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Abstract
Questa tesi è stata dedicata alla verifca degli indicatori dosimetrici negli
esami più comuni di radiologia proiettiva. Per questo lavoro, in cui sono state
eseguite misure di dose in entrata con backscatter (ESD), misure di dose senza
backscatter (Kin) e misure di dose in uscita dal fantoccio (Kout), sono stati
utilizzati tre fantocci antropomorf e, come strumentazione di misura, una
camera a ionizzazione e due dosimetri allo stato solido.
Il lavoro di tesi è stato svolto all'interno del Servizio di Fisica Sanitaria
del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, mentre le misure sono state eseguite
all'interno di alcune sale radiologiche del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, in
due Unità Operative: Radiologia Golferi Albertoni e Radiologia Golferi Palagi.
I dati acquisiti hanno permesso di confrontare le dosi erogate per la
radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) o dispositivi per la
più moderna radiografa diretta (DR, Direct Radiography) verifcando la
corrispondenza dei risultati ottenuti con la letteratura esistente in materia.
É stato inoltre possibile calcolare i fattori di backscatter (BSF) che sono
risultati in pieno accordo con le indicazioni fornite dalle linee guida europee.
Infne sono stati calcolati, sempre partendo dalle misure di dose, i fattori di
trasmissione dei tre fantocci antropomorf nelle 11 proiezioni eseguite.
Il fatto di aver misurato sperimentalmente quali siano i valori reali di BSF
per i vari esami radiologici potrà essere utile nella eventuale implementazione
di algoritmi matematici per il calcolo di dose nelle procedure radiologiche.
Inoltre un altro potenziale sviluppo futuro potrebbe esser il calcolo di ulteriori
parametri dosimetrici a partire dai dati ottenuti in questa tesi.
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SommarioIntroduzione 1
Capitolo 1 Le radiazioni e la diagnostica per immagini 3
1.1 Diagnostica per immagini e radiologia: scoperta e produzione 3
dei raggi X
1.2 Interazione dei raggi X con la materia 5
1.3 Tubi radiogeni 5
Capitolo 2 Dosimetria e principi di radioprotezione 11
2.1 Grandezza dosimetriche 11
2.2 Danni provocati dalle radiazioni ionizzanti 16
2.3 Principi di radioprotezione 18
Capitolo 3 Apparecchiature radiologiche e strumentazione dosimetrica 23
3.1 Apparecchiature di radiodiagnostica 23
3.2 Radiografa computerizzata - Computed Radiography 25
3.3 Radiografa diretta - Direct Radiography 27
3.4 Strumenti di misura 32
Capitolo 4 Verifca della dose al paziente eseguita su fantocci antropomorf 39
4.1 Fantocci antropomorf 39
4.2 Esami di radiologia proiettiva analizzati 42
4.3 Misure di dose sui fantocci 43
4.4 Considerazioni sulle misure effettuate 54
Conclusioni 57
Bibliografa 59
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Introduzione
Nella moderna radiologia clinica si è vista negli anni una sempre
crescente sensibilità nei confronti della radioprotezione dei pazienti sottoposti
alle procedure mediche, da qui la necessità di monitorare la dose ricevuta dai
pazienti durante gli esami più comuni di radiologia proiettiva. Questa
progressiva attenzione è andata di pari passo con le indicazioni europee in
materia e con il loro recepimento da parte della legislazione italiana.
Questa tesi è stata dedicata alla verifca degli indicatori dosimetrici negli
esami più comuni di radiologia proiettiva e, a questo scopo, sono state eseguite
misure di dose in entrata con backscatter (ESD), misure di dose senza
backscatter (Kin) e misure di dose in uscita dal fantoccio (Kout) utilizzando una
camera a ionizzazione e due dosimetri allo stato solido. Gli esami di radiologia
proiettiva presi in considerazione coinvolgono il cranio nella posizione Antero-
Posteriore (AP) e Laterale (LAT), il torace Postero-Anteriore (PA) e
LAT, l'addome AP e LAT, il rachide lombare AP e LAT, il rachide lombo-sacrale
AP e LAT, la pelvi AP ed il tratto urinario (urografa) in posizione AP. Il lavoro
di tesi è stato svolto all'interno del Servizio di Fisica Sanitaria del Policlinico
Sant'Orsola-Malpighi e le misure sono state eseguite all'interno di alcune sale
radiologiche del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, in due Unità Operative:
Radiologia Golferi Albertoni e Radiologia Golferi Palagi. Per questo lavoro,
sono stati utilizzati tre fantocci antropomorf che simulano il cranio, il torace e
l'addome del paziente. L'attività è stata svolta tra novembre 2012 e febbraio
2013 conformemente alla disponibilità delle sale e con riguardo nell'effettuare le
misurazioni in orari in cui non si fosse d'intralcio alle attività ospedaliere e, per
il medesimo motivo, cercando di tenere occupata la sala per tempi non
eccessivamente prolungati. Le sale radiologiche esaminate sono dotate di
sistemi per la radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) o
apparecchiature per la più moderna radiografa diretta (DR, Direct
Radiography), alcune sale sono provviste di entrambe. In alcune sale inoltre si
sono potute realizzare misure inserendo l'esposimetro automatico (AEC).
Questa tesi si articola in quattro capitoli.
Il capitolo 1 tratta la produzione ed il ruolo dei raggi X nella diagnostica
per immagini e la descrizione delle parti che compongono un tubo radiogeno.
1
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Il capitolo 2 è dedicato alla dosimetria ed ai principi di radioprotezione:
vengono descritte le grandezze dosimetriche più importanti, i principali danni
biologici derivanti dalle radiazioni ionizzanti e la limitazione dei danni
derivanti da esse ad opera della radioprotezione.
Il terzo capitolo si occupa delle apparecchiature radiologiche e della
strumentazione dosimetrica: si sono descritte le due tecniche radiologiche
Computed Radiography e Direct Radiography che hanno sostituito i sistemi
analogici schermo-pellicola. L'ultima parte del capitolo è dedicata alla
descrizione degli strumenti da noi usati per effettuare le misure.
Nel quarto capitolo infne vengono descritti i tre fantocci antropomorf
usati, vengono sottolineati i vantaggi derivanti dal loro utilizzo e riportate e
confrontate le misure effettuate all'interno delle sale radiologiche per ogni
esame clinico (tra i confronti fatti anche quello tra le dosi erogate dai due diversi
sistemi CR e DR).
Le conclusioni mostrano i possibili sviluppi delle osservazioni fatte
elaborando i dati raccolti.
2
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Capitolo 1
Le radiazioni e la diagnostica per immagini
1.1 Diagnostica per immagini e radiologia: scoperta e produzione
dei raggi X
La diagnostica per immagini fornisce informazioni diagnostiche fondate
su immagini e a questo scopo impiega radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.
Per la diagnostica convenzionale e la tomografa computerizzata (TC) vengono
utilizzate radiazioni ionizzanti, mentre per ecografa (US) e risonanza
magnetica (RM) si utilizzano radiazioni non ionizzanti. La radiologia è una
branca della medicina contenuta nella moderna diagnostica per immagini
(Zompatori 2008).
I raggi X sono onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa
tra 6 Å e 0.06 Å ed energie comprese tra 2keV fno, in campo medico per la
radioterapia, a diversi MeV. Negli anni tra il 1870 e il 1895 vi fu tra i fsici
grande interesse per lo studio dei fenomeni di conduzione nei gas di raggi
catodici. L'8 novembre del 1895 il fsico tedesco W.C. Roentgen mentre eseguiva
nel suo laboratorio esperimenti sulla conduzione dei gas, si accorse che una
piccola luce proveniva da un tavolo distante qualche metro dal tubo con cui
stava eseguendo l'esperimento. La luce era emessa da una piastra rivestita di un
materiale casualmente fuorescente: il platino-cianuro di bario. Roentgen intuì
che poiché né gli elettroni né la luce potevano abbandonare il tubo doveva
trattarsi di una nuova radiazione sconosciuta che chiamò X. Egli fu in grado in
poco tempo di delineare le caratteristiche più importanti dei raggi X:
impressionare una lastra fotografca, attraversare molte sostanze con diversa
attenuazione e non subire defessione da parte di campi elettrici e magnetici.
Questa importantissima scoperta, che gli valse il premio Nobel nel 1901, fu
subito seguita da applicazioni nella diagnostica medica. La prima roentgen-
grafa della mano della signora Roentgen fu pubblicata sul New York Times il
16 gennaio del 1896 (Figura 1).
3
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Figura-1: roentgen-grafia della mano della signora Roentgen.
Per la produzione dei raggi X è necessario un tubo all'interno del quale è
generato un vuoto spinto e sono presenti due elettrodi: un anodo e un catodo. Il
catodo è composto da un flamento reso incandescente dal passaggio di corrente
che emette elettroni per effetto termoionico; gli elettroni sono poi accelerati
verso l'anodo da una differenza di potenziale posta tra i due elettrodi. Gli
elettroni colpiscono l'anodo e interagiscono così con i forti campi elettrici dei
nuclei del materiale, subiscono una forte decelerazione e, in accordo con la
formula di Larmor, emettono radiazioni elettromagnetiche. Se si analizza lo
spettro di raggi X emessi si nota che vi sono due componenti: la radiazione di
frenamento (dal tedesco Bremsstrahlung) che fornisce uno spettro continuo e la
radiazione caratteristica che dà uno spettro discreto (Figura 2).
Figura 2: spettro caratteristico e continuo per un bersaglio di Tungsteno (Coggle 1998).
4
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Quest'ultima si genera quando un elettrone del fascio incidente urta un
elettrone dell'orbitale più interno dell'atomo bersaglio. L'elettrone colpito lascia
una lacuna che viene subito riempita da un elettrone di un orbitale superiore
con conseguente rilascio di radiazione elettromagnetica.
1.2 Interazione dei raggi X con la materia
I raggi X interagiscono con la materia attraverso cinque meccanismi
fondamentali:
• Diffusione classica
• Effetto fotoelettrico
• Effetto Compton
• Produzione di coppie
• Fotodisintegrazione
I fenomeni di interazione raggi X-materia che ci interessano per scopi
diagnostici sono essenzialmente l'effetto Compton e l'effetto fotoelettrico poiché
le tensioni coinvolte, in particolare in radiologia, sono comprese tra i 40 e i 150
kV.
1.3 Tubi radiogeni
In un apparecchio radiologico la parte adibita alla formazione di raggi X
è il tubo radiogeno. Un tubo radiogeno è formato da un'ampolla di vetro boro-
silicato all'interno della quale viene creato un vuoto molto spinto e da due
elettrodi: uno positivo chiamato anodo e uno negativo chiamato catodo
(Passariello 2000). È necessario che all'interno della ampolla vi sia un vuoto
spinto perché gli elettroni emessi dal catodo non devono incontrare sul loro
cammino molecole che possano essere ionizzate e quindi impedire loro di
raggiungere l'anodo.
Il catodo è composto da un involucro metallico chiamato “testa del
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catodo” fatta di Nichel o ferro nichelato che contiene uno o due flamenti di
Tungsteno. Il flamento è una piccola spirale che attraversata da corrente si
scalda per effetto Joule ed emette elettroni. L'emissione di elettroni da parte di
un flamento incandescente è chiamata effetto termoionico. Ai capi della piccola
spirale metallica viene applicata una differenza di potenziale compresa tra 10 e
20 Volt: il flamento viene così attraversato da una corrente dai 3 agli 8 A, che lo
scalda e se il flamento raggiunge una temperatura di almeno 2200 °C gli
elettroni ricevono un'energia cinetica suffciente per abbandonare il metallo e
creare una nube elettronica all'esterno di esso. C'è il rischio che il flamento, se
raggiunge una temperatura di 2500 °C evapori, perciò è importantissimo che la
temperatura all'interno del flamento rimanga costante e a questo scopo
vengono utilizzati degli stabilizzatori. È stato stimato che ad una temperatura
di 2250°C in 2000 ore il flamento perda un decimo del suo diametro. Gli
elettroni emessi per effetto termoionico, per riuscire a raggiungere l'elettrodo
positivo e non essere ricatturati dal catodo che è fortemente positivo (avendo
perso elettroni), devono essere accelerati da un differenza di potenziale
suffciente. La differenza di potenziale applicata tra anodo e catodo in
radiodiagnostica oscilla normalmente tra 40 e 150 kV (la mammografa utilizza
tensioni inferiori, tra i 24 e i 36 kV). La corrente che si forma così nel tubo
radiogeno, chiamata corrente anodica, dipende evidentemente dalla corrente
all'interno del flamento e quindi dalla temperatura: maggiore è la temperatura
raggiunta nel flamento maggiore è il numero di elettroni che lo abbandonano
per raggiungere l'elettrodo positivo. La corrente anodica è proporzionale alla
quarta potenza della temperatura ed essendo la temperatura, in base alla legge
di Joule, proporzionale al quadrato della tensione ai capi del flamento si
capisce come una piccola variazione di tensione comporti una variazione di
corrente nel tubo molto grande. Se la tensione di accensione è mantenuta
costante e viene variata la tensione tra gli elettrodi la corrente anodica aumenta
fno ad un valore massimo, perché c'è un maggior numero di elettroni che
riescono a raggiungere l'anodo, ma non supera un certo valore poiché una volta
raggiunta una certa tensione tutti gli elettroni emessi hanno colpito l'anodo.
Il valore di kV di soglia è tanto più alto quanto più il flamento si trova in fondo
alla testa del catodo.
L'elettrodo positivo si chiama anodo e deve soddisfare due caratteristiche
principali: generare raggi X e sopportare grandi quantità di calore. L'intensità
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della radiazione prodotta dall'anodo in seguito all'urto con gli elettroni
accelerati è proporzionale al numero atomico del materiale di cui è fatto perciò
si deve utilizzare un materiale di elevato peso atomico. L'interazione tra
elettroni e materiale produce per l'1% raggi X e per il restante 99% calore, perciò
è molto importante che il materiale utilizzato abbia anche un alto punto di
fusione.
Normalmente per costruire un anodo viene utilizzato il Tungsteno (W)
che ha numero atomico 74 e punto di fusione 3370 °C, salvo nel caso dei tubi
usati per mammografa che utilizzano il Molibdeno. Il Molibdeno viene
preferito poiché l'energia dei suoi raggi X caratteristici (17-19 keV) è inferiore
rispetto a quella del Tungsteno, ma suffciente per la mammella, essendo questa
di spessore inferiore rispetto agli altri distretti corporei come torace e addome e
potendo eseguire compressione sull'organo. Per mammelle con tessuto più
denso viene però a volte preferito un anodo di Rodio. Le due tipologie di anodi
usati sono: l'anodo fsso (il primo storicamente usato) e l'anodo rotante.
L'anodo fsso (Figura 3) usa la propagazione di calore per conduzione
per eliminare le unità termiche, viene quindi fabbricato in Rame (che ha
un'ottima dispersione di calore) con all'interno una placca di Tungsteno di 2
mm nel punto in cui l'anodo è bombardato dagli elettroni; affnché la
dispersione avvenga correttamente Tungsteno e Rame devono essere
fortemente adesi e per ottenere questo risultato si fonde il Rame sul Tungsteno
sottovuoto.
Per “allontanare” il calore dal tubo vi è una sorta di prolungamento in Rame
dell'anodo chiamato codolo, in alcuni tubi radiogeni all'interno di anodo e
codolo vi sono delle scanalature all'interno delle quali viene inserito come
liquido di raffreddamento dell'olio isolante. I tubi ad anodo fsso sono in grado
di sopportare una potenza di 10 kW e sono ormai utilizzati raramente in
diagnostica (Passariello 2000).
Figura 3: schema di tubo radiogeno ad anodo fisso (Passariello 2000).
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L'anodo rotante, in Figura 4, è composto invece di un disco di Tungsteno
forgiato o lega di Tungsteno collegato ad un rotore in Rame da un supporto in
Molibdeno. Il disco ha un diametro che varia tra i 50 e 125 mm e compie
normalmente qualche migliaio di giri al minuto: questa rotazione aumenta la
potenza dissipabile dal tubo, quindi la potenza massima che può sostenere il
disco, perché ruotando fa sì che gli elettroni istante per istante colpiscano del
metallo più freddo. Il supporto in Molibdeno è molto utile per evitare che il
disco dissipi il calore accumulato sul rotore rischiando di danneggiarlo
gravemente. Per migliorare ancora di più le prestazioni esistono anodi rotanti
composti da dischi di Molibdeno con un target di Tungsteno-Renio (90-95% W,
5-10% Re). Questa combinazione è vantaggiosa perché la lega Tungsteno-Renio
fornisce una maggiore resistenza all'erosione e poiché il Molibdeno ha un peso
specifco inferiore a quello del Tungsteno lo strumento è più leggero.
Figura 4: tubo radiogeno ad anodo rotante (Passariello 2000).
Lo smaltimento delle unità termiche in un anodo rotante presenta
maggiori diffcoltà strutturali rispetto ad un anodo fsso in quanto la presenza
del rotore impedisce uno smaltimento delle unità termiche tramite conduzione
e bisogna quindi aumentare la capacità termica dell'anodo (cioè la quantità di
calore che è in grado di immagazzinare senza danneggiarsi) in un altro modo.
In pratica è il fuoco termico a subire il carico di calore e il carico massimo
sopportabile dipende dalla superfcie bombardata.
La soluzione migliore sembrerebbe aumentare il diametro del piattello, ma
questo non risolve comunque il problema perché ogni punto del piattello è
sottoposto nella sua rotazione a riscaldamento ad opera del fascio elettronico,
perciò a parità di diametro la soluzione più appropriata consiste nell'aumentare
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il numero di giri. La potenza ammissibile in un anodo rotante è proporzionale
alla radice quadrata della velocità di rotazione: per questo esistono anodi
rotanti che eseguono 800 giri al minuto fno a 10000 giri al minuto.
Viene chiamata macchia focale quella parte della superfcie dell'anodo
che dà origine al fascio di raggi X: la sua forma può essere circolare, ellittica o
più frequentemente rettangolare. La maggior parte dei tubi diagnostici possiede
due flamenti all'interno del catodo, disposti parallelamente per ottenere due
diverse macchie focali che risultano sovrapposte. Si distinguono tre tipi di
fuochi: fuoco elettronico, fuoco termico e fuoco ottico (Figura 5). Il fuoco
elettronico corrisponde alla sezione del fascio elettronico sulla superfcie di
impatto, il fuoco termico è la parte dell'anodo sottoposta a riscaldamento
(chiaramente nel caso di un anodo fsso fuoco termico e fuoco elettronico
coincidono, mentre nel caso dell'anodo rotante il fuoco termico corrisponde
all'intero disco anodico). Il fuoco ottico è invece la proiezione ortogonale del
fuoco elettronico. Per ottenere un fuoco ottico di dimensioni contenute senza
diminuire le dimensioni del fuoco termico gli anodi fssi vengono inclinati di
18°-20° (Passariello 2000).
Figura 5: fuoco elettronico, fuoco termico e fuoco ottico in un tubo radiogeno ad anodo
fisso (Passariello 2000).
Gli elettroni bombardano il fuoco dell'anodo e da questa interazione vengono
emessi raggi X in tutte le direzioni, dunque la distribuzione del fascio è
isotropa. Una parte di raggi si dirige verso l'anodo e viene subito assorbita
quindi possiamo considerare che dal fuoco del tubo si ottenga una distribuzione
a semisfera. Una parte dei raggi di questa semisfera intercetta il catodo e il
fascio utile sarà quello che ha vertice nel fuoco del fascio e ampiezza pari al
doppio dell'angolo di inclinazione dell'anodo; per questo motivo tutta la
9
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struttura contenente il tubo è racchiusa in una guaina piombata provvista di
una fnestra di dimensioni adatte a far fuoriuscire solo la parte del fascio
ritenuta utile. Il cono di raggi X non risulta omogeneo, partendo infatti dal
centro del fascio l'intensità diminuisce andando verso l'anodo e aumenta
andando verso il catodo per poi diminuire di nuovo, questo effetto è chiamato
effetto Heel o effetto anodico. Si deve quindi cercare di utilizzare solo la parte
centrale del fascio per avere la maggiore omogeneità possibile.
I tubi radiogeni sono solitamente incapsulati all'interno di una guaina o
cuffa che ha due compiti principali: schermare dai raggi X diffusi e proteggere
dall'alta tensione. In pratica una guaina è un involucro piombato con una
fnestra radiotrasparente per il fascio di raggi X utile, l'involucro stagno è
riempito con olio minerale isolante.
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Capitolo 2
Dosimetria e principi di radioprotezione
2.1 Grandezze dosimetriche
La misura ed il calcolo della dose assorbita costituiscono il principale
obiettivo della dosimetria. Nell'ambito della radioprotezione possono essere
defnite alcune categorie di grandezze utili: quelle fsiche relative alle grandezze
di campo, quelle dosimetriche, quelle radioprotezionistiche e quelle operative.
Tra le grandezze di campo c'è la fuenza Φ delle particelle, in cui dN è il numero
di particelle che entrano in una sfera di sezione massima dA, che è data da:
Φ=dN
dA
(2.1)
Il rateo di fuenza delle particelle è:
φ=d Φdt
(2.2)
dove dt è l'intervallo di tempo in cui avviene la misura.
La radianza delle particelle è:
p=dφdΩ
(2.3)
dove dΩ è l'angolo solido considerato.
La fuenza di energia della particella è:
Ψ=dRdA
(2.4)
11
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dove dR è l'energia radiante, ovvero la somma delle energie di tutte le particelle
che attraversano la sezione dA.
Per quanto riguarda le grandezze dosimetriche la più antica grandezza in
uso è l'esposizione X, l'esposizione che è data da:
X= dQdm
(2.5)
dove Q è il valore assoluto della carica totale degli ioni di un dato segno
prodotti in aria quando tutti gli elettroni liberati da fotoni nell'elemento di
volume di massa dm sono completamente fermati in aria. In Q non deve esser
considerata la ionizzazione prodotta dall'eventuale radiazione di frenamento
degli elettroni secondari (Pelliccioni 1989). Nel Sistema Internazionale
l'esposizione si misura in C.Kg-1, ma storicamente veniva utilizzato il Roentgen:
1R= 2.58 10-4 C.Kg-1. L'esposizione è però una grandezza dal diffcile utilizzo
poiché riguarda solo i raggi X e soprattutto perché bisogna valutare energie non
superiori ai 3MeV. Il motivo di questo limite è che nell'effettuare misure di
esposizione bisogna che siano verifcate le condizioni di equilibrio delle
particelle cariche: la ionizzazione prodotta dagli elettroni secondari che
attraversano il mezzo deve essere uguale a quella prodotta dagli elettroni in
esso originati queste condizioni sono verifcate al di sotto dei 3MeV.
Si può defnire anche il rateo di esposizione:
Ẋ=dXdt
(2.6)
L'ICRU (International Commission on Radiation Units & Measurements)
è stato concepito al primo Congresso internazionale di Radiologia di Londra nel
1925 e nasce uffcialmente nel 1928, il suo obiettivo è sempre stato quello di
uniformare a livello internazionale le unità di misura legate alle radiazioni in
ambito medico.
Un'altra grandezza dosimetrica è l'energia impartita ε che, in accordo con
12
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la defnizione data dal rapporto ICRU 33, è:
ε=Rin-Rout-ΣQ
(2.7)
dove Rin è la somma delle energie di tutte le particelle direttamente e
indirettamente ionizzanti che entrano nel volume considerato, Rout è la somma
delle energie di tutte le particelle direttamente o indirettamente ionizzanti che
escono dal volume considerato e ΣQ è l'energia spesa per aumentare la massa
del sistema (Pelliccioni 1989). Il concetto di energia impartita è utile nella
defnizione di un'altra grandezza fondamentale della dosimetria: la dose
assorbita. La defnizione di dose assorbita è anch'essa data dal rapporto ICRU
33 (ICRU 1980):
_ D=dε/dm
(2.8)
dove dε rappresenta il valore medio dell'energia impartita alla materia in un
volume infnitesimo di massa dm. La valutazione di ε richiede ripetute
esposizioni di elementi fniti di massa nel campo di radiazioni interessato con
conseguente media dei valori misurati. L'unità di misura della dose assorbita è
il Gray, 1Gy=1Joule/ 1Kg.
Il rateo di dose è dato da D=dD/dt (2.9) e si misura in Gy/s.
Il valore della dose assorbita può essere calcolato a partire da:
_
D=dNΔεdm
(2.10)
dove dN/dm è il numero di processi elementari per unità di massa. Per
calcolare il numero di interazioni per unità di volume basta moltiplicare la
fuenza delle particelle per la probabilità di interazione per unità di lunghezza.
L'energia impartita è data da:
Δε=Eb-ΣEa+Q
(2.11)
dove Eb è l'energia cinetica della particella ionizzante prima dell'interazione, Ea è
la somma delle energie cinetiche di tutte le particelle che scaturiscono
dall'interazione e Q è l'energia spesa per i cambiamenti di massa.
13
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D si può scrivere come:
D=∫Φμ(E)
ρ Δε(E)dE
(2.12)
La dose assorbita tiene conto di tutti i processi primari e secondari che
avvengono nella materia al passaggio di radiazioni indirettamente ionizzanti, il
kerma (kinetic energy released to the matter) invece tiene in considerazione solo
l'energia ceduta dalla radiazione primaria.
K=dEtrdm
(2.13)
Dove Etr è la somma delle energie cinetiche iniziali di tutte le particella cariche
prodotte dalle radiazioni indirettamente ionizzanti. L'unità di misura del kerma
è il Gray.
Per scopi di radioprotezione un'altra grandezza importante è la dose organo che
si misura sempre in Gray:
Dt=εt/mt
(2.14)
Il LET (Linear Energy Transfer) é l'energia media per unità di cammino
percorso: LΔ=(dE/dl)Δ (2.15)
Nessuna delle grandezze dosimetriche fnora elencate tiene conto però
dei diversi tipi di radiazioni e della diversa radiosensibilità dei tessuti bersaglio:
è per questo motivo che esistono le grandezze radioprotezionistiche.
L'equivalente di dose H tiene conto dei tipi di radiazione tramite fattori di
ponderazione wr(Tabella 1). H=QDN, dove Q è il fattore di qualità della
radiazione specifca, N prodotti degli altri fattori correttivi e D la dose assorbita
e poiché l'ICRP (International Commission on Radiological Protection) assegna
a N valore 1 possiamo riscrivere H come:
14
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H=QD
(2.16)
Il fattore di qualità Q, ora sostituito dal fattore di ponderazione wr, viene
valutato servendosi del LET: i raggi X sono di norma radiazioni a basso LET.
L'equivalente di dose è una somma dovuta a tutte le possibili radiazioni in
causa (diversamente da Q che ne considera una sola) ed è dato da:
HT =ΣRwrDT,r
(2.17)
dove DT,r è la dose mediata sul tessuto T e dovuta alla radiazione r. HT si misura
in Sievert: 1Sv=1J/1Kg.
Tabella 1: fattori di ponderazione raccomandati per i diversi tipi di radiazioni
(ICRP 2008).
Tipo di radiazione ed intervallo di energia wR
Fotoni, tutte le energie 1
Elettroni e muoni, tutte le energie 1
Neutroni con energia < 10 keV 5
con energia 10 keV - 100 keV 10
con energia > 100 keV - 2 MeV 20
con energia > 2 MeV - 20 MeV 10
con energia > 20 MeV 5
Protoni, esclusi i protoni di rinculo, con energia > 2 MeV 5
Particelle alfa, frammenti di fssione, nuclei pesanti 20
La dose effcace o equivalente di dose effcace è un indicatore di rischio
stocastico e tiene conto degli effetti probabilistici in funzione dell'organo
mediante il fattore di ponderazione tissutale wt (Tabella 2). Il fattore di
ponderazione si ricava in base a considerazioni sul rischio radiologico e può
quindi variare negli anni. La dose effcace è la sommatoria di tutte le dosi
equivalenti pesate su tutti i tessuti ed è data da:
15
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E=ΣTwTΣrwrDT,r=ΣTwTHT
(2.18)
Tabella 2: fattori di ponderazione wT per i tessuti (ICRP 2008).
Tessuto wT
Midollo osseo (rosso), colon, polmone, stomaco 0.12
Mammelle, tessuti rimanenti 0.12
Gonadi 0.08
Vescica, fegato, esofago, tiroide 0.04
Superfcie dell'osso, cervello, ghiandole salivari, pelle 0.01
La determinazione della dose effcace richiede la conoscenza della distribuzione
delle dosi in tutti gli organi e tessuti dell'individuo irradiato ed è raro conoscere
tutti i parametri per il calcolo di questa dose, fn da subito quindi l'ICRP ha
riconosciuto che fossero necessarie grandezze operative. Nel caso di
irradiazione esterna, riprendendo concetti già sviluppati in sede ICRU, ha
suggerito l'utilizzo degli indici di equivalente di dose. L'indice di equivalente di
dose HI in un certo punto è defnito come il massimo dell'equivalente di dose
entro una sfera di tessuto molle di 30 cm di diametro, centrata in quel punto
(Pelliccioni 1989). Questi indici però all'atto pratico sono risultati sconsigliabili,
al loro posto l'ICRU ha proposto altre quattro grandezze operative: equivalente
di dose ambientale H*(d) ed equivalente di dose direzionale H'(d) per il
monitoraggio ambientale, equivalente di dose individuale penetrante Hp(d) ed
equivalente di dose individuale superfciale Hs(d) per il monitoraggio
individuale (Pelliccioni 1989).
2.2 Danni provocati dalle radiazioni ionizzanti
Le radiazioni utilizzate in radiologia diagnostica sono radiazioni con
energia suffciente a ionizzare la materia separando gli elettroni dagli atomi o
dalle molecole di cui fanno parte e creando elettroni liberi di stabilire altri
legami e ioni positivi. Queste radiazioni sono chiamate per l'appunto radiazioni
16
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ionizzanti. Gli elettroni, i protoni e le particelle alfa e beta sono radiazioni
direttamente ionizzanti perché creano ioni in modo diretto cioè senza la
mediazione di altre particelle, mentre i raggi X, i raggi γ ed i neutroni sono
radiazioni indirettamente ionizzanti poiché liberano particelle che a loro volta
ionizzano la materia. I danni biologici provocati dalle radiazioni ionizzanti
possono essere di due tipologie: danni provocati per azione diretta e per azione
indiretta. Il primo caso la radiazione crea ionizzazione degli atomi che
costituiscono le macromolecole vitali (DNA), quindi la cellula viene
danneggiata direttamente dalla direzione. I danni a carico della cellula possono
comportare la rottura della guaina proteica, la rottura della membrana cellulare
e la rottura della membrana mitocondriale; se ad essere danneggiato è un
flamento del DNA (acido desossiribonucleico) il danno può essere riparabile,
ma se ad essere danneggiati sono entrambi i flamenti la cellula può subire
morte istantanea, morte riproduttiva oppure auto-eliminazione tramite
apoptosi: nel caso peggiore la cellula sopravvive e si può indurre la formazione
di un processo neoplastico. La legge di Bergonie e Tribondeu dice che la
radiosensibilità di un tessuto è direttamente proporzionale all'attività mitotica e
inversamente proporzionale al grado di differenziazione delle sue cellule: gli
organi più radio-sensibili sono quindi le gonadi, il midollo osseo e l'intestino
tenue, mentre il fegato, il sistema nervoso e la muscolatura sono più radio-
resistenti proprio perché hanno una attività riproduttiva inferiore.
Nel caso delle dell'azione indiretta il danno è prodotto dai radicali liberi
generati principalmente dalla ionizzazione delle molecole d'acqua che
costituiscono circa l'80% del corpo umano. I radicali liberi sono atomi o
molecole con un elettrone spaiato e sono per questo molto instabili e reattivi,
possono causare danni nell'organismo poiché per acquistare l'elettrone
mancante ledono altri legami.
Gli effetti delle radiazioni sull'uomo vengono suddivisi in due macro-
categorie: gli effetti deterministici e gli effetti stocastici. Gli effetti deterministici
sono effetti biologici somatici (perché rimangono a carico del corpo di cui fanno
parte le cellule danneggiate) che possono esser posti in diretta relazione con la
dose assorbita dall'individuo. Sono effetti caratterizzati da un valore soglia di
dose al di sotto del quale non si verifcano, al di sopra della dose soglia la loro
gravità varia con la dose: maggiore è la dose ricevuta maggiore è il danno, il
periodo di latenza è breve e tutti gli individui irradiati ne vengono colpiti
17
Page 22
seppur con differenze individuali.
Gli effetti stocastici sono, dal nome, effetti probabilistici sia somatici che
genetici per i quali non esiste un valore di soglia, sono distribuiti casualmente,
l'aumento di dose assorbita corrisponde a un aumento della probabilità di
comparsa, si manifestano dopo anni o decenni, le neoplasie eventualmente
derivanti sono indistinguibili rispetto a neoplasie insorte per altre cause e la
gravità del danno non dipende dalla dose ricevuta.
2.3 Principi di radioprotezione
La radioprotezione ha lo scopo di regolamentare l'utilizzo delle
radiazioni ionizzanti in modo da limitare gli effetti stocastici sugli individui e
evitare l'insorgenza di quelli deterministici. Nasce quasi contemporaneamente
alla scoperta delle radiazioni X: si notò infatti che potevano avere effetti nocivi
poco dopo la loro scoperta.
Gli effetti stocastici (effetti probabilistici) non possiedono una dose soglia: è per
questo che non esiste alcun valore di dose, per quanto modesto, che si possa
ritenere sicuro (Pelliccioni 1989); la conclusione a questa affermazione sembra
essere che qualsiasi attività che coinvolga radiazioni ionizzanti vada evitata.
Le radiazioni ionizzanti sono però impiegate in una vasta gamma di settori e in
particolare il loro utilizzo in campo medico offre un contributo signifcativo nel
raggiungimento di una diagnosi. Rinunciare ad usufruirne è inverosimile ed
eccessivo: diventa quindi fondamentale che esistano organi atti a disciplinare
l'utilizzo di radiazioni ionizzanti, sia per i lavoratori esposti sia per gli individui
della popolazione. Un organo di importanza primaria nel raggiungimento di
questo fne è l'International Commission on Radiological Protection (ICRP).
L'uomo è normalmente esposto a varie fonti di radiazioni: le sorgenti
naturali, le sorgenti naturali modifcate dalla tecnologia (materiali da
costruzione), le sorgenti connesse ad alcuni oggetti di consumo come le protesi
dentarie, le sorgenti impiegate in medicina, le sorgenti da ricaduta di bombe
atomiche (fallout nucleare), le sorgenti associate alla produzione di energia
nucleare e le sorgenti presenti nei luoghi di lavoro (Pelliccioni 1989). La
sorgente che fornisce all'uomo la maggior quantità di radiazioni ionizzanti è
18
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certamente il fondo naturale formato da: raggi cosmici, radionuclidi
cosmogenici e radionuclidi primordiali (Rb, K, U e Th). Si stima che la dose
effcace pro-capite dovuta al fondo naturale sia di circa 2.4mSv all'anno. L'ICRP
adotta cautelativamente un principio di linearità tra effetto stocastico indotto e
dose ricevuta e poiché, come è stato già osservato, non esiste una dose soglia
per gli effetti stocastici è un principio di linearità senza soglia. L'ICRP, nel
Report 60 del 1990, sancisce i principi fondamentali della radioprotezione e
questi principi permangono immutati nel Report 103 del 2008. Essi devono
essere osservati in sequenza e sono:
• il principio di giustifcazione dell'attività: qualsiasi decisione che cambi
la situazione di esposizione alle radiazioni dovrebbe produrre più
benefcio che danno (ICRP 2008).
• il principio di ottimizzazione della protezione: la probabilità di incorrere
in esposizioni, il numero di persone esposte e l'entità delle loro dosi
individuali dovrebbero essere tenute tanto basse quanto
ragionevolmente ottenibile, in considerazione di fattori economici e
sociali (as low as reasonably achievable-principio ALARA) (ICRP 2008).
• il principio di applicazione dei limiti di dose: la dose totale ad ogni
individuo da sorgenti regolamentate in situazioni di esposizione
programmata, all'infuori dell'esposizione nei pazienti, non dovrebbe
superare gli appropriati limiti raccomandati dalla Commissione (ICRP
2008).
Il principio di giustifcazione dell'attività consiste in un'attenta
valutazione dei vantaggi e degli svantaggi connessi all'attività: tra gli svantaggi
è bene considerare sia quelli di carattere pecuniario sia quelli di carattere
sociale. Se defniamo B il benefcio, V il benefcio lordo, P il costo di base della
produzione, X il costo derivante dalla radioprotezione e Y il detrimento
associato, allora B deve essere:
B>V- (P+X+Y)
(2.19)
19
Page 24
Il principio di ottimizzazione della radioprotezione si realizza cercando
di rendere massimo il benefcio netto e la variabile considerata è l'equivalente di
dose effcace collettivo (S), perciò, affnché il benefcio sia massimo (Pelliccioni
1989), deve valere:
dVdS
−( dPdS
+dXdS
+dYdS
)=0
(2.20)
ma poiché P e V non dipendono da S abbiamo:
dXdS
=−dYdS
(2.21).
Considerando il costo di detrimento Y proporzionale alla dose S tramite
coeffciente α allora Y=α∗S (2.22) e dX/dS=-α (2.23). Per esplicitare la
dipendenza da diversi parametri radio-protezionistici w possiamo scrivere:
X(w)+Y(w)=minimo
(2.24)
dX (w)dw
=−dY (w)
dw
(2.25)
Per ottimizzare la protezione nel caso di procedure diagnostiche vengono
defniti, dalla normativa italiana (D.Lgs 187/00 che recepisce le indicazioni delle
direttive dell'Unione Europea 97/43/EURATOM), dei livelli diagnostici di
riferimento (LDR). I livelli diagnostici di riferimento che si applicano
all'esposizione di pazienti sottoposti a procedure diagnostiche e non si
applicano alla radioterapia. I valori sono scelti sulla base di un percentile
relativo alla distribuzione delle dosi ricevute dai pazienti o sulla base della dose
ricevuta da un paziente di riferimento e devono essere espressi come grandezze
facilmente misurabili e correlate alla dose (ICRP 2008).
20
Page 25
L'Allegato II, previsto dall'articolo 3 comma 4, del Decreto Legislativo 187/00
defnisce le linee guida in materia di livelli diagnostici di riferimento e la tabella
A dell'allegato ne specifca i valori per gli esami diagnostici più comuni (Tabella
3).
Tabella 3: LDR per gli esami diagnostici più comuni eseguiti su pazienti adulti e
pediatrici. Dove AP è la proiezione Antero-Posteriore, PA postero-anteriore e
LAT laterale. Mentre per l'esame mammografco CC signifca posizione Cranio-
Caudale (D.Lgs 2000).
Esami di radiologia proiettiva Dose superficiale in ingresso (mGy)
Addome 10
Urografa 10
Cranio AP 5
PA 5
LAT 3
Torace PA 0.4
LAT 1.5
Rachide lombare AP 10
LAT 30
Rachide lombo-sacrale 40
Pelvi AP 10
Mammografa CC 10
Esami di radiologia pediatrica Dose d'ingresso (μGy)
Addome 1000 (5anni)
Torace PA/AP 100 (5anni)
LAT 200 (5anni)
AP 80 (neonati)
Cranio PA/AP 1500 (5anni)
LAT 1000 (5anni)
Pelvi AP 200 (neonati)
AP 900 (5anni)
L'ultimo principio, ovvero il principio di limitazione della dose
individuale, non può essere applicato nel caso di pratiche mediche effettuate su
pazienti, ma solo nel caso di esposizione programmata che coinvolga sia i
lavoratori esposti sia i cittadini. Per esposizione programmata si intende l'uso
21
Page 26
programmato di sorgenti. I limiti di dose vanno applicati alla somma di dosi
esterne ed interne (conseguenti alla incorporazione di radionuclidi). La
Pubblicazione ICRP 103 ha ritenuto di continuare ad utilizzare i limiti
raccomandati dalla Pubblicazione 60 (Tabella 4).
Tabella 4: limiti di dose raccomandati per le situazioni di esposizione
programmata (ICRP 2008).
Tipo di limite Esposizione lavorativa Esposizione del
pubblico
Dose efficace 20 mSv/anno 1 mSv/anno
Dose equivalente annuale
Cristallino 150 mSv 15 mSv
Pelle 500 mSv 50 mSv
Mani e piedi 500 mSv -
22
Page 27
Capitolo 3
Apparecchiature radiologiche e strumentazione
dosimetrica
3.1 Apparecchiature di radiodiagnostica
Un sistema di radiodiagnostica è formato da un generatore di alta
tensione che alimenta un tubo radiogeno ed eventualmente da un tavolo
d'esame dove è posizionato il paziente. Il tavolo porta-paziente è costruito con
materiali radiotrasparenti ed è spostabile, in genere, sia longitudinalmente sia
trasversalmente. Gli apparecchi in cui i movimenti del tavolo sono comandati
dalla consolle sono detti “apparecchi telecomandati”. In alcuni apparecchi, il
tavolo può anche essere inclinato (clinograf). La consolle o quadro dei comandi
è una parte dell’apparecchio radiografco, di solito, staccata e sistemata dietro
una barriera radio-protettiva o in un locale schermato con Piombo. Sulla
consolle è possibile regolare i diversi parametri dell’esposizione radiografca:
kV, mAs, mA e distanza fuoco-rivelatore (FDD, Focus Detector Distance).
Il tavolo radiografco orizzontale o trocostratigrafo consente esami di
radiodiagnostica su pazienti in decubito orizzontale, il lettino è formato da un
materiale plastico radiotrasparente di 5-6 mm, lungo circa 220 cm, largo circa
85cm, è mobile sia longitudinalmente sia lateralmente tramite pedali sottostanti
il lettino stesso. In questo modo è possibile centrare il più precisamente
possibile la parte anatomica da indagare. Il lettino porta-paziente è dotato di un
porta-cassette radiografche di dimensioni variabili tra 12cmx18cm e
35cmx43cm (per esami all'addome e al torace). L'apparecchio è dotato anche di
un Potter-Bucky contenente la griglia anti-diffusione e di un eventuale ferma-
testa.
Le griglie radiografche anti-diffusione vengono poste tra il paziente e la
cassetta radiografca e hanno l'importante scopo di evitare che la radiazione
diffusa dovuta all'effetto Compton raggiunga la cassetta radiologica e
diminuisca il contrasto dell'immagine. Per le riprese radiografche e
23
Page 28
radiotomografche il tavolo orizzontale è associato ad uno stativo laterale o a
uno pensile.
Il tavolo ribaltabile è adatto particolarmente ad eseguire esami
radiodiagnostici in posizione ortostatica, decubito orizzontale o obliquo o in
posizione di trendelenburg (paziente supino o prono con la testa più in basso
rispetto alle gambe). Questa tipologia di tavolo radiologico si presta a quegli
esami diagnostici atti a cercare di riscontrare patologie o disturbi che si
manifestano più chiaramente in quelle particolari posizioni, anche in questo
caso viene utilizzata una griglia anti-diffusione Potter-Bucky con porta-cassette
autocentrante.
Per quanto riguarda gli stativi, lo stativo a colonna porta il complesso
radiogeno e può assumere varie posizioni e assetti per la realizzazione di
molteplici proiezioni radiografche. E' costituito da una struttura tubolare a
sviluppo verticale alta circa 250 cm scorrevole su rotaie a pavimento e a sofftto
o su di un'unica rotaia a pavimento. La colonna porta un carrello mobile
verticalmente che sostiene il braccio che può scorrere trasversalmente in
direzione ortogonale a quella del movimento della colonna stessa. Questo
stativo permette così di regolare la distanza fuoco-detector FDD e di centrare il
fascio nel modo più corretto.
I movimenti dello stativo a colonna si ottengono manualmente tramite pulsanti
di comando posti vicino alla guaina radiogena.
Lo stativo pensile è uno stativo contenente il complesso radiogeno
completamente sospeso al sofftto ed è costituito da un sistema colonna-carrello
che permette spostamenti verticali e traslazioni in direzioni ortogonali su rotaie
fssate al sofftto. Lo stativo pensile consente una superfcie esplorabile del
fascio X maggiore di quella esplorabile con lo stativo a colonna grazie
all'estensione della rotaie a sofftto. Questa estensibilità dà la possibilità di usare
lo stativo pensile su più lettini radiologici eventualmente presenti nella sala. I
movimenti dello stativo nelle due direzioni ortogonali avvengono manualmente
tramite sblocco di freni elettromagnetici.
Il teleradiografo ha la funzione di sostenere una cassetta radiografca e
un eventuale griglia anti-diffusione per effettuare radiografe al torace o alla
colonna vertebrale, è possibile posizionare sotto il teleradiografo una pedana
per sollevare bambini o pazienti di bassa statura. Il dispositivo può essere
dotato di un Potter-Bucky con griglia anti-diffusione mobile e porta-cassette con
24
Page 29
formato fno a 35cmx43cm ed eventuale camera per esposizione automatica. Per
quanto riguarda le tecniche di imaging radiologico in questi anni si è assistito al
passaggio dai rivelatori analogici (sistemi schermo-pellicola) a quelli digitali
(Computed Radiography fno alla più recente Direct Radiography): queste
ultime due modalità di rivelazione dell'immagine verranno descritte
dettagliatamente nel seguito.
3.2 Radiografia computerizzata - Computed Radiography
La radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) anche
conosciuta col nome di PSP-photostimolable phosphor imaging o storage
phosphor imaging viene introdotta nel 1983. Il processo di immagazzinamento
e acquisizione dell'immagine della CR può essere schematizzato in 5 fasi:
esposizione e intercettazione dell’imaging plate (IP) da parte del fascio, lettura
dell'IP, amplifcazione del segnale tramite un tubo fotomoltiplicatore PMT,
perfezionamento dell'immagine tramite variazione della scala dei contrasti e
visualizzazione sul monitor.
I plate utilizzati in computed radiography sono costituiti di fosfori di
alogenuri di bario drogati con ioni di Europio: BaFX:Eu2+ ad esempio BaFBr:Eu2+
e BaFI:Eu2+. Gli ioni di Europio sostituiscono alcuni ioni di Bario. Quando il
fascio di raggi X incide sull'IP (Imaging Plate) l'Eu2+ transita in uno stato
eccitato Eu3+ e si creano coppie elettrone-lacuna. Gli elettroni liberati vengono
“immagazzinati” in strutture interne al cristallo dette centri di colore o centri-F
(dal tedesco forbe=colore poiché questi centri danno colore al materiale). Proprio
a causa dell'immagazzinamento questo sistema è anche chiamato storage
phosphor imaging. Il numero di elettroni intrappolati nei centri-F è
proporzionale al numero di raggi X incidenti. Gli elettroni situati nei centri F
formano così un'immagine latente che deve essere tradotta in luminescenza
foto-stimolata grazie ad un fascio laser. Solitamente vengono utilizzati a questo
scopo laser HeNe (elio-neon λ=633 nm) o laser a diodi (λ=680 nm) con
un'energia di almeno 2 eV che colpiscono gli elettroni eccitandoli. Alcuni
elettroni eccitati (pochi) ritornano nel centro-F, gli altri passano nel complesso
Eu3+ che decade rapidamente nel più stabile livello Eu2+, questo decadimento
25
Page 30
provoca l'emissione di luce con energia di 3 eV (λ=410 nm) (Figura 6).
Figura - 6: schema di un processo di PSL (AAPM 2006).
L'IP viene inserito all'interno dello scanner e viene fatto scorrere in avanti: la
luce laser viene convogliata in modo che colpisca il plate ortogonalmente al suo
senso di scorrimento, fnita la scansione di una riga il plate scorre e il laser
scansiona la riga successiva. Inizialmente il laser incide su di uno specchio
rotante a otto facce e in piccola parte su di un rivelatore che ne monitora la
qualità. Poiché l’intensità della luce emessa dall’IP dipende dalla potenza del
laser, il rivelatore di riferimento serve a individuare possibili futtuazioni di
intensità del raggio stesso ed eventualmente compensarle.
Lo specchio rotante fa incidere il laser contro un sistema di lenti cilindriche che
consente una maggiore uniformità del fascio incidente sul plate. È molto
importante anche la velocità con cui il laser scansiona i diversi punti della
superfcie e questo deve tener conto del tempo in cui decade la risposta
luminescenza del plate, all'incirca 0.7-0.8 μs. La quantità di elettroni estratti
dipende dalla potenza del fascio e si potrebbe quindi pensare all'utilizzo di un
laser con potenza maggiore, ma questa soluzione presenta un lato fortemente
negativo: la perdita di risoluzione spaziale (il laser è più penetrante, aumenta la
radiazione diffusa e il ritardo nel decadimento produce sfocature).
Per la conversione della luminescenza in segnale elettrico la luce emessa
viene incanalata verso il fotocatodo di un fotomoltiplicatore. Il fotocatodo
sfrutta l'effetto fotoelettrico per convertire i fotoni incidenti in corrente di
elettroni, gli elettroni emessi dal fotocatodo sono accelerati e amplifcati
mediante una serie di dinodi i quali generano in uscita un segnale elettrico
26
Page 31
continuo. Agendo sul voltaggio applicato ai dinodi, è possibile regolare il
guadagno del PMT. Alcuni moderni sistemi convogliano la luce emessa tramite
PSL (PSL, Photostimulated Luminescence) dall'IP su un CCD (Charge Coupled
Device) che converte in corrente e digitalizza il segnale; l'uso di questi fotodiodi
rende questo tipo di CR competitivo con la più moderna DR (Direct
Radiography).
La digitalizzazione del segnale avviene in due step: il segnale viene
campionato e quantizzato. Il campionamento determina la localizzazione e la
dimensione del segnale PSL proveniente dal PSP (PSP, Photostimulable
Phosphor), la quantizzazione determina il valore medio dell'ampiezza del
segnale dentro il campione (AAPM 2006). Al fne di ottenere pixel quadrati, le
dimensioni di campionamento lungo la scan-direction (trascinamento del plate)
e la sub-scan direction (direzione di scorrimento del pennello del laser) devono
coincidere.
La parte di pre-elaborazione dell'immagine anche chiamata di shading o
di fat-felding serve a ridurre la sensibilità della guida di luce. L'effcienza di
raccolta è attenuata ai bordi del plate perché la guida di luce non campiona
nello stesso modo in cui campiona al centro: queste non uniformità vengono
corrette da dispositivi interni ad ogni apparecchio, dopodiché l'immagine
corretta è mandata sul monitor.
3.3 Radiografia diretta - Direct Radiography
La radiografa diretta (DR, Direct Radiograghy) è la tecnica di imaging
radiologico più moderna e vede il suo sviluppo alla fne del 20-esimo secolo. La
DR richiede apparecchiature dedicate: proprio per questo sostituirla alla
radiografa computerizzata risulta spesso costoso, ha però il vantaggio di
diminuire la dose fornita al paziente senza perdere nella qualità dell'immagine.
I sistemi di rivelazione della DR si dividono in due categorie: diretti ed
indiretti. I sistemi diretti convertono direttamente i raggi X incidenti in carica
elettrica, mentre i rivelatori indiretti necessitano di uno scintillatone che
trasformi i raggi X in luce visibile che viene poi convertita in corrente elettrica. I
sistemi di conversione diretta utilizzano un foto-conduttore di Selenio amorfo a-
27
Page 32
Se sul quale incidono direttamente i raggi X e una matrice di transistor a
pellicola sottile come nel caso della DR a conversione indiretta. Prima
dell'esposizione del dispositivo ai raggi X viene applicata una differenza di
potenziale all'elettrodo posto sulla parte superiore del Selenio che crea un
campo elettrico attraverso il selenio amorfo; per separare l'elettrodo dal Selenio
viene posto un materiale dielettrico. Quando i raggi X colpiscono il Selenio c'è
la formazione di coppie lacuna-elettrone e le cariche vengono separate sotto
l'infuenza del campo elettrico. Le cariche negative migrano verso l'elettrodo
positivo in superfcie, le cariche positive migrano verso l'elettrodo negativo e
vengono immagazzinate all'interno di condensatori formando l'immagine
latente che viene letta nello stesso modo in cui viene letta l'immagine della
conversione indiretta (Cowen et al 2008).
I sistemi di rivelazione indiretti utilizzati per primi furono quelli basati
sui CCD. I CCD o dispositivi a carica accoppiata furono inventati nei laboratori
Bell nel 1969 e la loro scoperta valse a Bill Boyle e George Smith il premio Nobel
per la fsica nel 2009. Sono sostanzialmente dei transistor MOSFET (metal-
oxide-semiconductor-FET) con numerosi gate. Lo scintillatore è unito al CCD
tramite accoppiamenti ottici per ridurre le dimensioni del fascio di luce visibile
proveniente dallo scintillatone (Figura 7). Vengono usati sia sistemi di lenti sia
rastrematori alle fbre ottiche. Le lenti possono creare distorsioni geometriche e
riduzione della risoluzione spaziale: questi problemi vengono eliminati con
l'uso delle fbre ottiche (Chotas et al 1999).
Figura - 7: schema di conversione indiretta con CCD
Attualmente la modalità di conversione indiretta maggiormente adottata dalle
ditte costruttrici di apparecchiature radiologiche è quella che utilizza uno
scintillatore di ioduro di cesio attivato al tallio (CsI:Tl) che è un eccellente
28
Page 33
assorbitore. Lo scintillatore converte i raggi X in luce visibile che incide su una
matrice di fotodiodi di Silicio amorfo idrogenato a-Si:H. Il silicio amorfo è la
forma allotropica non cristallina del silicio, a livello atomico presenta a lungo
range una struttura disordinata, così ha il vantaggio di essere un materiale
immune ai danni delle radiazioni X.
Figura 8: schema di un detettore a conversione indiretta (Cowen et al 2008)
Come mostrato in Figura 8 c'è una matrice di fotodiodi che converte la luce
visibile in carica elettrica, sotto di essa si trova una matrice (AMA, Active
Matrix Array) di transistor a pellicola sottile (TFT, thin-flm transistor), ogni
transistor ha tre elettrodi: source (emettitore), gate (base) e drain (collettore) e
ogni pixel corrisponde all'elettrodo drain ed è connesso ad un capacitore dove
la carica si accumula (Figura 9). Le righe connettono i gate dei TFT e le colonne
connettono i source: durante l'esposizione del paziente ai raggi X i gates sono
chiusi e la carica si immagazzina nei capacitori. Al termine dell'esposizione, per
leggere la riga, si varia il potenziale del gate. Source e drain (i due terminali ai
capi del canale di conduzione nel transistor) sono in contatto e i pixel di ogni
riga scaricano la carica accumulata, i dati vengono messi in serie da un
Multiplexer (un dispositivo con la funzione di selezionare uno tra N dati
presenti all'ingresso e di trasmettere il dato prescelto su una singola linea di
uscita) e il segnale è inviato ad un convertitore analogico-digitale (ADC).
La matrice attiva corrisponde ad una matrice di circa 3001x3001 pixel
(9006001 pixel). Ogni pixel è caratterizzato dalla sua posizione lungo x e y e da
un valore di grigio che esprime l'attenuazione del fascio. I livelli di grigio sono
espressi in bit, se vi sono 12 bit si possono avere 212 diversi livelli di grigio.
Normalmente i rivelatori DR hanno 16384 livelli di grigio (214): maggiore è il
29
Page 34
numero di bit disponibili maggiore è il range dinamico.
Figura 9: schema di lettura di una AMA (AIFM 2009).
I miglioramenti più recenti nel campo dei detettori DR consistono
nell'uso di detettori portatili dotati di wif, che permettono un trasferimento
dati più veloce e senza fli e per questi detterori viene usato uno scintillatore di
ioduro di Cesio attivato al Tallio (CsI:Tl), come per i rivelatori DR a conversione
indiretta.
Per concludere, la qualità dell'immagine prodotta dai vari dispositivi
(apparecchiature CR e sistemi DR sia a conversione diretta sia indiretta) può
essere valutata tramite dei parametri fsici come il range dinamico, la
risoluzione spaziale (MTF) e l'effcienza di detezione quantica (DQE, Detective
Quantum Effciency). Il range dinamico è il rapporto tra la massima dose in
entrata e la minima dose in entrata rilevata. Di solito il suo valore è 104:1 sia per
la DR (diretta ed indiretta) sia per la CR. Il valore massimo è determinato dalla
massima carica immagazzinabile dai pixel: per un sistema di conversione
indiretta è tra gli 80 e i 100 μGy, mentre il minimo valore di dose è dato dal
grado di rumore derivante dalla matrice attiva e dalla lettura ed è tra i 20 e i 50
nGy. La MTF (Modulation Transfer Function) dice ad ogni frequenza spaziale
qual è il valore della frazione di contrasto apprezzabile su un'immagine.
La DQE è il parametro più signifcativo per valutare i rivelatori fnora
descritti ed è defnita come:
30
Page 35
DQEdetector=SNRdetector2
SNRinput2
(3.1)
dove SNR è il rapporto segnale-rumore.
0≤DQEdetector≤1
(3.2)
I detettori allo stato solido a conversione indiretta hanno un'effcacia compresa
tra 0.6 e 0.7, quelli a conversione diretta e quelli della CR all'incirca 0.35 (Cowen
et al 2008) (Figura 10).
Le apparecchiature DR hanno lo svantaggio, rispetto a quelle CR, di aver
bisogno di attrezzature dedicate e questo le rende più dispendiose, d'altro canto
ai fni radio-protezionistici è importante anche limitare la dose al paziente pur
mantenendo la qualità dell'immagine ai fni diagnostici. I sistemi DR a
conversione indiretta hanno mostrato valori di DQE pari a 0.6-0.7: performance
molto superiori rispetto a quelle dei sistemi a conversione diretta e dei sistemi
CR. I valori di DQE della DR a conversione indiretta hanno una fondamentale
conseguenza: consentono la riduzione della dose al paziente. Per questa ragione
negli ultimi anni i dispositivi DR a conversione indiretta sono quelli più usati,
anche se quelli a conversione diretta sono tutt'ora utilizzati negli esami
mammografci (Cowen et al 2008).
Figura 10: comparazione tra lo spettro DQE nella DR a conversione diretta, indiretta e
CR (Cowen et al 2008).
31
Page 36
3.4 Strumenti di misura
I dosimetri sono gli strumenti adibiti alla misura della dose e sono
composti da due parti: un rivelatore ed un apparecchio di misura; si
differenziano tra loro per la diversità di interazione tra la radiazione e il
rivelatore. Si possono distinguere tre categorie di rivelatori: i rivelatori a gas
(camere a ionizzazione, contatori proporzionali e contatori Geiger-Mueller), i
rivelatori a scintillazione ed i rivelatori a semiconduttore. I rivelatori a gas sono
costituiti da una camera riempita di gas (gas nobile o aria) attraversata al suo
interno da un elettrodo isolato rispetto alle pareti della camera. Tra elettrodo
centrale e pareti della camera, tramite una resistenza esterna, viene applicata
una differenza di potenziale che genera un campo elettrico. Quando un fotone
entra in contatto con il gas origina una ionizzazione secondaria a causa
dell'effetto fotoelettrico o dello scattering Compton e, sotto effetto del campo
elettrico, gli elettroni vanno verso l'elettrodo positivo e gli ioni positivi verso
l'elettrodo negativo.
Figura 11: grafico degli ioni raccolti ad elettrodo al variare della tensione.
Come mostrato in Figura 11 se la tensione applicata è troppo bassa la maggior
parte delle cariche formatesi si ricombina e non raggiunge gli elettrodi, nel
grafco tensione-numero di ioni raccolti agli elettrodi questa regione è chiamata
di ricombinazione prima della raccolta. Aumentando la tensione si raggiunge la
zona di saturazione ionica, nella quale si verifca la raccolta completa delle
32
Page 37
coppie elettrone-ione: è in questa regione che opera la camera a ionizzazione. Se
si accresce ulteriormente la tensione, gli elettroni secondari vengono accelerati
al punto tale da creare ulteriore ionizzazione nel gas e nei pressi dell'anodo
avviene un effetto a valanga (Effetto Townsend). Questa regione è detta di
proporzionalità vera ed è la regione di funzionamento del contatore
proporzionale. Un successivo, ulteriore, accrescimento della tensione applicata
porta ad aumento della moltiplicazione e ad un impedimento alla raccolta degli
elettroni sull'anodo da parte degli ioni positivi, che sono più lenti. Questa
regione è detta di proporzionalità limitata. Per tensioni ancora più elevate si
producono reazioni a catena lungo tutto l'anodo e non solo in alcuni punti
dell'anodo come avveniva per l'effetto Townsend: in questa regione opera il
contatore Geiger-Mueller.
I rivelatori a scintillazione (Figura 12) sono composti da un materiale
scintillante accoppiato ad un fotomoltiplicatore (o ad un fotodiodo) e possono
essere suddivisi in tre parti: lo scintillatore, dove avviene l'interazione con la
radiazione e l'emissione di luce visibile, la guida di luce o accoppiamento ottico
che raccoglie la luce di scintillazione e il tubo foto-moltiplicatore, nel quale i
fotoni vengono trasformati in segnale elettrico e il segnale è amplifcato. La
radiazione incidente colpisce lo scintillatore cedendo in parte, o totalmente, la
sua energia cinetica e gli atomi eccitati, diseccitatosi, emettono energia sotto
forma di radiazione visibile. Lo scintillatore e il tubo fotomoltiplicatore sono
accoppiati mediante una guida di luce composta di un materiale con lo stesso
indice di rifrazione del materiale scintillante affnché tutta la luce proveniente
da esso arrivi al fotocatodo che, grazie all'effetto fotoelettrico, converte la luce
visibile in corrente. Il fotomoltiplicatore amplifca il debole segnale generatosi
con una serie di elettrodi al suo interno, a diverso potenziale, che accelerano gli
elettroni.
Figura 12: schema di un rivelatore a scintillazione.
33
Page 38
I rivelatori a semiconduttore sono costituiti da materiale semiconduttore
racchiuso tra due elettrodi connessi ad un generatore di tensione.
Nel semiconduttore sono presenti una banda di valenza nella quale gli elettroni
sono legati dentro il reticolo e una banda di conduzione nella quale sono liberi
di muoversi; le due bande sono separate da un livello energetico proibito. Un
fotone incidente sul cristallo fa muovere gli elettroni dalla banda di valenza a
quella di conduzione tramite effetto fotoelettrico, effetto Compton o creazione
di coppie. Le coppie elettrone-lacuna così formatesi vengono raccolte sugli
elettrodi grazie al campo elettrico generato dalla differenza di potenziale
applicata ai capi di essi, questa carica raccolta dà luogo a un segnale elettrico. Il
segnale elettrico è proporzionale all'energia ceduta al materiale semiconduttore
da parte del fotone γ. Per la realizzazione di questi dosimetri si possono
utilizzare semiconduttori intrinseci (Silicio e Germanio) o semiconduttori
estrinseci (cioè semiconduttori intrinseci drogati), all'interno di questi ultimi
vengono inserite delle impurità consistenti in atomi pentavalenti (donatori) o
trivalenti (accettori) che ne alterano le proprietà. Se si aggiunge un atomo
pentavalente otteniamo un semiconduttore di tipo n, se aggiungiamo un atomo
trivalente otteniamo un semiconduttore di tipo p. Gli impulsi elettrici che
fuoriescono dal rivelatore devono essere amplifcati.
I dosimetri utilizzati in questa tesi per effettuare le misure di dose sui
fantocci antropomorf sono il Radcal60cc per ESD, l'Unfors ThinX RAD per la
misura Kin e il dosimetro Unfors 510 per la misura di Kout (Figura 13).
Figura 13: i tre dosimetri utilizzati: camera a ionizzazione e dosimetri a stato solido.
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Il dosimetro Radcal60cc è una camera a ionizzazione con pareti in policarbonato
e rivestimento esterno in grafte conduttiva (Figura 14, 15), le cui caratteristiche
tecniche sono elencate in Tabella 5.
Figura 14: camera a ionizzazione Radcal60cc.
Tabella 5: caratteristiche tecniche Radcal60cc.
Radcal60cc
Rateo di dose 0.01 mR/min fno a 80 R/min
Dose 0.1μR fno a 7 kR
Auto dose 60mR/min soglia
Cine 0.1μR/f
Risoluzione 0.01mR/min e 0.5% or 0.1μR
Dipendenza dall'energia ±5%, 20 keV fno a 1.33 MeV
Dipendenza dal rateo ±5%, 0.002 R/min fno a 200 R/min
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Figura 15: rivelatore Radcal60cc.
I dispositivi Unfors ThinX RAD e Unfors 510 (Figura 16) sono entrambi
dosimetri a stato solido. L'Unfors Thinx RAD ha la peculiarità di essere
schermato per la radiazione diffusa, mentre il Radcal60cc non lo è. Anche i
rivelatori dell'Unfors 510 hanno, al loro interno, la faccia inferiore schermata
con uno rivestimento di Piombo per impedire alla radiazione di backscatter di
infuenzare la misura, la caratteristiche tecniche dell'Unfors 510 sono elencate in
Tabella 6.
Figura 16: dosimetri a stato solido: Unfors 510 e Unfors ThinX RAD.
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I dosimetri allo stato solido hanno il vantaggio di minimizzare i problemi
legati alla dipendenza dall'energia e possiedono rivelatori meccanicamente
stabili, il che li rende meno fragili rispetto alle camere a ionizzazione. L'elevata
sensibilità alle radiazioni del volume di Silicio permette di avere rivelatori di
piccole dimensioni. Questi dosimetri non necessitano di tensione di
polarizzazione e, oltre a ciò, i rivelatori al Silicio sono realizzati in modo che le
misure di dose siano indipendenti da pressione e temperatura.
Tabella 6: caratteristiche tecniche Unfors 510 per misure di dose.
Unfors 510 misure di dose
Riproducibilità <1% per il rateo di dose>1μGy/s<5% per il rateo di dose <1μGy/s
Unità di misura Gray o Roentgen
Dipendenza dalla pressione <0.1%
Dipendenza dalla temperatura <0.1%
Dipendenza dalla diffusione <1%
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Capitolo 4 Verifica della dose al paziente eseguita su fantocci antropomorfi
4.1 Fantocci antropomorfi
Le verifche di dose superfciale in entrata possono essere effettuate o
direttamente sui pazienti o sui fantocci: i fantocci possono essere antropomorf
(possiedono aspetto e conformazione interna simili al corpo umano), fsici
(corrispondenti ad un singolo blocco di materiale) e matematici. In questa tesi
sono stati utilizzati tre fantocci antropomorf e questa scelta ha permesso di
evitare dosi al paziente. Inoltre i fantocci antropomorf, rispetto alle altre
tipologie riescono a simulare bene l'anatomia umana e di conseguenza
l'attenuazione data dalle ossa, dall'aria e dagli organi. Al loro interno sono
riprodotte fedelmente le densità e la morfologia come si vede bene nella Figura
17 del cranio 3M utilizzato.
Figura 17: cranio 3M.
39
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I fantocci antropomorf rappresentano un maschio medio, alto 175 cm,
con un peso di 74 kg. Questi fantocci sono robusti, facilmente trasportabili e
composti in parte di un materiale equivalente ai tessuti molli, in parte da una
struttura scheletrica, che originariamente era realizzata con ossa umane. Quelli
utilizzati in questa tesi hanno una struttura scheletrica artifciale che riproduce
le interazioni con le radiazioni sia del tessuto trabecolare sia del tessuto
corticale dell'osso (come standardizzato dall'ICRU), il che li rende preferibili
perfno a scheletri provenienti da cadaveri umani, che spesso, a causa della
disidratazione cui sono sottoposti, perdono la loro radio-equivalenza con ossa
“vive”.
Figura 18: torace RSD-77SPL (Radiology Support Device).
La realizzazione del fantoccio, per quanto riguarda la struttura ossea, è
molto dettagliata: il cranio mostra una fgura altamente particolareggiata in cui
sono visibili il seno frontale e sfenoidale, le cavità etmoidali e mastoidali e le
piccole ossa del canale uditivo.
40
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Nel fantoccio torace (Figura 18) i polmoni sono modellati su schiuma di
materiale equivalente al tessuto, con la densità di massa di polmoni umani
gonfati e sono collegati alla cavità oro-nasale dal tronco dei bronchi e dalla
trachea, la faringe è riempita con una schiuma simile all'aria. Il fantoccio
dell'addome (Figura 19) contiene: lo stomaco, la cistifellea, la vescica, i reni, il
retto ed il sigma.
Figura 19: addome RSD 113.
41
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4.2 Esami di radiologia proiettiva analizzati
Il lavoro di questa tesi è stato dedicato alla verifca degli indicatori
dosimetrici negli esami più comuni di radiologia proiettiva e, a questo scopo,
abbiamo eseguito misure di dose in entrata con backscatter (ESD) e senza
backscatter (Kin) e misure di dose in uscita (Kout) dal fantoccio utilizzando i
dosimetri descritti nel paragrafo 3.4. Le misure sono state effettuate utilizzando
tre fantocci antropomorf all'interno di alcune sale radiologiche del Policlinico
Sant'Orsola-Malpighi, in due Unità Operative: Radiologia Golferi Albertoni,
Radiologia Golferi Palagi. La nostra attività è stata svolta tra novembre 2012 e
febbraio 2013 conformemente alla disponibilità delle sale e, cosa molto
importante, organizzando le misure in orari nei quali il nostro lavoro non fosse
di intralcio al normale svolgimento delle attività ospedaliere. Le sale esaminate
sono fornite di apparecchiature CR (descritte al paragrafo 3.2), DR (descritte al
paragrafo 3.3) e, alcune, di entrambe. Nella Sala 1 (Pad. Palagi) e nelle Sale 1 e 3
(Pad. Alb.) i dispositivi CR e/o DR sono dotati di esposimetro automatico
(AEC, Automatic Exposure Control) il cui utilizzo, per alcune proiezioni, era
indicato come opportuno. Un esposimetro automatico è composto
sostanzialmente da un rivelatore di dose (a ionizzazione o a stato solido) posto
tra paziente e porta-cassette che consente di modifcare parametri come mA, kV
e tempi in base allo spessore del paziente: si raggiunge così la dose voluta per
l'ottenimento dell'immagine senza fornire una dose inutile al paziente. Gli
esami di radiologia proiettiva, effettuati nelle proiezioni indicate nei moduli di
riferimento, coinvolgono il cranio nella posizione Antero-Posteriore (AP) e
Laterale (LAT), il torace Postero-Anteriore (PA) e LAT, l'addome AP e LAT, il
rachide lombare AP e LAT, il rachide lombo-sacrale AP e LAT, la pelvi AP ed il
tratto urinario (urografa) in posizione AP. Gli esami al torace si effettuano
abitualmente in posizione PA per evitare di irraggiare eccessivamente il cuore
che è un organo radio-sensibile.
42
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4.3 Misure di dose sui fantocci
In fase di esecuzione delle misure si sono innanzitutto collocati i fantocci
antropomorf sopra il lettino radiologico come se fossero pazienti veri, il fascio
di raggi X è stato centrato nel punto esatto segnato sul fantoccio muovendo
manualmente lo stativo e infne i fantocci sono stati fssati accuratamente con
nastro adesivo affnché non si muovessero durante la raccolta dati e, cosa non
meno importante, non si danneggiassero cadendo (Figura 20).
Figura 20: cranio 3M in posizione AP con le camere Radcal60cc e Unfors ThinX RAD
posizionate sopra.
Dopo aver centrato il fascio sul fantoccio ed aver posizionato il tubo
radiogeno alla distanza indicata sul modulo (FDD, focus-detector distance) si
sono collocate sopra il fantoccio la camera Radcal60cc (per la misura di ESD)
insieme al dosimetro Unfors ThinX RAD (per la misure di Kin), fssandoli con
adesivo e stabilizzandoli con garze in modo che fossero perpendicolari al fascio
di raggi X e avessero il rivelatore al centro del campo (Figura 20). Dopodiché è
stata misurata la distanza fuoco-cute (FSD, Focus-Skin Distance) partendo dalla
posizione del fuoco nel tubo radiogeno. Quando gli esami che coinvolgono il
torace sono stati svolti in sale provviste di stativo pensile, il torace è stato
appoggiato su di un supporto (un carrello o un tavolo) come fosse un paziente
in posizione ortostatica e dopo aver centrato il fascio sono state eseguite le
misurazioni come fatto con i fantocci “sdraiati” sul lettino. Alla fne il rivelatore
43
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dell'Unfors 510 è stato fssato con l'adesivo sotto il fantoccio posizionandolo
sull'asse centrale del fascio (Figura 21) e sono stati impostati sul tavolo di
comando dell'apparecchiatura radiologica i valori fornitici.
Figura 21: torace RSD-77SPL con esposimetri fissati.
I valori che sono stati impostati per gli esami dei vari distretti corporei, in
ognuna della proiezioni studiate, sono quelli usati nella pratica clinica su un
“paziente standard” e sono stati forniti dal Responsabile dell'impianto
radiologico in collaborazione con il personale Tecnico Sanitario di Radiologia
Medica che esegue le procedure compilando un questionario appositamente
predisposto dall'Esperto in Fisica Medica. I principali valori da impostare sono
la tensione (kV), la corrente (mA), il prodotto corrente-tempo (mAs), la distanza
fuoco-detector (FDD) e il formato della cassetta eventualmente utilizzata con
l'esposimetro automatico. I valori selezionati al tavolo di comando sono elencati
in Tabella 7. Ogni esposizione è stata eseguita con fuoco grande. I valori letti dai
dosimetri dopo l'esposizione dei fantocci sono riportati nelle ultime colonne di
Tabella 7.
44
Page 49
Per ogni esame è stata fatta una esposizione per evitare di causare il
danneggiamento del tubo radiogeno, che ha una funzione clinica e non è fatto
apposta per eseguirvi misure. Tutti gli apparecchi radiologici sono controllati
annualmente ai sensi del D.Lgs 187/00 per verifcare, tra gli altri parametri, la
riproducibilità dell'output del tubo radiogeno (inteso come Kerma in aria per
unità di prodotto corrente x tempo, misurato sull'asse centrale del fascio a 75cm
dalla macchia focale) e la linearità dei mAs impostati per diverse combinazioni
di corrente e tempi.
Figura 22: immagine del cranio in posizione laterale ottenuta con apparecchiatura DR.
Il coeffciente di variazione dell'output (cioè la deviazione standard di più
misure di output consecutive normalizzata alla media delle misure stesse, a
parità di tensione, mA e s impostati) è risultato essere inferiore al 5% per tutte le
apparecchiature considerate. Analogamente il coeffciente di linearità dei mAs,
ottenuto misurando l'output a parità di tensione, ma cambiando il valore dei
mAs, è risultato <5% per ogni apparecchiature usata in questa tesi.
45
Page 50
Due esempi delle immagini radiologiche ottenute sono riportati nelle Figure 22
e 23 per i fantocci cranio e torace rispettivamente.
Figura 23: immagine del torace RSD-77SPL in posizione PA ottenuta con un sistema
DR.
46
Page 51
Tabella 7: valori impostati su tavolo di comando e misure grezze di ESD, Kin,
Kout (nella colonna “Sala”:P=Padiglione Palagi, A=Padiglione Albertoni).
continua
47
Sala Apparecchio Tensione t I FSD FDD
[kV] [mA] [mAs] [cm] [cm] [mGy] [mGy] [μGy]Cranio APCR P1 70 250 100 25 75 100 2.25 1.8 21.07CR AEC P1 94 425 12 5.1 75 100 0.78 0.70 12.91CR P4 Stratigrafo 80 250 100 25 81 107 1.88 1.75 20.25DR P4 Stratigrafo 75 200 100 20 81 107 1.43 1.28 16.23CR A1 Stratigrafo 80 250 100 25 80 100 2.91 2.71 39.34CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 80 100 1.18 1.1 15.85CR A2 Pensile 80 200 100 20 82 100 1.32 1.11 21.04DR A3 DR 77 125 100 12.5 85 110 1.05 N/A 12.70DR AEC A3 DR 77 7.9 608 4.8 82 110 0.42 N/A 4.94CR A4 Stat. a col. 70 250 100 25 91 100 1.10 1.09 11.52
CR P1 70 200 100 20 77 100 1.65 1.5 33.84CR AEC P1 94 420 10 4.2 77 100 0.56 0.55 18.84CR P4 Stratigrafo 80 200 100 20 84 107 1.61 1.41 40.61DR P4 Stratigrafo 70 200 100 20 84 107 1.19 1.04 23.07CR A1 80 200 100 20 82 100 2.11 2.02 51.12CR AEC A1 80 63 160 10.08 82 100 1.06 1.03 26.80CR A2 Pensile 78 200 100 20 86 100 1.14 1.02 38.08DR A3 DR 70 13.8 899 12.4 88 110 0.84 0.82 20.39DR AEC A3 DR 70 6.5 877 5.7 88 110 0.35 N/A 9.13CR A4 Stat. a col. 70 200 100 20 97 100 0.84 0.80 20.78
CR P1 Pensile 86 16 100 1.6 100 120 0.11 0.09 2.23CR P3 125 66 100 6.6 105 125 0.94 0.82 38.57CR P4 Stratigrafo 125 50 100 5 121 150 0.53 0.43 16.53DR P4 Stratigrafo 110 40 100 4 121 150 0.33 0.27 8.48CR A1 Pensile 100 16 100 1.6 75 100 0.41 0.37 6.21 CR A2 Pensile 120 50 100 5 125 150 0.40 0.32 17.80DR A3 DR 125 20 115 2.3 128 150 0.27 0.22 9.99DR AEC A3 DR 125 3.4 500 1.7 121 150 0.22 N/A 8.94
CR P3 125 53 100 5 91 135 1.00 0.95 1.87CR P4 Stratigrafo 125 80 100 8 108 150 1.06 0.88 19.75DR P4 Stratigrafo 115 63 100 6.3 108 150 0.70 0.58 11.46CR A2 Pensile 125 80 100 8 115 150 0.76 0.63 22.39DR A3 DR 125 20 490 9.8 115 150 1.42 1.21 39.85DR AEC A3 DR 125 7.7 442 3.4 107 150 0.56 N/A 6.00
CR P1 80 320 100 32 65 100 5.29 4.72 45.60CR AEC P1 80 65 522 33.9 65 100 5.25 4.94 42.39CR P4 Stratigrafo 80 320 100 32 67 100 4.35 3.58 33.91DR P4 Stratigrafo 75 250 100 25 67 100 2.95 2.44 19.90CR A1 80 320 100 32 70 100 4.98 4.19 30.27CR AEC A1 80 N/A 160 N/A 70 100 4.32 3.64 31.22CR A2 Pensile 85 250 100 25 88 100 1.67 1.4 16.62DR A3 DR 77 25 796 19.9 88 100 1.86 1.64 13.84DR AEC A3 DR 77 27.1 823 22.3 75 110 2.69 2.46 16.72CR A4 Stat. a col. 80 400 100 40 64 100 4.15 3.41 38.99
CR P1 90 400 100 40 65 100 9.37 7.69 39.33CR AEC P1 80 56 514 28.8 65 100 4.96 4.32 22.44CR P4 Stratigrafo 80 400 100 40 66 100 5.67 4.77 31.53DR P4 Stratigrafo 80 320 100 32 66 100 4.54 3.81 24.78CR A1 90 400 100 40 64 100 4.15 3.41 38.99CR AEC A1 90 N/A 125 N/A 64 100 9.06 7.76 35.17CR A2 Pensile 90 400 100 40 73 100 4.17 3.57 1.53DR A3 DR 77 25 796 19.9 70 100 4.76 3.88 30.38DR AEC A3 DR 77 49.4 826 40.8 70 110 2.75 2.06 10.89CR A4 Stat. a col. 85 630 100 63 62 100 5.94 N/A 15.97
Modalità Ixt ESD raw Kin
raw Kout
raw
[ms]
Telec.Telec.
Cranio LAT Telec.Telec.
Telec.Telec.
Torace PA
Chest changer
Torace LATChest changer
Addome APTelec.Telec.
Telec.Telec.
Addome LATTelec.Telec.
Telec.Telec.
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48
Sala Apparecchio Tensione t I FSD FDD
[kV] [mA] [mAs] [cm] [cm] [mGy] [mGy] [μGy]
CR P1 80 630 100 63 65 100 10.07 8.52 53.82CR AEC P1 80 102 479 48.9 65 100 7.65 6.65 49.10CR P4 Stratigrafo 80 630 100 63 70 100 7.63 6.36 51.90DR P4 Stratigrafo 80 400 100 40 70 100 4.88 4.06 33.65CR A1 Stratigrafo 80 630 100 63 73 100 9.45 7.66 44.60CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 73 100 9.62 8.03 45.74CR A2 Pensile 80 630 100 63 88 100 9.00 7.51 48.63DR A3 DR 77 100 125 12.5 88 100 3.63 3.00 31.04DR AEC A3 DR 77 38.4 823 31.6 76 110 1.14 0.99 7.19DR A4 Stat. a col. 80 630 100 63 68 100 3.86 3.38 21.81
CR P1 80 800 100 80 65 100 15.29 12.30 54.47CR AEC P1 80 80 484 38.7 65 100 7.08 5.92 21.61CR P4 Stratigrafo 80 800 100 80 66 100 11.88 10.00 49.52DR P4 Stratigrafo 80 630 100 63 66 100 9.39 7.92 39.41CR A1 Stratigrafo 90 800 100 80 67 100 6.68 5.40 51.81CR con AECA1 Stratigrafo 90 N/A 125 N/A 67 100 18.15 15.60 57.85CR A2 Pensile 85 630 100 63 78 100 6.97 5.98 29.61DR A3 DR 90 100 320 32 71 100 6.75 5.77 24.35DR AEC A3 DR 90 30.1 718 21.6 68 110 5.95 4.52 20.86CR A4 Stat. a col. 80 800 100 80 59 100 4.25 N/A 19.06
CR P1 80 630 100 63 65 100 10.07 8.52 53.53CR AEC P1 80 102 479 48.9 65 100 7.65 6.64 49.04CR P4 Stratigrafo 80 630 100 63 70 100 7.65 6.40 53.11DR P4 Stratigrafo 80 400 100 40 70 100 4.87 4.06 33.21CR A1 Stratigrafo 80 630 100 63 73 100 10.48 8.98 40.87CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 73 100 9.63 8.04 45.43CR A2 Pensile 80 630 100 63 88 100 9.05 7.75 48.61DR A3 DR 77 100 159 15.9 88 100 3.63 3.00 30.30DR con AECA3 DR 77 38.4 823 31.6 76 110 1.47 1.23 9.52CR A4 Stat. a col. 80 630 100 63 68 100 3.87 3.39 21.89Rachide lombo-sacraleLATCR P1 90 800 100 80 65 100 N/A 16.00 89.98CR AEC P1 90 56 404 22.6 65 100 5.31 4.45 21.01CR P4 Stratigrafo 85 800 100 80 100 100 13.63 11.50 63.95DR P4 Stratigrafo 85 630 100 63 66 100 10.73 9.02 50.13CR A1 Stratigrafo 90 800 100 80 67 100 6.71 5.42 51.93CR AEC A1 Stratigrafo 90 N/A 125 N/A 67 100 18.15 15.70 57.99CR A2 Pensile 85 800 100 80 78 100 6.97 5.97 29.75DR A3 DR 90 100 320 32 71 100 8.53 7.31 31.20DR AEC A3 DR 90 212 100 21.2 68 110 5.94 4.54 20.50CR A4 Stat. a col. 90 800 100 80 59 100 4.41 3.70 18.70
CR P4 Stratigrafo 80 250 100 25 70 100 3.22 2.69 20.69DR P4 Stratigrafo 75 200 100 20 70 100 2.28 1.91 12.51CR A1 Stratigrafo 80 250 100 25 72 100 3.82 3.12 15.91CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 72 100 10.29 8.38 48.50CR A2 Pensile 80 200 100 20 88 100 1.17 0.97 9.30DR A3 DR 77 25 796 19.9 88 100 1.84 1.60 10.36DR AEC A3 DR 77 39.9 825 2.9 78 110 3.93 3.41 20.56CR A4 Stat. a col. 80 250 100 25 65 100 2.59 2.12 18.15
CR P1 80 320 100 32 65 100 5.31 4.72 45.87CR AEC P1 80 65 522 33.9 65 100 5.27 4.94 42.39CR P4 Stratigrafo 80 320 100 32 67 100 4.36 3.59 34.14DR P4 Stratigrafo 80 250 100 25 67 100 3.42 2.80 26.70CR A1 Stratigrafo 80 320 100 32 70 100 5.01 4.20 30.42CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 70 100 4.29 3.61 31.21
Modalità Ixt ESD raw Kin
raw Kout
raw
[ms]Rachide lombare AP
Telerad.Telerad.
Rachide lombare LATTelerad.Telerad.
Rachide lombo-sacrale AP Telerad.Telerad.
Telerad.Telerad.
Pelvi AP
Urografia APTelerad.Telerad.
Page 53
Tutti gli strumenti di misura da noi utilizzati erano stati prima calibrati
presso un centro ACCREDIA-SIT (Servizio di taratura in Italia).
Le rette di calibrazione degli strumenti (Figura 24) sono state ottenute tramite i
fattori di taratura fornitici dal centro ed in questo modo è stato possibile
calcolare i coeffcienti di taratura per tutti gli strumenti ed applicarli alle misure
di dose effettuate in funzione delle energie dei fasci utilizzati.
Figura 24: rette di calibrazione per Unfors ThinX RAD e Unfors 510.
In modo analogo anche per il Radcal60cc, tarato annualmente presso un
centro ACCREDIA-SIT, è stata calcolata una retta di calibrazione come per gli
altri due dosimetri e sono stati ricavati i fattori di taratura da applicare ai valori
di ESDraw. I valori di ESDcorr, Kincorr, Koutcorr sono riportati in Tabella 8.
49
(keV) X(kV)39 70 1,0239 70 1,02
45,8 90 1,0254,5 120 1,01
Unfors ThinX RAD
65 75 85 95 105 115 1250,9
0,95
1
1,05
1,1
f(x) = -1,89E-016x + 9,97E-001R² = 1,08E-025
f(x) = -0,0002x + 1,0345R² = 0,8408
Retta di calibrazione Unfors ThinX RAD e Unfors 510
Unfors ThinX RAD
Lineare (Unfors ThinX RAD)
Unfors 510
kV
Fatto
ri di
tara
tura
Page 54
Tabella 8: valori di ESDcorr, Kincorr, Kout corr(nella colonna “Sala”:P=Padiglione
Palagi, A=Padiglione Albertoni).
continua
50
Sala Apparecchio
[mGy] [mGy] [µGy]
Cranio APCR P1 2.30 1.84 21.07CR AEC P1 0.80 0.7 9.07CR P4 Stratigrafo 1.92 1.78 35.97DR P4 Stratigrafo 1.45 1.3 21.14CR A1 Stratigrafo 2.97 2.75 39.14CR AEC A1 Stratigrafo 1.21 1.12 15.77CR A2 Pensile 1.35 1.13 20.93DR A3 DR 1.08 N/A 12.66DR AEC A3 DR 0.43 N/A 4.93CR A4 Stat. a col. 1.12 1.11 11.52
CR P1 1.68 1.53 51.78CR AEC P1 0.57 0.56 10.46CR P4 Stratigrafo 1.65 1.43 58.12DR P4 Stratigrafo 1.22 1.06 24.47CR A1 2.15 2.05 50.86CR AEC A1 1.08 1.05 26.67CR A2 Pensile 1.16 1.04 37.93DR A3 DR 0.85 0.83 20.39DR AEC A3 DR 0.35 N/A 9.13CR A4 Stat. a col. 0.85 0.82 20.78
CR P1 Pensile 0.11 0.09 0.21CR P3 0.96 0.81 31.24CR P4 Stratigrafo 0.54 0.43 7.09DR P4 Stratigrafo 0.33 0.27 2.28CR A1 Pensile 0.41 0.37 6.11 CR A2 Pensile 0.40 0.32 17.36DR A3 DR 0.27 0.21 9.71DR AEC A3 DR 0.22 N/A 8.7
CR P3 1.02 0.94 17.59CR P4 Stratigrafo 1.08 0.87 17.17DR P4 Stratigrafo 0.72 0.58 6.66CR A2 Pensile 0.77 0.62 21.77DR A3 DR 1.44 1.2 38.75DR AEC A3 DR 0.57 N/A 5.84
CR P1 5.39 4.79 218.46CR AEC P1 5.36 5.01 212.55CR P4 Stratigrafo 4.44 3.63 123.22DR P4 Stratigrafo 3.01 2.48 49.41CR A1 5.08 4.25 30.12CR AEC A1 4.41 3.69 31.06CR A2 Pensile 1.70 1.42 16.5DR A3 DR 1.90 1.67 13.79DR AEC A3 DR 2.75 2.5 16.66CR A4 Stat. a col. 4.23 3.46 38.8
CR P1 9.56 7.77 305.47CR AEC P1 5.06 4.38 98.39CR P4 Stratigrafo 5.78 4.84 152.65DR P4 Stratigrafo 4.63 3.87 95.83CR A1 9.24 7.84 34.82CR AEC A1 4.26 3.61 1.51CR A2 Pensile 4.86 3.92 30.08DR A3 DR 2.8 2.09 10.85DR AEC A3 DR 6.05 N/A 15.91CR A4 Stat. a col. 9.63 7.76 44.27
Modalità ESDcorr Kin
corr Kout
corr
Telec.Telec.
Cranio LAT Telec.Telec.
Telec.Telec.
Torace PA
Chest changer
Torace LATChest changer
Addome APTelec.Telec.
Telec.Telec.
Addome LATTelec.Telec.
Telec.Telec.
Page 55
51
Sala Apparecchio
[mGy] [mGy] [µGy]
CR P1 10.27 8.65 465.42CR AEC P1 7.80 6.75 331.41CR P4 Stratigrafo 7.78 6.46 335.04DR P4 Stratigrafo 4.98 4.12 138.67CR A1 Stratigrafo 9.81 8.15 45.51CR AEC A1 Stratigrafo 9.18 7.62 48.39CR A2 Pensile 3.7 3.05 30.88DR A3 DR 1.17 1.01 7.16DR AEC A3 DR 3.94 3.44 21.73DR A4 Stat. a col. 6.81 5.48 51.55
CR P1 15.60 12.48 680.03CR AEC P1 7.23 6.01 129.85CR P4 Stratigrafo 12.12 10.15 502.63DR P4 Stratigrafo 9.57 8.04 316.81CR A1 Stratigrafo 18.52 15.76 57.27CR AEC A1 Stratigrafo 7.1 6.04 29.31CR A2 Pensile 6.88 5.84 24.17DR A3 DR 6.07 4.57 20.65DR AEC A3 DR 4.34 N/A 18.87CR A4 Stat. a col. 10.69 9.11 40.67
CR P1 10.27 8.65 462.92CR AEC P1 7.81 6.74 330.51CR P4 Stratigrafo 7.81 6.5 345.00DR P4 Stratigrafo 4.97 4.12 126.86CR A1 Stratigrafo 9.82 8.16 45.2CR AEC A1 Stratigrafo 9.23 7.87 48.37CR A2 Pensile 3.70 3.05 30.15DR A3 DR 1.50 1.25 9.49DR AEC A3 DR 3.95 3.45 21.81CR A4 Stat. a col. 6.84 5.5 51.67Rachide lombo-sacrale LATCR P1 N/A 16.16 1454.08CR AEC P1 5.42 4.49 94.43CR P4 Stratigrafo 13.91 11.64 744.62DR P4 Stratigrafo 10.95 9.13 457.82CR A1 Stratigrafo 18.52 15.86 57.41CR AEC A1 Stratigrafo 7.11 6.03 29.45CR A2 Pensile 8.71 7.4 30.97DR A3 DR 6.06 4.59 20.30DR AEC A3 DR 4.50 3.74 18.51CR A4 Stat. a col. 11.73 9.9 57.77
CR P4 Stratigrafo 3.28 2.73 56.49DR P4 Stratigrafo 2.32 1.94 24.31CR A1 Stratigrafo 3.90 3.17 15.83CR AEC A1 Stratigrafo 0.45 8.51 48.26CR A2 Pensile 1.19 0.99 9.25DR A3 DR 1.87 1.63 10.32DR AEC A3 DR 4.00 3.47 20.49CR A4 Stat. a col. 2.64 2.15 18.06
CR P1 5.42 4.79 219.75CR AEC P1 5.37 5.01 212.55CR P4 Stratigrafo 4.45 3.64 124.40DR P4 Stratigrafo 3.48 2.84 75.88CR A1 Stratigrafo 5.11 4.26 30.27CR AEC A1 Stratigrafo 4.37 3.66 31.05
Modalità ESDcorr Kin
corr Kout
corr
Rachide lombare AP Telerad.Telerad.
Rachide lombare LATTelerad.Telerad.
Rachide lombo-sacrale AP Telerad.Telerad.
Telerad.Telerad.
Pelvi AP
Urografia APTelerad.Telerad.
Page 56
Tabella 9: rapporto tra le misure eseguite: ESDcorr/Kincorr, Koutcorr/ESDcorr e tra Koutcorr/Kincorr (nella colonna “Sala”: P=Padiglione Palagi, A=Padiglione Albertoni).
continua
52
Sala Apparecchio
Cranio APCR P1 1.25 0.009 0.012CR AEC P1 1.12 0.017 0.019CR P4 Stratigrafo 1.07 0.011 0.012DR P4 Stratigrafo 1.11 0.011 0.013CR A1 Stratigrafo 1.07 0.014 0.015CR AEC A1 Stratigrafo 1.08 0.013 0.014CR A2 Pensile 1.19 0.016 0.019DR A3 DR N/A 0.012 N/ADR AEC A3 DR N/A 0.012 N/ACR A4 Stat. a col. 1.01 0.010 0.011
CR P1 1.10 0.021 0.023CR AEC P1 1.01 0.034 0.034CR P4 Stratigrafo 1.15 0.025 0.029DR P4 Stratigrafo 1.15 0.019 0.022CR A1 1.04 0.024 0.025CR AEC A1 1.03 0.025 0.026CR A2 Pensile 1.12 0.033 0.037DR A3 DR 1.02 0.024 0.025DR AEC A3 DR N/A 0.026 N/ACR A4 Stat. a col. 1.04 0.025 0.026
CR P1 Pensile 1.17 0.021 0.024CR P3 1.16 0.041 0.047CR P4 Stratigrafo 1.23 0.031 0.038DR P4 Stratigrafo 1.22 0.026 0.032CR A1 Pensile 1.10 0.015 0.017CR A2 Pensile 1.24 0.045 0.056DR A3 DR 1.24 0.037 0.046DR AEC A3 DR N/A 0.041 N/A
CR P3 1.06 0.019 0.020CR P4 Stratigrafo 1.21 0.019 0.023DR P4 Stratigrafo 1.20 0.016 0.020CR A2 Pensile 1.21 0.030 0.036DR A3 DR 1.17 0.028 0.033DR AEC A3 DR N/A 0.011 N/A
CR P1 1.12 0.009 0.010CR AEC P1 1.06 0.008 0.009CR P4 Stratigrafo 1.22 0.008 0.009DR P4 Stratigrafo 1.21 0.007 0.008CR A1 1.19 0.006 0.007CR AEC A1 1.19 0.007 0.009CR A2 Pensile 1.19 0.010 0.012DR A3 DR 1.14 0.007 0.008DR AEC A3 DR 1.09 0.006 0.007CR A4 Stat. a col. 1.22 0.009 0.011
CR P1 1.22 0.004 0.005CR AEC P1 1.15 0.005 0.005CR P4 Stratigrafo 1.19 0.006 0.007DR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.007CR A1 1.17 0.004 0.005CR AEC A1 1.17 0.0004 0.0004CR A2 Pensile 1.23 0.006 0.008DR A3 DR 1.33 0.004 0.005DR AEC A3 DR N/A 0.003 N/ACR A4 Stat. a col. 1.23 0.005 0.006
Modalità ESDcorr/Kin
corr Kout
corr/ESDcorr Kout
corr/Kin
corr
Telec.Telec.
Cranio LAT Telec.Telec.
Telec.Telec.
Torace PA
Chest changer
Torace LATChest changer
Addome APTelec.Telec.
Telec.Telec.
Addome LATTelec.Telec.
Telec.Telec.
Page 57
53
Sala Apparecchio
CR P1 1.18 0.005 0.006CR AEC P1 1.15 0.006 0.007CR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008DR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008CR A1 Stratigrafo 1.13 0.009 0.010CR AEC A1 Stratigrafo 1.07 0.008 0.009CR A2 Pensile 1.21 0.008 0.010DR A3 DR 1.22 0.008 0.010DR AEC A3 DR 1.13 0.009 0.010DR A4 Stat. a col. 1.07 0.008 0.009
CR P1 1.24 0.004 0.004CR AEC P1 1.20 0.003 0.004CR P4 Stratigrafo 1.19 0.004 0.005DR P4 Stratigrafo 1.19 0.004 0.005CR A1 Stratigrafo 1.16 0.003 0.004CR AEC A1 Stratigrafo 1.16 0.004 0.005CR A2 Pensile 1.17 0.004 0.004DR A3 DR 1.32 0.004 0.005DR AEC A3 DR N/A 0.004 N/ACR A4 Stat. a col. 1.17 0.004 0.005
CR P1 1.18 0.005 0.006CR AEC P1 1.15 0.006 0.007CR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008DR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008CR A1 Stratigrafo 1.20 0.005 0.006CR AEC A1 Stratigrafo 1.17 0.005 0.006CR A2 Pensile 1.21 0.008 0.010DR A3 DR 1.19 0.006 0.008DR AEC A3 DR 1.14 0.006 0.006CR A4 Stat. a col. 1.24 0.008 0.010Rachide lombo-sacrale LATCR P1 N/A N/A 0.006CR AEC P1 1.19 0.004 0.005CR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.006DR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.006CR A1 Stratigrafo 1.16 0.003 0.004CR AEC A1 Stratigrafo 1.17 0.004 0.005CR A2 Pensile 1.17 0.004 0.004DR A3 DR 1.31 0.003 0.005DR AEC A3 DR 1.19 0.004 0.005CR A4 Stat. a col. 1.17 0.005 0.006
CR P4 Stratigrafo 1.20 0.006 0.008DR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.007CR A1 Stratigrafo 1.23 0.004 0.005CR AEC A1 Stratigrafo 1.23 0.005 0.006CR A2 Pensile 1.20 0.008 0.010DR A3 DR 1.15 0.006 0.006DR AEC A3 DR 1.15 0.005 0.006CR A4 Stat. a col. 1.22 0.007 0.009
CR P1 1.13 0.009 0.010CR AEC P1 1.07 0.008 0.009CR P4 Stratigrafo 1.21 0.008 0.010DR P4 Stratigrafo 1.22 0.008 0.010CR A1 Stratigrafo 1.19 0.006 0.007CR AEC A1 Stratigrafo 1.19 0.007 0.009
Modalità ESDcorr/Kin
corr Kout
corr/ESDcorr Kout
corr/Kin
corr
Rachide lombare AP Telerad.Telerad.
Rachide lombare LATTelerad.Telerad.
Rachide lombo-sacrale AP Telerad.Telerad.
Telerad.Telerad.
Pelvi AP
Urografia APTelerad.Telerad.
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4.4 Considerazioni sulle misure effettuate
Confrontando i valori di ESDcorr forniti dai si sistemi DR e CR per i
medesimi esami clinici si evince un dato notevole: nella quasi totalità dei casi il
sistema DR ha erogato una dose inferiore rispetto alla CR, confermando in
questo modo quanto già riscontrato in letteratura (Compagnone et al 2006).
Nell'esame dell'addome LAT e del rachide lombare è stato possibile, tramite
DR, dimezzare la dose al fantoccio. In un caso eclatante, la dose per un esame al
rachide lombare in posizione AP è risultata ridotta ad un ottavo con l'uso della
DR, ad un sesto per il rachide lombo-sacrale AP. Le differenze meno
signifcative tra DR e CR si notano per gli esami al torace LAT e PA.
Gli esami svolti sul cranio in posizione AP evidenziano una dose superiore
rispetto a quelli in posizione LAT e questo è conforme al fatto che lateralmente
il cranio ha uno spessore inferiore. Per quanto riguarda il torace le dosi ricevute
dal fantoccio in posizione LAT sono superiori a quelle ricevute in posizione PA
e anche questo dato è coerente col fatto che lo spessore laterale del torace è
maggiore rispetto allo spessore frontale così come, per lo stesso motivo, anche
per l'addome e per il rachide le dosi sono inferiori in posizione AP rispetto alla
posizione LAT.
La Tabella 9 mostra per tutte le proiezioni da noi esaminate il rapporto
tra ESDcorr e Kincorr. Nelle linee guida europee per gli esami di radiologia
convenzionale sui pazienti adulti viene fornito per semplicità un valore unico e
questo rapporto, anche detto fattore di backscatter (BSF), è pari a 1.35. In realtà
il BSF dipende da molti fattori (energia del fascio, dimensione delle campo, etc)
e quindi aver misurato sul campo quali siano i valori reali di BSF per i vari
esami radiologici è senz'altro un risultato che potrà essere utile nella eventuale
futura implementazione di algoritmi matematici per il calcolo di dose nelle
procedure radiologiche eseguite durante la normale attività clinica. I nostri dati
sperimentali sono in completo accordo con il valore delle linee guida europee in
quanto mostrano tutti un rapporto inferiore al 35%, con un range di fattori
compreso tra 1.03 e 1.33: per il cranio tra 1.03 e 1.25, per il torace tra 1.06 e 1.24,
per l'addome tra 1.06 e 1.33, per il rachide lombare tra 1.07 e 1.32, per il rachide
lombo-sacrale tra 1.14 e 1.31, la pelvi tra 1.15 e 1.23 e l'urografa tra 1.07 e 1.22.
La Tabella 10 mostra i fattori di trasmissione per i tre fantocci
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antropomorf nelle varie proiezioni esaminate: per ottenere questi valori è stato
calcolato il rapporto tra Koutcorr e ESDcorr. Il fattore di trasmissione mostra la
percentuale di dose che fuoriesce dal fantoccio (quindi dal paziente) ed è quindi
correlato anche alla quantità di dose che rimane all'interno del paziente: la
piccola percentuale di Kout è quella responsabile della formazione
dell'immagine.
Tabella 10: fattori di trasmissione calcolati per le diverse proiezioni per i tre
fantocci antropomorf.
Un possibile ed interessante sviluppo futuro del lavoro presentato in
questa tesi potrà essere proprio il calcolo di ulteriori parametri dosimetrici, ad
esempio la dose effcace, a partire da quelli elaborati.
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Proiezione Fattore di trasmissione
Cranio AP
Cranio LAT 0.026 ± 0.005
Torace PA 0.032 ± 0.011
Torace LAT 0.020 ± 0.007
Addome AP
Addome LAT 0.004 ± 0.002
Rachide lombare AP
Rachide lombare LAT
Rachide lombo-sacrale AP
Rachide lombo-sacrale LAT
Pelvi AP
Urografa
0.013 ± 0.002
0.0078 ± 0.0013
0.0074 ± 0.0011
0.0038 ± 0.0005
0.0064 ± 0.0011
0.0041 ± 0.0006
0.0058 ± 0.0012
0.0076 ± 0.0009
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Conclusioni
In questo lavoro di tesi ci siamo dedicati ad effettuare misure di ESD, K in
e Kout su tre fantocci antropomorf. Le apparecchiature radiologiche utilizzate
hanno permesso di ottenere i dati per i due sistemi di acquisizione di immagine
attualmente in uso: la CR e la DR.
I numerosi dati acquisiti hanno reso possibile un confronto tra le dosi
erogate dai due sistemi, verifcando la corrispondenza dei nostri risultati con
quelli presenti in letteratura. Si è notato come la DR nella quasi totalità degli
esami fornisca una dose inferiore rispetto alla CR: in casi emblematici la dose
erogata dalla DR, per il medesimo esame, nella medesima proiezione, risulta
inferiore ad un ottavo rispetto alla dose fornita dalla CR. Grazie alle misure di
dose effettuate si sono potuti calcolare anche i fattori di backscatter per ogni
proiezione, facendo il rapporto tra ESDcorr e Kincorr. I risultati ottenuti per i
BSF sono in completo accordo con il valore indicato nelle linee guida europee,
ovvero 1.35. L'aver calcolato questi fattori è un risultato importante che in
futuro potrebbe essere usato per implementare algoritmi matematici per il
calcolo di dose nelle procedure radiologiche eseguite durante l'attività clinica.
Sono stati inoltre calcolati i fattori di trasmissione dei tre fantocci nelle 11
proiezioni in esame, tramite il rapporto tra Koutcorr e ESDcorr. I fattori di
trasmissione mostrano la percentuale di dose che fuoriesce dal fantoccio (quindi
dal paziente), percentuale connessa alla quantità di dose che rimane all'interno
del corpo del paziente. Poiché l'attenuazione del fantoccio dipende dal suo
spessore ci si aspetta che, ad esempio, il fantoccio cranio nella proiezione AP,
avendo un spessore superiore, mostri un fattore di trasmissione minore rispetto
al cranio in proiezione laterale e che quindi nella proiezione LAT fuoriesca una
quantità di dose più elevata. I risultati ottenuti si sono dimostrati coerenti con le
aspettative.
Un possibile ed interessante sviluppo futuro del lavoro presentato in
questa tesi potrà essere proprio il calcolo di ulteriori parametri dosimetrici, ad
esempio la dose effcace, a partire da quelli elaborati.
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Manuale di diagnostica per immagini, Bologna, Società editrice Esculapio,
2008.
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Ringraziamenti
Un sentito ringraziamento alla Professoressa Maria Pia Morigi per la sua
gentilezza e per aver intuito in quale struttura avrei potuto svolgere la mia
attività di tesi con entusiasmo. Ringrazio il Dottor Gaetano Compagnone per
avermi dato la possibilità di svolgere la tesi all'interno del Servizio di Fisica
Sanitaria del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi dove ho trovato un ambiente
speciale, per avermi proposto un progetto che mi ha appassionato, per quello
che mi ha insegnato e per il modo in cui lo ha fatto. Ringrazio la Dottoressa Sara
Domenichelli per il prezioso aiuto che mi ha dato nell'acquisizione dei dati, per
le sue spiegazioni e per il suo garbo, li ringrazio entrambi per l'ambiente di
lavoro sereno che hanno saputo creare. Desidero inoltre ringraziare il personale
delle sale radiologiche delle due Unità Operative Golferi Albertoni e Golferi
Palagi per la disponibilità che hanno mostrato ogni volta che ci siamo recate ad
effettuare le misure. Voglio naturalmente ringraziare la mia famiglia per avermi
insegnato e, costantemente ricordato, che “volere è potere” e ringrazio di cuore
tutti i miei amici per il tifo costante. Ringrazio infne la mia tenacia.
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