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NOTE E DISCUSSIONI
LA CONTROVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME NEL SECOLO XIII
()
Il problema se in ogni sostanza, e specialmente in ogni vivente,
e pi specialmente in ogni singolo uomo la forma sostanziale sia una
sola o ve ne siano pi, fu uno dei pi discwsi nella scolastica
dell'ultimo se
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LA CONTROVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME
(il Il e il III del 1286, il !V del 1289, il x del 1293).
(L:> mia impressione che Goffredo di Fontaines sia decisamente
tomista, acuto e robusto nel confutare gli argo-menti avvc.rsarii,
ma sia imbarazzato dalle condanne ecclesiastiche e quindi non osi
pronunciarsi decisamente).
Una posizione a pane prende Enrico di Gand con la sua teoria
dualistica. Duali-stica, poich Enrico risolve in un modo il
problema per l'uomo e in un altro per gli altri enti corporei e
viventi: in questi ammette un'unica forma, mentre per l'uomo
pluralista. L'uomo infatti un po' un'eccezione nella natura, poich
ha per forma spe-cifica una sostanza spirituale, la quale, in
quanto spirituale, creata immediatamente da Dio. quindi il termine
di due attivit produttive: quella naturale della genera-zione e
quella creativa divina; donde la necessit, secondo Enrico, di
:unmeuere nel-l'uomo, ma solo nell'uomo, due forme sostanziali:
quella del corpo e l'anima spirituale. L'esposizione pi compiuta
della dottrina di Enrico di Gand si trova nel Quodlibet IV (Pasqua
1279), ma il P. Zavalloni traccia l'evoluzione del pensiero di
Enrico dal 1276 al 1286.
Questo lo stato della questione al tempo in cui Riccardo da
Mediavilla scrisse il
D gradu formtl1'um (1286) cos come messo in luce dal P.
Zavalloni nei capitoli I c II del suo studio critico (pagg.
247-342). Questi capitoli si fondano sull'esame di testi in pane
poco conosciuti e in parte ancora inediti, nonch sulla migliore
utilizza-zione della letteratura critica sull'argomento.
Nella prima pane dd volume il P. Zavalloni pubblica alcuni testi
inediti e in primo luogo il D gradu formtl1'Um di Riccardo da
Mediavilla (pagg. 35-169), di cui una precedente introduzione
indaga l'autenticit e la cronologia. L'edizione si fonda sui sette
manoscritti conosciuti del D Gradu formarum: Assisi Bibl. Com. cod.
118 (A); Kloster-neuburg, Bibl. Can. Reg. cod. 274 (C); Valkenburg,
Bibl. del Collegio S. Ignazio, cod. Elorle (E); Firenze Laurenziana
Plut. XVII, sin. cod. 7 (F); Monaco, Staatsbibl. Clm. 8721 (M);
Parigi, Bibl. Nat. cod. lat. 15962 (P); Reims, Bibl. Munic. cod.
470 (R). Dopo una descrizione dei mss. il P. Zavalloni conclude che
P. deve essere considerato come il testo' fondamentale.
Oltre al D gradu formarum sono pubblicate nel presente volume
lpagg. 170-180) una Quaestio utrum sola anima rationalis sit forma
substantialis in loomin del Cod. 158 di Assisi, che il P. Zavalloni
ritiene si debba attribuire a Riccardo da Mediavilla; la q . 22 dd
n Quodlibt di Ruggero Marston (pagg. 180-199) dal Cod. ddla Bibl.
L:>ur. Conv. So pp. 123; la q. 6 delle Quautionu de anima XIII
di Ma neo d'Acquasparta (pagg. 199-210) dal Cod. Laurenziano Aedi/.
164.
Ed ora ritorniamo allo studio critico che occup la second parte
dd volume
(pagg. 213-503). Nd 1901 M. De Wulf aveva pubblicato il D
unitate forma di Egidio di Lessines
con un ccc
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NOTE E DISCUSSIONI
condo alle teorie pluxaliste: ognuno dei due capitoli, prima di
esporre il pensiero dei singoli autori, mette: in luce: gli dementi
ad essi comuni, e pi precisamente i pre supposti metafisici, i
principi fondamentali c gli argomenti comuni rispcttivameme alla
teoria unitaria ed a q uelle pluraliste. Ho detto teoria unitaria e
teorie pluraliste poich lo Zavalloni fa vedere che, mentre la
teoria unitaria esposta in modo definitivo da S. Tommaso, ed i
tomisti non portano ad essa nessuno sviluppo essenziale, le teorie
plu ralistiche sono diverse, e da Giovanni Peckbam a Riccardo da
Mediavilla c' uno svi luppo notevole. Fra i tomisti Egidio d i
Lessines l'autore che ha meglio sistemato la teoria dell'unit,
anche dal punto di vista teologico (pag. 282).
Nei pluralisti prevalgono da principio i motivi teologici e
psicologici; un notevole progresso dal puoto di vista filosofico
segnato da Ruggero Marston, il quale afferma non tanto una pluralit
di forme, quanto una pluralit di esse nell'ambito di una mede sima
forma sostanziale. Il testo di R. Marston pubblicato dal P.
Zavalloni dice: tJec tamen pono hic plures formas, ud unam tantum
habcntcm diversa use substantialia quae per transmutationem
acquirumur (pag. 182). Si tratterebbe dunque di quella che il P.
Zavalloni, seguendo la terminologia di Suarez (pag. 312), chiama
subordina.zionc essenzialt" tra le diverse forme. Pier Giovanni
Olivi, in,cce, pone tra le diverse forme una subardinazione
dispositiva (pag. 336).
Nel capitolo terzo (pagg. 343381) il P. Zavalloni esamina la
posizione di Riccardo da Mediavilla quale risulta dal De gradu
formarum. Essa , secondo l'A., la pi sistc matica c solida fra le
teorie pluralistiche e prepara molto da vicino la strada a quella
di Duns Scoto. Riccardo, secondo il metodo scolastico, enumera
prima gli argomenti contro lo pluralit delle forme e li distingue
in tre gruppi: argomenti logici, filosofici, teologici, quindi gli
argomenti in favore della pluralit, c poi espone la sua dottrina e
risponde agli argomenti avversarii. L'esposizione della dottrina si
articola intorno a tre tesi : pluralit delle forme nell'uomo, negli
altri animali, in ogni corpo composto (mixtum). Non se guiremo qui
la lucida analisi che il P. Zavalloni fa della teoria riccardiana e
ci ferme remo invece sul carattere della controversia intorno alla
pluralit delle forme, carattere al quale dedicato ex professo il q
uinto capitolo (pagg. 4 75-496), ma dd quale si tratta in sostanza
- ed questo il pregio maggiore di questo libro che di pregi ne ha
molti -in tutto lo studio critico.
Si potrebbe cominciare dal dire che cosa t~on la controversia
sull'unicit o la pluralit delle forme. Non un ripicco di frati -
domenicani da una parte c france scani dall'altra - tant' vero che
un domenicano, Kilwardby, fu il primo a condannare la tesi
tomistica. Non una questione di lana caprina, una di quelle
controvt":"sie sco .. lastiche che uno studio superficiale potrebbe
indurre a ritenere superate e legate a nozioni scientifiche non pi
accettabili. Senza dubbio la tentazione di ritenerla tale nasce
facil mente nel lettore moderno che, a un primo studio, urtato c
disorient~to da quelle ((forme cadaveriche e da curiose descrizioni
dello sviluppo embrionale. Senza dubbio le nozioni scientifiche di
allora hanno creato molto imbarazzo ai filosofi e ai teologi, sopra
tutto, come dir pi avanti, agli assertori dell'unicit; ma la
quettione ha un carattorc c un significato filosofico. Non infatti
imposta esclusivamente da motivi tco logici, sebbene questi abbiano
avuto il loro peso nello svolgimento storico della contro versia.
1!. una questione nella q uale entra in giuoco una concezione
metafisica. I presup posti metafisici della teoria tomistica sono,
come osserva il P. Zavalloni, il concetto della materia prima come
pura potenza c, corrdativamente, il concetto della forma come
principio determinante, principio per cui una cosa quella che ; i
presupposti mtta .. fisici delle teorie pluralistiche sono: il
concetto della materia come realt positiva, avente una sua certa
imperfetta attualit, e, correlarivamcntc, il concetto della forma
come principio perfettivo e completivo, a.nzich radicalmente
determinante. Dati questi diversi presupposti, si capisce che gli
uni dimostras.ero necessaria l'unicit;\ della forma
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LA CONTROVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME
sostanziale c gli altri, colpiti da certi fatti, come lo
sviluppo embrionale, l'apparente iden-tit dd codavere col corpo
vivente, affermassero la pluralit delle forme.
Ma perch mai gli uni partivano da certi presupposti mcta.lisici
e gli altri da altri? Poich, evidentemente, se non si" ritiene che
la metafisica di un uomo dipenda dolla strut!u ra delle sue cdlule
cerebrali (nel qual coso si ha ben poca stima della metafisica)
bisogna ben assegnare le ragioni logiche (l) (se si ritiene che sia
vera) o almeno; motivi storici (se si ritiene che sia errata) di
quella metafisica. Ed quello che fa il P. ZavaUoni nei capitoli
quinto e quorto.
Ragioni logiche ce ne sono, afferma l'A., da una parte e
dall'altra: la teorio tomistica si fonda sopra tutto su
considerazioni mctafisiche c a priori: ogni ente uno, e quindi, se
composto, i suoi principi componenti debbono essere: intesi come
principi correlativi, come condjzioni del suo essere, non come enti
a loro volta. La teoria plural istica. si fonda sopra tutto
sull'osservazione di certi falli e su considerazioni a posteriori:
la complessit dei corpi composti, specialmeme degli animali e
dell'uomo, complessit di operazioni c di qualit, alla q uale si
ritiene di dover far corrispondere una gerarchia di forme
sostanziali. Il conflitto fra teorie della pluralit e teoria
dell'unicit. il conflitto fra il prevalere della fenomeflologia e
il prevalere della metafisica (pag. 501).
Vediamo ora come si presentino stOricamente quc:stc due diverse
posizioni E questo l'oggetto dd capitolo quarto (pagg. 383-474) nel
quale il P. Zavalloni si giova anche dell'ottimo studio del suo
confratello Th. Crowley su Bacone, gi da noi recensito. Il problema
di fronte al quale si trovano i pensatori cristiani del secolo XIII
quello di inserire la concezione cristiana dell'uomo,
filosoficamente elaborata da S. Agostino, nella concezione
aristotelica della natura. Nessuno scolastico dd secolo XIII ignora
Aristotele o crede che si possa filosofare come se Aristotele non
fosse esistito - abbia o non abbia simpatia per il filosofo greco
-, e nessuno scolastico dd secolo XIII ignora S. Agostino. Gli
agostiniani del secolo Xlii hanno problemi che non avova S.
Agostino, pochissimo preoccupato di inserire l'uomo nella natura; e
gli aristotelici, ad secolo XIII hanno problemi che non aveva
Aristotele, il quale non pensava certo all'origine dell'anima umana
per creazione. Gli uni c gli altri sono condannati, dai problemi
che la storia pone loro, ad essere originali, vuoi rispetto ad
Aristotele, vuoi rispetto a S. Agostino.
La teoria teologico sull'origine dell'anima, ispirata a S.
Agostino, afferma che l'anima umana, l'unica anima umana, creata da
Dio ed infusa nel corpo; ma come si concil.ia questa dottrina
teologica con la filosofia naturale di Aristotele, che parla
dell'anima umana come: di un tipo di ~ntelcchia, una, sia pure la
pi perfetta, ma una delle tante forme sostanziali che le cause
naturali traggono dalla potenza della materia?' Anche l~uomo
generato, c sulla generazione Aristotele ha una teoria generale
c.hc vale: per l'uomo come per gli altri viventi: la generazione il
trasformarsi della materia, il passare della materia da una forma
sostanziale ad un'altra . Di pi: nella generazione dell'uomo,
l'embrione vive prima di vita vegetat.iva, poi di vita sensitiva:
ha quindi prima un'anima veg~tativa e poi un'anima sc:nsitiva. Una
frase di Aristotele nel De animalibus, dove si dice che
l'intelletto viene di fuori, serve agli scolastici per innc stare
la dott rina ddla creazione dell'anima razionale su quella
aristotelica della genera-zione; ma come sistemare quelle
anime-forme (vegetativa e scnsith'a), derivate per generazione.,
dopo l'avvento di fuori, ossia per creazione, dell'anima razionale?
Qui, come '"' messo bene in luce il P. Crowlcy, si presentano,
prima di S. Tommaso, tre teorie: quella teologica, quella dci
filosofi, cd una terza teoria che il P . Zavalloni chiama
concordista. I teologi tengono ferma l'unicit~ dell'anima umana,
creata da Dio: vita vege-tativa e senso sooo potenze dell'anima
razionale, creata. Quanto alle manifestazioni di vita vegetativa e
sensmva nell'embrione che sembrano doversi spiegare con un processo
puramente naturale, se la cavano chi in un modo e chi nell'altro:
Guglielmo d'Auver-
(l) Voglio dire: logicamente stringenti.
249
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NOTE E DISCUSSIONI
gne ammette che esse procedano da forme derivanti per
generazione e precedenti l'in-fusione dell'anima razionale, ma
afferma che tali forme scompaiono quando infusa l'anima razionale e
sono assorbite da questa (pag. 386). Rotando da Cremona nega che
quelle manifestazioni di vita vegetativa e sensitiva procedano da
una forma propria all'embrione e le ncora della vita della madre.
S. Bonaventura sembra sostenere un'opi-nione molto vicina a quella
di Guglielmo d' Auvergne. Alberto Magno il primo a mettere innanzi,
sia pure senza elaborarla, l'idea di una creazione immediata
del-l'anima nel corpo, all'inizio della vita embrionale (pag. 388).
(Se S. i'ommaso lo aVO$Se seguito su questo punto, si sarebbe
sbarazzato della maggior diflicolt contro la teoria unitaria!).
I filosofi tengon ferrna la presenza di un'anima vegetativa e di
un'anima sensi-riva, ter.mine delle generazione. Sono naturalisti
>>: non se la sentono di dire che la generazione termina a
forme destinate a scomparire, e quindi sono pluralisti: ammet-tono
cio che le forme precedenti l'infusione dell'anima razionale
restano come forme subordinate a questa, e si compongono con
questa. L'unica anima umana quindi com-posta di tre forme o tre
gradi. Il primo a sostenere questa teoria, che sar svolta da lUtti
i pluralisti posteriori, da Ruggero Bacone a Riccardo da
Mediavilla, Filippo il Cancelliere.
E poi ci sono i concordisti, come Alessandro di Hales, Giovanni
de la Rochelle, Odo Rigaldi, i quali ammettono una duplice forma
vegetativa e sensitiva: una prodotta per generazione, l'altra che
potenza ddl'aruma razionale creata da Dio. La caratteristica della
teoria concordista la t0$i che la vegetativa e la sensitiva
generate rimangano nell'uomo anche dopo l'infusione dell'anima
razionale.
Ma il problema se l'anima umana sia composta di tre forme
sostanziali o sia un'unica forma dotata di tre potenze, problema
dibattuto fra teologi e filosofi pretomisti, non il problema
dell'unicit della forma cosl come sar discusso dopo S. Tommaso.
Questo un punto che il P. Zavalloni mette molto bene in chiaro. La
novit di S. Tom-maso consiste ndl'affermazionc che, non solo
l'anima razionale non conti~ne in s una plwalit di forme, ma
l'unica forma sostanzial~ deU'uomo. Il che vuoi dire: l'anima
razionale stessa quella che costituisce nella sua natura anche il
corpo umano. Oltre l'anima razionale non c' nell'uomo un corpo
organizzato (ossia, in termini filosofici: formato) ma c' solo la
materia prima, pura potenza. t l'anima quella che non solo
vivifica, ma organizza il corpo. t questa la teoria contro la quale
polemizzano prima, e scagliano condanne poi, Peckham e Kilwardby.
ti. questa la teoria che, giustamente, essi chia-mano nuova, poich
nessuno prima di S. Tommaso, neppure Alberto Magno, l'aveva
sostenuta.
La teoria tomistica era una teoria originale e filosoficamente
ben sistemata: era un ripensamento personale della concezione
aristotelica. Che cosa potevano contrapporle coloro che,
disorientati dalla sua novit, la ritenevano incompatibile con la
teologia cat tolica? Non potevano limitarsi ad argomenti teologici:
dovevano opporre teoria a teoria, sistema a sistema. S. Tommaso
aveva desunto i principi della sua teoria da un ripen-samento
personale di Aristotele: donde pr0$ero i loro principi gli
avversari?
Questa domanda ha avuto risposte diverse e non sempre
garbatamente esposte. Alcuni hanno risposto: i pluralisti hanno
attinto alle pure fonti agostiniane, reagendo Ile contaminazioni
paganeggianti introdotte dall'aristotelico S. Tommaso. Altri hanno
etto: i pluralisti, questi sedicenti agostiniani, non fanno che
tradurre ad uso dei latini b dottrina di un ebreo di Spagna:
Avencebrol.
n P. Zavalloni affronta la questione con molta serenit :
riconosce che il teorico per eccellenza della pluralit delle forme
Avencebrol, ma non ritiene che il fatto che egli si:l un ebreo
basti a condannare la sua dottrina e a ritenerla una teoria
isolata. Avencebrol (. come Avicenna, un aristotdico
neoplatoneggiante: anche in Avicenn:t si trova una dottrina molto
simile a quella della pluralit. In S. Agostino non si trova certo
un
2"0 ~
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LA CONTilOVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME
sistema imperniato sulla pluralit delle forme come in
Avencebrol, ma si trovano delle frasi in cui sembra implicita una
concezione pluralistica; e in ci niente di strano, poi~ anche S.
Agostino, come Avencebrol e Avicenna, attingeva a fonti
neoplatoniche. l plu ralisti sono degli aristocelici agostinizzanti
come Gundissalinus (pag. 429), sono degli eclettici come Tommaso di
York, Alessandro di Hales, Odo R.igaldi (pag. 434). Gli assertori
della teoria pluralistica si riferiscono a S. Agostino per
salvaguardare il patri monio della tradizione contro le
innova.zioni tomiste. Ma non sono dd tutto sicuri del-l'appoggio
del loro protettore (pag. 435). D'altra parte anche la dottrina
tomistica, come si detto, non aristotelismo puro. Se la dottrina
tradizionale un aristottlismo ulet-tico, quella tomistica un
aristotelismo personale. L'aristotelismo eclettico presenta un
~
diverso colore nei diversi autori a seconda dell'inllusoo
predominante cb~ ognuno subisce. Cosl, si pu parlare di
aristoulismo neoplato~ggianse per Ruggero Bacone, di aristo-telismo
agostineggianse per Tommaso di York, S. Bonaventura e Ruggero
Marston, di aristottlismo agostino-avcennizzantt per Riccardo di
MediaviOa (pag. 472). Il P. Za-valloni si dich.iara d'accordo con
F. V an Steenberghen secondo il quale il conflitto non ha luogo fra
l'aristotelismo e una filosofia di contenuto agostiniano, ma fra
due forme di aristotelismo che hanno diverso grado di sviluppo
(Siger tle Brabant Il, pag. 719). E questa Tesi>> del P.
Zavalloni, come quella dd P. Crowley, fa davvero onore alla scuola
di Lovanio. Ma il P. Zavalloni sottolinea di pi l'apporto del
pensiero agostiniano alla dottrina tradizionale.
Spero di esser riuscita a far capire quanto grande sia
l'interesse di questo libro che aduna in s pr'Bi diversi e per
solito non facilmente uniti: una imponente erudizione e una acuta
penetrazione filosofica.
Ho dovuto, per brevit, tacere molte cose interessanti e
meritevoli di discussione: per esempio l'interpretazione della
teoria di Scoto sulla pluralit delle forme. Vorrei limi-tanni solo
a qualche breve osservazione sulla interpretazione generale che il
P. Zavalloni d della controversia sulla pluralit delle forme.
Ho detto sopra che sono pienamente d'accordo con l'A. nel
ritenerla una discus-sione di notevole significato filosofico, e ho
detto pure che suscitata dal problema di inserire la concezione
crist iana dell'uomo nella filosofia della natura aristocelica. Il
che potrebbe far pensare che il problema fosse grosso, sl, ma per i
pensatori del secolo Xlii: che il suo significato sia puramente
storico. Quitl nobis della filosofia della natura di Aristotele, si
potrebbe obiettare? Ora il problema si pone storicamente in quei
termini, perch la filosofia della natura di Aristocele la prima
concezione scientifica della natura che i medioevali conoscano; ma
un problema che si ripropone sempre sotto questi termini generali:
come concepire l'inserzione dello spirito nella natura? E questo il
problema dell'uomo, il problema di ogni antropologia filosofica. So
bene che c' chi se la cava a buon mercato, vuoi dicendo che tutto
spirito, vuoi dicendo che tutto natura, vuo.i semplificando le cose
al massimo col dire che spirito e natura sono parole prive di
senso. Non so per se in uno di questi tre modi si sia data una
risposta soddi-sfacente per una realt cosl complessa e difficile da
incasellare in un sistema come l'uomo. E forse gli scolastici del
secolo XIII avevano abbastanza acuto il senso di questa
complessit.
Il P. Zavalloni riconosce all'una e all'altra teoria pregi e
difetti: meta.lisicamente superiore la teoria tomistica,
fenomenofogicarnente la teoria pluralistica. Prendiamo atto di
questa rara serenit di giudizio e cerchiamo di imitarla nel
sostenere la teoria tomistica.
Ci domandiamo: quando il P. Zavalloni parla di superiorit della
tesi pluralistica da un punto di vista fenomenologico, di che
cdenomeni si tratta? Di fenomeni nel
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NOTE E DISCUSSIONI
Da una parte e da.ll'ahra c'era la tendenza ad assumere concetti
6losolici, come quelli di materia e forma, sostanza e accidente,
anche come principt di spiegazione: scientifica - c si capisce,
dato che una scienza come tipo di sapere distinto dalla filosofia
non esisteva ancora - ; ma mi sanbra che questa tendenza sia pi
accentuata nei pluralisti. E mi sembra lo riconosca anche il P.
Zavalloni quando ammene che i pluralisti danno una interpretazione
inframetafisica dc:i concetti aristotdici.
Vediamo infatti quali sono i fenomeni che, secondo il P.
Zavalloni sarebbero meglio spiegati dalla teoria pluralistica.
Sono: l) la permanenza degli accidenti nel corpo morto; 2) il fatto
della generazione; 3) la somiglianza tipologica fr il figlio c i
genitori.
Analizziamo un momento il primo fenomeno. La permanenza degli
accidenti nel cadavere forse un u fenomeno nel senso di dato
immediatamente evidente? Direi di no. t un fatto che il cadavere
presenta ai miei occhi alcuni caratteri che sembrano gli stessi del
corpo animato. Alcuni, perch molti altri sono ben diversi, come
ovvio; ma questi altri ca.ratteri che erano presenti nel corpo vivo
e non ci sono pi nel cadavere sarebbero dovuti a.ll'anima:
resterebbero, secondo i pluralisti, quelli dovuti alla forma
corpordtatis. Ora una prima osservazione che questa forma
corporeitaiis non as.so-lutamc:ntc: capace: di nulla senza l'anima,
poich in un tempo pi o meno breve il cadavere si dissolve. La forma
corporcitatis non dunque: capace di tenere insieme: il corpo senza
l'anima: il che induce a pensare che chi tiene insieme il corpo,
chi lo fa essere quello che , sia P anima. s~mbrano, ho detto;
secondo i r.omisti i.nfatti gli accidenti del cadavere non sono gli
stessi del corpo vivo, poich il cadavere non lo nesso dd corpo
vivo. Ora se i iomisti hanno buon giuoco nel dimost.rarc la
profonda differenza di natura fra il cadavere: c: il corpo vivo,
essi sono poi imbarazzati a spiegare che cosa il cadavere e debbono
ammettere una forma cadav~ris, assai strana. Un tomista di oggi per
sarebbe meno imbarazzato, poicb direbbe che il cadavere non una
sostanza, con la sua pro pria forma, ma un aggregato di sostanze
derivanti dalla corruzione di un uomo.
A proposito della generazione S. Tommaso e i tomisti del secolo
Xlii ammettevano che i genitori dessero al figlio un'anima
puramente sensitiva, destinata a sparire quando infusa per
creazione l'anima razionale, capace di svolgere anche le funzioni
della vita vegetativa e sensitiva. Ora certo questa serie di
generazioni e corruzioni nello S\iluppo embrionale non persuade; ma
qui i tomisti di oggi, svincolandosi dalla biologia aristo telica,
sono tornati a.lla felice intuizione di S. Alberto Magno e
ammettono che l'anima intellettiva sia creata e infusa all'atto
stesso della generazione.
E allora che cosa dnno i genitori al figlio? E come si spiegano
le somiglianze tra figli e genitori? .
Anche qui, lo sviluppo della scienza ha liberato la filosofia da
molti problemi che non sono di sua competen.za. Noi accettiamo dai
biologi tutto quello che essi ci i.nse gnano sui cromosomi ecc.
ecc.; ma affermiamo che, filosoficamente considerati, i gameti, coi
loro cromosomi e con tutto quello che gli scienziati ci insegnano e
ci insegneranno, offrono all'anima razionale la materia, quella
materia signata quantitau che nella filo-sofia tomistica il
principio di individuzione. E poich non c' mai un' momento in cui
la materia resti priva di forme: - ch la materia non una cosa, ma
una condi .. zione dell'essere del corpo, e quindi non pu esistere
da sola - ma nel momento stesso in cui un corpo si corrompe,
comincia ad esistere: il nuovo Corpo, ne segue che la mate-ria che
fa parte dell'uno e dell'alt.ro corpo, dd corpo corrotto (l) e di
quello generato, mentre trasformata nel nuovo corpo, porta il
segno, quasi il sigillo, di tutte le forme che l'hanno determinata
precedentemente e condiziona if modo in cui si incarner in
(l) Adopuo qui la terminologia scolastka in cui il t(fminc:
C()rf"U/JIJ non ha quella colorazione valutati va che: ha nd nooro
parlar comune. Un corpo si "corrompe: " nella terminologia
$C01a.t.tic:a quand!"l unettc di ($$1UC: quello che: anche se con
ci la materia promossa ~d una form:~ pi perfetta. Cos, una parte:
dd corpo dei genitori si corrompe", poich smette di essere que11o
che , putc di Tizio, PN divc:nwc La nuova c;eatura.
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SUL COME INSEGNAU. LA FILOSOFIA NEl LICEI
lei la nuova forma. Non si spiega cos il fenomeno della
somiglianza tra figli e genitori, anzi tra ascendenti e
discendenti, che interessa non solo il corpo, ma anche lo spirito,
meglio che nella teoria pluralistica?
E, infine, mi domando se non sia meglio spiegato nella teoria
tomistica quello che il fenomeno per eccellenza della vita umana:
la sua profonda unit pur nella complessit delle sue diverse
manifestazioni, il radicarsi delle sue diverse attivit in un unteo
10.
S. V ANNI RovtoHt
SUL COME INSEGNARE LA FILOSOFIA NEI LICEI
A PROPOSITO DI RECENTI DISCUSSIONI SUI PROGRAMMI
Sull'inugnam~nw d~lla filosofia abbiamo gi pubblicar() du~ not~:
una: A propo-sito dell'insegnamento de.lla filosofia nelle scuole
medie superiori, di PAOLO AM-BROGIO SGARBELLA (A. XLIII, fase. Il,
marzo-aprile 1951); l'altra: L'insegnamento della filosofia nelle
scuole medie superiori, di AWO BONETTI (A. XLIII, fase. IV,
luglio-agosto 1951). Nella rumre pol~mica provocata dai programmi
daborari dalla Con-sulta didattica, inrervi~ne ora il prof. CARMELO
FERRO con un intermvznte scrilto. Pu part~ nostra l~ pagine dd/a
nostra rivista si manterranno aperte per coloro che, su l'uno o
l'altro degli asp.,ti dell'inugnamento della filosofia nelle
sct