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V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
2011
Io per guarirmi dei miei noiosi amoriascolto i noiosissimi
racconti
di altri amori. Pur nella noiail dolore è vero, ma per un po’ lo
vedo in queste storie simili irrealee mi sottraggo al mio perché è
uguale.
Pensando a questo mi pento e mi vergognodi aver sforzato con
parole e piantii cuori calmi di chi mi stava intorno.Ora capisco
che è una presunzionecon abitanti di climi temperatiparlare di
ghiacciai e di amazzonie.
P. Cavalli, Io per guarirmi dei miei noiosi amori, in Poesie,
Einaudi, Torino 1992
I volti dell’
Louis Girodet (1767-1824),Il sonno di Endimione, 1793,
particolare.
SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore1
on linevolume
B
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V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
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amore
Bellissimo re dell’Elide, nella mitologia greca Endi-mione viene
di solito presentato come pastore o caccia-tore. Figlio di Zeus (il
dio Giove dei romani) e dellaninfa Calice, la sua caratteristica
era quella di poter go-dere di un sonno eterno, sulla cui origine
esistono di-verse versioni. Talora questo sonno è interpretato
comeun dono di Zeus, che gli aveva concesso di dormire sen-za mai
invecchiare. Talaltra invece il sonno è ritenutouna punizione di
Zeus, che sospettava Endimione di in-tessere un intrigo amoroso con
Era (Giunone). Il rac-conto più celebre è però quello secondo il
qualeEndimione fu amato da Artemide (Diana), rivelatasi a
lui sotto il suo aspetto lunare (Selene o Febea), mentregiaceva
addormentato in una grotta del monte Latmo,in Asia Minore. In
seguito, Endimione ritornò nellastessa grotta e cadde in un sonno
senza sogni dal qualenon si ridestò più, rimanendo al contempo
immune da-gli effetti dell’invecchiamento. Il sonno, dunque,
sareb-be stato provocato dalla stessa dea per potersi
accostareindisturbata al corpo inerte del bellissimo giovane
anzi-ché essere oggetto della sua focosa e soprattutto
troppofeconda passione, perché, sempre secondo la leggenda,in
precedenza Selene avrebbe avuto da lui ben cinquan-ta figlie.
volumeB2
on line
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V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore3
on linevolume
B
La rappresentazionedell’amata
IL CANONE DELLAPOESIA D’AMOREI primi esempi di poesia d’amore
risal-gono al VII secolo a.C. quando nelmondo greco nasce la lirica
monodi-ca (vedi a p. 6), con cui i poeti espri-mono sentimenti e
stati d’animo indi-viduali tra i quali domina il tema dellapassione
amorosa, che si intrecciaspesso a riflessioni sulla brevità
dellegioie concesse ai mortali, sulla preca-rietà dell’esistenza
umana e sull’ine-sorabile trascorrere del tempo.Nella tradizione
letteraria italiana, allafine del XIII secolo i poeti
stilnovisti(vedi a p. 12) elaborano il primo cano-ne della poesia
d’amore, cioè l’insie-me di regole metriche e tematiche che
i componimenti amorosi devono rispettare, trasformando un
sentimento “natu-rale” in un’esperienza riservata a pochi ed
esprimibile in modi rigidamente defi-niti. Lo scardinamento del
canone stilistico della poesia d’amore si attua a par-tire
dall’Ottocento, quando i poeti romantici cominciano ad attribuire
valore al-la spontaneità del proprio mondo interiore del quale la
passione amorosa èl’espressione più alta.Nel Novecento, la radicale
novità di molte scelte formali, il progressivo muta-mento del ruolo
sociale della donna, la maggiore problematicità interiore
degliintellettuali generano una visione più articolata e
contraddittoria dell’amore, ren-dendo più sfaccettata e varia la
rappresentazione dell’immagine femminile.
L’AMMIRAZIONE PER LA PERSONA AMATAUno dei motivi maggiormente
presenti nella lirica d’amore è la coscienza delpoeta della
condizione, profondamente diversa, in cui si trovano chi ama e chiè
oggetto di questo sentimento. La perfezione del volto, della
figura, dell’atteg-giamento della persona amata, associata alla sua
impassibile serenità, è in gra-do di accendere il desiderio e di
suscitare passioni che possono sfociare in unincontrollabile
malessere fisico (vedi Saffo , Mi sembra uguale a undio a p.
5).
Vedi a p. 6
Edvard Munch(1863-1944), Il vampiro,1893 ca.,
particolare.Accanto a Il grido,Ansietà, Malinconia, Ilvampiro è tra
le operepiù rappresentative delsimbolismo del pittorenorvegese
EdvardMunch. La chiomafulva della donna sispande sul capodell’uomo
quasi asuggerire un sanguinosoe mortale abbraccio.
-
La soavità dell’amata costringe a una muta e attonita
ammirazione chi rico-nosce nelle sue sembianze caratteristiche
soprannaturali (vedi Cavalcanti
, Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira a p. 11), che privano
isingoli dettagli fisici di ogni finalità descrittiva, attribuendo
loro la peculiare fun-zione di sottolineare l’irraggiungibilità
dell’oggetto d’amore (vedi Petrarca
, Erano i capei d’oro a l’aura sparsi a p. 16).
IL RAPPORTO CON LA NATURASpesso il sentimento amoroso è legato
ai temi del ricordo e della nostalgia, e ilritratto della persona
amata viene inserito in una dimensione lontana nel tempoe nello
spazio. È particolarmente significativo il rapporto che si
stabilisce tra lafigura femminile e l’ambiente naturale
circostante, che nel ricordo appare tra-sfigurato: talvolta il
paesaggio sembra non avere una vita in sé ma diviene me-ra
proiezione della bellezza della donna, convogliando su di sé i
sentimenti delpoeta (vedi Petrarca , Chiare, fresche et dolci acque
a p. 21); in al-tri casi è la natura a prestare i suoi colori e i
suoi profumi all’amata, suscitandonell’autore uno struggente
sentimento di nostalgia (vedi Esenin ,Non vagheremo più a p.
33).
IL ROVESCIAMENTO DEI CANONINel desiderio di superare
l’astrattezza del modello convenzionale di rappresen-tazione
femminile, alcuni poeti associano il sentimento d’amore alla
bruttezzae scelgono di utilizzare parodisticamente il canone
petrarchesco, cioè il model-lo di poesia amorosa da lui elaborato e
riproposto dai suoi imitatori, per co-struire ritratti femminili
assai poco attraenti (vedi Berni , Sonetto al-la sua donna a p.
28).In altri casi, invece, la donna amata, pur dotata di bellezza
esteriore, si rivela in-teriormente corrotta e diventa motivo della
perdizione piuttosto che della sal-vezza del poeta, il quale a
causa sua rinuncia alla propria dignità, rivelando
con-temporaneamente la natura ambivalente del sentimento amoroso
(vediBaudelaire , Il vampiro a p. 37).
COMPAGNA DI VITA, COMPAGNA DI MORTEÈ proprio l’ambivalenza della
figura femminile e dei sentimenti dell’uomo neisuoi confronti la
cifra più caratteristica della poesia d’amore contemporanea:quando
l’oggetto d’amore è una donna che affianca il poeta da tempo, la
lungaconsuetudine affettiva non ne consente più la mitizzazione,
ma, tuttavia, nel suoessere donna reale emergono molteplici aspetti
contraddittori che rappresen-tano la complessità e la
problematicità della vita (vedi Saba ,Donna a p. 41).Se invece
l’esperienza d’amore si fa estrema e riserva solo dolore e
delusione,la donna amata può perdere i suoi contorni reali fino ad
assumere l’aspetto diuna figura mitica che racchiude in sé la vita
e la morte, distante e irraggiungibi-le, ma tanto presente
nell’animo dell’uomo da determinarne l’estrema scelta dimorire
(vedi Pavese , Hai viso di pietra scolpita a p. 46).Vedi a p.
46
Vedi a p. 109
Vedi a p. 87
Vedi a p. 29
Vedi a p. 34
Vedi a p. 17
Vedi a p. 17
Vedi a p. 12
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la rappresentazione dellʼamatavolume
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-
LA POESIAI versi della poetessa Saffo, vissuta nel VII secolo
a.C. nell’isola greca diLesbo, rappresentano uno dei primi esempi
di poesia lirica, un tipo di com-ponimento il cui tema centrale è
costituito dall’esperienza soggettiva delpoeta che indaga sul
proprio io e sulla natura dei propri sentimenti. Nella li-rica che
segue Saffo, tormentata dalla gelosia nei confronti della
fanciullaamata che osserva durante un colloquio dolce e
confidenziale con un uomo,traccia un lucidissimo elenco dei sintomi
fisici della passione d’amore, checolpisce per la sua intatta
attualità. La poesia, che corrisponde al frammento31 del Corpus
delle composizioni di Saffo, non è completa, in quanto di essaci è
stata tramandata solo la prima parte.
Saffo
Mi sembra uguale a un dio
Mi sembra uguale a un dio l’uomo che siededi fronte a te e
ascolta da vicinoil dolce mormorio della tua voce
ed il tuo riso
5 che accende il desiderio. Io sento il cuorescoppiarmi in
petto: basta che ti guardiper un istante, e non mi esce un solo
filo di voce,
ma la lingua si spezza e un fuoco corre10 sottile per le membra
e un’ombra scende
fitta sugli occhi e ronzano di cuposuono le orecchie,
e m’inonda un sudore freddo, un tremitomi scuote tutta, e sono
anche più pallida
15 dell’erba e sento i passi della morteche s’avvicina.
Ma tutto è sopportabile, giacché...1
Ed. E.M. Voigt, Fr. 31, Amsterdam 1971, in Le rotte della
parola, in “Annali del liceo G. Garibaldi di Palermo”, 23-24,
1986-87
tratto da Sappho et Alcaeus Fragmenta
anno VII secolo a.C.
luogo Grecia
METRO ORIGINALE strofe saffiche
il significante
le parole chiave
i temi
le figure retoriche
la simbologia
l’intertestualità
l’extratestualità
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore5
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1. Ma tutto è sopportabile, giacché...: la parte finale del
verso, che gli studiosi hanno tentato di ricostruire in vari modi,
è irrimediabilmentecorrotta.
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la rappresentazione dellʼamatavolume
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Saffo nasce nell’isola di Lesbo, a Èreso o a Mitilene, nella
seconda metà del VIIsecolo a.C. da una famiglia aristocratica, come
testimonia l’esilio cui la donnaviene sottoposta nel contesto della
guerra civile tra fazioni nobiliari.Non è certa la notizia del suo
matrimonio con il ricco Cèrcila di Andro, né che laCleide cantata
in un frammento sia sua figlia, ed è sicuramente falsa e roman-zata
la tradizione che ci consegna l’immagine della poetessa come una
donnabrutta e infelice, morta suicida perché respinta dal
bellissimo Faone. È certo invece che la vita di Saffo sia stata
dedicata quasi interamente all’edu-cazione delle fanciulle che da
ogni parte del mondo greco accorrevano alla sua“scuola”, il tiaso
(vedi L’extratestualità).Sappiamo che i grammatici alessandrini
avevano ordinato la sua produzione
poetica in nove libri, suddivisi in base al metro utilizzato; di
questi a noi sono pervenuti circa 200 fram-menti, alcuni dei quali
abbastanza estesi, citati in testi successivi o trascritti su
papiri.
APPROFONDIMENTO
La poesia liricaCon il termine lirica, derivato dal greco
lyriché técne, arte della lira, si definiva un tipo di
componi-mento poetico recitato con l’accompagnamento di uno
strumento a corda, la lira: una delle caratte-ristiche della poesia
lirica era costituita infatti dal suo stretto rapporto con la
musica.All’interno della poesia lirica esisteva una distinzione tra
la lirica monodica, cioè eseguita da un solocantore, nella quale il
poeta esprimeva sentimenti e stati d’animo individuali, spesso di
carattere auto-biografico, recitando i suoi versi nel ristretto
ambiente cui apparteneva, e la lirica corale, dal contenu-to
solenne e meno personale, affidata a un coro composto da più
elementi e destinata all’ampiopubblico che si riuniva in occasioni
particolari come cerimonie religiose, feste e gare sportive.Le
quattro strofe che ci restano del componimento di Saffo sono un
esempio di lirica monodica,tipica dell’isola di Lesbo, considerata
la culla di questo tipo di poesia: secondo una leggenda, infat-ti,
la testa del mitico cantore Orfeo (vedi a p. 84), decapitato dalle
donne di Tracia, era stata spintadai flutti verso Lesbo e lì
sepolta, dotando gli abitanti dell’isola di uno spiccato spirito
poetico.
STRUMENTI DI LETTURAL’extratestualità
Il tìaso di Saffo era una comunità di fanciullee donne
provenienti da ogni parte della Gre-cia, legate dal culto di
Afrodite: nel tìaso lefanciulle aristocratiche in età da marito,
sottola guida di maestre esperte, ricevevano unaraffinata
educazione in ambito letterario, mu-sicale, estetico e morale,
necessaria alla loroformazione personale e al loro futuro ruolo
dimogli di personaggi eminenti. Gli studiosinon escludono che le
donne appartenenti al
tìaso saffico fossero legate tra loro da tran-sitori rapporti
omoerotici, parte del rituale diiniziazione che avrebbe condotto le
fanciulledalla fase dell’adolescenza all’età adulta,sancita dal
matrimonio, in occasione delquale lasciavano la comunità. Pratiche
ana-loghe vigevano tra le ragazze di Sparta,mentre a Creta, a
Sparta e ad Atene era pre-visto che uomini appartenenti
all’aristocraziapotessero stringere rapporti privilegiati, ditipo
educativo e talvolta sessuale, con gio-vanetti della stessa classe
sociale.
-
Le parole chiaveLa dimensione soggettiva dell’esperienzad’amore
è sottolineata dall’incipit Mi sembra(v. 1), corrispondente al
greco (fàinetai moi,appare a me): protagonista del componi-mento
infatti non è tanto il rapporto d’amoretra Saffo e la fanciulla, ma
la violenza delsentimento che prova la poetessa. Ampiospazio ha il
campo semantico relativo alle al-terazioni delle percezioni
sensoriali, chetraspongono in senso fisico la sofferenza in-teriore
di Saffo, cui il dolore provoca afasia(vv. 7-9 non mi esce un solo
/ filo di voce /ma la lingua si spezza), aumento della tem-peratura
corporea (vv. 9-10 un fuoco corre /sottile per le membra),
appannamento dellavista (vv. 10-11 un’ombra scende / fitta
sugliocchi) e disturbi dell’udito (vv. 11-12 ron-zano di cupo /
suono le orecchie).
I temiL’amore come esperienza totalizzante:l’amore viene
definito da Saffo «la cosa piùbella che ci sia sulla terra nera» in
un altroframmento (fr. 16 Voigt) in cui giustifica lascelta di
Elena di abbandonare Menelao perseguire, contro tutte le regole
sociali deltempo, l’amato Paride. L’amore costituisceper la
poetessa una ragione di vita: temacentrale della lirica è infatti
la forza deva-stante della passione, mentre resta in se-condo piano
la figura della fanciulla oggettodel sentimento, della quale sono
riferiti sol-tanto pochi ed evanescenti dettagli (vv. 3-4 ildolce
mormorio della tua voce / ed il tuoriso). La natura soggettiva
della lirica non staquindi soltanto nella scelta di Saffo di
parlaredi una vicenda autobiografica, ma nell’idea,sottesa alle sue
parole, che l’intensità tota-lizzante dell’esperienza amorosa
scaturiscaall’interno del soggetto che la prova e vengaacuita dalla
sua sensibilità interiore, quasiprescindendo dalla persona cui è
rivolta.Il mal d’amore: Saffo descrive il proprio ma-lessere
emotivo attraverso le sue ripercus-sioni sul piano corporeo,
anticipando il mo-derno concetto di “somatizzazione” checonsidera
la malattia fisica come espres-sione di problemi psicologici
inconsci: dal-
l’accelerazione del battito cardiaco (vv. 5-6)all’alterazione
progressiva delle percezionisensoriali (vv. 7-10), a un crescente
indeboli-mento che pare preludere alla morte (vv. 13-16), la
sofferenza della poetessa, inizial-mente causata da un moto di
gelosia, finiscecol rappresentare le conseguenze di ognipassione
amorosa.Per molti secoli, almeno fino al Seicento, ilmal d’amore
verrà considerato una vera epropria malattia dai sintomi ricorrenti
ai qualirispondere con cure adeguate, mentre oggila vecchia
diagnosi di mal d’amore coincidequasi perfettamente con quella di
“disturboossessivo con alterazioni dell’umore”.
L’intertestualità Nel I secolo a.C. il poeta latino Catullo
riprende la situazione psico-logica descritta da Saffo e la
riadatta inmodo personale alla sua passione per Le-sbia: mentre
nell’ode della poetessa prevaleil sentimento della gelosia, il
carme di Catulloè più centrato sulla bellezza di Lesbia e
sullostupore nei confronti dell’uomo che, par-lando con lei, non
pare subirne il fascino cheinvece turba profondamente il poeta.
Mi sembra che sia simile ad un dio,che superi, se è lecito, gli
deichi ti siede di fronte e di continuo
ti guarda e ascolta
5 mentre sorridi dolce: ciò mi strappatutti i sensi e m’accora.1
Non appena,Lesbia, ti guardo, non mi resta in gola
;2
la lingua è irrigidita, per le membra10 scorre un fuoco sottile,
interno risuona
nelle orecchie un ronzio, su entrambi gliocchi
cala la notte.
L’ozio ti è dannoso, Catullo, a causa dell’ozio ti esalti e ti
agiti.
15 L’ozio ha mandato in rovina re e cittàun tempo ricche.3
in Epithalamium Thetidis et Pelei, Palumbo, Palermo 2003
Vedi Appendice
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore7
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1. m’accora: mi addolora.2. : i segni grafici indicano che
ilverso non è stato scritto da Catullo ma è un’ipotesi deisuoi
commentatori.
3. L’ozio ti è dannoso ... un tempo ricche: il tonofilosofico
dell’ultima strofa riprende il concetto, diffusoall’epoca di
Catullo, che l’inattività sia per l’uomo fontedi degenerazione.
-
LABORATORIO
diffic
oltà
Elabora in forma scritta un confronto intertestuale tra l’ode di
Saffo e il car-me di Catullo: quali analogie tematiche e formali
individui? Per quali aspettii due testi ti appaiono diversi?
A distanza di molti secoli, il poeta inglese George Byron ,
gran-de ammiratore della poesia greca e latina, nella sua raccolta
giovanile Hoursof Idleness (1807) riprende il testo di Catullo ,
traducendolo ereinterpretandolo secondo il suo gusto romantico.
Dopo aver letto la poesia con attenzione, elabora in forma scritta
un
tra l’ode di Saffo, il carme di Catullo ela versione di Byron:
quali elementi tematici persistono nel corso dei secolie quali
mutano adattandosi al contesto storico? Ti pare che il tono dei
trecomponimenti sia analogo o riscontri differenze
significative?Infine esprimi la tua opinione: quale dei tre testi,
secondo te, restituisce conmaggiore fedeltà la violenza della
passione amorosa? Per quali motivi?
Vedi a p. 67 e 75confronto intertestuale
Vedi Appendice
Vedi Appendice8
7
Produzione
diffic
oltà
Le parole chiave In che modo il tono della poesia cambia nel
passaggio dalla prima alla se-conda strofa?
Le figure retoriche Partendo dalla traduzione di G. Nuzzo, quali
procedimenti retorici riconoscinella successione di sintomi d’amore
descritti dalla poetessa (vv. 7-16)?
Nella traduzione italiana compaiono metafore che sono spesso
utilizzate an-che nel parlare comune: individuane almeno due e
spiegane il significato.
Vedi a p. 52
Vedi a p. 62
6
5
4
Analisi
diffic
oltà
Quali particolari dell’incontro tra la fanciulla e l’uomo
colpiscono la poetes-sa? Da quali espressioni si evince il suo
amore per la ragazza?
Per quale motivo l’uomo appare a Saffo uguale a un dio (v.
1)?
In quali parti del corpo si manifesta l’agitazione interiore
della poetessa?3
2
1
Comprensione
Labo
rato
rio
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-
A LesbiaQuel giovane mi par simile a Giove,se non più grande,
lui che la tua bellezzasenza pari può sereno contemplare:quelle
gote dalla linea così dolce
5 quella bocca da cui una musica fluiscea lui e solo a lui son
riservate.Ah, Lesbia! Benché questo m’uccidanon posso fare a meno
di guardarti,benché a tal vista i sensi miei si sfacciano.
10 Devo guardarti, ma se ti guardo, muoio;mille timori
m’agitano, la lingua mi s’incollaall’arido palato, corto si fa il
respiroil cuor mi batte a mille, le gambe mi si piegano,il sudor
freddo imperla il volto impallidito,
15 pesante si fa il capo, mi ronzano le orecchie,come se la vita
da me stesse fuggendo,gli occhi feriti a morte rifiutano la
luce,come da nera notte avvolti: e a questi colpisenza forze
m’accascio e credo di morire.
A Lesbia, in Poesie, Mondadori, Milano 1973
APPROFONDIMENTO
Interpretazioni di Saffo
Labo
rato
rio
Molti autori si sono confrontati con l’ode di Saffo,
traducendola e reinterpretandola secondo il gustodella propria
epoca. Già nel mondo latino Lucrezio si ricordava dei versi di
Saffo nel descrivere conefficacia i patemi e le reazioni fisiche
che accompagnano l’uomo preso dalla paura e così pure Orazio.Ma
soprattutto Catullo s’ispirò a quest’ode che tradusse e rielaborò
liberamente (vedi ap. 7):
Ille mi par esse deo videtur,ille, si fas est, superare divosqui
sedens adversus identidem te
spectat et auditDulce ridentem, misero quod omniseripit sensus
mihi; nam simul te,Lesbia, axpexi, nihil est super mi
...Lingua sed torpet, tenuis sub artusflamma demanat, sonitu
suoptetintinnant aures, gemina teguntur
lumina nocte.Otium, Catulle, tibi molestum est;otio exultas,
nimiumque gestis,otium et reges prius et beatas
perdidit urbes
Vedi Appendice
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore9
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Delle traduzioni italiane merita ricordare almeno quella del
Pascoli :
A me pare simile a Dio quell’uomo,quale e’ sia, che in faccia ti
siede, e fisotutto in te, da presso t’ascolta, dolce-
mente parlare,e d’amore ridere un riso; e questofa tremare a me
dentro il petto il cuore;ch’al vederti subito a me di voce
filo non viene,e la lingua mi s’è spezzata, un fuocoper la pelle
via che sottile è corso,già non hanno vista più gli occhi,
romba
fanno gli orecchi,e il sudore sgocciola, e tutta sonoda tremore
presa, e più verde sonod’erba, e poco già dal morir lontana,
simile a folle.
quella del Foscolo :
Quei parmi in cielo fra gli Dei, se accantoTi siede, e vede il
tuo bel riso, e senteI dolci detti e l’amoroso canto!
A me repenteCon più tumulto il core urta nel petto:More la voce,
mentre ch’io ti miro,Su la mia lingua: nelle fauci stretto
Geme il sospiro.Serpe la fiamma entro il mio sangue, ed ardo:Un
indistinto tintinnio m’ingombraGli orecchi, e sogno: mi s’innalza
al guardo
Torbida l’ombra.E tutta molle d’un sudor di gelo,E smorta in
viso come erba che langue,Tremo e fremo di brividi, ed anelo
Tacita, esangue.
e infine quella di Quasimodo :
A me pare uguale agli dèichi a te vicino così dolcesuono ascolta
mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a meil cuore si agita nel pettosolo
che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.Un fuoco sottile affiora rapido
alla pelle,e ha buio negli occhi e il rombodel sangue alle
orecchie.
E tutta in sudore e tremantecome erba patita scoloro:e morte non
pare lontanaa me rapita di mente.
in I Greci e la Lirica, SEI, Torino 1998
Vedi a p. 158
Vedi a p. 225
Vedi Appendice
Jean-Baptiste-Camille Corot (1796-1875), Lettrice concorona di
fiori, 1845.L’originalità di quest’opera consiste nella
sostanzialeambiguità della figura rappresentata, che non è né
unritratto, né un personaggio mitologico, né un’allegoria.A piedi
nudi, coronata di fiori, farebbe pensare a unacreatura ideale, ma
l’aspetto del suolo e gli alberi, comescrisse un critico francese
del tempo, «fanno pensare allaforesta di Fontainebleau, più che al
bosco sacro di Elicona».Insomma, questa lettrice «ad un tempo
moderna e antica»sarebbe piuttosto «un grazioso esempio di una
felice unione,quella della saggezza e della poesia».
la rappresentazione dellʼamatavolume
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-
LA POESIAQuesto sonetto costituisce un raffinato esempio del
modo in cui la poesia delDolce Stil Novo concepisce l’amore e la
donna cui è destinato questo senti-mento: i versi di Cavalcanti
assumono la forma della lode, un componimentolirico in cui domina
l’estatica contemplazione della bellezza e delle qualitàinteriori
dell’amata, associata allo sbigottimento del poeta per la propria
ter-rena debolezza e inferiorità di fronte a una perfezione tale da
non poter es-sere descritta a parole, ma solo evocata dai suoi
versi.
Guido Cavalcanti
Chi è questa che vèn,ch’ogn’om la mira
Chi è questa che vèn,1 ch’ogn’om la mira,2
che fa tremar di chiaritade l’âre3
e mena seco4 Amor, sì che5 parlare4 null’omo pote,6 ma ciascun
sospira?
O Deo, che sembra quando li occhi gira,7
dical’ Amor, ch’i’ nol savria contare: 8
cotanto d’umiltà donna mi pare,9
8 ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira.10
Non si poria contar11 la sua piagenza,12
ch’a le’ s’inchin’ogni gentil vertute,13
11 e la beltade per sua dea la mostra.14
Non fu sì alta già la mente nostra15
e non si pose ’n noi tanta salute,16
14 che propiamente n’aviàn canoscenza.17Chi è questa che vèn,
ch’ogn’ om la mira, da Rime,
Rizzoli, Milano 1978
tratto da Rime
anno 1283 ca.
luogo Italia
METRO sonetto con rimeincrociate
il significante
le parole chiave
i temi
le figure retoriche
la simbologia
l’intertestualità
l’extratestualità
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore11
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1. che vèn: che giunge.2. ogn’om la mira: ognuno la osserva con
ammirazione.3. fa tremar di chiaritate l’âre: illumina l’aria con
il suo splendore.4. mena seco: conduce con sé.5. sì che:
cosicché.6. null’omo pote: nessun uomo può.7. che sembra quando li
occhi gira: quale sia il suo volto quandovolge lo sguardo.8. dical’
Amor ... contare: lo dica Amore, poiché io non sono in gradodi
raccontarlo.9. cotanto d’umiltà donna mi pare: mi appare tanto
umile (d’umiltàdonna).
10. ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira: che ogni altra, a
suoconfronto (ver’ di lei), la chiamerei superba (la chiam’ira).11.
non si poria contar: non si potrebbe raccontare.12. piagenza:
bellezza.13. ch’a ... vertute: che di fronte a lei si inginocchia
ogni nobile virtù.14. e la beltade ... mostra: e la bellezza la
indica come sua dea.15. Non fu ... nostra: l’umana capacità di
intendere (la mente nostra)non fu così profonda (sì alta).16. e non
si pose in noi tanta salute: e a noi non fu concessa (non sipose)
tanta virtù (salute).17. che propiamente n’aviàn canoscenza: da
poterla conoscere(che n’aviàn canoscenza) adeguatamente
(propiamente).
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V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
2011
la rappresentazione dellʼamatavolume
B12on line
Guido Cavalcanti nasce a Firenze nel 1255 ca. da una nobile e
ricca famiglia eprende parte attiva alla vita politica fiorentina,
rivestendo numerose cariche, lapiù importante delle quali è la
partecipazione al Consiglio Generale nel 1284.Guelfo di parte
bianca, partecipa attivamente alle lotte tra le fazioni dei
Cerchi(bianchi) e dei Donati (neri) e si trova implicato in molti
episodi di violenza. Nelgiugno del 1300, quando i priori di Firenze
decidono l’allontanamento dei capidelle fazioni in lotta,
Cavalcanti è condannato al confino a Sarzana. Ben presto siammala
di malaria e muore nell’agosto del 1300 a Firenze, pochi giorni
dopoessere stato richiamato in patria.È considerato tra i massimi
esponenti del Dolce Stil Novo; ha influito profonda-mente sulla
formazione di Dante. Di lui ci sono giunti 52 componimenti
(preva-
lentemente sonetti e canzoni). Nei sonetti riprende i motivi
stilnovistici della lirica amorosa, come la lodedella donna e lo
sconvolgimento che l’amore produce, con l’angoscia, il tremore, lo
sbigottimento, le la-crime e i sospiri che conducono l’anima e il
corpo alla distruzione.
APPROFONDIMENTO
Il Dolce Stil NovoNel canto XXIV del Purgatorio Dante definisce
Dolce Stil Novo la corrente poetica sviluppatasi tra il1280 e il
1310 a Firenze e a Bologna all’interno della nuova classe borghese,
politicamente influen-te e dotata di una cultura raffinata: a
questo movimento letterario appartengono, tra gli altri, lo stes-so
Dante Alighieri, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e Guido
Guinizzelli.Il termine dolce si riferisce alla scelta di adottare
uno stile terso e musicale, diverso da quello “asproe sottile”
della poesia dottrinale, prediligendo parole piane, preferibilmente
bisillabi privi di conso-nanti aspre, una sintassi semplice e
limpida dalla quale sono escluse le espressioni lessicali
carat-teristiche del parlato, e facendo frequente ricorso a coppie
di aggettivi, sostantivi e verbi per otte-
nere, grazie alla simmetria,un effetto complessivo diarmonia;
l’aggettivo novosottolinea la modalità nuovacon cui si interpreta
il senti-mento amoroso, che costi-tuisce il tema unico dellapoesia
stilnovista. I poeti stilnovisti celebrano ladonna-angelo, la cui
perfe-zione nobilita l’amore terreno,trasformandolo in una
forzaspirituale in grado di operareuna prodigiosa
metamorfosiinteriore nell’animo di chi nefa esperienza.
Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), LaBeata Donzella, 1878,
particolare.
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V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore13
on linevolume
B
STRUMENTI DI LETTURAIl significante
La scelta di utilizzare la struttura del sonetto(vedi a p. 32)
per celebrare la perfezionedella donna amata testimonia l’adesione
diCavalcanti allo stilnovismo che si serve fre-quentemente di
questa forma metrica peresprimere il sentimento d’amore.Il
componimento, costituito da endecasil-labi organizzati in due
quartine a rima incro-ciata (ABBA, ABBA) e due terzine a rima
in-vertita (CDE, EDC), ha un ritmo fluido graziealla costruzione
sintattica limpida e li-neare in cui i periodi coincidono con
lestrofe e le proposizioni, quasi mai spezzateda enjambement,
corrispondono al verso.Le frequenti proposizioni consecutivehanno
la funzione di evidenziare lo strettorapporto tra l’apparizione
della donna e lastupita meraviglia di chi la guarda (vv. 3-4 sìche
parlare ... sospira?; v. 8 ch’ogn’altra ver’di lei i’ la
chiam’ira).Anche le scelte lessicali e foniche sono deter-minate
dal canone stilnovista: prevalgono ivocaboli bisillabi e trisillabi
piani, mancanosuoni aspri e doppie e, soprattutto nei versidominati
dalla presenza della donna, vengonoreiterate le vocali aperte a ed
e, che contri-buiscono a ricreare un’atmosfera dolce esoave (v. 2
che fa tremar di chiaritade l’âre; v. 7 cotanto d’umiltà donna mi
pare; v. 11 e labeltade per sua dea la mostra).Grande attenzione
viene attribuita alle sim-metrie (v. 1 ogn’om; v. 4 null’om) e alle
ri-prese interne che legando reciprocamentele strofe sia dal punto
di vista formale che te-matico (v. 3 Amor; v. 6 Amor; v. 6 nol
savriacontare; v. 9 non si poria contar) conferi-scono al testo una
forte coesione.
Le parole chiaveL’immagine idealizzata della donna è co-struita
intorno alle espressioni che fanno rife-rimento alle sue
eccezionali virtù: la chiari-tade (v. 2) definisce la luminosità
divina delsuo aspetto, l’umiltà (v. 7) sottolinea le suedoti
morali, la piagenza (v. 9) è la causa dellamuta ammirazione del
poeta e di coloro chela osservano.L’incapacità di comprendere
pienamente edi esprimere a parole ciò che la perfezionedella donna
amata effonde con la sua pre-senza è resa attraverso la
reiterazione diproposizioni negative (v. 6 nol savria con-tare; v.
9 non si poria contar,), mentre l’am-
mirazione e lo sgomento provato in sua pre-senza (v. 1 ogn’om la
mira) sottolineano l’in-sufficienza intellettuale e morale (v. 12
nonfu sì alta già la mente nostra; v. 13 e non sipose ’n noi tanta
salute) dell’uomo al co-spetto della divinità.
I temiLa donna-angelo: secondo un modulo ti-pico della poesia
stilnovista Cavalcanti pre-senta la donna amata nel suo incedere,
chesuscita ammirazione (v. 1 Chi è questa chevèn, ch’ogn’om la
mira) e la rende simile aun’apparizione soprannaturale che
illuminala scena come un improvviso fascio di luce(v. 2 fa tremar
di chiaritade l’âre).Immersa in un’atmosfera rarefatta e senzatempo
e spogliata di ogni attributo fisico, aeccezione dello sguardo (v.
5 quando li occhigira) che può essere considerato un tóposdella
poesia stilnovista, la donna è raffigurataattraverso qualità che,
sottolineandonel’astratta ed ineguagliabile perfezione (v. 7umiltà;
v. 9 piagenza; v. 11 beltade), impedi-scono al poeta di fornire di
lei una descri-zione dettagliata e realistica (vv. 3-4 sì
cheparlare / null’om non può; v. 6 nol savria con-tare; v. 9 non si
poria contar).Questa presenza irraggiungibile e priva dicorporeità
costituisce per Cavalcanti l’incar-nazione di quell’amore
idealizzato e nobili-tante (v. 3, v. 6) che purifica l’animo
del-l’uomo gentile (v. 10 ch’a le’ s’inchin’ognigentil vertute) e
costituisce il nucleo fon-dante della poesia
stilnovista.L’ineffabilità dell’esperienza amorosa: adifferenza
dell’idea dominante nel Medioevo,che vedeva la bellezza femminile
come unatentazione diabolica capace di condurrel’uomo alla
dannazione, la perfetta bellezzadell’amata assume per i poeti
stilnovisti i ca-ratteri di una vera e propria irruzione delsacro,
un’esperienza mistica ineffabile, cioèinesprimibile, che al poeta è
impossibile ren-dere con le parole: partendo dall’attonitostupore
del singolo individuo, cui è possibilesolo sospirare (v. 4 null’omo
pote, ma cia-scun sospira), Cavalcanti amplia la sua pro-spettiva
giungendo a spiegare questo atteg-giamento con l’inadeguatezza
dell’interogenere umano a comprendere razionalmentee spiritualmente
un’esperienza sovrannatu-rale di tale intensità (vv. 12-13 Non fu
sì altagià la mente nostra / e non si pose ’n noitanta salute).
-
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la rappresentazione dellʼamatavolume
B14on line
Le figure retoricheCavalcanti utilizza la personificazione
pertrasformare il suo sentimento amoroso in unpersonaggio vero e
proprio, “compagno”della donna (v. 3 e mena seco Amor) e
unicointerlocutore in grado di esprimere adegua-tamente la bellezza
di lei (v. 6 dical’Amor,ch’i’ nol savria contare).
L’anafora di non in posizione iniziale nelleultime due terzine
(v 9 non si poria contar, v.12 non fu sì alta, v. 13 e non si pose)
ha lafunzione di ribadire l’idea che alla naturaumana non sia
possibile cogliere pienamenteil senso di una visione tanto
sublime.
L’intertestualitàLa natura spirituale della figura femminile cui
è dedicata la poesia è confermata dall’incipit (v. 1) che
riecheggia da vicino un verso del Cantico dei Cantici, uno dei
libri che compongonola Bibbia: Chi è colei che appare come l’alba,
bella come la luna, pura come il sole (vv. 6-10).Le parole con cui
l’uomo commenta l’arrivo della sposa sottolineandone la
straordinaria bel-lezza, a partire dal Medioevo vengono
interpretate come una prefigurazione dell’arrivo dellaVergine
Maria, sommo modello di perfezione femminile e legame diretto tra
l’uomo e Dio, edè plausibile che Cavalcanti, volendo lodare una
donna dalle caratteristiche sovrumane, abbiafatto riferimento a
questa immagine.Nel giugno del 1814, durante una festa, il poeta
romantico inglese George Byron
viene colpito dall’apparizione improvvisa di una bellissima
cugina, il cui abitoscuro crea un forte contrasto con la luminosità
del suo viso; a lei dedica una poesia, pubbli-cata l’anno
successivo, in cui ritroviamo il motivo stilnovista dell’incedere
della donna comeoccasione di stupore e di ammirazione e quello
della sua luminosità, che viene però reinter-pretato in senso
romantico, giocando sul contrasto tra luce e tenebre.Nonostante il
componimento byroniano sia privo della profonda connotazione
spirituale indi-viduabile nel sonetto di Cavalcanti, la
protagonista appare egualmente avvolta in un alonesoprannaturale, e
la sua straordinaria bellezza esteriore viene interpretata dal
poeta inglesecome un riflesso delle sue virtù interiori.
Ella passa radiosaElla passa radiosa, come la nottedi climi
tersi e di cieli stellati;tutto il meglio del buio e del
fulgores’incontra nel suo sguardo e nei suoi occhicosì addolciti a
quella luce tenera
6 che allo sfarzo del giorno nega il cielo.
Un’ombra in più, un raggio in meno, avrebberoguastato in parte
la grazia senza nomeche ondeggia sulla sua treccia corvinao
dolcemente la illumina in volto,dove pensieri limpidi e soavi
12 pura svelano e preziosa la dimora.
Su quella guancia, sopra quella fronte,così dolci, serene ma
eloquenti,i sorrisi avvincenti, i colori accesiparlano di giorni
volti al bene,di un animo che qui con tutto è in pace,
18 di un cuore che ama innocente!Ella passa radiosa, in Pezzi
domestici ed altre poesie, Einaudi, Torino 1986
Vedi Appendice
-
LABORATORIO
diffic
oltà
Dopo aver ricostruito il testo secondo lo schema sintattico
tipico della pro-sa, fanne la .Vedi a p. 73parafrasi
7
Produzione
diffic
oltà
Le parole chiave Individua le anastrofi presenti nelle terzine
conclusive e dopo aver sottoli-neato le parole chiave che esse
pongono in rilievo spiegane la funzione se-mantica.
Nella seconda strofa Cavalcanti usa i termini umiltà (v. 7) ed
ira (v. 8) comese fossero opposti tra loro: questa scelta
corrisponde al senso che oggi noiattribuiamo alle due parole?
Spiega per iscritto l’attuale significato dei duevocaboli
accostando a ciascuno il suo opposto semantico.
Completa la tabella inserendo nella prima colonna tutte le
espressioni rela-tive alla perfezione della donna, nella seconda
tutte quelle che si riferisconoall’umana incapacità di
esprimerla.
Vedi a p. 62
6
5
4
Analisi
diffic
oltà
Quale effetto ha il passaggio della donna sugli uomini che la
osservano? Esulla natura circostante?
Chi, secondo il poeta, è in grado di riferire in modo adeguato
la bellezza del-lo sguardo della donna amata?
Che cosa impedisce a Cavalcanti di descrivere la perfezione
della donna?3
2
1
Comprensione
Labo
rato
rio
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore15
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Furia Perfezione della donna Incapacità di esprimerla
I quartina
.................................................................................
.................................................................................
II quartina
.................................................................................
.................................................................................
I terzina
.................................................................................
.................................................................................
II terzina
.................................................................................
.................................................................................
-
L’OPERAVedi Approfondimento a p. 17.
LA POESIAIn questa poesia, composta probabilmente intorno al
1341 ed inserita nelCanzoniere, Petrarca utilizza la forma della
lode (vedi Cavalcanti a p. 12) perrievocare il suo primo incontro
con Laura, la donna amata, di cui celebra laluminosità e la
perfetta bellezza con modalità espressive che richiamano leimmagini
femminili degli stilnovisti (vedi a p. 12). Nonostante alcune
analo-gie, però, lo spirito con cui egli interpreta questo tema è
diverso da quello deipoeti del secolo precedente, in quanto la
bellezza di Laura non è lo strumentoper celebrare la perfezione di
Dio ma ha la funzione, molto più “terrena”, didimostrarne la
superiorità rispetto alle altre donne, giustificando così la
pas-sione amorosa del poeta.
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi1
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,2
e ’l vago lume oltra misura ardeadi quei begli occhi, ch’or ne
son sì scarsi;3
5 e ’l viso di pietoso color farsi,non so se vero o falso, mi
parea:4
i’ che l’esca amorosa al petto avea,5
qual meraviglia se di subito arsi?6
Non era l’andar suo7 cosa mortale,10 ma d’angelica forma;8 e le
parole
sonavan altro, che pur voce umana.9
Uno spirto celeste, un vivo solefu quel ch’i’ vidi: e se non
fosse or tale,piaga per allentar d’arco non sana.10
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, in Canzoniere, Einaudi,
Torino 2005
tratto da Canzoniere
anno 1341
luogo Italia
il significante
le parole chiave
i temi
le figure retoriche
la simbologia
l’intertestualità
l’extratestualità
Francesco Petrarca
Erano i capei d’oro al’aura sparsi
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la rappresentazione dellʼamatavolume
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1. a l’aura sparsi: sciolti al vento (a l’aura).
Petrarcautilizza l’omofonia tra il nome Laura e il sostantivol’aura
per indicare indirettamente l’identità dellaprotagonista.2. che ’n
mille ... avolgea: che li avvolgeva innumerose ed eleganti onde
(nodi).3. e ’l vago ... scarsi: e splendeva (ardea) in
modoeccezionale (oltra misura) la bella luce dei suoi occhi (’lvago
lume...di quei begli occhi), che ora si è offuscata(ch’or ne son sì
scarsi).4. e ’l viso ... mi parea: e mi sembrava (e mi parea),
oforse era un’illusione (non so se vero o falso), che il suoviso
dimostrasse un atteggiamento di benevolacompassione (di pietoso
color farsi) nei miei confronti.5. i’ che l’esca amorosa al petto
avea: io che avevol’animo predisposto all’amore. L’esca è un
materialeinfiammabile su cui si fanno cadere le scintilleprovocate
dalla pietra focaia per accendere il fuoco.6. se di subito arsi?:
se mi innamorai di leiimmediatamente?7. l’andar suo: il suo
incedere.8. d’angelica forma: di uno spirito angelico.9. e le
parole ... umana: e le sue parole sembravanorisuonare in maniera
diversa da una semplice voceumana.10. e se non fosse ... sana: e se
anche ora non fossebella come allora (or tale), tuttavia una ferita
(piaga) nonguarisce per il fatto che l’arco da cui un tempo è
partitala freccia si è allentato (per allentar d’arco).
METRO canzone
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore17
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Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304 da un notaio
fiorentino, che lavora presso la corte pon-tificia e che, nel 1311,
si trasferisce con la famiglia a Carprentas, presso Avignone.
Petrarca studia leggea Montpellier e poi Bologna, ma senza
concludere gli studi. Intorno al 1330 prende gli ordini minori
eentra a far parte del clero. Ha la possibilità di incontrare i più
importanti intellettuali del tempo, di stu-diare, possedere libri
rari e costosi e aver riconoscimenti pubblici come l’incoronazione
a poeta (nel1341). Viaggia molto per gran parte d’Italia e
d’Europa, per visitare luoghi, monumenti, opere d’arte e
bi-blioteche. Dopo il 1340 la sua fama aumenta sempre di più. Muore
nel 1374 ad Arquà, in provincia diPadova, dove si era stabilito
definitivamente dal 1370. La sua fama di poeta la deve alle poesie
in vol-gare italiano, raccolte nel Canzoniere e nei Trionfi
(1340-1374). Tutto il resto della sua produzione è inlatino. Nelle
Epistole (1325-1374) è raccolta la corrispondenza con amici,
letterati, politici. Le poesie la-tine comprendono il poema in
esametri Africa (1339-1342), che celebra la figura si Scipione
l’Africano,
le Epistulae metricae (1350, Epistole in versi) e Bucolicum
carmen (1346-1348, Carme pastorale). Le opere di erudizione e
com-pilazione comprendono il De viris illustribus (1337, Gli uomini
illustri), il Rerum memorandum libri (1350, Fatti memorabili).
Hascritto, inoltre, numerosi testi di carattere filosofico e
spirituale: il Secretum (1342-1358, Il mio segreto), il De vita
solitaria (1346,La vita solitaria) e il De otio religioso (1347,
L’ozio dei religiosi).
APPROFONDIMENTO
Il CanzoniereIl Canzoniere, il cui titolo originale è Rerum
vulgarium fragmenta (Frammenti di componimenti scrittiin lingua
volgare), è l’opera più importante e nota di Petrarca, ed è
divenuto un vero e propriomodello di stile per la successiva poesia
d’amore: in esso, utilizzando forme metriche diverse(sonetti,
canzoni, ballate, madrigali) il poeta raccoglie 365 liriche, una
per ogni giorno dell’anno,precedute da un sonetto che funge da
introduzione.Alla base dell’architettura del Canzoniere c’è l’amore
del poeta per una nobildonna chiamataLaura, incontrata in una
chiesa di Avignone il 6 aprile 1327 e divenuta oggetto della sua
inesauribi-le passione.L’idea di proporre una donna come unica
ispiratrice dellapoesia si rifà all’esperienza dello stilnovismo,
ma il modo concui Petrarca affronta la tematica amorosa è
profondamenteinnovativo in quanto, a differenza delle raccolte dei
poeti stil-novisti, il Canzoniere si presenta come una struttura
organicanella quale l’autore riunisce e ordina i componimenti
nonsecondo l’ordine di composizione ma con l’obiettivo di
trac-ciare il suo percorso spirituale: nella raccolta, infatti, è
possi-bile distinguere una prima parte (chiamata successivamente
Invita di Laura), in cui prevale il conflitto interiore del
poetacombattuto tra l’amore per la donna e il timore che
questosentimento lo allontani da obiettivi più alti, e una seconda
(Inmorte di Laura) dominata maggiormente da riflessioni
sullabrevità della vita terrena. Nonostante Petrarca considerasse
isuoi scritti in volgare nugae, cioè sciocchezze di
importanzasecondaria rispetto alla produzione in latino da cui si
aspetta-va fama e riconoscimenti, egli dedicò una grandissima
atten-zione alla composizione del Canzoniere, rivedendolo e
correg-gendolo costantemente tra il 1342 e il 1374, anno della
suamorte.
William Morris (1834-1896), Donna che suona un’arpa, 1874,
particolare.
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B18on line
STRUMENTI DI LETTURAIl significante
Secondo lo schema già utilizzato da molti poetistilnovisti (vedi
Cavalcanti ,Chi è questa che vèn ch’ogn’om la mira a p.11), nel
sonetto si succedono due quartine arima incrociata (ABBA ABBA) e
due terzinea rima invertita (CDE DCE). Un altro ele-mento che
Petrarca attinge dalla tradizionedella poesia d’amore è l’uso del
senhal (pro-nunzia segnàl = segnale), termine con cui sidefiniva un
artificio retorico utilizzato daipoeti provenzali, che non potendo
rivelare ilnome dell’amata nelle loro poesie, poichéciò era
contrario alle regole dell’amor cor-tese, lo “mascheravano” in
un’altra parola olo sostituivano con un nome fittizio: nel so-netto
di Petrarca funge da senhal l’espres-sione l’aura (v. 1) che per
omofonia rimandaa Laura, nome della donna amata dal poeta.Oltre ad
alcuni iperbati (v. 1, v. 3), nel testonotiamo diversi enjambement
che atte-nuano la forza delle rime e danno al com-ponimento un
ritmo più vario e naturalepoiché creano pause che non coincidonocon
l’ultima parola del verso (vv. 3-4 e ’l vagolume oltra misura ardea
/ di quei begli occhi,ch’or ne son sì scarsi; vv. 10-11 ma
d’ange-lica forma; e le parole / sonavan altro, chepur voce
umana).
Le parole chiaveI capelli biondi e ondulati di Laura (vv.1-2
icapei d’oro...’n mille dolci nodi), la lumino-sità del suo sguardo
(vv. 3-4 il vago lume ...di quei begli occhi), l’andatura e la voce
so-prannaturali (vv. 9-10 l’andar suo ... d’ange-lica forma; vv.
10-11 e le parole sonavanoaltro che pur voce umana) più che
costruirerealisticamente l’immagine della donna, trat-teggiano una
figura femminile dai contornievanescenti, la cui indeterminatezza è
ulte-riormente accentuata dall’uso di aggettiviimprecisi ma
fortemente evocativi comedolci (v. 2), vago (v. 3), begli (v. 4)
angelica (v.10): questa modalità di rappresentazioneavrà grande
fortuna, fino a costituire un veroe proprio modello stilistico
della lirica amo-rosa dei secoli successivi.
I temiLa bellezza di Laura: pur riprendendo il mo-tivo
stilnovistico della lode alla donna amata,Petrarca ne trasforma
profondamente ilsenso: se apparentemente la rappresenta-
Vedi a p. 12
zione segue lo schema convenzionale dellapoesia d’amore del
Duecento (vedi Il DolceStil Novo, p. 12) mettendo in rilievo la
lumi-nosità dei capelli (vv. 1-2), degli occhi (vv. 3-4) e del
volto di Laura (v. 5) e la sua vicinanzaal sovrannaturale (vv.
9-11, v. 12 spirto ce-leste), nuova è, in realtà, la posizione che
as-sume la donna all’interno dell’orizzonte spiri-tuale e
psicologico del poeta.La bellezza celebrata da Petrarca, infatti,
siidentifica sostanzialmente con la perfezionefisica dell’amata
piuttosto che con la suacapacità morale di contribuire
all’elevazionedell’uomo: il sublime fascino di Laura sca-tena nel
poeta una passione terrena (vv. 7-8 i’ che l’esca amorosa al petto
avea, / qualmeraviglia se di subito arsi?) che, lungi
dal-l’avvicinarlo a Dio, gli impedisce di perse-guire più nobili
istanze spirituali.La consapevolezza del trascorrere deltempo:
inoltre, la scelta di portare alla luce ilricordo del primo
incontro (v. 1 Erano) noncostituisce per Petrarca soltanto
l’adegua-mento a una formula stilistica collaudata, madiviene un
elemento di riflessione sull’ineso-rabile trascorrere del tempo,
attribuendoalla figura femminile un dinamismo di cui eradel tutto
priva la donna degli stilnovisti: l’im-magine di Laura, infatti,
non appare cristal-lizzata in un’immutabile eterna giovinezzama
l’autore ne coglie le trasformazioni impo-ste dal tempo che, pur
sottraendole la lumi-nosità dello sguardo, attributo peculiare
dellasua bellezza (v. 4 quei begli occhi, ch’or neson sì scarsi),
non scalfisce la passione cheinfiamma il cuore del poeta (vv. 13-14
se nonfosse or tale, / piaga per allentar d’arco nonsana).
Le figure retoricheLe due metafore che si riferiscono
all’inten-sità della passione del poeta provengono dalformulario
tradizionale della lirica amorosa:nella prima (vv. 7-8), che è
costruita sul-l’identificazione tra l’innamoramento e ilfuoco,
l’idea che l’amore si accenda solo inun animo predisposto (v. 7 i’
che l’esca amo-rosa al petto avea) richiama il concetto di
corgentile celebrato dagli stilnovisti; nella se-conda, l’immagine
della ferita che non guari-sce più in fretta se l’arco che la ha
provocatasi è logorato (v. 14 piaga per allentar d’arconon sana)
rappresenta la costanza del senti-mento amoroso che non muta con il
trascor-rere del tempo.
-
LABORATORIO
diffic
oltà
Dopo aver individuato gli iperbati presenti nella lirica,
ricostruisci il testo secon-do lo schema sintattico tipico della
prosa e fanne la .
Il modello femminile formalizzato nel XIV secolo da Petrarca
mostra una no-tevole persistenza nella poesia d’amore occidentale,
tanto da essere rin-tracciabile anche nei versi di molti autori
contemporanei.
Vedi a p. 73parafrasi
7
6
Produzione
diffic
oltà
Le parole chiave Individua e riporta nello schema le parole che
appartengono ai campi se-mantici della luce e del fuoco; spiega poi
per iscritto quale legame esiste trai due gruppi di vocaboli.
Vedi a p. 62
4
Analisi
diffic
oltà
Qual è il tempo verbale che prevale nella poesia? Per quale
ragione il poetafa questa scelta?
Quali particolari dell’aspetto fisico di Laura vengono rievocati
dal poeta?
Elenca le caratteristiche che fanno di Laura una figura
sovrannaturale equelle, invece, che ne sottolineano la realtà:
quale dei due aspetti, secondote, prevale nella poesia?
Caratteristiche sovrannaturali:
....................................................................................................................Caratteristiche
reali:
...............................................................................................................................................
3
2
1
Comprensione
Labo
rato
rio
V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
2011
SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore19
on linevolume
B
Luce
.........................................................................................................................................................................
Fuoco
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Le figure retoriche Nel v. 12 sono presenti due metafore:
individuale e trasformale in similitudini.Spiega per iscritto il
significato dell’espressione ch’or ne son sì scarsi (v. 4),tenendo
ben presente il lungo lasso di tempo intercorso tra il momento
delprimo incontro del poeta con Laura e quello in cui egli compone
la poesia.
Vedi a p. 52
5
-
Labo
rato
rioPaul Eluard è un poeta francese appartenente al
Surrealismo,un movimento nato agli inizi del XX secolo che si
proponeva di esprimere li-beramente la componente irrazionale della
creatività umana rifiutando le re-strizioni della civiltà
contemporanea: alla raccolta Capitale de la douleur(1926)
appartiene la lirica che ti proponiamo scritta da Eluard per Gala,
suaamata ispiratrice. Operando un confronto intertestuale, spiega
in un testoscritto quali aspetti di questo componimento sono
ascrivibili, a tuo avviso,al modello petrarchesco e quali alla
mentalità e al sentire propri del mondocontemporaneo.
Ta chevelure d’orangeTa chevelure d’orange dans le vide du
mondeDans le vide des vitres lourdes de silenceEt d’ombre où mes
mains nues cherchent tous tes reflets.
La forme de ton coeur est chimériqueEt ton amour ressemble à mon
désit perdu
O soupirs d’ambre, rêves, regardsMais tu n’as pas toujours été
avec moi. Ma mémoireEst encore obscurcie de t’avoir vu venirEt
partir. Le temps se sert de mots comme l’amour
Arance i tuoi capelliArance i tuoi capelli e intorno il vuoto
del mondo, e intorno il vuoto anche dei vetricarichi d’ombra e di
silenzio dovecercano tutti i suoi riflessi queste
5 mie mani nude.
Chimerica1 è la forma del tuo cuoree il tuo amore assomiglia al
mio perduto desiderio. O sospiri d’ambra, sogni,sguardi.
10 Ma tu non sei rimasta sempre con me. La mia memoria è ancora
nebbia,che t’ha vista venire, andare. Il tempodi parole si avvale,
come amore.
Ta chevelure d’orange, in Poesie, Einaudi, Torino 1976
Vedi Appendice
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2011
la rappresentazione dellʼamatavolume
B20on line
1. chimerica:inafferrabile e fantasticacome una chimera,
unmostro mitologico cheaveva la testa e il corpodi leone, un dorso
da cuisporgeva una testa dicapra e la coda diserpente.
-
L’OPERAVedi Approfondimento a p. 17.
LA POESIAAnche in questa lirica, inserita come la precedente nel
Canzoniere (vedi a p.17), Petrarca rievoca un episodio del suo
amore per Laura. Questa volta ladonna è rappresentata in un
ambiente naturale dominato dalla bellezza edalla serenità, lungo le
sponde del fiume Sorga, nella vicinanze di Valchiusa,una piccola
valle solitaria e amena a 15 miglia da Avignone, scelta dal
poetaper dedicarsi in solitudine all’attività letteraria: nella
canzone il ricordo delmomento felice ma ormai lontano si intreccia
alla disperazione attuale delpoeta, che giunge ad augurarsi la
morte nella speranza di riuscire a suscitarenella donna amata
rimpianto e pietà per la sua sorte.
Francesco Petrarca
Chiare, fresche et dolci acque
Chiare, fresche et dolci acque,1
ove2 le belle membrapose colei che sola a me par donna;3
gentil ramo ove piacque,5 (con sospir’ mi rimembra)4
a lei di fare al bel fiancho colonna;5
herba e fior’ che la gonnaleggiadra ricoverseco l’angelico
seno;6
10 aere7 sacro, sereno,ove Amor co’ begli occhi il cor
m’aperse:8
date udïenza9 insieme a le dolenti mie parole extreme.10
S’egli11 è pur mio destino,15 e ’l cielo in ciò s’adopra,12
tratto da Canzoniere
anno 1341-1345
luogo Italia
METRO canzone
il significante
le parole chiave
i temi
le figure retoriche
la simbologia
l’intertestualità
l’extratestualità
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2011
SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore21
on linevolume
B
FrancescoPetrarcavedi a p. 17
1. acque: quelle del fiume Sorga, che scorre nelle vicinanze
diValchiusa. I vocaboli acque (v. 1), ramo (v. 4), herba e fior (v.
7) e aere (v.10) sono vocativi che si riferiscono all’imperativo
date udïenza (v. 12).2. ove: dove.3. colei che sola a me par donna:
Laura, l’unica che per me puòessere definita donna. 4. con sospir’
mi rimembra: mi ricordo sospirando.5. fare al bel fiancho colonna:
appoggiare (fare colonna) il suo corpo(bel fiancho).6. angelico
seno: per alcuni critici il termine seno può essere riferitoal
lembo della veste della donna che ricopre il prato, per altri al
senoricoperto dall’abito di Laura, distesa bocconi sull’erba:
quest’ultimaipotesi è verosimile poiché Petrarca descrive la donna
in questa
posizione anche in un altro sonetto del Canzoniere (CLX, vv.
9-11 Qualmiracol è quel, quando tra l’erba / quasi un fior siede, o
ver quand’ellapreme / col suo candido seno un verde cespo!).7.
aere: aria.8. ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse: dove
l’amore mi ferì ilcuore (il cor m’aperse) attraverso i begli occhi
di Laura.9. date udïenza: ascoltate.10. extreme: ultime poiché
Petrarca si sente in procinto di morire.11. egli: è un pleonasma,
cioè una ripetizione non necessaria per lacomprensione. Il verso
può essere letto come “Se il mio destino èproprio questo”.12. e ’l
cielo in ciò s’adopra: e la volontà del cielo vuole così.
-
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,13
qualche grazia il meschinocorpo fra voi ricopra,14
e torni l’alma al proprio albergo ignuda.15
20 La morte fia men cruda16
se questa spene portoa quel dubbioso passo:17
ché lo spirito lasso18
non poria mai più riposato porto25 né in più tranquilla
fossa
fuggir la carne travagliata et l’ossa.19
Tempo verrà anchor forsech’a l’usato soggiorno20
torni la fera21 bella et mansüeta,30 et là ’v’22ella mi
scorse
nel benedetto giorno,volga la vista disïosa23 et
lieta,cercandomi; et, o pieta!24
già terra in fra le pietre35 vedendo,25 Amor l’inspiri
in guisa che sospiri26
sì dolcemente che mercé m’impetre,27
et faccia forza al cielo28
asciugandosi gli occhi col bel velo.
40 Da’ be’ rami scendea,(dolce ne la memoria) una pioggia di
fior’ sovra ’l suo grembo;et ella si sedeahumile in tanta
gloria,
45 coverta già de l’amoroso nembo.29
Qual fior cadea sul lembo,30
qual su le treccie bionde,ch’oro forbito31 e perleeran quel dì a
vederle;
50 qual si posava in terra et qual su l’onde;qual con un vago
errore32
girando parea dir: Qui regna Amore.
Quante volte diss’ioallor pien di spavento:
55 Costei per fermo33 nacque in paradiso.Così carco d’oblioil
divin portamento e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
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la rappresentazione dellʼamatavolume
B22on line
13. ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda: chesia l’amore a
chiudere questi occhi piangenti, cioè cheio muoia per amore. 14.
qualche grazia il meschino corpo fra voiricopra: un gesto pietoso
(qualche grazia) seppellisca(ricopra) qui (fra voi) il mio povero
(meschino) corpo.15. e torni l’alma al proprio albergo ignuda:
el’anima (l’alma) torni al cielo, sua sede naturale
(proprioalbergo), priva del corpo (ignuda).16. fia men cruda: sarà
(fia) meno crudele (cruda).17. se questa spene porto a quel
dubbioso passo:se porto con me questa speranza (spene) nel
momentodella morte (dubbioso passo); il passaggio alla morte
èdubbioso per l’incertezza sulla sorte dell’anima. 18. lasso:
stanco.19. non poria mai ... l’ossa: non potrebbe (poria)
maistaccarsi (fuggir) dal corpo stanco (carne travagliata) edalle
ossa in un luogo più tranquillo di questo (riposatoporto).20. a
l’usato soggiorno: nel luogo noto.21. la fera: Laura, donna crudele
(fera) perché nonricambia l’amore del poeta.22. la ’v’ella: laddove
ella.23. disïosa: desiderosa di rivederlo.24. o pieta: o dolore!
25. già terra in fra le pietre vedendo: vedendomi giàridotto a
polvere (terra) tra (in fra) le pietre del sepolcro.26. in guisa
che sospiri: in modo da (in guisa che)farla sospirare.27. che mercé
m’impetre: da ottenere per me(m’impetre) la misericordia (mercé).
28. faccia forza al cielo: convinca Dio.29. coverta già de
l’amoroso nembo: ricoperta dallanuvola di fiori sparsa su di lei da
Amore (amorosonembo).30. sul lembo: sull’orlo della veste.31.
forbito: lucente.32. con un vago errore: con un soave movimento.33.
per fermo: di certo.
Andrea del Castagno (1421 ca.-1457), Uomini illustri:Francesco
Petrarca, 1450 ca., particolare.Verso la metà del Quattrocento,
Andrea delCastagno lavorò per il gonfaloniere Filippo Carduccinella
villa di Legnaia, presso Firenze, alla serie degliUomini e donne
illustri, ritraendo, oltre al Petrarca,anche Dante e Boccaccio,
Pippo Spano, Farinatadegli Uberti, Niccolò Acciaioli, la Sibilla
Cumana,Regina Ester e Regina Tomiri.
-
m’aveano,34 et sí diviso60 da l’imagine vera,35
ch’i’ dicea sospirando: Qui come venn’io o quando?;36
credendo esser in ciel, non là dov’era.Da indi in qua37 mi
piace
65 quest’herba sì38 ch’altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,poresti arditamente uscir
del boscho, et gir in fra la gente.39
Chiare, fresche et dolci acque, in Canzoniere, Einaudi, Torino
2005
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore23
on linevolume
B
34. Così carco d’oblio... m’aveano: il divinoportamento di
Laura, ilvolto, le parole e il dolcesorriso di lei mi avevanoreso
così dimentico ditutto (carco d’oblio).35. e sì diviso dal’imagine
vera: e resocosì distante (sì diviso)dalla realtà (da
l’imaginevera).36. Qui come venn’io oquando?: in che modo equando
io giunsi qui?37. Da indi in qua: daquel momento.38. mi
piacequest’herba sì: mi piacetanto (sì) questo
luogo(quest’herba).39. Se tu avessi... in frala gente: se tu,
canzone,fossi così bella comevorresti (quant’ài voglia),potresti
senza paura(poresti arditamente)uscire da queste selve epresentarti
in pubblico(gir in fra la gente).Questi tre versicostituiscono il
congedocon cui Petrarca concludela canzone.
STRUMENTI DI LETTURAIl significante
La lirica è organizzata secondo lo schemametrico della canzone,
un componimentocreato nel corso del XIII secolo e costituito
disolito da cinque strofe lunghe (stanze),chiuse da una strofa con
un numero minoredi versi (congedo).Petrarca rielabora questa
struttura imponen-dole regole fisse che la trasformeranno in unvero
e proprio modello (la canzone petrar-chesca) utilizzato, con
pochissime varia-zioni, fino al XIX secolo: ogni stanza
risultacostituita da tredici versi in rima, organizzatisecondo uno
schema rigido nel quale a duegruppi di tre versi, chiamati piedi
(vv. 1-6),segue una parte indivisibile di sette versi, lasirma (vv.
7-13).La funzione di collegare tra loro le due partispetta
all’ultimo verso del secondo piede (v.6 a lei di fare al bel
fiancho colonna) cherima con il primo della sirma (v. 7 herba e
fior’che la gonna) e prende il nome di chiave. Conclude la canzone
il breve congedo (vv.66- 68) in cui l’autore abbandona il tema
trat-tato fino a quel momento, rivolgendosi diret-tamente ai suoi
versi (v. 66 tu).Dal punto di vista metrico, Petrarca privilegiagli
endecasillabi e i settenari, che disponein modo regolare collocando
sempre il metropiù lungo nella stessa posizione (versi III, VI,XI e
XIII di ogni stanza. La prevalenza dei settenari dà un ritmo
piùfluido e sciolto alla poesia, alla cui musica-lità
contribuiscono anche le anafore (vv. 2,4, 10 ove, vv. 46, 47, 50,
51 qual) e le sim-metrie (v. 4 gentil ramo, v. 7 herba e fior, v.
9
aere sacro) che attraversano fittamente iltesto.Tramite
un’accuratissima selezione lessi-cale che esclude dalla lirica
vocaboli a forteintensità espressiva, l’autore elabora un tes-suto
linguistico uniforme e piano che co-stituisce la sua peculiare
cifra stilistica e di-verrà per i poeti dei secoli successivi
unmodello di scrittura tenacemente imitato.
Le parole chiaveLa ripetizione dell’aggettivo bello con
cuil’autore definisce i diversi dettagli del-l’aspetto di Laura (v.
2 belle membra, v. 6 belfiancho, v. 11 begli occhi, v. 29 fera
bella, v.39 bel velo), costruisce una rappresenta-zione stilizzata
e astratta, la cui dolcezza so-vrannaturale è ulteriormente
ribadita dai ter-mini leggiadra (v. 8), angelico (v. 9), divino(v.
57). Alla bellezza di Laura fa da sfondoquella del paesaggio, che
il poeta descriveservendosi di un’aggettivazione egualmentesoave e
altrettanto generica: chiare, frescheet dolci (v. 1) sono le acque
del Sorga, gen-til (v. 4) è l’albero a cui Laura si è
appoggiata,sacro e sereno (v. 10) il cielo che sovrasta lapiccola
valle, amorosa (v. 45) è la nuvola dipetali che ricopre la donna in
segno diomaggio.Nella canzone si alternano il piano temporaledel
passato e quello del futuro. Nella prima,quarta e quinta stanza,
centrate sul ricordo diLaura, prevale il passato remoto (v. 3
pose,v. 4 piacque, v. 8 ricoverse, v. 11 m’aperse)quando il poeta
rievoca il momento precisodel suo incontro con l’amata, e
l’imperfetto
-
quando descrive la sacra immobilità di leiglorificata dagli
elementi naturali (v. 40 scen-dea, v. 43 si sedea, v. 46 cadea, v.
50 si po-sava).Nella seconda e nella terza stanza, invece,domina il
tempo futuro che esprime sia lasospirata e temuta prospettiva della
mortesia la speranza di veder cambiare i senti-menti della donna
(v. 20 fia, v. 27 tempo ...verrà).
I temiIl locus amoenus: nel ritratto di Laura che sibagna nelle
acque del fiume Sorga, Petrarcaattribuisce un ruolo decisivo al
paesaggionaturale, in continuità con la tradizione lette-raria
classica: risale infatti agli autori greci elatini il tòpos del
locus amoenus, il “paesag-gio ideale” ricco di alberi, fonti e
prati fioriti,dalla bellezza eterna e quasi divina che si
ri-verbera su coloro che vi soggiornano.Tuttavia, a un’analisi più
attenta, questascelta stilistica mostra un atteggiamentonuovo da
parte del poeta, che capovolge loschema tradizionale: non è,
infatti, la perfe-zione idillica e immutabile della natura a
ren-dere bella Laura ma, al contrario, è la bel-lezza idealizzata
di lei (vv. 2, 6, 7-8, 10, 47),ricavata dal modello stilnovista e
reinterpre-tata dalla sensibilità dell’autore, a proiettarsisullo
spazio circostante che viene trasfigu-rato assumendo su di sé i
caratteri gentilidella donna (vv. 1, 4, 10, 45), in una dimen-sione
terrena nella quale le allusioni al para-diso sono solo una
metafora della bellezzadella donna amata (v. 55 Costei per
fermonacque in paradiso, v. 63 credendo esser inciel, non là
dov’era).La prospettiva del futuro: innovativa èanche la stretta
relazione istituita dall’autoretra il convenzionale tema del
piacere amo-roso e quello della morte (v. 20), che rivela lanatura
inquieta e contraddittoria del suoanimo. Se al poeta il passato
appare dolce-mente trasfigurato dal ricordo (vv. 1-13, vv.40-52),
la prospettiva del futuro gli mostra ilsuo volto cupo e funereo,
che egli materia-lizza nella visione della propria sepoltura
nelluogo tanto amato (v. 24 riposato porto),unica via di scampo a
un’esistenza insop-portabilmente dolorosa (v. 23 spirito lasso,
v.26 carne travagliata).Tuttavia l’inquietudine e l’incertezza
asso-ciate alla morte sono tali (v. 22 dubbiosopasso) che neanche
la speranza di suscitare,morendo, l’affetto e il rimpianto di Laura
rie-sce a sottrarre alla scena il suo caratterecupo e inquietante
(v. 25 fossa, v. 26 ossa).
Le figure retoricheNelle prime quattro stanze della canzone
no-tiamo un procedimento retorico tipico dellalirica contemporanea
a Petrarca (vedi Ca-valcanti , Chi è questa chevèn ch’ogn’om la
mira a p. 11), la personifi-cazione del sentimento amoroso, grazie
acui Amore diviene co-protagonista della li-rica, accanto a Laura e
al poeta. Nelle duestrofe iniziali Amore appare come l’alter egodi
Petrarca, di cui suggella il percorso inte-riore, responsabile sia
dell’iniziale innamora-mento del poeta sia della sua morte (v.
11ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse, v.16 ch’Amor
quest’occhi lagrimando chiuda).Nella terza stanza, invece, Amore è
la forzaispiratrice che può impietosire Laura spin-gendola a
pregare per il poeta morto (v. 35Amor l’inspiri), mentre nella
quarta egli vienedesignato dalla natura come il re del luogobeato
in cui si è celebrato il trionfo delladonna (v. 52 Qui regna
Amore).
L’intertestualitàIl tema petrarchesco della donna che sibagna
nelle acque limpide di un fiume vieneriproposto in chiave
drammatica in questa li-rica del poeta francese Guillaume
Apolli-naire , composta nel 1917,nella fase più tragica della Prima
guerramondiale. In essa il motivo della bellezzafemminile e
dell’amore sono venati da unsottile senso di inquietudine suscitato
dallapresenza del soldato (v. 3) e dall’ambienta-zione naturale
dominata da tinte cupe chealludono alla fiamma della passione
maanche al rosso colore del sangue.
Scendevi in acque così chiareio annegavo nel tuo sguardopassa il
soldato e con la manoprotesa lei spicca1 un ramo
5 Tu vai sull’onda notturnaritorta fiamma è il mio cuoredel
pettine ambrato2 ha il coloreriflesso nell’acqua che ti bagna
da Vitam impendere amori, in Poesie d’amore, Newton &
Compton, Roma 2006
Tu descendais dans l’eau si claireJe me noyais dans ton regardLe
soldat passe elle se pencheSe détourne et casse une branche
5 Tu flottes sur l’onde nocturneLa flamme est mon cœur
renverséCouleur de l’écaille du peigneQue reflète l’eau qui te
baigne
Vedi a p. 12
Vedi Appendice
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2011
la rappresentazione dellʼamatavolume
B24on line
1. spicca: stacca.2. di pettine ambrato:del colore bruno di
unpettine.
-
LABORATORIO
diffic
oltà
Il significante Individua e riporta sul quaderno tutte le parole
che pur avendo un suono eun significato simile all’italiano attuale
appaiono graficamente diverse espiega da quale lingua esse sono
influenzate.
Seguendo la traccia utilizzata di seguito per analizzare la
prima stanza, rico-struisci lo schema della rima dell’intero
componimento, indicando con la let-tera minuscola le rime dei
settenari e con la maiuscola quelle degli endeca-sillabi; definisci
poi in modo adeguato le diverse parti delle stanze,
facendoriferimento alla struttura formale della canzone.
Vedi a p. 26
6
5
Analisi
diffic
oltà
In quale luogo è ambientato l’episodio che Petrarca ricorda
nella canzone?
Perché il poeta definisce i suoi versi dolenti parole estreme
(v. 13)?
Nell’immaginazione del poeta, quale atteggiamento avrà Laura
scorgendo lasua tomba nei luoghi in cui si sono incontrati?
Nella quinta stanza (vv. 53-65) prevale, secondo te, la
dimensione del ricor-do o quella del sogno? Da quali espressioni te
ne accorgi?
4
3
2
1
Comprensione
Labo
rato
rio
LESS
ICO
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore25
on linevolume
B
Istanza Schema rima Definizione
Chiare, fresche e dolci acque,ove le belle membrapose colei che
sola a me par donna;gentil ramo ove piacque,(con sospir’ mi
rimbra)a lei di fare al bel fianco colonna;erba e fior’ che la
gonnaleggiadra ricoverseco l’angelico seno;aere sacro, sereno,ove
Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:date udienza insiemea le
dolenti mie parole estreme,
-
Labo
rato
riodif
ficolt
à
Esegui un e completa lo schema inse-rendo nelle rispettive
colonne gli elementi che accomunano la poesia diPetrarca a quella
di Apollinaire. Spiega poi in un breve testo scritto quali so-no
gli aspetti prettamente ‘moderni’ della poesia dell’autore francese
(Perquest’ultima parte del compito, ti suggeriamo di partire dal
confronto tra illocus amoenus descritto da Petrarca e l’ambiente
che fa da sfondo alla liri-ca di Apollinaire).
Vedi a p. 67 e 75confronto intertestuale9
Produzione
Le parole chiave Nella costante alternanza tra passato e futuro
individua i momenti che si ri-feriscono alla condizione presente
del poeta, spiegando quale tipo di situa-zione psicologica essi
descrivono, a tuo giudizio.
Le figure retoriche Spiega per iscritto qual è secondo te il
significato dell’espressione fera bel-la et mansüeta (v. 29): di
quale figura retorica si tratta?
Vedi a p. 52
Vedi a p. 62
8
7
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la rappresentazione dellʼamatavolume
B26on line
Petrarca Apollinaire
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Duccio di Buoninsegna(1255-1319), Maestà,1308-1311,
particolare.
-
Labo
rato
rioNegli anni della sua permanenza ad Avignone, Petrarca diventa
amico delpittore senese Simone Martini , di cui apprezza la
capacità dicogliere la perfezione ideale della forma, al punto da
commissionargli, se-condo una leggenda, un ritratto di Laura che
non ci è giunto, e da affermarein un sonetto del Canzoniere:
“Ma certo il mio Simon fu in paradisoonde questa gentil donna si
parte,ivi la vide, et la ritrasse in carte
per far fede qua giú del suo bel viso.da Per mirar Policleto a
prova fiso, in Canzoniere, Einaudi, Torino 1958
Osserva la riproduzione del polittico dell’Annunciazione di
Martini conser-vato al Museo degli Uffizi di Firenze e dopo esserti
adeguatamente docu-mentato sull’autore opera un , spiegan-do quali
corrispondenze trovi tra l’arte del pittore senese e la sensibilità
stili-stica di Francesco Petrarca.
Vedi a p. 67 e 75confronto extratestuale
Vedi Appendice
10
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SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore27
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B
Simone Martini (1284-1344),Annunciazione, 1333,particolare.
-
LA POESIANel Sonetto alla sua donna, tratto dalla raccolta Rime
(1537) pubblicata dopola morte dell’autore, Berni delinea il
ritratto di una donna brutta e vecchia,lontanissima dalla soave
perfezione del modello petrarchesco, con l’intentodi polemizzare
con coloro che nel XVI secolo avevano trasformato la poesiad’amore
in un formulario retorico elegante ma privo di autenticità e di
senti-mento. Dopo l’incipit che riprende ironicamente il verso
“Crin d’oro crespo ed’ambra tersa e pura” del poeta Pietro Bembo,
apprezzato imitatore di Pe-trarca, la lirica continua elencando le
poco attraenti doti fisiche e morali del-l’amata con modalità che
sovvertono le convenzioni formali della rappresen-tazione
femminile.
Francesco Berni
Sonetto alla sua donna
Chiome d’argento fino, irte e attorte1
senz’arte intorno ad un bel viso d’oro;2
fronte crespa,3 u’ mirando io mi scoloro,4
dove spunta i suoi strali5 Amor e Morte;
5 occhi di perle vaghi,6 luci torteda ogni obietto diseguale a
loro;7
ciglie di neve,8 e quelle ond’io m’accoro,9
dita e man dolcemente grosse e corte;
labra di latte,10 bocca ampia celeste;10 denti d’ebeno rari e
pellegrini;11
inaudita ineffabile armonia;
costumi alteri e gravi:12 a voi, diviniservi d’Amor,13 palese fo
che queste son le bellezze della donna mia.14
Sonetto alla sua donna, in Rime, Mursia, Milano 1985
tratto da Rime
anno 1537
luogo Italia
METRO sonetto
il significante
le parole chiave
i temi
le figure retoriche
la simbologia
l’intertestualità
l’extratestualità
V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
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la rappresentazione dellʼamatavolume
B28on line
1. irte e attorte: ispide e attorcigliate.2. viso d’oro: dal
colorito giallastro tipico della vecchiaia.3. fronte crespa: piena
di rughe.4. u’ mirando mi scoloro: guardando la quale impallidisco
(miscoloro).5. spunta i suoi strali: dove le frecce (strali) di
Amore e Morte sispezzano senza colpire il segno (spunta). 6. occhi
di perle vaghi: occhi scialbi e roteanti.7. luci torte da ogni
obietto diseguale a loro: occhi lontani (lucitorte) da ogni oggetto
che non sia uno di loro (diseguale a loro);l’espressione allude
allo sguardo strabico della donna.
8. ciglia di neve: ciglia bianche tipiche della vecchiaia.9.
ond’io m’accoro: per cui io mi addoloro.10. labra di latte: bocca
esangue.11. denti d’ebeno rari e pellegrini: denti scuri come il
legno d’ebano(d’ebeno), pochi (rari) e mal distribuiti nella bocca
(pellegrini).12. costumi alteri e gravi: comportamento superbo e
severo.13. divini servi d’Amor: Berni si rivolge sarcasticamente
agli imitatoridi Petrarca che scrivono ispirandosi all’amor cortese
(divini servid’Amor).14. palese ... donna mia: vi rendo noto
(palese fo) che queste sono lebellezze della mia donna.
-
Francesco Berni nasce Lamporecchio nel 1497. Figlio di un notaio
studia aFirenze e nel 1517 si reca a Roma presso un lontano
parente. Nel 1522,quando viene eletto papa Adriano Florensz
(Adriano VI), contro il quale avevalanciato feroci satire, deve
lasciare Roma. Torna a Firenze dove presta servi-zio prima da
Giovanni Matteo Gilberti, poi – nel 1532 – dal cardinale
IppolitoMedici. Nel 1535 muore, forse avvelenato, perché pare
coinvolto in un in-trigo di corte. La sua produzione letteraria non
è molto ampia: scrisse deiCarmina in latino piuttosto
convenzionali, rime d’occasione e sonetti d’argo-mento diverso.
Scrisse anche scherzi scenici come La Catrina (1516), Dia-logo
contra i poeti (1526), un rifacimento dell’“Orlando innamorato” di
Bo-iardo (1524-1531). Divenne famoso soprattutto grazie ai 32
Capitoli, dove
vengono celebrati in tono solenne soggetti futili o volgari;
essi vennero scritti in diversi tempi: furonopubblicate in edizioni
poco accurate a partire dal 1537, e per intero solo nel 1885;
piuttosto frizzantile Lettere, pubblicate nel 1885. Muore a Firenze
nel 1535. Berni fu un maestro della poesia burlescae satirica,
tanto che da lui derivò un genere letterario, il “capitolo
bernesco” e la poesia “bernesca”,che ebbe molti seguaci fino al XIX
secolo.
V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
2011
SEZIONE II - PERCORSI POETICIi volti dellʼamore29
on linevolume
B
STRUMENTI DI LETTURAIl significante
Berni sceglie di fare una parodia (dal grecoparodìa composto da
parà=simile eodè=canto) del modello petrarchesco, scri-vendo
un’opera che imita il modello petrar-chesco, e al tempo stesso ne
costituisce unacritica, mettendo a nudo la vacua
artificiositàdell’imitazione in auge tra i suoi
contempo-ranei.Berni utilizza infatti il classico sonetto
costi-tuito da due quartine a rima incrociata(ABBA ABBA) e due
terzine a rima invertita(CDE DCE) e privilegia il lessico della
tradi-zione (v. 1 chiome; v. 2 oro; v. 5 luci; v. 9 cele-ste; v. 12
divini), intessendolo di vocaboli pre-ziosi e raffinati (v. 5
vaghi; v. 10 rari; pellegrini),che accosta però in modo da
stravolgerne ilsenso (v. 5 luci torte; v. 7 ciglie di
neve).L’aspetto sgradevole della protagonistatrova una puntuale
corrispondenza nel ritmoaspro e spezzato del componimento,
otte-nuto grazie agli enjambement (vv. 1-2Chiome d’argento fino,
irte e attorte / sen-z’arte intorno ad un bel viso d’oro; vv.
12-13a voi, divini / servi d’Amor, palese fo chequeste) e,
soprattutto nella prima strofa, allaripetizione di gruppi
consonantici dalsuono duro e ruvido che sostituiscono lalingua
piana e priva di asprezze del sonettoamoroso: in particolare, le
numerose allitte-razioni di nt (v. 1 argento, v. 3 fronte, v.
4spunta) e rt (vv. 1-2 irte e attorte / senz’arte)creano un effetto
cacofonico che riproduce
la disarmonia del volto e del corpo delladonna.
Le parole chiaveI numerosi vocaboli appartenenti al
camposemantico della bellezza femminileprovengono dalla tradizione
della lirica amo-rosa, ma l’abbinamento ad attributi che ne
ca-povolgono il senso richiama parodisticamentel’idea di bruttezza
e di vecchiaia (v. 1 chiomed’argento; v. 2 viso d’oro; v. 3 fronte
crespa; v.5 occhi di perle; v. 7 ciglie di neve; v. 8 dita eman...
grosse e corte; v. 9 labra di latte...bocca ampia; v. 10 denti
d’ebeno).L’aggettivo mia (v. 14), posto a conclusionedel sonetto,
può essere considerato sia unironico omaggio alla tradizione della
poesiad’amore che frequentemente definiva la per-sona amata con
l’appellativo “donna mia”, siaun modo per sottolineare
l’autenticità del sog-getto cantato dal poeta rispetto
all’astrattaidealizzazione dei suoi predecessori.
I temiLa lode della bruttezza: nel rifiutare laprassi
dell’imitazione petrarchista, Bernisvuota di contenuto il genere
della lode dellabellezza femminile attraverso la
sistematicainversione delle più tipiche metafore dellapoesia
d’amore: i capelli d’oro inanellati (vediErano i capei d’oro a
l’aura sparsi, p. 16) di-ventano così la chioma canuta e ispida (v.
1)
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V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, F.R. SAURO, Trame e intrecci © SEI
2011
la rappresentazione dellʼamatavolume
B30on line
che assieme al volto rugoso (v. 3 fronte cre-spa) e alle ciglia
bianche (v. 7 ciglie di neve)rende palese la vecchiaia della donna;
gliocchi splendenti, espressione di spiritualità etradizionale
veicolo del sentimento amoroso,si mutano nello sguardo spento e
strabico dilei (v. 5 di perle vaghi, luci torte), mentre unsorriso
cariato e sdentato sancisce definiti-vamente la bruttezza
dell’amata (v. 10 dentid’ebeno rari e pellegrini), la cui rozzezza
fi-sica e morale (v. 8 dita e man dolcementegrosse e corte; v. 12
costumi alteri e gravi)appare antitetica rispetto alla gentilezza
chedistingueva la donna angelicata.Al cospetto di una donna di tal
genere, ilpoeta reagisce con modi che solo apparen-temente
richiamano la tradizione lirica: il pal-lore (v. 3 io mi scoloro) e
lo sgomento cheprova (v. 7 m’accoro) sono la parodia deisentimenti
celebrati dai poeti petrarchistipoiché non scaturiscono
dall’ammirazionema dal disgusto, anche se al lettore resta ildubbio
che, nonostante la sua bruttezza, la“verità” dell’aspetto della
donna possa ge-nerare sentimenti autentici.
Le figure retoricheAttraverso l’enumerazione per asindeto,Berni
elenca le caratteristiche fisiche del-l’amata, utilizzando una
serie di espressionimetaforiche come chiome d’argento (v. 1),
ci-glie di neve (v. 7), dita e man (v. 8), labra di latte(v. 9),
denti d’ebeno (v. 10), nelle quali l’inu-
suale accostamento tra i sostantivi e le qualitàattribuite
capovolge ironicamente il senso delformulario retorico
petrarchesco, producendoil ritratto di una donna francamente
brutta.In senso parodistico è utilizzata anche lapersonificazione
di Amore e Morte, pre-sente nel repertorio della lirica amorosa già
apartire dal XIII secolo, e resa comica dalpoeta che mostra le
frecce delle due po-tenze sconfitte spezzarsi di fronte alla
brut-tezza della donna (v. 4 dove spunta i suoistrali Amor e
Morte).
L’intertestualitàLa più antica testimonianza letteraria
relativaal tema della bellezza femminile cancellata daltempo risale
al poeta greco Archiloco
, vissuto probabilmente intornoalla prima metà del VII secolo a.
C.: nel fram-mento che ti proponiamo, il dolce volto del-l’amata è
paragonato ad una pianta inariditasiper il succedersi di numerose
stagioni freddeche rappresentano il trascorrere del tempo.
S’è disseccato il fiore della tuapelle di seta: rughe ora la
solcano,e ti possiede la vecchiaia odiosa.Un ricordo lontano è la
dolcezzadel desiderio sopra il volto amato,perché t’hanno sferzato
molte raffichedi vento nell’inverno.
Ed. M.L. West, F. 188 West, Oxford 1980, in Le rotte della
parola, in “Annali del Liceo G. Garibaldi
di Palermo”, 23-24, 1986-87
Vedi Appendice
Leonardo da Vinci(1452-1519), Studicaricaturali di
testefemminili.
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LABORATORIO
diffic