VIRUS DELL'EPATITE C Caratteristiche generali: Il virus dell’epatite C (HCV) è un virus a RNA appartenente alla famiglia Flaviviridae, genere Hepacivirus, scoperto nel 1989 e che, secondo le stime della WHO (Word Health Organization), oggi sarebbe causa di epatite cronica in circa 71 milioni di persone nel mondo [1]. Struttura e morfologia [2]: HCV appare come un virus sferico, di piccole dimensioni, costituito da un nucleocapside a simmetria icosaedrica, rivestito da un involucro pericapsidico, in cui sono inserite le glicoproteine virus specifiche E1 e E2). Il suo genoma è costituito da un singolo filamento di RNA a polarità positiva, lungo 9,6 kb e contente: 1
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VIRUS DELL'EPATITE C
Caratteristiche generali: Il virus dell’epatite C (HCV) è un virus
a RNA appartenente alla famiglia Flaviviridae, genere
Hepacivirus, scoperto nel 1989 e che, secondo le stime della
WHO (Word Health Organization), oggi sarebbe causa di epatite
cronica in circa 71 milioni di persone nel mondo [1].
Struttura e morfologia [2]: HCV appare come un virus sferico,
di piccole dimensioni, costituito da un nucleocapside a simmetria
icosaedrica, rivestito da un involucro pericapsidico, in cui sono
inserite le glicoproteine virus specifiche E1 e E2).
Il suo genoma è costituito da un singolo filamento di RNA a
polarità positiva, lungo 9,6 kb e contente:
5’ NTR: sequenza di circa 340 nucleotidi, non tradotta e
altamente conservata, che si trova all’estremità 5’. Tale
regione contiene una sequenza nucleotidica che si comporta
come una regione IRES (Internal Ribosome Entry Site), in
1
quanto coinvolta nei processi di traduzione della poliproteina
mediante interazione diretta con la subunità ribosomiale 40S.
3’ NTR: sequenza di 200-235 nucleotidi, non tradotta,
all’estremità 3’.
Un unico open reading frame (ORF), fiancheggiato dalle due
regioni
non codificanti, che codifica per una poliproteina precursore,
di circa 3000 aminoacidi, da cui originano, per scissione
proteolitica a opera di proteasi virali e cellulari, i singoli
polipeptidi virali.
All’estremità 5’ dell’ORF ritroviamo la regione strutturale, che
comprende i geni per capside ed envelope (C, E1 ed E2). Il gene
C codifica per la proteina core (p21), in grado di legarsi all’RNA
genomico grazie alla basicità conferitale dai residui di arginina e
lisina, formando così il nucleocapside virale. La proteina core
sembra essere coinvolta in diversi processi cellulari, come il
metabolismo lipidico, l’apoptosi, la trasformazione e la
proliferazione cellulare. I geni E1 ed E2 codificano per le
glicoproteine E1 ed E2 (gp35 e gp70), altamente glicosilate ed
espresse sull’involucro capsidico.
Il gene NS1: codifica per p7, una proteina a basso peso
molecolare, localizzata alla giunzione tra la regione strutturale e
2
non, che forma canali ionici ed è probabilmente essenziale per
l’assemblaggio di particelle virali.
All’estremità 3’ dell’ORF si trova la regione non strutturale che
comprende i geni per le proteine funzionali (NS2, NS3, NS4 e
NS5). Il gene NS3 codifica per una proteina multifunzionale (p70)
con attività proteasica, elicasica e NTPasica. In cooperazione con
NS2, dà luogo alla serina proteasi NS2/3, responsabile del taglio
proteolitico tra NS2 e NS3. Il gene NS4 codifica per una proteina
processata in NS4a (p8) che è un cofattore per l’attività
proteolitica di NS3, e NS4b (p27), proteina associata alla
membrana del RE. La serina proteasi NS3- 4A, influenza la
risposta innata del sistema immunitario dell’ospite, inibendo la
segnalazione di RIG-1 e TLR3. Il gene NS5 codifica per una
proteina che viene processata in NS5a (p59), una fosfoproteina e
NS5b (p68) che è la RNA polimerasi-RNA dipendente (RpRd).
RpRd non possiede attività di ‘correttore di bozze’ e non è in
grado di riparare gli errori di incorporazione dei nucleotidi
durante la replicazione virale, cosa che comporta un’enorme
varietà genetica di HCV, tanto da definire il virus, una
quasispecie. Questa variabilità consente di eludere il sistema
immunitario, impedisce la produzione di un vaccino efficace e
determina una diversa sensibilità alla terapia. Le regioni più
3
altamente mutate sono: HVR1 e 2 (regioni ipervariabili 1 e 2) di
E2 e ISDR (Interferon Sensitivity Determining Region) di NS5a.
Oggi si classifica l’HCV in 7 genotipi, indicati da numeri arabi e
con un’identità nucleotidica di almeno il 70% e 67 sottotipi,
identificati con lettere e con identità nucleotidica di almeno 80%.
I genotipi 1 e 3 sono quelli con prevalenza maggiore
(rispettivamente 46% e 30% delle infezioni). In numerosi paesi
dell’Europa il genotipo 1 è il più diffuso. [3]
Modalità di trasmissione [1]: il virus si trasmette per via
parenterale e la percentuale delle varie modalità di infezione è
cambiata durante gli anni. In passato la principale causa
d’infezione da HCV era la trasfusione di sangue infetto, oggi
praticamente eliminata grazie all’introduzione di metodiche di
screening nei donatori di sangue (ricerca anticorpi anti-HCV e
ricerca dell’RNA virale). Tra le modalità prevalenti oggi si
riscontrano: l’abuso di droghe con somministrazione endovenosa,
i rapporti sessuali non protetti, trasmissione verticale madre-
figlio ed esposizione accidentale di personale sanitario.
Ciclo replicativo: il virus circola nel sangue dei pazienti infetti
sotto forma di virioni associati a LDL/VLDL (low density
lipoproteins/very low density lipoproteins). Gli epatociti
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rappresentano il bersaglio primario, ma è possibile anche
l’infezione di altri tipi cellulari quali le cellule mononucleate di
sangue periferico (PBMC). L’ingresso del virus nelle cellule
necessità di numerosi fattori: inizialmente le particelle di HCV
associate alle lipoproteine si attaccano alla superficie degli
epatociti grazie al loro legame con i glicosamminoglicani, con il
recettore per le LDL e con il recettore scavenger SR-B1. La
capacità di trasferimento del colesterolo di SR-B1 espone il sito di
legame per CD-81, localizzato in un regioni determinanti della
glicoproteina E2 dell’HCV. Il complesso virus-CD81 trasloca
quindi alle giunzioni strette, dove co-recettori come Claudina ed
Occludina 1 inducono l’endocitosi mediata da recettore [4]. La
penetrazione comporta l’endocitosi del virus in vescicole
intracellulari e, grazie a meccanismi pH dipendenti, si ha la
fusione delle membrane cellulare e virale e l’uscita del
nucleocapside nel citoplasma (scapsidazione).
L’RNA (+) genomico viene direttamente tradotto in una
poliproteina che viene processata da proteasi cellulari e virali,
con conseguente produzione di proteine strutturali e non
strutturali. Le fasi successive della replicazione avvengono in
prossimità di particolari alterazioni di membrana, originate
probabilmente dal reticolo endoplasmatico, note come
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membranous web, la cui formazione sembra essere indotta dalla
proteina virale NS4B [5]. L’ RNA-polimerasi-RNA dipendente virus-
specifica avvia la sintesi di un filamento di RNA antigenomico
(minus strand) utilizzando come stampo il genoma virale e in un
secondo tempo sintetizza sull’ intermedio replicativo un
filamento di RNA genomico (plus strand). Le nuove particelle
virali acquisiscono l’involucro esterno dal reticolo endoplasmatico
della cellula ospite, dove vengono inserite le glicoproteine E1 ed
E2. Si verifica poi un passaggio nell’ apparato di Golgi, il quale
consente la maturazione finale della particella virale con la
glicosilazione di E1 e E2. Il virione esce poi dalla cellula per
esocitosi. [6]
Risposta del sistema immunitario [7]: la risposta dell’ospite è
nella maggioranza dei casi inefficiente, infatti solo un 20-30% dei
pazienti riescono a guarire dopo l’infezione acuta.
L’immunità innata è la prima ad agire. Alcuni PAMPS (pathogen-
associated molecular patterns) prodotti dalla replicazione virale
vengono riconosciuti da recettori quali RIG-1 (retinoic acid
induced gene-1) e TLR3 (toll-like receptor 3) e viene attivata la
produzione di interferoni (IFN), geni stimolati dall’interferone
(IGS, IFN-stimulated genes) e altre citochine. Le proteine
6
prodotte da HCV sembrano in grado di interferire con questo
processo. In particolare, la non risoluzione dell’infezione sembra
spesso associata ad alcuni polimorfismi di un gene che codifica
per l’interferone λ3 (IFNL3, previamente denominato IL-28B). I
linfociti T, mediatori della risposta cellulare adattativa, vengono attivati
spesso con ritardo e giocano un ruolo sia protettivo che
patologico. Vi è un generale consenso circa il ruolo, importante nella
patogenesi del danno epatico da HCV, delle cellule T CD4+ helper attivate
dal virus, che a loro volta stimolano attraverso la produzione di citochine,
la risposta da parte di cellule T CD8+ citotossiche, HCV specifiche. Diversi
fattori contribuiscono alla cronicizzazione dell’infezione da HCV: difetti
proliferativi delle cellule CD4+, mutazioni negli epitopi virali che
costituiscono il bersaglio dei linfociti T CD-8+ possono consentire
al virus di eludere la clearance immuno-mediata e la
sovraregolazione dei recettori inibitori per le cellule T
funzionalmente deteriorate.
Diagnosi dell’infezione da HCV [8]: si basa su test sierologici.
La ricerca degli anticorpi anti-HCV, con test immunoenzimatici,
ha una sensibilità molto elevata, ma presenta come
inconveniente una risposta negativa durante il periodo di
‘finestra immunologica’, quando questi anticorpi ancora non si
sono sviluppati, ma l’infezione è in atto.
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La ricerca del genoma virale (HCV-RNA) viene eseguita con
tecniche molecolari molto sensibili, quali la RT-PCR (Reverse
Transcriptase- Polymerase Chain Reaction) e la TMA
(Transcription Mediated Amplification). La tecnologia PCR real –
time consente anche di eseguire test quantitativi di HCV-RNA,
utili per monitorare la risposta al trattamento antivirale. La
determinazione del genotipo virale, eseguita con tecnologia
biomolecolare, è importante nella decisione terapeutica, dato che
i diversi genotipi mostrano una differente sensibilità ai farmaci.
Manifestazioni epatiche: l’epatite in fase acuta passa
frequentemente inosservata, in quanto solitamente
paucisintomatica o asintomatica e l’infezione viene diagnosticata
quando è già in fase cronica, dove può portare allo sviluppo di
patologie come cirrosi ed epatocarcinoma.
Cirrosi [8]: patologia nella quale la normale architettura epatica
è alterata dall’accumulo di tessuto connettivale che impedisce il
normale funzionamento del fegato. Nell’arco di 20-30 anni, il 20-
30% dei pazienti con epatite cronica da HCV tende ad evolvere
verso un quadro di cirrosi. La velocità di evoluzione può essere
influenzata da diversi fattori sia non modificabili (sesso maschile
8
o femminile dopo la menopausa, lungo tempo d’infezione) che
modificabili (alcol, fumo di cannabis, obesità).
Carcinoma epatocellulare (HCC) [9]: è la più frequente
neoplasia epatica. L’HCV può favorire la sua insorgenza sia
stimolando la cirrosi, sia, seppur infrequentemente, senza
sviluppo di cirrosi. L’HCC si riscontra in circa tra 1- 4 % dei
pazienti con HCV e può essere favorito dagli altri fattori di rischio
per HCC, quali l’infezione da virus dell’epatite B, l’abuso di alcol e
l’aflatossina.
Manifestazioni extraepatiche [10]
Crioglobulinemia mista (CM): è una vasculite dei piccoli vasi,
che può essere classificata in tipo II o III, a seconda della
presenza di IgG policlonali associate rispettivamente ad IgM
monoclonali (II) o policlonali (III) con attività tipo fattore
reumatoide (FR).
La CM è causata nell’80% dei casi da HCV, responsabile di alcuni
fattori che ne predispongono lo sviluppo. L’interazione tra il virus
e i linfociti modula direttamente la funzione delle cellule B, con
conseguente attivazione policlonale ed espansione di cellule B
secernenti IgM con attività di fattore reumatoide. Anche il
9
polimorfismo del complesso maggiore di istocompatibilità HLA-II,
può predisporre all’ HCV-CM. HLA-DR11 è associata a vasculite
crioglobulinemica, mentre HLA-DR7 sembra essere protettivo.
Questa vasculite colpisce principalmente la cute, le articolazioni
(artralgie), il sistema nervoso periferico e i reni.
La cute è l’organo più colpito e il sintomo principale è la porpora
palpabile, ma possono verificarsi anche il fenomeno di Raynaud e
l’acrocianosi, le quali possono evolvere in ulcere cutanee
croniche.
Il coinvolgimento renale si manifesta con una glomerulonefrite
membrano-proliferativa acuta o cronica, con proteinuria,
macroematuria e gradi variabili di insufficienza renale.
Le manifestazioni neurologiche variano dalla neuropatia
sensoriale pura alla polineuropatia sensoriale-motoria, che si
manifesta con dolore, parestesia, dapprima asimmetrica e
successivamente simmetrica.
Circa il 10% dei pazienti mostra complicanze rischiose per la vita
come emorragia polmonare, ischemia gastrointestinale o
coinvolgimento cardiaco. La diagnosi viene effettuata mediante il
riscontro di precipitati proteici nel siero del paziente, mantenuto
a 4° C per almeno 7 giorni, che si dissolvono quando riscaldati a
37°C.
10
Le manifestazioni vasculitiche HCV-indotte e la stessa
crioglobulinemia mista rispondono alla clearance del virus. Nei
pazienti che hanno una recidiva di infezione HCV di solito
ricompare la CM. Il trattamento principale della CM è
rappresentato dalla terapia antivirale, ma per malattia grave, si
può valutare anche l’utilizzo di Rituximab (anticorpo monoclonale
anti CD-20, proteina espressa dai linfociti B) e/o di plasmaferesi.
Malattie linfoproliferative a cellule B: l’incidenza di queste
patologie è aumentata in pazienti con infezione da HCV. In
particolare, frequente il riscontro di linfomi non Hodgkin: linfoma
della zona marginale (MZL), linfoma diffuso a grandi cellule B
(DLB-CL) e il linfoma linfoplasmacitico (LPL). [11,12].
Il linfoma della zona marginale è un linfoma non-Hodgkin B a
basso grado di malignità o indolente, che origina dalla
proliferazione di cellule linfatiche della zona marginale della
milza, dei linfonodi, o del tessuto linfatico associato alle mucose
(MALT, Mucosa-Associated Lymphoid Tissue). La classificazione
internazionale dei linfomi della WHO (World Health Organization)
distingue 3 tipi di linfoma dalla zona marginale a seconda del sito
di origine: linfoma splenico della zona marginale, linfoma
primitivamente linfonodale della zona marginale e linfoma della
zona marginale extranodale tipo MALT (Maltoma). Le cellule
11
neoplastiche sono rappresentate da linfociti B maturi, positivi per
CD20 e negativi per CD10, CD20 e CD5. [13]
Il linfoma diffuso a grandi cellule B è un linfoma aggressivo, a
rapida progressione. I DLB-CL sono spesso composti da un
insieme di cellule simil-centroblastiche e immunoblastiche.
Queste cellule esprimono tipicamente i marcatori delle cellule B,
quali CD19, CD20 e CD22. Si possono differenziare due sottotipi
numerosi di questa neoplasia: i linfomi a grandi cellule B ad
origine dal centro germinativo (sottotipo GCB, con prognosi più
favorevole) e linfomi a grandi cellule B ad origine da cellule B
attivate (sottotipo ABC). [13]
Il linfoma linfoplasmacitico: include l’immunocitoma e la malattia
di Waldenström [11]. Questi linfomi sono accompagnati dalla
presenza dell’immunoglobulina monoclonale di tipo IgM a livello
sierico, con attività di autoanticorpo o di crioglobulina. Si può
accompagnare anche la sindrome da iperviscosità, con sintomi,
soprattutto neurologici, dovuti ad un ridotto e più lento flusso
ematico nell’albero vascolare, specialmente nei piccoli vasi.
I linfomi sono patologie nelle quali il sintomo più frequentemente
segnalato è l’aumento di volume dei linfonodi di una o più
stazioni linfonodali superficiali. I linfonodi si presentano duri,
indolenti, con morfologia rotondeggiante ed adesi ai piani
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sottostanti. Quando la patologia colpisce linfonodi più profondi si
può avere una sintomatologia di tipo compressivo, come tosse,
dispnea o sindrome della vena cava superiore per i linfomi del
mediastino. Spesso si associano anche sintomi generici, quali
febbre, calo ponderale, astenia ingravescente e sudorazione
notturna. La certezza diagnostica richiede l’esame bioptico. La
terapia dei linfomi non-Hodgkin si avvale spesso del protocollo R-
CHOP (Rituximab- Ciclofosfamide- Adriamicina- Vincristina-
Prednisone), ma si stanno sviluppando sempre di più farmaci
specifici da poter eventualmente associare (inibitori di Blc-2,
inibitori di proteasoma).
Terapia dell’infezione da Epatite C: [9] mira ad ottenere una