tendenza a
considerare l’omicidio o il suicidio
con armi da fuoco come sintomo dipsicopatologia appare riduttiva ed
è opportuno sottolineare l’esigenza
di non restringere la lettura di
questi fenomeni entro parametri
esclusivamente medici o psichiatrici.
La violenza con armi da fuoco è infatti
un fenomeno complesso che deriva
dall’interazione di aspetti intrapsichici
e situazionali.
Il ruolo del medico di medicina
generale
Centrale è quindi il ruolo del
medico di medicina generale nelle
procedure di valutazione dell’idoneità
psicofisica alle licenze di porto
d’armi. Tali valutazioni sono state
fino ad oggi regolamentate da
una normativa specifica (D.M. 28
aprile 1998, “Requisiti psicofisici
minimi per il rilascio ed il rinnovo
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MEDICINA DEL LAVORO
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Giuseppe Leocata, dirigente medicoGiovanna Castellini, Medico del lavoro e Psicologa
entrambi presso: Centro Stress e DisadattamentoLavorativo - Unità Operativa Medicina del Lavoro 2 –Direttore Prof. Giovanni Costa - Ospedale MaggiorePoliclinico Milano - Fondazione IRCCS Cà Granda
Quando lavorare diventa difficile
F
Un angolo per affrontare lo stress occupazionalee le situazioni di svantaggio nei luoghi di lavoro
ino agli anni ’80 risultava
relativamente semplice la
distinzione tra quelle che
erano le competenze specialistiche
del medico del lavoro e le attribuzioni
dei clinici e dei medici di medicina
generale: per certi versi, infatti, i rischi
strettamente correlati all’ambiente
e all’attività di lavoro rimanevano
confinati ai luoghi e alle ore trascorsedal singolo soggetto nella propria
occupazione. Negli ultimi anni, in
relazione ai cambiamenti sia nella
società in termini di rapporti tra le
persone sia nel mondo del lavoro sia
nella relazione tra uomo e lavoro, gli
aspetti correlati ai disturbi della sfera
psichica e psico-somatica sono diventati
pervasivi e si possono presentare in
modo acuto o anche cronicizzarsi dando
luogo anche a vere e proprie patologie
e possono determinare situazioni
che condizionano la vita del singolo
individuo, le relazioni in azienda e quelle
nell’ambito extra-lavorativo.
Il punto di partenza per un approccio
corretto a questi aspetti individua il
benessere organizzativo negli ambienti
di lavoro sia come uno degli aspetti
critici nell’ambito delle problematiche
della salute dell’uomo che lavora
all’interno di ogni sistema organizzato,
particolarmente nei periodi di crisi
economica, sia come un obiettivo
il cui raggiungimento rappresenta
l’espressione globale della protezione
del lavoratore.
Lo Stress lavoro-correlato
Lo stress lavorativo è stato definito
già nel 1999 dal NIOSH 1 come «uninsieme di reazioni fisiche ed emotive
dannose che si manifesta quando
le richieste poste dal lavoro non
sono commisurate alle capacità,
risorse o esigenze del lavoratore»,
quindi il prodotto dell’interazione
dinamica fra la persona e il contesto
organizzativo e sociale in cui questa
lavora, costituendo la risultante di un
rapporto distorto tra le sollecitazioni
imposte dal compito/ruolo e le capacità
dell’operatore (in termini di “risposta”
psico-fisiologica, comportamentale,
operativa) a farvi fronte. L’Agenzia
Europea per la Salute e la Sicurezza sul
Lavoro, successivamente, nel 2000 ha
indicato le “aree chiave” da indagare
come pericoli 2, nel corso della analisi
del “contenuto del lavoro” e del
“contesto del lavoro”. I pericoli insiti
nel “contenuto del lavoro” sono stati
individuati come segue: a) ambiente
e attrezzature di lavoro (problemi
inerenti disponibilità, mantenimento,
utilizzo e manutenzione/riparazione di
attrezzature di lavoro e ausili tecnici);
b) disegno del compito lavorativo
(monotonia e ripetitività del lavoro, cicli
di lavoro brevi, lavoro frammentato e
senza scopo identificabile, sottoutilizzo
delle attitudini e capacità individuali,incertezza); c) carichi e ritmi di lavoro
(eccesso/difetto del carico psico-fisico,
scarso controllo sui ritmi, tempo
insufficiente per eseguire il lavoro);
d) orario di lavoro (turni, orari di lavoro
senza flessibilità e pause, imprevedibili,
protratti). Le “aree chiave” da verificare
nell’ambito del “contesto del lavoro”.
sono: a) organizzazione del lavoro
(scarsa possibilità di comunicazione,
bassi livelli di sostegno per la risoluzione
dei problemi e crescita personale,
mancanza di definizione degli obiettivi
aziendali), b) ruolo nell’organizzazione
(ambiguità o conflitto di ruolo,
responsabilità), c) carriera (incertezza
e immobilità di carriera o eccessiva
mobilità, retribuzione bassa, precarietà
nell’impiego, basso valore sociale
attribuito ad attività svolta), d) controllo/
libertà decisionale (partecipazione
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MEDICINA DEL LAVORO
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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ridotta a processi decisionali, scarso
controllo del lavoratore su attività
svolta), e) rapporti interpersonali sul
lavoro (isolamento fisico o sociale,
rapporti limitati con i superiori, conflitti
interpersonali, mancanza di supporto
sociale), e) interfaccia casa-lavoro
(richieste contrastanti casa-lavoro,
scarso appoggio in ambito domestico,
problemi di doppio lavoro).Nelle realtà produttive e dei servizi,
pubbliche e private, si riscontrano
fenomeni singoli o diffusi di “stress
lavoro-correlato”, con effetti sulle
persone e sull’organizzazione specifici e
peculiari e che interessano sia la base sia
i vertici dell’organizzazione.
Le strategie di intervento sullo “stress”
devono prevedere la costituzione di un
gruppo di soggetti interno all’impresa
il quale agisca in collaborazione di
consulenti esterni “qualificati” (se
opportuno), con un “forte mandato”
e con il supporto da parte del datore
di lavoro e il quale metta in atto un
approccio “top-down” con la finalità
di individuare le possibili soluzioni
da reperire al fine di migliorare il
clima organizzativo e la qualità del
lavoro in azienda. In occasione di
questo percorso, è consigliabile che i
datori di lavoro diffidino di “pacchetti
preconfezionati” e di “questionari
prefabbricati” e anche di “figure
professionali improvvisate”; sono
proficui, piuttosto, il confronto con
le figure interne ed esterne esperte
e motivate e l’incontro con le parti in
gioco nel processo per stabilire con
queste: contenuti, modi e tempi di
azione e anche una successiva gestionecondivisa e trasparente dei risultati della
valutazione. Non è, però, opportuna
l’effettuazione diretta della valutazione
di questo rischio direttamente da parte
del datore di lavoro, in quanto ciò
potrebbe inficiare la valutazione e le
relative conclusioni e conseguenze.
Un ruolo di rilievo deve, invece,
assumere il medico competente il
quale, oltre al ruolo insostituibile della
Sorveglianza Sanitaria (art. 41 commi a e
b del D.Lgs.81/08 e s.m. e i.), in relazione
alla sua formazione “umanistica” deve
acquisire e non perdere nel tempo la
capacità del contatto umano (fisico
e empatico) con il lavoratore, deve
assumersi il delicato e complesso
compito di individuare i segni e i sintomi
psichici e psico-somatici correlabili/
correlati al lavoro e di supportare il
singolo e il gruppo di lavoratori al
fine del mantenimento di condizioni
lavorative umanamente dignitose e del
posto di lavoro e deve acquisire capacità
gestionali in merito alle problematiche
connesse alla valutazione di tutti i rischi,
all’organizzazione del lavoro e ai sistemi
di qualità.
Il Mobbing
Altra fattispecie di pericolo in ambientedi lavoro è costituita dal “mobbing”.
Essa è stata ben definita da Lino
Greco, giuslavorista di Milano come
una «aggressione sistematica posta in
essere dal Datore di Lavoro o da un
suo Preposto o superiore gerarchico,
oppure anche da colleghi e compagni di
lavoro, con chiari intenti discriminatori
protesi a emarginare progressivamente
nell’ambiente di lavoro, per ragioni
di concorrenza, gelosia, invidia e
quant’altro di simile è possibile
ipotizzare a causa dell’ambiente di
lavoro e durante lo svolgimento
dell’attività lavorativa. Dall’aggressione
patita scaturiscono sindromi, a volte
gravi, di natura ansioso-depressiva
i cui sviluppi ed effetti sono spesso
imprevedibili e portano a conseguenze
disastrose per la salute del soggetto
(anoressia, bulimia, compromissione
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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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MEDICINA DEL LAVORO
dei rapporti personali e familiari) con
frequente rinuncia o perdita del posto
di lavoro». Nell’ordinamento giuridicoitaliano, la prova di “avversatività
lavorative” / “illeciti” sono a carico
del lavoratore e, qualora egli non sia
in grado di fornire prove ritenute
giuridicamente valide, non può partire
la sua tutela giudiziaria.
«Secondo gli insegnamenti della
Suprema Corte di Cassazione, in
generale, il mobbing si verifica
allorché il datore di lavoro tiene
una condotta sistematica e protratta
nel tempo, che concreta, per le sue
caratteristiche vessatorie, una lesione
dell’integrità fisica e la personalità
morale del prestatore di lavoro,
garantite dall’art.2087 del Codice Civile.
Recentemente, la Suprema Corte ha
precisato che in mancanza di una
specifica normativa, il mobbing non
può trovare una tutela penale; infatti,
nel nostro codice penale nonostante
“una delibera del Consiglio d’Europa
del 2000 che vincolava tutti gli Stati
membri a dotarsi di una normativa
corrispondente, non c’è traccia di una
che determinano quelle che sono
definite “Costrittività organizzative”
nella circolare Inail n. 71/2003, come diseguito illustrato.
Vengono definiti “costrittività
organizzative” tutti gli atti e le azioni
che comportano conseguenze chiare e
rilevanti sulla posizione lavorativa e sulle
possibilità di svolgimento del lavoro del
soggetto coinvolto; esempi di questo
tipo di azioni sono: marginalizzazione
della attività lavorativa; svuotamento
delle mansioni; mancata assegnazione
dei compiti lavorativi, con inattività
forzata; mancata assegnazione
degli strumenti di lavoro; ripetuti
trasferimenti ingiustificati; prolungata
attribuzione di compiti dequalificanti
rispetto al profilo professionale
posseduto; prolungata attribuzione di
compiti esorbitanti o eccessivi anche
in relazione a eventuali condizioni di
handicap psico-fisici; impedimento
sistematico e strutturale all’accessoa notizie; inadeguatezza strutturale e
sistematica delle informazioni inerenti
l’ordinaria attività di lavoro; esclusione
reiterata del lavoratore rispetto ad
specifica figura incriminatrice per
contrastare tale pratica persecutoria
definita mobbing. Sulla base del dirittopositivo e dei dati fattuali acquisiti la
via penale non appare praticabile”
(Cassazione Penale Sezione VI, 26.06.09,
n.26594). Tuttavia, occorre anche
osservare che esistono nel nostro
sistema penale già una serie di reati
nei quali possono essere ricomprese,
di volta in volta, le più gravi condotte
mobbizzanti come, ad esempio,
maltrattamenti, ingiuria, diffamazione,
lesioni, violenza privata, estorsione. In
giurisprudenza italiana tutta la partita
si gioca, quindi, in ambito civile e non
penale a meno che non si imputi una
persona fisica specifica» 3.
L’INAIL e la denuncia di malattiaprofessionale da mobbing eda “costrittività organizzative”L’Ente Assicuratore, ai fini del possibile
riconoscimento di una sospetta malattiaprofessionale, prende in considerazione
sia la “Tabella delle attività mobbizzanti
e dei relativi effetti” proposta da Heinz
Leymann sia una serie di fattori/azioni
AZIONI MOBBIZZANTI EFFETTI SU
la dirigenza non dà possibilità di comunicare, il lavoratore viene zittito, si fanno attacchi verbaliriguardo le assegnazioni del lavoro, minacce verbali, espressioni verbali che respingono, ecc.
possibilità della vittima di comunicareadeguatamente
i colleghi non comunicano affatto più con il lavoratore o la dirigenza proibisce esplicitamente di
comunicare con lui, isolamento in una stanza lontano dagli altri, ecc.
possibilità della vittima di mantenere
contatti sociali
mettere in giro voci sul conto della vittima, azioni di messa in ridicolo, derisione circa eventuale
handicap o della appartenenza etnica o del modo muoversi o di comunicare, ecc.
possibilità della vittima di mantenere sua
reputazione personale
non viene assegnato alcun compito o solo dei compiti insignificanti, ecc. situazione professionale della vittima
si assegnano incarichi pericolosi di lavoro o si fanno minacce di lesioni fisiche,
molestie sessuali, ecc.su salute fisica della vittima
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MEDICINA DEL LAVORO
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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iniziative formative, di riqualificazione e
aggiornamento professionale; esercizio
esasperato ed eccessivo di forme dicontrollo. In relazione al mobbing,
l’INAIL riconosce, a seguito di indagine
e di valutazione medico legale, soltanto
le seguenti patologie:
- Disturbo dell’adattamento cronico
➜manifestarsi di sintomi emotivi
e comportamentali clinicamente
significativi in risposta a uno o più fattori
stressanti, identificabili e non estremi
- Disturbo post traumatico da stress
➜ risposta ritardata o protratta a
un evento fortemente stressante o a
una situazione di natura altamente
minacciosa o catastrofica, in grado
di provocare diffuso malessere in
quasi tutte le persone. In merito alla
denuncia delle “malattie psichiche
e psicosomatiche da disfunzioni
organizzative sul lavoro”, queste sono
state inserite nell’ambito del Gruppo
7 - “Lista II” del Decreto 11.12.09“Aggiornamento dell’elenco delle
malattie professionali per le quali
è obbligatoria la denuncia ai sensi
e per gli effetti dell’art.139 del testo
unico approvato con DPR 30.06.1965
n.1124 e s.m. e i.”. I disturbi presi
in considerazione sono, anche in
questa sede, soltanto il “Disturbo
dell’adattamento cronico” (con ansia,
depressione, reazione mista, alterazione
della condotta e/o della emotività,
disturbi somatoformi) e il “Disturbo
post-traumatico cronico da stress”, dei
quali bisogna indicare in denuncia le
“Costrittività organizzative” rilevate. Per
questo gruppo di “malattie”, l’origine
lavorativa è stata giudicata come
di “limitata probabilità”; a maggior
ragione, pertanto, la persona che accusa
un disturbo psichico e psicosomatico
da disfunzioni dell’organizzazione
del lavoro dovrà reperire prove
giuridicamente valide per confermare
l’origine lavorativa della sua patologia-
Le violenze sul lavoro
Il punto di partenza delle molestie
sul lavoro può essere individuatonei conflitti tra persone o nella
disorganizzazione di un’azienda.
Quest’ultima è sempre fonte di stress,
sia in caso di cattiva definizione dei
ruoli sia di un clima organizzativo
instabile sia in mancanza o carenza di
confronto tra le persone interessate e
di condivisione delle scelte per quanto
organizzativamente possibile. L’azienda
in entrambi i casi deve intervenire; il
conflitto degenera quando il sistemaorganizzato si rifiuta di occuparsene
e quando non vuole e/o non riesce
a trovare soluzioni dignitose e ad
intervenire. Se in un dato momento
qualcuno reagisce in maniera sana
e responsabile il processo si può
arrestare. Il rispetto della Persona
Umana è prioritario e i dirigenti devono
adottare tutte le misure necessarie
per garantirlo; inoltre, anche gli attori
sociali presenti nel luogo di lavoro e
fuori da questo devono svolgere un
ruolo costruttivo per affrontare queste
problematiche nel pieno rispetto
dell’Uomo persona umana. La
“Persona Umana”, il lavoratore, non
è solo un costo, ma soprattutto una“Risorsa” che genera risultati, se
rispettata in quanto tale. Il “mobbing”
innesca un contenzioso infinito e
ingestibile e l’organizzazione deve
rispondere governando il disagio e non
deve lasciarsi trascinare nel baratro
da questo e deve definire dei “codici
di condotta”, intesi come norme di
comportamento e non come “pezzi
di carta” da dimenticare chiusi in un
cassetto e non rispettati. Le “regole”
vanno definite, rispettate e condivise,
ma da sole non bastano; è necessario e
imprescindibile lavorare con l’Uomo e
per l’Uomo e creare cultura basata sul
rispetto e sulla solidarietà.
I medici di medicina generale
Nell’indagine clinica vanno considerate
le situazioni lavorative e quelle
esistenziali, al fine di reperire i percorsi
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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
28
MEDICINA DEL LAVORO
più opportuni ed efficaci per garantire
il mantenimento dello stato di salute
globale della persona, e si valutanoanche le possibili interferenze e i
punti di intersezione tra le situazioni
lavorative e quelle esistenziali, al fine di
definire un rapporto di “concorrenza”
o di “indipendenza” tra le variabili
in gioco e i possibili diversi fattori
nel determinare il disturbo/malattia,
per gli eventuali provvedimenti
conseguenti, che andranno attuati
direttamente dal medico clinico di
medicina generale oppure ricorrendo,
tramite questa importante figura,
ad altri specialisti (medici del lavoro
aziendali – “medici competenti” - o
afferenti a strutture specialistiche
ospedaliere/universitarie, psicologi e se
ritenuto necessario anche psichiatri).
Il medico di medicina generale ha
il dovere etico e professionale di
riuscire a cogliere alcuni aspetti critici
nella salute dell’assistito, agendo al fine di evitare che questi giunga a
situazioni conclamate. In relazione alle
caratteristiche delle conseguenze delle
criticità lavorative, egli cercherà non
soltanto di diagnosticare dei quadri di
patologie ben definiti e che possono
essere insorti in relazione ad alcune
fragilità del singolo soggetto ma anche
e soprattutto di utilizzare le sue capacità
cliniche per scoprire segni e sintomi
che potrebbero apparire generici easpecifici se non correlati a una causa
specifica: il lavoro con le sue coordinate
di “contenuto” e di “contesto”
può esercitare senz’altro un ruolo
significativo nello scatenarsi di situazioni
critiche capaci di compromettere
l’equilibrio della persona. Il medico di
medicina generale che ben conosce
il suo assistito cercherà di cogliere i
seguenti aspetti in relazione sia alla vita
quotidiana del soggetto sia a riferiti
problemi sul lavoro: cambiamenti delle
abitudini del soggetto (dieta, regolaritàdei pasti, esercizio fisico, fumo, alcool,
caffè); comparsa di disturbi sia organici
a carico dei diversi organi e apparati
sia psichici e/o neurologici e anche di
sintomi particolari (astenia, disturbi del
sonno, dell’umore e del comportamento,
difficoltà attentive e mnesiche). In alcuni
casi, gli effetti degli eventi avversi sul
lavoro possono interessare soggetti
particolarmente fragili e/o che soffrono
di disturbi psichici e/o psicosomaticicorrelati a cause indipendenti dal
lavoro. In questo caso, è fondamentale
indirizzare il soggetto presso il Centro
Psico Sociale di riferimento territoriale
al fine di provvedere alle cure del caso
specifico e non avviare procedimenti
legali che vedrebbero, con molta
probabilità, il soggetto soccombere
in ragione del suo malessere (pre-
esistente o concomitante le avversativitàlavorative). È opportuno che non sia il
medico di medicina generale né tanto
meno il soggetto interessato a definire
a priori come “mobbing” il disturbo o
il corteo di sintomi accusati, bensì la
diagnosi va lasciata ai centri specialistici
di secondo livello.
Il Centro Stress e
Disadattamento Lavorativo
Il Centro è operativo presso la Clinicadel Lavoro “L. Devoto” dell’Ospedale
Maggiore Policlinico di Milano da più
di 10 anni e ogni anno accoglie circa
1000 utenti in regime di day hospital
e ambulatoriale, provenienti in gran
parte dalla Lombardia, in parte da altre
regioni e circa il 30% da altri paesi
europei e anche da altri continenti (in
genere, sono più svantaggiati degli
indigeni). Le persone si rivolgono al
Centro per due ordini di motivazioni,
sempre in relazione al lavoro. Il primo
gruppo accusa diverse problematiche di
disagio lavorativo, a causa di situazioni
critiche legate all’organizzazione
del lavoro e/o a colleghi di lavoro e
narrano anche di vessazioni subite. I
secondi sono soggetti “svantaggiati”che giungono, perché seguiti da servizi
sociali pubblici e privati (disoccupati,
con diversi fallimenti lavorativi alle
spalle, con situazioni di emarginazione
sociale) o perché persone con disabilità
per le quali bisogna valutare le
capacità lavorative nella prospettiva
di un avviamento mirato al lavoro. Per
tutti vengono effettuati accertamenti
specialistici di medicina del lavoro
e psicodiagnostici mirati alle finalitàrichieste. Le persone con “sospetto
stress occupazionale”, a loro tutela,
giungono attraverso un percorso simile
a qualunque altro servizio ospedaliero.
Essi prendono appuntamento,
telefonando alla segreteria del Centro
e in questa occasione vengono fornite
loro le opportune indicazioni di base.
Quando si presentano, essi esibiscono
la certificazione redatta dal medico
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MEDICINA DEL LAVORO
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
29
di medicina generale su ricettario
del Servizio Sanitario Regionale
con richiesta di “accertamento
ambulatoriale” oppure “ricovero in
day hospital” (fino a nuove disposizioni
operative della regione) per “sospetto
stress occupazionale”. Prima della
data di accesso inviano in fax una‘memorià da loro redatta e che permetta
all’operatore del Centro a inquadrare
il caso. La prestazione in day hospital
diagnostico dura due giorni e durante
il ricovero, essi effettuano un colloquio
e una visita di medicina del lavoro -
per inquadrare l’anamnesi e il quadro
clinico in relazione agli eventi subiti
e riferiti. A seguito della prestazione
sanitaria, il medico del lavoro può
richiedere, se il caso, accertamenti
clinici specialistici presso altre strutture
dell’Ospedale Maggiore Policlinico. Poi
viene effettuato un colloquio psicologico
e alcuni test psicodiagnostici ad hoc.
Al termine degli accertamenti il medico
del lavoro del Centro, in casi particolari,
prende contatti direttamente con il
medico di medicina generale al fine
di concordate alcune modalità di
approccio alla persona in relazione alle
risultanze delle prestazioni specialistiche
fornite. In alcuni casi, inoltre, sarebbe
opportuno il contatto diretto e unacollaborazione tra il medico di medicina
generale e i medici competenti aziendali
per la gestione congiunta e più possibile
condivisa del supporto del soggetto
interessato nell’ambiente di vita e di
lavoro, sempre nell’ottica della massima
tutela della privacy, in considerazione
delle possibili criticità correlate alle
problematiche organizzative, gestionali
e relazionali rilevabili nel difficile mondo
del lavoro odierno.
Al soggetto, in occasione delle
dimissioni, vengono forniti anche
consigli circa la strada più opportuna
da seguire in occasione del percorso
intrapreso; molti soggetti hanno
avviato o avvieranno un procedimento
legale (e qualcuno chiede anche il
supporto del sindacato), a partire da un
tentativo di conciliazione con l’azienda
per finire a delle vere e proprie causecivili. In proposito va valutato, di
volta in volta e negli specifici casi, la
strada più opportuna e che arrechi il
danno minore al soggetto interessato
dall’evento lesivo. Circa il 50% degli
utenti del Centro presentano, al termine
degli accertamenti, disturbi di entità
varia da stress lavoro-correlato con
sintomatologia clinica e problemi
psicologici e soltanto il 6-7% dei casi
viene denunciato, in relazione ai disposti
dell’INAIL. I medici competenti inviano
casi a diagnosi in percentuale molto
ridotta, anche perché i soggetti che
giungono al Centro non comunicano
nulla a priori all’impresa né al medico
competente di questa e optano per
la richiesta di accertamenti clinici
per “sospetto stress occupazionale”
redatta dal proprio medico di medicina
generale. In alcuni casi, 30-40 lavoratori/
anno, questi giungono presso il Centro
in regime ambulatoriale quando il
medico competente, in occasione dellasorveglianza sanitaria o di verifiche
del clima aziendale nell’impresa,
ha la necessità di approfondimenti
specialistici di secondo livello e quindi
chiede al Centro una consulenza. La
pratica viene poi trasmessa al medico
competente, individuato come la
figura di mediazione tra il lavoratore e
l’impresa. Gli utenti possono accedere
a un nuovo controllo presso il Centro,
almeno a distanza di un anno, qualora
persistano e/o si siano aggravate le
situazioni stressogene / di disagio
lavorativo che hanno motivato il
precedente accesso e la nuova richiesta
viene valutata dalla equipe del Centro.
La riabilitazione del soggetto, finalizzata
al suo benessere psichico fisico e
sociale, rappresenta una delle priorità
del Centro al servizio dell’utente e, a tal
fine, vengono proposti dei percorsi dipsicoterapia individuale o di gruppo,
compatibilmente con le risorse
disponibili presso il Centro. n
Note
1.National Institute of Occupational and
Safety Health – USA
2. Proprietà o qualità intrinseca di un
determinato fattore avente il potenziale di
causare danni” - D.Lgs.81/08 e s.m. e i. art.2
lettera r)
3. Mario Gallo in “Il benessere lavorativo:
evoluzione dell’atteggiamento del Legislatore”
Atti Convegno: “Lavoro umano. Il benessere
nei luoghi di lavoro” – Università Cattolica del
Sacro Cuore – Roma 10.12.2009
4. Si ringraziano per la collaborazione gli
psicologi che operano in “sala test” del
Centro: Paola Boari e Alessandro Pedrazzi
•••
Si ringraziano per la collaborazione gli
psicologi che operano in “sala test” del
Centro: Paola Boari e Alessandro Pedrazzi
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FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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30
Luigi PagliaIstituto Stomatologico Italiano MilanoResponsabile del Dipartimento
di Odontoiatria Infantile
Claudia CaprioglioLibero professionista
Gestione delle fratture coronalie radicolari
I
Vengono presentate le linee guida della IADT (InternationalAssociation Dental Traumatology) per la diagnosie il trattamento delle fratture coronali e/o radicolaridi elementi permanenti
n generale il corretto
trattamento delle lesioni
traumatiche dentali deve
basarsi sull’utilizzo di appropriate
procedure di indagine e di approccio
al caso clinico che si possono così
sintetizzare.
A) Esame clinico: le informazioni
che devono essere raccolte derivanodall’osservazione attenta del quadro
clinico e della dinamica che ha
generato il trauma. Particolare
interesse deve essere dedicato
alla zona colpita dal trauma e alla
valutazione dell’estensione dello stesso
ad elementi dentali e strutture di
supporto vicine.
È importante sin dalla primissima
osservazione valutare quale sia il grado
di interessamento dei tessuti duri edi supporto per poter predisporre un
piano di trattamento che sia rispettoso
delle modalità di guarigione biologica
dei tessuti interessati.
Una corretta pianificazione del
trattamento deve infatti tenere in
considerazione sia l’entità del trauma
dal punto di vista quantitativo
(estensione del trauma) che qualitativo
(tessuti interessati).
B) Esame radiografico: l’Rx
endorale viene usata di routine e sono
raccomandate più angolazioni.
- Rx-periapicale
- Piano occlusale superiore e/o
inferiore
- Rx-extraorale
- Ortopantomografia e MCT
Rx-periapicale. Questa indagine
radiografica è essenziale perdeterminare anche lo stadio di
formazione radicolare e prevede
diverse angolazioni per ogni singolo
dente traumatizzato, secondo una
proiezione standard.
L’Rx-extraorale è utile se si associa
la dislocazione di un frammento
dentario (frattura corono-radicolare
con lacerazione labiale o della mucosa
orale). L’ortopantomografia è indicata
ogni volta si sospetti di una fratturadei mascellari o venga riscontrato un
problema dell’articolazione temporo-
mandibolare (traumi multipli).
La micro-craniotomografia (TAC
combine) è estremamente utile nella
diagnosi delle fratture radicolari,
specie se oblique; la ricostruzione
3D permette al clinico di definire
con grande precisione la tipologia e
l’estensione della lesione traumatica.
C) Esami strumentali:
- Esami fotografici
- Test di sensitività pulpare
La raccolta delle immagini del viso
e dell’area traumatizzata e delle
sequenze cliniche va effettuata. Le
fotografie dovrebbero essere ripetute
ai controlli sempre con le stesse
proiezioni e lo stesso ingrandimento
per facilitare la comparazione.I test di sensitività pulpare sono
importanti per determinare
estensione del trauma, lo stato del
livello riparativo e la predicibilità di
complicanze.
Esistono diverse procedure, ognuna
delle quali ha una propria sensibilità,
specificità e precisione.
I test pulpari rappresentano una
controversia: si sono proposti stimoli
meccanici, stimoli termici, test elettricie fluometria laser-doppler (LDF).
I test iniziali eseguiti subito dopo una
lesione traumatica frequentemente
danno risultati negativi: tali risultati
potrebbero solo indicare una
mancanza transitoria di risposta
pulpare dovuta allo shock traumatico.
Controlli di follow-up sono necessari
per porre una diagnosi sullo stato
pulpare definitivo. Come sopra
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FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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ricordato è importante monitorare la
vitalità pulpare degli elementi vicini
alla zona del trauma per stabilireuna loro eventuale e purtroppo non
infrequente compromissione.
D) Istruzioni per il paziente: una
buona guarigione seguente a una
lesione dei denti e dei tessuti orali
dipende, in parte, da una buona igiene
orale. I pazienti vanno consigliati
su come trattare i denti che hanno
subito un trauma. Il lavaggio con uno
spazzolino morbido e lo sciacquo con
clorexidina allo 0,1% sono consigli
utili per prevenire l’accumulo di placca
che danneggerebbe i processi di
guarigione tissutali. l’interessamento della componente
pulpare e parodontale che deve
essere attentamente monitorata e
trattata al fine di non complicare un
quadro clinico di per se stesso non
semplice e favorire la guarigione con
restituzio ad integrum dell’elementodentale interessato. In una indagine
condotta su 500 dentisti in Lombardia
sulle conoscenze nel campo della
traumatologia dentale proprio questi
quadri clinici più complessi e delicati
sono stati quelli che con maggior
frequenza hanno dato luogo a risposte
non corrette.
A) Frattura coronale non complicata
Riscontri clinici: la frattura coinvolge
smalto o dentina e smalto; la polpa
non è esposta. Il test di sensitività può
essere negativo inizialmente indicando
un danno pulpare transitorio;
controllare la risposta pulpare fino a
che possa essere attuata un a diagnosi
pulpare definitiva.
Riscontri radiografici: si eseguono
le diverse proiezioni per escludere
dislocazione o frattura radicolare. È
raccomandata la radiografia in caso
di lacerazioni di labbro o guancia per
cercare frammenti dentari o materiale
estraneo.
Trattamento: se il frammento dentale
è fruibile, può essere reincollato al
dente. Un’opzione del trattamentod’urgenza è coprire la dentina esposta
con un materiale vetro-ionomerico
o un restauro permanente usando
adesivo e resina composita. Il
trattamento definitivo per la corona
fratturata può essere un restauro con
accettati materiali da conservativa.
B) Frattura coronale complicata
Riscontri clinici: la frattura coinvolgesmalto e dentina con esposizione
pulpare. Il test di sensitività non è
di solito indicato inizialmente dal
momento che la vitalità della polpa può
essere negativa a causa dello shock
pulpare post-traumatico.Le visite di
controllo dopo il trattamento iniziale
includono il monitoraggio della vitalità
pulpare.
Riscontri radiografici: le diverse
TRAUMI AI TESSUTI DURI:
FRATTURA CORONALE NON COMPLICATA
frattura coronale complicata
frattura corono-radicolare
frattura radicolare
frattura alveolare
Traumi ai tessuti di sostegno: -concussione
sublussazione
lussazione estrusiva
lussazione laterale
lussazione intrusiva
exarticolazione
dente avulso con apice chiuso
dente avulso con apice aperto
Tabella 1. Classificazioni semplificata
delle lesioni traumatiche agli elementi
permanenti
Il trattamento delle fratture
coronali e /o radicolari
In questo lavoro prenderemo in
considerazione l’analisi delle linee
guida di trattamento in caso di fratture
interessanti elementi dentali e osso
alveolare. Sono lesioni che interessano
prevalentemente i tessuti duri o dentali
e/o alveolari. Nelle fratture radicolari
e corono-radicolari abbiamo anche
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32
proiezioni radiografiche escludono
dislocazione o frattura radicolare.
È raccomandata una radiografia di
labbro o guancia in caso di lacerazioniper cercare frammenti dentari o
materiale estraneo. Il grado di sviluppo
radicolare può essere determinato
dalle radiografie.
Trattamento: in pazienti giovani,
con denti ancora immaturi, è
vantaggioso preservare la vitalità
pulpare tramite l’incappucciamento
pulpare o la pulpotomia parziale.
Questo trattamento è la scelta
anche nei pazienti giovani con denticompletamente formati. Idrossido
di calcio e MTA sono materiali
adatti per queste procedure. In
pazienti più grandi, il trattamento
canalare può essere quello di scelta,
benché l’incappucciamento pulpare
o la pulpotomia parziale possano
essere attuati in specifici quadri
clinici e circostanze. Il timing del
primo intervento è cruciale: se
almeno come misura temporanea, fino
a che può essere formulato un piano di
trattamento definitivo.
D) Frattura radicolare
Riscontri clinici: il segmento
coronale può essere mobile e dislocato.
Si ricorda che una frattura è visibile
solo se la sorgente radiogena ha una
direzionalità fra il 15-20° rispetto al
piano di frattura.
L’elemento può essere sensibile alla
percussione. Il test di vitalità può
dare risultati inizialmente negativi,
indicando danno pulpare transitorio o
permanente; è consigliato controllare
con test lo stato pulpare con prolungati
follow-up anche radiologici.
Riscontri radiografici: la linea di
frattura può coinvolgere la radice
del dente in un piano orizzontale
o diagonale. Linee di frattura
che decorrono orizzontalmente
possono essere di solito individuatein un’angolazione di 90°. Questo è
solitamente il caso di fratture nel terzo
cervicale della radice.
Se la linea di frattura è più diagonale,
che è comune in fratture del terzo
apicale e medio, una proiezione
occlusale è migliore al fine di
evidenziare la frattura stessa;
Recentemente con l’utilizzo delle nuove
metodiche di imaging come vedremo
nel case report che presentiamo si èaggiunta la possibilità per il clinico
di definire in modo molto preciso
la tipologia di lesione traumatica
attraverso l’utilizzo della TAC
combine. Ovviamente ricorriamo a
tale metodica quando riteniamo che
le informazioni supplementari che la
stessa ci può offrire sono determinanti
per migliorare la terapia e/o la
prognosi della lesione osservata.
trascorre troppo tempo tra il trauma
e il trattamento e la polpa diventa
necrotica, il trattamento canalare è
indicato per conservare il dente.
C) Frattura corono-radicolare
Riscontri clinici: la frattura coinvolge
smalto, dentina e struttura radicolare;
la polpa può essere o non essere
esposta. Altri riscontri possono
includere segmenti di dente liberi ma
a cui i tessuti molli conferiscono una
certa stabilità. Il test di sensitività è
solitamente positivo.
Riscontri radiografici: comenelle fratture radicolari, più di una
proiezione radiografica può essere
necessaria per individuare le linee di
frattura nella radice.
Trattamento: le indicazioni sono
le stesse delle fratture coronali
complicate.
Inoltre, possono essere vantaggiosi i
tentativi di stabilizzare i segmenti liberi
di dente con materiale resinosi adesivi,
FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
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33
Trattamento: riposizionare, se
dislocato, il segmento coronale il più
presto possibile.Controllare la posizione
radiograficamente. Stabilizzare
l’elemento dentale con uno splintaggio
flessibile per 4 settimane.
Se la frattura radicolare è vicino
all’area coronale del dente, la
stabilizzazione è utile per un periodo
di tempo più lungo (fino a 4 mesi).
È consigliabile monitorare la
guarigione per almeno 1 anno per
determinare lo stato di vitalità della
polpa. Se subentra la necrosi pulpare,
è indicato il trattamento canalare del
segmento coronale fino alla linea
di frattura con mantenimento della
vitalità del frammento apicale.
E) Frattura Alveolare
Riscontri clinici: la frattura coinvolge
l’osso alveolare e può estendersi
all’osso basale; sono comuni riscontrimobilità e dislocazione del segmento
fratturato. Spesso si riscontra una
incongruità del rapporto occlusale
dovuto al disallineamento del
segmento alveolare fratturato.
La risposta al test di sensitività è in
relazione al quadro clinico.
Riscontri radiografici: le linee di
frattura possono trovarsi ad ogni
livello, dall’osso marginale all’apice
radicolare. L’indagine panoramicapuò essere di grande aiuto nel
determinare il corso e la posizione
delle linee di frattura.Questa deve
contenere i condili mandibolari per
poterne valutare l’ integrità.
Trattamento: riposizionare ogni
segmento dislocato e poi fissare
gli elementi dentali in modo da
stabilizzare il segmento fratturato
per 4 settimane.
Conclusioni
In molte situazioni cliniche emerge
l’importanza di un approccio
multidisciplinare alla traumatologia
dentale. Chirurghi, ortodontisti,
endodontisti, protesisti collaborano
in sinergia nella cura del medesimo
paziente, che solitamente si presenta allo
studio scosso, impaurito e con il dolore.
L’equipe odontoiatrica deve mostrarsi
pronta ad affrontare l’emergenza;la velocità d’azione,la rapidità
l’organizzazione e la collaborazione tra i
membri del team, nonché la competenza
di ognuno dei professionisti giocano un
ruolo fondamentale nell’esito finale e
quindi nella risoluzione ottimale del caso
al fine di recuperare funzione, estetica
ed autostima. In queste situazioni il
riferimento a linee guida riconosciute è
indispensabile.n
Bibliografia1. Flores MT, Andreasen JO,Bakland LK, Feiglin B, Gutmann JL,Oikarinen K, et al. Guidelines for theevaluation and management of traumaticdental injuries.Dent Traumatol 2001; 17:1-4; 49-52;145-8;97-102.2. Flores MT et al Guidelines for themanagement of traumatic dental injures.I Fractures and luxation of permenant teeth.Dental Traumatology 2007; 23: 66-71.3. Glendor U. Epidemiology of traumaticdental injuries – a 12 year reviewof literature. Dent Traumatol 2008; 25:19-31.4. Hecova H et al. A retrospective study of 889 injured permanent teeth.Dental Traumatology 2010;26: 466-475.5. Zadik Y, Maron Y, Levin L. Dentalpractitioners knowledge andimplementation of the 2007.International Association of DentalTraumatology guidelines for managementof dental trauma. Dental Traumatol
2009;25:490-493.
TEMPO 4 SETT. 6-8 SETT. 4 MESI 6 MESI 1 ANNO 5 ANNIFrattura coronale non complicata C (1) C(1)
Frattura coronale complicata C(1) C(1)
Frattura corono-radicolare C(1) C(1)
Frattura radicolare SC(2) C(2) S(*)C(2) C(2) C(2) C(2)
Frattura alveolare SC(3) C(3) C(3) C(3) C(3) C(3)
Tabella 2. Procedure di monitoraggio per elementi dentali permanenti fratturatie fratture alveolari (Tratto da International Society of Dental Trumatology)
S= rimozione dello splintaggioS(*)= rimozione dello splintaggio in fratture del terzo cervicaleC= esame clinico e radiografico
RISULTATI FAVOREVOLI RISULTATI NON FAVOREVOLI
1
Asintomatico; risposta positiva ai testpulpari; sviluppo radicolare continuonei denti immaturi. Continuare allaprossima valutazione.
Sintomatico; risposta negativa ai test pulpari; segnidi periodontite apicale; sviluppo radicolare noncontinuato nei denti immaturi; è indicato il trattamentocanalare.
2
Risposta positiva ai test pulpari (falsinegativi possibili fino a 3 mesi). Segnidi riparazione tra i segmenti fratturati.Continuare alla prossima valutazione.
Risposta negativa ai test pulpari (falsi negativipossibili fino a 3 mesi). Segni clinici di periodontite.Radiotrasparenza adiacente alla linea di frattura. Èindicato il trattamento canalare solo fino alla linea difrattura.
3
Risposta positiva ai test pulpari(falsi negativi possibili fino a 3 mesi).Nessun segno di periodontite apicale.Continuare alla prossima valutazione.
Risposta negativa ai test pulpari (falsi negativipossibili fino a 3 mesi). Segni di periodontite apicaleo riassorbimento esterno. È indicato il trattamentocanalare.
FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
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on appena il 24 Maggio
1915, sul lungo e
difficile fronte italo-
austriaco, dallo Stelvio al mare, dai
forti di Trafoi, di Gomagoi, di Luserna,
del Pozzacchio e giù fino a quelli
dell’Hermada cominciarono a tuonare
le potenti artiglierie ed i nostri valorosi
fanti con impeto e valore leggendari
partirono all’attacco delle munitissime
dominanti posizioni nemiche, laDirezione di Sanità del III Corpo
d’Armata di Milano, sollecitata dai
Superiori Comandanti prendeva tutte le
disposizioni per assicurare il più ampio
e il più efficiente servizio sanitario in
città ed in provincia, organizzando,
allestendo ed attrezzando in Milano e
nei minori centri di sua competenza
territoriale in ausilio al grande Ospedale
Militare Principale di Milano, presso
Piazza Sant’Ambrogio, già funzionante
in tempo di pace, situato ove ora
sorge la sede milanese dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore, una moderna
struttura ospedaliera “di riserva” in
grado di fronteggiare ad ogni possibile
emergenza bellica, come poi avvenne.
Il personale medico assegnato a
questa nuova e solida struttura
ospedaliera proveniva gran parte
dal servizio sanitario militare della
STORIA DELLA MEDICINA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
34
34
Dario CovaPrimario Emerito Onco-Geriatra, CommissioneCultura, Ordine dei Medici Chirurghi e degli
Odontoiatri di Milano
Ugo GarbariniPrimario Emerito Ospedaliero, Presidente Ordinedei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
Ospedali Militari di Riserva
N
Nella Città di Milano una storia di eccellenza e umanità
durante la Grande Guerra
Figure 1 e 2 - La dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria
il 24 Maggio 1915, “Il Piave mormorava…”
riserva, integrato da quei medici civili
che, pur non avendo obblighi militari,
accettavano di prestare servizio in caso
di mobilizzazione di guerra, con gradi
(o assimilazione di grado) predisposti
dall’Ispettorato della Sanità Militare.
Dato il gran numero delle classi
mobilitate, era naturale che l’impianto
di nuovi ospedali dovesse assumere
proporzioni mai raggiunte nelle guerre
precedenti. Sulla scorta dei progetti
elaborati dai Direttori Territoriali di
Sanità fin dal tempo di pace, e di altri
progetti improvvisati all’emergere
di nuove esigenze si occuparono
caserme, scuole, collegi, seminari,
opifici, alberghi, che si trasformarono
in altrettanti ospedali. (1,2).
Per dimensione quantitativa dell’attività
svolta dagli ospedali di riserva,
Milano rimaneva il centro sanitario
più importante sia dal punto di vista
logistico che da quello clinico. Nella
sola Milano, negli anni di guerra, dallo
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STORIA DELLA MEDICINA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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35
scalo di Porta Vittoria, vennero ripartiti
sugli ospedali della città 179.826
infermi, di cui 4.213 ufficiali, giunti su
652 treni-ospedale. Da uno spoglio dei
registri delle ripartizioni, risulta che:
72.511 infermi erano affetti da malattie
mediche; 103.550 da forme chirurgiche
di cui 7.400 ferite cerebrali; 3.765 da
forme specialistiche quali oftalmologia,
otorino, eccetera e 1.535 da malattie
infettive in genere. Dallo scalo di Porta
Vittoria partirono 163 treni-ospedali di
Figura 3 - Grafico dimostrativo del Servizio Sanitario durante la I Guerra Mondiale,
da “Ospedalizzazione Militare in guerra”
sgombero con 44.709 infermi destinati
ad altri ospedali del Regno. (3,4)
La Direzione di Sanità Militare del
III Corpo d’Armata, che aveva la
giurisdizione sulla Lombardia, per
rendere più ampia ed efficiente
l’assistenza medica ai feriti e agli
ammalati sgomberati dal fronte in
zona territoriale, decideva di allestire
ex novo, ad integrazione dei servizi
offerti dall’Ospedale Militare Principale
di Milano, una moderna struttura
ospedaliera “di riserva” per interventi
di chirurgia, nella stessa Istituzione.
Inoltre l’autorità militare richiese la
disponibilità di strutture pubbliche, di
seguito riportate, non necessariamente
ospedaliere, ma allestite all’uopo, per
l’assistenza ai feriti di guerra a cui
venne assegnato uno specifico servizio
sanitario.
Tra gli ospedali della città di Milano la
Ca’ Granda svolse un ruolo importante
per la varietà dei servizi offerti, in
particolare quelli chirurgici. Nel
Padiglione Zonda, costruito grazie alla
generosità dei fratelli Emilio ed Enrico
Zonda, inaugurato il primo Maggio
del 1915 e adibito alla cura dei feriti,
il prof. Fasiani organizzò un centro di
alta specializzazione chirurgica. Tra
i feriti ricoverati ricordiamo Ernest
Hemingway che in “Addio alle armi”
ricorda il ricovero allo Zonda.
Il giovane Hemingway, assegnato
dapprima alla Sezione IV della Croce
Rossa Internazionale americana,
presso il Lanificio Cazzola a Schio,
cittadina ai piedi del Pasubio, fece
domanda di essere trasferito in prima
linea. Fu mandato sulla riva del basso
Piave, nelle vicinanze di Fossalta di
Piave, come assistente di trincea.
Aveva il compito di distribuire generi
di conforto ai soldati, recandosi
quotidianamente alle prime linee
in bicicletta. Durante la notte tra
l’8 e il 9 luglio, nel pieno delle sue
mansioni, venne colpito dalle schegge
dell’esplosione di un mortaio austriaco
Minenwerfer.
Cercò di mettere in salvo i feriti ma,
mentre stava recandosi al Comando
con un ferito in spalla, fu colpito alla
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SERVIZIO SANITARIOASSEGNATO
REPARTI OSPEDALIERIINFERMI RICOVERATINEI RISPETTIVI REPARTI
TOTALE
Chirurgia
Osservazione Ospedale Militare Principale 25.586 25.586
Chirurgia
Casa Musicisti VerdiOspedale Colonia FranceseIstituto BassiniMarcellineBenedettine
2.4004.8953.2587.68712.570
30.810
Chirurgia di guerra
Dormitorio PopolareOspedale Chirurgico (Via Pace)Istituti CliniciIstituto De MarchiAlbergo TrivulzioSuore Mantellate
Collegio LongoneSuore Sacro CuorePadiglioni Litta e Zonda
7.8525.1693.9641.42530.7002.943
5.3094.5002.020
63.881
Medicina
Ospedale MaggioreCollegio CabriniStabilimento BrioschiSuore MarcellineSuore AddolorataSuore CanossianeOspedale FatebenefratelliSuore CaritàSuore Marcelline (P.zza Tommaseo)
Clinica S. Barnaba
8.2706.5006.3403.7825.87010.7832.4005.2496.100
3.500
58.794
Otorinolaringoiatria
Albergo Minerva E ArgentinaAlbergo AuroraAmbulanza S. CoronaAmbulatorio Policonsultivo
6.21269020.835690
27.427
Medicina e Chirurgia
Seminario ArcivescovileStabilimento BisleriGruppo Ospedaliero (P.zza Fontana)Gruppo Stazione CentraleAlbergo Popolare (Via D’Oggione)Collegio Calchi - TaeggiAlbergo MortaraIstituto Missioni Estere
6.0203.7605.9751.96017.6902.600650960
39.615
Tabella 1 - Servizi assegnati ai reparti ospedalieri di Milano (esclusi i reparti staccati dell’Ospedale
Militare Principale di Riserva e degli Ospedali contumaciali, da “Sanità Militare in Italia durante
la I Guerra Mondiale”)
gamba destra dai proiettili di una
mitragliatrice che gli penetrarono nel
piede e in una rotula.
Il 15 luglio fu finalmente trasportato
su un treno-ospedale e il 17 luglio
giunse a Milano dove fu operato.
All’ospedale, dove rimase tre mesi, si
innamorò, ricambiato, di un’infermiera
statunitense di origine tedesca, Agnes
von Kurowski, che però non manterrà
la promessa di sposarlo, perché
considerava questa una relazione
giovanile, fugace e platonica. Dimesso
dall’ospedale e decorato con la Croce
al merito di guerra americana e con la
Medaglia d’argento al Valor Militare
italiana, ritornò al fronte a Bassano
del Grappa; smobilitato il 21 gennaio
del 1919, fece ritorno a Oak Park,
accolto come un eroe. Come sempre
la guerra, le guerre, avevano dato
impulso alla scienza, in particolare alla
medicina: Carlo Besta e Mario Donati
che caratterizzeranno i primi anni del
Figura 4 - Il giovane Ernest Hemingway
in uniforme, 1918
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Figura 5 - Carlo Besta in divisa militare durante
la Grande Guerra.
Medicina e Chirurgiacontumaciale
Scuola di Via TrevisoScuola di Via MorosiniScuola di Via Del VignolaScuola di Via G. RomanoScuola di Viale BrianzaScuola di Pzza SiciliaScuola di Via GentilinoScuola di P.zza Bandiera
Scuola di Via SondrioScuola di Via A. CostaScuola di Via BorgognoneScuola di Via GalvaniScuola di Viale LombardiaCollegio delle R. Fanciulle
2.00025.2963.1003.0008.00014.0006.71511 .019
14.0003.9693.0183.80016.3577.191
121.265
Chirurgia Ortopedica Istituti Rachitici 3.670 3.670
Sistema NervosoO.M. Padiglioni BuffiIstituto Zaccaria
3.2583.875
7133
Osservazione Scuola di Via S. Orsola 20.000 20.000
Tracomatosi Stabilimento Industriale 1.350 1.350
Centro Stomatologico Collegio Leone XIII 3.457 3.457
Medicina e Malarici Scuola di Via Massimo D’Azeglio 1.764 1.764
Dermoceltici Istituto Cattaneo 24.576 24.576
Malattie ApparatoRespiratorio
Scuola di Via Arena 14.000 14.000
Malattie infettiveOspedale Contagiosi DerganoScuola di Via Mantegna
3.5701 .601
5.171
OftalmicoCasa Salute S. GiuseppeScuola di Via AribertoCollegio Orsoline
60017.6305.914
24.144
Centro FisioterapicoScuola di Via ComasinaCase Popolari (Niguarda)Villa Marelli
10.98515.6801.500
28.165
Autolesionisti Scuola di Via Fabio Filzi 1.250 1.250
Mutilati e Storpi Conservatorio Verdi 400 400
Granulosi Gruppo Villini Franco 2.000 2.000
Centro NeurologicoCollegio GuastallaScuola di Via Benedetto Marcello
5.0002.400
7.400
Malattie di Petto Istituto Missionarie 5.000 5.000
Forme Psichiche Dormitorio di Via Cesare Balbo 1.600 1.600
futuro Istituto Neurologico Vittorio
Emanuele III, ora Carlo Besta, avevano
entrambi maturato la convinzione che
le competenze acquisite al capezzale
del ferito di guerra non dovessero
essere disperse ma che negli anni
a venire avrebbero portato a nobili
realizzazioni, a grandi Istituzioni, si
ritroveranno di lì a qualche anno!
Ben presto, nel 1915 all’inizio
della guerra, Carlo Besta
viene richiamato alle armi e
destinato all’Ospedale Militare
di Milano con il grado di
Maggiore Medico dell’esercito
e consulente neurologo, con
visione preveggente progettò
di raccogliere in un’unica sede
lo studio e la cura dei feriti del
sistema nervoso provenienti dal
fronte di guerra: per sua iniziativa
nasce, con la collaborazione del
Direttore dell’Ospedale Militare
Principale, Col. Schizzi, e del suo
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Vice, Col. Massarotti, il centro per
i feriti del sistema nervoso, accolti
presso il Collegio Reale delle Fanciulle
nella centrale Via Guastalla a Milano,
nasce così il Centro Neurochirurgico
della Guastalla, diretto dal professor
Carlo Besta, che tra il 1915 e il 1918
ospiterà ben 5.000 neurolesi e che verrà
affiancato dal Centro Neurologico
delle scuole di Via Benedetto Marcello
diretto dal professor Eugenio Medea
che accoglierà 2.400 feriti neurolesi,
nell’arco del conflitto.
Il Centro Neurochirurgico della
Guastalla era capace complessivamente
di 450 letti, e svolse la propria attività
per un quadriennio (1915-1919):
l’organizzazione del nosocomio
comprendeva le strutture essenziali
per la cura globale dei neurolesi,
in modo particolare dei feriti e
lesionati al cervello; era dotato di una
camera chirurgica, un impianto di
radiodiagnostica e di Röntgenterapia
profonda ed un completo impianto per
le cure fisioterapiche e riabilitative.
L’autorità militare richiese la
disponibilità del vasto complesso
assistenziale per anziani e malati
cronici denominato Pio Albergo
Trivulzio (popolarmente definito
“Baggina”) sollecitando il trasferimento
dei suoi ospiti, i “Vecchioni”, nella
sede di Porta Vittoria dell’Orfanotrofio
maschile dei “Martinitt”, a loro volta
sistemati nella casa di campagna di
Canzo, in Brianza.
Ma se il trasloco dei ricoverati anziani
e autosufficienti era fattibile, più
difficoltoso si presentava lo sgombero
del Cronicario, dove erano assistiti
per conto del Comune di Milano, oltre
800 malati inguaribili. A tale proposito
si svolsero amichevoli trattative fra
l’Autorità militare, le rappresentanze
del Comune di Milano e della Pia
Amministrazione che si conclusero con
un accordo vantaggioso per entrambe
le parti. (5)
Il Cronicario rimaneva nelle sue
originarie strutture (edificio a sinistra
entrando) lasciando libero l’edificio
sulla destra (Ospizio dei sani) per
l’allestimento di uno spazioso ospedale
militare chirurgico di riserva, in
grado di far fronte ad ogni possibile
emergenza bellica, come poi avvenne.
Il complesso residenziale, che aveva
allora solo cinque anni di vita, era
quanto di meglio poteva offrire la
città di Milano: edifici moderni e
funzionali, spaziosi e ben ventilati, con
buona esposizione solare, strutture
già attrezzate con impianti di base, che
potevano, con appropriati adattamenti,
essere utilizzati per le nuove esigenze
medico-militari.
Tre mesi dopo la sua istituzione per
le drammatiche esigenze di guerra
e le sopravvenute epidemie di
colera, venne istituita una sezione
contumaciale, portando a 1240 i posti
letto normalmente disponibili.
L’Ospedale funzionò sempre al gran
completo, con la costante presenza di
feriti gravi barellati: dal 22 agosto 1915
al 31 maggio 1921 i militari ricoverati
furono ben 35.463 con un totale di
1.186.751 giornate di presenza.
Figura 6 - Milano, Centro Neurochirurgico della Guastalla.
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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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conosciuto, di eccellenza e umanità che
è giusto ricordare.
Nel giugno del 1918 le operazioni
belliche sul fronte italiano furonocaratterizzate dall’ultimo grande
attacco austriaco dal significativo e
minaccioso nome di “Operazione
Radetzki”. Dopo sei giorni di inutile
lotta gli austriaci abbandonarono il
terreno e come disse Ludendorff “Per
la prima volta avemmo la sensazione
della nostra sconfitta.” Di lì a qualche
mese Vittorio Veneto, la Vittoria!
Bibliografia• Massarotti G. - Il servizio degli
sgomberi. In: Ospedalizzazione militare
in guerra. Ravà & O. Editori Milano
1915
• Perego V. - Distribuzione dei feriti nei
centri sede di ospedali di riserva. In:
Sgombero dei feriti e degli ammalati in
guerra. Ravà & C. Editori Milano 1916
• Manganaro C. - Il servizio sanitario
militare in guerra. Società editrice
libraria Milano 1938
• De Napoli D. - Il servizio degli
sgomberi. In: La sanità militare in Italia
durante la I Guerra Mondiale. Editrice
Alpes Roma 1989
• Gucciardi E. - La “Baggina in grigio-
verde”. In: Il Pio Albergo Trivulzio nella
storia e nell’attualità. Editore Consiglio
Orfanotrofi e Luogo Pio Trivulzio.
Milano 1961.
Figura 7 - Pio Albergo Trivulzio, Ospedale chirurgico militare di riserva
(Civica raccolta stampe Bertarelli)
Nel complesso i feriti ricoverati in
chirurgia furono 19.463, dei quali
645 ufficiali, 16.909 di truppa e 2092
prigionieri di guerra.
Da rilevare la percentuale
estremamente bassa di decessi ove
si consideri il numero e la gravità dei
feriti: lasciarono la vita 4 ufficiali, 321
soldati e graduati e 98 prigionieri.
La Città di Milano, con le sue strutture
civili “militarizzate” e le Istituzioni
sanitarie d’avanguardia, ebbe un
ruolo di primo piano in quell’immane
conflitto: un contributo, poco
STORIA DELLA MEDICINA
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opo la laurea in
odontoiatria Veronica
Vismara, si specializza
in Omotossicologia e discipline
integrate, frequenta numerosi corsi
in Kinesiologia Applicata, si diploma
Trainer e Counselor in Programmazione
Neuro Linguistica (PNL),e ottiene il
Master Advanced in Ipnosi Eriksoniana.
È coautrice con Lorenzo Pierobon
del libro “Suoni dell’anima, l’essenza
nascosta della voce” (ed. Minerva), è
cantante jazz (ha inciso tre CD), pratica
il canto armonico e scrive liriche. Un
profilo con tante sfaccettature cheruotano tutte, come in un caleidoscopio
dalle mille forme colorate, attorno al
paziente, alla necessità profonda di
metterlo al centro della suo stato di
salute e di una relazione profonda
e autentica che richiede nuove
competenze al medico; non solo tecnica,
ma anche comunicazione.
In che modo la comunicazione
è un requisito importante per
l’odontoiatra moderno?
La comunicazione, non solo verbale,
ma anche paraverbale, cioè attraverso
l’uso della voce, e non verbale, tramite
il corpo, è il primo passo per una
relazione efficace tra medico e paziente,
relazione che in ambito odontoiatrico
può durare anche molto a lungo. È un
privilegio che abbiamo noi odontoiatri
rispetto ad altri colleghi medici con altre
INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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40
Tiziana Azzani
Partire dalle parole... non dette
D
Il rapporto medico-paziente in odontoiatria
specializzazioni. Non di rado ci capita
infatti di incontrare un paziente quando
è bambino; se siamo capaci di costruire
un legame autentico, allora è probabile
che lo seguiremo per tutta la vita e con
lui anche la famiglia che lo circonda.
Per poter comunicare è necessario
prima di tutto saper ascoltare. È
fondamentale imparare a comprendere
il linguaggio del corpo, la gestualità,
le sfumature della voce, per capire
veramente quello che le persone ci
stanno chiedendo. Le persone spesso
non avanzano richieste verbali esplicite,
a volte non hanno le idee chiare equindi sta a noi, aiutarle a definire i loro
obiettivi. Solo se individuiamo questi
aspetti, riusciamo a rispondere ai loro
reali bisogni.
Pensiamo ad esempio a una prima
visita. Io mi occupo soprattutto di
gnatologia e spesso i pazienti giungono
nel mio studio già informati, dopo aver
consultato altri colleghi. A differenza
di quanto possa sembrare, non è
assolutamente il prezzo che guida laloro scelta ma la fiducia che sentono
di poter riporre nel medico che si
trovano di fronte. E soprattutto al primo
incontro non è solo la mia competenza
quella che emerge, ma la possibilità di
sentirsi accolti, capiti e soprattutto di
potersi fidare. Solitamente il paziente
intuisce e successivamente apprezza la
mia capacità di ascolto, la mia chiarezza
e la mia autenticità. Le persone
capiscono istintivamente se crediamo
in quello che stiamo dicendo. È allora
fondamentale imparare a essere
congruenti: congruenza tra quello che
si dice verbalmente e quello che si
comunica con il corpo, con i gesti, conla voce. Nei livelli più alti della gerarchia
dei miei valori ci sono l’autenticità,
l’equità e la congruenza e proprio per
questo è difficile che un paziente non
segua un mio consiglio, perché sa che
quello che gli sto proponendo è la cosa
migliore per lui.
Dove ha imparato e affinato
le tecniche di ascolto e di
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INTERVISTA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
41
41
comunicazione?
Lo studio dei processi comunicativi
secondo il modello PNL
(Programmazione Neuro Linguistica)
mi ha insegnato a leggere i messaggi
non consapevoli inviati della persona, verbali e non verbali e ad avere i sensi
molto vigili e recettivi per riuscire a
capirla e nello stesso tempo rimandarle
un messaggio coerente e in linea
con il suo modello comunicativo.
Mi ha aiutato in pratica a leggere
l’esperienza interna dei miei pazienti
attraverso i processi di cambiamento
comportamentali. Ogni comportamento
è comunicazione, anche il silenzio è
comunicazione. Un soggetto che sta
zitto mi comunica infatti la sua decisione
di non parlare. Ogni comportamento-inteso come linguaggio, movimenti
oculari, variazioni della respirazione,
della voce, cambiamenti del colore
della pelle- è la risultante di una serie di
processi neurologici interni e pertanto
fornisce informazioni sui processi stessi.
L’arrossamento del viso di un soggetto
in conseguenza di un avvenimento
ci indica la reazione del soggetto in
relazione a quel tipo di situazione.
L’insorgenza di una fobia, ad esempio
l’odontofobia, può esprimere un trauma
avvenuto in un particolare contesto
e la reazione fobica non è altro che il
tentativo da parte dell’individuo di non
ritrovarsi nella stessa situazione.
Nella comunicazione oltre al
corpo anche la voce ha un ruolo
fondamentale.
La voce non comunica solo concetti,ma con i suoi diversi toni e sfumature
esprime le emozioni. È da tempo che
studio l’uso e il ruolo della voce nei
diversi contesti; la mia passione per il
canto (dopo l’odontoiatria, il canto è la
mia seconda passione) mi ha portato
a coltivare un uso della voce anche
dal punto di vista artistico e a toccare
con mano l’importanza dell’intenzione
che una persona mette nelle parole
che dice sia quando vuole comunicareuna prestazione clinica sia durante
una performance artistica. La voce,
attraverso tutti i parametri che possono
variare, è una leva importante che uso
nella comunicazione con i miei pazienti,
anche con i più piccoli.
Quale comunicazione con i più
piccoli?
Con i bambini cerco una relazione
intima, lasciando “fuori” i genitori. Con
i genitori parlo a parte, ma quando
il piccolo è in poltrona io sono lì solo
per lui, per sostenerlo, per accoglierlo.
Non è difficile diventare complici, basta
parlare il suo linguaggio. Per ottenere
la sua fiducia bisogna sostenerlo e fargli
capire che gli crediamo. In PNL si parla
di “ricalco” del mondo del paziente. Se
mi dice che sente male, inutile sminuire
la cosa dicendo che non è possibile,magari deridendolo, perché così
significa prenderlo in giro e allontanare
la sua fiducia. Bisogna piuttosto
accogliere quello che comunica e
rispondere con dolcezza: “So che stai
sentendo fastidio o dolore, hai ragione,
ma tra un istante non sentirai più
nulla e potremo lavorare tranquilli”. È
molto utile con i bambini utilizzare un
linguaggio vago e ipnotico, mostrandosi
curiosi sui loro film o cartoni preferitied evocando immagini in modo da
spostare la loro attenzione. Hanno un
inconscio molto produttivo e ricco e, se
invitati, fantasticano volentieri.
L’uso della voce cantata o parlata
ha anche un ruolo terapeutico.
In che modo?
L’uso della voce rientra in un percorso
di rieducazione funzionale del cavo
Veronica
Vismara
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42
INTERVISTA
orale (RFCO) per la cura delle persone
che presentano abitudini viziate -morsicatura del labbro o di oggetti,
onicofagia, tic nervosi, serramento
e bruxismo- spesso associate ad
alterazioni dell’occlusione, deglutizione
atipica e respirazione orale a loro volta
correlate, secondo Laura Bertelè, e
secondo uno studio condotto con
lei e Antonio Busato su 120 pazienti,
alla presenza di scoliosi. In questi
soggetti, la terapia ortodontica, anche
se apparentemente può sembrare lasoluzione più appropriata, è in realtà
spesso da evitare almeno fino al
completamento della fase evolutiva
di crescita. Ovviamente non si può
essere categorici con decisioni simili,
ma il soggetto, qualora l’ortodonzia sia
inevitabile, va seguito e monitorato di
volta in volta con molta attenzione. È
sempre auspicabile invece identificare
un intervento finalizzato innanzituttoall’elaborazione di strategie e
comportamenti che permettano
l’eliminazione delle abitudini viziate,
e in secondo luogo dedicato ad
esercizi specifici per ripristinare le
corrette funzioni, tra cui respirazione,
deglutizione e fonazione.
Questo ovviamente vale anche per i
pazienti non portatori di scoliosi, ed
equivale metaforicamente a togliere
il piede dal freno prima di schiacciarel’acceleratore! Tornando alla voce,
essa si sviluppa parallelamente alla
verticalizzazione del bambino e una
buona emissione vocale accompagnata
da un atto fonatorio corretto aiuta a
rilassare i muscoli periorali, oltre che
aggiungere una componente ludica
dell’uso dello strumento primordiale
che ognuno di noi ha sempre a
disposizione. n
IL SORRISO DEL DENTISTA
SE ARTE E PROFESSIONE SI FONDONO
Mi accoglie con un sorriso che è lo stesso che condivide con i suoi pazienti.Giulia Faggioni è una giovane odontoiatra che sente l’importanza, prima ancoradi prendere in mano gli strumenti di lavoro, di entrare in relazione con il pazientee di trasmettere la sua positività.«È sempre più importante costruire un dialogo con i propri pazienti. È una esigenzamia di medico per capire le situazioni che mi si pongono davanti: il paziente non è solo segnie sintomi ma è anche tutto il contesto in cui vive e tutto quello che vive. È un’esigenza delpaziente per affrontare più positivamente e con relax la seduta senza sentirsi “toccato oviolato” in una parte così intima come la bocca. Ingredienti essenziali per costruire un dialogosono l’ascolto, la comprensione dei gesti e della mimica e la complicità con un linguaggio,
soprattutto con i più piccoli, alla loro portata. Con i bambini mi piace inventare o farmiraccontare una storia, ridere con loro, imitare la voce di un cartone animato, canticchiare conloro. Accolgo e rispondo alle loro provocazioni in modo giocoso perché voglio che capiscanoche sono pronta a giocare con loro e che di me si possono fidare. Sono comportamenti chenascono dal mio bagaglio personale e che attingono dalla mia seconda passione, quella peril teatro. Non mi è dunque difficile coinvolgere i miei piccoli pazienti e sciogliere in loro lapaura di sentire male. Essere complice per me significa anche renderli partecipi di quello chesto facendo e quindi mostrare loro gli strumenti, spiegare gli interventi e quando necessariocondividere con loro delle esperienze, compresa la mia esperienza di paziente. Certo percostruire un dialogo serve tempo, ma solo con il tempo potremo riuscire a costruire unrapporto profondo e duraturo».
Giulia Faggioni
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el 2009 secondo i dati Istat
( Indagine sulle famiglie “Aspetti
della vita quotidiana, 2009” )
in Italia le persone dai 3 anni in su che
praticano sport sono poco più di 18
milioni, pari al 31% della popolazione;
di queste, il 21% si dedica allo sport
in modo continuativo, il 10% solo
saltuariamente.
Dal punto di vista territoriale, è evidente
come la pratica sportiva e l’attività fisica diminuiscano man mano che si
scende da Nord a Sud: il Nordest è la
ripartizione geografica con la quota
più elevata di persone che praticano
sport (39%), mentre il Mezzogiorno si
caratterizza per la quota maggiore di
sedentari. La ricerca scientifica ha ormai
inconfutabilmente dimostrato che la
vita sedentaria sia causa di numerose
patologie, valorizzando contestualmente
il ruolo dell’attività fisica in tutte le
fasce d’età della nostra popolazione e
richiamando le istituzioni sulla necessità
di promuoverne la diffusione.
Malattie come ipertensione arteriosa,
obesità, dislipidemie, diabete mellito,
sindromi dispeptiche, sindromi ansioso
depressive e neoplasie sono sempre
più diffuse sia per l’allungamento della
vita media nel nostro paese, ma anche
per la diffusione di abitudini di vita non
FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Ugo MonsellatoSpecialista in Medicina dello Sport -
Docente Scuola dello Sport CONI - LombardiaNon tutti gli sport sono uguali
N
È necessario ripensare la normativa vigente per laformulazione del certificato di idoneità alla pratica sportiva;così come in futuro l’azione del MMG dovrà prevedere un correttoorientamento del paziente verso l’attività fisica a lui più consona
corrette: sedentarietà, cattive abitudini
alimentari, stress ecc.
Gli effetti positivi di una regolare attività
fisica sono molteplici, come ad esempio:
• la riduzione del rischio di morte
improvvisa,
• la riduzione del rischio di infarto o di
malattie cardiache,
• la riduzione del rischio di sviluppare
tumori del colon,
• la riduzione del rischio di sviluppare ildiabete tipo 2,
• la prevenzione o la riduzione
dell’ipertensione arteriosa,
• la prevenzione o la riduzione
dell’osteoporosi,
• il minor rischio di sviluppo di dolori
del tratto lombare della colonna
vertebrale,
• la riduzione dei sintomi di ansia,
stress, depressione e solitudine,
• la prevenzione dei comportamenti a
rischio derivanti dall’uso di tabacco,
alcol, diete non sane e atteggiamenti
violenti,
• calo del peso corporeo con
diminuzione del rischio di obesità.
Nello studio del Medico di Medicina
generale e di Pediatria arrivano
richieste di certificazione di stato di
buona salute dagli utenti per le esigenze
più varie e l’emissione di questo
certificato rappresenta talvolta per il
medico una fonte di preoccupazione
non da poco. Quali sono le motivazioni
che spingono gli assistiti alla richiesta
del certificato di stato di buona salute?
Certificato di stato di buona salute
in ambito scolastico
Tali richieste fatte dalla scuola sono
sottoposte a una specifica normativae vengono rilasciati gratuitamente
per gli alunni che svolgono attività
fisico-sportive organizzate dagli organi
scolastici nell’ambito delle attività
parascolastiche (extrascolastiche),
che partecipano a gare e campionati
caratterizzate da competizioni tra
studenti in orario extracurricolare,
che partecipano ai Giochi Sportivi
Studenteschi nella fase Provinciale e
Regionale.
Tale certificazione che riguarda giovani
utenti non rappresenta in genere
problematiche particolari: un’accurata
anamnesi e una corretta visita
consentono l’emissione del certificato
senza particolari rischi.
Frequenti sono invece le irregolarità
e/o l’abuso delle richieste; per esempio,
nella scuola elementare, essendo i
Giochi Sportivi Studenteschi limitati
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alla fase d’Istituto con prove a carattere
polivalente (percorsi,circuiti,giochi...)
e in considerazione del fine ludicoeducativo, gli alunni non necessitano
di certificazione. Ma la maggior parte
delle richieste di certificato vengono
per altre attività.
Giovani praticanti attività fisica non
in ambito federale
Le richieste di certificato vengono
effettuate per la partecipazione a
• corsi di nuoto
• corsi di ginnastica
• attività di palestra
• attività in villaggi turistici ecc.
Giovani praticanti attività fisica
nell’ambito delle Federazioni del
CONI o degli EPS classificate come
attività sportive non agonistiche
In Tabella 1 sono elencati gli sport per
i quali vengono richiesti certificati di
stato di buona salute.
Adulti praticanti attività fisica non
in ambito federale
propria immagine estetica
• Attività di palestra finalizzata alla
difesa personale• Corsi di nuoto
• Attività fisica organizzate in ambito
comunale
• Attività fisica organizzate in ambito
aziendale
• Attività consigliata o prescritta dal
medico specialista in presenza di
patologie che possono trarre beneficio
dall’attività fisica.
Adulti praticanti attività fisica
nell’ambito delle Federazioni
del CONI o negli EPS ma tesserati
come non agonisti
Le richieste di certificato vengono
effettuate per le seguenti attività
non agonistiche:
• Allenatori di Calcio o di altri sport
• Calcetto
• Cicloturismo
• Corsa (mezzofondo, fondo )• Volley
• Pallacanestro
• Arti marziali
• Danza
• Nuoto
• Sci di fondo
• Tennis
Non tutti gli sport sono uguali…Da un punto di vista fisiologico
le attività sportive possono essere
classificate con modalità diverse
utilizzando ora questo, ora quest’altro
parametro biologico.
La classificazione più usata è quella
basata sulle “ prevalenti sorgenti
energetiche utilizzate nel lavoro
muscolare (attività anaerobiche alattacide
o lattacide, aerobiche)” e dall’altro
sulle “caratteristiche biomeccaniche”
proprie dei gesti sportivi delle singole
discipline (Dal Monte). Un altro
criterio di classificazione è quello
basato sull’ impegno cardiovascolareche esse comportano. Non è facile però
inquadrare gli sport in schemi rigidi,
tante sono le variabili tra sport e sport
e varie sono le risposte dell’organismo
umano all’interno dello stesso sport in
funzione del livello di impegno con cui
viene praticato.
Vediamo di fare alcune distinzioni
semplici:
…per impegno metabolicomuscolareL’energia che noi utilizziamo ci viene
fornita dagli alimenti che mangiamo.
Questa energia non viene direttamente
usata per effettuare lavoro, essa invece
viene prima immagazzinata sotto forma
di glicogeno o tessuto adiposo e quando
necessaria utilizzata per caricare di
energia un altro composto chimico
detto adenosintrifosfato (ATP) il qualetrovasi in quantità diverse in tutte le
cellule dell’organismo particolarmente
in quelle muscolari. Solo con la
demolizione dell’ATP (in ADP + P)
l’energia può essere trasformata in
lavoro meccanico (e calore ).
In ogni cellula c’è solo una quantità
limitata di ATP pertanto deve essere
costantemente rigenerato.
Tre sono i processi fornitori di energia
per la sintesi di ATP:
• Il sistema anaerobico alattacido
o il sistema del fosfageno con il
quale la resintesi di ATP avviene
per cessione di energia proveniente
dalla Fosfocreatina (PC) ciò avviene
durante attività fisica ad alta
intensità ma di brevissima durata
(lancio del disco, sollevamento pesi,
atletica velocità 60m)
• La glicolisi anaerobica o sistema
SPORT Età: fino a
Nuoto, danza, ginnastica art.,tennis, equitazione, twirling
7
Tennis da tavolo 8
Pallavolo 9
Pallacanestro 10
Calcio, karate, judo, sci di fondo 11Ciclismo, rugby 12
Pugilato 13
Kick boxing 10/13/16
Tabella 1
Le richieste di certificato vengono
effettuate per la partecipazione a:
• Attività di palestra a carattere
ricreativo e socializzante
• Attività di palestra finalizzata al
dimagrimento o al miglioramento della
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dell’acido lattico che libera energia
attraverso la parziale degradazione
di glucosio o di glicogeno; ciòavviene durante attività ad alta
intensità della durata di qualche
minuto (corsa 400/800m, nuoto
50/100m)
• Il metabolismo aerobico o sistema
dell’ossigeno che utilizzando
carboidrati o grassi in presenza
di O2 (ossidazione); ciò avviene
durante attività di intensità media o
medio-elevata della durata anche di
ore (ciclismo su strada, maratona,
nuoto, sci di fondo).
L’intervento di uno di questi processi è
in funzione delle richieste energetiche
nell’unità di tempo: maggiore è la
richiesta energetica perché maggiore è
lo sforzo atletico, meno sufficiente sarà
la quantità di O2
trasportata ai tessuti, ne
consegue che maggiore sarà l’utilizzo
dei sistemi anaerobici. Quando il fisico è
impegnato più a lungo e più lentamentee le richieste energetiche sono minori,
l’O2
trasportato ai tessuti sarà sufficiente
a soddisfare le necessità del sistema
aerobico tipico dei lavori di resistenza
anche di lunga durata.
… per impegno cardiovascolareche comportanoUguali difficoltà si incontrano ancora
oggi nel classificare le diverse
attività sportive in base all’impegno
cardiovascolare che esse comportano.
Il COCIS (Comitato Organizzativo
Cardiologico per l’Idoneità allo Sport)
ha proposto una classificazione “dal
solo valore indicativo” delle attività
sportive in relazione all’impegno
cardiovascolare. Tale classificazione è
basata principalmente sull’analisi del
comportamento di alcuni parametri
di facile rilievo,
quali la Frequenza
Cardiaca (FC) e la pressione arteriosa,
e la loro integrazione con i parametri
fisiologici, al fine di prendere in
considerazione tre indici fondamentali:
resistenze periferiche (RP), gettata
cardiaca (GC) e grado di stimolazione
adrenergica (quest’ultima correlata
anche a influenze emozionali). In
base a tali parametri è stato possibile
identificare 4 gruppi classificativi delle
attività sportive.
GRUPPO A: attività sportive
con impegno cardiocircolatoriodi tipo “neurogeno”
Il gruppo A (Tabella A) è caratterizzato
da incrementi principalmente della
FC da minimi a moderati (senza
significativi aumenti della gettata)
dovuti, soprattutto in competizione, alla
componente emotiva. Di questo gruppo
fanno parte sport quali:
• Bocce, Bowling,
• Golf
• Pesca sportiva (attività marittime
e acque interne)
• Sport di tiro (tiro a segno, a volo,
tiro con l’arco, ecc.)
• Caccia sportiva
• Biliardo sportivo
GRUPPO B: attività sportive con
impegno cardiocircolatorio di tipo
“neurogeno”
Il gruppo B (Tabella B) è caratterizzato
da incrementi principalmente della
frequenza cardiaca da medi a elevati
(e lievi della gittata cardiaca e delle
resistenze periferiche). Ad esso
appartengono i seguenti sport:
• Automobilismo regolarità, slalom,
karting
• Aviazione sportiva
• Equitazione
• Motociclismo (velocità)• Motonautica
• Paracadutismo
• Attività subacquea
• Vela
GRUPPO C: attività sportive con
impegno cardiocircolatorio di tipo
prevalentemente pressorio
Le attività del gruppo C (Tabella C) sono
caratterizzate da frequenza cardiaca
da elevata a massimale, resistenze
periferiche da medie a elevate, gettata
cardiaca non massimale. Si tratta di:
• Alpinismo
• Arrampicata sportiva
• Atletica leggera (velocità, lanci, salti)
FC
(Frequenza Cardiaca)
RP
(Resistenze periferiche)
GC
(Gittata Cardiaca)
+ = =/+
Tabella A
FC(Frequenza Cardiaca)
RP(Resistenze periferiche)
GC(Gittata Cardiaca)
++/+++ ++/+++ ++
Tabella B
FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA
FC
(Frequenza Cardiaca)
RP
(Resistenze periferiche)
GC
(Gittata Cardiaca)
++/+++ =/+ =/+
Tabella C
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• Bob, slittino,
• Cultura fisica
• Mountain bike, BMX
• Ginnastica artistica
• Motociclismo (motocross,
enduro, trial)
• Pesistica
• Sci nautico
• Sci alpino
• Surfing
• Tuffi
GRUPPO D: attività ad impegnocardiocircolatorio da medio a
elevato (suddiviso in due gruppi
D1 e D2)
Gli sport del gruppo D1 (Tabella D1)
sono caratterizzati da variabile aumento
della FC, delle resistenze periferiche e
della gettata cardiaca. Di tale gruppo
fanno parte:
• Tennis, Squash
• Baseball
• Bocce (volo)
• Calcio, calcio a cinque
Il corretto approccio a unarichiesta di certificato di stato
di buona saluteL’allenamento induce modificazioni
fisiologiche (adattamenti) in quasi
tutti i sistemi dell’organismo, in
particolar modo nei muscoli scheletrici
e nell’apparato cardiovascolare;
non di minore importanza sono le
modificazioni della composizione
corporea, dei livelli ematici
di colesterolo e trigliceridi, la
modificazione della pressione arteriosa,
la modificazione dell’acclimatazione
al caldo ecc. adattamenti che non
sono esclusivi dei praticanti attività
agonistiche ma presenti in tutti coloro
che praticano attività fisica.
Infatti condizione essenziale affinché
si possano ottenere gli effetti benefici
dell’attività fisica è per tutti la continuità
dell’esercizio fisico con una guida
tecnica corretta. Il risultato sarà un
miglioramento dello stato generalee quindi una migliore qualità di vita.
Come abbiamo visto le attività sportive
sono tante e per numerosi aspetti anche
profondamente diverse. Se è vero che
lo sport fa bene a tutti (o quasi), qual
è il corretto approccio a una richiesta
di certificato di stato di buona salute?
Può un unico certificato così come oggi
formulato rispondere alle esigenze
diverse del mondo dell’attività fisica
non agonistica? La risposta appare
ormai ovvia. La legislazione vigente
è sicuramente carente, infatti non
prevede certificazioni differenziate in
funzione del tipo e dell’intensità dello
sport prescelto. Questo limite non
impedisce il MMG ad approcciarsi in
maniera responsabile al rilascio della
certificazione;
Come sempre è di fondamentale
importanza nei pazienti l’anamnesi
sia
FC
(Frequenza Cardiaca)
RP
(Resistenze periferiche)
GC
(Gittata Cardiaca)
+/++/+++ +/++ +/++
TabellaD1
• Rugby
• Football americano
• Ginnastica ritmica, twirling
• Hockey su ghiaccio, su pista, su prato
• Lotta, judo, karate, taekwondo
• Pallacanestro
• Pallamano
• Pallanuoto
• Scherma
• Pallavolo, beach volley
• Tennis tavolo
• Pugilato, kick boxing
Gruppo D2
Le attività sportive del tipo D2
(Tabella D2) sono caratterizzate da
regolari incrementi submassimali
o massimali della frequenza e della
gettata cardiaca, e da ridotte resistenze
periferiche.
Si tratta di:
• Atletica leggera (mezzofondo, fondo,marcia, maratona)
• Biathlon
• Canottaggio, canoa olimpica, canoa
fluviale
• Ciclismo su strada e ciclocross
• Combinata nordica
• Danza sportiva
• Nuoto, Nuoto pinnato
• Sci di fondo
• Orientamento
• Pattinaggio sul ghiaccio, pattinaggio a
rotelle, pattinaggio artistico
FC(Frequenza Cardiaca)
RP(Resistenze periferiche)
GC(Gittata Cardiaca)
++/+++ -/= ++/+++
TabellaD2
… per gesto tecnicoGli sport non sono tutti uguali anche
per caratteristiche diverse da quelle
relative alle sorgenti energetiche
utilizzate o relative all’impegno
cardiovascolare, ma attinenti piuttosto
al gesto tecnico, più vicine quindi alla
biomeccanica del movimento e alla
neuro motricità (Tabelle 2-
5)
FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA
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SportMobilità articolare e
flessibilitàCapacità coordinative ed
equilibrioAbilità
e rapidità
Bocce (raffa e petanque,Bowling
++ ++ ++
Golf ++ +/++ ++
Pesca sportiva + ++ +
Sport di tiro (tiro a segno, avolo, tiro con l’arco,ecc.)
++ + ++
Caccia sportiva + + ++
Biliardo sportivo ++ + +
Equitazione ++ +++ ++
Attività subacquea, apnea + +++ +
Vela ++/+++ ++/++ ++/+++
Tabella 2
SportMobilità articolare
e flessibilitàCapacità coordinative
ed equilibrioAbilità
e rapidità
Alpinismo ++ ++ ++
Arrampicata +++ +++ +++
Cultura fisica (body building) ++ ++ ++
Ginnastica artistica +++ +++ ++
Motocross ++ +++ +++
Mountain bike + +++ +++
Sci, snowboard ++ +++ +
Tabella 3
SportMobilità articolare
e flessibilità
Capacità coordinative
ed equilibrio
Abilità
e rapiditàCalcio, calcio a cinque ++ ++ ++/+++
Ginnastica ritmica, twirling +++ +++ +++
Lotta, judo, karate +++ +++ ++
Pallavolo, beach volley,pallacanestro
++ +++ +++
Pugilato, kick boxing ++/+++ ++/+++ +++
Rugby +++ ++ +++
Scherma ++/+++ +++ +++
Tennis, Squash, tennis da tavolo ++ ++ +++
Spinning + + ++
Tabella 4
SportMobilità articolare
e flessibilitàCapacità coordinative
ed equilibrioAbilità
e rapidità
Atletica leggera (mezzofondo,fondo, maratona)
+ ++ +
Canottaggio, canoa fluviale ++ ++/+++ +++
Ciclismo su strada + ++ +
Danza, ballo ++/+++ ++ ++
Nuoto ++ ++ ++
Pattinaggio sul ghiaccio, a rotelle,artistico
++ ++ +++
Sci di fondo + ++ +/++
Aerobica (cardiofitness) ++ ++ ++
Cyclette (cardiofitness) + + +
Tabella 5
FINESTRA SULLA MEDICINA SPORTIVA
Tabella 2. Gruppi A e B:
attività sportive con impegno
cardiocircolatorio di tipo
“neurogeno”
Tabella 3. Gruppo C: attività
sportive con impegno
cardiocircolatorio di tipo
prevalentemente pressorio
Tabella 4. Gruppo D1:
attività sportive con impegnocardiocircolatorio da medio ad
elevato
Tabella 5. Gruppo D2:
attività sportive con impegno
cardiocircolatorio da medio ad
elevato
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familiare che personale, con particolare
attenzione alle abitudini alimentari
e voluttuarie anche nei soggetti inapparente stato di buona salute.
Spesso la richiesta perviene da soggetto
adulto che da anni non si presenta
in ambulatorio e che è portatore di
fattori di rischio come fumo, abitudini
alimentari scorrette, stress ecc.
Un’attenta anamnesi e un normale
esame obiettivo ed eventualmente
una richiesta di accertamenti
specialistici (esami ematici di routine per
l’età ed un ECG ) possono rappresentare
un controllo clinico significativo nonché
un momento di prevenzione sanitaria
e, talvolta, di diagnosi precoce di
patologia in soggetto asintomatico.
Va comunque presa seriamente
in considerazione la possibilità di
modificare la normativa vigente per la
formulazione del certificato di idoneità
alla pratica sportiva con un contenuto
diverso da quello attuale; così comenecessariamente in futuro l’azione del
MMG dovrà prevedere un corretto
orientamento del paziente verso l’attività
fisica a lui più consona, soprattutto
qualora affetto da forme patologiche,
anche se di apparente lieve entità.
Alcuni esempi di indirizzoall’attività fisica
Ipertensione arteriosaCertamente l’attività consigliata deve
essere di tipo aerobico (Tabella D2 -
attività di resistenza ) corsa, nuoto, bici,
sci di fondo; mentre vanno sconsigliati
sport con incremento delle resistenze
periferiche (Tabella C - cultura fisica,
pesistica) e con moderazione quelli
indicati in Tabella D1 (calcetto, tennis).
Il più delle volte l’attività sportiva
praticata con regolarità consente una
riduzione del fabbisogno della terapia
farmacologia antipertensiva.
Diabete mellitoI soggetti affetti da diabete mellito
possono praticare attività fisica di tipo
aerobico (tabella D2), purché siano in
buon compenso metabolico (esame
periodico dell’HB glicata ). Inoltre il
diabetico va informato sulle variazione
del metabolismo glucidico durante
attività fisica.
(Nota: i diabetici in buon compenso
metabolico possono praticare anche
attività agonistiche!)
Obesità
È indicata attività fisica di resistenza
di media intensità che utilizzi i grassi
come principale fonte di energia e che
abbia un basso impatto sull’apparato
locomotore ( tipo colonna o articolazioni)
meglio la cyclette della corsa, meglio
ginnastica a corpo libero che attrezzi.
Sindrome vertiginosa
Consigliata attività fisica a basso rischiotraumatologico e a ridotto impegno
posturale ( ginnastica dolce o posturale,
nuoto).
I rischi per il MMGIl certificato di buona salute come oggi
formulato tutela certamente il tecnico
ma espone il medico al rischio di azioni
legali dalla conclusione facilmente
prevedibile.
In una società in cui l’attività fisica fabene anche in presenza di patologie
importanti ha ancora senso un
certificato così concepito?
Un esempio:
Il soggetto , sulla base della visita
medica da me effettuata e dei relativi
accertamenti eseguiti e/o visionati,
risulta in uno stato di salute che non
controindica la pratica non agonistica e/o
ricreativa dello sport del: TENNIS
• senza limitazioni particolari
• di moderata intensità
• di bassa intensità• solo mobilizzazione attiva
In presenza di patologie complesse o
croniche non è forse auspicabile per il
futuro un rapporto di collaborazione
tra il MMG e il Medico dello Sport
del Centro territoriale? Io ritengo
che la collaborazione tra questi due
categorie di medici possa arricchire
professionalmente entrambi; Il medico
di MG potrebbe inviare a valutazione il
paziente potenzialmente a rischio ed il
Centro oltre a rilasciare la
certificazione per l’attività fisica
più consona al paziente può trasmettere
al medico relazione con i criteri di
valutazione. Questo rapporto di
collaborazione è già presente in alcune
realtà territoriali, ma è ancora poco
sviluppato.
ConclusioniUna pur schematica e superficiale
classificazione delle attività sportive
credo abbia evidenziato come
le attività fisiche, anche a livello
NON agonistico, abbiano caratteristiche
profondamente diverse: GLI SPORT
NON SONO TUTTI UGUALI.
La certificazione di stato di buona salute
di tipo generico ha mostrato i suoi limiti
e per il futuro bisognerà adoperarsi permodificarla.Il MMG comunque può fare
tesoro di una richiesta di certificazione
di stato di buona salute trasformando
questo atto in un’opportunità di
controllo clinico e prevenzione sanitaria.
Si rileva inoltre la necessità di una
maggiore collaborazione tra i CMS
e i MMG, soprattutto per l’indirizzo
all’attività sportiva dei pazienti portatori
di patologie croniche.n
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CORSO
Odontoiatria clinica: presentazionedi case report a cura degli iscritti
all’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghie degli Odontoiatri di MilanoSabato 19 novembre 2011
Istituto Suore Orsoline – Via Lanzone 53 – Milano
Sono previsti interventi della durata di 12 minuti con 3 minuti di discussione. Diversi colleghi hanno già aderito.Coloro che intendono partecipare sono pregati di inviare entro il 15 ottobre 2011 alla mia personale casella di posta
elettronica (clagatto@tin.it) un breve curriculum, titolo della relazione, un breve abstract e non più di 4 immagini a bassarisoluzione, significative del materiale che si vuole presentare. Sarò così facilitato nell’organizzare la giornata, riunendo le
relazioni per argomenti (chirurgia, conservativa ecc.).Claudio Gatti - Referente Aggiornamento Professionale degli Odontoiatri
SCHEDA DI ISCRIZIONE
L’iscrizione al Corso può essere effettuata via e-mail all’indirizzo corsi@omceomi.it inserendo nella mail tutti i datirichiesti nella scheda sotto riportata. N.B. Si specifica che l’adozione di tale modalità comporta l’implicita autorizzazione
da parte dell’Ordine al trattamento dei dati ivi inseriti e che tali dati potranno essere cancellati o rettificati a Vostrarichiesta ex art. 7 D. Lgs. 196/2003. Le dichiarazioni di seguito rese sono autocertificazioni e come tali assoggettateal D.P.R. 445/2000 e alle sanzioni ivi previste. Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail potrà inviare la scheda
di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453.
Nome/Cognome.........................................................................................................................................................................................................
Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................
Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di......................................................................................................................................
Albo Odontoiatriq
Residente a...................................................................................................................................................................................................................
Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................
CAP......................................................................Città.................................................................................................................................................
Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................
e-mail.................................................................................................................Codice fiscale................................................................................
Consenso al trattamento dei dati personali
Il trattamento dei dati personali che La riguardano viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 sulla tutela
dei dati personali. Si raccomanda di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti.
AccettoNon accetto Firma........................................................................................................................................
L’accettazione al consenso al trattamento dei dati è fondamentale ai fini dell’iscrizione
• Informazioni generali
• L’iscrizione al Corso è gratuita
• Verrà rilasciato attestato di partecipazione
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CORSI ECM
[bollettino OMCeOMI] 2/2011 APRILEGIUGNO
50
50
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di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti, compreso il codice fiscale, indispensabile al fine di ottenere l’attribuzione dei crediti formativi.qAccetto
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INFORMAZIONI GENERALI• L’iscrizionealCorsoègratuitaeverràdatalaprecedenzaagliiscrittiall’OrdinediMilano.
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Iscrizione agli eventi ECM dell’Ordinedei Medici e degli Odontoiatri di Milano
q1. Differenze di genere e tutela dell’individuo fragile -
Problematiche medico-legali
Venerdì 7 ottobre 2011 – ore 13.45-19.00
q2. La prevenzione e la cura della fatigue, parte integrante delle
cure oncologiche
Sabato 5 novembre 2011 – ore 8.30-13.45
Nome/Cognome.........................................................................................................................................................................................................
Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................
Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di......................................................................................................................................
Albo Mediciq Albo Odontoiatri q
Residente a...................................................................................................................................................................................................................
Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................
CAP......................................................................Città.................................................................................................................................................
Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................
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all’indirizzo corsi@omceomi.it inserendo nella mail tutti i dati richiesti nella scheda sotto riportata.
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445/2000 e alle sanzioni ivi previste. Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail
potrà inviare la scheda di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453.
Si prega di scrivere in maniera chiara e leggibile e di compilare la scheda in tutte le sue
parti in quanto tutti i dati devono essere trasmessi al Ministero della Salute.
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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
CORSI ECM
1Differenze di genere e tutela dell’individuo fragile
Problematiche medico-legali
13.45-14.15 Registrazione Partecipanti
14.15-15.00 Avv. Luciana Btli
Componente Comitato Pari
Opportunità Ordine degli Avvocati di Milano
Intduzin
“La snata a Kutz” di Lv Tlstj
Saluti da pat dll Autità:
Presidente Tribunale di Milano
Presidente Corte d’Appello di Milano
Presidente Ordine degli Avvocati di Milano
Presidente Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Milano
MoDerATore
Dtt.ssa Luciana Bvn
Componente Commissione Pari Opportunità
Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Milano
15.00-16.00 LA CERTIFICAZIONE MEDICA Il certificato medico
nell’ambulatorio di Medicina Generale
Dott. Roberto Carlo Rossi
Vice Presidente Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
Il certificato medico in Pronto Soccorso
Dtt. Pit Main
Direttore del Dip. di Emergenza-
Accettazione – Ospedale Fatebenefratelli – Milano
Il punto di vista del medico legale
Prof. Riccardo Zoia
Direttore Scuola di Specialità di
Medicina Legale e delle Assicurazioni
Università degli Studi di Milano
MoDerATore
Avv. Silvia Banfi
Presidente Comitato Pari Opportunità
Ordine degli Avvocati di Milano
16.00-17.00 ASPETTI GIURIDICI
Il valore probatorio della certificazione medica
Dtt.ssa Glia Svtti
Magistrato in Milano
Aspetti deontologici
Avv. enic Msclni
Consigliere Segretario del Consigliodell’Ordine degli Avvocati di Milano
Aspetti giuridici
Avv. Laua Hsch
Avvocato del Foro di Milano
MoDerATorI
Avv. Finza Btti
Consigliere Ordine degli Avvocati di Milano
Dtt.ssa Maia Tsa Zcchi
Consigliere Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
17.00-18.30 STorIe Vere
UN CASO GIUDIZIARIO
Avv. Simntta Agnll Hnby
Avvocato e scrittrice
EDUCARE e VIGILARE: la Scuola
Prof.ssa Antonella Limonta
Dirigente scolastico
ACCOGLIERE i l soggetto fragile
Su Anna Maia Villa
Medico Responsabile Poliambulatorio
Opera San Francesco per i Poveri - Milano
ANALIZZARE: la Perizia
Dtt.ssa Ccilia ragaini
Neuropsichiatra Infantile e Consulente
Tecnico per Tribunali e Procure
GIUDICARE: in Tribunale
Dott.ssa Annamaria Gatto
Magistrato in Milano
18.30-19.00 Compilazione schede di valutazione e di verifica
in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Milano
Venerdì 7 ottobre 2011 – ore 13.45 - 19.00Aula Magna – Palazzo di Giustizia di Milano
ProGrAMMA
n. 150 psti dispnibili
Accditat p Mdic Chiug
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CoorDInATore
Ada Bu
Fondatrice e Presidente di Attivecomeprima Onlus
ProGrAMMA
8.30-9.00 Registrazione Partecipanti
9.00-9.30 Ada Bu
Dall’ascolto dei bisogni, un aiuto a vivere al di là del cancro U pazit accta…(filmat)
9.30-10.15 Silvia Villa
Oncologo
Presidente Sezione di Merate (LECCO) Lega Italiana Tumori (LILT)
Responsabile Day Hospital Oncologico – Ospedale di Lecco
La fatigu lla lttatua ll pal di u mdic ch l’ha vissuta
10.15-11.15 Albt ricciuti
Medico di Medicina Generale – Responsabile del
Servizio di Prevenzione e Cura della Fatigue – Attivecomeprima Onlus
Vs u appcci sistmic alla fatigu: itptazi patgtica tapia
11.15-11.45 Discussi
11.45-12.00 Itvall
12.00-12.30 Aa Villaii
Biologo Nutrizionista – Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
Ftggia la fatigu l qutidia: il ul dll’alimtazi
12.30-13.00 Stefano Gastaldi
Psicologo e Psicoterapeuta – Istituto Minotauro – Attivecomeprima Onlus
L’fftt dlla fatigu sul cicl di vita dl pazit dl “cagiv”
13.00-13.45 Discussione e compilazione schede di valutazione e di verifica
. 150 psti dispibili
Accditat p Mdic Chiug
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CORSI ECM
52
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
2La prevenzione e la cura della fatigue, parte integrantedelle cure oncologiche
Sabato 5 novembre 2011 – ore 8.30-13.45
Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo – Via Giotto 36 – Milano
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IN LIBRERIA
Un camice per mamma Maria Rita Gismondo
Edizioni Ulisse, Lugano – CH, 2003
Maria Rita Gismondo – donna di scienza
e microbiologa di successo, catanese di
origine e milanese di adozione – si rivolge
alle figlie per ripercorrere, complice
una vacanza in Sardegna e un vecchio
baule pieno di fotografie, i ricordi di una
vita segnata del desiderio e dalla ricerca
di libertà. Dalla Sicilia degli anni ‘50 e‘60 fino alla Milano di oggi attraverso
immagini nitide nella memoria, il racconto
si snoda evidenziando le contraddizioni
di una società in evoluzione, in conflitto
perenne con il desiderio di cambiare
di coloro che furono giovani allora. La
guerra, ancora viva nei racconti del padre,
la mitica Topolino, i pranzi domenicali,
necessariamente abbondanti per fugare il
ricordo delle privazioni, fanno da sfondo
agli anni difficili della scelta della carriera
di una studentessa per la quale, secondo
l’uso corrente, altri avevano scelto per lei.
Una lei caparbia e determinata che voleva
a tutti i costi diventare medico e che per
questo ha lottato.
Carlo Vergani,Tiziano Lucchi
Elsevier-Masson, 2a Ed., Milano, 2008
Il medico di medicina generale e il medico
ospedaliero dedicano gran parte della loro
attività alla cura del paziente anziano, cura
che presenta alcune criticità dovute alla sua
biologia, alla comorbilità e all’assunzione
contemporanea di più farmaci. Il testoelenca, le sindromi di più frequenti
riscontrate nell’anziano. Dopo un accenno
alla sintomatologia, spesso atipica, e alla
diagnosi differenziale, il libro riporta in
maniera chiara e aggiornata la terapia con
riferimenti alla posologia, agli eventuali
effetti collaterali e alle controindicazioni.
Un capitolo a parte viene riservato alla
valutazione multidimensionale dell’anziano
la cui salute dipende non solo dalla
condizione fisica ma anche dallo stato
psicoaffettivo e dal rapporto sociale.
Il libro, destinato oltre che ai medici
a tutti coloro che operano nel settore,
è frutto di una lunga esperienza degli
autori a contatto con gli anziani in
ambulatori, day hospital e nel reparto
di degenza dell’U.O. di Geriatria
dell’Ospedale Maggiore Policlinico
di Milano.
Note pratiche di diagnosie terapia per l’anziano
Semina Sapientiae Massime, motti, proverbi, aforismi latini
scelti tradotti, annotati e disposti in
ordine tematico
Rocco Montano
Il volume, di facile consultazione, a
beneficio di studiosi e conoscitori del latino
e non, rappresenta un autentico scrigno
delle sentenze latine più significative,
raggruppate in rigoroso ordine alfabetico
degli argomenti. Come riporta nellaprefazione Marco Beck, “ora che la sua
attività professionale di medico è giunta al
termine, Rocco Montano ha deciso di dare
sfogo al suo gusto per la parola intrisa di
sintetica saggezza così come l’ha codificata
la grande tradizione filosofico-letteraria
della latinità, attraverso pagine immortali”.
L’autore non si è limitato a raccogliere e
riunire le massime in sezioni tematiche
in base alle loro affinità semantiche, ma,
continua Beck, “ le ha tradotte con forbita
precisione. Aggiungendo chiose puntuali,
ha ricostruito i contesti mitici, epici ,
filosofici, storici, aneddotici che permettono
al lettore di cogliere tutte le risonanze dei
messaggi provenienti dall’antichità”.
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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
54
IN LIBRERIA
I vent’anni di “Geriatricand Medical Intelligence –Medicina e Anziani”Rivista scientifica di medicinae geriatria
Direttore Responsabile: Dario Cova
Motus Maior EditoreContinua l’attività editoriale di servizio
e promozione della cultura geriatrica e
gerontologica
Nel vasto panorama delle riviste mediche
che giungono alla nostra attenzione,
“Geriatric & Medical Intelligence, Medicina
e Anziani” si presenta come un utile
strumento di lavoro a chi si trovi ad
operare a vario titolo nel settore degli
Anziani e a chi volesse approfondire il
fermento in atto in questo ambito. Nel
1991, quando nasceva “Geriatric & Medical
Intelligence”, l’obiettivo primario era quello
di divulgare la ricerca e gli avanzamenti
nella cura e nell’assistenza agli Anziani,
con particolare riferimento sia agli aspetti
gerontologici che diagnostico-terapeutici
e all’elaborazione di protocolli specifici
della realtà geriatrica nella pratica
clinica e nel campo della riabilitazione
La salute in Lombardia.Quarant’anni di storiaverso il futurocura di Maurizio Mauri, Roberto Satolli,
Maria Rosa Valetto
FrancoAngeli, Milano, 2010
Il volume – promosso dall’associazione
culturale ABC... Salute e realizzato con
il contributo di Carlo Borsani, Vittorio
Carreri, Francesco Ceratti, AntonioFatigati, Claudio Garbelli, Maurizio Mauri,
Lorenzo Petrovich ed Emilio Triaca – è una
lettura super partes del modello sanitario
lombardo, frutto di un confronto fra
persone di diverso orientamento culturale
e politico, accomunate dall’esperienza e
dall’impegno in ruoli di responsabilità.
Da una dialettica serrata di domande e
risposte sui temi della salute e delle cure,
si cerca di capire cosa riservi il futuro,
ripercorrendo la storia degli ultimi 40 anni
della sanità in Lombardia, a partire dal
1970, data di inizio della regionalizzazione.
La Regione Lombardia, con la legge
n. 31 del 1997, ha messo al centro del
sistema la persona e la libertà di scegliere
dove e da chi farsi curare, ha introdotto
la competizione tra le diverse strutture
sanitarie, accreditandole senza distinzione
tra quelle di diritto pubblico e quelle di
diritto privato, separato gli acquirenti dai
fornitori di prestazioni e il momento della
somministrazione delle cure da quello deicontrolli. L’analisi è critica e pragmatica,
evidenzia luci e ombre, occasioni colte e
perdute. I problemi aperti e le prospettive
future sono oggetto di approfondimenti
in forma di intervista a diversi testimoni
privilegiati, da Carlo Borsani a Umberto
Veronesi. Dall’opera emergono
valutazioni, indicazioni e proposte,
sintetizzate in un Manifesto, per chi farà le
scelte future sulla salute e dovrà governare
sul territorio, sulla società e sulla sanità.
neuromotoria, cardiaca e respiratoria,
dell’oncologia e della pneumologia, della
farmacologia clinica geriatrica di sempre
maggiore complessità. La rivista in effetti
va ad individuare gli orientamenti e le
possibili risposte ad un problema sempre
più centrale nel nostro Paese, non solo
per la dimensione sanitaria, sociale ed
economica ma anche per la valenza
culturale del problema anziano, poiché
solo dalla condivisione di questo aspetto
si può apprezzare la linea editoriale
finalizzata ad una progressiva ed armonica
crescita della cultura e della pratica
geriatrica.
Se “senectus ipsa morbus” non ci sarebbe
più necessità di impegno, intraprendenza,
cultura. L’agire quotidiano di tutti coloro
che lavorano con gli anziani non può che
partire dalla negoziazione di questa frase.Sostenere infatti che la vecchiaia è la stessa
cosa della malattia, significa progettare
inconsapevolmente il fare o il non fare
senza obiettivo.
L’impegno del direttore responsabile
della rivista, Dario Cova, primario emerito
onco-geriatra, accanto alla qualità grafica
e all’esperienza dell’Editore, forniscono
accuratezza e gradevolezza di lettura,
elementi che associati ai buoni contenuti
fanno di “Geriatric & Medical Intelligence”
un riferimento sicuro e coerente ai nuovi
orientamenti della Medicina sempre più
attenta alle problematiche del Paziente
anziano. Alla rivista che è giunta al suo
ventesimo anno di pubblicazione, l’augurio
di un ulteriore sviluppo in un momento
ricco di importanti mutamenti e di grande
affermazioni cliniche e scientifiche in
ambito geriatrico e gerontologico.
Ugo Garbarini
5/10/2018 Giornale ordine medici milano -luglio-settembre 2011 - slidepdf.com
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NOTIZIE
[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
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Previdenza: legittime aspettative e diritti acquisitiClamore e preoccupazioni per gli Amministratori delle Casse previdenziali deiLiberi professionisti dopo le due sentenze della Cassazione per il riconoscimento
agli iscritti delle previsioni regolamentari di calcolo delle pensioni col principio
del pro rata temporis. Il lavoratore stipula una specie di contratto col proprio ente
previdenziale: a fronte del versamento contributivo alla Cassa di previdenza,
questa riconosce determinate regole nelle modalità di calcolo della futura
prestazione. Il cambio delle regole non può dunque inficiare quanto stipulato:
è un diritto acquisito, non una legittima aspettativa. Solo dal momento del
cambiamento con nuove regole deve decorrere una diversa modalità di calcolo,
anzianità, contributiva ecc. Certamente per l’Amministratore sarebbe più
comodo correggere tutta la vita contributiva, ma ciò inficerebbe le aspettative
del lavoratore, incidendo su diritti acquisiti e pattuiti con un tacito accordo:
…per i contributi che ti ho versato, tu mi hai promesso e garantito queste
prestazioni, se cambi mi avvisi e solo da questo momento decorreranno le nuove
regole… Un’altra considerazione: basta col dare le colpe ai pensionati degli
eventuali dissesti economici delle Casse previdenziali; i pensionati non sono
colpevoli delle cattive gestioni amministrative per spese improprie o per inerzie
nell’attuazione di provvedimenti correttivi ( a questo proposito quanto incide
la spesa amministrativa nella gestione?). Basta dunque nel creare il conflitto
intergenerazionale coi giovani: i veri colpevoli sono gli Amministratori che non
hanno saputo fare esatte previsioni attuariali o sono stati inerti, per vari motivi,
verso vere riforme e ora pretendono di togliere soldi ai pensionati per colmarei vuoti per le future pensioni. Inoltre, come mai le vecchie casse pensioni della
CPS (Cassa pensione sanitari) e CPDEL (Cassa pensione dipendenti enti locali),
pur con aliquote contributive più basse, erano fortemente attive (i patrimoni sono
poi serviti a ripianare i deficit vari di altri enti) nel giusto tournover, comprese le
pensioni anticipate (c.d. di anzianità), utili per nuovi posti di lavoro per i giovani?
Perché dunque debbono essere i pensionati o pensionandi a pagare gli errori di
queste politiche previdenziali?
Marco Perelli Ercolini
Vice Presidente Vicario Feder.S.P.eV
A proposito di malasanità
Ha colpito l’opinione pubblica l’episodio,
avvenuto recentemente, nella Cardiologia
dell’Ospedale di Rho: VincenzoCapacchione, cardiologo, 49 anni, alle
6 del mattino di sabato è chiamato per
un’emergenza cardiologica. Non sta
bene, ha un dolore al petto, ma corre
nella città ancora deserta per raggiungere
nel più breve tempo possibile la sala
di emodinamica essendone, oltre che
il responsabile, il reperibile di turno. Il
paziente, un 70enne, ha in corso un infarto
miocardico, le sue condizioni sono gravi. La
procedura, un’angioplastica di salvataggio,
appare complessa e dura più del solito.
L’operatore è sofferente ma nulla traspare
ai presenti sino a quando, finito con
successo l’intervento, il medico si accascia.
Invano viene soccorso dagli astanti che
non possono che constatarne il decesso.
Toccanti le parole di un suo collega: non si è
comportato da grande medico ma da vero
medico. Si deve morire perché la gente
sappia che la sanità non è solo “mala” ma
soprattutto “buona”?
Senza arrivare alle soglie del sacrificio,
aggiungo che questo è o dovrebbe essere il
comportamento del medico, grande o vero
che sia. Chi ha scelto questa professione
sa, o dovrebbe sapere, che è un lavoro,sicuramente intellettuale, ma anche e
soprattutto fisico, defatigante, senza orari.
Il dott. Capacchione non è unico e voglio
pensare che la gran parte dei medici, senza
arrivare a quel punto di sacrificio, conosca
la sacralità della propria professione
che non deve essere distrutta da norme,
convenzioni, disposizioni la cui pedissequa
osservanza serve solo a svilire quella che
un tempo era la più bella tra le professioni.
Ugo Garbarini
CENTRO STUDI SO WEN
XXXVIII Corso Quadriennale di Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese secondo gli Standard
Formativi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
FORMAZIONE D’AULA ELEARNING TUTORING PRATICA CLINICA ASSISTITA
SEDI DI MILANO BOLOGNA ROMA L’AQUILA NAPOLI PALERMO
Lezioni teorico-pratiche svolte nei fine settimana, da Novembre a Giugno. Monte ore quadriennale: 1600 ore (550 ore di teoria in
formazione d’aula e a distanza – 120 ore di esercitazioni cliniche – minimo 80 ore di pratica clinica negli ambulatori scolastici e negli
ospedali convenzionati – 550 ore di studio personalizzato verificato – 300 ore di elaborati) pari a 64 Crediti ECTS (European Credit
Transfer and Accumulation System). Esami di merito annuali interni. Docenti accreditati presso il Centro Collaborante OMS per
la Medicina Tradizionale dell’Università degli Studi di Milano. Al termine del primo e del secondo biennio esami presso il Centro
Collaborante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Medicina Tradizionale dell’Università degli Studi di Milano con rilasciodi Certificazione di Conformità della Formazione in Agopuntura e MTC agli standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Per informazioni: Tel. 0240098180 - Fax 0240098140
info@sowen.it - www.sowen.it
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[bollettino OMCeOMI] 3/2011 LUGLIOSETTEMBRE
56
NOTIZIE
Il nuovo museo del Novecento a Milano
Forse chi crea aiuta gli altri a comprendere meglio il grande progetto di Dio e forse per questo i creativi e gli artisti, catturano tutti noi con le loro opere. A
Milano ha aperto al Palazzo dell’Arengario ristrutturato, un nuovo spazio che
raccoglie opere emblematiche del XX secolo. L’Arengario, costruito fra le due
guerre, progettato da Portaluppi, Muzio, Magistretti, Griffini e decorato sulla
facciata da bassorilievi di A. Martini, divenne nel corso degli anni sede di uffici
comunali. La necessità di trovare una collocazione alle opere del XX secolo,
venne indiv iduata, su suggerimento del curatore M. Teresa Fiorio all’Assessore
Carruba, in questo Palazzo. Si diede quindi il via alla Pubblicazione del
Concorso vinto dal Gruppo Rota nel 2001. I lavori iniziarono nel 2007 e finirono
nel 2010 coinvolgendo 3500 m2 dell’Arengario e 2000 m2 dell’adiacente Palazzo
Reale. All’inizio del percorso sulla moderna rampa elicoidale, si incontra la
grande opera di Pelizza da Volpedo “Il Quarto Stato”. Questa tela dipinta
fra il 1892 e il 1902, fu fortemente voluta dalla Cittadinanza Milanese che la
acquistò grazie a una pubblica sottoscrizione. Per questa ragione la sensibilità
dell’Amministrazione Comunale ha voluto che l’opera fosse installata prima
del percorso museale, affinché chi lo desidera, possa ammirarla senza pagare
il biglietto. Subito dopo, infatti, si entra nelle sale del museo dedicate alle
Collezioni Jucker, Boschi Di Stefano, alle sale monografiche, alle sale collet-
tive dove si ammirano una serie di capolavori assoluti: Picasso, Boccioni, De
Chirico, Morandi, Carrà, Melotti, Burri, A.Martini e tanti altri, tutti capaci di
raccontare, con la loro arte, la storia artistica di quegli anni e il dialogo con
la città. Si giunge poi a Lucio Fontana al quale è stato riservato il salone della
torre dove è installata una struttura al neon visibile, grazie anche alle pareti a
vetro, dalla Piazza del Duomo sottostante. Altre sale offrono un percorso nelle
nuove figurazioni dal Realismo esistenziale alla Pop Art.Le opere esposte sono più di 400 e, pur essendo state quasi tutte già in
mostra alla Villa Reale di via Palestro, in questa sede prendono vita nuova,
come alleggerite da un respiro interiore, attirando la nostra ammirazione e
offrendoci un puro godimento spirituale. L’allestimento poi, seguendo l’ordine
cronologico, permette di capire meglio le temperie che hanno attraversato i
movimenti artistici del ‘900.
Durante il percorso museale, alla modernità dell’edificio si unisce il piacere di
godere attraverso le pareti a vetri, il panorama che offre: ora una parete del
Palazzo Reale, deliziosamente gotica con finestre ogivali trilobate, mai vista
prima perché prospiciente un vicolo inaccessibile, ora il duomo con le sue
guglie che par di poter toccare, ora la piazza con la sua bella pavimentazione
dalla quale si eleva il monumento a Vittorio Emanuele II, ora piazza Diaz e la
ardita fiamma del Monumento ai Carabinieri. Insomma, da vecchia milanese
che aveva vissuto gli anni d’oro dell’Arte in questa Città, sono molto orgogliosa
di veder tornare in essa, l’interesse e la considerazione per la Cultura che si era
un po’ appannata.
Tante ristrutturazioni: il Campus dell’Università Bocconi nella sua parte nuova,
il Portello con i suoi nuovi edifici e la collina artificiale, la Stazione Centrale,
l’Hangar Bicocca e le sue colossali Torri Celesti di Anselm Kiefer, oltre al
restauro di quella meraviglia che è la Chiesa di S.Maurizio, fanno di Milano,
non solo la capitale della moda, ma anche una città in grado di offrirsi al turista
senza sfigurare.
Giovanna Marazzini
Segretaria Sezione AMMI Milano
“Il quarto stato”,Giuseppe Pellizzada Volpedo, 1896-1902,Museo del Novecento,Milano
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