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EMILIA PERASSI Università di Milano «Y aquí tenéis la verdadera historia de Mío Cid Campeador escrito por el último de sus descendientes»: linee di programma parodico nell'introduzione a un romanzo di Vicente Huidobro Nella primavera del 1928 Vicente Huidobro, trentacinquenne e fa- moso, è a Parigi per inaugurare la nuova casa di rue Boissonade 16 (Montparnasse), elegante modo dei biografi per alludere a quella ventu- rosa stagione della vita del Nostro, sconvolta dalla comparsa della gio- vane e bella Ximena Amunátegui, per la quale egli abbandona (tempo- raneamente) una moglie e due figli, trascinandosi nella più romanzesca delle avventure: rientro furtivo da New York a Santiago, in tempo per attendere l'amata all'uscita del liceo, rapirla e condurla seco a Parigi, rue Boissonade appunto. "Es un momento de éxtasis", annota un commen- tatóre ', momento che, come spesso in questi casi, apre pagine speciali nell'esistenza anche artistica di Huidobro, fra le quali una è dedicata a un ambizioso progetto: la riscrittura del Cid 2 , sull'onda della malìa del nome della fanciulla concupita, Ximena, si è detto. Qualche altra breve nota merita di comparire in questo quadro d'esordio, nota adesso sparsa, più tardi utile a sostenere il nostro di- scorso: in primo luogo ha diritto di menzione l'impatto provocato dallo 1 Rene de Costa, "Introducción", in Vicente Huidobro, Altazor/Temblor de Cielo, Cátedra, Madrid, 1989, p. 23. Per le notizie biografiche, cfr. anche Cedomil Goic, "Vicente Huidobro: dato biográficos", in AA.W., Vicente Huidobro y el creacio- nismo, ed. Rene de Costa, Taurus, Madrid, 1975, pp. 27-59. Per la bibliografia, cfr. Nicholas Hey, Bibliografia de y sobre Vicente Huidobro, "Revista Iberoamericana", 91 (abril-junio 1975), pp. 293-353 e Adenda a la bibliografía de y sobre Vicente Huidobro, "Revista Iberoamericana", 106-107 (enero-junio 1979), pp. 387-398. 2 Madrid, C.I.A.P., 1929. La nostra edizione è quella compresa in Vicente Huidobro, Obras completas, por Hugo Montes, Andrés Bello, Santigo, 1976.
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Feb 11, 2017

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EMILIA PERASSI

Università di Milano

«Y aquí tenéis la verdadera historiade Mío Cid Campeador escrito por el último

de sus descendientes»: linee di programma parodiconell'introduzione a un romanzo di Vicente Huidobro

Nella primavera del 1928 Vicente Huidobro, trentacinquenne e fa-moso, è a Parigi per inaugurare la nuova casa di rue Boissonade 16(Montparnasse), elegante modo dei biografi per alludere a quella ventu-rosa stagione della vita del Nostro, sconvolta dalla comparsa della gio-vane e bella Ximena Amunátegui, per la quale egli abbandona (tempo-raneamente) una moglie e due figli, trascinandosi nella più romanzescadelle avventure: rientro furtivo da New York a Santiago, in tempo perattendere l'amata all'uscita del liceo, rapirla e condurla seco a Parigi, rueBoissonade appunto. "Es un momento de éxtasis", annota un commen-tatóre ', momento che, come spesso in questi casi, apre pagine specialinell'esistenza anche artistica di Huidobro, fra le quali una è dedicata aun ambizioso progetto: la riscrittura del Cid2, sull'onda della malìa delnome della fanciulla concupita, Ximena, si è detto.

Qualche altra breve nota merita di comparire in questo quadrod'esordio, nota adesso sparsa, più tardi utile a sostenere il nostro di-scorso: in primo luogo ha diritto di menzione l'impatto provocato dallo

1 Rene de Costa, "Introducción", in Vicente Huidobro, Altazor/Temblor deCielo, Cátedra, Madrid, 1989, p. 23. Per le notizie biografiche, cfr. anche CedomilGoic, "Vicente Huidobro: dato biográficos", in AA.W., Vicente Huidobro y el creacio-nismo, ed. Rene de Costa, Taurus, Madrid, 1975, pp. 27-59. Per la bibliografia, cfr.Nicholas Hey, Bibliografia de y sobre Vicente Huidobro, "Revista Iberoamericana", 91(abril-junio 1975), pp. 293-353 e Adenda a la bibliografía de y sobre Vicente Huidobro,"Revista Iberoamericana", 106-107 (enero-junio 1979), pp. 387-398.

2 Madrid, C.I.A.P., 1929. La nostra edizione è quella compresa in VicenteHuidobro, Obras completas, por Hugo Montes, Andrés Bello, Santigo, 1976.

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spettacolo del Tristano, opera di Wagner rappresentata al Palais Garnierin quella stessa primavera del 1928; poi la lettura del saggio che, semprenel '28, Roland de Rénèville pubblicava su Rimbaud {Rimbaud le Vo-yant), sostenendo la tesi del fallimento del poeta nella creazione di unlinguaggio nuovo, tesi che in Huidobro volge in riconoscimento sì del-l'impasse avanguardista ma, al contempo, in elogio di sé quale "granpoeta fracasado", al modo però ineguagliabile di un Rimbaud o di unLautréamont3; infine la pubblicazione di Temblor de cielo4, la cui co-pertina, "con voluptuoso corazón tipo San Valentín" 5, introduce aquell'ode della donna viva che qui verrà cantata in una poesia che èprosa, segnando anche una nuova scelta di scrittura, orientata in dire-zione di un particolare e crescente interesse verso il romanzo, come te-stimonia la produzione del Nostro fra il '29 ed il '41 6. La comparsa,nel '29 appunto, de Mío Cid Campeador inaugura questa svolta. Il te-lone che fa da sfondo all'esperienza psicologica ed intellettuale, che laadorna e giustifica, è in questi anni l'assunzione dell'ideano nietzchianocosì come l'intese la generazione di Huidobro, ideario attraverso il quale— scrive Cedomil Goic — egli "se entregó a un amoralismo dionisiaco,a una consideración de la vida como naturaleza que todo lo justi-fica" 7.

Se non sempre necessarie metodologicamente, le incursioni in ter-ritorio extraletterario poste a preliminare dell'indagine hanno qui valoredi necessità, poiché esse all'opera si intrinsecano quando questa dichiara,sorprendentemente dato l'oggetto, la sua radice autobiografica. Com'è

3 "Respecto a lo de artista fracasado es posible que tenga Ud. razón (pero) enmi fracaso voy junto con Rimbaud y Lautréamont". Lettera di Huidobro a Buñuel(1931). Documento inedito dall'archivio Huidobro, cit. da Rene de Costa, "introd.cit.", p. 24.

4 Editorial Plutarco, Madrid, 1931.5 Rene de Costa, "introd. cit.", p. 23.6 A Mío Cid seguiranno: La próxima, Walton, Santiago, 1934; Papa o el

diario de Alicia Mir, Walton, Santiago, 1934; Cagliostro, Zig-Zag, Santiago, 1934;Tres novelas ejemplares (en colaboración con Hans Harp), Zig-Zag, Santiago, 1935;Santiago o el poder de las palabras, Zig-Zag, Santiago, 1939; Ver y palpar, Ercilla, San-tiago, 1941; El ciudadano del olvido, Ercilla, Santiago, 1941.

7 Cedomil Goic, op. cit., p. 51 ss.

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naturale, Huidobro non racconta le cose esattamente quali le abbiamoraccontate noi: le estetizza, è ovvio, le sublima in un'unica dichiarazionecapace di esaltare insieme la sua vita e quella dell'eroe, sottraendole en-trambe al tempo e al giudizio per lasciarle all'aurora creazionista dellaletteratura e restituire così una filosofia dell'esistenza utile all'oggi. Ve-niamo quindi a sapere, nell'introduzione al romanzo, fatti inediti e cu-riosi: l'interesse per il campione di Vivar è solo in parte culturale; esso simanifesta, in effetti, in seguito a una circostanza del tutto fortuita, lalettura cioè dell'Enciclopedia Heráldica di García Carrafa, e in partico-lare di quelle pagine dedcate ad Alfonso el Sabio: "vi en ellas — spiegaHuidobro — que el señor García Carrafa, siguiendo las huellas de dichorey, llega hasta una rama que pasó a Chile y nombra entre sus últimosdescendientes a mi abuelo Domingo Fernández Concha [...] Me sentínieto del Cid, me vi sentado en sus rodillas y acariciando esa noblebarba tan crecida que nadie se atrevió a tocar jamás" (p. 799).

In questo "nadie se atrevió", il segno più trasparente del pro-gramma huidobriano nei confronti di quegli ipotesti inevitabilmentechiamati in causa, nella mente critica e lettrice, quando si torni a par-lare, nel 1929, del Cid: cantar, romancero, mocedades eccetera. Talesegno abbandona la tradizione alta e sconfina nel medio ambiente diuna storia di famiglia: storia che sin dall'inizio si espone in determina-zione parodica fissando, a rovesciamento del modello, il punto di vistanarrativo nel tono privato e soggettivo di voci e ricordi tramandati nellasegretezza di conversazioni domestiche. Voci e ricordi che ora spiegano,ripristinano, spingono in altra direzione di significato l'anonimato e ilsilenzio delle fonti specie nel trattare lo svolgersi completo della vita del-l'eroe. Merita ancora una citazione il discorso del prefatore quandoquesti chiarisce il motivo della soppressione del leggendario capitolo diCorpes: "es falso, primero porque históricamente sabemos que es falso ysegundo porque no se explica que nadie se hubiera atrevido a azotar lashijas del Cid [...] Yo no veo a mi abuelito el Cid permitiendo que seazotara a mi tía María y a mi abuelita Cristina sin comer crudos a susmaridos. Esto es falso, yo os lo juro. Si fuera cierto lo sabríamos en lafamilia y ya veríais como yo habría hecho añicos en estas páginas a esepar de infames. El hecho de que apenas me ocupo de ellos os probaráque tal afrenta es una ridicula mentira" (pp. 800-801).

Tre, almeno, le conseguenze poi determinanti sul piano della lette-

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rarietà desumibili da queste dichiarazioni. La prima mi pare data dall'i-ronia disinvolta e ammiccante che sostiene l'atmosfera di familiarità attaad introdurre la proposta revisionista testuale. In ottica più ampia no-tiamo — insieme con la Gelado 8 — la libertà con la quale solo unispanoamericano, o comunque un non peninsulare, tratta un argomentodi spessore mitico per la cultura che lo ha prodotto. Altri "stranieri"hanno potuto questa profanazione: penso ai travestissements burlesquesdei francesi, tipo Chapelain décoiffé. Se in questi casi avvertiamo però ilconfrontarsi demolitore di culture egemoniche, in quello cileno ci tro-viamo piuttosto di fronte a uno scavalcamento, non a un confronto,scavalcamento di effettiva natura retorica che si rende possibile grazie alcollocarsi eccentrico {ex centro) del nuovo produttore culturale, ora pe-riferico. Il mito, non appartenendogli, perde spessore di senso, conver-tendosi in materiale. Il significante si frattura rispetto al significato, im-ponendo lo scarto nei confronti della tradizione, la quale viene ridotta anorma, quindi a un rango di neutralità stilistica e comunicativa (ildegré-zéro rétrospectif di Genette)9, che consente al mimotesto di rele-gare i modelli in posizione di tema, mettendoli fuori gioco in quanto adautonomia espressiva. Il tono umoristico, che suggella familiarità e indi-pendenza, traccia quella prospettiva di attacco all'autorità (qui dei clas-sici, delle fonti o degli ipotesti in genere) che resta caratteristica di moltascrittura ispanoamericana, moderna e contemporanea. Macedonio Fer-nández, Arévalo Martínez, Borges, Cabrera Infante sono solo alcunidegli infiniti nomi possibili. Huidobro avrà guizzi di vera sapienzaumoristica in questo suo Cid, guizzi non di rado affidati all'uso inge-gnoso dell'anacronismo, utile tanto all'effetto di sorpresa caro alla reto-rica creazionista quanto al rodaggio dei meccanismi di alterazione im-posti alle forme compositive da tutte le poetiche avanguardiste. Ne con-segue, come noto, quella flessibilità di toni narrativi, ove all'umoristicosi accosterà l'austero, all'epico il burlesco, al sublime il familiare, a

8 Cfr. Viviana Gelado, La apropriación corno operación de la cultura. El MioCid Campeador de Vicente Huidobro, "Revista de crítica literaria latinoamericana"(Lima), 35 (primer semestre 1992), pp. 21-31.

9 Cfr. Gerard Genette, Palimpsestes. La litterature au second degré, Ed. duSeuil, Paris, 1982, p. 162ss.

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segno di un moderno entrato in letteratura attraverso il disgregarsi dellavisione unitaria di realtà.

Seconda conseguenza. Nel passo dell'introduzione sul quale cistiamo attardando, Huidobro ha spiegato l'infondatezza dell'episodio diCorpes adducendo due motivi: la storia pubblica ("primero porque esfalso históricamente") e il ricordo privato ("Si fuera cierto lo sabríamosen la familia"). Quoziente di verità maggiore appare quello esposto alricordo di famiglia, questo, non la storia, capace di determinare la ten-sione dell'atto narrativo ("ya veríais como yo habría hecho añicos enestas páginas a ese par de infames" eccetera).

Di tutta evidenza, dunque, la riduzione di primato assertivo per lefonti storiografiche e l'assegnazione di questo stesso primato al canonetestimoniale. In quest'operazione, a buon diritto ideologica, il meritoprincipale del romanzo huidobriano che contribuisce a stabilire (ri-cordo, tra l'altro, che esso è tra i best sellers di quegli anni) uno degli sta-tuti di maggior incidenza nella narrativa ispanoamericana: tale statuto siorganizza intorno alla nozione di riscrittura come lettura prima, non se-conda, di un passato inadeguatamente consegnato vuoi dalla tradizionedocumentale vuoi da quella letteraria: la neutralizzazione dell'ipotesto è,come già accennato, una delle strade in questa direzione più praticate.Tale inadeguatezza si traduce, cognitivamente, in relatività del veropoiché dimentica di quel punto di vista "altro" che ha ridotto l'ispanitàal solo ambiente peninsulare, mettendo sotto silenzio l'imponente com-plemento ultramarino.

Nella supremazia tout-court evocata per il discorso testimoniale (te-stimonialità, ricordiamolo, affidata alla prossimità o presenza sui luoghidegli eventi, quindi tramite metatestuale dalla soggettività alla finziona-lità), è inevitabile riscontrare l'eco di antiche polemiche cronachistiche,quando i Fernández de Oviedo non risparmiavano sarcasmi ai MarineoSiculo poiché parlavano d'America standosene ben quieti a Milano o inSicilia; quando i Bernal Díaz reclamavano superlativo diritto di veridi-cità per la storia da essi raccontata in quanto vissuta contro i Gomara;quando ancora, due secoli dopo la scoperta, i Teresa de Mier decide-vano il contrattacco e trasformavano la storiografia coloniale da vincolodi subordinazione in arma di riappropriazione. Ne impiegavano glistessi mezzi, cioè l'alterazione dei dati come riduzione della diversità innome dell'assoluto logocentrico, mettendo ora questi stessi mezzi al ser-

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vizio della rivendicazione di indipendenza. Usi a una storia di parola,non di fatto, i Teresa de Mier istigavano in direzione della traducción/traición dei modelli provenienti dalle metropoli culturali, stabilendonell'eccesso di interpretazione la frontiera per statuto sempre e dovero-samente valicabile fra la realtà e la scrittura.

Che nella storiografia di fondazione il confine fra verità e inven-zione, ovvero letteratura, sia assai labile, tanto da imporre la revisionedella genealogia dei generi, lo spiegano già gli studi di Dante Liano 10.Che la narrativa moderna sia con piena consapevolezza innestata, pur secon proprio rigoglio, sul tronco storiografico, nutrendosi dei suoi para-dossi, contraddizioni, falsità, comincia fra gli altri a testimoniarlo pro-prio il Ciddi Huidobro, la cui introduzione si conclude con una dichia-razione assai allusiva in quanto a sapore cronachistico: "y aquí tenéis laveridica historia de Mío Cid..." (p. 801). È una dichiarazione assiolo-gica, che si produce in altri echi utili a trasferire il programma metate-stuale nella concretezza dell'enunciato, in un rinvio che è ricordo delprogramma stesso: significativo mi pare, per esempio, l'accostamento diquella che nel cantare era la comparsa dell'arcangelo Gabriele e nel ro-manzo un più immateriale fruscio d'ali nella notte al grido di "VivaSantiago" con successiva apparizione dell'apostolo a spronare e salvarel'esercito del Cid, grido e apparizione questa volta non tratti dall'epicadella penisola, bensì da quella del continente: storia delle più famose fraquelle raccontate da Bernal Díaz nella sua Veridica historia.

Si fa a questo punto più ricco il discorso sulle fonti, non limitato aquelle classiche come sempre si vuole, discorso che peraltro lo specialistadeve intrattenere non tanto per sottolineare la natura dipendente dell'i-pertesto, quanto, al contrario, per sostenere l'argomento, ideologico si èdetto, del consapevole e particolarissimo esercizio di invalidamentodegli ipotesti, storici e letterari, sperimentato dal narratore, esercizioasceso a sistema, come ampiamente dimostrato proprio in tempo diQuinto Centenario, dai Posse, gli Aridjis, i Roa Bastos e, prima, daiCarpentier, dagli Arenas o dai Cabrera Infante di Vista del amanecer enel trópico. E non solo da costoro, ovviamente.

Siamo alla terza conseguenza. Alla menzione del definitivo valore

Dante Liano, Prosa hispanoamericana colonial, Bulzoni, Roma, 1993.

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probatorio del ricordo di famiglia, l'introduzione di Huidobro facevaprecedere un'altrettanto esplicita e pradossale menzione dei cassici:"debo también advertir al lector que en los datos sobre el Cid a veces heseguido al Cantar, al Romancero y a la gesta, y otras veces he seguido lahistoria..." (p. 800). Ma: "en varias otras ocasiones he corregido la hi-storia y la leyenda con el derecho que me da la voz de la sangre, y aun heagregado algunos episodios desconocidos de todos los eruditos y que heencontrado en viejos papeles de mis antepasados" {ibidem).

Fonti poetiche e storiche mantengono, quando lo voglia il narra-tore, validità, comunque subordinate al diritto testimoniale in sensoampio ("la voz de la sangre"), diritto al quale si aggiungono quelle carteritrovate che, più tardi, nella poetica meravigliosa di un García Márquez0 nell'apocrifo di un Jorge Luis Borges restituiranno voce ai silenzi, alledimenticanze, agli smarrimenti e che, soprattutto, relegheranno quantisinora hanno parlato in un insolito mutismo.

Il fatto che l'espropriazione delle fonti in quanto a privilegio co-municativo sia, còme dichiarato, parziale, ha effetto notevole nel tra-sformarsi del piano cognitivo della narrazione, poi influente, com'èovvio, su quello estetico ed etico. Da un lato, esso contribuisce a darevalore di poetica al criterio di ambiguità del reale sul quale i Márquez o1 Borges, appunto, arroccheranno, privilegiando l'ermeneutica dell'in-venzione contro quella del testo stabilito, il valore assoluto della parolapropria. Dall'altro lato, e al contempo, tale ambigua espropriazione ri-vela per questo discorso la necessità del romanzo nel senso in cui lo harestituito Bachtin u , ovvero come estetica del rapporto con la parolaaltrui.

Dialogo continuo, dunque, coi modelli, allo scopo di spingerliverso l'evidenza della loro incompiutezza, in Huidobro e insieme inmolti degli autori più significativi della narrativa continentale, dialogoche, anche attraverso l'opera del cileno e la sua consapevolezza finzio-nale, introduce al lento ingrossarsi dell'onda della narrativa mo-derna.

Forte di queste intuizioni, il Cid di Huidobro mescola e rimescola

11 Michail Bachtin, "La parola nel romanzo", in Estetica e romanzo, Einaudi,Torino, 1979, pp. 67-230.

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storia e poesia, proprio e altro, in sperimentazione del nuovo e del mo-derno. Alle pignole citazioni dal cantar e dal romancero (frasi, eventi,dettagli d'ambiente), si frammischiano le citazioni del creazionista che simenziona stilisticamente ("es la novela de un poeta", dice, con le inevi-tabili conseguenze d'immagine) e culturalmente. Riprendendo quiquanto detto in esordio, ricolleghiamo la coreografia operistica del ro-manzo, allestita in ispecie per le scene campali, all'influsso wagneriano.La celebrazione affatto idealizzante, anzi sensualmente assai concretadelle donne dell'eroe (la madre e la moglie) non riesce a non suonarecome omaggio alla bella Ximena Amunátegui, che in quegli anni stacolmando, come si è detto, altre pagine huidobriane, quelle di Temblorde cielo, ove il titolo allude all'argomento, cioè al cataclisma cui segue lamorte di Dio e la liberazione sessuale dell'uomo. Il dispiego di titanica esolitaria potenza del Campeador non solo porta il segno della polemicacoi detrattori di Rimbaud restituendo il tema dell'incomprensione deicontemporanei, tema che ha per soggetto lo stesso Huidobro, ma so-prattutto denuncia la chiara presenza dell'influsso nietzchiano: si am-massa, perciò, nell'eroe un superomismo ai confini dell'inverosimile,che né sfugge né allerta l'autore. Incredibile ma vero, commenta egli inpiù di un'occasione dopo qualcuna delle fantastiche imprese del cam-pione di Vivar.

Lo stato di esaltazione, di sfida, ma anche di riflessione in fondo,data la complessa situazione esistenziale vissuta dal narratore, pare tra-sferirsi tutto al protagonista, che agisce in sostanziale sintonia col tempopsichico e moderno del suo autore più che con quello mitico e anticodelle fonti. In questo, una chiara inversione di tendenza rispetto allanarrativa modernista, impegnata al contrario nel restituire al numinosomolti dei suoi personaggi letterari: emblematico il caso di un LeopoldoLugones. In Huidobro, l'originalità rivendicata in termini immodesti eassoluti per la sua poesia, si condensa in prosa nell'emersione dell'io sto-rico del narratore. Si conferma, attraverso la "novela del poeta" cosìcome diffusamente la propongono in quegli anni Neruda, Owen, Pa-lacio o Villaurutia, il carattere sperimentale, stilisticamente, ed esperien-ziale, eticamente, della prosa avanguardista. Ben lo individua questo ca-rattere Gracida Maturo quando scrive che i poeti "buscan una mayorcredibilidad a su experiencia abordando la forma narrativa y haciendode su propia personalidad su más acabado personaje literario, al que

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estudian, despliegan y enmarcan sin ahorrar rasgos de genialidad nitampoco aspectos tragicómicos que surgen de su especial inserción en elmedio social" 12. Il titolo di Mío Cid Campeador per il romanzo huido-briano recupera qui quello che per alcuni è il segno del "yo egolátricodel autor" 13 o, meno aspramente, il segno dell'avvenuta presa di pos-sesso di un altro mondo in trionfo del proprio.

Volutamente, in queste poche riflessioni, ho scelto come stazionel'ambiente paratestuale, inclinandomi verso l'istanza prefattiva qualeluogo del programma dell'autore, che qui espone le ragioni di un origi-nale contratto di lettura, previe al composto narrativo in sé. Il testo, pe-raltro, è già stato organizzato criticamente dall'acuto lavoro di ValeriaGelado l4, impegnato nell'evidenziare i meccanismi di appropriazioneed espropriazione delle fonti nella materia del narrato. Mi preme ancorasoffermarmi su un altro punto introduttivo, sviluppato nell'opera conenfasi e per questo fonte di un duro attacco esegetico: la questione cioèdell'ispanità come radice, aperta dall'autore quando scrive: "Lo que sipuedo afirmar es que nunca he encontrado un hombre con más fuertesademanes de rey que él (il Cid). Era la quintaesencia de la vieja España.¡Qué grandeza en la humildad de ese gallego de Mondonedo que fue miabuelo! Alguien ha dicho que la raza española es una raza de príncipes.Así lo creo, y si he hablado de mis abuelos es porque no puedo ocultar elorgullo que siento en mi sangre española" (p. 800).

Quest'orgoglio si rovescia nella caratterizzazione epica dell'eroe.La sua grandezza è sì nelle hazañas, ma soprattutto è nel suo esistere vi-goroso, carico di energie che si trasmettono agli amici, ai soldati, all'in-tero popolo di Spagna, in uno sfoggio di esuberanze spesso fermate nel-l'immagine di un corpo saluberrimo, macchina o, meglio, fabbrica per-fetta, che tutto accumula e trasforma beneficamente. Chiarissima, an-cora, l'eco del filosofo tedesco, eco che rimbalza dal concetto di storia

12 Graciela Maturo, "Apuntes sobre la transformación de la conciencia en lavanguardia hispanoamericana", in AA.W. Prosa hispánica de vanguardia, FernandoBurgos editor, Orígenes, Madrid, 1986, p. 47.

13 Enrique Lihn, "El lugar de Huidobro", in AA.W., Los vanguardismos en laAmerica Latina, ed. de Oscar Collazos, Península, Barcelona, 1977, p. 88.

14 Art. cit..

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'esaurita' dalla quale è necessario saltare, per curare la malattia dell'e-poca (la storia, appunto) al momento opposto e contrario, cioè la vita,onde invertire la marcia del tempo verso l'abisso ove si annienta ilvivente 15.

Per Enrique Lihn la scelta dell'eroe di Vivar quale metafora del vi-talismo antistorico segnalerebbe insieme un "españolismo de actitud ro-mántica" e al contempo l'incapacità da parte deH"'americano de todoslos tiempos" di riuscire a rinunciare "a ningún pasado sino que tiene lanecesidad de integrarlo con el presente" 16.

L'attacco mi pare immeritato: in primo luogo mi sembra che detteaffermazioni spingano verso una distinzione manichea fra opere che siaffacciano ora sul presente ora sul passato, quindi, in sostanza, fra opere"buone" o indipendenti e opere "cattive" o dipendenti. Questo mani-cheismo conduce di fatto il critico a pronunziarsi con un giudizio un po'"forte" nei confronti di quella letteratura che in Ispanoamerica abbiaproposto il dialogo con le origini coloniali, vedendo in essa letteraria-mente rappresentato il sottosviluppo creato da continua dipendenza dal-l'esterno e dall'altro. A parte il fatto che così ragionando vengono disi-stimati contributi imponenti della narrativa di quel mondo, mi sembrache tali considerazioni dimentichino di contestualizzare le intenzionidella nostra opera in particolare. Importante resta da ricordare, a questoproposito, il fatto che essa, se da un lato rende omaggio in forma di ri-petute citazioni alla tradizione ispanica, dall'altro e al contrario rifiutaogni prestito dal Cid d'oltralpe, cioè da quello di Corneille. Tale si-lenzio a me suona come risposta a quella che Huidobro riteneva lainammissibile presupponenza dei francesi, da un lato fanatici assertoridella leggenda della propria grandeur, dall'altro (circoscrivendo il fuocodel romanzo intorno all'io storico dell'autore) colpevoli di aver tentatocon molti mezzi di sottrarre al Nostro il titolo di creazionista, come cer-tificato dalla famosa, e non sempre nobilissima, polemica di Reverdy. Altotale silenzio su Corneille si accompagna nel testo un'irriverente men-zione dei francesi, ripresi nel momento in cui il loro esercito, insieme

15 Cfr. Ludovico Geymonat, "Nietzche", in Storia del pensiero filosófico e scien-tifico, t.V, Garzanti, Milano, 1971, pp. 535-541.

16 Enrique Lihn, op. cit., p. 89.

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con quelli delle nazioni forti dell'Europa, sfila contro il Cid. La tecnicadel grottesco guidata dall'anacronismo colora questa sfilata. Se i tede-schi passano perfetti al ritmo (parodizzato) del Deutchland über alies egli spagnoli alternano un passo a una barzelletta sconcia, entrambi igruppi comunque vigorosi e marziali, i francesi, al contrario, appaionocome gli unici combattenti da operetta, marciando "con el vientre llenode chansonnettes y de burdeos" (p. 859). Il loro capitano, di fronte alCid "apenas alcanzó a gritar "merd...! y cayó al suelo con la gargantatronchada; la e vino a pronunciarla en el otro mundo, frente al Su-premo Juez" (p. 860).

Siamo nel cuore di capitoli importanti de Mío Cid. Con una ma-novra inventiva chiaramente strumentale, Huidobro conduce l'eroefuori di Spagna, lo porta al confronto coi popoli già detti, lo fa sbarcarein Italia per umiliare il re di Francia di fronte al Papa. Ovunque egli èvittorioso, tanto materialmente quanto spiritualmente. Di fronte a nes-suno egli si inchina. Oltre a sfregiare i "galli" e l'Europa in letteraria ri-vincita, il narratore pare accogliere nel suo elogio dell'ispanità il legatodi uno dei pochi maestri che egli riconosca, ovvero Rubén Darío, fau-tore sia dell'ideale di universalità del mondo ispanico 17 sia della rea-zione al rifiuto del passato sostenuto da Marinetti, contro il quale il ni-caraguense si era opposto con una celebre frase: "El futuro es el pasadoal revés" 18. Non uno spagnolismo di tipo romantico, dunque, ma unadereificazione della realtà logocentrica in generale, tanto attraverso larelatività degli stati storici quanto attraverso il mutamento dei punti divista cognitivi. Il passato non è chiamato, in Huidobro, se non apparen-temente, a integrare il presente per impossibilità di alternative: esso sisitua, non a caso, in quello spazio della scrittura che è il luogo parodico,sede dei distanziamenti e delle reciproche valutazioni fra gli oggetti este-tici. Distaccandosi dagli ambienti d'origine, il romanzo si proietta inquell'iperspazio che i filosofi della scienza andavano all'epoca spiegando

17 Cfr. Carlos Martín, América en Rubén Darío, Gredos, Madrid, 1972.18 Rubén Darío, Marinetti y el Futurismo, "La Nación", (Buenos Aires), 5 de

abril de 1909. Cit. in Ivan Schulman, "Las genealogías secretas de la narrativa: del mo-dernismo a la vanguardia", in AA.W., Prosa hispánica de vanguardia, cit., p.31.

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quale ampliamento della realtà conosciuta e che gli artisti accoglievanocome immagine del possesso dell'io trascendentale. Qui il punto di vistaè libero, assoluto nella sua individualità, nuovo nella percezione. Il fi-nora conosciuto è maschera, sembianza mobile, da usare sì, ma con laspensieratezza di chi gioca con materiali ormai di scarso pregio.