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SOMMARIO SAGGI DOMENICO FASCIANO, Pandove, la pvcvnière Jemme PAOLA MAZZEI, luno M01leta - Tarpea CESARE LETTA, ViCllS rurale e vims urbano nella definizione di Festa (pp. 502 e 508 L.) MA RIO CARINI, Le leggi romano-barbariche tra retorica e politica Nrco DE MICO, Il simbolismo rOlna110di Clodoveo in Gregorio di Touys Hist. Il 38 FRANCES MUECKE, Pomponio Leto's Later Work 011 Sili1lS ltaticus: the Evi- dence oJ BA v, Vat. II1C.[ 4 NOTE E DISCUSSIONI VINCENZO DI BENEDETTO, Discutendo di Timpanaro e di congetture RECENSIONI CARMELA LAUDANI, Moretum. Introduzione, testo, traduzion« e commento (Giampietro Marconi) 175 LUCIANO LANDOLFI (a cura di), NUl1c teritur nostris area maior equis. Rifles- sia/li sull'il1tertestualitlÌ oviàiana. I Fasti (Giampietro Marconi) 178 FRi\NCESCO FORLENZA, Il diritto penale nella Divina Commedia (Giampie- tro Marconi) 181 GUNILLA S.i\VBORG, Epistole tardive di Francesco Petrarca (Giampietro Mar- coni) 183 DOMINGO F. SANZ, Eneas Silvio Piccounnini: Epistola a Me/l1net II (Giam- pietro Marconi) 185 AmÉE SCALA, Girolamo Rorario: un 1I1'11anistadiplomatico del Cinquecento e i slIoi Dialoghi (Giampietro Marconi) 186 LIBRI Per Remco F Regtllit, A rrrssicllraziolle (Giampietro Marconi) 9 I 23 81 ~ 97 ~ 12 5 ~ 139 159 191 RIVISTA DI CULTURA CLASSICA E MEDIOEVALE ANNO XLVII' NUMERO 1 . GENNAIO-GIUGNO 2005 ESTRATTO PISA' ROMA ISTITUTI EDITORIALI E POLIGRAFICI INTERNAZIONALI MMV
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'Vicus' rurale e 'vicus' urbano nella definizione di Festo (pp. 502 e 508 L.)

Mar 28, 2023

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Page 1: 'Vicus' rurale e 'vicus' urbano nella definizione di Festo (pp. 502 e 508 L.)

SOMMARIO

SAGGI

DOMENICO FASCIANO, Pandove, la pvcvnière JemmePAOLA MAZZEI, luno M01leta - TarpeaCESARE LETTA, ViCllS rurale e vims urbano nella definizione di Festa (pp. 502 e

508 L.)MA RIO CARINI, Le leggi romano-barbariche tra retorica e politicaNrco DE MICO, Il simbolismo rOlna110di Clodoveo in Gregorio di Touys Hist.

Il 38FRANCES MUECKE, Pomponio Leto's Later Work 011 Sili1lS ltaticus: the Evi-

dence oJ BA v, Vat. II1C.[4

NOTE E DISCUSSIONI

VINCENZO DI BENEDETTO, Discutendo di Timpanaro e di congetture

RECENSIONI

CARMELA LAUDANI, Moretum. Introduzione, testo, traduzion« e commento(Giampietro Marconi) 175

LUCIANO LANDOLFI (a cura di), NUl1c teritur nostris area maior equis. Rifles-sia/li sull'il1tertestualitlÌ oviàiana. I Fasti (Giampietro Marconi) 178

FRi\NCESCO FORLENZA, Il diritto penale nella Divina Commedia (Giampie-tro Marconi) 181

GUNILLA S.i\VBORG,Epistole tardive di Francesco Petrarca (Giampietro Mar-coni) 183

DOMINGO F. SANZ, Eneas Silvio Piccounnini: Epistola a Me/l1net II (Giam-pietro Marconi) 185

AmÉE SCALA, Girolamo Rorario: un 1I1'11anistadiplomatico del Cinquecento ei slIoi Dialoghi (Giampietro Marconi) 186

LIBRI

Per Remco F Regtllit, A rrrssicllraziolle (Giampietro Marconi)

9I

23

81 ~97

~125 ~

139

159

191

RIVISTA DI CULTURACLASSICA E MEDIOEVALE

ANNO XLVII' NUMERO 1 . GENNAIO-GIUGNO 2005

ESTRATTO

PISA' ROMA

ISTITUTI EDITORIALI E POLIGRAFICI INTERNAZIONALI

MMV

Page 2: 'Vicus' rurale e 'vicus' urbano nella definizione di Festo (pp. 502 e 508 L.)

CESARE LETTA

VTCUS RURALE E VICUS URBANONELLA DE'FINIZIONE DI FESTO (PP. 502 E 508 L.)

1.

INun recente, importante studio sui vici e i pagV Michel Tarpin riproponeper la lacuna iniziale del lemma dedicato da Festo ai vici le integrazionicongetturali proposte per la prima volta dal doctissimus vir cui si deve il

codice Vaticanlls LatilllLS 3369 utilizzato dall'Ursinus per la sua edizione del1581, e successivamente accolte nel!' edizione del Muller. 2

Per comodità di chi legge, riporto qui di seguito il testo dell'intero lemma,per il quale, se si eccettua la già ricordata integrazione della lacuna iniziale,mi sono atrenuto all'edizione canonica del Lindsay (pp. 502 e 508): <Vici ap-pellari in>cipiunt ex agris, qui ibi villas non IlQbent, ut Marsi mlt Peligni. Sed exvic[t]is partim habent rempublicam et ius dicitl!r, pnrtim niJtil eomm et tamen ibiJ1lL11dinaeaguJ1tur nego ti gereì1di causa, et magistri vici, item magistri pagi quotan-nis fiunt. Altero, cumid genus aedificio<mm defi>nitHl; quae continentia sunr 1-lisoppidis, quae ..... uinevious regionibusoue distriouta inter se distant, 11omi/'lillJJsqHedissil'l'lilibl/S discriminis cama sunr (l-ispartita. Ter tio, curn id ge11us aedificionLll1definitl!r, qllae in oppido privi in Sl/O qllisque loco proprio ita aedifica <n>t, ur in eoaed'ificio pervium sit, qllo itinere hahitatores ad sllam quisque hab'itationem habea11taccessmll. QI./i non dicuntur vicani, sicut 1-li,qui mlt in oppidi vicis, aut l1i, qJ.liil1agris SU11t,vicani appella11tHl:

È bene ricordare che sia le parole appellari i11cipiunt, accolte diretramentenel testo dal Muller e solo in apparato dal Lindsay, sia le altre parole ripor-tate nell'apparato del Lindsay (capiunt, accipùl11t1Lr) non sono varianti testualiconservate da testimoni diversi e indipendenti rispetto al codice Farnesiano,che resta un codice unico, ma solo tentativi congetturali di correzione o in-tegrazione a partire dal testo mutilo di quest'ultimo, che deve quindi restarel'unica base per ogni ulteriore tentativo di soluzione.

Detto questo, credo di poter dimostrare che la restituzione <vici appellall

1 MICHEL TAR.PIN, "Vici" er "l'lIgi" dllIIS l'Oecide!11 romzuu, CEFR, 299, Roma 2002, pp. 53-4 e nota

4·2 SEXTUS POMPEIUS FESTUS, Dr vervonllll sigllijìelIoolle qllile SlIpersllllt ClIlI1 PlIllli epirollIe eJllelldatll et

11111101111IIIl Carolo Odoji-edo Mueller, Lipsiae 1839, p. 37l. Per il codice VaticallllS LatillHs 3369 (chiamato'V dal Lindsay), vd. SEXTUS POl.IPEIUS FESTUS, De verbormu sigllifiel1t11 'll/ae sliperslllIr CI/Ill Pallli epirol11e.The\VJ"e\VkilIllis eopiis I/Sl/.S edidit WM. Lilldsay, Lipsiae 1913, p. XIV.

RIVISTA DI CULTURA CLASSICA E MEDIOEVALE' 1 . 2005

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82 CESARE LETTA

ill>cipÌ1L11t è insostenibile, perché ne deriverebbe un testo infìciato da insa-nabili contraddizioni.

2.

In questa ricostruzione la prima frase suonerebbe dunque <vici appellariill>cipiunr ex agn's qui ibi villas non habent, ut Marsi aut Petign), con la parolavici come soggetto del verbo <in>cipùmt. Ma, se così fosse, il successivopronome relativo qui non potrebbe trovare una spiegazione soddisfacente.Grammaticalmente, esso non potrebbe essere riferito che a uno dei due unicisostantivi maschili plurali che risulterebbero presenti nella frase: dunque oa vici o ad aglis. Entrambe le eventualità si rivelano palesemente assurde. Ilriferimento ad agris è escluso dalla presenza di ibi, che a sua volta non puòriferirsi ad altro che ad agris, visto che le villae che mancano tra Marsi ePeligni sono per definizione edifici rurali, cioè collocati appunto negli agri;sembra evidente che non si possa attribuire a Festo una frase che verrebbea significare: «gli agri non hanno villae negli agri».

Ancora più assurdo sarebbe il riferimento di qui a vici, non solo perché siverrebbe a dire tautologicamente che i villaggi (cioè gli abitati costituiti dacase raggruppate anziché isolate) non hanno case isolate nella campagna(villae), ma soprattutto perché non lo consente la parte finale della frase, utMarsi aut Peligni. Il fatto che i nomi di questi due popoli ricorrano al nomi-nativo indica che l'autore intende dire che Marsi e Peligni villas 110nhabent.In altri termini, come esemplificazione di qui ibi villas non habent, si citanoMarsi e ·Peligni. Risulta allora chiaro che qui, soggetto grammaticale di nonunoen); non può riferirsi né a degli abitati (vici), né a dei luoghi (agli), masolo a delle persone, come appunto Marsi e Peligni. 1

È quanto aveva intuito già il Muller, che però ne ricavava una proposta diemendamento inaccettabile, perché non collocava questo riferimento a perso-ne nell'unico punto possibile, cioè nella lacuna iniziale, bensì in un'ipoteticaulteriore lacuna subito dopo ex aglis, di cui non c'è alcun indizio e di cuinon si può fornire alcuna' plausibile giustificazione filologica: 2 Vici appellaJiincipiunt ab agris, [et sunt eorum hominum,] qui ibi villas non habent, tlt Marsiallt Peligni.

La conclusione mi pare obbligata: la restituzione <vici appellari in>cipùmt,in cui non è presente alcuna indicazione di una categoria di persone a cui

I Per quesro appare fuorviante la traduzione data dal Tarpin (pp. 53-4): «<On pnrle d'lIbon! de/ vici> daJls les ClIlI1pagnes, là où illl'y a 1'115 de villllS, COlll1neclrez les Mllrses erles Péligniens».

2 In effetti il Muller (cit. a n. 2) dava questa ricostruzione non nel resto, ma solo nel SlIl'plelllentllll1tlnnorlltiollis (p. 413), precisando: Courexrne Pesti oratio,"; 1I1111IlSslIpl'0Slli elllendariolles "isi [aci Il i11IIl5;hic tlllllen, IIvi 1'111110a",lacil/s l'rowhi licebit, IIrtic1l11l1ll,rarae el SIIIlissi 11IIle doctrillae plenlllll, ira rejìC!lIIl1dilbo, Il! oliln esse videtllr.

VICUS RURALE E VICUS URBANO IN FESTO

poter riferire il pronome relativo qui, non può essere quella giusta, che invecedeve necessariamente contenere un'indicazione di questo tipo.

Se il soggetto di ...cipi1l11t non è vici, ma una categoria di persone, la re-stituzione del verbo come <in>cipiunt non è affatto obbligata.' Del restol'espressione <appellari in>cipiul1t in cui si è ritenuto di inserirla suscita co-munque forti perplessità in questo contesto. Una frase di questo tipo, chein pratica direbbe: «i vici traggono il loro nome in primo luogo dagli agri»,presupporrebbe infatti l'enunciazione di una para etimologia, di cui in realtànon si vedono le condizioni, visto che tra agli e vici non esiste alcuna omo-fonia, anche parziale o mediata da un termine greco, che 1.(1 giustifichi. Vapoi rilevato che in questo senso Festo usa costantemente la preposizione a,ab e non ex?

Ne consegue che ex agris non sarà da collegare né al supposto <in>cipillntné al supposto appellari, ma sarà piuttosto da intendere come un normale com-plemento di moto da luogo, come si riscontra nello stesso Festo ad esempionella voce viatores (... ex agris plentmque homines cvocabaniur a magistmtibus),3e in questa prospettiva dovrà essere cercata l'integrazione del verbo.

In unione con un complemento di moto da luogo, ...cipill11t dovrà piuttostoessere inteso come un verbo di movimento. Mi sento quindi di poter pro-porre la restituzione <se re>cipiul1t,4 da riferire a persone che vivono negliagri, ma che ivi non possiedono case isolate o fattorie Cibi villas 110nhabent)e pertanto, quando hanno terminato il loro lavoro nei campi, fanno ritornoalle proprie case raggruppate nel vicus «se l'e>cipiunt ex agris).

Questa interpretazione non è smentita dal fatto che alla fine del lemma,per richiamare cornpendiariamente gli abitanti di questa prima categoria divici, Festo dica hi qui in aglis sunt: si potrebbe a tutta prima pensare chein questa formula i vici risultino ubicati in agris, e non in luoghi dove ci si

1 Così invece ritiene TARPIN, 2002, p. 82: « ... ]cipillllt peut difficilernent appeler autre chose queÙ,]cipillnt».

2 Vd. ad esempio p. 74 L. (.... nr Forunr Fin 11IillhOll, Forum fllli"'ll, nb eonlll' IIOlllillibllS, qlli eafora coIIstitllenda cumrnur); p. 247 L. (pllgalli a l'agis dicti; Pllgi dicti a fontib!ls); p. 260 L. (pclWIl Ilpllctiolle cOlldiciollUIIl); p. 265 (Pupillia nib'Ls ab agro Popillio); p. 509 L. (viget diauII' a vi IIgelldo) ecc.Evidentemenre consapevole di questo, nella sua ricostruzione del supposto testo originario (vd.sl/pra), il Muller sostirui disinvoltamente il tràdito ex agris con un più comodo IIb agris, senza darsila pena di giustificare, o almeno di segnalare l'inrervenro.

3 FEST., p. 508 L. Cfr. anche p. 334 L. (Refiivii [aba dici!",; ur ait Cillcius '1uoQlle, qllae ad SlIClijìcilllllrefe •.•i solet dOllllllll ex segete auspici callsa).

4 Cfr. ad esempio PLAUT.,Poeu., 4.1.5 (e [ano recipere video se Syncerasrllm); Tnu., 1008 (recipe te addOlllill"lII dOlll"'"); Cape., 831 (I,ic 11011I0 nd cenrun recipit se ad me); ClII'C., 227 s. (rormeuro 11011reti Ilerel'otldt ferreo / qllill reciperet se 111" eSIIIII ad praesepe 511111I1); CIC., Brur., 92, 318: (ql11'"' e Sicilia IIIerecepisselll).

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CESAI<E LETTA

reca ex agris, e dunque separati da questi. In realtà, poiché l'espressione quiin aglis SHl1t è riferita non ai vici ma ai loro abitanti, la congruenza con lafrase iniziale del lemma nella ricostruzione che ne ho proposta (in cui gliabitanti dei vici vivono per buona parte del giorno negli agri) resta piena. Ladefinizione che ho creduto di ricostruire non nega affatto che i vici di questotipo sorgessero in campagna, in mezzo agli agli, con cui anzi essa li ponein stretta relazione; semplicemente contrappone due tipi diversi di abitatorurale, caratterizzati rispettivamente da nuclei di case raggruppate (vici) e dafattorie isolate (villae).

Se dunque il soggetto di .. ,cipiun.t non è la parola a cui è dedicato il lemma,non è indispensabile ritenere che quest'ultima fosse al plurale (vici): potrebbeanche essere stata al singolare (vicus), come si riscontra per altri lemmi dedi-cati a tipi di abitato.' Tuttavia, poiché alla fine del lemma, per riprendere ilsecondo significato della parola cui esso è dedicato, si usa il plurale (in oppidivicìs), è preferibile supporre che anche nel titolo la parola figurasse al plurale,come hanno supposto tutti gli editori.

Prima di proporre un'integrazione per la lacuna iniziale, va infine tenutoconto del necessario rapporto che doveva esistere tra la prima frase e quellesuccessive nella struttura complessiva del lemma: un aspetto a cui, strana-mente, nessuno finora sembra aver prestato attenzione. Invece basta leggerein continuità l'intero lemma per rendersi conto che nella lacuna della fraseiniziale va restituito anche qualcosa che viene poi richiamato nelle frasi suc-cessive. Appare infatti evidente che Festo propone del termine vici tre diversespiegazioni; dopo la prima, affidata alle prime due frasi, la seconda e la terzasono introdotte rispettivamente da Altero, cum ... e da Tenie, rum ... ; il ricorsoa queste espressioni, In cui manca un sostantivo a cui riferire gli aggettivialtero e tertio, impone di restituire nella frase iniziale anche un'analoga for-mula introduttiva che includa un sostantivo (maschile o neutro) col valoredi 'significato', 'interpretazione', o qualcosa di simile, che possa poi esseresottinteso in unione ai successivi aggettivi altero e tertio.

Sottolineo che, anche accettando J'integrazione <appellmi in>cipiunt, di cuiperaltro si è già dimostrata I'insosrenibilità, non sarebbe sufficiente puntaresul significato del verbo ipotizzato per dare alla frase il valore di prima enun-ciazione all'interno di un elenco di tre, perché altrimenti non si spiegherebbe,per le enunciazioni successive, il ricorso al solo aggettivo.

1 Convenrus (p. 36 L.), f01'11111 (p. 74 L.), op1'idll/n (p. 201 L.), rutte voci note solo nell' epitome diPaolo; d'altra parte il plurale è usato per l'agi (p. 247 L., Paul.) e praefeChirae (p. 262 L.).

VICUS HURALE E VlCUS UR13ANO IN FESTO

Fortunatamente possono aiutarci altri lemmi di Pesto in cui vengono elen-cati più significati di uno stesso termine. Lasciando da parte i casi in cui siparla di generaI o di 5 ignijìcatiol1es, 2 gli esempi più vicini sembrano quelli incui il sostantivo utilizzato è modus, perché in essi l'elencazione, se comprendepiù di due elementi, procede con aggettivi numerali che lo sottintendono."come nel lemma sui vici.

Troviamo così al lemma fon1l11ben sei significati elencati con questo criterio:Fonnn sex modis intellegitur. Pnmo ,.. Alio .. , Tertio ,.. Quarto ,.. QHil1to .. , Sexto.. " e per due di essi (il terzo e il quarto) ]' enunciazione è introdotta da cum,come nel nostro caso."

Ancora più stretto è il confronto col lemma con.ventus, in cui i quattrosignificati del termine sono elencati allo stesso modo, e per tutti e quattro èun cum a introdurre J'enunciazione: Conventus quattuor modis intellegitur. Uno,cum ,.. Altero, cum .. , Tertio, cum ,.. Quarto, cum .... 5

Si noterà anche che, mentre nel lemma fOnLm il secondo modus è espressocon a/io, nel lemma conventus è espresso con altero, esattamente come nelnostro,

6.

La discussione condotta fin qui ci ha permesso di stabilire una serie di puntiessenziali: titolo del lemma al plurale (§ 4); elenco dei tre diversi significatiintrodotto da tribus modis (§ 5); indicazione di una categoria di persone chefunga da soggetto del verbo e alla quale si possa riferire il pronome relativoqui (§ 2); restituzione del verbo come verbo di moto (se recipiunt) in connes-sione con ex agn:s (§§ 3-4). Su questa base è finalmente possibile proporre perla prima frase del lemma una restituzione completa e non contraddittoria:

1 Petml'11/n gwera sllnr dllo, qllor1lm alrenl/II , altenl/n ... (p. 226 L.); ... qllamm (scil. pmefectll-mnuu) gmera filmmt .1110: alururl! ... , altenlm (p. 262 L.). Come si vede, poiché qui i significatisono solo due, non si ricorre ad aggettivi numerali, come si fa invece nel nostro caso.

2 Obscllm dllas diversas et contrmias siguificiltiones lwhet ... (p. 204 L.); in ciò che segue non si ricorread aggettivi riferiti a sigllijìcationes (né numerali né indefiniti), ma a giri di frase del rutto diversi.

J Nell'unico caso in cui l'elenco comprende due soli elementi si ricorre semplicemente all'op-posizione aut ... , allt "', senza ripresa del sostantivo: elllallcipati, dllOblls 1II0dis intelleglllltll/; allt ili,qlli ex patn's iure exierllllt, allt lii, qlli alior1ll11fi"11t dominii (p. 67 L.. Paul.).

4 PAUL. FEST., p. 74 L.: F0I'1011sex lIIodis intellegitl/r. Pruno lIegotiatiouis loms, 11[ FOTlIlIIFlamillùlm,Fonoll [1I1i1ll1l,ab eorun: lIolliiniblls, qlli ca fora COlistitllellda Cllrar1lllt; quod etialll loeis plivatis et ill viiset aglù fieli soleto Alio, in qua illdicia fien'o clIIn populo agi, cOlltiones ha beli solellt. Tertio, CUlli is, 'Il/iprovinciae pmeest, fonllll agere dicitlll; CI/III civi.tatcs VOCllt er de controversiis eonllii coglloscir. Quarto, C1II11id forwn IIl1riqlli IIl'pellaba;lt, qlloli 1111/"vest:ibll/uIII sepll/dlli dicmi soleto Ql/illtO, loms ill navi, sed CIIIII"1!lsCli/ini gellen's est et plurale [est]. Sexto [ori siglliJìcanl et CircfJlsia spectaclIla, ex qlliblls etiall1 l1lillores

forilios dicilllllS. rude et forare, foras dare, et [ores et [ovas er foreClllae, id est astio/a, diClIlItlll:5 PAUL. FEST., p. 36 L.: Conveurus q1larll/or "lOdis intellegitlll: UIIO, c1IIn quellllibet hOl1liJlwl ah llliquo

conventI/m esse dicilJl1Is. Altero, CIIIII siglliJìcatllr IIl1dl.irudo ex coltip/lllibllS gencliblls 11OmÌl'lllHlCOllrmctl1in 11111111I10Ci/lII.Tertio, cllm Il magisrrati/",s iudicii callSIl pop1l1us congregarlll: Qllllrto, c1Im aliqllelll illIOCllnl freqllenrill I101I1ilJII1I1SIIppliClltioliis IIl1rgratulnliolJis causa cOllligitur.

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86 CESARE LETTA

<Vici tllbllS modis intelleguntur. Uno;' cum id genus aedificiorum defil1itur2 quahi3 se re>cipiu11t ex agris, qui ibi v-illas 110nhabel1t, ur Marsi aut P<a>eligni. 4

A chi obiettasse che in questo modo si propone un'integrazione eccessi-vamente lunga (71 lettere contro le appena 15 di quella accolta dal Muller),va ricordato che nulla obbliga a ipotizzare una lacuna di poche lettere, o diuna sola linea, perché nel codice Farnesiano la parte conservata del lemmaha inizio dopo una lacuna di ben sei pagine.

Proseguendo l'analisi del lemma, appare immediatamente evidente che laseconda frase, così come è tramandata dal codice Farnesiano, è profonda-mente contraddittoria. Si diceinfatti che di quei vici rurali definiti nella fraseiniziale alcuni hanno una propria res publica e sono sede giudiziaria> e altrino. Notiamo, en passant, che molto probabilmente prima di ÙIS dicitui varestituito un <ibi>, la cui caduta potrebbe essere stata favorita dal ricorreredella stessa parola anche poco prima Cibi villas 11011habent) e poco dopo (ibinundinae agu11tur).6

A proposito dei v-ici privi di res rublica si aggiunge che però (tamen) in essisi tiene il mercato. Ciò che si dice subito dopo, per la sua posizione, sern-

1 È possibile anche Pnmo, come nel lemma forwlI (S1fprll, nota 13); ma la maggiore vicinanzaall'enunciato del lemma COllVeHtlJS (mpm, nota 14) che abbiamo già colto nell'uso di IIlrero per ilsecondo elemento dell'elencazione, m'induce a preferire per il primo la restituzione UIIO.

, Si potrebbe ipotizzare anche un'espressione diversa, ad esempio ClIIl!aedijìcia signijìClll1tJlr osimili. Ma lo stretto parallelismo risconrrabile tra il secondo e il terzo elemento dell'elenco, in-trodotti entrambi con CUlli id genl/S Iledijìciorlllll defill il Ilr, fa apparire più verisirnile che anche peril primo elemento si utilizzasse la stessa espressione.

3 Si potrebbe anche pensare a un termine come clIltores (cfr. ad esempio pp. '92-3 L., s.v. oc-c1fpaticius Ilger) o nLslici, o semplicemente IlOmilles (come nei lemmi opp-idlllll e vintores, pp. 201 e508 L., già ricordati, rispettivamente alle note 9 e 7); ma forse il semplice pronome dimostrativoè la soluzione più probabile e, in base all'uso di Feste, non c'è dubbio che si debba pensare a hipiutrosro che a ij o ei: si vedano più avanti, nello stesso lemma, le espressioni hi, qlli lllit ill oppidivicis, 111ftlIi, qlli iu IIglis sunr; cfr. anche p. 67 L. (s.v. emallcipati, CiL supra, nota 12), p. '107 L. (s.v.lllstra) ecc.

4 Il codice Farnesiano ha Peliglli, ma è difficile credere che Fesro ignorasse che la forma piùcorretta dell'etnico era Plleligni.

5 Res Pllblica potrebbe anche alludere semplicemente a una cassa comune (vd. ]ACQUESGASCOU,L'ell1ploi dll renne "res p1fbliclI" dl1n5 l'épigraphie IMille d'Afiiqlle, {(MURA», 91, 1979, pp. 383-98).Particolarmente significativa in questa direzione, riferendosi a un virus centroappenninico comequelli di Marsi e Peligni, appare un'iscrizione dell'età di Marco Aurelio proveniente da Fondi(odierna Civitatomassa nell'agro amiternino), con la formula Forlllal1i ex re pllb(lica) SlIa (SlIppl.Jr., n.s., 9, 1992, p. 78, n. 26). Tuttavia nel nostro lemma l'unione con l'amministrazione dellagiustizia (ius dicitllr) e la successiva menzione dei lIIagistri vici (cui nelle artesrazioni epigrafichedai vici centroiralici si aggiungono anche qllaestores e aediles) inducono a intendere res 1J11blica nelsenso più pieno di istituzioni amministrative autonome. Sui vari significati dell'espressione, vd. daultimo MARIA GABRIELLAZoz, Rijlessiolli ill tel1la di res pllblica, Torino, Giappichelli, 1999.

6 Il Muller (p. 413) proponeva invece 11vi e/ iHSdicitllT.

vrcus RURALE E vrcus URnANO IN FESTO

brerebbe riferirsi ancora a questo secondo gruppo di vici rurali. Ma, se cosìfosse, la frase risulterebbe assolutamente contraddittoria e priva di senso,perché si direbbe che nei vici privi di res publica vengono eletti ogni anno deimagistrati, cioè proprio ciò che distingue una res pttblica. Ancora più incom-prensibile risulta il fatto che insieme ai magistri vici siano menzionati anchei magistri pagi, come se fossero anch'essi magistrati del vicus. L'impressioneè quindi che qui il testo sia almeno in parte alterato.

La soluzione apparentemente più semplice potrebbe essere quella di ipotiz-zare un'inversione meccanica tra le ultime due parti della frase. Si potrebbecioè restituire: Sed ex vic[t]is partim ltabel1t rempubhcam et <ibi> ius dicitur etmagistri vici, item magistri pagi quotal1nis fiunt, partim ni}ril eOnllrl (scil. /tabellt)et tamen ibi l11t11din(/eagHl'ltur negati gerel1di causa.

Tuttavia questa soluzione non eliminerebbe l'improbabile accostamentotramagistll vici e magistri pagi che, contro ogni aspettativa, sembra conside-rare anche questi ultimi come parte integrante della res rublica di un vicus.Si potrebbe forse evitare questa incongruenza correggendo il tràdito item inut, oppure, meglio ancora, restituendo item <ut> o anche ita <Ht>.1 Si ver-rebbe in questo caso a dire che nei vici provvisti di una propria res pHhhca sieleggevano annualmente .dei magistri sul modello di quello che accadeva peri pagi. Ma questo richiamo ai p agi resterebbe comunque piuttosto strano epoco perspicuo.

È quindi preferibile pensare ad una soluzione diversa, mantenendo le diverseparti della frase al loro posto e supponendo piuttosto la caduta meccanica diqualcosa. Si potrebbe pensare che la parte finale, con la menzione dei magi-stri vici e dei magistll' P(/gi, intendesse riprendere la bipartizione iniziale travici con res publica e vici che ne sono privi, per precisare che, mentre i primieleggevano ogni anno dei propri magistrati (m(/gistri vici), gli altri, non aven-done di propri, facevano capo ai magistri pagi, cioè ai magistrati eletti dallapopolazione di un distretto rurale più ampio in cui era compreso il vicus.

In base a questa ipotesi, il testo originario poteva essere ad esempio: et<partim> magistli vici, <partim> item magistri pagi qUOta1111isfiu11t.2 Meglioancora sarebbe supporre anche la caduta di un ideo o di unigitur insieme al

1 Cfr. ad esempio PLAUT.,AllI., 214: lIerlltel1l l1Iealll scisi Scio esse gmrtdelll, item lIt l'ecllllilll11; Poeu.,143: sil'le re verberem, irelll ur tll lIIihi fecisti; TER., HIIII., 1036: si ex capire meo nnrus, itelll IIt aitllitMiuerwnn esse ex love; Cxro, IIgr., 134, 4: Ilbi extil pl'Osect<l enll1t, IIIIIO5tnlelll colllmoveto IIII1CrarO!]lIeirem liti pli1l5 obll/Ovelis; CIC., or., 60: fecisti ite1ll liti praedones so/wt; PLlN., u.h., xv, 7: vernsrns oleo!iwlilllll ildftrt, I/Oll irem IIt vino.

, Il primo partilll potrebbe essere caduto per semplice salto della parola da parte di un copisra,facilitato dalla presenza della stessa parola alle linee immediatamente precedenti. Il secondo po-trebbe essere egualmenre caduto, oppure essersi rrasforrnaro in un itelll che prima non c'era; sipotrebbe ad esempio supporre che nel codice di partenza la parola fosse spezzata rra due linee:il copisra, dopo aver inavverritamente omesso il pilr- in fine di linea, potrebbe aver frainteso il lil1lall'inizio della Linea successiva, leggendolo illl1, e quindi irem.

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88 CESARE LETTA

primo partim, sia che esso fosse al posto dell'attuale et, sia che si aggiungessead esso.

Nella stessa direzione porterebbe anche un'eventuale restituzione del tipo:et <ideo hic> magistri vici, <illic> item magistri pagi quotanl1is fiHnt, peraltroancora più difficile da giustificare sul piano filologico.

Una possibilità migliore delle precedenti sembra quella di restituire: et <ut>magistli vici, <sic> item magistri pagi quotanl1is fill11t,l o ancora più semplice-mente: et <tlt> magistri vici, ite1ll magistli pagi qllotanl1is fiur1t,2 che potrebbein altra forma riprendere la distinzione iniziale tra vici con o senza res pllblica.Ut potrebbe essere caduto perché scambiato col precedente et, e se si suppo-ne che originariamente ci fosse anche un sic davanti ai.tem, la caduta di utpotrebbe aver causato la sparizione del successivo sic, di cui non si coglievapiù la funzione.

Va inoltre considerato che, ammettendo anche il sic, nel supposto testooriginario venivano a trovarsi l'uno dopo l'altro due gruppi di quattro letterequasi identici, VICI e SICI, il che potrebbe aver favorito la caduta del secondo.In questo caso, potrebbe essere stata la sparizione del sic a trascinare in unsecondo momento quella dell'ur.

Si potrebbe anche ipotizzare nel testo originario la compresenza di ut ...sic e di hic .... illie, restituendo: et <ur> magistli vici <Juc, sic> item magistlipagi <illic> quotanl1is fiUl1t; ma forse è preferibile una restituzione limitata aur, che riduce al minimo gli interventi sul testo.

Giampietro Marconi mi segnala un'altra possibile soluzione che potrebbeegualmente limitare al minimo gli interventi sul testo: anziché supplire un),I t, si potrebbe sciogliere item in ut enim. «Così i magistri vici rimarrebberointatti, come è naturale per dei termini coerenti col lemma riguardante ivici; il paragone introdurrebbe un'entità esterna, i magistri pagi, chiamati asottolineare un parallelismo riguardante l'elezione annuale, ché quotanl1is ècurò /{OLVOÙ con gli uni e con gli altri, piazzato com'è vicino a fiunt».3

Sono molto grato al Marconi per questo suggerimento, che mi ha indottoa un'ulteriore riflessione sul passo; credo tuttavia che la sua proposta, acutae di grande interesse, possa essere applicata solo se si ammette l'inversionemeccanica tra le ultime due parti della frase di cui ho parlato prima e sirestituisce: sed ex vic[t]is partilll habel1t rempllblicam et <ibi> ills dicitm et 111agi-srri vici <l/t enim > magistri pagi quotallltis fiunt, partim nihil eomm et ramen ibi

l Cfr. CAES., b.G., l, 44, 8: 111ipsi cOllcedi 11011oporrerer, si ill nostros jines imperu 11I[acerct, sic iUIII 1I0S

esse ini'1"os, 1]1I0d in SIiO iure se interpellarellllls; VITR., l, 5, 8: Non eJIilll lIti Babylone .... habent 1I1111111n,

sic ilelll possllnt omnes regiones .... hal>ere ecc. . . .2 Cfr. PLAUT., Bacch., 965: IIt olilll ille ... , ium ego; ClC., CIII., 66: 111'adhllc me attente alldlStls, Itelll

I]lIae rei il] Ila sunr alldiiltis; nnr. deor., l, 34, 96: 111animi, item corporis (vd. anche ibidem, l, 2: 3: sicili.reliiJllae virrurzs, iUIII piUIIS messe 11011pùresr); Rller. ad Her., 3, 14, 24: 111l'erba, Itenl prol\llnltaUOnem;

3, 19, 32: 111IIspectlls, itelll cogitatio. ) Lettera del 17.12.2004.

VICUS RURALE E VICUS URBANO [N FESTO

nundinae aguntur negoti gerendi causa. Ma ho già detto che questa soluzionesuscita perplessità, sia perché comporta in realtà un intervento molto pesantesul testo tràdito, sia perché nel contesto che ne risulta non si capisce la neces-sità di tirare in ballo, per l'elezione dei magistri vici, un confronto con quelladei magistri pagi: che possa bastare a giustificarlo semplicemente il carattereannuale di entrambe, mi sembra francamente improbabile.

Se i.nvece si mantiene alle diverse parti della frase]' ordine tràdito, quellarelativa alle elezioni deve necessariamente riferirsi non già ai vici dotati di unapropria resPllblica (quelli cioè che eleggono propri 111agistrivici), bensì a quelliche ne sono privi e che appunto per questo non eleggono magistrati propri,ma si limitano a partecipare all'elezione dei magistri pagi. In questa prospettivasi può ottenere un senso soddisfacente supplendo un ltt davanti a magistri vici,grazie al quale l'elezione dei magistri pagi verrebbe paragonata a quella deimagistri vici, ma non altrettanto sciogliendo item in ut enim, perché in questomodo si avrebbe il paragone inverso, sarebbe cioè l'elezione dei magistri vici adessere paragonata a quella dei magistri pagi, e questo non si giustificherebbein un contesto dedicato a vici che non hanno propri magistli.

8.

Se si accettasse di riferire ai vici privi di una propria res publica la menzionedei rnagistli pagi, si potrebbe ritenere che l'autore intendesse contrapporrele aree rurali in cui c'erano solo vici a quelle in cui c'erano sia vici che pagi,cioè case isolate nella campagna oltre che case raggruppate in villaggi. Nellearee del primo tipo i vici avevano sempre una propria res pubhca, in quelledel secondo tipo almeno alcuni di essi ne erano privi perché potevano utiliz-zare le strutture amministrative del pagus. Appunto alle prime si riferirebbela frase iniziale relativa alla popolazione rurale che abita in vici perché privadi villae. Se fosse esatto il parallelismo ipotizzato tra la prima e la secondafrase, se ne dovrebbe dedurre che la presenza di case isolate (villae) è ciòche caratterizza il pagus, è anzi la condizione essenziale per l'esistenza stessadel pagus: là dove non esistono case isolate, il pagus non esiste e il viCILSdevedarsi istituzioni proprie.

In effetti anche altre fonti segnalano ]'esistenza di un nesso strettissimotra villae e paglfs. Così in un passo di Servio paglH appare addirittura comesinonimo di villa; l ma più significativa, anche per l'epoca a cui risale, apparela testimonianza di Plauto, che al verso 425 del Ruàens definisce pagus unambiente che comprende solo agri, un janunt e una villa. 2 Ancora lo Pseudo-

l SERV., georg., Il,382: et villas, qllae pagi aJTò no,.. m/J'(ov appdlantllr, id est a fOlitiblls circa qllOS viI/li ecousuevemur cOlldi; cfr. TARP1N, 2002, p. 180, nota 19; ELISABETTA TOD1SCO, La peJ'Cezio'le delle realtàIlIrali 1Ie11'[wlia rOlllal\ll: i "vici" e i "pagi", in Epigrajia e rernrono. Politica e società. Teuu di Ill1tichitàrolltalle, Vl, a cura di Mario Pani, Bari, Edipuglia, 2004, pp. 161·84: "79.

2 Cfr. PL~UT, rlll/., 33-34: il/ic habitat Dnelltolles ill ngro arl]lle villa; cfr. T. .•.RPIN, 2002, p. 180, nota

25; To DISCO, 2004, pp. "77 s.

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9° CESARE LETTA

Ouintiliano, descrivendo un ambiente rurale devastato da un'inondazione,~ . . . 1

presenta il pagus come costituito da villae e santuan pagal11Cl.

Questo quadro potrebbe adattarsi perfettamente alla situazione documentataper i Marsi, tra i quali sono attestati fin dal ITI sec. a.c. V1Cl espressa~entedesignati con questo nome e dotati di proprie istituzio~V 1:1a non pagJ.: sU,lpiano epigrafico, di fronte alle numerose attestazioru di V.1Cl, non se ne puocitare nemmeno una di pagi, mentre sul piano archeologico non so.no s:ateal momento riconosciute tracce di abitazioni rurali isolate o fatrorie pnmadella comparsa di ville schiavistiche di tipo varroniano.é che sono certo cosaben diversa dalle villae di cui parla qui Pesto."

Si potrebbe quindi pensare che l'affermazione d~ F~sto secondo .cu~ i Marsivillas non habent (e perciò eleggono magistri vi.ci anzi che magJ.stn pagJ.) sia basat~su una reale conoscenza delle forme tradizionali d'insediamento propne diquella popolazione. Tuttavia fa difficoltà il fatto c~e in questa definizione diabitato rurale articolato esclusivamente per villaggi Festo accomuni al MarSI!Peligni, per i quali invece sono certamente. at.te~tati. dei pagi e probabilmenteanche dei vici, gli uni e gli altri con propne isti tUZlOl11.5

1 PS.-QUlNT., Dec!. mai., Xlii, 2: aeqllatae solo villae et excisa pagorll1!l sacm; cfr. TODISCO, 2004, p.178. Più in generale si veda l'analisi di numerosi alrri passi condona dalla stessa studiosa alle pp."75-83, così riassunta a p. 17S: " ... il pago ricorre insistentemente insieme al praedw I agn e allevillae; il rapporto con queste unità è, però, di tipo conrenitOre / contenuto». ,...

, Nel viCHSSlIpillas, presso l'attuale Trasacco, due ISCnZlOl11della fine del J[! ~ec. a.C. o dell 1l1lZlOdel Il menzionano dei questori: queisrores nella prima (CIL,IX, 3849 == 1',388, dr. fase. 4, add. tertm,1986, pp. 879 s.), qestllr(es?) nella seconda (m, 12, 2873 d,. cfr. CESARE LETTA,«Athenaeum», n.s ..' 57:1979, 3-4, pp. 404-10). In un'altra iscrizione frammentana della stessa epoca, d~1 magl~tran di CUInon è conservato il titolo dedicano una statua in nome del vecos Petmos (CIL, I.' 2874 - ILLRP, 303,cfr. CESARELETTA- SANDRa D'AMATO, Epigmfia della regiolle dei Marsi, Milano, Cisalpino-Coliardica.1975, pp. 321-8, n. 188). Alla prima metà del I see. a.C. risale una dedica posta alla dea Valctlldodall'Auirms veclls (CIL,1',391 == LETTA- D'AMATO, 1975, 111), I CUIabitanti (vicnles Annirri) onorerannosotto Tiberio un compaesano giunro al rango equestre (C. LETTA,«Athenaeum», n;s., 56, 1978, ~-2,pp. 3-19). Ancora intorno alla metà del I see. a.C, si data ~n'iscrizione relativa a un opera pubblicacostruita dee) v(ici) s(eutentia) o dee) v(ici) S(citll) (LETTA- D AMATO,1975,91 ter). Alli see. d.C., infine,sembra risalire l'iscrizione funeraria di un legatlls vici F(l)SWIl1WSIS (CIL,IX, 3856). . .

3 va. da ultimo CESARE LETTA, .4.lItilll1ll1.NllissanCf er décadellce d'Wl IIIl1nicipe romrnn 1I11~leurdel'ftalie wltrale, in corso di stampa in PASCALARNAUD- PHILlPPE ].'\.NSEN(èdd.), Les agglolllewtlOlISsecolldl1ires de 1'.4.lItiquité lÌ la jin d1l MOYfn-Age (Nice, 16-18 septembre 2004), partlcolarme~1te ilorestocorrispondente alla nora 49. Tra le ville varroniane segnalo soprattutto quella di era au~u.srea

. di iduata presso Pescina: vd ROBERTAC'\.lROLl La VIlla dI PeSCllla 111localtta. Fonrerecentemente l1l IVI . .' .del Se.-lillle, in 11resero Ilellago. L'archeologia del F1Ici1l0e 111colleziolle Tor/ollia (Avezzano, 22 aprile - 31orrobre 2001), a cura di Adele Campanelli, Pescara, Carsa, 2001, pp 226-33· . . . . .

4 Il senso di semplice 'casa rurale' o 'fattoria' appare chiaro, ad ese n-;pIO, nel molti passI U1CUI

L·· -I delle devasrazioni pOl-tate dazli eserciti nelle campagne (111fODISCO,2004, pp. 163-4).IVIOpal a " .. . . dei ..

5 Numerose ed esplicite sono le atrestazioni di l'lIgI. A Prezza (Lnvernn) el nlllglStl1 cur~novarie opere ex l'agi tl(ecreto) (CIL, l', 1794 = ILLRP, 621; 1793 = ILLRP,57 a.-ld.); a SeCInaro degli ae,ldes

VICUS RURALE E VICUS URBANO IN FESTO

La spiegazione più semplice è offerta da un interessante suggerimento diMichel Tarpin; poiché molti indizi convergenti, sui quali hanno richiamatoultimamente l'attenzione sia lo stesso Tarpin che il Capogrossi, portano aconsiderare il pagJ.JS come un'istituzione romana e non come la sopravvivenzadi antiche istituzioni italiche prerornane," si potrebbero riconoscere nelle areepeligne interessate alla presenza di pagi le porzioni di territorio che furonoconfiscate ai Peligni al momento del loro ingresso nell'alleanza con Roma? epresumibilmente utilizzate per assegnazioni viritane a cittadini romani."Ipresunti pagi 'peligni' non sarebbero quindi altro che articolazioni (di tipo

strettamente romano) di territori che erano compresi nell'ager Romanus ederano abitati da cittadini romani già molto prima della Guerra Sociale. Con-sapevole di questo, la fonte di Festo, nel parlare di abitati rurali organizzatiper villaggi e senza case sparse, si riferirebbe con piena cognizione di causaesclusivamente alle parti del territorio peligno rimaste sempre ai Peligni.Questo tipo tradizionale di organizzazione del territorio, mantenuto da Marsie Peligni fino alle soglie dell' età imperiale, avrebbe attirato l'attenzione deglieruditi romani di quest'epoca, giungendo per questa via fino al lemma di Fe-

curano un'opera ex p(llgi) d(ecreto) (CIL, 12, 1797, cfr. aild. terlia, p. 1042; cfr. anche CIL, IX, 3316); traCastelvecchio Subequo e Secinaro tre mag(istli) pag(i) costruiscono un'opera ex p(agi) s(eucentia)(CIL,l', 2, 4, 3255); a S. Clemente a Casauria dei privati costruiscono a proprie spese ilpolldemrillll1pagi llIterprolllil1i (CIL, IX, 3046 == ns, 5609); a Gagliano Arerno è attestato un pagllS Boeilinus (CIL,

IX, 3311); a Corfìnium sono nominati dei pagei (CIL, IX, 3173 == ILS, 5642 == SlIppLIt., n.s., 3, 1981, pp.145-7, n. 9); presso Castelvecchio Subequo (SuperaequlIlII) degli aediles dedicano qualcosa l'agri)decre[to] in un anno datato in base alla menzione di magistri pagi (SuppUt., n.s., 5, 1989, p. 115, n.11). Mancano, invece, attestazioni dirette di vici (cfr. T.'\.RP1N,2002, p. 56), ma ritengo molto pro-babile che gli aediles che a Secinaro e a Castelvecchio Subequo operano ex p(agi) d(ecreto) fosseroin realtà degli aediles vici, come in tutti gli altri casi noti: cfr. C. LETTA, Il "ViClIS"cOllle artico/azionedel "pagllS" in area cèlltro-appenninica: aspetti istituzionali e intrecci di competenze, in corso di stampanegli atti del convegno L'archeologia delle popolazioni ita/i.clte tra formazione delle identità etniche erolllanizzaziolle (L'Aquila - Celano, 16-18 dicembre 1999). Incerto tra nome di paglls e nome di vicusresta il Betifid1l111di CIL,IX, 3088.

1 TARPIN, 2002; LUlCI CAPOGROSSICOLOGNESI, Penistenza e innovaziol1e l1elle srrurture territOlialidell'Italia romana. L'alllbigllità ili 1/1111interpretazione storiografica e dei S1<oimodelli, Napoli, Jovene,2002; IDEM, "Pagi", "vici" e ''jìl1ldi'' Ilell'ltalia romllna, «Athenaeurn», 90 (2002), l, pp. 5-48.

, Cfr. ns., xx, 90, 3.3 TARPIN, 2002, p. 40, con riferimenro soprattutto al rerrirorio di SlIl'em eq1l111II, nel quale sono

concentrate le artestazioni di l'agi (vd. sllpra, nota 32); ma a nota 7" il Tarpin ricorda anche lapossibilirà di assegnazioni graccane nel territorio di Corjillilllll e SIIII/IO ventilata da FRANI( VAN\VONTERGHEM,Fontla Italiae, IV, l, 1984, pp. 49-50 (su cui vd. anche GÉRARD CHOUQUET, )V(ONIQUECLAVEL-LÉvÈQUE,FRANçOIS F.WORY,jEAN-PIERRE VALLAT,Stl'lIctllreS agmires eli ltalie ceI!tro-mériiliolla/e .Clldastres et paysages rumux, CEFR100, Roma 1987, pp. 69 s., 133-136, fig. 8, parrie. p. 135 e nota 159):queste assegnazioni, che implicherebbero la presenza di porzioni di ager ROlllanllS e quindi di cir-tadini romani titolari di assegnazioni viritane anche in quesra parte dell'antico terrirorio peligna,potrebbero spiegare l'attestazione di l'agei nell'iscrizione di COljÌ1lilllll ricordata SlIpra a nota 4 ap. 90. Al contrario, la totale assenza di pagi tra i Marsi potrebbe spiegarsi col fa ([O che i terriroriad essi confiscati non furono utilizzati per assegnazioni viri tane, come nel caso di quelli rolri ai

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92 CESARE LETTA

sto, un po' come i grandi paesi contadini di certe zone della Puglia modernahanno attirato quella dei geografi attuali.'

10.

Prima di procedere, è opportuno fare una precisazione importante su quantoFesto afferma a proposito delle aree in cui erano compresenti vici e pagi. Laricca documentazione disponibile sia per i Peligni che per i Vestini mostrachiaramente che in molti casi anche vici compresi nel territorio di un pagusavevano le proprie istituzioni, e non mancano anzi esempi di intrecci di com-petenze tra le strutture del pagus e quelle del vicus, come quando magistratidel pagus agiscono de vici sententia o viceversa." Tutto questo sembrerebbesmentire l'affermazione che ho ritenuto di attribuire a Pesto sui vici che inalcune aree non eleggono propri magistrati, ma si limitano a concorrere al-l'elezione di quelli del pagus in cui sono inseriti. In realtà, se si analizza piùda vicino il testo, si vede che esso non dice affatto che tutti i vici presenti inqueste aree siano privi di res publica; dice solo che, tra i vici nel loro insieme,alcuni non hanno res publica. Che quelli privi di res publica siano tutti ubicatiin aree dove sono presenti i pagi, risulta chiaramente dal fatto che per essi siparli dell'elezione di magistri pagi, ma in nessun modo si dice che tutti i viciesistenti in queste aree siano privi di res publica.

Peligni, ma andarono a costituire il territorio della colonia di Alba Fucens (vd. LETTA, in c.d.s.,

cit. a nota 30, soprarrurto § 3).

1 Almeno per la zona dei Marsi, ho creduto di dimostrare che i vici, come villaggi di pendio odi fondovalle, si affiancarono ai tradizionali centri fortificati d'altura (oppida) solo a partire dal IIIsec. a e., cioè solo in seguito all'ingresso dei Marsi nell'orbita di Roma; ma quel che conta è chel'asserro territoriale restò comunque caratterizzato da abitati raggruppati e non da case isolate (v.supra, nota 3 a p. 90), il che può spiegare il fatto che circa tre secoli dopo agli occhi degli eruditiromani i vici potessero apparire come la forma peculiare e tradizionale di abitato rurale di quella

popolazione.2 A questo argomento ho dedicato la mia relazione al convegno tenuto all'Aquila nel 1999 (vd.

5Hpra, nota 5 a p. 90), in cui sottolineavo soprattutto i casi in cui magistrati del viCHSagiscono in basea deliberazioni del paglls (iscrizione di Secinaro, in area peligna, CIL, lO. 1797) e quelli inversi in cuiI1lllgistri del plIgU.5agiscono in base a deliberazioni del vicus (iscrizione di Barisciano / virus F111fensis,in area vestina, CIL, 12, 1804). Devo precisare che questa relazione non tiene ancora conto delle fon-damentali critiche mosse da Tarpin e Capogrossi alle teorie che vedevano nel plIgllS un'antica isti-ruzione italica (supm, nota 33). Lo stesso vale per i miei precedenti lavori su vici e l'agi centroitalici:e. LETTA, "Oppida", "vici" e "l'agi" iH IIrealllal'Sa. L'influenza dell'ambiente Ilaturale sulla continHità delleforme di insedill/l'lento, in Geograjia e stoliogmjia dell1londo c!IIssico, a cura di Marta Sordi. Milano, Vitae pensiero, 1988 (<<Contributi dell'Istiruro di Storia Antica», 24), pp. 217'33; 10EM., L'epigmjia puhblicadi "vici" e "l'lIgi" nellll Regio IV: illlitazione del modello IIrballo e peCltlimità del villaggio, in L'epigrajia delvillaggio (Forlì, 27'30 settembre 1990), a cura di Alda Calbi, Angela Donati, Gabriella Poma, Faenza,F.lli Lega. 1993, pp. 33-48; [DEM. [san/llari rllrali nell'Tralia ceatro·appelll1il1ica: vaiOli religiosi e fiOlziolleaggregati"'l, «MEFIU\.»,104 (1992). pp. 103'20. Per alcuni spumi di revisione, vd. la mia relazione al col-loquio di Nizza citata alla nota 3 a p. 90. In generale sull'amministrazione di vici e l'agi centroitalicisi veda anche MARCO BlJONocoRE. ProhleJJli di IIJ11!11illislrlIziollepllgmlico·viclI1lf1 l1ell'Iraliil replLbblicaJliIdel [sec. {I.c. , in CALBI. DONATI,POMA. 1993, pp. 49'59; ID., Roma e l'frillia celi tra le dopo la GI/eJTIISociale:

VICUS RUHALE E VICUS URBANO IN FESTO 93

11.

Per la seconda frase di questa prima parte del lemma si può dunque pro-porre Il seguente testo:

~ed ex vic[ t}is partim. habent rcmpubiicasn et <ibi> ius dicuur; partim 11 ihileOlum et .tan~el11~1 nundinae agllntur l1egoti gerel1di cmLsa, et <ut> magistri vici,irern maglstn pagl quotanl1is fiunt.

12.

Il secondo. significato (altero) sembra riferirsi ad agglomerati suburbani oextr~urbaJ1l, pel:ché aedificia continel1tia urb: (ovvero oppido) è l'espressionespecifica c~n CUI SI designano nei testi giuridici i quartieri abitati al di fuoridella cer~hla m~raria della città.' Ma se davvero il testo parlava esclusiva-mente di quartieri suburbani, non si capirebbe l'accenno immediatamentesuccessivo alle regiones e agli itinera, che non possono essere altro che le stradee I quartieri urbani;" solo in un contesto urbano, in cui gli agglomerati dic~se SI su~seguono l'uno accanto all'altro, ha senso dire che, per distinguerli,bisogna ncorrere ai loro nomi.

Del resto, è e~idente che, se regiones si riferisse a contrade extraurbane,questo secondo significato del termine vici riguarderebbe di nuovo l'ambienterura,le e ver~ebbe ad essere sostanzialmente un doppione del primo. Vicever-sa, l.espressione m oppidi vicis con cui questa seconda categoria di vici viener~~hIamata compendiariamente alla fine del lemma conferma che per essa ci sintenv~ ad agglomerat! di.case all'interno della città, o almeno principalmentead essl.,Anche per Il significato di itinera si può rilevare che nello stesso lem-ma, alll~ten:o ~ella descrizione del terzo ed ultimo tipo di vici, torna l'usodel termme Iter 111 relazione allo spazio interno dell' oppidum.

aJl1JJIÙlistraziolle, territorio e COl1l1IHirà« Panorami» 8 (1996) 1 PP 19-3' (- ID L'Abl' '1 '1 l' . ,. " J,' -., 112Z0 e l 1\' o 1se 1/'1 etl1romalla tra stona ed epigrajia. I. L'Aquila, Edizioni Libreria Colacchì, 2002, pp. 29'45).

.. Vd. ad esempio il seuntus colIsulwlII e la legge citati da FRONTIN.. aljllfled., 127 (1l1'bicOllti1Jemi(J(JedificliI) e 129 (aedifiCla Ilrl" collti".el1tia); analogamente al cap. 62 della lex Malacit(Jl1a si legge inqllael]lle el oppIdo contlJlelltlll aedificlll erunr (CIL II 1963 = ILS 6089' F)RA I o P )' ..... fi' ' , '" ,-4, . 214 e 111un ISClI'zione a ncana cOlltillentia cololliae lIostrae aedlifilcil1;vd. anche Di". 3 3 6' 50 16 2' - 6 [I. ificatu aooare narrì o , • , , , ,~O,], 139·

slgl1J cato appare parrìcolarmenre chiaro in Dig., 50, 16, 154: lI1ille pasS1Is 1l01l a lIIilimio w'bis, sedI~CDrltlnelltlblls aedificns Illllllerandi suur. Nel passo di Pesto, TARPIN, 2002, p. 54, traduce: «certail1sedifices 1]111 se rrouveur dal1s les opplda»; ma, se si mantiene il testo tràdiro, questa rraduzione non èpossibile In effe.ttI POI: a p.. 1'9, 111 contraddizione con quanto affermato in precedenza, il Tarpinsembra intendere COl1t11'lel1tJa come quarnen suburbani.

_ 2 Erano definiti regiol1es già i quattro quartieri urbani attribuiti dalla tradizione a Servio Tullio(cfr. VARR., 11l1g.Lat.. v. 45). Lo sresso Pesto (p 402 L) per il nome della Subura invoca" ... . \.. . eorrnnfI1lctolltatelll, q1l1 a 1111I t Ita appellatalll ci reo'ionelll Urbis et triblllll Ma soprarturto se b l .h" Ò • • '.. 111 ra c 1\aroc. e Sia Fesro sta la sua fonte, presumibilmente di erà augustea, dovevano avere familiarità con ladIVISIOne augusiea dello spazio urbano eli Roma, nella quale proprio i vici urbani erano elisrribuiri

Page 9: 'Vicus' rurale e 'vicus' urbano nella definizione di Festo (pp. 502 e 508 L.)

94 CESARE LETTA

Ma, soprattutto, sarebbe davvero singolare che nel suo lemma Festo parlassedei vici rurali, di quelli suburbani, perfino di quelli costituiti da edifici costruitia cavallo di una strada, e omettesse completamente proprio i vici urbani, cheavevano ben altra rilevanza rispetto a questi ultimi, sono nominati in decinedi iscrizioni e dal tempo di Augusto eleggevano regolarmente propri magistri,adottando perfino una propria era.

Credo quindi che nel testo originario i vici suburbani figurassero solo insubordine rispetto a quelli urbani, la cui menzione dev' essere scomparsa perl'omissione meccanica di qualche parola. Si potrebbe ad esempio restituire:cum id gemls aedifi<ciorum defi>nitU1; quae <in oppidis nedificantur (ovvero ex-tniUntur, o habitantur, o meglio ancora continuantHr),l altt> contil1entia sunrhis oppidis.

Tuttavia non sarebbe facile giustificare sul piano filologico la caduta diqueste parole. Forse una soluzione migliore potrebbe essere: cum id gCltllSaedificio<rum defi>nitur <quae in oppidis aedificantur (ovvero continuantur),aut> qtwe continentia sunt his oppidis. In questo caso, la caduta delle cinqueparole che ho ipotizzato potrebbe spiegarsi in modo soddisfacente con unsalto meccanico dal primo al secondo quae, corrispondente forse allo spaziodi un'intera linea."

Questa restituzione, inoltre, eliminerebbe la stranezza di quell'Ius davantiad oppidis, che non si spiegherebbe se gli oppida non fossero stati nominatigià in precedenza.!

in quattordici regiones (SUET.. Aug .• 30. 1: splltiwll w'bis iu regiolles vicosl]lIc divisit; PLlN.• lIat, hist,.11I.5. 66: ipsa dividitur ill regiones XliII. compita Ltruni CCL.W; cfr. anche TAC,. amI.. XIV.12 e xv. 40;eD.. LV. 8. 6 ss.).

I Escluderei un più semplice I]llae <in oppidis sunr>. perché costituirebbe problema la ripetizioneeli sunr dopo colltillelltia; se prima si avesse I]llae ill oppidis SUlit. sarebbe necessario poi qualcosa comeaut cOlitilleJItia lIis oppidis. senza suut, Per aedifiwntllr può valere il confronro con quamo si leggeun po' più avanti nello stesso lemma: id gellus aedifìciomm, qlflle '" plivi '" aedifica<ll>t. A favore dicOlltillllaf1tur depone il fatto che con quesro termine la definizione risulterebbe più precisa. perchéi vici urbani sarebbero presentati non semplicemente come case. bensì come gruppi continui dicase; cfr, CI c. , lIat. deor" I, 54: cO/1I1ereSCllllt inrer se et aliae alias apprehendentes COli ti Il 11IlIltu r; SALL..CM" 20. 11: billas ma alllplilfs domos cOlltil1lllll'e; Pass, Cypr.. 9: lues "" C(lutilllllltllS per ordinelll domos

"" illvasit.1 In questo caso si sarebbero avute due linee consecutive inizianti per I]uae (tra l'altro. va segnalaro

che anche nel Codice Farnesiano il qua e che precede cOlltil1eJ1tiaSHllt si trova a inizio di linea). il cheavrebbe reso facilissimo il salro della prima, Quanto alle dimensioni della supposl'a linea caduta.neUa ricostruzione che ne ho proposro essa risulterebbe di 28 lettere. esattamente quante ne ha nelCodice Farnesiano la linea 12 della p, 502 L. Ma se anche si ritenesse più probabile una lunghezzamaggiore. considerando che in generale il codice presenta linee più lunghe. si può pensare a unarestituzione più ampia. che mantenga lo stesso significato di fondo utilizzando qualche parola mpiù; a puro tirolo di esempio propongo <'lI/ne in oppir/is contillllQ Iler/ijìcalltlfr, al/t>, . ,

J È a motivo di questO richiamo interno che. dopo qualche esitazione. ho preferito ti pluraleil1 oppiàii al singolare ill oppir/o. a cui pure si potrebbe pensare per il confronto con quantO SI dicepiù avanti ('lllne ;"1 oppir/o plivi "" aer/ifica<ll>t. e ancora irl oppirii vicis),

VICUS RURALE E VICUS URBANO IN FESTO 95

Resta un'ultima difficoltà che riguarda la frase relativa con cui si conclude ilperiodo,(quae :..inter se distant). In base al testo tradito, il pronome relativo qlj{lenon puo riferirsi agli aedificia, ma deve necessariamente riferirsi agli oppida;appare tuttavia evidente che non avrebbe alcun senso dire che le città sonoitineribus regionibusqlle distvibuta e che sono contrassegl1ate da nomi diversidiscriminis causa. Il senso generale impone di riferire il qllae agli aedificia,esattamente come il quae che precede continentia; per ottenere questo risul-tato, basterebbe integrare l'ultimo quae in quac-ccue», come invita a pensareanche la breve lacuna segnalata in questo punto dal Lindsav' In questo modola seconda frase relativa risulterebbe coordinata a quella precedente, e quindisarebbe come quella riferita a aediiicia.

13·

A questo punto, si può proporre una ricostruzione dell'intero lemma nellaforma seguente:

<Vici tribus modis i1'ltelleguntur. Uno, Cllm id genus aedificiomm definitur quo hise re>C1pllmt ex agris, qu.i ibi villas non habent, ut Mnrsi aut P<a>eligni.

Sed ex vic[t]is partim ~abent rempubticam et <ibi> ius dicuuv, partim niliil~orum et tan~en ibi nundina« nguntur negoti gerendi causa, et <ur> lnagistri vici,ltem mag1Stn pagi quotannis fiunt.

Altero, cum. icl genus aedificio<nl111 de.fi>nitU1; <quae in oppidis nedificantur(~vvero contmuantur), mLt> qllae continentia sunt his oppidis, quae<que> ....ltl~eJ':b~LSregioniovsou« distJi1>utn inter se distant, nominibusque dissimilibus di-SCnml11lScausa sunt dispartiia,

Tertio, ~H1n id genus aed'ificiomm definittn; quae in oppido privi in suo qllisqlleloco propno tta aedifica <n>t, u: in eo aedificio pervium sit, quo itinere habitatoresad .sumn quisque ltabitationem habeant accessum. Qui non diCHntur vicani, SiCHt/ti,qm aut in oppi di vicis, allt In:, qui in agris sHnt, vicani appeiuintur?

«I vici poss~no intendersi in tre modi diversi. S'intendono nel primo modoquando cost SI definisce quel tipo di edifici in cui si ritirano di ritorno daicampi coloro che non hanno fattorie nei campi stessi, come i Marsi o i Peli-gni. Ma tra questi vici alcuni hanno proprie istituzioni e in essi si amministrala giustizia, altri non hanno nulla di tutto questo, tuttavia in essi si tenzonogiorni di mercato per esercitare il commercio, e come (negli uni) si eleg~onoOgl1!anno del magistri del vicus, allo stesso modo (negli altri) si eleggonoquelli del pagus.

I Ol)l'real ·qlfe. nella l,acuna poteva trovarsi forse anche un'altra parola. ad esempio un aggettivo(mlllt".) riferito a ItmenbllS reglOliI bILS'llfe. oppure un genitivo eOn/m che mertesse itilie/ibH5 regiolli-blfs'lfle m collegamento col precedente oppitiis.

2 Per il terzo significato di vici. mi limito a rinviare a TARPIN. 2002. pp, 283 s. (r111l1exe 3: FiCHiCO/II/lle bntilllem),

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CESARE LETTA

S'intendono nel secondo modo quando così si definisce quel tipo di edificiche sono costruiti (ovvero che sorgono l'uno accanto all'altro senza interru-zione) all'interno delle città, o che sono adiacenti ad esse e che, distribuitiper strade e quartieri, sono separati l'uno dall'altro e contraddistinti da nomidiversi perché possano riconoscersi.

S'intendono nel terzo modo quando così si definisce quel tipo di edifici chein una città dei privati costruiscono, ciascuno su terreno di sua proprietà, inmodo tale che nell' edificio si apra un passaggio, attraverso il quale gli abi-tanti abbiano accesso ciascuno alla propria abitazione. Questi abitanti, però,non sono detti vicani, come invece sono chiamati quelli che abitano nei viciurbani o in quelli rurali».