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Appunti del corso di VALUTAZIONE ECONOMICA DEI PIANI E DEI PROGETTI prof. Paolo Rosato A.A. 2008/2009 A cura di Riccardo Gatti
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Valutazione Economica Dei Piani e Dei Progetti

Jun 12, 2015

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Page 1: Valutazione Economica Dei Piani e Dei Progetti

Appunti del corso di

VALUTAZIONEECONOMICA

DEI PIANI E DEI PROGETTI

prof. Paolo Rosato A.A. 2008/2009

A cura di

Riccardo Gatti

Edo
Note
Riccardo Gatti [email protected] Revisione 1: Edoardo Marega [18/09/2009] [email protected]
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LA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI  Valutare un piano o un investimento significa confrontare i vantaggi ricavabili dalla scelta con i costi che la scelta stessa implica. Il problema di valutazione non ha mai un'origine casuale, lo scopo è il guadagno (non per  forza monetario):  si  impiegano  delle  risorse  per  ottenere  un  tornaconto,  il  decisore  si  aspetta  un profitto per aver scommesso su un'ipotesi di  investimento (non un salario, affitto,  interessi,…). Quando si ragiona è necessario avere un metro di misura per misurare la bontà della scelta, questo è il profitto atteso.  PROBLEMA TECNICO E ECONOMICO  Problema tecnico Se  il parametro di valutazione è unico, non si hanno mai  risultati equivoci perché si ha solo una scala di valori  su  cui ordinare univocamente,  l'unico  inconveniente  si ha nel  caso  in  cui due  ipotesi portano allo stesso risultato.  Problema economico Nel  mondo  reale  le  scelte  non  sono  sempre  eseguite  rispetto  ad  un  unico  parametro.  Le  teorie utilitaristiche di inizio secolo prevedono che le decisioni siano fatte in base all'incremento di benessere che ci si attende, questa utilità è però difficile da misurare, è soggettiva. I diversi criteri di valutazione possono essere  fusi  in una  funzione d'utilità, essa è una  funzione di molte variabili  indipendenti, dunque  l'analisi risulta multicriterio. Il problema di valutazione è quindi più complesso, si hanno diverse scale di valore tra cui bisogna fare sintesi per trovare il miglior compromesso.  SCARSITÀ  Ciò che  rende  indispensabile  il processo valutativo è  la  scarsità di  risorse per  soddisfare  i propri bisogni, rispetto agli obiettivi da perseguire. La scarsità di risorse gioca un ruolo diverso se  i criteri di valutazione sono  uno  solo  (si  ha  un'unica  scala  su  cui  ordinare  le  alternative  e  si  sceglie  quella  compatibile  con  le disponibilità  finanziarie)  o  molti  (si  cerca  il  modo  ottimo  per  allocare  risorse  scarse  rispetto  ad  una molteplicità di scopi). Risorse scarse e pluralità di obiettivi → problema di efficienza → problema di valutazione.  AMBITI DI VALUTAZIONE  In ambiti di valutazione diversi la molteplicità dei criteri di valutazione gioca a ruoli diversi: Privato:  secondo  la  teoria  economica,  l'investitore  privato  sceglie  per  ottenere  il massimo  profitto 

(ricavi‐costi).  In  realtà  non  è  così,  egli  infatti  considera  perlomeno  anche  il  rischio dell'investimento. Anche  in questo caso dunque si ha una molteplicità di obiettivi diversi che solo in pochi casi può essere semplificata in un’unica dimensione. 

Pubblico:  l'obiettivo non è il profitto ma il benessere sociale (funzione multicriteriale: sicurezza, giustizia,servizi,  qualità  dell'ambiente,…).  Qualsiasi  investimento  è  valutato  rispetto  a  molti  criteri diversi, non solo dal punto di vista globale, ma anche distributivo:  la distribuzione di costi e benefici può essere simmetrica o asimmetrica (problema di equità). 

         

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METODI DI VALUTAZIONE  Si hanno a disposizione molti strumenti per effettuare queste scelte: Analisi multicriterio:  nel caso  in cui  la valutazione sia multicriteriale, sia per  il pubblico che per  il 

privato. Analisi costi‐ricavi (ACR):  il flusso dei costi viene confrontato con il flusso dei ricavi (analisi finanziaria). 

Viene  utilizzato  in  ambito  privato  nel  caso  in  cui  il  problema  sia monocriteriale o facilmente riconducibile ad esso. 

Analisi costi‐benefici (ACB):  analoga alla precedente ma per  l'ambito pubblico, è necessario considerare anche gli effetti esterni (esternalità), espandendo il ricavo all'aspetto sociale. Viene considerata monocriteriale perché anche  le esternalità sono misurate in  termini monetari.  Il vantaggio è di poter  stabilire  facilmente  l'alternativa più conveniente, a scapito della necessità di misurare tutto monetariamente (anche vita, salute,…). 

   Analisi finanziaria  Analisi costi‐benefici  Analisi multicriterio 

Descrizione 

analisi dei costi e dei ricavi nel tempo connessi con gli 

interventi 

analisi delle variazioni di benessere sociale nel tempo connesse con gli 

interventi 

analisi degli impatti sociali degli interventi e di ogni altro aspetto 

connesso con la fattibilità 

Input prezzi dei fattori 

produttivi e dei prodotti, tasso di sconto 

misura monetaria delle variazioni di benessere, tasso sociale di sconto 

misura degli impatti positivi e negativi, funzioni di utilità, pesi,… 

Output giudizio di convenienza 

privato (VAN, SRI) giudizio di convenienza 

sociale (VAN, SRI) ordinamento, giudizio di compatibilità, efficienza,… 

Pregi 

il risultato della valutazione è facilmente 

comprensibile e confrontabile 

il risultato della valutazione è facilmente 

comprensibile e confrontabile 

rappresenta bene il processo decisionale pubblico, analisi dei 

conflitti e simulazione, efficienza delle scelte, distingue analista e politico 

Difetti trascura gli elementi di valutazione pubblica 

(esternalità) 

la monetizzazione degli effetti ambientali può essere imprecisa o 

inaccettabile 

procedure poco codificate, facilmente addomesticabili, onerosità delle 

analisi 

Utilizzo valutazione analitica 

degli investimenti privati 

valutazione analitica degli investimenti 

pubblici 

valutazione analitica degli investimenti e della fattibilità, 

simulazione di alternative, analisi dell'efficienza 

               

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L’ANALISI COSTI – RICAVI (ACR)  La  valutazione  è  sempre  un  confronto  tra  costi  e  benefici  tenendo  presente  il  fattore  tempo,  se  la differenza tra costi e ricavi è adeguata a remunerate l'impegno dell'investitore allora si avvierà il processo, altrimenti no. L'analisi  dipende  dall'oggetto  dell'analisi,  deve  tenere  conto  degli  aspetti  differenti,  in  seguito  si  farà riferimento all'investimento immobiliare.  FASI  0. analisi preliminare; 1. valutazione dei costi e dei ricavi dell'investimento: punto fondamentale, se si sbaglia qui (anche di poco) 

si ottengono analisi errate, si deve fare attenzione specie se i margini di guadagno sono ridotti; 2. costruzione del cash flow: distribuzione di costi e ricavi nel tempo, esistono cash flow tipici per ogni tipo 

di investimento; 3. assunzione del tasso di sconto: tasso che si impiega per attualizzare costi e ricavi previsti; 4. elaborazione dei criteri di rendimento economico: criteri che permettano di stabilire la convenienza; 5. formulazione della scelta finale;  6. rischio ed incertezza nelle scelte di investimento: la valutazione è costruita su stime non su dati certi, si 

deve vedere se le incertezze sono compatibili con la convenienza. Questo passo non è incorporato nella costruzione dell'analisi ma è uno step successivo, una riflessione finale sulla stabilità del risultato. 

  0. ANALISI PRELIMINARE  Prima  di  iniziare  la  valutazione  si  deve  avere  una  perfetta  identificazione  e  definizione  dell'oggetto dell'investimento. Per determinare  le  informazioni necessarie per  la valutazione solitamente si ragiona su un'idea al suo stato embrionale.  Input del committente La valutazione ha per oggetto un investimento già definito con un certo grado di approfondimento in base alle normative vigenti e alle scelte proprie del committente.  Assunzioni dell'analista Per tutto ciò che non è indicato specificatamente si ricorre alle condizioni ordinarie, ossia le più probabili. Il principio di ordinarietà guida l'assunzione di: ‐ situazione congiunturale: tassi d’interesse, prospettive di sviluppo,  ‐ situazione locale: caratteristiche del mercato (domanda, offerta) e dell'immobile (uso, tipologia, finiture) sulla base di un'adeguata conoscenza della situazione del mercato. Fare le giuste ipotesi di partenza è fondamentale per una buona riuscita della valutazione.   1. VALUTAZIONE DEI COSTI E DEI RICAVI DELL'INVESTIMENTO  Ipotesi di base Il processo di produzione edilizia è differente da quello di produzione  industriale  in quanto non si ha un luogo unico dove si  lavora ma per ogni  intervento è come se si ripartisse da zero, non si ha una struttura produttiva preesistente ma di volta in volta la si realizza con un determinato obiettivo. La convenienza di un investimento non è indipendente dal contesto in cui lo si realizza, inoltre se si ha un flusso  di  costi  e  ricavi  derivanti  da  più  operazioni  è  difficile  ricondurli  inequivocabilmente  al  singolo investimento. Per evitare questo problema si considera un investimento per volta. Nel campo immobiliare è semplice perché fisicamente si ha la realizzazione di una struttura ad hoc. 

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L'ipotesi di base è quindi che la struttura (società) per fare l'investimento nasca e muoia con l'investimento stesso.  Alla  base  di  qualsiasi  analisi  di  costi  e  ricavi  c'è  l'isolamento  dell'investimento  dal  contesto  di investimenti in cui si pone per evitare di confondere le performance dei vari investimenti.  Alcune  voci  di  costo  sono  stimate  autonomamente  (costo  dell'area,  costo  delle  opere  edili  e  di urbanizzazione, ricavi), altre derivano da queste  in modo parametrico (non  in modo automatico, esistono dei range di aliquote da considerare).  a. Costo dell'area  Sempre considerato nell'analisi degli investimenti, anche se si ha già la proprietà dell'area perché l'area ha comunque un costo‐opportunità: valore che l’area frutterebbe se la cedessi sul mercato. Non si considera il prezzo d'acquisto perché, se venisse pagata meno del suo valore più probabile, si avrebbero performance positive non dovute alla bontà dell'investimento. Ci si deve rifare sempre a condizioni attuali ordinarie.  La stima del valore di un'area è sempre un problema: ‐ il processo di valorizzazione dell'area dipende dal progetto che si  intende realizzare,  il valore dell'area 

dipende dal progetto che verrà realizzato se questo non è ordinario; ‐ la modalità di stima dell'area edificabile dipende dalle caratteristiche del mercato delle aree edificabili e 

da quelle specifiche della mia area. È necessario conoscere: o la  situazione  congiunturale:  il  valore  degli  immobili  varia  col  tempo  a  causa  delle  variazioni 

macroeconomiche; o le  caratteristiche  proprie  dell'area  e  come  queste  influiscono  sul  valore:  le  aree  edificabili  sono 

immobili e quindi assorbono le influenze delle vicinanze; o il mercato  delle  aree  edificabili:  differenziato,  estremamente  rarefatto  (pochi  prezzi  di mercato), 

segmentato per destinazione d'uso e localizzazione dell'area edificabile, spesso si tratta di oligopolio (o monopolio) bilaterale (range di prezzi molto ampio, aleatorio). 

 FATTORI GENERALI CHE INFLUISCONO SUL COSTO DELLE AREE  ‐ fattori di carattere congiunturale:  riconducibili alla  situazione economica generale e  locale,  il mercato 

delle  aree  edificabili  risente  poco  della  congiuntura  perché  di  solito  riguarda  investimenti  di medio‐lungo periodo; 

‐ politica  urbanistica:  condiziona  l'offerta  che  non  deriva  dal mercato ma  è  condizionata  dalle  scelte urbanistiche, è un mercato fortemente normato; 

‐ fiscalità  generale  e  immobiliare:  le  tasse  sugli  immobili  riducono  la  redditività  dell'investimento  e dunque la domanda di aree; 

‐ accessibilità  al  credito:  se  si  riduce  la  capacità  di  indebitamento,  si  riduce  la  domanda.  Il  credito  è influenzato dal sistema delle garanzie (ora solide e restrittive) e dai tassi d'interesse ossia il prezzo d'uso del  capitale  concesso,  basato  su  Euribor  (tasso  di  fiducia  interbancaria,  rappresenta  il  benchmark)  e spread della banca (0,8‐1%). 

 FATTORI D'ORDINE PARTICOLARE  ‐ dimensioni:  aree  grandi  richiedono maggiore  capacità  di  spesa,  il  valore  dell'area  cresce meno  che 

linearmente con le dimensioni; ‐ localizzazione: estremamente importante, specie rispetto alle vie di comunicazione; ‐ destinazione d'uso; ‐ indice di edificabilità: definisce quanto prodotto trasformato è possibile ottenere; ‐ presenza di opere da demolire e di inquinanti; ‐ grado di urbanizzazione; ‐ conformazione: influenza la forma di ciò che si può realizzare; 

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‐ caratteristiche geotecniche del terreno: influiscono sui costi di costruzione; ‐ esistenza di servitù (di servizio, di passaggio,…): pongono limiti all’edificabilità; ‐ condizioni  per  libera  fruizione:  eventuali  diritti  di  terzi  (affitto,  uso,  usufrutto,…)  condizionano  il 

processo di trasformazione edilizia.  METODI DI STIMA  COMPARAZIONE DIRETTA È un approccio sintetico e semplice, da preferirsi se si hanno prezzi di mercato per beni simili.  

 con Va  valore dell'area; Pa  parametro di comparazione, il più correlato al valore, per le aree edificabili si usa una misura di ciò 

che si può realizzare ordinariamente in base alle norme urbanistiche (m2, m3, stanze,…); Vi  valore dell’i‐esima area simile; Pi  parametro dell’i‐esima area simile; A/D  aggiunte/detrazioni considerate per tener conto delle caratteristiche specifiche superiori/inferiori 

dell'area in esame rispetto a quelle considerate.  VALORE DI TRASFORMAZIONE Questo metodo analitico  si basa  sul principio  che  l'area è un  fattore di produzione, vale  in  funzione del valore del prodotto ottenuto con la trasformazione e dei costi di trasformazione:  

 con VMA  valore di ciò che possono ordinariamente realizzare; CTRA  ciò che ordinariamente devo spendere per ottenere questa trasformazione.  Il metodo è rigoroso non si rischia di sommare due errori, uno per la stima di VMA e uno per quella di CTRA (dal  costo di produzione  si deve  togliere  il  costo dell'area e  sommare  l'utile ordinario del promotore, di difficile valutazione).  INCIDENZA SUL VALORE DI MERCATO Metodo speditivo.  

 con VM  valore di ciò che c'è o che si può realizzare, stimabile rispetto all’ordinarietà; ki  tiene conto del valore dell'area rispetto al valore totale, non è costante ma varia con la scarsità del 

suolo, ricavabile da riviste specializzate (0,15‐0,60) o in letteratura, è riferito ad aree già edificate; α  coefficiente di abbattimento, tiene conto del fatto che l'incidenza del valore dell'area varia se l'area 

è già edificata, ricavabile da letteratura specializzata (0,65).  b. Costo delle eventuali demolizioni e bonifica  c. Oneri di urbanizzazione  Ciò che  la pubblica amministrazione pretende  in cambio dell'autorizzazione a realizzare, esternalità che  il progetto crea a livello locale relative ai servizi da garantire (luce, gas, telefono,…), possono essere realizzate con il progetto oppure vengono pagate all'amministrazione. 

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URBANIZZAZIONE PRIMARIA  Se il regolamento edilizio non prevede che chi realizza faccia anche le opere di urbanizzazione primaria, si riconosce un onere all'amministrazione che provvederà  in futuro a farle, calcolato per via normativa sulla base  di  tabelle  emesse  dalla  stessa  amministrazione  in  base  al  costruito.  Se  invece  il  progetto  prevede anche  la  realizzazione  dell'urbanizzazione  primaria,  i  costi  relativi  vengono  scomputati  purché  siano maggiori o uguali agli oneri previsti.  URBANIZZAZIONE SECONDARIA  Relativa alla collettività (scuole, impianti sportivi,…), raramente possono essere scomputati.  CONTRIBUTO SUL COSTO DI COSTRUZIONE  Compensazione  alla  pubblica  amministrazione  legata  al  disagio  dovuto  all'esistenza  del  cantiere (rumore,…), connessa al costo di costruzione (più si costruisce, maggiore è il disagio).  d. Costo delle opere edili (costo di costruzione)  In edilizia i costi si articolano in tre categorie inclusive: costo di produzione (P, costo del produttore), costo di  costruzione  (C,  compensa  l'impresa  che  realizza  l'investimento)  e  costo  tecnico  (T,  materiale, manodopera,…).  Il costo totale di produzione è:  

 con Ca  costo dell'area; Cc  costo di costruzione; St  onorari e spese tecniche; Sg  spese generali; On  oneri concessori I  oneri finanziari; Sc  spese di commercializzazione; Imp  imposte; Up  utile dell'imprenditore che organizza la produzione e si aspetta un profitto (10‐20% del ricavo dalla 

vendita in base a grado di rischio, durata,…).  Nell'ambito della valutazione dei piani e dei progetti non sempre si considera l’utile del promotore: ‐ se  si  usasse  come  metodo  di  valutazione  la  differenza  tra  ricavi  totali  e  costi  totali  (RT  ‐  CT), 

l'investimento è conveniente se RT  ‐ CT  ≥ 0. Si considera Up con un'analisi statica,  riferita al momento dell'analisi  (il  fattore  tempo  è  incorporato  negli  oneri  finanziari,  I).  Se  il  promotore  non  riesce  ad ottenere il minimo che si aspetta, non investe in quel progetto (stima rozza). 

‐ nell'ACR tutto è collocato nel tempo (cash flow) perché è molto importante considerare esplicitamente gli aspetti finanziari, l'utile del promotore è incorporato nel tasso di sconto (rendimento minimo annuo che  l'investitore  si  aspetta, misura  della  redditività  dell'investimento  se  confrontato  con  un  saggio soglia) e quindi non lo si considera esplicitamente. 

 Il costo di costruzione è esprimibile come:  

   con      

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dove Ct  costo tecnico; Sg  spese generali di sede e di cantiere; Uc  utile del costruttore (è una spesa per il promotore); Sa  salari; Ma  materiali; Nt  noli e trasporti.  METODI DI STIMA  Le  informazioni  che  ragionevolmente  si  hanno  a  disposizione  sono  sommarie,  poco  precise.  È  dunque necessario fare riferimento a metodi implementabili con scarse informazioni.  Stima sintetica Confronto diretto utilizzato se alla base della stima c'è un progetto preliminare o definitivo.  FASI: ‐ scelta del  campione  il più possibile omogeneo  al  caso noto:  si hanno problemi  legati  all’omogeneità 

fisica, all'attualità  (le  fluttuazioni nel  tempo sono contenute, più stabili nel mercato  immobiliare), alla numerosità (strutturalmente si hanno meno episodi di costruzione che di compravendita, si costruisce una volta sola) e al fatto che è difficile trovare i costi di costruzione specie per l'edilizia privata (mercato poco trasparente, evasione); 

‐ omogeneizzazione temporale: si riporta il costo storico (Cs) all'attualità secondo l’indice Istat storico (Is) e  quello  attuale  (Ia):    ,  altrimenti  si  può  considerare  l'andamento  del  mercato immobiliare o del potere d’acquisto (meno precisi e meno legati all'andamento dei costi di costruzione); 

‐ scelta del parametro tecnico esplicativo del costo di costruzione (legato sia alla capacità rappresentativa che  alla  consuetudine):  per  edilizia  residenziale:  volume  vuoto  per  pieno,  superficie,  n.  vani,…;  per edilizia produttiva: superficie o un volume lordi o utili; per edilizia speciale: parametri legati alla funzione dell'edificio; per opere di urbanizzazione: superficie per le strade, sviluppo lineare per le reti di servizi,… 

‐ confronto progetto‐campione: monoparametrico (proporzione o regressione lineare) o pluriparametrico (regressione multipla). 

 FONTI DIRETTE: ‐ imprese di costruzione: non parlano; ‐ stazioni appaltanti pubbliche: oggetti differenti da quelli che interessano il privato; ‐ committenti privati.  FONTI INDIRETTE: ‐ camere di commercio, Istat: pubblica costi parametrici; ‐ ANCE (associazione nazionale costruttori edili); ‐ pubblicazioni specifiche per tipologia ed area; ‐ ordine degli architetti e ingegneri di Milano: pubblicano schede delle opere realizzate per varie tipologie 

in base a ciò che la realtà costruttiva ha realizzato anno per anno; ‐ osservatorio del Ministero LLPP: dovrebbe fornire costi standard per tipologia ed area.  Procedimenti misti Utilizzati  se  alla  base  c'è  un  progetto  preliminare,  vengono  realizzati  di  volta  in  volta  in  base  al  caso specifico, specie se si considera il costo di riproduzione.  PROCEDIMENTO PER ELEMENTI FUNZIONALI: Spesso usato per valutare il costo di ripristino o di recupero di edifici obsoleti. Si cerca un edificio analogo di cui  si  conosce  tutto e  lo  si disaggrega  in  componenti  costruttive,  si definisce  il  costo di  costruzione per 

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ciascun elemento  funzionale  (trovando  la percentuale di  incidenza sul costo  totale), si  trasportano  i costi all'edificio che si deve valutare e li si adatta alla situazione per ogni elemento funzionale.  METODO ESTIMATIVO RAPIDO (MER): Si scompone l'edificio in elementi costitutivi, si definisce il livello di degrado a cui corrisponde un punteggio (rappresenta  ciò  che  si  deve  spendere  per  annullare  il  degrado),  si  determina  il  punteggio  totale,  lo  si aggiusta in base alle condizioni organizzative (dipendono dal luogo) e lo si trasforma in uno costo con una proporzione.  È molto  utilizzato  sia  per  definire  costi  di  recupero  che  per  stimare  costi  dovuti  a  eventi catastrofici (terremoti,…).  Computo metrico estimativo Approccio  analitico  utilizzabile  se  alla  base  c'è  un  progetto  esecutivo  (anche  definitivo)  e  un  capitolato speciale d'appalto (difficile averli).  

 con qi  quantità di operazione i, misurata in base a regole derivate dalla consuetudine; pi  prezzo unitario, ottenuto da prezziari oppure stimato ad hoc (considerando valore dei materiali, 

manodopera, noli e trasporti, 15% spese generali, 10% utile normale).  e. Spese tecniche  Compensi per  la progettazione,  la direzione  lavori e  la sicurezza. Solitamente vengono definite come  il 5‐10% del costo di costruzione in base all’entità (+entità → +%) e alle caratteristiche dell'opera (+complessità → +%). In alternativa è possibile usare tabelle ministeriali che definiscono i compensi del progettista in base a tipologia, difficoltà,… (tariffe professionali).  f. Spese generali e imprevisti (per processo di organizzazione della trasformazione)  Spese relative alla struttura organizzativa che viene posta in essere per condurre il processo di investimento (ufficio, telefono,…) e legate ad imprevisti (bombe, reperti archeologici,…). Definite come percentuale sulle spese tecniche in base alla complessità del processo organizzativo (2‐3%).  g. Spese di commercializzazione  Ciò che si spende per pubblicizzare e pagare gli intermediari, si basano sul valore di ciò che si va a realizzare ossia sui ricavi stimati (2‐3%).  h. Oneri finanziari  Dovuti  al  fatto  che  qualsiasi  investimento  richiede  anticipazioni  perché  il  flusso  di  costo  è  anticipato rispetto a quello di ricavo. In alcuni casi è possibile non pagare  il costo dell'area al proprietario e/o  i costi della costruttore trasformandoli in quote sul costruito (regola 1/3 ‐ 1/3 ‐ 1/3). Altrimenti è possibile ridurre l'esposizione  vendendo  anticipatamente  oppure  realizzando  un  pull  di  promotori  che  si  spartiscono  le spese.  Per  cautela  è  bene  considerare  sempre  la  possibilità  di  esposizione,  essa  è  indipendente  da  chi finanzia:  si  ha  sia  per  l'istituto  di  credito  sia  nel  caso  di  autofinanziamento  del  promotore  (valore‐opportunità del denaro).     

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i. Ricavi da vendite  La stima di ricavi è dominata dall'indeterminatezza, si hanno due ordini di problemi: ‐ definizione di un prodotto edilizio  ipotetico, descritto solo sommariamente: gli  input del committente 

sono  completati  con assunzioni dell'analista  ispirate al principio dell'ordinarietà non  solo per  i  fattori costruttivi  intrinseci  ma  anche  per  le  condizioni  attuali  che  regolano  il  mercato  e  per  le  possibili dinamiche dello stesso; 

‐ effetto del tempo nella valutazione:  legato allo sconto e al rischio di variazioni  intrinseche nel mercato immobiliare o legate a situazioni non prevedibili. 

 CARATTERISTICHE DEL MERCATO IMMOBILIARE  ‐ struttura rarefatta: meno delle aree edificabili; ‐ immobili poco omogenei; ‐ prezzi poco noti: più delle aree edificabili; ‐ segmentato e localizzato.  ATTORI DEL MERCATO  ‐ famiglie (domanda e offerta):  lo stato di salute delle famiglie  (capacità di spendere o  indebitarsi) è un 

agente economico da conoscere; ‐ costruttori (offerta).   FATTORI GENERALI D'INFLUENZA: tutti legati alla situazione economica delle famiglie  ‐ congiuntura economica; ‐ redditività immobiliare; ‐ fiscalità; ‐ accessibilità al credito.  FATTORI PARTICOLARI D'INFLUENZA  ‐ caratteristiche  posizionali  intrinseche:  il  luogo  dell'investimento  è  di  solito  definito  (visibilità, 

orientamento, luminosità, ventilazione,…), tranne nel caso di investimenti di grandi dimensioni (piani di sviluppo di aree residenziali,…); 

‐ caratteristiche  posizionali  estrinseche:  come  il  progetto  si  rapporta  con  il  luogo:  qualificazione infrastrutturale  (prossimità  al  centro  urbano,  accessibilità  ai  servizi  e  al  trasporto  pubblico,…)  e ambientale  (salubrità,  contesto  sociale, densità  edilizia,  rumorosità,…),  spesso  assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà; 

‐ caratteristiche  tecnologiche: dimensioni,  livello di  finitura, servizi,… spesso assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà; 

‐ caratteristiche  produttive:  esenzioni  fiscali,  dotazione  impiantistica  (molto  importante  è  il  carattere “ambientale” degli impianti),… assunzioni dell'analista con riferimento all'ordinarietà. 

 METODI DI VALUTAZIONE  Tutti i metodi di stima si fondano sul confronto tra l'oggetto da stimare e i fatti di mercato che riguardano oggetti  simili,  il  problema  principale  è  la  datazione  dei  dati  di mercato  (si  ha  un  errore  intrinseco  nel valutare fatti economici disallineati nel tempo), le dinamiche dei prezzi sono di difficile previsione perché si basano su  fatti passati e  inoltre  la produzione edilizia  (materiali, metodi,  impianti,…) si evolve nel  tempo (difficilmente ciò che si realizza è simile a ciò che è stato realizzato finora).  

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Il tipo di metodo da adottare dipende dallo scopo dell'investimento: ‐ capitalizzazione del reddito: se il valore sarà dato dal flusso di redditi (immobile dato in affitto,…) ‐ comparazioni diretta mono o pluriparametrica: se l'immobile sarà collocato sul mercato. Si osservano il 

mercato e beni il più possibile simili, si individua un parametro di confronto, si adottano delle correzioni per tenere conto che  il valore si realizza  in un momento diverso dall'analisi (dinamiche del mercato) e delle caratteristiche particolari dell'oggetto di valutazione. 

 j. Imposte  La base di calcolo è l’utile (RT ‐ CT), l'aliquota di riferimento è il 40‐42%.  2. COSTRUZIONE DEL CASH‐FLOW  Stimati i costi e di ricavi è necessario tenere conto dell'effetto del tempo (ha un preciso valore economico), il processo di investimento richiede tempi di autorizzazione e realizzazione che possono essere lunghi (≥ 2 anni).  Il  primo  passo  per  costruire  il  cash‐flow  è definire  il momento zero  (momento attuale) ossia il punto d'osservazione del valutatore e il momento  n  ossia  il momento  in  cui  con maggior probabilità  si  concluderà  la  vicenda tecnico‐economica (incerto).  L'intervallo  temporale  tra  0  e  n  viene  suddiviso  in  intervalli  la  cui  ampiezza  dipende  dalla  durata dell'investimento e dalla precisione con cui si può valutare la collocazione di costi e ricavi: di solito 1 anno (significa ipotizzare una convertibilità annua, l'interesse passa a capitale una volta all'anno), anche 6‐3 mesi per interventi brevi. Ora si devono collocare costi e  ricavi costruendo anno per anno  il saldo  tra esborsi e  incassi,  riferendosi sempre all'ordinarietà.  

 Figura 1 ‐ Esempio di cash‐flow 

Innanzitutto si distribuiscono le voci di costo stimate autonomamente: ‐ costo  dell’area:  con  riferimento  alla  destinazione  attuale,  nel  caso  di  remunerazione  dell’area  con 

concessione di parte del costruito non si sborserebbe nulla perché acquisto e vendita avverrebbero al momento 0; 

‐ demolizioni e bonifica; ‐ oneri concessori; ‐ opere di urbanizzazione primaria. ‐ opere edili e parcheggi; 

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Poi si considerano le voci di costo parametrizzate collocandole coerentemente: ‐ spese tecniche; ‐ spese generali e imprevisti. Per prudenza i ricavi previsti vengono collocati a fine cash‐flow, anche se si comincia a vendere prima della fine. A questo punto si calcolano le spese di commercializzazione sulla base dell'aliquota considerata (2%).  In questo modo si è ottenuto  il FLUSSO DI CASSA ECONOMICO, non tiene conto degli oneri finanziari, è  la differenza calcolata anno per anno  tra  ricavo e  spesa  (≠ da  indebitamento).  In base a questo è possibile calcolare alcuni parametri di redditività dell'investimento trascurando oneri finanziari, fiscali e l'effetto del tempo: se la differenza fra ricavi totali e costi totali è positiva l'investimento è conveniente.  Effetto del tempo Si adotta un saggio di preferenza  intertemporale positivo (meglio avere ricavi ora e costi  in futuro) ma di solito  i costi attesi sono anticipati rispetto ai ricavi attesi. Per valutare  la convenienza dell'investimento si calcola  la differenza fra ricavi e costi attualizzata che sarà  inferiore alla semplice differenza perché  i ricavi sono maggiormente penalizzati perché sono più distanti nel tempo. Una  valutazione  di  convenienza  con  riferimento  al  flusso  di  cassa  economico  risulta  però  semplicistica perché non considera oneri finanziari e fiscali.  Aspetti finanziari Ordinariamente  l'investitore ricorre al debito (difficilmente può autofinanziarsi completamente) e dunque deve  sostenere  degli  esborsi  per  utilizzare  il  capitale  a  debito,  per  cautela  si  ipotizza  un  investimento totalmente a debito. Per stimare  i costi delle anticipazioni finanziarie è necessario capire come varia  l'indebitamento anno per anno  (interessi passivi  si pagano  sui debiti) e  scegliere un appropriato  tasso di  interesse  (tasso  richiesto dall'istituto finanziario in funzione della solvibilità dell'investitore e del rischio dell'investimento).  Si definisce esposizione il grado di indebitamento, esso dipende dal flusso di cassa ma è necessario tenere conto dell'effetto cumulato: l'esposizione si mantiene negativa molto più lungo del cash flow. Se  l'esposizione è negativa si pagano  interessi passivi  (oneri  finanziari), quando diventa positiva si hanno interessi positivi (proventi finanziari).  La scelta del  tasso di  interesse dipende dal  fatto che  il debito venga contratto con un  istituto  finanziario (saggio  passivo)  oppure  derivi  da  un  autofinanziamento  (costo  opportunità  del  denaro,  costo  dovuto  al mancato reddito). Per la stima degli oneri finanziari si ricorre alla seguente formula:  

 con In  oneri finanziari sostenuti nell'anno n‐esimo, calcolati con riferimento all'esposizione iniziale, finale 

o media anno per anno, è più corretto fare riferimento all'esposizione media perché la collocazione annuale è solamente convenzionale 

E  esposizione finanziaria, tiene conto di esposizione economica e degli interessi passivi r  saggio di interesse  Si è dunque determinato il FLUSSO DI CASSA FINANZIARIO (flusso economico + oneri e proventi finanziari).  Aspetti fiscali Le tasse vengono calcolate sull'utile ricavato dal cash‐flow finanziario, si considera una aliquota pari al 40‐42% e la si distribuisce proporzionalmente negli anni in cui l'esposizione finanziaria è positiva. 

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Si ricorda che si considera che la società si costituisce e muore per l'investimento analizzato, non è possibile quindi ridurre l'utile acquisendo altre aree edificabili,…  Infine  il  FLUSSO  FINANZIARIO  NETTO  è  costituito  dal  saldo  annuale  ricavi‐costi  comprensivo  di  oneri finanziari e fiscali.  3. ASSUNZIONE DEL TASSO DI SCONTO  Necessario  per  passare  al  flusso  di  cassa  finanziario  attualizzato  che  rappresenta  il  plusvalore  creato dall'investimento dopo aver remunerato tutti (anche l'investitore per il rischio assunto).  Non  esiste  una modalità  rigorosa  per  il  calcolo  del  tasso  di  sconto  perché  esso  dipende  dalla  struttura dell'impresa (grado di autofinanziamento). Per calcolare il tasso di sconto si possono seguire due strade:  COSTO PONDERATO MEDIO DEL CAPITALE   

 con WACC  waited average cost of capital; PCA  percentuale di capitale autofinanziato; rCA  saggio che ci si aspetta di percepire dal proprio capitale; PD  percentuale di capitale finanziato al debito; rD  saggio preteso dalla banca.  Questa  strada  va  bene  per  la  parte  relativa  al  tasso  di  autofinanziamento  ma,  se  si  ricorresse completamente  al  finanziamento  a  debito,  risulterebbe  conveniente  qualsiasi  investimento  con  un rendimento uguale a quello che chiede la banca (anche se all'investitore non rimanesse nulla).  COSTO OPPORTUNITÀ DEL DENARO INVESTITO  Si considera che investendo si accetta un rischio utilizzando denaro proprio o preso a prestito, si costruisce il tasso di sconto in modo additivo:  

 con RRF  rendimento risk free, ciò che si sarebbe ottenuto con un investimento sicuro (BOT,…) (benchmark); P  premio di rischio, ciò che ci si aspetta per aver corso il rischio dell'investimento.  L'investimento  è  conveniente  se  il  tasso  di  sconto  è  almeno  uguale  al  saggio  di  rendimento  medio dell'investimento immobiliare simile. Il  saggio  di  rendimento medio  dell'investimento  immobiliare  simile  è  di  difficile  determinazione  perché varia nel tempo, per il tipo di investimento e in base al luogo.  Sono  necessarie  ulteriori  riflessioni  sulla  composizione  del  premio  di  rischio  (P)  per  capire  da  cosa siacomposto. Solitamente si individuano tre tipi di rischi: ‐ RISCHIO LIQUIDITÀ:  l'investimento  immobiliare non è  liquidabile nel breve  termine,  si  rischia di avere 

illiquidità; ‐ RISCHIO URBANISTICO:  l'investimento  potrebbe  non  essere  conveniente  in  caso  di  cambio  del  piano 

urbanistico, inoltre è un rischio considerare un investimento che prevede una modificazione urbanistica (non è detto che avverrà); 

‐ RISCHIO DI MERCATO: non si ha la certezza di come evolverà il mercato.  

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Si possono considerare anche altri rischi come: ‐ rischio proprietà: il diritto di proprietà può essere messo in discussione; ‐ rischio Paese: in alcuni Paesi si hanno rischi legati all'ordine pubblico, alla legalità e alla politica. Inoltre si possono avere componenti specifiche legate al tipo di investimento.  Le  aliquote  percentuale  dei  tre  rischi  principali  vengono  stimate  per  comparazione,  considerando  una categoria di  investimenti con  il  loro tassi di sconto e confrontandoli con quello da valutare, analizzando  la rischiosità  e  il  saggio di  rendimento noto  (RRF).  Se  si ha  a disposizione  il  saggio di  riferimento per  altri investimenti, si confrontano i vari punti con l'investimento da valutare e si vede come aggiustarli.  Ad esempio:  

 

  I tassi di sconto ottenuti rappresentano il saggio di riferimento dell'investimento immobiliare simile.  Inflazione Dal momento che l'investimento si dispiega nel tempo si deve tener conto dell'inflazione. Le voci di costo e ricavo possono essere stimate in termini nominali (non tengono conto dell’inflazione) o reali (considerano gli aspetti monetari). Per le valutazioni si possono dunque seguire due strade: rivalutare costi e ricavi anno per anno  in  funzione dell'inflazione  (per  investimenti di  lunga durata) oppure procedere con un’analisi a prezzi costanti e alla fine considerare l’inflazione (per investimenti di breve durata). Di solito si fanno valutazioni a prezzi reali e poi si utilizza un tasso di sconto reale.  4. CRITERI DI RENDIMENTO ECONOMICO  Nell’ACR la convenienza dell'investimento è valutata rispetto ad un unico parametro monetario.  VALORE ATTUALE NETTO (VAN) 

 con VAN  valore attuale netto dell'investimento; Ri  ricavi dell'anno i‐esimo; Ci  costi dell'anno i‐esimo; r  non rappresenta solo il tasso di preferenza intertemporale, ma è anche misura del compenso che 

ci si aspetta per il rischio corso.  VAN > 0  investimento conveniente, il rendimento dell'investimento è maggiore del tasso di sconto 

utilizzato (rendimento minimo che si accetta per correre il rischio); VAN = 0  convenienza indefinita, rendimento = tasso di sconto utilizzato; VAN < 0  investimento non conveniente, rendimento < tasso di sconto utilizzato.  Il  VAN  permette  di  definire  se  l'investimento  è  efficace  oppure  no,  ma  non  dice  nulla  sull'efficienza dell'investimento ossia in rapporto ai costi sostenuti dunque potrebbe essere elusivo se usato per scegliere quale  investimento  fare,  specie  se  si  considerano  investimenti  di  dimensioni  diverse.  Inoltre  richiede  la determinazione di un preciso tasso di sconto (r) che in realtà è di difficile determinazione.  

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SAGGIO DI RENDIMENTO INTERNO (SRI)  Misura  l'efficienza di un  investimento ossia  la  capacità di  remunerare  le  risorse  impiegate e di generare utili. SRI è il saggio che uguaglia ricavi e costi (annulla il VAN), non richiede una determinazione a priori del tasso di sconto (r è un'incognita).  

( ) ( )0 00

1 1

n ni i

i ii i

R CVANSRI SRI= =

= ⇒ =+ +

∑ ∑  

 Si ottiene un'equazione di grado  i dove  i  rappresenta  l'orizzonte annuo previsto  (n. anni, n.  semestri,…), facilmente  risolvibile  se  l'investimento  è  annuale  o  di  due  anni  (altrimenti  per  risolvere  si  operano successive approssimazioni ossia si simulano diversi tassi di sconto finché non si trova la convergenza).  Per definire la convenienza è necessario definire un SAGGIO SOGLIA (SS): SRI > SS   investimento conveniente; SRI = SS   convenienza indefinita; SRI < SS   investimento non conveniente.  Nel  caso  in  cui  i  ricavi  siano posticipati  rispetto ai  costi,  se  il  saggio aumenta  si  riduce  la differenza R‐C perché  in questo  caso  l'effetto del  saggio  (che è esponenziale) è  tanto maggiore quanto più grande è  il saggio.  Confronto tra due investimenti con SRI uguale Si ricorda che il SRI può essere visto come il rendimento che ci si aspetta di ottenere incassando anno per anno  e  investendo  sul  mercato.  Se  però  il  rendimento  sul  mercato  è  più  basso  di  quello  atteso, l'investimento  più  breve  darà  il  saggio  di  rendimento  interno  minore  perché  si  hanno  meno  anni  di rendimento.  Situazioni anomale Il saggio di rendimento interno non è sempre positivo e unico.  Esistono strutture particolari di cash‐flow per cui non ha senso calcolare SRI: ‐ se  l'investitore non anticipa nulla  (paga  l'area e  il costruttore con parti del costruito), non è possibile 

calcolare SRI (viene un numero enorme); ‐ se i ricavi sono anticipati rispetto ai costi (si vende sulla carta), si ha SRI<0 ossia un saggio di preferenza 

intertemporale negativo (meglio 1€ tra 3 anni che 1€ adesso). Si ha SRI negativo anche nel caso di un cash‐flow classico ma con saldo negativo.  Quando  il  cash‐flow  varia  più  volte  di  segno  l'SRI  è multiplo,  l'andamento  del  VAN  rispetto  al  saggio identifica due saggi di rendimento interno. Per evitare questa situazione, si deve strutturare il cash‐flow  in  modo  che  cambi  di  segno  una  sola  volta,  ad esempio  aggregando  scansioni  temporali  (al  posto  di  1 anno  si  considerano  2‐3  anni)  oppure  spostando cautelativamente  tutti  i costi all'inizio e tutti  i ricavi alla fine (o comunque in due momenti successivi).  Variazioni di SRI al variare dei grado di autofinanziamento Il  ricorso  al  finanziamento  è  rischioso  perché  il  costo  del  denaro  a  debito  da  istituti  finanziari  è molto maggiore della redditività di un investimento sicuro (costo opportunità). 

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Se  invece un  investimento ha un  rendimento del 7‐8% e  il costo del denaro a debito è del 4%,  si ha un guadagno del 3% annuo solo gestendo, si parla di “effetto leva” dovuto alla differenza tra costo del denaro e rendimento dell'investimento. ESEMPIO:  Si  considera  ad esempio un  investimento di durata  annuale  che prevede una spesa di 100 al momento 0 e un ricavo di 110 al momento 1.  Se ci si autofinanzia completamente (non si hanno interessi bancari) il cash‐flow economico coincide con quello finanziario e SRI = 10%.  Se si considerano le tasse con un'aliquota del 40% si ottiene un SRI = 6% e lo si confronta con saggio soglia  (SS) che ha  in pratica gli stessi contenuti del tasso di sconto (r).  Se SRI > SS ( = RRF + P) l'investimento è conveniente.  Se si ricorre totalmente al debito, sia un'esposizione per un anno pari a 100 e si considera un saggio di interesse bancario del 5% pagato a fine anno.    In  questo  caso  SRI  =  5%  al  netto  e  gli  oneri  finanziari  (metà  delle rendimento diventa la remunerazione della banca che ha prestato i soldi).    Se si considerano le tasse, SRI = 3%.  Si nota che se il tasso d'interesse diminuisce, SRI al netto di oneri finanziari e tasse aumenta.  Si  osserva  che  se  il  saggio  soglia  fosse  del  5%,  l'investimento  sarebbe  conveniente  se  è  possibile autofinanziarsi  altrimenti  no.  Dunque  SS  cambia  a  seconda  del  grado  di  autofinanziamento  perché comunque i soldi a debito o propri si potevano investire in investimenti privi di rischio.  RAPPORTO BENEFICI – COSTI (η)  Il metodo definisce in che misura i ricavi sopravanzano i costi e richiede il calcolo di un saggio di sconto.   

 con  VAB  valore attuale dei benefici VAC  valore attuale dei costi         

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5. FORMULAZIONE DELLA SCELTA FINALE  

Caratteristica  Valore Attuale Netto  Saggio di Rendimento Interno Tipo di indicatore  Rendimento assoluto  Efficienza 

Saggio di sconto Esogeno 

(determinato a priori) Implicito (risolvendo VAN=0) 

Saggio Soglia(1) Criterio di ammissibilità  VAN1 > VANn > 0  SRI1 > SRIn > SS 

Impiego Valutazioni rispetto 

all'ammontare degli utili Valutazioni rispetto 

all'efficienza d'uso del capitale (1) determinazione meno problematica di quella del tasso di sconto. 

  

6. ANALISI DELLE RISCHIO E DELL'INCERTEZZA DELLA VALUTAZIONE DELL'INVESTIMENTO IMMOBILIARE  I progetti di investimento sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza. I flussi monetari in entrata ed  in uscita non possono essere considerati certi, bensì sono suscettibili di aleatorietà sia riguardo  la  loro manifestazione sia riguardo la loro entità. Per queste ragioni la valutazione di un investimento immobiliare non  può  fermarsi  alla  sola  convenienza  economica,  calcolata  tramite  VAN  e  SRI,  ma  deve  prevedere un’analisi sulla qualità e l’attendibilità di questa misura.  L'incertezza non ha un significato solo negativo, il profitto stesso nasce dall'incertezza perché la capacità di affrontare i rischi è un'opportunità per chi sa gestirla.  Nel campo dell'analisi economica rischio e incertezza non sono sinonimi: ‐ RISCHIO: rappresenta una variabilità del risultato atteso che può essere spiegata, si possono costruire 

funzioni di probabilità che spiegano l'evento attraverso alcune variabili; ‐ INCERTEZZA: non è determinabile a priori perché può essere spiegata solo soggettivamente (in realtà si 

potrà usare un metodo: valore d'opzione).  FATTORI CHE INFLUENZANO IL GIUDIZIO SULL'INVESTIMENTO  ‐ ammontare e distribuzione nel tempo dei costi  ; ‐ ammontare e distribuzione nel tempo dei possibili ricavi  ; ‐ attendibilità della stima di costi e ricavi; ‐ rendimento di investimenti alternativi; ‐ predisposizione al rischio dell'investitore.  Gli indicatori visti in precedenza (VAN e SRI) tengono conto della variabilità delle voci interne, è necessario ragionare in base alla quantità (ammontare delle voci), qualità (grado di precisione) e tempo (influenza sul tasso di sconto).  STRATEGIE PER LIMITARE IL RISCHIO  ‐ scelta dell'investimento con il minor livello di rischio; ‐ diversificare  il  livello  di  rischio  costruendo  una  portfolio  di  investimenti  differenti:  la  diversificazione 

riduce il rischio complessivo; ‐ approfondire l'analisi di mercato diminuendo la variabilità dei risultati attesi; ‐ strategie di condivisione delle rischio: accordi con proprietario o costruttore (permute); ‐ hedging  (opzione):  esiste  la  possibilità  di  comprare  con  diritto  di  riserva  previo  indennizzo  per  il 

proprietario in caso di mancato acquisto, nel caso che la situazione non vada come previsto (non cambia il PRGC) si ha una perdita inferiore a quella che si avrebbe in caso di acquisto. 

 

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METODI CLASSICI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO  Tasso aggiustato per il rischio (Risk‐Adjusted Discount Rate) ‐ costruzione  per  fattori  (build‐up  approach):  si  parte  dal  tasso  risk‐free  (BOT  semestrali,…)  e  si 

aggiungono  in  modo  empirico  dei  premi  di  rischio  legati  a  diverse  voci  (rischio  urbanistico,  di mercato,…), è necessaria molta esperienza perché si ottiene così un giudizio soggettivo delle rischio; 

‐ costo marginale del denaro  (WACC):  il WACC  è una media ponderata  tra  rischio  legato  al prestito  e all'autofinanziamento (hanno rendimenti differenti); 

‐ costo opportunità del denaro: rendimento atteso per analoghi  investimenti  (stesso rischio) contrattati sul mercato, non è difficile definirlo per  il mercato  immobiliare perché esistono  fondi d'investimento immobiliare che producono azioni contrattate in borsa (molti dati). 

 Tecnica dell'equivalente certo Viene  chiesto  all'investitore  di  segnalare  il  suo  grado  di  indifferenza  tra un’opportunità di  investimento con un esito certo e una dall'esito  incerto. Si traccia  così  una  mappa  di  preferenze  dell'investitore  che  fornisce  la  sua predisposizione  alle  rischio.  In  genere  si  ha  un  andamento marginalmente decrescente  (se  si hanno pochi  soldi  l'utilità del denaro è maggiore) mentre per un investitore avverso al rischio l'andamento è lineare.   Analisi di sensitività (analisi what if) Si definiscono curve che indicano le variazioni del VAN al variare di una sola variabile significativa per volta, in questo modo è possibile  ipotizzare diversi  scenari e definire  le variabili che più  influenzano  il VAN,  su queste andrà posta maggiore attenzione (distribuzione temporale di costi e ricavi, tasso d’interesse, tasso di sconto,…).  METODI INNOVATIVI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO  Analisi multicriterio  Si valutano alcuni aspetti del  rischio,  si assegnano punteggi  sul grado di  rischio a  ciascun attributo e infine,  ponderando,  si  ottiene  un'indicazione  del rischio.         Analisi Montecarlo Il  processo  di  simulazione  eseguito  con  l’analisi Montecarlo  permette,  con  l’ausilio  del  calcolatore,  di simulare migliaia di stati (non 2‐3 come nell’analisi di sensitività) calcolati sulla base delle variazioni dei dati di  input definite dal decisore sulla base di distribuzioni probabilistiche. Questa è dunque una  tecnica che non dà risultati deterministici ma una determinata distribuzione statistica dei valori di output.     

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PREGI: ‐ capacità di analisi: si possono modellizzare problemi di investimento di grandi dimensioni e complicati, si 

possono testare diverse  ipotesi sul modello e sui dati di  input,  inoltre  in modo automatico è possibile ottenere analisi di sensitività su singole variabili o dati di input; 

‐ rappresentazione  statistica delle variabili di output  (VAN e SRI): esse possono  risultare più  facilmente comprensibili per operatori non avvezzi al linguaggio economico. 

 ELEMENTI PRINCIPALI DELLA TECNICA: ‐ parametri: input specificati dal decisore o dall’analista dell’investimento e quindi controllabili; ‐ variabili di  input esogene: variabili di  ingresso dipendenti da eventi che non sono sotto  il controllo del 

decisore, il cui andamento è però descrivibile in termini probabilistici; ‐ variabili  di  output:  rappresentano  i  risultati  della  simulazione,  si  tratta  degli  indicatori  utilizzati  per 

misurare la validità dell’investimento (VAN,SRI,…); ‐ modello: equazioni matematiche che descrivono le relazioni tra le componenti del sistema e definiscono 

il legame degli output con i parametri e le variabili di input.  APPLICAZIONE DEL METODO: ‐ identificazione delle variabili esogene e dei parametri: si tratta di individuare gli elementi critici dai quali 

dipende il valore economico del progetto; ‐ definizione del modello: occorre esplicitare le relazioni matematiche che consentono la determinazione 

del risultato desiderato in funzione delle variabili di input e dei parametri; ‐ attribuzione delle distribuzioni di probabilità: è necessario specificare  la distribuzione di probabilità di 

ogni variabile di input; ‐ impostazione delle  simulazioni ed effettuazione degli esperimenti:  fissando  il numero di  iterazioni da 

eseguire, implementando gli algoritmi di generazione dei numeri pseudocasuali,…;  ‐ verifiche dei  risultati e produzione dei  rapporti  finali: al  termine delle simulazioni si possono eseguire 

alcune verifiche al fine di valutare eventuali problemi con il procedimento implementato.  VALUTAZIONE DELL'INCERTEZZA  I metodi  tradizionali,  anche  quando  incorporano  l’analisi  del  rischio,  assumono  sempre  il  fatto  che  il promotore sia  legato ad una determinata strategia operativa fissa ed  immutabile. Non riescono dunque a tenere conto dei possibili scenari  futuri che possono essere migliori rispetto all’investimento attuale, pur profittevole. È  indispensabile  invece riuscire a dare un valore a questa possibilità di aspettare e ritardare l’investimento ovvero valutare il valore d’opzione.  Opzione finanziaria L'opzione è un contratto che assegna ad uno dei contraenti, dietro versamento di un premio,  il diritto, e non  l'obbligo, di acquistare  (call option) o di vendere  (put option)  una  certa  quantità  di  un  dato  prodotto,  ad  un  prezzo  predeterminato (strike price), ad una scadenza fissata (opzione europea) o entro la stessa (opzione americana).  CALL OPTION: se il valore al momento della scadenza è superiore allo strike price, si esercita l'opzione altrimenti la si lascia cadere e si acquista sul mercato. Per prezzare una call option la si fa equivalere ad un investimento risk free:      

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 con S  valore attuale Su  valore che si avrà fra un anno con probabilità p (Su > S) r  tasso per investimento risk free  Real option L'approccio delle opzioni reali è l’estensione della teoria delle opzioni finanziarie alle attività reali. ‐ opzione di abbandono (disinvest): possibilità di vendere o abbandonare un progetto di investimento; ‐ opzione di ampliamento (grow): opzione di aumento delle dimensioni di un progetto; ‐ opzione  di  differimento  dello  sviluppo  (defer):  capacità  di  ritardare  l'esecuzione  di  un  progetto  di 

investimento non pregiudicandone l'attuazione; ‐ opzione di riduzione (shrink): opzione di riduzione delle dimensioni di un progetto; ‐ opzione di  scambio  (switch up –  switch down): progetti di  investimento  che possono essere accesi o 

spenti  nella  loro  vita  utile  (trivellazione  per  petrolio,  centrale  elettrica  con  diverse  possibilità  di alimentazione,…). 

   

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L’ANALISI COSTI – BENEFICI (ACB)  Si basa sulla misura monetaria di tutti gli aspetti contenuti nell'analisi come per l'ACR, ma considera anche una serie di aspetti non previsti dall'ACR (esternalità) e misura tutto rispetto a convenienze pubbliche (non private).  Elementi differenziali considerati nell’ACB L'ACR  considera  solo  ciò  che  comporta  costi  e  ricavi  per  l'impresa  e  il  resto  viene  trascurato,  l'ambito pubblico  deve  invece  considerare  tutto  ciò  che  fa  variare  il  benessere  sociale  anche  se  questo  non rappresenta una variazione di costi e ricavi per  l'impresa. Ci sono dunque dei fattori della produzione che sono irrilevanti per l'impresa (sia positivi che negativi) ma non per il benessere sociale e quindi uno stesso bene può avere due valenze differenti a seconda che lo si consideri con ottica pubblica o privata.  Esternalità (effetti esterni)  Sono  “imperfezioni”  del  mercato  che  derivano  dal  fatto  che  l'impresa  non  è  una  “black  box”  ma  è permeabile a molti aspetti non regolati dal mercato (inquinanti, creazione di occupazione,...). In realtà esistono normative che regolano  in parte gli scambi  tra  imprese e ambiente esterno  (normative ambientali,...)  che  in  qualche  modo  internalizzano  le  esternalità  (si  hanno  costi  per  evitare  sanzioni), tuttavia non è detto che rispettare le normative significhi non arrecare danni alla collettività.  Ambito di valutazione Il  sistema  economico  viene  considerato  solitamente  circolare  e  chiuso  (produzione  e  consumo  di prodotti/fattori  produttivi)  e  può  essere  visto  sia  come  flusso  produttivo  che  come  flusso  monetario (inverso). 

             In realtà non è chiuso perché si hanno scarti di consumo o di produzione che finiscono nell'ambiente: se si produce al di sotto della capacità di assorbimento dell'ambiente,  lo scarto può essere risorsa, altrimenti è un danno. Si ha dunque che  le esternalità hanno effetti  tanto maggiori quanto più piccolo è  il sistema di riferimento rispetto all'entità delle attività.  Il problema nasce dall'incapacità di difendere  i diritti di proprietà per  alcuni  aspetti. Per  i beni mobili  e immobili  la  situazione  è più  semplice perché  sono  efficacemente  regolati o  regolabili, per  gli  altri  è più complicato  perché  non  esistono  regole  perché  non  è  possibile  fissarle  oppure  perché  i  beni  non  sono controllabili (ad esempio quando controllare costerebbe più dell’eventuale danno). Il mercato  funzionerebbe ottimamente e  la produzione delle esternalità  sarebbe ottimizzata  (impossibile azzerarla) se fosse possibile regolarizzare tutti gli aspetti (anche le esternalità), perché ci sarebbe equilibrio tra chi emette e chi riceve l'emissione e quindi ottimizzazione. Il problema è appunto la capacità di far rispettare il diritto di proprietà su alcuni beni, specie su quelli non difendibili  (odori,...),  perché  spesso  il  costo  per  far  rispettare  le  norme  sarebbe maggiore  del  beneficio ottenuto (non ha senso implementare la regola in queste situazioni). 

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Una possibilità sarebbe quella di considerare l'intervento pubblico: il sistema dei costi di implementazione della  norma  si  ridurrebbe  e  quindi  il  controllo  delle  esternalità  funzionerebbe.  Inoltre  è  necessario osservare  che,  giorno  per  giorno,  grazie  all’evoluzione  tecnologica  sempre  più  aspetti  diventano controllabili.  1. CARATTERISTICHE DEI BENI AMBIENTALI  L'economia  del  benessere  individua  due  caratteristiche  nel  consumo  dei  beni  che  li  rendono  privati  o pubblici: ‐ Rivalità nel consumo:  la competizione dipende dalla modalità d'uso o  fruizione,  il bene può essere ad 

uso perfettamente  rivale  (viene distrutto  con  il primo utilizzo oppure  rivalità  sul piano  temporale),  a consumo non  rivale  (es:  strada al di sotto del  limite di congestione) o  fruibile  in entrambi  i modi  (es: durante  un  safari  un  leone  può  essere  fotografato  o  ucciso).  La  rivalità  del  bene  influisce  sulla produzione e  sul costo:  se  il bene è a consumo  rivale  la quantità consumata coincide con  la quantità prodotta, altrimenti basta che sia prodotto una volta sola. 

‐ Escludibilità  tecnica  o  economica:  possibilità  di  escludere  alcuni  dalla  fruizione  del  bene  (bene escludibile). Se il bene è difendibile è possibile regolarlo (solitamente con il prezzo), se non si è capaci di difenderne la proprietà non si ha interesse a produrre il bene. 

 I beni possono essere quindi distinti in: ‐ beni privati puri: caratterizzati da rivalità e esclusione, per questi il mercato funziona bene da sé; ‐ beni pubblici puri: non rivali e non escludibili, il privato non ha interesse a produrli, è sufficiente che lo 

Stato li produca una sola volta e poi sono a disposizione di tutti (non rivali); ‐ beni misti: 

o non rivali ma escludibili: beni privati prodotti dal settore pubblico, performing arts (cinema, musei,...) o rivali ma  non  escludibili:  beni  collettivi  prodotti  dal  settore  privato,  vengono  sprecati  perché  non 

possono essere regolati, problemi di tutela (acqua di falda,…).  

  COMPORTAMENTO ECONOMICO (STRATEGICO) E USO DELLE RISORSE PUBBLICHE  Ci sono meccanismi nei processi decisionali con fondamenti razionali ma che portano ad effetti indesiderati.   Si consideri il caso in esempio in cui si hanno due soggetti A e B che sfruttano una risorsa in modo regolato. Se  entrambi  seguono  le  regole  la  risorsa  si  mantiene,  se  assumono  un  comportamento  predatorio avrebbero un vantaggio immediato ma comprometterebbero la produttività della risorsa.  Si osserva ora il sistema delle convenienze: ‐ se entrambi seguono le regole: entrambi portano a casa 30; ‐ se entrambi sono predatori: entrambi portano a casa 15 perché sfruttano male per arraffare; ‐ se A è predatore e B segue le regole (o viceversa): della risorsa si riduce da 60 a 50, la maggior parte va 

ad A (40) e meno a B (10). 

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           Seguire  le  regole  converrebbe dunque ad entrambi, ma  in  realtà ognuno  ragiona per  conto  suo:  se A  si comporta  bene  come  B  incassa  30,  se  è  predatore  e  B  segue  le  regole  incassa  40;  quindi, indipendentemente da quello che fa B, gli conviene essere predatore. Discorso analogo vale per B quindi ci si troverà nella situazione in cui entrambi incassano 15.  Il sistema delle convenienze è razionale ma porta a errati comportamenti perché ognuno adotta un punto di vista individuale (la società è individualista, se il mercato non è regolato o regolabile ci si comporta male). Per risolvere questa situazione è necessario un controllo pubblico che costringa a seguire le regole oppure l'instaurazione di un rapporto di fiducia forte tra A e B (regole comuni accettate da entrambi).  COMPONENTI DEL VALORE ECONOMICO TOTALE  Per capire il valore di un bene è necessario analizzare il fenomeno a cui si associa: compravendita o utilità in sé. Per  l'imprenditore privato  il valore del bene coincide con  il prezzo ossia  il bene vale ciò che  rende  in termini monetari. In ambito pubblico o sociale non si ha una funzione di profitto,  il valore è  indipendente dal prezzo (può coincidere oppure no) ma è legato all'utilità/benessere che la collettività guadagna o perde con l'investimento. Il valore inoltre non è solo legato alla fruizione del bene, è necessario definire un valore economico totale.  Le componenti del valore economico totale sono: ‐ valore d'uso: commisurato al flusso di utilità per il fruitore durante la fruizione 

o diretto: fruizione diretta, o indiretto: se la fruizione avviene tramite foto, filmati,...; 

‐ valore di non uso: o valore di opzione: ciò che si sarebbe disposti a pagare per avere la certezza di poter eventualmente 

fruire in futuro di beni di cui non si può fruire ora ma a cui viene riconosciuto comunque un valore, o valore di lascito: il benessere è generato dal sapere che il bene sarà lasciato intatto alle generazioni 

future, indipendentemente dalla possibilità che io ne possa fruire in futuro, o valore di esistenza o intrinseco: componente con fondamenti etici o morali, ad esempio il riconoscere 

diritti ad altre forme viventi indipendentemente dal rapporto di utilità.  I beni solitamente accumulano, con gradi diversi, più componenti. L'unica componente che  trova sempre concretizzazione  in  un  prezzo  è  il  valore  d'uso  diretto  (l'indiretto  non  sempre),  quindi  il  prezzo  è  un riferimento  inadatto del valore economico  totale del bene nel caso  in cui  le componenti di non uso non siano trascurabili.  Si possono avere due tipi di bene: ‐ beni  riproducibili: possono essere  riprodotti  se necessario,  il VET è costituito dal  solo valore d'uso  (si 

trae beneficio dall'uso) a meno di questioni di tipo etico; ‐ beni  irriproducibili:  il VET è composto essenzialmente da valori di non uso  (opzione,  lascito, esistenza 

solo se vivente), può esserci anche una componente di valore d'uso indiretto. 

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Guardando alla riproducibilità è quindi possibile valutare se il VET è legato al valore d'uso o di non uso. Spesso  i beni con elevato valore di non uso (ville, castelli,…) faticano a vedersi riconoscere  il proprio VET, spesso perché inutilizzabili se non trasformati drasticamente (ma si hanno vincoli). In questi casi il valore di non  uso  è  elevato  ma  sfugge  al  mercato  ed  è  dunque  necessario  un  intervento  pubblico  per  farne riconoscere il valore.  I beni irriproducibili si possono distinguere in: ‐ beni surrogabili: se è il bene è perfettamente surrogabile lo si assimila ad un bene riproducibile (valore 

d'uso); ‐ beni non surrogabile: in questo caso lo si assimila ad un bene irriproducibile (valore di non uso). Quindi il peso dei valori di non uso dipende dal grado di surrogabilità.  Si osserva  inoltre che  il privato considera solo  i valori d'uso escludibili nelle sue valutazioni,  la collettività considera i valori d’uso e non uso non escludibili.  

  Componenti del valore economico totale Tipo di bene  Uso  Opzione  Esistenza  Lascito Riproducibile  sì  no  *  no 

Surrogabile  sì  **  */**  ** Irriproducibile 

Non surrogabile  sì  sì  sì  sì * dipende da questioni di tipo etico ** dipende dal livello di surrogabilità 

 2. IDENTIFICAZIONE DEGLI INPUT ED OUTPUT DEL PROGETTO  Per  l’ACB  si  devono  considerare  tutte  le  voci  che  generano  utilità/disutilità,  è  dunque  necessaria un'identificazione tecnica di tutto ciò che il progetto “consuma” (perdite d'utilità, flussi d’utilità negativa) e ciò che “genera” (flussi d’utilità positivi).  Si distinguono, per praticità, input e output che hanno un mercato e quindi un prezzo di mercato (ne misura il valore o parte di esso) e quelli senza mercato (esternalità) per i quali non si ha un prezzo ma è comunque necessario considerare il benessere generato.  Gli  input  e  output  da  considerare  sono molti,  possono  essere  suddivisi  in  6  categorie  in  base  a  chi  è interessato dagli effetti: 

                Il problema è dare una valutazione economica a tutti questi parametri tecnici (specie le esternalità).  

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3. DEFINIZIONE DEI VALORI MONETARI DEGLI INPUT E OUTPUT  Il  valore  monetario  misura  le  variazioni  di  benessere/utilità,  ipotizzando  che  esista  sempre  un corrispondente monetario attribuibile ad ogni variazione di benessere (l'obiettivo è misurare la quantità di moneta da corrispondere). Il  sistema dei prezzi non  è  sufficiente per  valutare  la  convenienza perché  spesso  i prezzi non  ci  sono o considerano solo alcuni aspetti. La variazione di benessere è quindi sempre rappresentata da una disponibilità a pagare, che talvolta (non sempre) è indicata da un prezzo registrato sul mercato.  VALUTAZIONE A PREZZI DI MERCATO  Variazioni nella produzione e variazioni di benessere Un progetto insiste sempre su un equilibrio economico preesistente (q1,p1). Se il progetto varia la funzione di costo dell'impresa, varia la funzione d'offerta (se l'effetto è benefico sia una traslazione verso il basso) e quindi  l'equilibrio  (q2,p2).  Confrontando  i  due  equilibri  è  possibile  valutare  il  beneficio  totale  (misura monetaria del benessere introdotto nel sistema economico in esame).    Nell'esempio  si  ha  un  incremento  di  rendita  totale (Omc,Oms,A,B),  in  particolare  si  osserva  che  le  rendita  del produttore è simile nei due casi (p1,A,Oms ≅ p2,B,Omc) mentre la  rendita  del  consumatore  aumenta  di  molto  (p1,p,A  << p2,p,B). L'aumento di rendita del consumatore è indice di una maggiore disponibilità a pagare, il progetto porta dunque ad un beneficio.   Effetti indiretti  È  necessario  considerare  tutto  ciò  che  si  innesca  a  seguito  del  progetto  perché  il  sistema  economico  è molto  interrelato, non è possibile considerare  solo gli effetti primari ma  si deve  tener conto anche degli effetti indiretti.  Riprendendo  l'esempio precedente un aumento di produzione porta  ad  un  aumento  dei  redditi  distribuiti,  la  funzione  di domanda  trasla  verso  l'alto  e  si  ha  dunque  un  aumento  di rendita  (sia  per  il  produttore  che  per  il  consumatore)  come effetto indiretto della traslazione di domanda.  È dunque difficile utilizzare  il sistema dei prezzi  in quanto essi variano nelle ipotesi con e senza progetto e perché il beneficio generato è commisurato più alla rendita (differenza fra ciò che si paga e ciò che si sarebbe disposti a pagare) che al prezzo.   Con riferimento alla figura seguente,  la disponibilità marginale a pagare dei consumatori è p1,  il beneficio percepito dal consumatore è pari alla disponibilità marginale a pagare che coincide con il prezzo di mercato in quanto si è in una situazione di equilibrio.   

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Se il progetto modifica la produzione in modo trascurabile, il mercato non è influenzato e il prezzo rimane p1, dunque, se  i benefici sono modesti, si valuta alla disponibilità a pagare  in base al prezzo. Se  invece  il progetto ha un effetto evidente sul mercato, il prezzo non è un buon indicatore della disponibilità a pagare perché se si valutasse a p1 si avrebbe una sopravalutazione.   Si  osserva  inoltre  che  il  prezzo  ha  in  realtà  due  componenti:  costo  di produzione e tasse (incassate dallo Stato e quindi bene per la collettività). La  vera  utilità  prodotta  per  la  collettività  deve  essere  valutata  al  netto delle tasse.  Un altro aspetto da considerare è  il  fatto che  in un mercato  fortemente regolamentato il prezzo non rappresenta il valore reale della risorsa.  Dal punto di  vista  sociale  “costa”  ciò  che ha  alternative di  collocazione mentre “vale” ciò che è limitato nell'offerta.  In conclusione è necessario porre grande attenzione nel valutare costi e benefici con riferimento al mercato perché si hanno distorsioni per imposizioni fiscali, regolamentazioni, mercati non convenzionali,… Il prezzo non è solo frutto dell'utilità/disutilità percepita, ne è una misura imperfetta.  Anche  per  valutare  le  esternalità,  prive  di mercato,  si  può  comunque  ricorrere  al mercato  perché  esso permea tutti gli aspetti della quotidianità.  MISURA DELLA DISPONIBILITÀ A PAGARE  La disponibilità a pagare rappresenta  la quantità di moneta necessaria per comprare beni tali da ottenere una pari utilità.   Il prezzo misura la disponibilità a pagare perché si ipotizza che, per i beni di mercato, il diritto di proprietà non  sia della  collettività ma del privato  (di altri). Per  i beni privi di mercato non è  chiaramente definito l'effetto proprietario (talvolta lo è per legge): se sono io mi faccio pagare il bene, se è di altri devono pagare per averlo. Non ci sarebbero problemi se disponibilità a pagare e ad essere compensati fossero uguali, ma non è così.  Variazioni nel prezzo e variazioni di benessere Si considera una situazione iniziale di equilibrio A (p1,q1), si ipotizza poi che, a seguito di una modifica del mercato, il prezzo salga da p1 a p2. Si avrebbe una riduzione  della  rendita  del  consumatore,  la  perdita  di  utilità  (p1,p2,B,A) derivante  rappresenta  la  VARIAZIONE  COMPENSATIVA  ossia  la  quantità  di denaro  che,  data  al  consumatore,  compenserebbe  la  perdita  di  benessere derivata dall'aumento di prezzo  (il  ragionamento  regge se si ha  il diritto ad avere  il  livello  d'utilità  iniziale).  Rappresenta  la  quantità  di  denaro  che  il consumatore accetterebbe per compensare l'aumento di prezzo. Qualsiasi  variazione  di  prezzo  ha  un  effetto  di  reddito:  se  il  prezzo  sale,  il reddito reale del consumatore diminuisce. La  funzione di domanda  trasla verso  il basso  tanto più elevato è  l'effetto di reddito derivante dall'aumento del prezzo  (l'effetto di  reddito  si  ripercuote sull'intero  paniere  di  consumi).  È  possibile  definire  una  seconda misura  di perdita di benessere, legata alla funzione di offerta derivante dall'aumento di prezzo e non riferita alla funzione di domanda originaria (caso precedente). Si definisce VARIAZIONE EQUIVALENTE la quantità di denaro che compensa la 

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perdita di benessere assumendo che il consumatore non abbia diritto al livello di utilità iniziale ma al livello di utilità dopo  la variazione ossia  la quantità di denaro che  il consumatore sarebbe disposto a pagare per evitare  l'aumento  di  prezzo.  Se  l'effetto  di  reddito  è  trascurabile  la  variazione  equivalente  tende  a coincidere con la variazione compensativa.  Le  funzioni  di  domanda  considerate  finora  sono  dette  hicksiane:  tengono conto degli effetti  indotti da variazioni di reddito reale. È possibile viceversa definire  una  funzione marshalliana  di  domanda,  ossia  a  reddito  costante. Rispetto  a  essa  è  possibile  definire  una  VARIAZIONE  MARSHALLIANA  che descrive la DAP per un bene in rapporto al reddito effettivamente disponibile.  Variazioni nella quantità variazioni di benessere Si considera un bene per cui esiste un  livello minimo di servizio da garantire (sicurezza, paesaggio,...) non fissato da una contrattazione e si considera che la  fruizione del bene  sia  gratuita.  Si  realizza un  grafico  in  cui  si  analizza  la relazione tra livello di servizio (q) e disponibilità a pagare (wtp). Si  definisce  q1  il  livello minimo  iniziale,  il  benessere  totale  coincide  con  la disponibilità  a  pagare  per  avere  quel  livello minimo.  Se  si  vuole  ridurre  il livello di  servizio da q1  a q2,  la quantità di denaro per  compensare  l'utilità perduta  viene  definito  SURPLUS  COMPENSATIVO  (quantità  di  denaro  che sarei disposto a ricevere per rinunciare ad un miglioramento o accettere un peggioramento).  Alla  riduzione a q2  corrispondono però delle variazioni di  consumo,  si ha dunque un effetto di reddito (se il reddito scende, la disponibilità a pagare scende),  la funzione trasla e si definisce  il SURPLUS EQUIVALENTE ossia  la disponibilità a pagare per evitare il peggioramento (quantità di denaro che sarei disposto a pagare per ottenere un miglioramento). 

    Analogamente  al  caso  precedente  è  possibile  definire  un SURPLUS MARSHALLIANO.  Nota: si parla di variazioni se ci si riferisce a modifiche di prezzo, di surplus se ci si riferisce a modifiche di quantità. BENI AMBIENTALI  

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Compensazione monetaria La  funzione di utilità dipende da ciò che ci si può permettere  (M, reddito) e da ciò che  il contesto socio‐economico offre (q, ad es: qualità ambientale). In una situazione iniziale l'individuo con un reddito M1 e in un contesto che offre q1 ha un livello d'utilità U1 che può essere diversamente composto.  Se la qualità ambientale peggiora (si passa da q1 a q2) e il reddito non  cambia,  si avrà un nuovo equilibrio  in B a  cui  corrisponde una  funzione  di  utilità  U2  che  rappresenta  un  grado  di soddisfazione inferiore al precedente. La misura monetaria della perdita di benessere ossia la quantità di denaro che, aggiunta al reddito, riporta al  livello di utilità precedente è DAC = M2  ‐ M1, essa  rappresenta  la  disponibilità  ad  accettare  una compensazione, riporta sulla funzione di isoutilità U1 surrogando però  il  benessere  con  un  aumento  di  reddito  a  scapito  di  una perdita di qualità (C).     Disponibilità a pagare Nel caso in cui l'individuo non abbia il diritto ad avere un'utilità U1 (ad  es.  perché  tale  livello  è  casuale),  non  si  può  pretendere  di essere compensati per  il passaggio da q1 a q2, ma si può pagare per evitare questa riduzione e rimanere al livello q1. La variazione di  benessere  è misurata  dunque  da  una  disponibilità  a  pagare DAP = M1 – M2.  Si ha sempre DAP < DAC.   Riassumendo  

Proprietà Stato attuale del bene ambientale  Individuale  Collettiva * 

Accessibile  DAC  DAP Non accessibile  DAP  DAP 

* difficile trovare una precisa struttura di proprietà a meno che non sia prevista da norme 

 Ipotesi sull’evento 

Tipo di evento Accade  Non accade 

Positivo  DAP per goderne  DAC per rinunciarvi Negativo  DAC per compensarlo  DAP per evitarlo 

 Nella maggior parte dei casi si cerca DAP per evitare un peggioramento o ottenere miglioramenti.        

NB: manca il grafico relativo alla  DISPONIBILITA’  A COMPENSARE.  Vedi  i  lucidi del prof. 

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4. METODI PER LA VALUTAZIONE MONETARIA DI BENI AMBIENTALI  Nel  caso non  sia presente un  sistema di prezzi di mercato,  è  possibile  ricorrere  a  metodi  che misurano  la variazione di surplus  (di solito surplus equivalente) partendo dalla  stima di una  funzione di  domanda  sulla  base  di  dati  raccolti  tramite interviste  (metodi  diretti)  oppure  da  osservazioni reali  sul  mercato  (metodi  indiretti),  quest’ultima modalità è possibile per quei beni/servizi che, pur non avendo un  loro mercato (vista, rumorosità,...), sono legati al mercato di altri beni (abitazioni).  Nei  metodi  indiretti,  nel  caso  si  abbiano  a disposizione  molti  dati  di  elevata  qualità,  si  può misurare  il  valore  degli  attributi  riferendosi  al mercato  di  beni  cui  gli  attributi  si  riferiscono (metodi  edonimetrici)  altrimenti  la  funzione  di  domanda  del  bene  pubblico  può  essere  stimata  in  base all'osservazione della variazione di spesa accettata per raggiungerlo (metodi del costo di viaggio).  Si  possono  utilizzare  tuttavia metodi  più  speditivi  che  fanno  un  ampio  ricorso  all'estimo.  Servono  per determinare valutazioni minime in quanto partono dal presupposto che un bene valga almeno quanto sono disposto a pagare per  fruirne  (impiego alternativo),  si cerca  l'equivalenza  tra  la variazione di qualità e  la variazione di spesa derivante.  4.1 Metodi diretti  La  valutazione diretta  si  fonda  sulla DAP  espressa proprio per  il  bene  che  si  sta  valutando.  I metodi  diretti  possono basarsi su dati osservati oppure ipotetici. I dati osservati possono rifarsi a: ‐ referendum: ogni cittadino fa un bilancio tra vantaggi e 

svantaggi e vota una proposta se  l'utilità complessiva è positiva, si ottiene una misura diretta non della singola esternalità ma del complesso (difficile realizzare sempre referendum ad hoc); 

‐ mercati sperimentali: si trasforma il bene da pubblico a privato e si osserva il valore che esso assume, il problema di questo approccio è il fatto che i mercati sperimentali di solito costano molto. 

Entrambe queste situazioni non sono molto  frequenti per  loro natura, mentre  la necessità di valutare un esternalità è spesso frequente.  Per questo motivo spesso si ricorre ad interviste: il soggetto viene posto davanti ad una situazione ipotetica ma credibile ed è chiamato a dichiarare la propria DAP in vario modo. La bontà della valutazione risiede nel rigore della rilevazione e nella coerenza delle risposte ottenute. Non esistono però possibilità di validare questo tipo di valutazioni perché spesso non sono riscontrabili nei comportamenti, sono valori di non uso. Il valore di non uso è autoreferenziale (non può essere validato in nessun altro modo),  l'unico aspetto che rende attendibile questa procedura è  la sua correttezza,  il rigore del sondaggio. Solo la valutazione contingente permette di valutare i valori di non uso.     

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VALUTAZIONE CONTINGENTE  Consiste nella simulazione di un mercato ipotetico del bene ambientale: il consumatore dichiara la propria DAP a fronte di una variazione nello stato del bene ambientale durante un'intervista.  Tipi di intervista ‐ Personale (on site o off site): soluzione migliore, il questionario è ben compilato perché l'intervistatore è 

formato e la gente si fida, il problema è il costo; ‐ Telefonica:  vanno  bene  se  il  consultato  ha  un'idea  dell'oggetto  di  discussione,  è  più  complicato  se 

l'individuo non si riscontra quotidianamente con i beni analizzati, ha il vantaggio di costare poco; ‐ Postale: si invia il questionario e una busta preaffrancata per la restituzione, di solito torna 10‐15% dei 

moduli inviati, il rischio è di avere un campione di risposta non attendibile (autoselezione), costa poco; ‐ Internet: minor  costo e maggiori  risposte,  il problema è  legato alla distorsione dovuta al  fatto  che  la 

collettività che frequenta la rete è diversa dalla collettività globale, ha caratteristiche specifiche.  Taratura delle questionario Per  ottenere  una  buona  valutazione  è  necessario  realizzare  un  questionario  preciso  (non  equivoco)  e chiarire che si tratta di valutazioni ipotetiche. La fase di taratura può avvenire in due modi: ‐ focus group: brain  storming  tra un gruppo di possibili  intervistati  che  indicano gli elementi  critici del 

questionario, al termine si passa al pre‐test; ‐ pre‐test: sondaggio preliminare  i cui dati sono utilizzati per evidenziare  le criticità e non vengono usati 

per fare valutazioni.  Struttura del campione Il  campione  (non  solo  quello  contrattato  ma  anche  quello  che  effettivamente  risponde)  deve  essere rappresentativo della popolazione di riferimento al fine di minimizzare gli errori di misurazione.  Possibili distorsioni nel campionamento derivano da: ‐ imprecisa conoscenza della popolazione rispetto alle variabili che  influiscono sulla DAP: di solito non è 

un problema perché si dispone di buone banche dati; ‐ mancata risposta: riguarda solitamente persone di cultura medio‐bassa; ‐ selezione temporale: specie per le interviste telefoniche (in quel giorno/ora rispondono solo casalinghe); ‐ autoselezione. Esistono possibili rimedi solo per le interviste personali ma spesso sono costosi e poco eleganti.  Struttura delle questionario ‐ Descrizione del bene: ubicazione, quantità, qualità, tempo, benefici  indiretti,… La descrizione non deve 

influenzare la risposta, dev’essere asettica perché spesso ciò che si valuta è sconosciuto ai più. ‐ Definizione  dei  cambiamenti  prospettati:  sia  nel  caso  si  intervenga,  sia  nel  caso  non  lo  si  faccia. 

Variazioni nella quantità o nella qualità, effetti diretti e indiretti dei cambiamenti. ‐ Definizione  del  mercato  ipotetico:  definizione  dei  diritti  (quali  diritti  ha  la  collettività  e  quali  no), 

condizione  di  fruizione, mezzo  di  pagamento  (in  che  forma  si  concretizza  la  DAP).  Essenziale  per  la corretta definizione della DAP. 

‐ Elicitazione  della  DAP/DAC:  la  modalità  di  pagamento  (biglietto  d'ingresso,  imposta,…)  non  deve suscitare di per sé un rifiuto. È importante anche la procedura di rilevazione della DAP perché il modo di porre la domanda influisce sulla risposta. o Risposta aperta: permette di ottenere una distribuzione della DAP da 

estendere  alla  popolazione  se  il  campione  è  rappresentativo.  La distribuzione dovrebbe essere asimmetrica verso  l'origine perché  la DAP è  influenzata dal reddito e sono più  le persone a reddito basso (posso usare questo  fatto come misura di robustezza dell'indagine), se non è così significa che  le risposte non sono attendibili oppure  il 

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prezzo da pagare  è molto basso.  La  risposta  aperta può non  essere buona quando  gli  intervistati rispondono  in base a ciò che si aspettano succeda  in seguito alla  loro risposta, ma anche perché è difficile farsi un'idea sul valore di un bene pubblico e spesso  la risposta non rappresenta  il massimo valore che sarei disposto a pagare (si tende a sottostimare). 

o Risposta  iterativa:  si  fa  convergere  il  soggetto  ad  una  DAP  partendo  da  cifre  proposte dall'intervistatore (ricerca dicotomica). Il problema è che la DAP finale è influenzata dalle prime cifre proposte (provato statisticamente), per ovviare si varia sistematicamente la cifra iniziale. 

o Cartelle di pagamento. o Risposta  chiusa:  si  pone  una  sola  domanda 

(single  bounded)  oppure  anche  una  seconda domanda  per  restringere  l'intervallo  (double bounded).  Si  osserva  che  variando  la  cifra  si ottiene  una  distribuzione  di  probabilità  di risposta, per  avere una  valutazione  corretta è necessario stimare un  range di cifre di partenza attendibile. Sono molto usati perché è dimostrato che le risposte ottenute sono oneste. 

‐ Caratteristiche  socio‐economiche:  permettono  di  verificare  la  robustezza  delle  valutazioni  ottenute verificandone  la  coerenza  tra  i  risultati  e  le  caratteristiche  socio‐economiche  che  li  dovrebbero influenzare:  età,  titolo  di  studio,  professione,  reddito  (si  chiede  alla  fine),  preferenze,…  A  queste  si aggiungono domande di debriefing  (grado di comprensione della valutazione, grado di collaborazione, presenza di risposte strategiche) sulla base delle quali scartare alcuni questionari. 

 Fonti d'errore ‐ Risposte  strategiche  (free  riding):  si  hanno  se  si  intervista  uno  popolazione  già  influenzata,  porta  a 

sottovalutazioni. ‐ Risposte  di  accondiscendenza  (yes‐saying):  per  finire  al  più  presto  l'intervista,  di  solito  portano  a 

sopravalutazioni. Oppure il caso contrario del no‐saying. ‐ Errore di informazione: l'intenzione di comportamento è diversa dal comportamento effettivo (incerti). ‐ Errori  dovuti  a  un  inefficace  spiegazione  della  struttura  e  del  funzionamento  del mercato  ipotetico: 

risolvibili con un buon lavoro di taratura. ‐ Errori dovuti al metodo: metodi diversi danno risultati diversi, si risolve usando il metodo più adeguato.  Pregi ‐ ha fondamento teorico (teoria dell'utilità del consumatore); ‐ è il solo metodo per stimare i valori di non uso; ‐ è largamente impiegato; ‐ raffinato nel tempo per eliminare distorsioni e rendere il metodo più realistico.  Difetti ‐ difficile validare le stime dei valori di non uso; ‐ alcuni risultati possono essere in contrasto con la teoria delle scelte razionali; ‐ DAP  correlata  con  il  livello di  conoscenza del bene  (si ha  scarsa  conoscenza  sul  funzionamento degli 

ecosistemi); ‐ i rispondenti possono non prendere sul serio la simulazione; ‐ free riding e warm glow (ogni buona iniziativa vale almeno 50€ a prescindere dall'aspetto economico); ‐ costoso.  CONJOINT ANALYSIS  Metodo  alternativo  ma  simile  alla  valutazione  contingente.  Vengono  poste  a  confronto  alternative variamente  create  che permettono di  valutare  il  trade‐off  tra attributo e  costo  (quanto vale  l'attributo). Sono valutazioni più complesse, hanno gli stessi pregi e difetti della valutazione contingente. 

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4.2 Metodi indiretti  METODO EDONIMETRICO  Si  fonda  sulla  possibilità  di  stabilire  una  relazione  econometrica  fra  la  dotazione  di  beni  ambientali  e  il prezzo di mercato di beni immobili (terre e case) o di salari, ispirandosi direttamente al concetto di valore complementare. Ha notevoli limitazioni di tipo teorico (precondizioni).  Premessa teorica Il mercato  funziona  in base  al  comportamento degli  individui  che  lo  compongono, ogni  individuo ha un comportamento ottimizzante: si cerca di massimizzare il benessere acquisendo beni che hanno un prezzo, esiste quindi un vincolo all'ottimizzazione (vincolo di reddito), si tratta dunque di massimizzare l'utilità con risorse ristrette. I beni pubblici invece sono solitamente gratuiti (per legge, consuetudine,...). Indicando  con  X  i  beni  privati  (accesso  limitato  per  il  vincolo  di  reddito)  e  con Q  i  beni  pubblici  (non compaiono  nella  funzione  di  spesa)  si  ha  che  l'utilità  è U  = U(X,Q).  La  dotazione  di  servizi  non  è  però indipendente  dal  luogo  in  cui  ci  si  trova,  il mercato  incorpora  l'accessibilità  a  beni/servizi  pubblici  (che dovrebbero essere gratuiti) aumentando la rendita dell'immobile (se la casa è vicina il suo valore aumenta). Quindi la dotazione di servizi non è indipendente dalle scelte di consumo. Il modello che si può sviluppare è il seguente:  

 con 

     utilità    vincolo di reddito 

     Q dipende dalle scelte di consumo (xk) ma anche da aspetti indipendenti ( )  Il prezzo dei beni dipende dalle caratteristiche proprie (z), dalle caratteristiche ambientali immodificabili ( ) e dalla caratteristica ambientale che può essere opportunamente calibrata (q1):  

  Si  possono  identificare  quindi  un  prezzo  nella  situazione  di  presenza  del  bene/servizio  e  uno  nella situazione  senza  (con  o  senza  vista  mare,  con  dieci  morti  per  strada  all'anno  o  con  uno  solo,…).  La differenza di prezzo rappresenta la DAP per questa variazione, incorporata nel prezzo dell'immobile:  

  Il problema è che si incorporano solo le utilità/disutilità (e quindi la DAP) che passano attraverso il possesso di un immobile che permette la fruizione del bene, si ottiene dunque una DAP minima.  Prerequisiti ‐ Complementarietà debole  fra bene ambientale e bene di mercato:  l'effetto di un attributo è chiaro e 

univoco solo se è indipendente dagli altri attributi, non complementare. ‐ Gamma  continua  di  combinazioni  fra  bene  privato  e  caratteristica  ambientale:  altrimenti  è  difficile 

valutare gli effetti con precisione. ‐ Il mercato apprezza gli attributi solo se funziona perfettamente (non sempre vero): 

o mobilità della popolazione, o uguali costi di informazione e transazione sul mercato che deve essere trasparente, o uguale accessibilità, o uguali preferenze e reddito. 

‐ Non ci devono essere surpluses collegati alla variazione della dotazione di risorse ambientali. 

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Per  chiarire  quest'ultimo  punto,  si  osservi  che  il  mercato immobiliare  ha  un'offerta  infinitamente  rigida  nel  breve  periodo (adesso  ci  sono  queste  case,  per  averne  altre  ci  vuole  tempo),  il prezzo dipende dall'utilità percepita dalla cliente.  Si parte da una situazione di equilibrio iniziale (ps).  Prima  che  questo  il  cambiamento  si  manifesti,  la  funzione  di domanda  trasla  verso  l'alto  perché  ci  sarà  un  miglioramento,  il benessere  degli  individui  che  deriva  dal  sapere  che  ci  sarà  un miglioramento è pari a ΔVQ = p

c – ps.  Quando il miglioramento si manifesta, si avrebbe un incremento di DAP se non ci fosse un adeguamento nell'offerta del bene. L'offerta invece  diviene  elastica  e  l'incremento  di  prezzo  è  minore  dal momento  che  la  variazione  di  offerta  calmiera  i  prezzi  (se  fosse infinitamente  elastica  ΔV=0).  Quindi  la  variazione  di  prezzo sottostima  la DAP per  il miglioramento  se  la  funzione di offerta è elastica.  Fasi 1. RILEVAZIONE DEI DATI 

Costruzione di una base dati che rilevi le variazioni di valore al variare della dotazione di beni/servizi al fine di tracciare la funzione di valore, si necessita di molti dati (difficile).  

2. STIMA DELLA FUNZIONE DI VALORE Tramite una regressione multipla (procedura statistica che trova la funzione che meglio interpreta i dati) sui dati tal quali (lineare) oppure utilizzando trasformate (logaritmiche):  

 con V  valore immobiliare, Ci  caratteristiche intrinseche, Ce  caratteristiche estrinseche, Qa  qualità dell'ambiente.  La  funzione  è  non  lineare  in Qa  perché  si  ha  un  andamento marginalmente  decrescente  del  grado  di  utilità,  solo  se  le variazioni  sono  modeste  si  possono  approssimare  con  un andamento lineare. Il  problema  è  la  difficoltà  di  trovare  la  forma  funzionale  più appropriata  per  definire  l'influenza  della  caratteristica  di interesse sul valore, per ovviare si dovrebbero avere molti dati di elevata qualità. 

 Stimata  la  funzione  di  valore,  si  possono  calcolare  le  differenze  di  valore  tra  due  qualsiasi  situazioni, misurando la DAP per la variazione incorporata nel mercato immobiliare. 

 3. STIMA DELLA FUNZIONE DI DOMANDA 

La  funzione  di  domanda  incorporata  nella  funzione  di  domanda  di  immobili  (non  è  la  funzione  di domanda aggregata) è:  

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r  rappresenta  quindi  il  valore  marginale  dell'incremento della qualità dell'ambiente, ovvero la rendita differenziale e cioè il valore (costo) della variazione marginale della qualità ambientale  che,  se  il mercato  funziona  perfettamente,  è pari  al  valore  del  beneficio  marginale  percepito  dagli acquirenti (funzione di domanda).  Ne segue che 

  Pregi ‐ ancorato su fatti di mercato reali e non a comportamenti ipotetici (è un dato più solido); ‐ procedimento rigoroso sul piano teorico; ‐ risultati di facile interpretazione e divulgazione.  Difetti Legati principalmente ad aspetti tecnici dell'implementazione, problemi di bontà della stima della funzione di valore: ‐ multicollinearita:  dovuta  alla  presenza  di  significative  correlazioni  tra  le  variabili  indipendenti  (non  è 

possibile avere un repacking esatto); ‐ variabili omesse; ‐ segmentazione  del  mercato:  regole  diverse,  apprezzamento  differente  di  uno  stesso  attributo,  si 

dovrebbe trovare una funzione di valore per ogni segmento; ‐ attese di variazione: spesso la variazione di valore è legata a attese di variazione, non variazioni vere; ‐ assunzioni restrittive; ‐ valutazione parziale: non tutto riemerge nel prezzo degli immobili; ‐ elevata disponibilità dei dati; ‐ metodo complesso sul piano statistico; ‐ applicazione poco frequente.  METODO DEL COSTO DI VIAGGIO  Premessa teorica Il consumatore si comporta rispetto alle spese per accedere ad un bene ambientale (costo di viaggio) come si comporterebbe rispetto al prezzo dei beni di consumo (nel metodo edonimetrico ci si riferiva  invece al mercato immobiliare).  Si ha dunque: 

 con x  bene privato       v  visite al sito ambientale    p  prezzo del bene privato c  costo per visita, prezzo di v  

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La funzione di domanda del bene pubblico viene costruita valutando il comportamento al variare di c.  Si presuppone che  il consumatore reagisca analogamente a variazioni di prezzo dei beni privati o di beni pubblici. Si deve fare attenzione alla diversa percezione dei costi: si ha infatti che il costo per accedere a un bene è formato da un costo fisso (possesso dell'auto  indipendentemente dal viaggio) e un costo variabile (carburante, pedaggi,…, unica componente nel caso di utilizzo di mezzi pubblici) ma  il consumatore  tiene conto solo dei costi variabili evidenti al momento della scelta.  Inoltre è molto più sensibile a variazioni di prezzo che al costo di viaggio: l’elasticità della domanda al variare del prezzo è maggiore di quella al variare del costo di accesso, sono simili se si tratta di spostamenti rilevanti (spesa significativa).  Si ha dunque che  il valore del bene è dato dalla somma dei costi sostenuti per visitarlo. In particolare il costo per visita cresce con la distanza dal sito di interesse, viceversa la frequenza delle visite, dunque  l'utilità  percepita  dal  singolo  visitatore  (rendita  del visitatore) diminuisce al crescere della distanza.  In  seguito ad una variazione negativa  consistente del valore del bene, ci si aspetta che il costo per la visita rimanga identico (è indipendente) ma scende la frequenza delle visite perché varia la consistenza del bene. L'obiettivo di questi metodi è stimare la variazione di valore del bene dovuta alla variazione di consistenza, ottenendo così la funzione di domanda.  Approccio zonale Consiste  nell'individuare  il  numero  di  visitatori  che  si  reca  in  un  sito  e  stimarne  il  costo  per  visita (commisurato  al  luogo  di  residenza).  Permette  di  valutare  rapidamente  il  valore  d'uso  di  siti  visitati  da turisti, è facile da implementare anche a siti di vasta importanza.  RILEVAZIONE DEI DATI ‐ individuazione di fasce a diversa distanza dal sito da valutare; ‐ stima del numero di visitatori provenienti da ciascuna fascia; ‐ rilevazione delle spese di viaggio per ciascuna fascia, indicazioni sul valore del tempo di viaggio; ‐ rilevazione della popolazione di ciascuna fascia, delle caratteristiche socio‐economiche,...  Definite le fasce e stimato il numero dei visitatori, si determina il tasso di frequenza (visitatori/popolazione) per ciascuna fascia e il costo per visita (attribuendo un certo costo ad ogni km).  Si stima poi la funzione che interpola i dati osservati ottenendo la funzione generatrice del viaggio che permette di definire il tasso di frequenza atteso:  

  Questa non rappresenta  la  funzione di domanda ma  il rapporto tra  tassi di  frequenza e costi per visita  (CPV, ciò che  il soggetto sborsa  effettivamente),  rappresenta  ciò  che  succede  ai  costi attuali,  non  se  si  hanno modifiche.  Il  CPV  rappresenta  il  limite inferiore della DAP, non tiene conto dell'utilità netta percepita. 

 Se si  introduce un costo aggiuntivo  (CA, quid dovuto ad un effettivo aumento di CPV o  all'introduzione di un biglietto d'ingresso),  l'effetto prodotto è  analogo  a quello  del  CPV  (stessa  reattività).  Si  può  dunque  stimare  l'introduzione  di  CA usando la funzione già ottenuta, in particolare si stima per ogni luogo d'origine la 

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riduzione del TAS dovuta all'introduzione di CA: TAS = c1 + c2 ∙ ln(CPV+CA) e quindi la riduzione del numero di visite totali per ogni livello di costo aggiuntivo. È  buona  norma  simulare  anche  la  situazione  CA  =  0  per vedere  la bontà della funzione generatrice di viaggio, nelle simulazioni vengono poi considerati i dati stimati (anche se quegli osservati sarebbero più esatti).  Considerando  la prima  e  l'ultima  riga  si  attengono  i punti della funzione di domanda della popolazione per quel sito, essa permette di definire il numero di visite se l'unico costo è il costo di viaggio.  In  questo modo  si  ottiene  la  funzione  di  domanda,  l'area sottesa  a  tale  funzione  rappresenta  la  DAP  aggiuntiva rispetto a quello che viene già pagato adesso con CPV, è  la quantificazione  monetaria  del  benessere  netto  percepito (senza CPV).  Non interessa però definire il valore totale del bene (non lo si vuole eliminare), ma  la  variazione di  valore  a  seguito di un intervento.  Per  valutare  l'eventuale  perdita  di  benessere  è  necessario stimare  il numero di  visite  con  l'intervento  (si  suppone  che esso modifiche le visite provenienti dalle varie fasce).  Quest'operazione  può  essere  fatta  solo  a  modifiche apportate (il metodo si basa su dati osservati).  Analogamente a quanto fatto in precedenza si calcola il TAS, si determina la nuova funzione generatrice di viaggio e infine la nuova funzione di domanda.  La  perdita  di  benessere  annua  è  rappresentata  dall'area compresa  fra  le  due  funzioni,  per  ottenere  la  perdita  di benessere  totale  è  necessario  realizzare  un'attualizzazione costante, posticipata e perpetua:  

   Con  il metodo  del  costo  di  viaggio  si  stima  solo  il  valore  d'uso  diretto  attuale  perché  la  stima  si  basa sull'osservazione della fruizione diretta attuale, si ottiene dunque una sottostima del VET.  Una delle maggiori limitazioni di questo metodo è il basarsi su dati osservati, non aiuta a scegliere. In realtà si  possono  introdurre  elementi  d’ipoteticità  chiedendo,  ad  esempio  al  momento  della  rilevazione,  le intenzioni di ritorno se venisse realizzato l'intervento. Si ottiene così una travel generation function basata su dichiarazioni ipotetiche che permette di fare previsioni, ma è limitata dal fatto che la valutazione “post” si basa su ipotesi di comportamento (meno affidabili dei dati osservati).  Il metodo del costo di viaggio con approccio zonale è però grezzo perché tiene conto solo del CPV, non di altre caratteristiche (elasticità della domanda, reddito,... sono diverse a seconda della zona di provenienza 

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del soggetto) che vengono omogeneizzate ma ricorrere a caratteristiche economiche e sociali medie non è sufficiente (nemmeno mediando zona per zona). Approccio individuale Con questa  analisi  si osserva  il  comportamento del  singolo  individuo  rispetto  al CPV,  si  cambia dunque punto di vista assumendo come variabile indipendente la frequenza per singolo individuo (non per zona). Si utilizza questo  approccio per  valutare  siti  che  vengono  visitati  ripetutamente  (parchi urbani, piste da sci,...) e non per luoghi visitati raramente (non ha senso definire la frequenza individuale per luoghi in cui si va una volta nella vita).  Pregi ‐ metodo  largamente accettato perché basato  su  tecniche economiche  standard per misurare  il valore 

sulla base del prezzo (ha una base teorica); ‐ si basa su comportamenti effettivi e non ipotetici; ‐ facile applicazione e costo contenuto; ‐ risultati di facile interpretazione e divulgazione.  Difetti ‐ misura solo valori d'uso degli attuali fruitori; ‐ difficile disaggregazione del costo in viaggi e finalità multiple: il metodo funziona bene se la destinazione 

del viaggio è unica, altrimenti è difficile definire la ripartizione dei costi; ‐ controversa definizione del costo opportunità del tempo: il costo di viaggio tiene infatti conto anche del 

tempo perduto, il suo valore è rilevante specie se ha un costo opportunità elevato; ‐ non applicabile quando la fruizione non richiede spostamenti.  4.3 Metodi speditivi  METODO ESTIMATIVO  I metodi estimativi si fondano sulla possibilità di stabilire delle relazioni fra la dotazione di beni ambientali e la  spesa dei  consumatori,  il  valore di mercato dei beni privati  (beni  immobili),... Permettono quindi una stima del limite inferiore della DAP a partire dall'osservazione del comportamento sul mercato. Si ispirano direttamente o indirettamente al criterio del costo opportunità, declinandolo più precisamente a seconda  delle  situazioni  concrete:  valutano  il  bene/servizio  sulla  base  delle  risorse  influenzate  da  quel bene/servizio. Si fondano su fatti reali ed osservabili, spesso con un preciso riferimento sul mercato.  Fondamento teorico È simile a quello per il metodo edonimetrico in quanto si fonda sul comportamento ottimizzante, si tenta di osservare  la  funzione  di  spesa  dell'individuo  piuttosto  che  quella  d’utilità  perché  questa  permette  di agganciare la variazione di bene/servizio al mercato.  Si passa da un problema di massimizzazione dell'utilità data una dotazione di beni e servizi in relazione ad un  vincolo  di  reddito  a  un  problema  di  minimizzazione  della  spesa  garantendo  livelli  minimi  di utilità/benessere: se non variano reddito, prezzi e qualità dei beni/servizi, la soluzione è la medesima.  

  

  

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Si osserva come  l'individuo reagisce sul mercato alla variazione  introdotta:  il valore del bene è dato dalla variazione di spesa che assicura il livello iniziale di utilità e quindi compensa la variazione del bene. Gli aspetti economici utilizzabili per valutare  i beni ambientali variano  in base al tipo di bene da valutare. Tutti gli approcci forniscono comunque un punto di riferimento, il livello minimo di DAP.  

ASPETTO ECONOMICO  CONTESTUALIZZAZIONE  BENI VALUTABILI 

Valore di mercato Beni e/o servizi in oggetto di 

compravendita Beni o servizi scambiati attivamente 

sul mercato Valore di 

capitalizzazione Beni che producono un reddito nel 

tempo Beni con mercato limitato o assente, il cui valore sia commisurato al reddito 

Valore di costo o produzione 

Beni riproducibili senza mercato  Beni ripristinabili 

Valore di surrogazione Beni non riproducibili senza 

mercato e surrogabili Beni surrogabili 

Valore di trasformazione 

Beni privi di mercato ma che hanno una mercato se vengono 

trasformati Beni suscettibili di trasformazione 

Valore complementare Parte di un bene non facilmente 

reintegrabile Esternalità con significative implicazioni patrimoniali 

 Il  problema  risiede  nel  scegliere  l'aspetto  economico  che meglio  rappresenta  il  valore  del  bene,  non  è semplice.  Nel  caso  si  abbiano  più  aspetti  economici  valutabili,  si  sceglie  quello  che  rappresenta  più correttamente la variazione (serve cautela).  Pregi ‐ precisi riferimenti al mercato; ‐ costi e tempi di stima modesti; ‐ coerenti con i metodi usati per la stima dei beni privati.  Difetti ‐ approccio parziale: si stima solo una parte del VET (di solito il valore d'uso, ma non è detto); ‐ procedimento piuttosto complicato; ‐ problema  dei  doppi  conteggi:  molto  insidioso  specie  per  i  problemi  complessi  perché  di  difficile 

valutazione ed eliminazione. Ad esempio se si somma il deprezzamento sul mercato di un immobile e la perdita di  reddito dell'immobile,  si  somma due  volte nello  stesso  aspetto  con due  aspetti economici diversi (è la perdita di reddito che dà il deprezzamento sul mercato). 

 4.4 Tipi di bene e metodo di valutazione  

Metodo Tipo di bene 

Costo di viaggio  Edonimetrico  Valutazione contingente Riproducibile    sì  sì  sì 

Non surrogabile  sì *  sì *  sì Irriproducibile 

Surrogabile  sì **  sì **  sì * valutazione per difetto ** dipende dal grado di surrogazione (componenti del valore di non uso si riducono al crescere del grado di surrogabilità)        

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Metodo Tipo di valore 

Costo di viaggio  Edonimetrico  Valutazione contingente Uso  sì  sì *  sì 

Opzione  no  **  sì Lascito  no  **  sì Esistenza  no  **  sì 

* valutazione per difetto ** non definibile a priori   5. COSTRUZIONE DEL CASH‐FLOW  Nell'analisi degli investimenti pubblici la variabile temporale ha un valore maggiore rispetto a quella per gli investimenti  privati  perché  gli  orizzonti  temporali  sono molto  più  estesi  in  quanto  sono  interventi  che modificano in modo permanente.  Il  primo  passo  è  la  costruzione  del  cash‐flow  dei benefici  e  costi,  ossia  l'andamento  del  saldo  B‐C anno per anno.  A lato sono riportati cash‐flow tipici per: ‐ investimento privato; 

 ‐ investimento pubblico: 

o con  orizzonte  temporale  illimitato  (valori attualizzati da più di 80‐100 anni hanno effetti trascurabili),  

o con costi di ripristino affine utilizzo (cave),  

o con  solo  costi  finali  e  saldo non negativo  fin dall'inizio. 

 6. ASSUNZIONE DEL TASSO DI SCONTO  Il problema della scelta del  tasso di sconto nasce dalla necessità di omogeneizzare  tutti  i costi e benefici futuri rispetto al momento della valutazione attuale, risulta:  

 con V0  valore attuale Vt  valore al tempo t r  tasso di sconto  Samuelson (inizi del ‘900) capì che un tasso di interesse positivo è nemico dell'investimento a lunga durata.  Se si pretende che un  investimento pubblico abbia un tasso di rendimento simile all'investimento privato, non si avrebbero mai investimenti pubblici perché i valori attualizzati sarebbero sempre negativi. Inoltre  è  necessario  fare  attenzione  al  fatto  che  la  struttura  della  funzione  di  utilità  sociale  cambia  nel tempo per l'introduzione dell'intervento stesso e perché le condizioni al contorno si evolvono. Nasce quindi il  problema  di  quale  sistema  di  valori  utilizzare  per  la  valutazione  (passato,  attuale  o  futuro?).  Una 

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possibilità  sarebbe quella di utilizzare  i più probabili  valori  futuri ma  la previsione di  ciò  che  avverrà  in futuro non è semplice anche se fosse possible a stimare molto precisamente i flussi di cassa.  Tutto  si  traduce  in  un  atteggiamento  molto  cautelativo  nel  riportare  all'attualità  eventi  che  si manifesteranno  in  futuro,  la  scelta  del  tasso  di  sconto  è  dunque molto  delicata,  rappresenta  come  la società attuale guarda al futuro.  Questione etica È  inoltre  importante definire se  i  fondamenti  razionali dello sconto  (meglio adesso che domani) possano superare la questione etica (domani ci saranno meno risorse, meglio fare qualche sacrificio oggi che si può). La risposta dipende dal tipo di previsione per il futuro: ‐ pessimistica: in questo caso la questione etica è pesante, ci si orienta verso un saggio di sconto negativo 

(ciò che ho adesso vale di più domani); ‐ ottimistica: è possibile trascurare la questione etica perché tutto migliorerà in futuro, ci si orienta verso 

tassi di sconto molto alti (vivere alla giornata, meglio avere adesso).  Tasso di sconto nullo Adottarlo significa eliminare  il fattore tempo  (domani vale come oggi). Per gli  investimenti privati non ha senso, per quelli pubblici vi sono due obiezioni principali: ‐ Date le caratteristiche del sistema economico, è ragionevole supporre che soggetti avversi al rischio non 

adottino un tasso di sconto nullo, sarà al massimo molto piccolo ma comunque positivo. Se fosse nullo, il valore di un fatto economico attuale coinciderebbe con quello di un fatto economico che si verificherà in futuro (V0,0 = V0,10 = V0,100 = …) e questo è contrario all'evidenza della realtà. Il tasso di sconto può essere nullo solo se il costo opportunità della risorsa è nullo ossia per risorse non produttive (non è mai così). 

‐ Se il tasso di sconto fosse nullo, si abbasserebbe il livello di consumo attuale per favorire consumi futuri: se l'utilità percepita tra consumare oggi o in futuro è la stessa, non si hanno incentivi ad acquistare ora, si è dunque più  inclini al risparmio piuttosto che al consumo  (si risparmia oggi per avere un maggiore livello di consumo in futuro). Se lo sviluppo economico è positivo si ha una situazione in cui i poveri del tempo t risparmiano per i ricchi del tempo t+1, inoltre se nessuno spende lo sviluppo economico diviene negativo (recessione) e tutti ci rimettono. 

 Tasso di sconto privato e pubblico Il  tasso  di  sconto  deve  essere  dunque  positivo,  rimane  ora  da  osservare  il  suo  rapporto  con  il  tasso dell'investimento privato: ‐ Per  i  liberisti se si è  in grado di valutare correttamente tutti  i costi e  i benefici non ha senso usare un 

tasso diverso da quello del mercato, l'investimento pubblico deve avere almeno l'efficienza del privato. ‐ Per altri non è possibile questa visione perché valutare precisamente tutti i costi e benefici è difficile (di 

solito  vengono  stimati  i  più  rilevanti  e  si  tende  a  sottostimare  i  costi),  inoltre  la  struttura dell'investimento pubblico  è più  sicura di quello privato, ha meno  rischi  sia dal punto di  vista di  chi finanzia  sia  per  la  percezione  dei  risultati  finali.  È  dunque  più  giusto  considerare  un  tasso  di  sconto inferiore rispetto a quello privato. 

 Il  tasso  di  sconto  per  gli  investimenti  privati  è  determinato  sul mercato  degli  investimenti,  quello  da applicare agli investimenti pubblici è invece definito dalle politiche economiche: ‐ tassi alti favoriscono gli investimenti di breve durata che danno subito benefici (per i momenti di crisi); ‐ tassi bassi favoriscono gli investimenti di lunga durata che daranno maggiori benefici in futuro.  Tasso di sconto declinante nel tempo Dal momento  che  l'incertezza di un  investimento è proporzionale  all'orizzonte  temporale, ne  segue  che l'orizzonte temporale influenza il tasso di sconto. Se si considerasse un tasso fisso, ciò che accade dopo 40‐50  anni  non  avrebbe  nessuna  influenza  sulla  valutazione  attuale,  questo  fatto  non  è  accettabile  per investimenti pubblici. È dunque necessario considerare un tasso di sconto declinante nel tempo: il tasso si 

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riduce man mano  che  l'orizzonte  temporale  si  allunga  in modo  che  anche  i  costi  o  benefici  lontani  nel tempo influiscano sulla decisione attuale (atteggiamento cautelativo).  Weitzman Considerando una convertibilità discontinua (annua) e ipotizzando di avere la certezza che il capitale futuro sarà disponibile al momento n, il fattore di sconto è:  

 con r  tasso di sconto applicato ad un evento certo. Dal momento che  il  futuro è  incerto, è necessario considerare una  fattore di  rischio equivalente certo  in funzione dell'incertezza sui tassi di sconto, esso rappresenta una media ponderata di tutti  i possibili tassi che è possibile ipotizzare per le probabilità associate:  

  Dal fattore di rischio equivalente certo si ricava il TASSO EQUIVALENTE CERTO:  

  Indipendentemente dal valore di r* rispetto a r, interessa osservare che all'aumentare di n, r* diminuisce.  Ramsey La DAP dipende dal reddito: può aumentare  (diminuire) per  l'effetto dell'incremento (decremento) del reddito. Ne segue che una misura eseguita adesso potrebbe essere sottostimata se, quando  il bene si materializzerà,  il reddito (e quindi  la DAP) sarà più alto. È quindi necessario rivalutare in funzione del reddito oppure adottare un tasso di sconto più basso per tenere conto dell'aumento di reddito. Inoltre la soddisfazione che si riceve dal poter avere beni sempre maggiori non cresce linearmente con il reddito.  A partire da queste osservazioni, Ramsey osservò che  la  scelta del  tasso di  sconto deve  tenere  conto di come lo sviluppo economico modifica la base socio‐economica e quindi l'utilità derivante dal bene/servizio.  Il tasso sociale di sconto ha dunque due componenti:  

 con ρ  tasso di preferenza intertemporale puro, ossia il tasso di rendimento “preteso” per posticipare il 

consumo (0,5% nelle società avanzate in cui non si hanno bisogni impellenti, maggiore nelle società in via di sviluppo); 

μ ∙ g  effetto della crescita dei consumi. μ   elasticità dell'utilità al consumo (incremento di benessere che ci si attende dagli incrementi futuri), 

dipende da due effetti: ‐ effetto di benessere: determina un μ alto, μ cresce se si prevede che in futuro andrà meglio ‐ effetto di prudenza: non si sa quanto il benessere sarà influenzato dal reddito futuro, μ inferiori 

perché ci si aspetta minori incrementi d'utilità Studi empirici dimostrano che all'aumentare dell'orizzonte temporale, l'incertezza sulla crescita e il fatto che  il rischio ha un effetto cumulativo portano a far prevalere  l'effetto prudenza sull’effetto benessere; 

g  tasso di incremento del reddito, stimato su base storica (ipotesi debole, non è detto che in futuro andrà come in passato); 

 

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7. CRITERI DI RENDIMENTO ECONOMICO  Valore attuale netto dell'investimento (VAN) Rappresenta l'accumulazione iniziale del cash‐flow:  

 con VAN  valore attuale netto dell'investimento; Bi  benefici dell'anno i‐esimo; Ci  costi dell'anno i‐esimo; r  tasso di sconto  VAN > 0  investimento conveniente; VAN = 0  convenienza indefinita; VAN < 0  investimento non conveniente.  Non  è  una  misura  di  efficienza  ma  di  efficacia  in  quanto  stima  il  beneficio  netto  prodotto indipendentemente dalle risorse utilizzate, viene utilizzato se l'obiettivo è creare benefici subito (situazioni di emergenza) e non ottenere la migliore allocazione delle risorse.   Saggio di rendimento interno dell'investimento (SRI) Misura l'efficienza (produttività) di un investimento ossia la capacità di remunerare le risorse impiegate e di generare benessere. SRI è il saggio che uguaglia ricavi e costi (annulla il VAN):  

( ) ( )0 00

1 1

n ni i

i ii i

B CVANSRI SRI= =

= ⇒ =+ +

∑ ∑  

 SRI > SS   investimento conveniente; SRI = SS   convenienza indefinita; SRI < SS   investimento non conveniente.  La scelta della saggio soglia  (SS) è meno problematica del caso dell'ACR perché esso è uno strumento di politica economica e quindi è fissato da organismi finanziari internazionali oppure dalla politica economica del governo:  ‐ SS alto se si intende fare una maggiore selezione dei progetti; ‐ SS basso se si vuole una minore selezione.  Il calcolo del SRI presenta gli stessi problemi degli investimenti privati, in particolare se il cash‐flow cambia nel tempo si avrà un SRI multiplo. È necessario dunque essere cauti.  8. ANALISI DELLE RISCHIO E DELL'INCERTEZZA  Il  calcolo  di  VAN  e  SRI  presenta  gli  stessi  rischi  di incertezza  degli  investimenti  privati,  si  possono utilizzare gli stessi accorgimenti considerando però che i benefici pubblici sono più aleatori dei ricavi privati. La necessità  di  una maggiore  attenzione  nell'individuare tutto  ciò  che  è  aleatorio  porta  ad  un  grande  utilizzo delle analisi di  sensitività  (come VAN e SRI variano al variare delle condizioni di input). 

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9. EFFETTI RIDISTRIBUTIVI  Negli  investimenti  privati  non  si  considerano  gli  effetti  ridistributivi  perché  non  si  hanno  asimmetrie distributive tra chi sostiene i costi e chi ottiene i ricavi (è un unico soggetto, l'imprenditore). Gli investimenti pubblici per  loro natura coinvolgono più soggetti e spesso chi percepisce  il beneficio non è chi sostiene  i costi, si hanno spesso benefici generali e costi di carattere  locale. Esistono meccanismi di compensazione ma non sempre sono sufficienti.  Costi degli investimenti pubblici  COSTI PRIVATI Di solito sono i costi di realizzazione dell'opera, in questo caso si ha sempre simmetria altrimenti l'impresa non realizzerebbe  il  lavoro. In realtà non è così per tutti gli aspetti, gli espropri ad esempio prevedono un equo indennizzo e non un risarcimento intero (diverso trattamento).  COSTI PUBBLICI Non  esistono  norme  che  obblighino  all’indennizzo  delle  comunità  locali  in  cui  si  realizzano  le  opere (dipende dalla capacità di negoziazione politica tra le parti). Esistono due posizioni controverse: ‐ se il mercato funziona, la ricchezza si ridistribuisce da se, non è dunque necessario intervenire; ‐ non è detto che i meccanismi di redistribuzione si realizzino, si deve capire chi guadagna e chi perde in 

modo da orientare gli investimenti futuri, anche per evitare opposizioni all'opera.  Approcci di calcolo    Per  approfondire  gli  effetti  ridistributivi  esistono  due diversi approcci.     VAN E SRI PER GRUPPO SOCIALE Si esegue  il calcolo di VAN e SRI disaggregati per gruppo sociale dal punto di vista dell'ambito geografico (diverse  scale),  per  settore  economico,  per  strato  sociale,...  In  questo modo  è  possibile  effettuare  un bilancio di come costi e benefici si distribuiscono. Questo è un approccio analitico ma costoso  (un'analisi per ogni settore) e difficile in quanto non è semplice distinguere costi e benefici di ciascun settore, specie per quanto riguarda gli effetti indiretti.  PONDERAZIONE DEI COSTI E BENEFICI PER GRUPPO SOCIALE Si  introducono  coefficienti di ponderazione per  costi e benefici  in  funzione della  “fragilità”  sociale:  si dà maggior peso ai benefici ottenuti e ai costi sostenuti dagli strati meno abbienti perché per essi è maggiore l'utilità marginale prodotta. Alla  fine si calcola un unico VAN/SRI corretto dalla ponderazione, premiando quindi i progetti che aumentano i benefici per alcuni gruppi sociali di interesse (si “guida” la ridistribuzione). Questo metodo è molto utilizzato per valutare gli investimenti per lo sviluppo economico.        

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10. DIFFERENZE FONDAMENTALI TRA ACR E ACB  Per esprimere la differenza tra ACR e ACB è necessario argomentare i seguenti punti:      ACR  ACB 

Costi  Esborsi reali  Contrazioni d'utilità 1 

Benefici  Incassi  Incrementi di benessere 

2 Misura di 

costi e benefici In base ai prezzi 

DAP, denaro che quantifica le variazioni d'utilità 

3 Tempo 

(tasso di sconto) 

Con riferimento al costo opportunità del capitale finanziario (mercato dei capitali 

finanziari) 

Saggio di preferenza intertemporale corretto per gli effetti di incremento 

del reddito   

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L’ANALISI MULTICRITERIO (AM)  Rappresenta un'integrazione e/o un'alternativa all’ACB. Esistono diversi approcci che non sono codificati in maniera univoca ma seguono una stessa filosofia, sono metodi recenti (30‐40 anni).  L'obiettivo di queste analisi è  la costruzione di una funzione di valore rispetto a cui ottenere un ordine di preferibilità  (non  giudizi  di  fattibilità),  per  ottenerla  è  necessario  stimare  i  pesi  da  attribuire  a  ciascun attributo. Un  altro metodo  che  si può utilizzare è quello dell'analisi di  concordanza/discordanza, questo permette un'analisi dei conflitti che  l'intervento potrebbe generare  (è bene conoscere prima  il consenso per sapere come e dove operare per realizzare l'investimento).  Sono molto interessanti perché permettono di decidere indipendentemente da un'analisi costi‐benefici ma raggiungendo una decisione coerente anche sul piano economico,  inoltre permettono di superare  i  limiti dei metodi monetari di valutazione: ‐ monetizzazione dei costi e benefici pubblici; ‐ scelta del saggio di sconto; ‐ assunzioni  restrittive  sulla  funzione di utilità del decisore:  si assume che  il decisore  formuli  la propria 

scelta sulla base della monetizzazione di tutto (vita, salute,...); ‐ valutazione parziale; ‐ problema  della  valutazione  della  fattibilità:  i  metodi  monetari  portano  solo  a  valutazioni  tecniche 

(efficienza), non tengono conto del consenso/conflitto sociale e politico.  L’ACB  può  essere  vista  come  una  semplificazione  dell'analisi  multicriterio  in  cui  tutti  gli  aspetti  sono riportati ad un solo criterio di scelta (monetario).  Analisi costo efficacia È anch'essa un'analisi multicriterio utilizzata nei casi in cui non è possibile stimare in modo preciso i benefici risultanti da un investimento oppure questi sono legati a problemi etici non monetizzabili. Si  considerano  come  criteri  lo  scopo  dell'intervento  e  il  costo  per  ottenerlo  e  si  cerca  una  soluzione adeguata allo scopo prefissato.  Se esiste una soluzione preferibile rispetto a ciascun criterio  (miglior obiettivo e minor costo),  la scelta è immediata. Solitamente però non è così, è dunque necessario ponderare  la scelta stabilendo cosa sia più importante. Una possibilità è quella di definire una  soglia minima per  l'obiettivo  in modo da distinguere soluzioni ammissibili e non, poi, in base all'altro criterio (costo), si sceglie l'alternativa migliore.  Il  processo  decisionale  consiste  nella  ricerca  della  minimizzazione  dei  costi  globali,  con  i  costi  che dipendono dalle prestazioni e vincolando a dei valori minimi di prestazione:  

 dove Cg  costi globali; Ci  costi; xi  prestazioni;   prestazioni minime. 

 Questa via è molto efficiente per risolvere  i problemi solo se  la soluzione che rispetta  i requisiti minimi è univoca. 

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Se  invece  esistono  soluzioni  ammissibili  non  dominante  in  senso paretiano  (A  dominata  da  D,  B  dominata  da  C)  e  per  le  quali l'incremento di prestazione non è  trascurabile, si ha un problema decisionale  che  non  è  possibile  risolvere  con  un'analisi  costo efficacia  perché  questa  porterebbe  a  scegliere  C  semplicemente perché  costa meno,  scartando D  che  costa  di  più ma  garantisce maggiori prestazioni.   L’ACB  risolverebbe  monetizzando  tutti  gli  aspetti  seguendo  una logica perfettamente  compensativa,  la  logica dell'analisi multicriterio non  considera  invece una perfetta compensazione negli aspetti in cui la funzione di valore si presenta discontinua (aspetti etici,...).  Definizioni L'analisi multicriterio ha un proprio linguaggio specifico: ‐ Elementi che si riferiscono alla struttura dell'analisi: 

o variabile decisionale  (decisional  variable):  leva  su  cui  agisce  il decisore per perseguire  i  suoi  scopi (oggetto dell'intervento); Esempio: superfici di vario tipo, destinazioni, finiture, tecniche realizzative, ubicazione di una strada, parcheggio,...; 

o attributo (attribute): parametro esplicativo di un qualche aspetto del problema decisionale rispetto a cui esplico la scelta, lo stato delle variabili decisionali viene scelto rispetto all'attributo. Esempio: costo, ricavo, reddito, lavoro,... 

‐ Elementi che si rifanno alle caratteristiche del decisore, all'aumentare del grado di precisione (che deriva dal grado di definizione con cui il decisore descrive ciò che vuole perseguire) si hanno: o obiettivo  (objective):  direzione  (max  o  min)  che  il  decisore  auspica  sia  intrapresa  da  un  certo 

attributo (strada da seguire); Esempio: massimizza il ricavo, minimizza il costo,... 

o livello  atteso  (targhet):  valore  di  un  certo  attributo  considerato  dal  decisore  come  punto  di riferimento (non da raggiungere necessariamente); Esempio: 100€ di reddito, 50 occupati,... 

o traguardo (goal): livello atteso che il decisore si prefigge di realizzare con le sue scelte. Esempio: raggiungere 100€ di reddito, occupare 50 persone,... 

Di solito il decisore decide per obiettivi o per traguardi (approcci diversi).  1. PROBLEMA MULTICRITERIO  Gli  approcci  che  si  basano  sulla  monetizzazione (ACB)  sono  problemi  tecnici  in  cui  si  hanno soluzioni  nello  spazio  delle  variabili  decisionali (x1,x2)  univoche  nel  caso  di  perfetta  conoscenza della  situazione,  l'unico problema è  individuare  la soluzione  ottima  rispetto  ad  un  solo  criterio (nell'esempio la variabile indipendente è il ricavo e l'obiettivo è massimizzarlo).  Gli approcci multicriterio  sono  invece problemi economici perché devono  risolvere conflitti:  si hanno più criteri e la soluzione si trova nello spazio degli attributi. Come riportato in figura, la funzione di utilità non è completamente  scollegata  dalle  variabili  decisionali.  Rispetto  agli  attributi  la  soluzione  non  è  però necessariamente unica: lo è se esiste una soluzione che domina le altre, altrimenti per ogni criterio si avrà una soluzione migliore diversa. 

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Se sono definiti solo gli obiettivi non si ha una soluzione unica, in genere si ha un set di soluzioni efficaci per cui non è possibile migliorare lo stato di un attributo senza peggiorare lo stato dell'altro attributo. In questo caso la funzione di utilità è incerta, l'analista non deve forzare la scelta ma assumere una posizione neutra e fornire un  insieme di soluzioni tra cui  il decisore sceglierà (lui ha  la responsabilità della scelta, nell'ACB  la responsabilità è dell'analista perché individua un'unica soluzione).  Se  il decisore  è  capace di definire  i  traguardi,  l'analista ha  gli  elementi per definire  in modo univoco  la funzione di utilità ed individuare quindi un'unica soluzione.  I  problemi  multicriterio  si  suddividono  in  due  grandi  famiglie  in  funzione  del  numero  di  soluzioni ammissibili: ‐ multiobiettivo:  sono  caratterizzati  da  infinite 

soluzioni  perché  vi  è  almeno  una  variabile decisionale  continua  (infiniti  stati),  l'obiettivo non  è  trovare  la migliore  soluzione  tra  un  set finito ma individuare l'ottima fra le infinite; 

‐ multiattributo:  le  soluzioni  sono  finite  perché tutte  le  variabili  sono  discrete,  per  risolvere  è necessario definire un ordinamento. 

 L'impostazione teorica è comune ma gli strumenti sviluppati per risolvere sono completamente diversi: per i  problemi multiobiettivo  si  tratta  di  ottimizzazione  (stato  ottimo  degli  attributi  e  quindi  delle  variabili decisionali), per quelli multiattributo di ordinamento.  2. IL PROBLEMA MULTIATTRIBUTO  Il problema multiattributo può essere diviso in fasi che possono essere organizzate in due grandi momenti: ‐ valutazione tecnica; ‐ valutazione politica: si innesta se la fase tecnica non determina una soluzione pareto‐dominante su tutte 

le altre, si sceglie valutando le implicazioni che le scelte comportano.                   3. Individuare le alternative (A) Ogni alternativa è caratterizzata da un diverso stato delle variabili decisionali, si devono considerare tutte le possibili alternative che saranno poi scremate nelle fasi successive. 4. Valutare le alternative sotto il profilo tecnico 

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 In  questa  fase  si  definisce  la matrice  di  analisi  che  rappresenta  un  compendio  di  tutte  le  performance prodotte  dalle  alternative  su  un  appropriato  set  di  parametri  tecnici  (parametri  tecnici  e  alternative dipendono dal tipo di problema).  Le valutazioni contenute nella matrice di analisi sono difficilmente confrontabili fra di loro perché possono essere: ‐ valutazioni cardinali: euro, distanze,...; ‐ valutazioni ordinali: 1°, 2°,...; ‐ descrizioni verbali: progettista A,B,… (nessuna informazione sull'ordinamento); ‐ giudizi di valore: buono, alto, scadente,...  

    Alternative     A1  …  An 

p1  p11  …  pn1 …  …  …  … 

Parametri tecnici 

pk  p1k  …  pnk  Questa matrice non ha utilità pratica perché si hanno molti parametri, ha uno scopo puramente descrittivo puntuale.  5. Trasformazione delle valutazioni tecniche in valutazioni economiche  È necessario passare da giudizi espressi con descrittori tecnici ad attributi decisionali ossia criteri rispetto a cui il decisore può esprimere preferenze. Nella trasformazione si perde in parte il contenuto informativo (si perde  di  dettaglio)  ma  si  guadagna  in  comprensibilità,  inoltre  è  possibile  omogeneizzare  gli  attributi esprimendoli secondo un'unica scala.  Per effettuare  la  trasformazione è necessario valutare come  lo stato di un parametro  tecnico si rapporta all'utilità, questo è un aspetto  strategico nell'ambito della  valutazione. Per  farlo è necessario definire  le funzioni di utilità ossia l’insieme di regole che trasformano l'analisi di tipo tecnico in misure degli attributi. La forma della funzione d'utilità varia in funzione del tipo di attributo considerato, dipende dalle modalità di codifica dei parametri (continuo, discreto,...).  Il buco nero di quest'analisi è la trasformazione di valutazioni cardinali, ordinali, verbali e giudizi di valore in attributi ossia misure cardinali di preferibilità (0‐1, 0‐10, 0‐100).  Per  le  valutazioni  cardinali è  il  tecnico  che definisce  la  forma della  funzione:  si possono seguire  diverse  strategie  (vedi  figure),  si  osserva  che  gli  stati  dell’attributo  cambiano  in base  a  come  si  considera  la  funzione.  Inoltre  si ha  che  i parametri  che più  variano, più influiscono sulla valutazione finale.  

      Per  le  valutazioni ordinali/verbali  la situazione  è  diversa  perché  non  è  possibile  identificare  immediatamente  la funzione perché si ha un diverso contenuto descrittivo. è necessario trasformarla in 

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un indice cardinale che spesso dice più dell'informazione originaria. Per farlo si può richiedere ad esperti di ordinare  gli  stati  e  assegnare  un  punteggio  (direct  scoring)  oppure  tramite  procedure  indirette  che  si basano su pesi.  Il risultato della trasformazione è  la matrice di valutazione ossia  il compendio di tutte  le prestazioni delle alternative rispetto a un appropriato set di attributi (criteri rispetto a cui il decisore esprime preferenze).  

    Alternative     A1  …  An 

a1  a11  …  an1 …  …  …  … Attributi ah  a1h  …  anh 

a11 rappresenta la prestazione dell'alternativa A1 rispetto all'attributo a1.  6. Eliminazione delle alternative dominante  Se  tra  due  alternative  una  ha  prestazioni  identiche  rispetto  ad  n‐1 criteri  e  superiori  per  almeno  un  criterio  allora  domina  in  senso paretiano  l'altra.  Per  l'eliminazione  si  sfruttano  le  sole  caratteristiche contenute nella matrice di valutazione.  La  scelta  tra  due  alternative  non  dominate  si  esplicherà  in  base all'importanza  relativa degli attributi ottenuta  sondando  le preferenze del  decisore  per  definire  come  lo  stato  degli  attributi  si  trasforma  in benessere/utilità: U = f(a1,a2,…).  7. Individuazione delle criterio ordinante e scelta dell’alternativa  C'è una vastissima (ma datata)  letteratura che propone procedure per ordinare alternative non dominate rispetto ad un set di attributi, riassumibile in due grandi famiglie di metodi: ‐ funzioni di  valore o utilità:  le prime  sono deterministiche, non  tengono  conto di  aleatorietà,  le  altre 

probabilistiche, considerano  l'effetto dell'incertezza sulla matrice di valutazione e sulla determinazione della funzione stessa di utilità (il grado di conoscenza sul proprio modo di decidere è sfocato); 

‐ analisi di concordanza/discordanza o metodi di outranking: permettono di identificare più puntualmente gli aspetti distributivi indagando sul consenso/dissenso tecnico e politico che l'alternativa genera. 

 7.1 Funzioni di valore  Le funzioni di valore sono delle espressioni matematiche (di solito lineari e additive) in grado di trasformare le prestazioni delle alternative rispetto agli attributi in misure di preferibilità (V) utilizzando dei pesi (w):  

   

Matrice di valutazione    Pesi    Matrice di valutazione pesata   A1  …  An  W    A1    An a1  a11    an1  w1  a1  w1 ∙ a11  …  w1 ∙ an1 …  …  …  …  …  …  …  …  … ah  a1h  …  anh 

wh 

ah  wh ∙ a1h  …  wh ∙ anh               V  V1  …  Vn 

 

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ESEMPIO: Matrice di analisi  Matrice di valutazione   

  Alternative    Alternative Parametri  A1  A2  A3  A4  Attributi A1  A2  A3 

Pesi 

p1  425  255  170  250  a1  1,00 0,60  0,40  0,3 p2  11  8  15  10  a2  0,70 0,50  1,00  0,4 p3  1500  1450  1160 1150 a3  1,00 0,97  0,77  0,2 p4  4,8  6,0  3,6  4,3 

=>

a4  0,80 1,00  0,60  0,1  L’alternativa  A4  viene  scartata  perché  dominata  in  senso  paretiano  da  A1,  la matrice  di  valutazione  è costruita sulla base di un andamento lineare delle preferenze.  

Matrice di valutazione pesata   Alternative 

Attributi A1  A2  A3 a1  0,300 0,180 0,120a2  0,280 0,200 0,400a3  0,200 0,193 0,155a4  0,080 0,100 0,060

Totale  0,860 0,673 0,735 STIMA DEL VETTORE DEI PESI  Il  vettore  dei  pesi  è  espresso  rispetto  ad  una  scala  convenzionale,  i  pesi  indicano  l'importanza  relativa (trade off) dei criteri uno rispetto all'altro indipendentemente dalla scala adottata.  Vi è un'ampia letteratura che propone procedure per l’elicitazione dei pesi, fra tutte: ‐ assegnazione diretta; ‐ confronto a coppie (varie versioni); ‐ ordinamento (Simos,…); ‐ operatori multilineari (considerano gli effetti d’interazione fra gli attributi).  Confronto a coppie Molto  usato  e  implementato  in  vari  software,  permette  di  passare  da  giudizi  qualitativi  ad  un  vettore cardinale di pesi (è un approccio che può essere usato anche per costruire la matrice di valutazione).  Il metodo consiste nel costruire una matrice quadrata ah ∙ ah compilandola solo in parte (simmetria), questa matrice  contiene  i  giudizi  verbali  dell'attributo  sulla  riga  rispetto  a  quello  sulla  colonna  (la  diagonale contiene giudizi di uguaglianza, la parte non compilata contiene i reciproci simmetrici).  

  a1  a2  …  ah a1    giudizio di a1 rispetto ad a2  …  giudizio di a1 rispetto ad ah a2      …  giudizio di a2 rispetto ad ah …        … ah         

 Il problema è passare da un giudizio verbale a un numero “equivalente”.      

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Sono state proposte diverse scale numeriche per passare a valori quantitativi:  

Giudizio verbale  Scale numeriche corrispondenti Estremamente più importante  9  7  5 Molto più importante  7    4 Più importante  5  4  3 Un po’ più importante  3    2 Uguale importanza  1  1  1 Un po' meno importante  1/3    1/2 Meno importante  1/5  1/4  1/3 Molto meno importante  1/7    1/4 Estremamente meno importante  1/9  1/7  1/5   (Sati)     

 La validità della codifica di Sati è stata dimostrata empiricamente. Non è sufficiente solo nel caso in cui sia presente un attributo molto più importante di tutti gli altri, in questo caso si valuta prima rispetto a questo attributo e poi si considera un approccio a coppie.  Una volta ottenuta  la matrice, si somma per riga ottenendo una valutazione del'importanza dell'attributo sulla riga, poi si sommano le righe e le si divide per la somma ottenuta. In questo modo vengono individuati i pesi.  

  a1  a2  a3  a4  Somma  Somma normalizzata a1  1,0  0,3  2,0  3,0  6,3  0,3 a2  3,0  1,0  2,0  3,0  9,0  0,4 a3  0,5  0,5  1,0  3,0  5,0  0,2 a4  0,3  0,3  0,3  1,0  1,9  0,1           22,2  1,0 

 Se  si vuole avere una valutazione dei pesi più  sofisticata,  si  ripete  la procedura  considerando  la matrice moltiplicata per se stessa, e avanti così finché i pesi ottenuti non differiscono più.  I pesi ottenuti devono essere consistenti, per esserlo  i giudizi dati devono essere consistenti ossia devono avere coerenza, per averla debbono avere le caratteristiche di: ‐ riflessività: di solito è soddisfatta perché si utilizzano i reciproci; ‐ transitività: se a1 è più importante di a2 e a2 è più importante di a3, allora a1 è molto più importante di a3. 

Di solito non è mai così specie se si hanno molti giudizi da dare (punto debole dell'analisi a coppie). Per valutare la consistenza solitamente si definisce un indice di inconsistenza e si fissa un limite massimo al di sotto del quale è necessario trovarsi.  Una  soluzione  sarebbe  l'utilizzo  di  una  matrice  di  valutazione  con  pochi  criteri  (4‐5),  per  fare  ciò  è necessario sintetizzare gli attributi nei più importanti (indicazione valida per ogni approccio multicriterio).  Il vettore dei pesi rappresenta oltre al trade off degli attributi anche un ordinamento dell’importanza degli attributi. Spesso quello ottenuto con il confronto a coppie non è coerente con l'ordinamento che il decisore esprimerebbe con un'assegnazione diretta (problema di rank reverse). Questa situazione è dovuta in parte alla  sfocatezza  decisionale  del  decisore  (errore  per  la  non  perfetta  definizione  delle  preferenze  del decisore) e in parte a problemi intrinseci legati alla scala di valori utilizzata (presenza di attributi molto più importanti degli altri) o alle modalità del confronto a coppie. Si è dunque cercato di sviluppare metodi che coniughino approcci diretti (ordinamento) e del confronto a coppie (permette di definire i pesi).  

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Metodo di Simos Si  fonda  sull'ordinamento  degli  attributi  e  sull'assegnazione  di  un  punteggio  a  seconda  della  posizione dell'ordinamento (misura cardinale di importanza).  PROCEDURA: ‐ ordinamento degli attributi dal meno importante al più importante con possibilità di ex aequo; ‐ inserimento delle “blank cards”: carte bianche per marcare la differenza di importanza fra due attributi 

contigui (aumenta il numero di gradini che, anche se vuoti, rappresentano un salto di importanza); ‐ attribuzione dei punteggi in funzione della posizione nell'ordinamento; ‐ normalizzazione rispetto alla somma dei punteggi con esclusione dei punteggi riferiti alle “blank cards”.  ESEMPIO:  

      Posizione  Attributo    Attributo  Punteggio base  Punteggio assegnato Posizione  Attributo    1  a, b    a, b  1 e 2  1,5 * 

1  a, b    2  c    c  3  3 2  c  =>  3  blank  =>  blank  4  ‐ 3  d    4  d    d  5  5 4  e    5  blank    blank  6  ‐ 

      6  e    e  7  7 * media tra 1 e 2 

 Attributo  Punteggio assoluto  Punteggio normalizzato 

a  1,5  0,08 b  1,5  0,08 c  3  0,17 d  5  0,28 e  7  0,39   18  1,00 

 PREGI: ‐ non si ha il problema del rank reverse, ‐ semplice anche in presenza di “molti” attributi.  DIFETTI: ‐ se gli attributi sono troppi si ha un effetto nel peso relativo dei vari attributi legato al numero di attributi 

considerati.  I metodi del confronto a coppie e di Simos danno risultati abbastanza simili quindi si sceglie tra uno o l'altro osservando la numerosità dei criteri (se ne ho abbastanza uso Simos).  Operatori multilineari Si  utilizzano  se  è  opportuno  rappresentare  le  interazioni  fra  attributi  nella  definizione  della  funzione  di valore:  

  Il  decisore  solitamente  non  sa  definire  direttamente wij,  è  dunque  necessario  trovare  un metodo  che permetta di ottenerli sulla base delle informazioni fornite dal decisore (non è un tecnico).  METODO DEGLI EDGES Si basa sul confronto di situazioni limite, non permette di mappare completamente la funzione d'utilità ma permette una buona approssimazione nella definizione di wij. 

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Si possono definire i seguenti passi: ‐ individuazione delle situazioni “limite” nello stato degli attributi; ‐ attribuzione di un punteggio a ciascuna situazione combinazione delle varie situazioni limite; ‐ determinazione dei pesi.  Esempio: Si considera un caso in cui vi siano tre parametri (sostenibilità intrinseca, contesto e fattibilità economico‐finanziaria) con trade off lineare tra i due stati limite (ottimo e pessimo). Questi danno origine a 8 possibili situazioni a cui viene attribuita una valutazione (0‐100) in modo diretto, con il confronto a coppie o Simos.  

  Sostenibilità       

Situazione Sostenibilità intrinseca 

Contesto Fattibilità 

economico‐finanziaria Valutazione    Pesi 

1  pessimo  pessimo  pessimo  0    0 2  ottimo  pessimo  pessimo  40    0,4 3  pessimo  ottimo  pessimo  20    0,2 4  pessimo  pessimo  ottimo  20    0,2 5  ottimo  ottimo  pessimo  80    0,2 6  ottimo  pessimo  ottimo  70    0,1 7  pessimo  ottimo  ottimo  50    0,1 8  ottimo  ottimo  ottimo  100    ‐0,2 

 Per definire  il vettore dei pesi si considerano dapprima  le componenti additive (2,3 e 4): si attribuisce un peso riportando la valutazione in scala 0‐1. Successivamente si definiscono le componenti di interazione (5,6 e 7) in questo modo: per 5 ad esempio si ha che la valutazione è 80, a questo si toglie la somma delle valutazioni delle situazioni 2 e 3 (quelle in cui c'erano gli ottimi corrispondenti) e si ottiene 20 che riportato in scala 0‐1 da 0,2. Infine  si valuta  la  situazione 8  (3 ottimi) analogamente a prima:  si ha 100‐(40+20+20+20+10+10) =  ‐20 e quindi ‐0,2 (è negativo per problemi legati alle ridondanze, sovrapposizioni tra criteri).  I problemi sorgono nel caso vi siano molti criteri perché si rischiano risposte casuali specie se non si usano solo stati limite (ottimo, pessimo) ma anche situazioni intermedie (buono, medio,…).  PREGI  ‐ La trasparenza dovuta alla semplicità e intuitività del metodo: non serve essere tecnici per capire tutto il 

percorso dell'analisi.  DIFETTI  ‐ Legati al metodo: come trovare i pesi, il valore degli attributi,... ‐ Linearità: il peso è indipendente dallo stato iniziale dell'attributo, è una costante. In realtà non è così per 

il  concetto  di  utilità marginale  decrescente:  il  peso  è  alto  se  la  prestazione  rispetto  all'alternativa  è scarsa,  basso  se  è  buona,  l’andamento  quindi  non  è  lineare  (logaritmico,  esponenziale,..).  Si  può accettare la linearità se la trasformazione in attributo ha tenuto conto di questo aspetto. Usare funzioni di peso che variano  in base allo  stato  iniziale dell'attributo è complicato.  Inoltre una  funzione  lineare non considera le interazioni fra attributi, è possibile ovviare a questa situazione sintetizzando in un unico attributo tutti quelli fra loro non indipendenti. 

‐ Additività:  anche  se  si  usano  operatori  multilineari,  il  modello  è  strutturalmente  additivo:  tutto  si compensa. Non tiene conto di elementi come fattibilità, consenso,... 

  

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7.2 Analisi di concordanza/discordanza  Finora si è considerato solo il concetto di convenienza, ma per rendere un'opera fattibile serve il consenso, valutare  la distribuzione delle prestazioni.  Importante  è osservare  che un  elemento  fondamentale nella misura del consenso è il meccanismo di voto: in base a come si contano le preferenze si possono ottenere risultati  diversi,  questo  avviene  se  si  fissa  un  solo  ordinamento  tra  le  alternative.  Per  evitare  questa situazione  oltre  all'ordinamento  è  necessario  richiedere  una  misura  cardinale  dell'intensità  della preferenza.  Esistono  vari  metodi/approcci  che  permettono  di  rappresentare  il  meccanismo  del  consenso/dissenso all'interno del meccanismo decisionale.  Per passare dall'analisi delle informazioni (alternative e preferenze del decisore) alle regole decisionali che permettono di ordinare, non rispetto alla funzione di valore, ma rispetto al grado di consenso/dissenso, si utilizza l'analisi di concordanza/discordanza: mira ad ottenere ordinamenti a partire da una valutazione del grado  di  consenso  e  dissenso  generato  dalle  scelte,  concordanza  e  discordanza  sono  le  due  regole decisionali che è meglio considerare già durante la stesura del progetto (monitoraggio in itinere).  FASI  ‐ calcolo della matrice di concordanza; ‐ calcolo della matrice di discordanza; ‐ elaborazione degli indici aggregati di ordinamento C/D; ‐ analisi di dominanza C/D.  Matrice di concordanza La matrice di concordanza (AxA) contiene una valutazione sul grado di consenso (indice di concordanza) che si realizza scegliendo una data alternativa (riga) rispetto ad un'altra (colonna).  Si ha quindi un confronto a coppie  tra  le alternative: ogni elemento della matrice è un numero ottenuto dalla somma dei pesi per cui l'alternativa posta sulla riga è preferibile a quella posta sulla colonna. Se vi è un'alternativa che domina in senso paretiano, l'indice di concordanza sarà 1 (se la somma dei pesi è 1), per quella dominata sarà 0. Si  ipotizza che gli attori (chi partecipa alla decisione) siano variamente sensibili ai criteri di valutazione (pesi diversi).  ESEMPIO: 

Matrice di valutazione   Alternative   

Attributi  A1  A2  A3  Pesi a1  1,00  0,60  0,40  0,3 a2  0,70  0,50  1,00  0,4 a3  1,00  0,97  0,77  0,2 a4  0,80  1,00  0,60  0,1 

  

Calcolo dell’indice di concordanza Ic A1 vs A2 Attributi  A1  A2  A1 > A2  Pesi  Pesi per cui A1 > A2 

a1  1,00  0,60  1,00  0,3  0,3 a2  0,70  0,50  1,00  0,4  0,4 a3  1,00  0,97  1,00  0,2  0,2 a4  0,80  1,00  0,00  0,1  0,0       Ic A1 vs A2 = 0,9 

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Creata  la matrice  di  concordanza,  si  cerca  un modo  per  definire  il  grado  di  consenso  di  un'alternativa rispetto a tutte  le altre (non più a coppie). Si somma dunque per riga (concordanza di A1 rispetto alle sue concorrenti)  e  per  colonna  (concordanza  che A1  subisce  perché  incassata  dalle  alternative  concorrenti). Togliendo dal consenso  incassato quello subito, si ottiene  l'indice di concordanza aggregata: è preferibile l'alternativa che ce l’ha maggiore. 

Matrice di concordanza   A1  A2  A3  TotaleA1  ‐  0,9  0,6  1,5 A2  0,1  ‐  0,6  0,7 A3  0,4  0,4  ‐  0,8 

Totale  0,5  1,3  1,2   Concordanzaaggregata 

1,0  ‐0,6  ‐0,4   

 Gli  ordinamenti  che  si  ottengono  sono molto  simili  a  quelli  ottenuti  con  le  somme  pesate  (costruzione simile).  Matrice di discordanza La matrice di discordanza (AxA) contiene una valutazione sul grado di dissenso (indice di discordanza) che si realizza  scegliendo  una  data  alternativa  (riga)  rispetto  ad  un'altra  (colonna).  Il  grado  di  disappunto percepito è generato dalla mancata scelta delle altre alternative.  Per il calcolo dell'indice di discordanza: ‐ si calcolano gli scarti in valore assoluto fra le prestazioni di due alternative e si moltiplicano per i pesi: si 

ottiene il vettore degli scarti pesati fra le due alternative ossia la misura dell’importanza che il decisore attribuisce alle differenze di prestazioni fra le alternative considerate; 

‐ si  individua  lo  scarto  pesato massimo  fra  gli  attributi  per  i  quali  l'alternativa  scartata  è  preferibile  a quella scelta; 

‐ si individua lo scarto pesato massimo fra tutti gli attributi; ‐ si calcola il rapporto fra i due scarti individuati.  ESEMPIO: 

Matrice di valutazione   Alternative   

Attributi  A1  A2  A3  Pesi a1  1,00  0,60  0,40  0,3 a2  0,70  0,50  1,00  0,4 a3  1,00  0,97  0,77  0,2 a4  0,80  1,00  0,60  0,1 

 Calcolo dell’indice di discordanza Id A1 vs A2 

Attributi  A1  A2  |A1 ‐ A2|  Pesi  |A1 ‐ A2| ∙ W a1  1,00  0,60  0,40  0,3  0,120 a2  0,70  0,50  0,20  0,4  0,080 a3  1,00  0,97  0,03  0,2  0,007 a4  0,80  1,00  0,20  0,1  0,020     Id A1 vs A2 = 0,02/0,12 = 0,167 

 Poi si opera come in precedenza: si somma per riga (discordanza incassata scegliendo A1 e scartando le sue concorrenti) e per colonna  (discordanza creata nel  trascurare  le alternative scegliendo A1). Sottraendo  le due  quantità,  si  ottiene  l'indice  di  discordanza  aggregata:  è  preferibile  l'alternativa  che  ce  l’ha minore, meglio se negativo (genero disaccordo se scelgo le altre). 

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Matrice di discordanza   A1  A2  A3  TotaleA1  ‐  0,167 0,667 0,833 A2  1,000 ‐  1,000 2,000 A3  1,000 0,300 ‐  1,300 

Totale  2,000 0,467 1,667  Discordanzaaggregata 

‐1,2  1,5  ‐0,4   

 Ordinamento in base a concordanza e discordanza Si  cerca  ora  di  analizzare  contemporaneamente  consenso  e  dissenso  (gli  indici  calcolati  in  precedenza permettevano comunque una scelta).  Con riferimento agli esempi precedenti, si ha che l'alternativa A1 domina  paretianamente  le  altre  rispetto  a  concordanza  e discordanza, quindi si sceglierebbe questa. Se  ci  fosse un'alternativa nel quadrante positivo  (B)  si  avrebbe contemporaneamente  ampio  consenso  ma  anche  ampio dissenso (cittadinanza spaccata). Un  eventuale  scelta  fra  B  e  C  sarebbe  difficile,  per  farla  si dovrebbe trovare una funzione d'utilità che ponderi le situazioni.  Analisi di dominanza Un giudizio di accettabilità non è formulato cardinalmente (come visto finora) ma confrontandolo con una soglia:  il  consenso  è  superiore  a  quello  che  porta  più  voti?  Il  dissenso  è  inferiore  a  quello  che  porta  a manifestazioni di piazza?  L'analisi  di  dominanza  permette  di  valutare  l'accettabilità  di  una  certa  alternativa  rispetto  ad  un'altra rispetto ad un livello di riferimento nella concordanza e nella discordanza.  L'analisi di dominanza si esegue in più passi: ‐ si  fissano  delle  soglie  di  concordanza minima  e  discordanza massima:  il  problema  è  che  ciascuna  di 

queste  soglie deve essere  fissata a priori ma non  c'è grande esperienza  su  come  fare,  ci  si potrebbe rifare a esperienze passate per vedere cos'è successo e quindi definire una soglia, altrimenti è possibile prima determinare una soglia e poi vedere se ha capacità discriminante; 

‐ si  calcola  la  matrice  di  dominanza  nella  concordanza:  dice  se,  rispetto  all'analisi  di  concordanza, scegliere un'alternativa rispetto ad un'altra è ammissibile (1) oppure no (0); 

‐ si calcola la matrice di dominanza nella discordanza: dice se, rispetto all'analisi di discordanza, scegliere un'alternativa rispetto ad un'altra è ammissibile (1) oppure no (0); 

‐ si  calcola  la matrice  di  dominanza  aggregata:  ottenuta  come  prodotto  cella  per  cella  delle matrici precedenti,  si  ha  1  (0)  se  scegliere  l'alternativa  sulla  riga  rispetto  a  quella  sulla  colonna  (non)  è accettabile per entrambi (almeno uno) gli indici. La risposta è univoca solo se c'è una sola riga con soli 1, la matrice è equivoca se si hanno valori pari a 1 su più righe (ci sono più alternative accettabili) oppure se ci sono  tutti 0,  in questo caso si modificano  le soglie consultando  il decisore per scegliere qualche vincolo “rilassare” (concordanza o discordanza). 

 ESEMPIO: 

Matrice di concordanza    Matrice di discordanza   A1  A2  A3      A1  A2  A3 A1  ‐  0,9  0,6    A1 ‐  0,167  0,667 A2  0,1  ‐  0,6    A2 1,000  ‐  1,000 A3  0,4  0,4  ‐    A3 1,000  0,300  ‐ 

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Se non si hanno analisi precise si considerano come soglie le medie degli indici presenti nelle matrici. Se poi dal calcolo non si otterranno ragioni sufficienti per scegliere un'alternativa, si perfezionerà l'analisi.  ‐ Concordanza minima: 0,50 ‐ Discordanza massima: 0,69  

Matrice di dominanza nella concordanza    Matrice di dominanza nella discordanza     A1  A2  A3          A1  A2  A3     A1  ‐  1  1        A1 ‐  1  1     A2  0  ‐  1        A2 0  ‐  0     A3  0  0  ‐        A3 0  1  ‐   

 La matrice di dominanza nella concordanza (discordanza) dice che non è possibile scegliere A3 (A2).  

Matrice di dominanza aggregata     A1  A2  A3     A1 ‐  1  1     A2 0  ‐  0     A3 0  0  ‐   

 PREGI: ‐ rappresenta  bene  i meccanismi  “politici”  della  decisione  pubblica,  incorporando  il meccanismo  del 

consenso; ‐ evidenzia  i  conflitti  fra  le  scelte  non  dominate,  l'indice  di  discordanza  rappresenta  la  conflittualità 

intrinseca della scelta; ‐ molto usato attualmente, “di moda”.  DIFETTI: ‐ poco intuitiva; ‐ maggior bisogno di informazioni, specie per l'analisi di dominanza.  8. CARATTERISTICHE DEI METODI DI VALUTAZIONE: ACB VS AM  

  ANALISI COSTI BENEFICI  ANALISI MULTICRITERIO 

Descrizione Analisi della variazioni di benessere sociale 

nel tempo connesse con gli interventi 

Analisi degli impatti sociali degli interventi e di ogni altro aspetto connesso con la 

fattibilità 

Input Misura monetaria delle variazioni di benessere,tasso sociale di sconto 

Misura degli impatti positivi e negativi, funzioni d’utilità, pesi,… 

Output  Giudizio di convenienza sociale (VAN, SRI) Ordinamento, giudizio di compatibilità, 

efficienza,… 

Pregi Il risultato della valutazione è facilmente 

comprensibile e confrontabile 

Rappresenta bene il processo decisionale pubblico, analisi dei conflitti e simulazione, efficienza delle scelte, distinzione fra analista 

e politico 

Difetti La monetizzazione degli effetti ambientali 

può essere imprecisa o inaccettabile Procedure poco codificate, facilmente addomesticabili, onerosità nelle analisi 

Utilizzo Valutazione analitica degli investimenti 

pubblici 

Valutazione analitica degli investimenti e della fattibilità,simulazione di alternative, 

analisi dell’efficienza   

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L’ANALISI DI SCENARIO  Permette di coniugare  la variabilità delle prestazioni delle alternative e  la variabilità nelle preferenze del soggetto  decisore.  Incorpora  la  diversa  attitudine  di  un  decisore  rispetto  ad  un  parametro  decisionale, permettendo di formalizzare il diverso comportamento del decisore. L'analisi di scenario è un modo particolare per fare analisi di sensitività.  Si considerano ad esempio 3 alternative valutate rispetto al solo VAN (metodo monocriteriale), si introduce un elemento di disturbo ossia si formulano degli scenari alternativi in base a ciò che potrebbe accadere e si calcola un VAN per ogni  alternativa  e per ogni  scenario prefigurato  (difficile prefigurarli  tutti) passando quindi ad un problema multicriteriale. Si  ipotizza  inoltre di non conoscere  la probabilità del verificarsi di ciascuno scenario (scenari equiprobabili).  

Scenario Alternative 

Ribasso  Flessione  Stabile  Incremento  Aumento Profilo di rischio 

A1  ‐17  3  12  16  22  Basso A2  ‐35  ‐10  2  14  34  Medio A3  ‐50  ‐13  ‐1  32  80  Alto 

 Guardando la tabella è possibile definire i profili di rischio, si hanno quindi due criteri di scelta: la redditività e la rischiosità dell'investimento.  Il decisore può assumere diversi atteggiamenti a seconda di come compendia le informazioni a disposizione ossia in base alla sua funzione decisionale.  Si  individuano dei criteri di sintesi che permettono di definire uno o più parametri decisionali. Si calcola  il VAN medio di ogni alternativa e se ne determina la dispersione (σ):  

Alternative  VAN medio  Dispersione (σ)  Coefficiente di variazione A1  7,2  15,2  2,1 A2  1  25,9  25,9 A3  9,6  49,1  5,1 

 ‐ se il decisore sceglie rispetto al VAN medio più alto, sceglie A3; ‐ se è avverso al rischio, sceglie quella con minore variabilità A1; ‐ se invece considera entrambi i criteri, può solo eliminare A2 perché dominata paretianamente da A1.  In letteratura si trovano modi per ordinare le alternative (rappresentano gli atteggiamenti del decisore) con diverse prestazioni in modo semplice:  Maximin Il decisore sceglie in modo da minimizzare la perdita massima (pessimista, prudente), si considera dunque la perdita minima nello scenario di ribasso, la scelta ricade su A1.  Maximax Il  decisore  cerca  di  cogliere  le  occasioni  speculative,  cerca  il  massimo  guadagno  massimo  (ottimista, gambler)  perché  non  ha  preoccupazioni  sulle  perdite,  considera  il  guadagno massimo  nello  scenario  di aumento, la scelta ricade su A3.  Minimax Il decisore  cerca di minimizzare  il possibile dispiacere nel non  aver  colto  l’opportunità  giusta  che  si  era presentata (rimpiange le occasioni perdute). 

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In questo caso è necessario definire la matrice dei rammarichi: gli elementi rappresentano la differenza tra la prestazione che consente la scelta effettuata e quella che si avrebbe avuto se si fosse scelta quella che a posteriori si è rivelarla la migliore:  

Scenario Alternative 

Ribasso  Flessione  Stabile  Incremento  Aumento Rammarico massimo 

A1  0  0  0  16  58  58 A2  18  13  10  18  46  46 A3  33  16  13  0  0  33 

 Non sapendo quale scenario si verificherà, per effettuare la scelta si può ricorrere a un'analisi multicriterio oppure considerare l'alternativa che minimizza il massimo dei rammarichi possibili (A3).  Valor medio Il decisore vuole ponderare  tutte  le possibilità. Per poter usare questo criterio è necessario conoscere  la probabilità associata a ciascuno scenario p(S), finora si sono considerati equiprobabili. Si pondera il VAN per la probabilità che lo scenario corrispondente si verifichi:  

Scenario Alternative 

Ribasso  Flessione  Stabile  Incremento  Aumento A1  ‐17  3  12  16  22 A2  ‐35  ‐10  2  14  34 A3  ‐50  ‐13  ‐1  32  80 p(S)  0,2  0,1  0,1  0,3  0,3 

 Alternative  VAN(S1)  VAN(S2)  VAN(S3)  VAN(S4)  VAN(S5)  VAN(Ai) 

A1  ‐3,4  0,3  1,2  4,8  6,6  9,5 A2  ‐7  ‐1  0,2  4,2  10,2  6,6 A3  ‐10  ‐1,3  ‐0,1  9,6  24  22,2 

 Sommando per riga si ottiene il VAN medio ponderato e si sceglie l'alternativa per cui è massimo (A3).                      

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APPENDICE 1 ‐ COSTRUZIONE DELLE FUNZIONI DI VALORE  Il problema principale della costruzione delle funzioni di valore è la necessità di sintetizzare molti attributi in pochi criteri di valutazione e alla fine in un unico criterio ordinante.  ANALISI GERARCHICA  Suddivide un problema complesso  (difficilmente  risolvibile)  in  sottoproblemi  segmentando  i parametri  in sfere  di  parametri  analoghi.  Queste  aggregazioni  parziali  portano  a  soluzioni  parziali  che  poi  vengono sintetizzate per ottenere la soluzione finale.  ESEMPIO:  

  Pregi: ‐ Permette di costruire funzioni con meno variabili indipendenti, più semplici: meglio 3/4 problemini che 

uno più grande. ‐ È un approccio molto diffuso perché permette di analizzare il flusso di informazioni. ‐ Implementato in molti software (Expertchoise,…).