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Abstract Questa tesi è stata dedicata alla verifca degli indicatori dosimetrici negli esami più comuni di radiologia proiettiva. Per questo lavoro, in cui sono state eseguite misure di dose in entrata con backscatter (ESD), misure di dose senza backscatter (K in ) e misure di dose in uscita dal fantoccio (K out ), sono stati utilizzati tre fantocci antropomorf e, come strumentazione di misura, una camera a ionizzazione e due dosimetri allo stato solido. Il lavoro di tesi è stato svolto all'interno del Servizio di Fisica Sanitaria del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, mentre le misure sono state eseguite all'interno di alcune sale radiologiche del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, in due Unità Operative: Radiologia Golferi Albertoni e Radiologia Golferi Palagi. I dati acquisiti hanno permesso di confrontare le dosi erogate per la radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) o dispositivi per la più moderna radiografa diretta (DR, Direct Radiography) verifcando la corrispondenza dei risultati ottenuti con la letteratura esistente in materia. É stato inoltre possibile calcolare i fattori di backscatter (BSF) che sono risultati in pieno accordo con le indicazioni fornite dalle linee guida europee. Infne sono stati calcolati, sempre partendo dalle misure di dose, i fattori di trasmissione dei tre fantocci antropomorf nelle 11 proiezioni eseguite. Il fatto di aver misurato sperimentalmente quali siano i valori reali di BSF per i vari esami radiologici potrà essere utile nella eventuale implementazione di algoritmi matematici per il calcolo di dose nelle procedure radiologiche. Inoltre un altro potenziale sviluppo futuro potrebbe esser il calcolo di ulteriori parametri dosimetrici a partire dai dati ottenuti in questa tesi.
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Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Mar 07, 2023

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bruna pieri
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Page 1: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Abstract

Questa tesi è stata dedicata alla verifca degli indicatori dosimetrici negli

esami più comuni di radiologia proiettiva. Per questo lavoro, in cui sono state

eseguite misure di dose in entrata con backscatter (ESD), misure di dose senza

backscatter (Kin) e misure di dose in uscita dal fantoccio (Kout), sono stati

utilizzati tre fantocci antropomorf e, come strumentazione di misura, una

camera a ionizzazione e due dosimetri allo stato solido.

Il lavoro di tesi è stato svolto all'interno del Servizio di Fisica Sanitaria

del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, mentre le misure sono state eseguite

all'interno di alcune sale radiologiche del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, in

due Unità Operative: Radiologia Golferi Albertoni e Radiologia Golferi Palagi.

I dati acquisiti hanno permesso di confrontare le dosi erogate per la

radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) o dispositivi per la

più moderna radiografa diretta (DR, Direct Radiography) verifcando la

corrispondenza dei risultati ottenuti con la letteratura esistente in materia.

É stato inoltre possibile calcolare i fattori di backscatter (BSF) che sono

risultati in pieno accordo con le indicazioni fornite dalle linee guida europee.

Infne sono stati calcolati, sempre partendo dalle misure di dose, i fattori di

trasmissione dei tre fantocci antropomorf nelle 11 proiezioni eseguite.

Il fatto di aver misurato sperimentalmente quali siano i valori reali di BSF

per i vari esami radiologici potrà essere utile nella eventuale implementazione

di algoritmi matematici per il calcolo di dose nelle procedure radiologiche.

Inoltre un altro potenziale sviluppo futuro potrebbe esser il calcolo di ulteriori

parametri dosimetrici a partire dai dati ottenuti in questa tesi.

Page 2: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva
Page 3: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

SommarioIntroduzione 1

Capitolo 1 Le radiazioni e la diagnostica per immagini 3

1.1 Diagnostica per immagini e radiologia: scoperta e produzione 3

dei raggi X

1.2 Interazione dei raggi X con la materia 5

1.3 Tubi radiogeni 5

Capitolo 2 Dosimetria e principi di radioprotezione 11

2.1 Grandezza dosimetriche 11

2.2 Danni provocati dalle radiazioni ionizzanti 16

2.3 Principi di radioprotezione 18

Capitolo 3 Apparecchiature radiologiche e strumentazione dosimetrica 23

3.1 Apparecchiature di radiodiagnostica 23

3.2 Radiografa computerizzata - Computed Radiography 25

3.3 Radiografa diretta - Direct Radiography 27

3.4 Strumenti di misura 32

Capitolo 4 Verifca della dose al paziente eseguita su fantocci antropomorf 39

4.1 Fantocci antropomorf 39

4.2 Esami di radiologia proiettiva analizzati 42

4.3 Misure di dose sui fantocci 43

4.4 Considerazioni sulle misure effettuate 54

Conclusioni 57

Bibliografa 59

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Page 5: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Introduzione

Nella moderna radiologia clinica si è vista negli anni una sempre

crescente sensibilità nei confronti della radioprotezione dei pazienti sottoposti

alle procedure mediche, da qui la necessità di monitorare la dose ricevuta dai

pazienti durante gli esami più comuni di radiologia proiettiva. Questa

progressiva attenzione è andata di pari passo con le indicazioni europee in

materia e con il loro recepimento da parte della legislazione italiana.

Questa tesi è stata dedicata alla verifca degli indicatori dosimetrici negli

esami più comuni di radiologia proiettiva e, a questo scopo, sono state eseguite

misure di dose in entrata con backscatter (ESD), misure di dose senza

backscatter (Kin) e misure di dose in uscita dal fantoccio (Kout) utilizzando una

camera a ionizzazione e due dosimetri allo stato solido. Gli esami di radiologia

proiettiva presi in considerazione coinvolgono il cranio nella posizione Antero-

Posteriore (AP) e Laterale (LAT), il torace Postero-Anteriore (PA) e

LAT, l'addome AP e LAT, il rachide lombare AP e LAT, il rachide lombo-sacrale

AP e LAT, la pelvi AP ed il tratto urinario (urografa) in posizione AP. Il lavoro

di tesi è stato svolto all'interno del Servizio di Fisica Sanitaria del Policlinico

Sant'Orsola-Malpighi e le misure sono state eseguite all'interno di alcune sale

radiologiche del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, in due Unità Operative:

Radiologia Golferi Albertoni e Radiologia Golferi Palagi. Per questo lavoro,

sono stati utilizzati tre fantocci antropomorf che simulano il cranio, il torace e

l'addome del paziente. L'attività è stata svolta tra novembre 2012 e febbraio

2013 conformemente alla disponibilità delle sale e con riguardo nell'effettuare le

misurazioni in orari in cui non si fosse d'intralcio alle attività ospedaliere e, per

il medesimo motivo, cercando di tenere occupata la sala per tempi non

eccessivamente prolungati. Le sale radiologiche esaminate sono dotate di

sistemi per la radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) o

apparecchiature per la più moderna radiografa diretta (DR, Direct

Radiography), alcune sale sono provviste di entrambe. In alcune sale inoltre si

sono potute realizzare misure inserendo l'esposimetro automatico (AEC).

Questa tesi si articola in quattro capitoli.

Il capitolo 1 tratta la produzione ed il ruolo dei raggi X nella diagnostica

per immagini e la descrizione delle parti che compongono un tubo radiogeno.

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Page 6: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Il capitolo 2 è dedicato alla dosimetria ed ai principi di radioprotezione:

vengono descritte le grandezze dosimetriche più importanti, i principali danni

biologici derivanti dalle radiazioni ionizzanti e la limitazione dei danni

derivanti da esse ad opera della radioprotezione.

Il terzo capitolo si occupa delle apparecchiature radiologiche e della

strumentazione dosimetrica: si sono descritte le due tecniche radiologiche

Computed Radiography e Direct Radiography che hanno sostituito i sistemi

analogici schermo-pellicola. L'ultima parte del capitolo è dedicata alla

descrizione degli strumenti da noi usati per effettuare le misure.

Nel quarto capitolo infne vengono descritti i tre fantocci antropomorf

usati, vengono sottolineati i vantaggi derivanti dal loro utilizzo e riportate e

confrontate le misure effettuate all'interno delle sale radiologiche per ogni

esame clinico (tra i confronti fatti anche quello tra le dosi erogate dai due diversi

sistemi CR e DR).

Le conclusioni mostrano i possibili sviluppi delle osservazioni fatte

elaborando i dati raccolti.

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Capitolo 1

Le radiazioni e la diagnostica per immagini

1.1 Diagnostica per immagini e radiologia: scoperta e produzione

dei raggi X

La diagnostica per immagini fornisce informazioni diagnostiche fondate

su immagini e a questo scopo impiega radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Per la diagnostica convenzionale e la tomografa computerizzata (TC) vengono

utilizzate radiazioni ionizzanti, mentre per ecografa (US) e risonanza

magnetica (RM) si utilizzano radiazioni non ionizzanti. La radiologia è una

branca della medicina contenuta nella moderna diagnostica per immagini

(Zompatori 2008).

I raggi X sono onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa

tra 6 Å e 0.06 Å ed energie comprese tra 2keV fno, in campo medico per la

radioterapia, a diversi MeV. Negli anni tra il 1870 e il 1895 vi fu tra i fsici

grande interesse per lo studio dei fenomeni di conduzione nei gas di raggi

catodici. L'8 novembre del 1895 il fsico tedesco W.C. Roentgen mentre eseguiva

nel suo laboratorio esperimenti sulla conduzione dei gas, si accorse che una

piccola luce proveniva da un tavolo distante qualche metro dal tubo con cui

stava eseguendo l'esperimento. La luce era emessa da una piastra rivestita di un

materiale casualmente fuorescente: il platino-cianuro di bario. Roentgen intuì

che poiché né gli elettroni né la luce potevano abbandonare il tubo doveva

trattarsi di una nuova radiazione sconosciuta che chiamò X. Egli fu in grado in

poco tempo di delineare le caratteristiche più importanti dei raggi X:

impressionare una lastra fotografca, attraversare molte sostanze con diversa

attenuazione e non subire defessione da parte di campi elettrici e magnetici.

Questa importantissima scoperta, che gli valse il premio Nobel nel 1901, fu

subito seguita da applicazioni nella diagnostica medica. La prima roentgen-

grafa della mano della signora Roentgen fu pubblicata sul New York Times il

16 gennaio del 1896 (Figura 1).

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Page 8: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Figura-1: roentgen-grafia della mano della signora Roentgen.

Per la produzione dei raggi X è necessario un tubo all'interno del quale è

generato un vuoto spinto e sono presenti due elettrodi: un anodo e un catodo. Il

catodo è composto da un flamento reso incandescente dal passaggio di corrente

che emette elettroni per effetto termoionico; gli elettroni sono poi accelerati

verso l'anodo da una differenza di potenziale posta tra i due elettrodi. Gli

elettroni colpiscono l'anodo e interagiscono così con i forti campi elettrici dei

nuclei del materiale, subiscono una forte decelerazione e, in accordo con la

formula di Larmor, emettono radiazioni elettromagnetiche. Se si analizza lo

spettro di raggi X emessi si nota che vi sono due componenti: la radiazione di

frenamento (dal tedesco Bremsstrahlung) che fornisce uno spettro continuo e la

radiazione caratteristica che dà uno spettro discreto (Figura 2).

Figura 2: spettro caratteristico e continuo per un bersaglio di Tungsteno (Coggle 1998).

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Page 9: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Quest'ultima si genera quando un elettrone del fascio incidente urta un

elettrone dell'orbitale più interno dell'atomo bersaglio. L'elettrone colpito lascia

una lacuna che viene subito riempita da un elettrone di un orbitale superiore

con conseguente rilascio di radiazione elettromagnetica.

1.2 Interazione dei raggi X con la materia

I raggi X interagiscono con la materia attraverso cinque meccanismi

fondamentali:

• Diffusione classica

• Effetto fotoelettrico

• Effetto Compton

• Produzione di coppie

• Fotodisintegrazione

I fenomeni di interazione raggi X-materia che ci interessano per scopi

diagnostici sono essenzialmente l'effetto Compton e l'effetto fotoelettrico poiché

le tensioni coinvolte, in particolare in radiologia, sono comprese tra i 40 e i 150

kV.

1.3 Tubi radiogeni

In un apparecchio radiologico la parte adibita alla formazione di raggi X

è il tubo radiogeno. Un tubo radiogeno è formato da un'ampolla di vetro boro-

silicato all'interno della quale viene creato un vuoto molto spinto e da due

elettrodi: uno positivo chiamato anodo e uno negativo chiamato catodo

(Passariello 2000). È necessario che all'interno della ampolla vi sia un vuoto

spinto perché gli elettroni emessi dal catodo non devono incontrare sul loro

cammino molecole che possano essere ionizzate e quindi impedire loro di

raggiungere l'anodo.

Il catodo è composto da un involucro metallico chiamato “testa del

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Page 10: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

catodo” fatta di Nichel o ferro nichelato che contiene uno o due flamenti di

Tungsteno. Il flamento è una piccola spirale che attraversata da corrente si

scalda per effetto Joule ed emette elettroni. L'emissione di elettroni da parte di

un flamento incandescente è chiamata effetto termoionico. Ai capi della piccola

spirale metallica viene applicata una differenza di potenziale compresa tra 10 e

20 Volt: il flamento viene così attraversato da una corrente dai 3 agli 8 A, che lo

scalda e se il flamento raggiunge una temperatura di almeno 2200 °C gli

elettroni ricevono un'energia cinetica suffciente per abbandonare il metallo e

creare una nube elettronica all'esterno di esso. C'è il rischio che il flamento, se

raggiunge una temperatura di 2500 °C evapori, perciò è importantissimo che la

temperatura all'interno del flamento rimanga costante e a questo scopo

vengono utilizzati degli stabilizzatori. È stato stimato che ad una temperatura

di 2250°C in 2000 ore il flamento perda un decimo del suo diametro. Gli

elettroni emessi per effetto termoionico, per riuscire a raggiungere l'elettrodo

positivo e non essere ricatturati dal catodo che è fortemente positivo (avendo

perso elettroni), devono essere accelerati da un differenza di potenziale

suffciente. La differenza di potenziale applicata tra anodo e catodo in

radiodiagnostica oscilla normalmente tra 40 e 150 kV (la mammografa utilizza

tensioni inferiori, tra i 24 e i 36 kV). La corrente che si forma così nel tubo

radiogeno, chiamata corrente anodica, dipende evidentemente dalla corrente

all'interno del flamento e quindi dalla temperatura: maggiore è la temperatura

raggiunta nel flamento maggiore è il numero di elettroni che lo abbandonano

per raggiungere l'elettrodo positivo. La corrente anodica è proporzionale alla

quarta potenza della temperatura ed essendo la temperatura, in base alla legge

di Joule, proporzionale al quadrato della tensione ai capi del flamento si

capisce come una piccola variazione di tensione comporti una variazione di

corrente nel tubo molto grande. Se la tensione di accensione è mantenuta

costante e viene variata la tensione tra gli elettrodi la corrente anodica aumenta

fno ad un valore massimo, perché c'è un maggior numero di elettroni che

riescono a raggiungere l'anodo, ma non supera un certo valore poiché una volta

raggiunta una certa tensione tutti gli elettroni emessi hanno colpito l'anodo.

Il valore di kV di soglia è tanto più alto quanto più il flamento si trova in fondo

alla testa del catodo.

L'elettrodo positivo si chiama anodo e deve soddisfare due caratteristiche

principali: generare raggi X e sopportare grandi quantità di calore. L'intensità

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Page 11: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

della radiazione prodotta dall'anodo in seguito all'urto con gli elettroni

accelerati è proporzionale al numero atomico del materiale di cui è fatto perciò

si deve utilizzare un materiale di elevato peso atomico. L'interazione tra

elettroni e materiale produce per l'1% raggi X e per il restante 99% calore, perciò

è molto importante che il materiale utilizzato abbia anche un alto punto di

fusione.

Normalmente per costruire un anodo viene utilizzato il Tungsteno (W)

che ha numero atomico 74 e punto di fusione 3370 °C, salvo nel caso dei tubi

usati per mammografa che utilizzano il Molibdeno. Il Molibdeno viene

preferito poiché l'energia dei suoi raggi X caratteristici (17-19 keV) è inferiore

rispetto a quella del Tungsteno, ma suffciente per la mammella, essendo questa

di spessore inferiore rispetto agli altri distretti corporei come torace e addome e

potendo eseguire compressione sull'organo. Per mammelle con tessuto più

denso viene però a volte preferito un anodo di Rodio. Le due tipologie di anodi

usati sono: l'anodo fsso (il primo storicamente usato) e l'anodo rotante.

L'anodo fsso (Figura 3) usa la propagazione di calore per conduzione

per eliminare le unità termiche, viene quindi fabbricato in Rame (che ha

un'ottima dispersione di calore) con all'interno una placca di Tungsteno di 2

mm nel punto in cui l'anodo è bombardato dagli elettroni; affnché la

dispersione avvenga correttamente Tungsteno e Rame devono essere

fortemente adesi e per ottenere questo risultato si fonde il Rame sul Tungsteno

sottovuoto.

Per “allontanare” il calore dal tubo vi è una sorta di prolungamento in Rame

dell'anodo chiamato codolo, in alcuni tubi radiogeni all'interno di anodo e

codolo vi sono delle scanalature all'interno delle quali viene inserito come

liquido di raffreddamento dell'olio isolante. I tubi ad anodo fsso sono in grado

di sopportare una potenza di 10 kW e sono ormai utilizzati raramente in

diagnostica (Passariello 2000).

Figura 3: schema di tubo radiogeno ad anodo fisso (Passariello 2000).

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Page 12: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

L'anodo rotante, in Figura 4, è composto invece di un disco di Tungsteno

forgiato o lega di Tungsteno collegato ad un rotore in Rame da un supporto in

Molibdeno. Il disco ha un diametro che varia tra i 50 e 125 mm e compie

normalmente qualche migliaio di giri al minuto: questa rotazione aumenta la

potenza dissipabile dal tubo, quindi la potenza massima che può sostenere il

disco, perché ruotando fa sì che gli elettroni istante per istante colpiscano del

metallo più freddo. Il supporto in Molibdeno è molto utile per evitare che il

disco dissipi il calore accumulato sul rotore rischiando di danneggiarlo

gravemente. Per migliorare ancora di più le prestazioni esistono anodi rotanti

composti da dischi di Molibdeno con un target di Tungsteno-Renio (90-95% W,

5-10% Re). Questa combinazione è vantaggiosa perché la lega Tungsteno-Renio

fornisce una maggiore resistenza all'erosione e poiché il Molibdeno ha un peso

specifco inferiore a quello del Tungsteno lo strumento è più leggero.

Figura 4: tubo radiogeno ad anodo rotante (Passariello 2000).

Lo smaltimento delle unità termiche in un anodo rotante presenta

maggiori diffcoltà strutturali rispetto ad un anodo fsso in quanto la presenza

del rotore impedisce uno smaltimento delle unità termiche tramite conduzione

e bisogna quindi aumentare la capacità termica dell'anodo (cioè la quantità di

calore che è in grado di immagazzinare senza danneggiarsi) in un altro modo.

In pratica è il fuoco termico a subire il carico di calore e il carico massimo

sopportabile dipende dalla superfcie bombardata.

La soluzione migliore sembrerebbe aumentare il diametro del piattello, ma

questo non risolve comunque il problema perché ogni punto del piattello è

sottoposto nella sua rotazione a riscaldamento ad opera del fascio elettronico,

perciò a parità di diametro la soluzione più appropriata consiste nell'aumentare

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Page 13: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

il numero di giri. La potenza ammissibile in un anodo rotante è proporzionale

alla radice quadrata della velocità di rotazione: per questo esistono anodi

rotanti che eseguono 800 giri al minuto fno a 10000 giri al minuto.

Viene chiamata macchia focale quella parte della superfcie dell'anodo

che dà origine al fascio di raggi X: la sua forma può essere circolare, ellittica o

più frequentemente rettangolare. La maggior parte dei tubi diagnostici possiede

due flamenti all'interno del catodo, disposti parallelamente per ottenere due

diverse macchie focali che risultano sovrapposte. Si distinguono tre tipi di

fuochi: fuoco elettronico, fuoco termico e fuoco ottico (Figura 5). Il fuoco

elettronico corrisponde alla sezione del fascio elettronico sulla superfcie di

impatto, il fuoco termico è la parte dell'anodo sottoposta a riscaldamento

(chiaramente nel caso di un anodo fsso fuoco termico e fuoco elettronico

coincidono, mentre nel caso dell'anodo rotante il fuoco termico corrisponde

all'intero disco anodico). Il fuoco ottico è invece la proiezione ortogonale del

fuoco elettronico. Per ottenere un fuoco ottico di dimensioni contenute senza

diminuire le dimensioni del fuoco termico gli anodi fssi vengono inclinati di

18°-20° (Passariello 2000).

Figura 5: fuoco elettronico, fuoco termico e fuoco ottico in un tubo radiogeno ad anodo

fisso (Passariello 2000).

Gli elettroni bombardano il fuoco dell'anodo e da questa interazione vengono

emessi raggi X in tutte le direzioni, dunque la distribuzione del fascio è

isotropa. Una parte di raggi si dirige verso l'anodo e viene subito assorbita

quindi possiamo considerare che dal fuoco del tubo si ottenga una distribuzione

a semisfera. Una parte dei raggi di questa semisfera intercetta il catodo e il

fascio utile sarà quello che ha vertice nel fuoco del fascio e ampiezza pari al

doppio dell'angolo di inclinazione dell'anodo; per questo motivo tutta la

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Page 14: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

struttura contenente il tubo è racchiusa in una guaina piombata provvista di

una fnestra di dimensioni adatte a far fuoriuscire solo la parte del fascio

ritenuta utile. Il cono di raggi X non risulta omogeneo, partendo infatti dal

centro del fascio l'intensità diminuisce andando verso l'anodo e aumenta

andando verso il catodo per poi diminuire di nuovo, questo effetto è chiamato

effetto Heel o effetto anodico. Si deve quindi cercare di utilizzare solo la parte

centrale del fascio per avere la maggiore omogeneità possibile.

I tubi radiogeni sono solitamente incapsulati all'interno di una guaina o

cuffa che ha due compiti principali: schermare dai raggi X diffusi e proteggere

dall'alta tensione. In pratica una guaina è un involucro piombato con una

fnestra radiotrasparente per il fascio di raggi X utile, l'involucro stagno è

riempito con olio minerale isolante.

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Page 15: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Capitolo 2

Dosimetria e principi di radioprotezione

2.1 Grandezze dosimetriche

La misura ed il calcolo della dose assorbita costituiscono il principale

obiettivo della dosimetria. Nell'ambito della radioprotezione possono essere

defnite alcune categorie di grandezze utili: quelle fsiche relative alle grandezze

di campo, quelle dosimetriche, quelle radioprotezionistiche e quelle operative.

Tra le grandezze di campo c'è la fuenza Φ delle particelle, in cui dN è il numero

di particelle che entrano in una sfera di sezione massima dA, che è data da:

Φ=dN

dA

(2.1)

Il rateo di fuenza delle particelle è:

φ=d Φdt

(2.2)

dove dt è l'intervallo di tempo in cui avviene la misura.

La radianza delle particelle è:

p=dφdΩ

(2.3)

dove dΩ è l'angolo solido considerato.

La fuenza di energia della particella è:

Ψ=dRdA

(2.4)

11

Page 16: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

dove dR è l'energia radiante, ovvero la somma delle energie di tutte le particelle

che attraversano la sezione dA.

Per quanto riguarda le grandezze dosimetriche la più antica grandezza in

uso è l'esposizione X, l'esposizione che è data da:

X= dQdm

(2.5)

dove Q è il valore assoluto della carica totale degli ioni di un dato segno

prodotti in aria quando tutti gli elettroni liberati da fotoni nell'elemento di

volume di massa dm sono completamente fermati in aria. In Q non deve esser

considerata la ionizzazione prodotta dall'eventuale radiazione di frenamento

degli elettroni secondari (Pelliccioni 1989). Nel Sistema Internazionale

l'esposizione si misura in C.Kg-1, ma storicamente veniva utilizzato il Roentgen:

1R= 2.58 10-4 C.Kg-1. L'esposizione è però una grandezza dal diffcile utilizzo

poiché riguarda solo i raggi X e soprattutto perché bisogna valutare energie non

superiori ai 3MeV. Il motivo di questo limite è che nell'effettuare misure di

esposizione bisogna che siano verifcate le condizioni di equilibrio delle

particelle cariche: la ionizzazione prodotta dagli elettroni secondari che

attraversano il mezzo deve essere uguale a quella prodotta dagli elettroni in

esso originati queste condizioni sono verifcate al di sotto dei 3MeV.

Si può defnire anche il rateo di esposizione:

Ẋ=dXdt

(2.6)

L'ICRU (International Commission on Radiation Units & Measurements)

è stato concepito al primo Congresso internazionale di Radiologia di Londra nel

1925 e nasce uffcialmente nel 1928, il suo obiettivo è sempre stato quello di

uniformare a livello internazionale le unità di misura legate alle radiazioni in

ambito medico.

Un'altra grandezza dosimetrica è l'energia impartita ε che, in accordo con

12

Page 17: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

la defnizione data dal rapporto ICRU 33, è:

ε=Rin-Rout-ΣQ

(2.7)

dove Rin è la somma delle energie di tutte le particelle direttamente e

indirettamente ionizzanti che entrano nel volume considerato, Rout è la somma

delle energie di tutte le particelle direttamente o indirettamente ionizzanti che

escono dal volume considerato e ΣQ è l'energia spesa per aumentare la massa

del sistema (Pelliccioni 1989). Il concetto di energia impartita è utile nella

defnizione di un'altra grandezza fondamentale della dosimetria: la dose

assorbita. La defnizione di dose assorbita è anch'essa data dal rapporto ICRU

33 (ICRU 1980):

_ D=dε/dm

(2.8)

dove dε rappresenta il valore medio dell'energia impartita alla materia in un

volume infnitesimo di massa dm. La valutazione di ε richiede ripetute

esposizioni di elementi fniti di massa nel campo di radiazioni interessato con

conseguente media dei valori misurati. L'unità di misura della dose assorbita è

il Gray, 1Gy=1Joule/ 1Kg.

Il rateo di dose è dato da D=dD/dt (2.9) e si misura in Gy/s.

Il valore della dose assorbita può essere calcolato a partire da:

_

D=dNΔεdm

(2.10)

dove dN/dm è il numero di processi elementari per unità di massa. Per

calcolare il numero di interazioni per unità di volume basta moltiplicare la

fuenza delle particelle per la probabilità di interazione per unità di lunghezza.

L'energia impartita è data da:

Δε=Eb-ΣEa+Q

(2.11)

dove Eb è l'energia cinetica della particella ionizzante prima dell'interazione, Ea è

la somma delle energie cinetiche di tutte le particelle che scaturiscono

dall'interazione e Q è l'energia spesa per i cambiamenti di massa.

13

Page 18: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

D si può scrivere come:

D=∫Φμ(E)

ρ Δε(E)dE

(2.12)

La dose assorbita tiene conto di tutti i processi primari e secondari che

avvengono nella materia al passaggio di radiazioni indirettamente ionizzanti, il

kerma (kinetic energy released to the matter) invece tiene in considerazione solo

l'energia ceduta dalla radiazione primaria.

K=dEtrdm

(2.13)

Dove Etr è la somma delle energie cinetiche iniziali di tutte le particella cariche

prodotte dalle radiazioni indirettamente ionizzanti. L'unità di misura del kerma

è il Gray.

Per scopi di radioprotezione un'altra grandezza importante è la dose organo che

si misura sempre in Gray:

Dt=εt/mt

(2.14)

Il LET (Linear Energy Transfer) é l'energia media per unità di cammino

percorso: LΔ=(dE/dl)Δ (2.15)

Nessuna delle grandezze dosimetriche fnora elencate tiene conto però

dei diversi tipi di radiazioni e della diversa radiosensibilità dei tessuti bersaglio:

è per questo motivo che esistono le grandezze radioprotezionistiche.

L'equivalente di dose H tiene conto dei tipi di radiazione tramite fattori di

ponderazione wr(Tabella 1). H=QDN, dove Q è il fattore di qualità della

radiazione specifca, N prodotti degli altri fattori correttivi e D la dose assorbita

e poiché l'ICRP (International Commission on Radiological Protection) assegna

a N valore 1 possiamo riscrivere H come:

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Page 19: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

H=QD

(2.16)

Il fattore di qualità Q, ora sostituito dal fattore di ponderazione wr, viene

valutato servendosi del LET: i raggi X sono di norma radiazioni a basso LET.

L'equivalente di dose è una somma dovuta a tutte le possibili radiazioni in

causa (diversamente da Q che ne considera una sola) ed è dato da:

HT =ΣRwrDT,r

(2.17)

dove DT,r è la dose mediata sul tessuto T e dovuta alla radiazione r. HT si misura

in Sievert: 1Sv=1J/1Kg.

Tabella 1: fattori di ponderazione raccomandati per i diversi tipi di radiazioni

(ICRP 2008).

Tipo di radiazione ed intervallo di energia wR

Fotoni, tutte le energie 1

Elettroni e muoni, tutte le energie 1

Neutroni con energia < 10 keV 5

con energia 10 keV - 100 keV 10

con energia > 100 keV - 2 MeV 20

con energia > 2 MeV - 20 MeV 10

con energia > 20 MeV 5

Protoni, esclusi i protoni di rinculo, con energia > 2 MeV 5

Particelle alfa, frammenti di fssione, nuclei pesanti 20

La dose effcace o equivalente di dose effcace è un indicatore di rischio

stocastico e tiene conto degli effetti probabilistici in funzione dell'organo

mediante il fattore di ponderazione tissutale wt (Tabella 2). Il fattore di

ponderazione si ricava in base a considerazioni sul rischio radiologico e può

quindi variare negli anni. La dose effcace è la sommatoria di tutte le dosi

equivalenti pesate su tutti i tessuti ed è data da:

15

Page 20: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

E=ΣTwTΣrwrDT,r=ΣTwTHT

(2.18)

Tabella 2: fattori di ponderazione wT per i tessuti (ICRP 2008).

Tessuto wT

Midollo osseo (rosso), colon, polmone, stomaco 0.12

Mammelle, tessuti rimanenti 0.12

Gonadi 0.08

Vescica, fegato, esofago, tiroide 0.04

Superfcie dell'osso, cervello, ghiandole salivari, pelle 0.01

La determinazione della dose effcace richiede la conoscenza della distribuzione

delle dosi in tutti gli organi e tessuti dell'individuo irradiato ed è raro conoscere

tutti i parametri per il calcolo di questa dose, fn da subito quindi l'ICRP ha

riconosciuto che fossero necessarie grandezze operative. Nel caso di

irradiazione esterna, riprendendo concetti già sviluppati in sede ICRU, ha

suggerito l'utilizzo degli indici di equivalente di dose. L'indice di equivalente di

dose HI in un certo punto è defnito come il massimo dell'equivalente di dose

entro una sfera di tessuto molle di 30 cm di diametro, centrata in quel punto

(Pelliccioni 1989). Questi indici però all'atto pratico sono risultati sconsigliabili,

al loro posto l'ICRU ha proposto altre quattro grandezze operative: equivalente

di dose ambientale H*(d) ed equivalente di dose direzionale H'(d) per il

monitoraggio ambientale, equivalente di dose individuale penetrante Hp(d) ed

equivalente di dose individuale superfciale Hs(d) per il monitoraggio

individuale (Pelliccioni 1989).

2.2 Danni provocati dalle radiazioni ionizzanti

Le radiazioni utilizzate in radiologia diagnostica sono radiazioni con

energia suffciente a ionizzare la materia separando gli elettroni dagli atomi o

dalle molecole di cui fanno parte e creando elettroni liberi di stabilire altri

legami e ioni positivi. Queste radiazioni sono chiamate per l'appunto radiazioni

16

Page 21: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

ionizzanti. Gli elettroni, i protoni e le particelle alfa e beta sono radiazioni

direttamente ionizzanti perché creano ioni in modo diretto cioè senza la

mediazione di altre particelle, mentre i raggi X, i raggi γ ed i neutroni sono

radiazioni indirettamente ionizzanti poiché liberano particelle che a loro volta

ionizzano la materia. I danni biologici provocati dalle radiazioni ionizzanti

possono essere di due tipologie: danni provocati per azione diretta e per azione

indiretta. Il primo caso la radiazione crea ionizzazione degli atomi che

costituiscono le macromolecole vitali (DNA), quindi la cellula viene

danneggiata direttamente dalla direzione. I danni a carico della cellula possono

comportare la rottura della guaina proteica, la rottura della membrana cellulare

e la rottura della membrana mitocondriale; se ad essere danneggiato è un

flamento del DNA (acido desossiribonucleico) il danno può essere riparabile,

ma se ad essere danneggiati sono entrambi i flamenti la cellula può subire

morte istantanea, morte riproduttiva oppure auto-eliminazione tramite

apoptosi: nel caso peggiore la cellula sopravvive e si può indurre la formazione

di un processo neoplastico. La legge di Bergonie e Tribondeu dice che la

radiosensibilità di un tessuto è direttamente proporzionale all'attività mitotica e

inversamente proporzionale al grado di differenziazione delle sue cellule: gli

organi più radio-sensibili sono quindi le gonadi, il midollo osseo e l'intestino

tenue, mentre il fegato, il sistema nervoso e la muscolatura sono più radio-

resistenti proprio perché hanno una attività riproduttiva inferiore.

Nel caso delle dell'azione indiretta il danno è prodotto dai radicali liberi

generati principalmente dalla ionizzazione delle molecole d'acqua che

costituiscono circa l'80% del corpo umano. I radicali liberi sono atomi o

molecole con un elettrone spaiato e sono per questo molto instabili e reattivi,

possono causare danni nell'organismo poiché per acquistare l'elettrone

mancante ledono altri legami.

Gli effetti delle radiazioni sull'uomo vengono suddivisi in due macro-

categorie: gli effetti deterministici e gli effetti stocastici. Gli effetti deterministici

sono effetti biologici somatici (perché rimangono a carico del corpo di cui fanno

parte le cellule danneggiate) che possono esser posti in diretta relazione con la

dose assorbita dall'individuo. Sono effetti caratterizzati da un valore soglia di

dose al di sotto del quale non si verifcano, al di sopra della dose soglia la loro

gravità varia con la dose: maggiore è la dose ricevuta maggiore è il danno, il

periodo di latenza è breve e tutti gli individui irradiati ne vengono colpiti

17

Page 22: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

seppur con differenze individuali.

Gli effetti stocastici sono, dal nome, effetti probabilistici sia somatici che

genetici per i quali non esiste un valore di soglia, sono distribuiti casualmente,

l'aumento di dose assorbita corrisponde a un aumento della probabilità di

comparsa, si manifestano dopo anni o decenni, le neoplasie eventualmente

derivanti sono indistinguibili rispetto a neoplasie insorte per altre cause e la

gravità del danno non dipende dalla dose ricevuta.

2.3 Principi di radioprotezione

La radioprotezione ha lo scopo di regolamentare l'utilizzo delle

radiazioni ionizzanti in modo da limitare gli effetti stocastici sugli individui e

evitare l'insorgenza di quelli deterministici. Nasce quasi contemporaneamente

alla scoperta delle radiazioni X: si notò infatti che potevano avere effetti nocivi

poco dopo la loro scoperta.

Gli effetti stocastici (effetti probabilistici) non possiedono una dose soglia: è per

questo che non esiste alcun valore di dose, per quanto modesto, che si possa

ritenere sicuro (Pelliccioni 1989); la conclusione a questa affermazione sembra

essere che qualsiasi attività che coinvolga radiazioni ionizzanti vada evitata.

Le radiazioni ionizzanti sono però impiegate in una vasta gamma di settori e in

particolare il loro utilizzo in campo medico offre un contributo signifcativo nel

raggiungimento di una diagnosi. Rinunciare ad usufruirne è inverosimile ed

eccessivo: diventa quindi fondamentale che esistano organi atti a disciplinare

l'utilizzo di radiazioni ionizzanti, sia per i lavoratori esposti sia per gli individui

della popolazione. Un organo di importanza primaria nel raggiungimento di

questo fne è l'International Commission on Radiological Protection (ICRP).

L'uomo è normalmente esposto a varie fonti di radiazioni: le sorgenti

naturali, le sorgenti naturali modifcate dalla tecnologia (materiali da

costruzione), le sorgenti connesse ad alcuni oggetti di consumo come le protesi

dentarie, le sorgenti impiegate in medicina, le sorgenti da ricaduta di bombe

atomiche (fallout nucleare), le sorgenti associate alla produzione di energia

nucleare e le sorgenti presenti nei luoghi di lavoro (Pelliccioni 1989). La

sorgente che fornisce all'uomo la maggior quantità di radiazioni ionizzanti è

18

Page 23: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

certamente il fondo naturale formato da: raggi cosmici, radionuclidi

cosmogenici e radionuclidi primordiali (Rb, K, U e Th). Si stima che la dose

effcace pro-capite dovuta al fondo naturale sia di circa 2.4mSv all'anno. L'ICRP

adotta cautelativamente un principio di linearità tra effetto stocastico indotto e

dose ricevuta e poiché, come è stato già osservato, non esiste una dose soglia

per gli effetti stocastici è un principio di linearità senza soglia. L'ICRP, nel

Report 60 del 1990, sancisce i principi fondamentali della radioprotezione e

questi principi permangono immutati nel Report 103 del 2008. Essi devono

essere osservati in sequenza e sono:

• il principio di giustifcazione dell'attività: qualsiasi decisione che cambi

la situazione di esposizione alle radiazioni dovrebbe produrre più

benefcio che danno (ICRP 2008).

• il principio di ottimizzazione della protezione: la probabilità di incorrere

in esposizioni, il numero di persone esposte e l'entità delle loro dosi

individuali dovrebbero essere tenute tanto basse quanto

ragionevolmente ottenibile, in considerazione di fattori economici e

sociali (as low as reasonably achievable-principio ALARA) (ICRP 2008).

• il principio di applicazione dei limiti di dose: la dose totale ad ogni

individuo da sorgenti regolamentate in situazioni di esposizione

programmata, all'infuori dell'esposizione nei pazienti, non dovrebbe

superare gli appropriati limiti raccomandati dalla Commissione (ICRP

2008).

Il principio di giustifcazione dell'attività consiste in un'attenta

valutazione dei vantaggi e degli svantaggi connessi all'attività: tra gli svantaggi

è bene considerare sia quelli di carattere pecuniario sia quelli di carattere

sociale. Se defniamo B il benefcio, V il benefcio lordo, P il costo di base della

produzione, X il costo derivante dalla radioprotezione e Y il detrimento

associato, allora B deve essere:

B>V- (P+X+Y)

(2.19)

19

Page 24: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Il principio di ottimizzazione della radioprotezione si realizza cercando

di rendere massimo il benefcio netto e la variabile considerata è l'equivalente di

dose effcace collettivo (S), perciò, affnché il benefcio sia massimo (Pelliccioni

1989), deve valere:

dVdS

−( dPdS

+dXdS

+dYdS

)=0

(2.20)

ma poiché P e V non dipendono da S abbiamo:

dXdS

=−dYdS

(2.21).

Considerando il costo di detrimento Y proporzionale alla dose S tramite

coeffciente α allora Y=α∗S (2.22) e dX/dS=-α (2.23). Per esplicitare la

dipendenza da diversi parametri radio-protezionistici w possiamo scrivere:

X(w)+Y(w)=minimo

(2.24)

dX (w)dw

=−dY (w)

dw

(2.25)

Per ottimizzare la protezione nel caso di procedure diagnostiche vengono

defniti, dalla normativa italiana (D.Lgs 187/00 che recepisce le indicazioni delle

direttive dell'Unione Europea 97/43/EURATOM), dei livelli diagnostici di

riferimento (LDR). I livelli diagnostici di riferimento che si applicano

all'esposizione di pazienti sottoposti a procedure diagnostiche e non si

applicano alla radioterapia. I valori sono scelti sulla base di un percentile

relativo alla distribuzione delle dosi ricevute dai pazienti o sulla base della dose

ricevuta da un paziente di riferimento e devono essere espressi come grandezze

facilmente misurabili e correlate alla dose (ICRP 2008).

20

Page 25: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

L'Allegato II, previsto dall'articolo 3 comma 4, del Decreto Legislativo 187/00

defnisce le linee guida in materia di livelli diagnostici di riferimento e la tabella

A dell'allegato ne specifca i valori per gli esami diagnostici più comuni (Tabella

3).

Tabella 3: LDR per gli esami diagnostici più comuni eseguiti su pazienti adulti e

pediatrici. Dove AP è la proiezione Antero-Posteriore, PA postero-anteriore e

LAT laterale. Mentre per l'esame mammografco CC signifca posizione Cranio-

Caudale (D.Lgs 2000).

Esami di radiologia proiettiva Dose superficiale in ingresso (mGy)

Addome 10

Urografa 10

Cranio AP 5

PA 5

LAT 3

Torace PA 0.4

LAT 1.5

Rachide lombare AP 10

LAT 30

Rachide lombo-sacrale 40

Pelvi AP 10

Mammografa CC 10

Esami di radiologia pediatrica Dose d'ingresso (μGy)

Addome 1000 (5anni)

Torace PA/AP 100 (5anni)

LAT 200 (5anni)

AP 80 (neonati)

Cranio PA/AP 1500 (5anni)

LAT 1000 (5anni)

Pelvi AP 200 (neonati)

AP 900 (5anni)

L'ultimo principio, ovvero il principio di limitazione della dose

individuale, non può essere applicato nel caso di pratiche mediche effettuate su

pazienti, ma solo nel caso di esposizione programmata che coinvolga sia i

lavoratori esposti sia i cittadini. Per esposizione programmata si intende l'uso

21

Page 26: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

programmato di sorgenti. I limiti di dose vanno applicati alla somma di dosi

esterne ed interne (conseguenti alla incorporazione di radionuclidi). La

Pubblicazione ICRP 103 ha ritenuto di continuare ad utilizzare i limiti

raccomandati dalla Pubblicazione 60 (Tabella 4).

Tabella 4: limiti di dose raccomandati per le situazioni di esposizione

programmata (ICRP 2008).

Tipo di limite Esposizione lavorativa Esposizione del

pubblico

Dose efficace 20 mSv/anno 1 mSv/anno

Dose equivalente annuale

Cristallino 150 mSv 15 mSv

Pelle 500 mSv 50 mSv

Mani e piedi 500 mSv -

22

Page 27: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Capitolo 3

Apparecchiature radiologiche e strumentazione

dosimetrica

3.1 Apparecchiature di radiodiagnostica

Un sistema di radiodiagnostica è formato da un generatore di alta

tensione che alimenta un tubo radiogeno ed eventualmente da un tavolo

d'esame dove è posizionato il paziente. Il tavolo porta-paziente è costruito con

materiali radiotrasparenti ed è spostabile, in genere, sia longitudinalmente sia

trasversalmente. Gli apparecchi in cui i movimenti del tavolo sono comandati

dalla consolle sono detti “apparecchi telecomandati”. In alcuni apparecchi, il

tavolo può anche essere inclinato (clinograf). La consolle o quadro dei comandi

è una parte dell’apparecchio radiografco, di solito, staccata e sistemata dietro

una barriera radio-protettiva o in un locale schermato con Piombo. Sulla

consolle è possibile regolare i diversi parametri dell’esposizione radiografca:

kV, mAs, mA e distanza fuoco-rivelatore (FDD, Focus Detector Distance).

Il tavolo radiografco orizzontale o trocostratigrafo consente esami di

radiodiagnostica su pazienti in decubito orizzontale, il lettino è formato da un

materiale plastico radiotrasparente di 5-6 mm, lungo circa 220 cm, largo circa

85cm, è mobile sia longitudinalmente sia lateralmente tramite pedali sottostanti

il lettino stesso. In questo modo è possibile centrare il più precisamente

possibile la parte anatomica da indagare. Il lettino porta-paziente è dotato di un

porta-cassette radiografche di dimensioni variabili tra 12cmx18cm e

35cmx43cm (per esami all'addome e al torace). L'apparecchio è dotato anche di

un Potter-Bucky contenente la griglia anti-diffusione e di un eventuale ferma-

testa.

Le griglie radiografche anti-diffusione vengono poste tra il paziente e la

cassetta radiografca e hanno l'importante scopo di evitare che la radiazione

diffusa dovuta all'effetto Compton raggiunga la cassetta radiologica e

diminuisca il contrasto dell'immagine. Per le riprese radiografche e

23

Page 28: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

radiotomografche il tavolo orizzontale è associato ad uno stativo laterale o a

uno pensile.

Il tavolo ribaltabile è adatto particolarmente ad eseguire esami

radiodiagnostici in posizione ortostatica, decubito orizzontale o obliquo o in

posizione di trendelenburg (paziente supino o prono con la testa più in basso

rispetto alle gambe). Questa tipologia di tavolo radiologico si presta a quegli

esami diagnostici atti a cercare di riscontrare patologie o disturbi che si

manifestano più chiaramente in quelle particolari posizioni, anche in questo

caso viene utilizzata una griglia anti-diffusione Potter-Bucky con porta-cassette

autocentrante.

Per quanto riguarda gli stativi, lo stativo a colonna porta il complesso

radiogeno e può assumere varie posizioni e assetti per la realizzazione di

molteplici proiezioni radiografche. E' costituito da una struttura tubolare a

sviluppo verticale alta circa 250 cm scorrevole su rotaie a pavimento e a sofftto

o su di un'unica rotaia a pavimento. La colonna porta un carrello mobile

verticalmente che sostiene il braccio che può scorrere trasversalmente in

direzione ortogonale a quella del movimento della colonna stessa. Questo

stativo permette così di regolare la distanza fuoco-detector FDD e di centrare il

fascio nel modo più corretto.

I movimenti dello stativo a colonna si ottengono manualmente tramite pulsanti

di comando posti vicino alla guaina radiogena.

Lo stativo pensile è uno stativo contenente il complesso radiogeno

completamente sospeso al sofftto ed è costituito da un sistema colonna-carrello

che permette spostamenti verticali e traslazioni in direzioni ortogonali su rotaie

fssate al sofftto. Lo stativo pensile consente una superfcie esplorabile del

fascio X maggiore di quella esplorabile con lo stativo a colonna grazie

all'estensione della rotaie a sofftto. Questa estensibilità dà la possibilità di usare

lo stativo pensile su più lettini radiologici eventualmente presenti nella sala. I

movimenti dello stativo nelle due direzioni ortogonali avvengono manualmente

tramite sblocco di freni elettromagnetici.

Il teleradiografo ha la funzione di sostenere una cassetta radiografca e

un eventuale griglia anti-diffusione per effettuare radiografe al torace o alla

colonna vertebrale, è possibile posizionare sotto il teleradiografo una pedana

per sollevare bambini o pazienti di bassa statura. Il dispositivo può essere

dotato di un Potter-Bucky con griglia anti-diffusione mobile e porta-cassette con

24

Page 29: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

formato fno a 35cmx43cm ed eventuale camera per esposizione automatica. Per

quanto riguarda le tecniche di imaging radiologico in questi anni si è assistito al

passaggio dai rivelatori analogici (sistemi schermo-pellicola) a quelli digitali

(Computed Radiography fno alla più recente Direct Radiography): queste

ultime due modalità di rivelazione dell'immagine verranno descritte

dettagliatamente nel seguito.

3.2 Radiografia computerizzata - Computed Radiography

La radiografa computerizzata (CR, Computed Radiography) anche

conosciuta col nome di PSP-photostimolable phosphor imaging o storage

phosphor imaging viene introdotta nel 1983. Il processo di immagazzinamento

e acquisizione dell'immagine della CR può essere schematizzato in 5 fasi:

esposizione e intercettazione dell’imaging plate (IP) da parte del fascio, lettura

dell'IP, amplifcazione del segnale tramite un tubo fotomoltiplicatore PMT,

perfezionamento dell'immagine tramite variazione della scala dei contrasti e

visualizzazione sul monitor.

I plate utilizzati in computed radiography sono costituiti di fosfori di

alogenuri di bario drogati con ioni di Europio: BaFX:Eu2+ ad esempio BaFBr:Eu2+

e BaFI:Eu2+. Gli ioni di Europio sostituiscono alcuni ioni di Bario. Quando il

fascio di raggi X incide sull'IP (Imaging Plate) l'Eu2+ transita in uno stato

eccitato Eu3+ e si creano coppie elettrone-lacuna. Gli elettroni liberati vengono

“immagazzinati” in strutture interne al cristallo dette centri di colore o centri-F

(dal tedesco forbe=colore poiché questi centri danno colore al materiale). Proprio

a causa dell'immagazzinamento questo sistema è anche chiamato storage

phosphor imaging. Il numero di elettroni intrappolati nei centri-F è

proporzionale al numero di raggi X incidenti. Gli elettroni situati nei centri F

formano così un'immagine latente che deve essere tradotta in luminescenza

foto-stimolata grazie ad un fascio laser. Solitamente vengono utilizzati a questo

scopo laser HeNe (elio-neon λ=633 nm) o laser a diodi (λ=680 nm) con

un'energia di almeno 2 eV che colpiscono gli elettroni eccitandoli. Alcuni

elettroni eccitati (pochi) ritornano nel centro-F, gli altri passano nel complesso

Eu3+ che decade rapidamente nel più stabile livello Eu2+, questo decadimento

25

Page 30: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

provoca l'emissione di luce con energia di 3 eV (λ=410 nm) (Figura 6).

Figura - 6: schema di un processo di PSL (AAPM 2006).

L'IP viene inserito all'interno dello scanner e viene fatto scorrere in avanti: la

luce laser viene convogliata in modo che colpisca il plate ortogonalmente al suo

senso di scorrimento, fnita la scansione di una riga il plate scorre e il laser

scansiona la riga successiva. Inizialmente il laser incide su di uno specchio

rotante a otto facce e in piccola parte su di un rivelatore che ne monitora la

qualità. Poiché l’intensità della luce emessa dall’IP dipende dalla potenza del

laser, il rivelatore di riferimento serve a individuare possibili futtuazioni di

intensità del raggio stesso ed eventualmente compensarle.

Lo specchio rotante fa incidere il laser contro un sistema di lenti cilindriche che

consente una maggiore uniformità del fascio incidente sul plate. È molto

importante anche la velocità con cui il laser scansiona i diversi punti della

superfcie e questo deve tener conto del tempo in cui decade la risposta

luminescenza del plate, all'incirca 0.7-0.8 μs. La quantità di elettroni estratti

dipende dalla potenza del fascio e si potrebbe quindi pensare all'utilizzo di un

laser con potenza maggiore, ma questa soluzione presenta un lato fortemente

negativo: la perdita di risoluzione spaziale (il laser è più penetrante, aumenta la

radiazione diffusa e il ritardo nel decadimento produce sfocature).

Per la conversione della luminescenza in segnale elettrico la luce emessa

viene incanalata verso il fotocatodo di un fotomoltiplicatore. Il fotocatodo

sfrutta l'effetto fotoelettrico per convertire i fotoni incidenti in corrente di

elettroni, gli elettroni emessi dal fotocatodo sono accelerati e amplifcati

mediante una serie di dinodi i quali generano in uscita un segnale elettrico

26

Page 31: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

continuo. Agendo sul voltaggio applicato ai dinodi, è possibile regolare il

guadagno del PMT. Alcuni moderni sistemi convogliano la luce emessa tramite

PSL (PSL, Photostimulated Luminescence) dall'IP su un CCD (Charge Coupled

Device) che converte in corrente e digitalizza il segnale; l'uso di questi fotodiodi

rende questo tipo di CR competitivo con la più moderna DR (Direct

Radiography).

La digitalizzazione del segnale avviene in due step: il segnale viene

campionato e quantizzato. Il campionamento determina la localizzazione e la

dimensione del segnale PSL proveniente dal PSP (PSP, Photostimulable

Phosphor), la quantizzazione determina il valore medio dell'ampiezza del

segnale dentro il campione (AAPM 2006). Al fne di ottenere pixel quadrati, le

dimensioni di campionamento lungo la scan-direction (trascinamento del plate)

e la sub-scan direction (direzione di scorrimento del pennello del laser) devono

coincidere.

La parte di pre-elaborazione dell'immagine anche chiamata di shading o

di fat-felding serve a ridurre la sensibilità della guida di luce. L'effcienza di

raccolta è attenuata ai bordi del plate perché la guida di luce non campiona

nello stesso modo in cui campiona al centro: queste non uniformità vengono

corrette da dispositivi interni ad ogni apparecchio, dopodiché l'immagine

corretta è mandata sul monitor.

3.3 Radiografia diretta - Direct Radiography

La radiografa diretta (DR, Direct Radiograghy) è la tecnica di imaging

radiologico più moderna e vede il suo sviluppo alla fne del 20-esimo secolo. La

DR richiede apparecchiature dedicate: proprio per questo sostituirla alla

radiografa computerizzata risulta spesso costoso, ha però il vantaggio di

diminuire la dose fornita al paziente senza perdere nella qualità dell'immagine.

I sistemi di rivelazione della DR si dividono in due categorie: diretti ed

indiretti. I sistemi diretti convertono direttamente i raggi X incidenti in carica

elettrica, mentre i rivelatori indiretti necessitano di uno scintillatone che

trasformi i raggi X in luce visibile che viene poi convertita in corrente elettrica. I

sistemi di conversione diretta utilizzano un foto-conduttore di Selenio amorfo a-

27

Page 32: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Se sul quale incidono direttamente i raggi X e una matrice di transistor a

pellicola sottile come nel caso della DR a conversione indiretta. Prima

dell'esposizione del dispositivo ai raggi X viene applicata una differenza di

potenziale all'elettrodo posto sulla parte superiore del Selenio che crea un

campo elettrico attraverso il selenio amorfo; per separare l'elettrodo dal Selenio

viene posto un materiale dielettrico. Quando i raggi X colpiscono il Selenio c'è

la formazione di coppie lacuna-elettrone e le cariche vengono separate sotto

l'infuenza del campo elettrico. Le cariche negative migrano verso l'elettrodo

positivo in superfcie, le cariche positive migrano verso l'elettrodo negativo e

vengono immagazzinate all'interno di condensatori formando l'immagine

latente che viene letta nello stesso modo in cui viene letta l'immagine della

conversione indiretta (Cowen et al 2008).

I sistemi di rivelazione indiretti utilizzati per primi furono quelli basati

sui CCD. I CCD o dispositivi a carica accoppiata furono inventati nei laboratori

Bell nel 1969 e la loro scoperta valse a Bill Boyle e George Smith il premio Nobel

per la fsica nel 2009. Sono sostanzialmente dei transistor MOSFET (metal-

oxide-semiconductor-FET) con numerosi gate. Lo scintillatore è unito al CCD

tramite accoppiamenti ottici per ridurre le dimensioni del fascio di luce visibile

proveniente dallo scintillatone (Figura 7). Vengono usati sia sistemi di lenti sia

rastrematori alle fbre ottiche. Le lenti possono creare distorsioni geometriche e

riduzione della risoluzione spaziale: questi problemi vengono eliminati con

l'uso delle fbre ottiche (Chotas et al 1999).

Figura - 7: schema di conversione indiretta con CCD

Attualmente la modalità di conversione indiretta maggiormente adottata dalle

ditte costruttrici di apparecchiature radiologiche è quella che utilizza uno

scintillatore di ioduro di cesio attivato al tallio (CsI:Tl) che è un eccellente

28

Page 33: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

assorbitore. Lo scintillatore converte i raggi X in luce visibile che incide su una

matrice di fotodiodi di Silicio amorfo idrogenato a-Si:H. Il silicio amorfo è la

forma allotropica non cristallina del silicio, a livello atomico presenta a lungo

range una struttura disordinata, così ha il vantaggio di essere un materiale

immune ai danni delle radiazioni X.

Figura 8: schema di un detettore a conversione indiretta (Cowen et al 2008)

Come mostrato in Figura 8 c'è una matrice di fotodiodi che converte la luce

visibile in carica elettrica, sotto di essa si trova una matrice (AMA, Active

Matrix Array) di transistor a pellicola sottile (TFT, thin-flm transistor), ogni

transistor ha tre elettrodi: source (emettitore), gate (base) e drain (collettore) e

ogni pixel corrisponde all'elettrodo drain ed è connesso ad un capacitore dove

la carica si accumula (Figura 9). Le righe connettono i gate dei TFT e le colonne

connettono i source: durante l'esposizione del paziente ai raggi X i gates sono

chiusi e la carica si immagazzina nei capacitori. Al termine dell'esposizione, per

leggere la riga, si varia il potenziale del gate. Source e drain (i due terminali ai

capi del canale di conduzione nel transistor) sono in contatto e i pixel di ogni

riga scaricano la carica accumulata, i dati vengono messi in serie da un

Multiplexer (un dispositivo con la funzione di selezionare uno tra N dati

presenti all'ingresso e di trasmettere il dato prescelto su una singola linea di

uscita) e il segnale è inviato ad un convertitore analogico-digitale (ADC).

La matrice attiva corrisponde ad una matrice di circa 3001x3001 pixel

(9006001 pixel). Ogni pixel è caratterizzato dalla sua posizione lungo x e y e da

un valore di grigio che esprime l'attenuazione del fascio. I livelli di grigio sono

espressi in bit, se vi sono 12 bit si possono avere 212 diversi livelli di grigio.

Normalmente i rivelatori DR hanno 16384 livelli di grigio (214): maggiore è il

29

Page 34: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

numero di bit disponibili maggiore è il range dinamico.

Figura 9: schema di lettura di una AMA (AIFM 2009).

I miglioramenti più recenti nel campo dei detettori DR consistono

nell'uso di detettori portatili dotati di wif, che permettono un trasferimento

dati più veloce e senza fli e per questi detterori viene usato uno scintillatore di

ioduro di Cesio attivato al Tallio (CsI:Tl), come per i rivelatori DR a conversione

indiretta.

Per concludere, la qualità dell'immagine prodotta dai vari dispositivi

(apparecchiature CR e sistemi DR sia a conversione diretta sia indiretta) può

essere valutata tramite dei parametri fsici come il range dinamico, la

risoluzione spaziale (MTF) e l'effcienza di detezione quantica (DQE, Detective

Quantum Effciency). Il range dinamico è il rapporto tra la massima dose in

entrata e la minima dose in entrata rilevata. Di solito il suo valore è 104:1 sia per

la DR (diretta ed indiretta) sia per la CR. Il valore massimo è determinato dalla

massima carica immagazzinabile dai pixel: per un sistema di conversione

indiretta è tra gli 80 e i 100 μGy, mentre il minimo valore di dose è dato dal

grado di rumore derivante dalla matrice attiva e dalla lettura ed è tra i 20 e i 50

nGy. La MTF (Modulation Transfer Function) dice ad ogni frequenza spaziale

qual è il valore della frazione di contrasto apprezzabile su un'immagine.

La DQE è il parametro più signifcativo per valutare i rivelatori fnora

descritti ed è defnita come:

30

Page 35: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

DQEdetector=SNRdetector2

SNRinput2

(3.1)

dove SNR è il rapporto segnale-rumore.

0≤DQEdetector≤1

(3.2)

I detettori allo stato solido a conversione indiretta hanno un'effcacia compresa

tra 0.6 e 0.7, quelli a conversione diretta e quelli della CR all'incirca 0.35 (Cowen

et al 2008) (Figura 10).

Le apparecchiature DR hanno lo svantaggio, rispetto a quelle CR, di aver

bisogno di attrezzature dedicate e questo le rende più dispendiose, d'altro canto

ai fni radio-protezionistici è importante anche limitare la dose al paziente pur

mantenendo la qualità dell'immagine ai fni diagnostici. I sistemi DR a

conversione indiretta hanno mostrato valori di DQE pari a 0.6-0.7: performance

molto superiori rispetto a quelle dei sistemi a conversione diretta e dei sistemi

CR. I valori di DQE della DR a conversione indiretta hanno una fondamentale

conseguenza: consentono la riduzione della dose al paziente. Per questa ragione

negli ultimi anni i dispositivi DR a conversione indiretta sono quelli più usati,

anche se quelli a conversione diretta sono tutt'ora utilizzati negli esami

mammografci (Cowen et al 2008).

Figura 10: comparazione tra lo spettro DQE nella DR a conversione diretta, indiretta e

CR (Cowen et al 2008).

31

Page 36: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

3.4 Strumenti di misura

I dosimetri sono gli strumenti adibiti alla misura della dose e sono

composti da due parti: un rivelatore ed un apparecchio di misura; si

differenziano tra loro per la diversità di interazione tra la radiazione e il

rivelatore. Si possono distinguere tre categorie di rivelatori: i rivelatori a gas

(camere a ionizzazione, contatori proporzionali e contatori Geiger-Mueller), i

rivelatori a scintillazione ed i rivelatori a semiconduttore. I rivelatori a gas sono

costituiti da una camera riempita di gas (gas nobile o aria) attraversata al suo

interno da un elettrodo isolato rispetto alle pareti della camera. Tra elettrodo

centrale e pareti della camera, tramite una resistenza esterna, viene applicata

una differenza di potenziale che genera un campo elettrico. Quando un fotone

entra in contatto con il gas origina una ionizzazione secondaria a causa

dell'effetto fotoelettrico o dello scattering Compton e, sotto effetto del campo

elettrico, gli elettroni vanno verso l'elettrodo positivo e gli ioni positivi verso

l'elettrodo negativo.

Figura 11: grafico degli ioni raccolti ad elettrodo al variare della tensione.

Come mostrato in Figura 11 se la tensione applicata è troppo bassa la maggior

parte delle cariche formatesi si ricombina e non raggiunge gli elettrodi, nel

grafco tensione-numero di ioni raccolti agli elettrodi questa regione è chiamata

di ricombinazione prima della raccolta. Aumentando la tensione si raggiunge la

zona di saturazione ionica, nella quale si verifca la raccolta completa delle

32

Page 37: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

coppie elettrone-ione: è in questa regione che opera la camera a ionizzazione. Se

si accresce ulteriormente la tensione, gli elettroni secondari vengono accelerati

al punto tale da creare ulteriore ionizzazione nel gas e nei pressi dell'anodo

avviene un effetto a valanga (Effetto Townsend). Questa regione è detta di

proporzionalità vera ed è la regione di funzionamento del contatore

proporzionale. Un successivo, ulteriore, accrescimento della tensione applicata

porta ad aumento della moltiplicazione e ad un impedimento alla raccolta degli

elettroni sull'anodo da parte degli ioni positivi, che sono più lenti. Questa

regione è detta di proporzionalità limitata. Per tensioni ancora più elevate si

producono reazioni a catena lungo tutto l'anodo e non solo in alcuni punti

dell'anodo come avveniva per l'effetto Townsend: in questa regione opera il

contatore Geiger-Mueller.

I rivelatori a scintillazione (Figura 12) sono composti da un materiale

scintillante accoppiato ad un fotomoltiplicatore (o ad un fotodiodo) e possono

essere suddivisi in tre parti: lo scintillatore, dove avviene l'interazione con la

radiazione e l'emissione di luce visibile, la guida di luce o accoppiamento ottico

che raccoglie la luce di scintillazione e il tubo foto-moltiplicatore, nel quale i

fotoni vengono trasformati in segnale elettrico e il segnale è amplifcato. La

radiazione incidente colpisce lo scintillatore cedendo in parte, o totalmente, la

sua energia cinetica e gli atomi eccitati, diseccitatosi, emettono energia sotto

forma di radiazione visibile. Lo scintillatore e il tubo fotomoltiplicatore sono

accoppiati mediante una guida di luce composta di un materiale con lo stesso

indice di rifrazione del materiale scintillante affnché tutta la luce proveniente

da esso arrivi al fotocatodo che, grazie all'effetto fotoelettrico, converte la luce

visibile in corrente. Il fotomoltiplicatore amplifca il debole segnale generatosi

con una serie di elettrodi al suo interno, a diverso potenziale, che accelerano gli

elettroni.

Figura 12: schema di un rivelatore a scintillazione.

33

Page 38: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

I rivelatori a semiconduttore sono costituiti da materiale semiconduttore

racchiuso tra due elettrodi connessi ad un generatore di tensione.

Nel semiconduttore sono presenti una banda di valenza nella quale gli elettroni

sono legati dentro il reticolo e una banda di conduzione nella quale sono liberi

di muoversi; le due bande sono separate da un livello energetico proibito. Un

fotone incidente sul cristallo fa muovere gli elettroni dalla banda di valenza a

quella di conduzione tramite effetto fotoelettrico, effetto Compton o creazione

di coppie. Le coppie elettrone-lacuna così formatesi vengono raccolte sugli

elettrodi grazie al campo elettrico generato dalla differenza di potenziale

applicata ai capi di essi, questa carica raccolta dà luogo a un segnale elettrico. Il

segnale elettrico è proporzionale all'energia ceduta al materiale semiconduttore

da parte del fotone γ. Per la realizzazione di questi dosimetri si possono

utilizzare semiconduttori intrinseci (Silicio e Germanio) o semiconduttori

estrinseci (cioè semiconduttori intrinseci drogati), all'interno di questi ultimi

vengono inserite delle impurità consistenti in atomi pentavalenti (donatori) o

trivalenti (accettori) che ne alterano le proprietà. Se si aggiunge un atomo

pentavalente otteniamo un semiconduttore di tipo n, se aggiungiamo un atomo

trivalente otteniamo un semiconduttore di tipo p. Gli impulsi elettrici che

fuoriescono dal rivelatore devono essere amplifcati.

I dosimetri utilizzati in questa tesi per effettuare le misure di dose sui

fantocci antropomorf sono il Radcal60cc per ESD, l'Unfors ThinX RAD per la

misura Kin e il dosimetro Unfors 510 per la misura di Kout (Figura 13).

Figura 13: i tre dosimetri utilizzati: camera a ionizzazione e dosimetri a stato solido.

34

Page 39: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Il dosimetro Radcal60cc è una camera a ionizzazione con pareti in policarbonato

e rivestimento esterno in grafte conduttiva (Figura 14, 15), le cui caratteristiche

tecniche sono elencate in Tabella 5.

Figura 14: camera a ionizzazione Radcal60cc.

Tabella 5: caratteristiche tecniche Radcal60cc.

Radcal60cc

Rateo di dose 0.01 mR/min fno a 80 R/min

Dose 0.1μR fno a 7 kR

Auto dose 60mR/min soglia

Cine 0.1μR/f

Risoluzione 0.01mR/min e 0.5% or 0.1μR

Dipendenza dall'energia ±5%, 20 keV fno a 1.33 MeV

Dipendenza dal rateo ±5%, 0.002 R/min fno a 200 R/min

35

Page 40: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Figura 15: rivelatore Radcal60cc.

I dispositivi Unfors ThinX RAD e Unfors 510 (Figura 16) sono entrambi

dosimetri a stato solido. L'Unfors Thinx RAD ha la peculiarità di essere

schermato per la radiazione diffusa, mentre il Radcal60cc non lo è. Anche i

rivelatori dell'Unfors 510 hanno, al loro interno, la faccia inferiore schermata

con uno rivestimento di Piombo per impedire alla radiazione di backscatter di

infuenzare la misura, la caratteristiche tecniche dell'Unfors 510 sono elencate in

Tabella 6.

Figura 16: dosimetri a stato solido: Unfors 510 e Unfors ThinX RAD.

36

Page 41: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

I dosimetri allo stato solido hanno il vantaggio di minimizzare i problemi

legati alla dipendenza dall'energia e possiedono rivelatori meccanicamente

stabili, il che li rende meno fragili rispetto alle camere a ionizzazione. L'elevata

sensibilità alle radiazioni del volume di Silicio permette di avere rivelatori di

piccole dimensioni. Questi dosimetri non necessitano di tensione di

polarizzazione e, oltre a ciò, i rivelatori al Silicio sono realizzati in modo che le

misure di dose siano indipendenti da pressione e temperatura.

Tabella 6: caratteristiche tecniche Unfors 510 per misure di dose.

Unfors 510 misure di dose

Riproducibilità <1% per il rateo di dose>1μGy/s<5% per il rateo di dose <1μGy/s

Unità di misura Gray o Roentgen

Dipendenza dalla pressione <0.1%

Dipendenza dalla temperatura <0.1%

Dipendenza dalla diffusione <1%

37

Page 42: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

38

Page 43: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Capitolo 4 Verifica della dose al paziente eseguita su fantocci antropomorfi

4.1 Fantocci antropomorfi

Le verifche di dose superfciale in entrata possono essere effettuate o

direttamente sui pazienti o sui fantocci: i fantocci possono essere antropomorf

(possiedono aspetto e conformazione interna simili al corpo umano), fsici

(corrispondenti ad un singolo blocco di materiale) e matematici. In questa tesi

sono stati utilizzati tre fantocci antropomorf e questa scelta ha permesso di

evitare dosi al paziente. Inoltre i fantocci antropomorf, rispetto alle altre

tipologie riescono a simulare bene l'anatomia umana e di conseguenza

l'attenuazione data dalle ossa, dall'aria e dagli organi. Al loro interno sono

riprodotte fedelmente le densità e la morfologia come si vede bene nella Figura

17 del cranio 3M utilizzato.

Figura 17: cranio 3M.

39

Page 44: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

I fantocci antropomorf rappresentano un maschio medio, alto 175 cm,

con un peso di 74 kg. Questi fantocci sono robusti, facilmente trasportabili e

composti in parte di un materiale equivalente ai tessuti molli, in parte da una

struttura scheletrica, che originariamente era realizzata con ossa umane. Quelli

utilizzati in questa tesi hanno una struttura scheletrica artifciale che riproduce

le interazioni con le radiazioni sia del tessuto trabecolare sia del tessuto

corticale dell'osso (come standardizzato dall'ICRU), il che li rende preferibili

perfno a scheletri provenienti da cadaveri umani, che spesso, a causa della

disidratazione cui sono sottoposti, perdono la loro radio-equivalenza con ossa

“vive”.

Figura 18: torace RSD-77SPL (Radiology Support Device).

La realizzazione del fantoccio, per quanto riguarda la struttura ossea, è

molto dettagliata: il cranio mostra una fgura altamente particolareggiata in cui

sono visibili il seno frontale e sfenoidale, le cavità etmoidali e mastoidali e le

piccole ossa del canale uditivo.

40

Page 45: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Nel fantoccio torace (Figura 18) i polmoni sono modellati su schiuma di

materiale equivalente al tessuto, con la densità di massa di polmoni umani

gonfati e sono collegati alla cavità oro-nasale dal tronco dei bronchi e dalla

trachea, la faringe è riempita con una schiuma simile all'aria. Il fantoccio

dell'addome (Figura 19) contiene: lo stomaco, la cistifellea, la vescica, i reni, il

retto ed il sigma.

Figura 19: addome RSD 113.

41

Page 46: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

4.2 Esami di radiologia proiettiva analizzati

Il lavoro di questa tesi è stato dedicato alla verifca degli indicatori

dosimetrici negli esami più comuni di radiologia proiettiva e, a questo scopo,

abbiamo eseguito misure di dose in entrata con backscatter (ESD) e senza

backscatter (Kin) e misure di dose in uscita (Kout) dal fantoccio utilizzando i

dosimetri descritti nel paragrafo 3.4. Le misure sono state effettuate utilizzando

tre fantocci antropomorf all'interno di alcune sale radiologiche del Policlinico

Sant'Orsola-Malpighi, in due Unità Operative: Radiologia Golferi Albertoni,

Radiologia Golferi Palagi. La nostra attività è stata svolta tra novembre 2012 e

febbraio 2013 conformemente alla disponibilità delle sale e, cosa molto

importante, organizzando le misure in orari nei quali il nostro lavoro non fosse

di intralcio al normale svolgimento delle attività ospedaliere. Le sale esaminate

sono fornite di apparecchiature CR (descritte al paragrafo 3.2), DR (descritte al

paragrafo 3.3) e, alcune, di entrambe. Nella Sala 1 (Pad. Palagi) e nelle Sale 1 e 3

(Pad. Alb.) i dispositivi CR e/o DR sono dotati di esposimetro automatico

(AEC, Automatic Exposure Control) il cui utilizzo, per alcune proiezioni, era

indicato come opportuno. Un esposimetro automatico è composto

sostanzialmente da un rivelatore di dose (a ionizzazione o a stato solido) posto

tra paziente e porta-cassette che consente di modifcare parametri come mA, kV

e tempi in base allo spessore del paziente: si raggiunge così la dose voluta per

l'ottenimento dell'immagine senza fornire una dose inutile al paziente. Gli

esami di radiologia proiettiva, effettuati nelle proiezioni indicate nei moduli di

riferimento, coinvolgono il cranio nella posizione Antero-Posteriore (AP) e

Laterale (LAT), il torace Postero-Anteriore (PA) e LAT, l'addome AP e LAT, il

rachide lombare AP e LAT, il rachide lombo-sacrale AP e LAT, la pelvi AP ed il

tratto urinario (urografa) in posizione AP. Gli esami al torace si effettuano

abitualmente in posizione PA per evitare di irraggiare eccessivamente il cuore

che è un organo radio-sensibile.

42

Page 47: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

4.3 Misure di dose sui fantocci

In fase di esecuzione delle misure si sono innanzitutto collocati i fantocci

antropomorf sopra il lettino radiologico come se fossero pazienti veri, il fascio

di raggi X è stato centrato nel punto esatto segnato sul fantoccio muovendo

manualmente lo stativo e infne i fantocci sono stati fssati accuratamente con

nastro adesivo affnché non si muovessero durante la raccolta dati e, cosa non

meno importante, non si danneggiassero cadendo (Figura 20).

Figura 20: cranio 3M in posizione AP con le camere Radcal60cc e Unfors ThinX RAD

posizionate sopra.

Dopo aver centrato il fascio sul fantoccio ed aver posizionato il tubo

radiogeno alla distanza indicata sul modulo (FDD, focus-detector distance) si

sono collocate sopra il fantoccio la camera Radcal60cc (per la misura di ESD)

insieme al dosimetro Unfors ThinX RAD (per la misure di Kin), fssandoli con

adesivo e stabilizzandoli con garze in modo che fossero perpendicolari al fascio

di raggi X e avessero il rivelatore al centro del campo (Figura 20). Dopodiché è

stata misurata la distanza fuoco-cute (FSD, Focus-Skin Distance) partendo dalla

posizione del fuoco nel tubo radiogeno. Quando gli esami che coinvolgono il

torace sono stati svolti in sale provviste di stativo pensile, il torace è stato

appoggiato su di un supporto (un carrello o un tavolo) come fosse un paziente

in posizione ortostatica e dopo aver centrato il fascio sono state eseguite le

misurazioni come fatto con i fantocci “sdraiati” sul lettino. Alla fne il rivelatore

43

Page 48: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

dell'Unfors 510 è stato fssato con l'adesivo sotto il fantoccio posizionandolo

sull'asse centrale del fascio (Figura 21) e sono stati impostati sul tavolo di

comando dell'apparecchiatura radiologica i valori fornitici.

Figura 21: torace RSD-77SPL con esposimetri fissati.

I valori che sono stati impostati per gli esami dei vari distretti corporei, in

ognuna della proiezioni studiate, sono quelli usati nella pratica clinica su un

“paziente standard” e sono stati forniti dal Responsabile dell'impianto

radiologico in collaborazione con il personale Tecnico Sanitario di Radiologia

Medica che esegue le procedure compilando un questionario appositamente

predisposto dall'Esperto in Fisica Medica. I principali valori da impostare sono

la tensione (kV), la corrente (mA), il prodotto corrente-tempo (mAs), la distanza

fuoco-detector (FDD) e il formato della cassetta eventualmente utilizzata con

l'esposimetro automatico. I valori selezionati al tavolo di comando sono elencati

in Tabella 7. Ogni esposizione è stata eseguita con fuoco grande. I valori letti dai

dosimetri dopo l'esposizione dei fantocci sono riportati nelle ultime colonne di

Tabella 7.

44

Page 49: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Per ogni esame è stata fatta una esposizione per evitare di causare il

danneggiamento del tubo radiogeno, che ha una funzione clinica e non è fatto

apposta per eseguirvi misure. Tutti gli apparecchi radiologici sono controllati

annualmente ai sensi del D.Lgs 187/00 per verifcare, tra gli altri parametri, la

riproducibilità dell'output del tubo radiogeno (inteso come Kerma in aria per

unità di prodotto corrente x tempo, misurato sull'asse centrale del fascio a 75cm

dalla macchia focale) e la linearità dei mAs impostati per diverse combinazioni

di corrente e tempi.

Figura 22: immagine del cranio in posizione laterale ottenuta con apparecchiatura DR.

Il coeffciente di variazione dell'output (cioè la deviazione standard di più

misure di output consecutive normalizzata alla media delle misure stesse, a

parità di tensione, mA e s impostati) è risultato essere inferiore al 5% per tutte le

apparecchiature considerate. Analogamente il coeffciente di linearità dei mAs,

ottenuto misurando l'output a parità di tensione, ma cambiando il valore dei

mAs, è risultato <5% per ogni apparecchiature usata in questa tesi.

45

Page 50: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Due esempi delle immagini radiologiche ottenute sono riportati nelle Figure 22

e 23 per i fantocci cranio e torace rispettivamente.

Figura 23: immagine del torace RSD-77SPL in posizione PA ottenuta con un sistema

DR.

46

Page 51: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Tabella 7: valori impostati su tavolo di comando e misure grezze di ESD, Kin,

Kout (nella colonna “Sala”:P=Padiglione Palagi, A=Padiglione Albertoni).

continua

47

Sala Apparecchio Tensione t I FSD FDD

[kV] [mA] [mAs] [cm] [cm] [mGy] [mGy] [μGy]Cranio APCR P1 70 250 100 25 75 100 2.25 1.8 21.07CR AEC P1 94 425 12 5.1 75 100 0.78 0.70 12.91CR P4 Stratigrafo 80 250 100 25 81 107 1.88 1.75 20.25DR P4 Stratigrafo 75 200 100 20 81 107 1.43 1.28 16.23CR A1 Stratigrafo 80 250 100 25 80 100 2.91 2.71 39.34CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 80 100 1.18 1.1 15.85CR A2 Pensile 80 200 100 20 82 100 1.32 1.11 21.04DR A3 DR 77 125 100 12.5 85 110 1.05 N/A 12.70DR AEC A3 DR 77 7.9 608 4.8 82 110 0.42 N/A 4.94CR A4 Stat. a col. 70 250 100 25 91 100 1.10 1.09 11.52

CR P1 70 200 100 20 77 100 1.65 1.5 33.84CR AEC P1 94 420 10 4.2 77 100 0.56 0.55 18.84CR P4 Stratigrafo 80 200 100 20 84 107 1.61 1.41 40.61DR P4 Stratigrafo 70 200 100 20 84 107 1.19 1.04 23.07CR A1 80 200 100 20 82 100 2.11 2.02 51.12CR AEC A1 80 63 160 10.08 82 100 1.06 1.03 26.80CR A2 Pensile 78 200 100 20 86 100 1.14 1.02 38.08DR A3 DR 70 13.8 899 12.4 88 110 0.84 0.82 20.39DR AEC A3 DR 70 6.5 877 5.7 88 110 0.35 N/A 9.13CR A4 Stat. a col. 70 200 100 20 97 100 0.84 0.80 20.78

CR P1 Pensile 86 16 100 1.6 100 120 0.11 0.09 2.23CR P3 125 66 100 6.6 105 125 0.94 0.82 38.57CR P4 Stratigrafo 125 50 100 5 121 150 0.53 0.43 16.53DR P4 Stratigrafo 110 40 100 4 121 150 0.33 0.27 8.48CR A1 Pensile 100 16 100 1.6 75 100 0.41 0.37 6.21 CR A2 Pensile 120 50 100 5 125 150 0.40 0.32 17.80DR A3 DR 125 20 115 2.3 128 150 0.27 0.22 9.99DR AEC A3 DR 125 3.4 500 1.7 121 150 0.22 N/A 8.94

CR P3 125 53 100 5 91 135 1.00 0.95 1.87CR P4 Stratigrafo 125 80 100 8 108 150 1.06 0.88 19.75DR P4 Stratigrafo 115 63 100 6.3 108 150 0.70 0.58 11.46CR A2 Pensile 125 80 100 8 115 150 0.76 0.63 22.39DR A3 DR 125 20 490 9.8 115 150 1.42 1.21 39.85DR AEC A3 DR 125 7.7 442 3.4 107 150 0.56 N/A 6.00

CR P1 80 320 100 32 65 100 5.29 4.72 45.60CR AEC P1 80 65 522 33.9 65 100 5.25 4.94 42.39CR P4 Stratigrafo 80 320 100 32 67 100 4.35 3.58 33.91DR P4 Stratigrafo 75 250 100 25 67 100 2.95 2.44 19.90CR A1 80 320 100 32 70 100 4.98 4.19 30.27CR AEC A1 80 N/A 160 N/A 70 100 4.32 3.64 31.22CR A2 Pensile 85 250 100 25 88 100 1.67 1.4 16.62DR A3 DR 77 25 796 19.9 88 100 1.86 1.64 13.84DR AEC A3 DR 77 27.1 823 22.3 75 110 2.69 2.46 16.72CR A4 Stat. a col. 80 400 100 40 64 100 4.15 3.41 38.99

CR P1 90 400 100 40 65 100 9.37 7.69 39.33CR AEC P1 80 56 514 28.8 65 100 4.96 4.32 22.44CR P4 Stratigrafo 80 400 100 40 66 100 5.67 4.77 31.53DR P4 Stratigrafo 80 320 100 32 66 100 4.54 3.81 24.78CR A1 90 400 100 40 64 100 4.15 3.41 38.99CR AEC A1 90 N/A 125 N/A 64 100 9.06 7.76 35.17CR A2 Pensile 90 400 100 40 73 100 4.17 3.57 1.53DR A3 DR 77 25 796 19.9 70 100 4.76 3.88 30.38DR AEC A3 DR 77 49.4 826 40.8 70 110 2.75 2.06 10.89CR A4 Stat. a col. 85 630 100 63 62 100 5.94 N/A 15.97

Modalità Ixt ESD raw Kin

raw Kout

raw

[ms]

Telec.Telec.

Cranio LAT Telec.Telec.

Telec.Telec.

Torace PA

Chest changer

Torace LATChest changer

Addome APTelec.Telec.

Telec.Telec.

Addome LATTelec.Telec.

Telec.Telec.

Page 52: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

48

Sala Apparecchio Tensione t I FSD FDD

[kV] [mA] [mAs] [cm] [cm] [mGy] [mGy] [μGy]

CR P1 80 630 100 63 65 100 10.07 8.52 53.82CR AEC P1 80 102 479 48.9 65 100 7.65 6.65 49.10CR P4 Stratigrafo 80 630 100 63 70 100 7.63 6.36 51.90DR P4 Stratigrafo 80 400 100 40 70 100 4.88 4.06 33.65CR A1 Stratigrafo 80 630 100 63 73 100 9.45 7.66 44.60CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 73 100 9.62 8.03 45.74CR A2 Pensile 80 630 100 63 88 100 9.00 7.51 48.63DR A3 DR 77 100 125 12.5 88 100 3.63 3.00 31.04DR AEC A3 DR 77 38.4 823 31.6 76 110 1.14 0.99 7.19DR A4 Stat. a col. 80 630 100 63 68 100 3.86 3.38 21.81

CR P1 80 800 100 80 65 100 15.29 12.30 54.47CR AEC P1 80 80 484 38.7 65 100 7.08 5.92 21.61CR P4 Stratigrafo 80 800 100 80 66 100 11.88 10.00 49.52DR P4 Stratigrafo 80 630 100 63 66 100 9.39 7.92 39.41CR A1 Stratigrafo 90 800 100 80 67 100 6.68 5.40 51.81CR con AECA1 Stratigrafo 90 N/A 125 N/A 67 100 18.15 15.60 57.85CR A2 Pensile 85 630 100 63 78 100 6.97 5.98 29.61DR A3 DR 90 100 320 32 71 100 6.75 5.77 24.35DR AEC A3 DR 90 30.1 718 21.6 68 110 5.95 4.52 20.86CR A4 Stat. a col. 80 800 100 80 59 100 4.25 N/A 19.06

CR P1 80 630 100 63 65 100 10.07 8.52 53.53CR AEC P1 80 102 479 48.9 65 100 7.65 6.64 49.04CR P4 Stratigrafo 80 630 100 63 70 100 7.65 6.40 53.11DR P4 Stratigrafo 80 400 100 40 70 100 4.87 4.06 33.21CR A1 Stratigrafo 80 630 100 63 73 100 10.48 8.98 40.87CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 73 100 9.63 8.04 45.43CR A2 Pensile 80 630 100 63 88 100 9.05 7.75 48.61DR A3 DR 77 100 159 15.9 88 100 3.63 3.00 30.30DR con AECA3 DR 77 38.4 823 31.6 76 110 1.47 1.23 9.52CR A4 Stat. a col. 80 630 100 63 68 100 3.87 3.39 21.89Rachide lombo-sacraleLATCR P1 90 800 100 80 65 100 N/A 16.00 89.98CR AEC P1 90 56 404 22.6 65 100 5.31 4.45 21.01CR P4 Stratigrafo 85 800 100 80 100 100 13.63 11.50 63.95DR P4 Stratigrafo 85 630 100 63 66 100 10.73 9.02 50.13CR A1 Stratigrafo 90 800 100 80 67 100 6.71 5.42 51.93CR AEC A1 Stratigrafo 90 N/A 125 N/A 67 100 18.15 15.70 57.99CR A2 Pensile 85 800 100 80 78 100 6.97 5.97 29.75DR A3 DR 90 100 320 32 71 100 8.53 7.31 31.20DR AEC A3 DR 90 212 100 21.2 68 110 5.94 4.54 20.50CR A4 Stat. a col. 90 800 100 80 59 100 4.41 3.70 18.70

CR P4 Stratigrafo 80 250 100 25 70 100 3.22 2.69 20.69DR P4 Stratigrafo 75 200 100 20 70 100 2.28 1.91 12.51CR A1 Stratigrafo 80 250 100 25 72 100 3.82 3.12 15.91CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 72 100 10.29 8.38 48.50CR A2 Pensile 80 200 100 20 88 100 1.17 0.97 9.30DR A3 DR 77 25 796 19.9 88 100 1.84 1.60 10.36DR AEC A3 DR 77 39.9 825 2.9 78 110 3.93 3.41 20.56CR A4 Stat. a col. 80 250 100 25 65 100 2.59 2.12 18.15

CR P1 80 320 100 32 65 100 5.31 4.72 45.87CR AEC P1 80 65 522 33.9 65 100 5.27 4.94 42.39CR P4 Stratigrafo 80 320 100 32 67 100 4.36 3.59 34.14DR P4 Stratigrafo 80 250 100 25 67 100 3.42 2.80 26.70CR A1 Stratigrafo 80 320 100 32 70 100 5.01 4.20 30.42CR AEC A1 Stratigrafo 80 N/A 160 N/A 70 100 4.29 3.61 31.21

Modalità Ixt ESD raw Kin

raw Kout

raw

[ms]Rachide lombare AP

Telerad.Telerad.

Rachide lombare LATTelerad.Telerad.

Rachide lombo-sacrale AP Telerad.Telerad.

Telerad.Telerad.

Pelvi AP

Urografia APTelerad.Telerad.

Page 53: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Tutti gli strumenti di misura da noi utilizzati erano stati prima calibrati

presso un centro ACCREDIA-SIT (Servizio di taratura in Italia).

Le rette di calibrazione degli strumenti (Figura 24) sono state ottenute tramite i

fattori di taratura fornitici dal centro ed in questo modo è stato possibile

calcolare i coeffcienti di taratura per tutti gli strumenti ed applicarli alle misure

di dose effettuate in funzione delle energie dei fasci utilizzati.

Figura 24: rette di calibrazione per Unfors ThinX RAD e Unfors 510.

In modo analogo anche per il Radcal60cc, tarato annualmente presso un

centro ACCREDIA-SIT, è stata calcolata una retta di calibrazione come per gli

altri due dosimetri e sono stati ricavati i fattori di taratura da applicare ai valori

di ESDraw. I valori di ESDcorr, Kincorr, Koutcorr sono riportati in Tabella 8.

49

(keV) X(kV)39 70 1,0239 70 1,02

45,8 90 1,0254,5 120 1,01

Unfors ThinX RAD

65 75 85 95 105 115 1250,9

0,95

1

1,05

1,1

f(x) = -1,89E-016x + 9,97E-001R² = 1,08E-025

f(x) = -0,0002x + 1,0345R² = 0,8408

Retta di calibrazione Unfors ThinX RAD e Unfors 510

Unfors ThinX RAD

Lineare (Unfors ThinX RAD)

Unfors 510

kV

Fatto

ri di

tara

tura

Page 54: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Tabella 8: valori di ESDcorr, Kincorr, Kout corr(nella colonna “Sala”:P=Padiglione

Palagi, A=Padiglione Albertoni).

continua

50

Sala Apparecchio

[mGy] [mGy] [µGy]

Cranio APCR P1 2.30 1.84 21.07CR AEC P1 0.80 0.7 9.07CR P4 Stratigrafo 1.92 1.78 35.97DR P4 Stratigrafo 1.45 1.3 21.14CR A1 Stratigrafo 2.97 2.75 39.14CR AEC A1 Stratigrafo 1.21 1.12 15.77CR A2 Pensile 1.35 1.13 20.93DR A3 DR 1.08 N/A 12.66DR AEC A3 DR 0.43 N/A 4.93CR A4 Stat. a col. 1.12 1.11 11.52

CR P1 1.68 1.53 51.78CR AEC P1 0.57 0.56 10.46CR P4 Stratigrafo 1.65 1.43 58.12DR P4 Stratigrafo 1.22 1.06 24.47CR A1 2.15 2.05 50.86CR AEC A1 1.08 1.05 26.67CR A2 Pensile 1.16 1.04 37.93DR A3 DR 0.85 0.83 20.39DR AEC A3 DR 0.35 N/A 9.13CR A4 Stat. a col. 0.85 0.82 20.78

CR P1 Pensile 0.11 0.09 0.21CR P3 0.96 0.81 31.24CR P4 Stratigrafo 0.54 0.43 7.09DR P4 Stratigrafo 0.33 0.27 2.28CR A1 Pensile 0.41 0.37 6.11 CR A2 Pensile 0.40 0.32 17.36DR A3 DR 0.27 0.21 9.71DR AEC A3 DR 0.22 N/A 8.7

CR P3 1.02 0.94 17.59CR P4 Stratigrafo 1.08 0.87 17.17DR P4 Stratigrafo 0.72 0.58 6.66CR A2 Pensile 0.77 0.62 21.77DR A3 DR 1.44 1.2 38.75DR AEC A3 DR 0.57 N/A 5.84

CR P1 5.39 4.79 218.46CR AEC P1 5.36 5.01 212.55CR P4 Stratigrafo 4.44 3.63 123.22DR P4 Stratigrafo 3.01 2.48 49.41CR A1 5.08 4.25 30.12CR AEC A1 4.41 3.69 31.06CR A2 Pensile 1.70 1.42 16.5DR A3 DR 1.90 1.67 13.79DR AEC A3 DR 2.75 2.5 16.66CR A4 Stat. a col. 4.23 3.46 38.8

CR P1 9.56 7.77 305.47CR AEC P1 5.06 4.38 98.39CR P4 Stratigrafo 5.78 4.84 152.65DR P4 Stratigrafo 4.63 3.87 95.83CR A1 9.24 7.84 34.82CR AEC A1 4.26 3.61 1.51CR A2 Pensile 4.86 3.92 30.08DR A3 DR 2.8 2.09 10.85DR AEC A3 DR 6.05 N/A 15.91CR A4 Stat. a col. 9.63 7.76 44.27

Modalità ESDcorr Kin

corr Kout

corr

Telec.Telec.

Cranio LAT Telec.Telec.

Telec.Telec.

Torace PA

Chest changer

Torace LATChest changer

Addome APTelec.Telec.

Telec.Telec.

Addome LATTelec.Telec.

Telec.Telec.

Page 55: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

51

Sala Apparecchio

[mGy] [mGy] [µGy]

CR P1 10.27 8.65 465.42CR AEC P1 7.80 6.75 331.41CR P4 Stratigrafo 7.78 6.46 335.04DR P4 Stratigrafo 4.98 4.12 138.67CR A1 Stratigrafo 9.81 8.15 45.51CR AEC A1 Stratigrafo 9.18 7.62 48.39CR A2 Pensile 3.7 3.05 30.88DR A3 DR 1.17 1.01 7.16DR AEC A3 DR 3.94 3.44 21.73DR A4 Stat. a col. 6.81 5.48 51.55

CR P1 15.60 12.48 680.03CR AEC P1 7.23 6.01 129.85CR P4 Stratigrafo 12.12 10.15 502.63DR P4 Stratigrafo 9.57 8.04 316.81CR A1 Stratigrafo 18.52 15.76 57.27CR AEC A1 Stratigrafo 7.1 6.04 29.31CR A2 Pensile 6.88 5.84 24.17DR A3 DR 6.07 4.57 20.65DR AEC A3 DR 4.34 N/A 18.87CR A4 Stat. a col. 10.69 9.11 40.67

CR P1 10.27 8.65 462.92CR AEC P1 7.81 6.74 330.51CR P4 Stratigrafo 7.81 6.5 345.00DR P4 Stratigrafo 4.97 4.12 126.86CR A1 Stratigrafo 9.82 8.16 45.2CR AEC A1 Stratigrafo 9.23 7.87 48.37CR A2 Pensile 3.70 3.05 30.15DR A3 DR 1.50 1.25 9.49DR AEC A3 DR 3.95 3.45 21.81CR A4 Stat. a col. 6.84 5.5 51.67Rachide lombo-sacrale LATCR P1 N/A 16.16 1454.08CR AEC P1 5.42 4.49 94.43CR P4 Stratigrafo 13.91 11.64 744.62DR P4 Stratigrafo 10.95 9.13 457.82CR A1 Stratigrafo 18.52 15.86 57.41CR AEC A1 Stratigrafo 7.11 6.03 29.45CR A2 Pensile 8.71 7.4 30.97DR A3 DR 6.06 4.59 20.30DR AEC A3 DR 4.50 3.74 18.51CR A4 Stat. a col. 11.73 9.9 57.77

CR P4 Stratigrafo 3.28 2.73 56.49DR P4 Stratigrafo 2.32 1.94 24.31CR A1 Stratigrafo 3.90 3.17 15.83CR AEC A1 Stratigrafo 0.45 8.51 48.26CR A2 Pensile 1.19 0.99 9.25DR A3 DR 1.87 1.63 10.32DR AEC A3 DR 4.00 3.47 20.49CR A4 Stat. a col. 2.64 2.15 18.06

CR P1 5.42 4.79 219.75CR AEC P1 5.37 5.01 212.55CR P4 Stratigrafo 4.45 3.64 124.40DR P4 Stratigrafo 3.48 2.84 75.88CR A1 Stratigrafo 5.11 4.26 30.27CR AEC A1 Stratigrafo 4.37 3.66 31.05

Modalità ESDcorr Kin

corr Kout

corr

Rachide lombare AP Telerad.Telerad.

Rachide lombare LATTelerad.Telerad.

Rachide lombo-sacrale AP Telerad.Telerad.

Telerad.Telerad.

Pelvi AP

Urografia APTelerad.Telerad.

Page 56: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Tabella 9: rapporto tra le misure eseguite: ESDcorr/Kincorr, Koutcorr/ESDcorr e tra Koutcorr/Kincorr (nella colonna “Sala”: P=Padiglione Palagi, A=Padiglione Albertoni).

continua

52

Sala Apparecchio

Cranio APCR P1 1.25 0.009 0.012CR AEC P1 1.12 0.017 0.019CR P4 Stratigrafo 1.07 0.011 0.012DR P4 Stratigrafo 1.11 0.011 0.013CR A1 Stratigrafo 1.07 0.014 0.015CR AEC A1 Stratigrafo 1.08 0.013 0.014CR A2 Pensile 1.19 0.016 0.019DR A3 DR N/A 0.012 N/ADR AEC A3 DR N/A 0.012 N/ACR A4 Stat. a col. 1.01 0.010 0.011

CR P1 1.10 0.021 0.023CR AEC P1 1.01 0.034 0.034CR P4 Stratigrafo 1.15 0.025 0.029DR P4 Stratigrafo 1.15 0.019 0.022CR A1 1.04 0.024 0.025CR AEC A1 1.03 0.025 0.026CR A2 Pensile 1.12 0.033 0.037DR A3 DR 1.02 0.024 0.025DR AEC A3 DR N/A 0.026 N/ACR A4 Stat. a col. 1.04 0.025 0.026

CR P1 Pensile 1.17 0.021 0.024CR P3 1.16 0.041 0.047CR P4 Stratigrafo 1.23 0.031 0.038DR P4 Stratigrafo 1.22 0.026 0.032CR A1 Pensile 1.10 0.015 0.017CR A2 Pensile 1.24 0.045 0.056DR A3 DR 1.24 0.037 0.046DR AEC A3 DR N/A 0.041 N/A

CR P3 1.06 0.019 0.020CR P4 Stratigrafo 1.21 0.019 0.023DR P4 Stratigrafo 1.20 0.016 0.020CR A2 Pensile 1.21 0.030 0.036DR A3 DR 1.17 0.028 0.033DR AEC A3 DR N/A 0.011 N/A

CR P1 1.12 0.009 0.010CR AEC P1 1.06 0.008 0.009CR P4 Stratigrafo 1.22 0.008 0.009DR P4 Stratigrafo 1.21 0.007 0.008CR A1 1.19 0.006 0.007CR AEC A1 1.19 0.007 0.009CR A2 Pensile 1.19 0.010 0.012DR A3 DR 1.14 0.007 0.008DR AEC A3 DR 1.09 0.006 0.007CR A4 Stat. a col. 1.22 0.009 0.011

CR P1 1.22 0.004 0.005CR AEC P1 1.15 0.005 0.005CR P4 Stratigrafo 1.19 0.006 0.007DR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.007CR A1 1.17 0.004 0.005CR AEC A1 1.17 0.0004 0.0004CR A2 Pensile 1.23 0.006 0.008DR A3 DR 1.33 0.004 0.005DR AEC A3 DR N/A 0.003 N/ACR A4 Stat. a col. 1.23 0.005 0.006

Modalità ESDcorr/Kin

corr Kout

corr/ESDcorr Kout

corr/Kin

corr

Telec.Telec.

Cranio LAT Telec.Telec.

Telec.Telec.

Torace PA

Chest changer

Torace LATChest changer

Addome APTelec.Telec.

Telec.Telec.

Addome LATTelec.Telec.

Telec.Telec.

Page 57: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

53

Sala Apparecchio

CR P1 1.18 0.005 0.006CR AEC P1 1.15 0.006 0.007CR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008DR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008CR A1 Stratigrafo 1.13 0.009 0.010CR AEC A1 Stratigrafo 1.07 0.008 0.009CR A2 Pensile 1.21 0.008 0.010DR A3 DR 1.22 0.008 0.010DR AEC A3 DR 1.13 0.009 0.010DR A4 Stat. a col. 1.07 0.008 0.009

CR P1 1.24 0.004 0.004CR AEC P1 1.20 0.003 0.004CR P4 Stratigrafo 1.19 0.004 0.005DR P4 Stratigrafo 1.19 0.004 0.005CR A1 Stratigrafo 1.16 0.003 0.004CR AEC A1 Stratigrafo 1.16 0.004 0.005CR A2 Pensile 1.17 0.004 0.004DR A3 DR 1.32 0.004 0.005DR AEC A3 DR N/A 0.004 N/ACR A4 Stat. a col. 1.17 0.004 0.005

CR P1 1.18 0.005 0.006CR AEC P1 1.15 0.006 0.007CR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008DR P4 Stratigrafo 1.20 0.007 0.008CR A1 Stratigrafo 1.20 0.005 0.006CR AEC A1 Stratigrafo 1.17 0.005 0.006CR A2 Pensile 1.21 0.008 0.010DR A3 DR 1.19 0.006 0.008DR AEC A3 DR 1.14 0.006 0.006CR A4 Stat. a col. 1.24 0.008 0.010Rachide lombo-sacrale LATCR P1 N/A N/A 0.006CR AEC P1 1.19 0.004 0.005CR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.006DR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.006CR A1 Stratigrafo 1.16 0.003 0.004CR AEC A1 Stratigrafo 1.17 0.004 0.005CR A2 Pensile 1.17 0.004 0.004DR A3 DR 1.31 0.003 0.005DR AEC A3 DR 1.19 0.004 0.005CR A4 Stat. a col. 1.17 0.005 0.006

CR P4 Stratigrafo 1.20 0.006 0.008DR P4 Stratigrafo 1.19 0.005 0.007CR A1 Stratigrafo 1.23 0.004 0.005CR AEC A1 Stratigrafo 1.23 0.005 0.006CR A2 Pensile 1.20 0.008 0.010DR A3 DR 1.15 0.006 0.006DR AEC A3 DR 1.15 0.005 0.006CR A4 Stat. a col. 1.22 0.007 0.009

CR P1 1.13 0.009 0.010CR AEC P1 1.07 0.008 0.009CR P4 Stratigrafo 1.21 0.008 0.010DR P4 Stratigrafo 1.22 0.008 0.010CR A1 Stratigrafo 1.19 0.006 0.007CR AEC A1 Stratigrafo 1.19 0.007 0.009

Modalità ESDcorr/Kin

corr Kout

corr/ESDcorr Kout

corr/Kin

corr

Rachide lombare AP Telerad.Telerad.

Rachide lombare LATTelerad.Telerad.

Rachide lombo-sacrale AP Telerad.Telerad.

Telerad.Telerad.

Pelvi AP

Urografia APTelerad.Telerad.

Page 58: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

4.4 Considerazioni sulle misure effettuate

Confrontando i valori di ESDcorr forniti dai si sistemi DR e CR per i

medesimi esami clinici si evince un dato notevole: nella quasi totalità dei casi il

sistema DR ha erogato una dose inferiore rispetto alla CR, confermando in

questo modo quanto già riscontrato in letteratura (Compagnone et al 2006).

Nell'esame dell'addome LAT e del rachide lombare è stato possibile, tramite

DR, dimezzare la dose al fantoccio. In un caso eclatante, la dose per un esame al

rachide lombare in posizione AP è risultata ridotta ad un ottavo con l'uso della

DR, ad un sesto per il rachide lombo-sacrale AP. Le differenze meno

signifcative tra DR e CR si notano per gli esami al torace LAT e PA.

Gli esami svolti sul cranio in posizione AP evidenziano una dose superiore

rispetto a quelli in posizione LAT e questo è conforme al fatto che lateralmente

il cranio ha uno spessore inferiore. Per quanto riguarda il torace le dosi ricevute

dal fantoccio in posizione LAT sono superiori a quelle ricevute in posizione PA

e anche questo dato è coerente col fatto che lo spessore laterale del torace è

maggiore rispetto allo spessore frontale così come, per lo stesso motivo, anche

per l'addome e per il rachide le dosi sono inferiori in posizione AP rispetto alla

posizione LAT.

La Tabella 9 mostra per tutte le proiezioni da noi esaminate il rapporto

tra ESDcorr e Kincorr. Nelle linee guida europee per gli esami di radiologia

convenzionale sui pazienti adulti viene fornito per semplicità un valore unico e

questo rapporto, anche detto fattore di backscatter (BSF), è pari a 1.35. In realtà

il BSF dipende da molti fattori (energia del fascio, dimensione delle campo, etc)

e quindi aver misurato sul campo quali siano i valori reali di BSF per i vari

esami radiologici è senz'altro un risultato che potrà essere utile nella eventuale

futura implementazione di algoritmi matematici per il calcolo di dose nelle

procedure radiologiche eseguite durante la normale attività clinica. I nostri dati

sperimentali sono in completo accordo con il valore delle linee guida europee in

quanto mostrano tutti un rapporto inferiore al 35%, con un range di fattori

compreso tra 1.03 e 1.33: per il cranio tra 1.03 e 1.25, per il torace tra 1.06 e 1.24,

per l'addome tra 1.06 e 1.33, per il rachide lombare tra 1.07 e 1.32, per il rachide

lombo-sacrale tra 1.14 e 1.31, la pelvi tra 1.15 e 1.23 e l'urografa tra 1.07 e 1.22.

La Tabella 10 mostra i fattori di trasmissione per i tre fantocci

54

Page 59: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

antropomorf nelle varie proiezioni esaminate: per ottenere questi valori è stato

calcolato il rapporto tra Koutcorr e ESDcorr. Il fattore di trasmissione mostra la

percentuale di dose che fuoriesce dal fantoccio (quindi dal paziente) ed è quindi

correlato anche alla quantità di dose che rimane all'interno del paziente: la

piccola percentuale di Kout è quella responsabile della formazione

dell'immagine.

Tabella 10: fattori di trasmissione calcolati per le diverse proiezioni per i tre

fantocci antropomorf.

Un possibile ed interessante sviluppo futuro del lavoro presentato in

questa tesi potrà essere proprio il calcolo di ulteriori parametri dosimetrici, ad

esempio la dose effcace, a partire da quelli elaborati.

55

Proiezione Fattore di trasmissione

Cranio AP

Cranio LAT 0.026 ± 0.005

Torace PA 0.032 ± 0.011

Torace LAT 0.020 ± 0.007

Addome AP

Addome LAT 0.004 ± 0.002

Rachide lombare AP

Rachide lombare LAT

Rachide lombo-sacrale AP

Rachide lombo-sacrale LAT

Pelvi AP

Urografa

0.013 ± 0.002

0.0078 ± 0.0013

0.0074 ± 0.0011

0.0038 ± 0.0005

0.0064 ± 0.0011

0.0041 ± 0.0006

0.0058 ± 0.0012

0.0076 ± 0.0009

Page 60: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

56

Page 61: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Conclusioni

In questo lavoro di tesi ci siamo dedicati ad effettuare misure di ESD, K in

e Kout su tre fantocci antropomorf. Le apparecchiature radiologiche utilizzate

hanno permesso di ottenere i dati per i due sistemi di acquisizione di immagine

attualmente in uso: la CR e la DR.

I numerosi dati acquisiti hanno reso possibile un confronto tra le dosi

erogate dai due sistemi, verifcando la corrispondenza dei nostri risultati con

quelli presenti in letteratura. Si è notato come la DR nella quasi totalità degli

esami fornisca una dose inferiore rispetto alla CR: in casi emblematici la dose

erogata dalla DR, per il medesimo esame, nella medesima proiezione, risulta

inferiore ad un ottavo rispetto alla dose fornita dalla CR. Grazie alle misure di

dose effettuate si sono potuti calcolare anche i fattori di backscatter per ogni

proiezione, facendo il rapporto tra ESDcorr e Kincorr. I risultati ottenuti per i

BSF sono in completo accordo con il valore indicato nelle linee guida europee,

ovvero 1.35. L'aver calcolato questi fattori è un risultato importante che in

futuro potrebbe essere usato per implementare algoritmi matematici per il

calcolo di dose nelle procedure radiologiche eseguite durante l'attività clinica.

Sono stati inoltre calcolati i fattori di trasmissione dei tre fantocci nelle 11

proiezioni in esame, tramite il rapporto tra Koutcorr e ESDcorr. I fattori di

trasmissione mostrano la percentuale di dose che fuoriesce dal fantoccio (quindi

dal paziente), percentuale connessa alla quantità di dose che rimane all'interno

del corpo del paziente. Poiché l'attenuazione del fantoccio dipende dal suo

spessore ci si aspetta che, ad esempio, il fantoccio cranio nella proiezione AP,

avendo un spessore superiore, mostri un fattore di trasmissione minore rispetto

al cranio in proiezione laterale e che quindi nella proiezione LAT fuoriesca una

quantità di dose più elevata. I risultati ottenuti si sono dimostrati coerenti con le

aspettative.

Un possibile ed interessante sviluppo futuro del lavoro presentato in

questa tesi potrà essere proprio il calcolo di ulteriori parametri dosimetrici, ad

esempio la dose effcace, a partire da quelli elaborati.

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Page 62: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

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Page 63: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

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2008.

60

Page 65: Verifica di indicatori dosimetrici negli esami di radiologia proiettiva

Ringraziamenti

Un sentito ringraziamento alla Professoressa Maria Pia Morigi per la sua

gentilezza e per aver intuito in quale struttura avrei potuto svolgere la mia

attività di tesi con entusiasmo. Ringrazio il Dottor Gaetano Compagnone per

avermi dato la possibilità di svolgere la tesi all'interno del Servizio di Fisica

Sanitaria del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi dove ho trovato un ambiente

speciale, per avermi proposto un progetto che mi ha appassionato, per quello

che mi ha insegnato e per il modo in cui lo ha fatto. Ringrazio la Dottoressa Sara

Domenichelli per il prezioso aiuto che mi ha dato nell'acquisizione dei dati, per

le sue spiegazioni e per il suo garbo, li ringrazio entrambi per l'ambiente di

lavoro sereno che hanno saputo creare. Desidero inoltre ringraziare il personale

delle sale radiologiche delle due Unità Operative Golferi Albertoni e Golferi

Palagi per la disponibilità che hanno mostrato ogni volta che ci siamo recate ad

effettuare le misure. Voglio naturalmente ringraziare la mia famiglia per avermi

insegnato e, costantemente ricordato, che “volere è potere” e ringrazio di cuore

tutti i miei amici per il tifo costante. Ringrazio infne la mia tenacia.

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