U T O P I A L'Europa diventerà quello che in realtà è, cioè un piccolo promontorio del continente asiatico? (continua alle pagine 10 e 11) (a pagina 2) pag. 4 pag. 6 pagg. 789 (continua nell'ultima pagina)
U T O P I A“L'Europa diventerà quello che in realtà è, cioè un piccolo promontorio del continente asiatico?”
Giugno 201 2 Università di Catania
Pietro Figuera
(continua alle pagine 10 e 11)
Pietro Figuera
In principio, vi era l'europeismo. L'europeismo delle idee,
quello di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Jean Monnet.
Poi vi fu quello delle prime istituzioni concrete, di
Schuman, Adenauer e De Gasperi. Personaggi del calibro
di Kohl, Mitterrand e Delors hanno completato l'opera
unificatrice. A dispetto di ogni previsione, hanno costruito
le fondamenta di un'Europa libera, pacifica e solidale, per
la prima volta nella storia. Oggi queste fondamenta non
sono più solide come un tempo, sembrano vacillare. A
corroderle, l'egoismo degli Stati, ormai incapaci di una
visione collettiva degli interessi dell'Unione, e
l'euroscetticismo già dilagante dell'opinione pubblica,
conseguente all'impoverimento dovuto alla crisi. Ogni
giorno che passa le istituzioni comunitarie perdono
credibilità, e dunque legittimità, a causa di quegli Stati
che un tempo le avevano fortemente volute ma oggi, nel
momento di maggior difficoltà, le puntano il dito contro in
un affannosa quanto disperata ricerca di consenso
dell'opinione pubblica ormai disillusa. Così,
improvvisamente, le responsabilità e gli errori anche ben
individuabili degli Stati nazionali passano in secondo
piano, in favore di una visione più comoda, quella del
"mostro" europeo che sembra quasi aver creato l'attuale
crisi economica. Se c'è una responsabilità delle istituzioni
europee, è quella di aver sottovalutato l'odierno fenomeno
e quindi di non averne preventivato i rimedi: è
sconcertante lo spettacolo degli organi esautorati dagli
Stati e inevitabili spettatori del proprio declino, mentre gli
Stati, i veri attori della politica, si azzuffano in un
desolante incrocio di veti. L'Europa ha perso forse
definitivamente quel senso d'infallibilità e di superiorità
che nonostante tutto era riuscita a mantenere anche in
seguito al disfacimento degli imperi coloniali. Oggi, dopo
solo dieci anni di sperimentazione dell'euro, il più
ambizioso progetto monetario del secolo, l'Europa rischia
di scomparire dallo scenario globale, inghiottita dalle sue
stesse divisioni e inettitudini. Con la crisi che avanza,
l'euro non viene più ritenuto un argine sufficiente per la
sicurezza delle economie nazionali, soprattutto per quelle
in difficoltà.
Giorgia Musmeci
La crisi e i suicidi Tangentopoli 20
anni dopo
Speciale Festival di
Perugia
(a pagina 2)
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Le changement c'est
maintenant. Questo il leitmotiv
che ha accompagnato l'ascesa
del socialista Francois Hollande
all'eliseo, coronata con
l'insediamento alla presidenza
lo scorso 15 maggio; con la sua
aria da provinciale ed una
buona dose di umiltà, si
presenta come il presidente di
tutti, di una sola Francia, quella,
appunto, del Cambiamento.
Una nuova geografia politica.
E' questo il quadro italiano
dopo le elezioni
amministrative di maggio, che
hanno rivoluzionato i rapporti
di forza tra i maggiori partiti e
non solo. Le città chiave della
competizione sono state
Palermo, Genova e Parma, ma
le elezioni di Verona e
dell'Aquila non sono state
meno rilevanti.
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(continua nell'ultima pagina)
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Una nuova geografia politica. E' questo il quadro italiano
dopo le elezioni amministrative di maggio, che hanno
rivoluzionato i rapporti di forza tra i maggiori partiti e non
solo. Le città chiave della competizione sono state
Palermo, Genova e Parma, ma le elezioni di Verona e
dell'Aquila non sono state meno rilevanti. I Comuni al
voto sono stati 1 009, di cui 28 capoluogo di provincia. Le
prime elezioni sotto il governo tecnico di Monti sono state
considerate dai partiti come un test di valenza nazionale,
nonostante in realtà rispecchiassero di più le dinamiche
politiche locali. La scelta di farle acquisire un valore
politico si è rivelato un boomerang per molti partiti che
hanno subito cocenti sconfitte sul piano elettorale. A
Genova vi è stata la netta affermazione di Marco Doria ai
danni degli antagonisti Enrico Mussi e Paolo Putti,
rispettivamente candidati del Terzo Polo e del Movimento
5 Stelle. Doria, docente universitario, è il rappresentante di
una vasta e compatta coalizione di centrosinistra (scaturita
dall'esito delle primarie) che ha saputo imporsi in una città
tradizionalmente progressista. Più complessa la situazione
di Palermo. Le contestatissime primarie avevano assegnato
a Ferrandelli il compito di guidare il centrosinistra, ma
l'IdV ha rotto ogni accordo candidando, non senza
polemiche, il già tre volte sindaco Leoluca Orlando. La
mossa è stata accompagnata da polemiche anche interne al
partito di Di Pietro: in particolare Sonia Alfano,
europarlamentare e uno dei massimi esponenti siciliani
dell'Idv, ha accusato Orlando e il partito di scarsa
trasparenza e opportunismo. Sul fronte politico opposto, le
candidature di Costa (Pdl) e Aricò (Mpa e Fli) hanno
provato a intercettare i consensi di centrodestra. Ma la
gestione rovinosa dell'ex sindaco Cammarata, insieme
all'imprevista e ingombrante candidatura di Orlando, ha
sicuramente contribuito a creare una situazione inaspettata
nella quale i candidati del centrodestra si sono fermati al
primo turno, lasciando la competizione ad un ballottaggio
tutto a sinistra, tra Ferrandelli e Orlando. Facile poi è stata
l'affermazione di quest'ultimo al secondo turno, forte della
maggiore esperienza e conoscenza di Palermo, oltre che di
un'indubbia fiducia dei suoi abitanti.
Ma è stata Parma l'emblema mediatico delle elezioni
amministrative 2012. In una città commissariata, teatro di
corruzione politica ed enormi debiti, hanno prevalso le
forze che i cittadini hanno considerato "alternative"
rispetto al vecchio sistema. Il risultato, contrario ad ogni
aspettativa, ha visto la vittoria al ballottaggio di Federico
Pizzarotti, esponente del M5S di Grillo, nei confronti di
Vincenzo Bernazzoli, sostenuto da Pd, Sel e Idv. La
vittoria è stata subito vista come il simbolo
dell'affermazione dei grillini sullo scenario politico
nazionale, anche se è rimasta un caso abbastanza isolato
(sono stati in totale 3 i comuni conquistati dal M5S).
Se vogliamo essere onesti, a differenza di buona parte della
stampa e dei commentatori italiani, dobbiamo ammettere
che non è facile interpretare i risultati di questa tornata
elettorale. In primo luogo, perchè trattandosi di elezioni
amministrative hanno mostrato più l'evoluzione di
complesse situazioni locali, che l'evoluzione del quadro
politico nazionale (si prenda come esempio Palermo). In
secondo luogo, perchè hanno evidenziato la straordinaria
frammentazione politica di un Paese che sembra aver
chiuso i conti definitivamente con il bipolarismo. Infine,
perchè sono falsati da una vastissima componente di
astensionismo, ormai in crescita esponenziale in Italia. In
un contesto di crisi economica avanzata e con un governo
tecnico che dopo i primi mesi di successi raccoglie sempre
meno l'approvazione degli italiani, neanche i partiti politici
riescono più a captare il consenso dei cittadini anche a
causa dei continui scandali che coinvolgono i loro
esponenti.
Nel campo del tradizionale centrodestra, il primo elemento
che balza agli occhi è il fortissimo ridimensionamento (ma
in alcuni casi addirittura quasi sparizione) subìto dal Pdl,
fino a non molto tempo fa il più grande partito italiano. La
Lega Nord, stravolta dagli scandali che hanno colpito la
famiglia Bossi, si è attestata su livelli molto inferiori alle
Pietro Figuera
Pietro Figuera
sue aspettative e solo grazie alla vittoria di Tosi a Verona
(favorita tra l'altro dal suo distacco dalla famiglia bossiana)
ha evitato la completa debacle. Nel campo del
centrosinistra, i rapporti di forza sono più difficili da
decifrare in quanto spesso dipendono dall'esito delle
primarie, che intrecciano le esperienze di candidati e partiti
di diversa natura. In generale, però, si riscontra un
rafforzamento della "foto di Vasto" grazie alle coalizioni
vincenti che a livello locale hanno scelto una simile
composizione. L'effetto probabilmente sarà solo
provvisorio, a causa del continuo inasprimento della
tensione che corre fra l'Idv e il Pd. Quest'ultimo in merito
alle elezioni di maggio ha cantato vittoria, e guardando i
numeri non avrebbe tutti i torti, dato che già al primo turno
ha conquistato ben 92 comuni superiori (sui 45 di partenza
e sui 167 complessivi - la maggioranza quindi) a dispetto
di ogni previsione. La tenuta del centrosinistra, però, non
deve ingannare sul reale consenso che incontra nel Paese:
in molti casi, la scelta del Pd sembra rappresentare un
estremo "voto di fiducia" per il quale molti italiani sono
disposti a spendere le proprie residue aspettative nei
confronti della politica. Appena oltre, il buio,
l'astensionismo, l'antipolitica, il grillismo e tutti gli altri
estremismi.
Mai come oggi la responsabilità di non deludere i propri
elettori è stata così gravosa e al tempo stesso essenziale.
Prima lo capiscono, i partiti, meglio sarà per tutti.
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Dopo i ballottaggi di fine Maggio la giostra delle elezioni
comunali 2012 si ferma anche in Sicilia, arriva il momento
dei bilanci e ci si rende conto che si tratta della più atipica
tornata elettorale che la nostra generazione ricordi. A
differenza del panorama nazionale, dove il Movimento 5
Stelle si è reso protagonista di un clamoroso exploit, in
Sicilia potrebbero essere ricordate come le elezioni delle
grandi sconfitte e delle piccole vittorie. Nettamente in calo
l’affluenza alle urne come prevedibile, ma c’è un dato da
valutare con attenzione: queste amministrative infatti hanno
rappresentato il più grande “esodo dai partiti” degli ultimi
anni. Le migliaia di persone in fuga dai grandi partiti però
hanno una destinazione non scontata, infatti i numerosi
cittadini allontanatisi dai partiti di centro destra non si sono
avvicinate, come molti si aspettavano, ai partiti di centro
sinistra. Questo enorme gruppo di elettori sfiduciati sembra
essersi messo in standby in attesa di un’alternativa da loro
ritenuta reale e concreta.
Nei tre comuni capoluogo di provincia la tendenza è stata
quella del voto all’usato sicuro. Palermo infatti si affida a
Leoluca Orlando dell’ Italia dei valori (eletto sindaco del
capoluogo siciliano per la quarta volta) che esce così
vincitore da una rocambolesca candidatura che ha portato
l’ intero panorama del centro sinistra palermitano ad una
netta rottura. Agrigento invece viene “conquistata” da
Marco Zambuto (figlio di Lillo Zambuto, già sindaco di
Agrigento) cresciuto tra le fila della Democrazia Cristiana,
sostenuto in passato dai Democratici di Sinistra e da
UDEUR, passato nel 2008 alla corte di Berlusconi nel Pdl e
approdato nel 2010 all’Udc in vista delle poi vittoriose
elezioni. Trapani resta l’unica tra le città dell’ isola in mano
al Pdl, dopo il ballottaggio viene infatti eletto l’ex Generale
dei carabinieri Vito Damiano già noto alle cronache per
l’ interpellanza parlamentare presentata dall’ex senatore a
vita Francesco Cossiga che denunciava sospetti contatti tra
gli apparati di intelligence e la magistratura.
Nei paesi più piccoli ci sono però anche rari casi di
coerenza come San Cataldo dove il sindaco Francesco
Raimondi è salito grazie al sostegno di tutti i partiti di
centro sinistra. Ovviamente non possono mancare
situazioni come quella di Lipari dove il neo eletto sindaco
Marco Giorgianni è stato sostenuto (al di fuori dalle
immancabili liste civiche) dal Pd, dall’Udc ed anche da Fli.
La maggioranza dei piccoli comuni si affida così alle liste
civiche, annusando in anticipo la cattiva volontà popolare
nell’accostarsi ad un partito e cavalcando di fatto un’idea di
politica fatta di “facce” e non di programmi.
La giostra delle elezioni comunali per quest’anno si è
fermata, ci tocca scendere, qualcuno non è proprio voluto
salire, qualcun altro ha fatto un giro distratto. Come al
solito ci lascia un po’ scombussolati e con l’ impressione
che questo “luna park” deve ancora migliorare molto.
Giovanni Timpanaro
Cristopher Gaziano
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Il 2012 verrà probabilmente ricordato come l'anno
dell'impennata dei suicidi per motivi economici, della
disperazione in piena crisi mondiale e delle accuse al
Presidente del Consiglio Monti per questa escalation di
morte e rassegnazione. Lungi dal voler sminuire la gravità
della situazione, prima di accodarci alle migliaia di "tweet"
e "post" che gridano via web la loro indignazione abbiamo
tuttavia preferito controllare i dati Istat sui suicidi per
motivi economici degli ultimi anni.
Dall'inizio dell'anno fino ad oggi, in Italia, 38 persone tra
lavoratori e imprenditori hanno deciso di togliersi la vita
per colpa degli effetti negativi che la crisi ha avuto sulle
loro aziende o imprese. Numeri che devono far riflettere sul
potere che il denaro ha sulle nostre azioni e sulla nostra
psiche, ma che raccontano una verità totalmente diversa da
quella che ripetono i sostenitori de "l'anno dei suicidi".
Tra i 1 98 suicidi "economici" del 2009 ed i 1 87 del 2010
(con picchi positivi proprio a Maggio per di più), appare
evidente che finora l'ammontare annuale corrisponde a
meno di un quarto, una tesi che si oppone a gran voce a
quella citata poco più su. Così come si oppongono i numeri
che ci segnalano un tasso di suicidi raddoppiato in
Germania e Finlandia, dove la situazione economica è
decisamente più stabile, e leggermente superiore all'Italia in
Grecia, dove la crisi faceva presupporre un'ecatombe in
nome di quel dio minore e senza scrupoli che è il denaro.
Non è che la pericolosa, drammatica crisi in cui ci troviamo
ci spinge a lottare per uscirne con una forza del tutto nuova
rispetto agli anni più agiati? L'Istat, i cui dati sono
sicuramente attendibili, ci fa propendere con decisione
verso questa ipotesi.
Altri dati, molto più preoccupanti, riguardano il tasso di
suicidi nelle carceri italiane, che tuttavia non trovano alcun
riscontro nelle testate giornalistiche, cartacee o online non
importa. Ben 66, nel 2011 , sono stati i suicidi dietro le
sbarre, più di 12 detenuti ogni 10.000. Numeri spaventosi,
in rapporto agli anni passati, che ne contano decine di meno
(46 nel 2008, 56 nel 2009) e che ci mostrano l'impennata
progressiva di questa tragedia. Le morti in carcere sono
sicuramente meno di quelle legate a motivi economici, ma
bisogna anche ricordare che, in proporzione alla quantità di
individui, i suicidi nelle carceri sono tanti, troppi per essere
ignorati. Forse si tende a dimenticare che anche i detenuti,
nonostante i loro errori, sono esseri umani che cercano di
ottenere una riabilitazione per tornare a far parte della
società civile? O forse sono tutti troppo impegnati ad
ingigantire la crisi causando così una mitizzazione delle
vittime senza accorgersi di aumentare, così, la possibilità
che altri lavoratori in difficoltà scelgano di emularli? La
disperazione, purtroppo, è contagiosa e non deve passare il
messaggio che farla finita è l'unica opportunità di uscire da
questa crisi. Speriamo che la gente colga il messaggio e la
smetta con quest'allarmismo dannoso che spesso è più
subdolo e pericoloso del silenzio mediatico.
Fonte: EURES
Manuela Celano
Accade qualcosa di terribile la mattina del 19 Maggio 2012.
Accade che a Brindisi, all’ ingresso di una scuola che porta
il nome di Francesca Morvillo Falcone, a pochi giorni dal
ventennale della strage di Capaci, una violenta esplosione
uccide la sedicenne Melissa Bassi e ferisce gravemente
diverse sue coetanee. Tra lo sconcerto e l’orrore generale si
succedono le prime ipotesi, e col passare delle ore, la
suggestione che sulle prime aveva fatto pensare ad un
attentato di matrice mafiosa perde quota per lasciare il
posto a considerazioni diverse. In un clima diffuso di
complottismo e di tensione sociale, si fa subito strada l’ idea
di un atto dimostrativo di matrice terroristica, come afferma
da subito anche Giovanna Montanaro, sociologa e
collaboratrice del Procuratore nazionale antimafia Pietro
Grasso, che a proposito dell’attentato spiega: “mi fa
pensare alla strategia della tensione. Quando questo Paese
sta per imboccare una via di cambiamento accade sempre
qualcosa, ce lo insegna non solo la storia della mafia, ma la
storia dell’ Italia, basta pensare a Piazza Fontana.” Ma
“perché - riflette ancora Montanaro - correre tutti i rischi
connessi a un’azione così scellerata e clamorosa? Penso che
a essere coinvolta non sia solo la mafia locale. Ci sono
nuovi fermenti, i risultati delle amministrative,
un’atmosfera di cambiamento, soprattutto da parte dei
giovani. É come se si volesse dire ‘state fermi’ . Leggo una
firma di mafia non solo locale e forse con altri ingredienti.
Non sarebbe la prima volta nella nostra storia”.
La cronaca degli eventi continua a correre veloce, già tra le
24 e le 48 ore dopo l’accaduto gli inquirenti ipotizzano il
gesto isolato di una persona sola, ipotesi che mentre
scriviamo continua ad essere accreditata pur non venendo
esclusa la possibilità di un atto terroristico e l’ idea che
l’ iniziativa di un singolo possa essere animata da una
volontà stragista, senza l’ intenzione di colpire una persona
specifica.
Inevitabilmente l’episodio di Brindisi contribuisce ad
accrescere un senso di insicurezza e incertezza diffuso, a
poche settimane dall’aggressione subita da Alberto Musy e
a pochi giorni dall’attentato contro Roberto Adinolfi cui,
ricordiamo, seguì la rivendicazione della Fai (Federazione
Anarchica Informale) nel cui comunicato si legge tra l’altro
“Siamo dei folli amanti della libertà e mai rinunceremo alla
rivoluzione, alla distruzione completa dello stato e delle
sue violenze”. E, nonostante l’ invito a “non fare
allarmismo” lanciato dal ministro Cancellieri, è evidente il
senso di profonda sfiducia nelle istituzioni, un malcontento
generalizzato e contagioso, un’attesa di risposte da parte
dei cittadini che va colta e gestita dalla politica cui, dopo
l’esito delle ultime elezioni amministrative che ha
certificato una astensionismo in crescita, ai ballottaggi ha
votato il 51 ,4% degli aventi diritto e, dato non trascurabile,
l’exploit del M5S, si pone un problema di credibilità che
non può più essere rimandato. Perché è necessario che lo
Stato venga visto come il bene da difendere e non come il
nemico da combattere.
Intanto durante la finale di Coppa Italia i tifosi hanno
fischiato l’ inno nazionale e forse anche questo è un triste
segno dei tempi.
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Gianluca Scerri
«Chi entra in politica, deve avere le mani pulite», diceva nel
1980 il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, in un
discorso ai giovani.
Anche per chi non ha vissuto, per questioni anagrafiche, gli
eventi del 1 992, il collegamento con quei fatti disdicevoli pare
oggi più che mai chiaro: la sfiducia verso la politica; la crescita
dell’astensione; l’attacco ai partiti e ai finanziamenti pubblici in
un sistema in cui questi non erano riusciti a fungere da
contraccettivo alla corruzione; la nascita di movimenti
spontanei di cittadini; ma soprattutto, il ruolo della magistratura
già da allora messo in dubbio, ammonita di “interpretazione
strumentale delle leggi” e di “funzionamento ad orologeria
politica”, con formule non lontane da quelle che possiamo
tutt’oggi riscontrare in alcuni degli interventi di Camera e
Senato.
Per i più però, “Tangentopoli” diventava quasi una lotta di
civiltà, in un Paese dove i cittadini sono sempre stati abituati ad
interessarsi poco a quello che succedeva loro intorno, questa
risulta essere una breve parentesi di orgoglio, che distrugge
quasi del tutto il sistema dei partiti vigente, per lasciare agli
italiani la possibilità di scegliere se cascare ancora una volta nel
baratro della politica fatta di molti spot e pochi contenuti. Lo
testimonia la telefonata dell’allora Pm di Milano, Antonio Di
Pietro, subito dopo che un’inimmaginabile rete di tangenti era
venuta fuori dal vaso di pandora scoperchiato con l’arresto
dell’ ingegner Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista
Italiano con l'ambizione di diventare sindaco di Milano, colto
in flagrante mentre intascava l’ennesima bustarella: “Avvocato,
riferisca al suo cliente che l’acqua minerale è finita” (con
riferimento a conti messi sotto sequestro in Svizzera,
denominati “Levissima” e Fiuggi” – Ndr). Il 1 7 febbraio del
1992, con l’arresto di Mario Chiesa, cominciava il caos. Il pool
avrebbe indagato più di 3000 persone, ottenuto più di 500
condanne, ed agevolato la guardia di finanza nell’accertamento
di reati fiscali legati a Tangentopoli per un importo di più di
3000 miliardi di lire, fino al 1997. Ma soprattutto, il 1 7 febbraio
1992 ebbe inizio lo sfaldamento del sistema dei partiti
conosciuto sino ad allora: una completa classe politica
eliminata dai processi; i partiti legittimati sino ad allora sono
stati proclamati illegittimi, ma cosa più importante, quelli
considerati illegittimi sino ad allora, hanno preso legittimità e
vigore. Ma i risvolti delle ultime settimane, l’ inappropriato uso
dei rimborsi elettorali per questi partiti che sembravano essere
rimasti fuori dalla bufera del 1992, sono presi a pretesto da colo
i quali hanno da sempre sostenuto le tesi della “chirurgia” delle
indagini di “Tangentopoli”, che hanno rimosso i partiti di
governo, forse con la copertura politica di altri partiti. Sono la
dimostrazione, per i suddetti, che la corruzione è esistita sin da
allora, e per tutti i partiti, e che le indagini si sono fermate alla
metà che era di maggior interesse, per coloro che indirizzavano
le indagini in maniera politica. Fosse vero o meno, ai fatti però
la politica seppe dare la sua risposta “conservatrice”, come nel
migliore dei meccanismi di autoprotezione. Forse anche a
seguito dei fatti che portarono a 43 suicidi, tra politici,
imprenditori o dirigenti di azienda che tra 1992 e il 1 994
furono raggiunti da un avviso di garanzia o citati sui quotidiani,
il cosiddetto “Colpo di Spugna”, un decreto legge varato il 5
Marzo 1993 dal governo, e proposto dall’allora Ministro della
Giustizia, Giovanni Conso, tentava di depenalizzare il
finanziamento illecito ai partiti, in maniera retroattiva. Ma
com’è tipico di quanto l’ informazione riesce a sfiorare la
coscienza delle persone, l’opinione pubblica si sollevò,
contribuendo in maniera determinante al rifiuto, per la prima
volta nella storia della Repubblica Italiana, da parte dell’allora
Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro di firmare il
decreto-legge, ritenendolo incostituzionale, ma soprattutto alla
caduta dell’allora “Governo Amato”, che aveva intravisto nei
risultati del referendum sul sistema elettorale, proposto dal
democristiano Mario Segni, un segno tangibile della sfiducia
nei confronti della politica di allora, ma soprattutto, del suo
governo. Altro primato per la storia d’Italia: venne formato il
primo governo tecnico, con a capo il governatore della Banca
d'Italia Carlo Azeglio Ciampi. Gli avvenimenti si susseguono.
Il parlamento accoglie come “onorevoli” sia i magistrati che
indagavano, che gli imprenditori che erano indagati. Il processo
si sposta quindi dentro i luoghi sacri della Democrazia, ma
nulla ha di così onorevole: indagini sulla magistratura, strategia
della prescrizione, fino ad arrivare al 2001 . Le elezioni
politiche del 2001 segnano una nuova vittoria di Silvio
Berlusconi. L'esito era forse figlio della nuova considerazione
che gli elettori avevano di Mani pulite, a distanza di dieci anni:
i PM, non avevano poi tutte le ragioni. La tesi della
persecuzione e della demonizzazione (quella in maniera
preponderante veicolata attraverso i mezzi di comunicazione in
questo periodo), prese il sopravvento non solo sull’opinione
pubblica, ma anche sui partiti che fino ad allora si erano fregiati
di essere “duri e puri”. Persino la Lega Nord, che aveva potuto
dichiarare Roma, “ladrona”, e dai fatti del 1 992 aveva visto
impennarsi il proprio consenso elettorale, cominciava a non
riuscire a sostenere ancora una Magistratura tanto determinata,
denunciandone l’abuso di utilizzo. Parallelamente, Di Pietro ha
saputo rappresentare quella percentuale crescente di elettori
che, sospettosi dell’ integrità morale dei loro rappresentanti,
seppur facenti capo ai partiti di sinistra, hanno preferito stare
dalla parte di un ex Pm agguerrito, che non aveva avuto paura
di dire le cose come stavano.
Il resto è storia. Nel 1992, e per pochi anni, i cittadini italiani
hanno saputo dimostrare agli altri, che tenevano al proprio
Paese, ma hanno soprattutto saputo dimostrare a se stessi che la
responsabilità e l’ indignazione possono davvero cambiare le
cose. Dopodiché, lo scatto di orgoglio ha subito una battuta
d’arresto insormontabile. Il motivo rimane nascosto nella
coscienza dei cittadini italiani. Ma l’ inevitabile considerazione
di oggi è che ”Tutto cambia affinché nulla cambi”.
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Dal 25 al 29 apri le si è tenuta la sesta edizione del Festival
Internazionale del Giornal ismo a Perugia. La nostra
redazione non ha voluto perdere quest'appuntamento: una
delegazione si è recata sul posto per assistere ed
intervenire ai numerosi eventi previsti . Abbiamo scelto di
dedicare due pagine a un breve racconto di
quest'esperienza. Un resoconto più esauriente degli incontri
a cui abbiamo partecipato e dei momenti che abbiamo
vissuto, lo trovate nella nostra pagina facebook:
http: //www.facebook.com/pages/Utopia/1 32655536811 241
Con lo stesso entusiasmo di chi si approccia a un mondo
nuovo partiamo alla volta di Perugia, per il Festival
Internazionale del Giornalismo. Festival giunto alla
settima edizione e che vede la presenza di speakers,
blogger, giornalisti e semplici cittadini e studenti che si
interrogano sul problema dell’ informazione e sul suo
rapporto con la democrazia alla luce (soprattutto) dell’era
2.0 e sul ruolo sempre più determinante dei social
network. Giornate dense di eventi con ospiti di grande
calibro. Così, alternando i vari momenti del Festival con
rilassanti passeggiate serali attraverso una Perugia
altamente suggestiva, accompagnati dalla simpatia e dalla
cordialità delle compagne dell’UDU (Unione degli
Universitari), prendiamo coscienza di un’esperienza
galvanizzante e formativa al tempo stesso. Primo giorno.
Teatro Pavone gremito per il confronto tra due noti
anchorman: Bruno Vespa ed Enrico Mentana. Filo della
discussione è il parallelismo tra Tangentopoli e oggi: la
corruzione dilagante nel paese, la crisi (trasversale) dei
partiti, la “forza” esterna al sistema che critica tutto e tutti
(prima era la Lega e oggi è rappresentata dal “fenomeno
Grillo”). Altrettanto partecipata l’ iniziativa su “Calcio e
potere”. Gianfranco Turano (l’Espresso) e Giorgio Meletti
(il Fatto Quotidiano) descrivono un quadro, quello del
mondo del calcio, dove si incontrano e scontrano interessi
imprenditoriali, politici e finanziari che il più delle volte
si muovono nel campo dell’ illegalità e della corruzione
(Calciopoli e Scommessopoli testimoniano tutto ciò).
Non poteva mancare il dibattito su spread, banche, debiti
e crisi finanziaria che affligge l’Europa, e sul ruolo che i
media hanno nel veicolare tali questioni al pubblico.
L’evento, trasmesso in diretta televisiva Sky ha visto
come ospiti Lucio Caracciolo, direttore della prestigiosa
rivista Limes e Giulio Tremonti. E’ doveroso (per lo
meno) approfondire questa tematica dato che il benessere
dei cittadini europei dipende ormai dalle scelte operate in
sede comunitaria. Serata sicuramente toccante quella
dedicata al “Sud che resiste”. Il documentario
(R)Esistenza, diretto da Francesco Cavaliere, racconta
storie di resistenza civile nel quartiere Scampia.
Resistenza estenuante, faticosa, laddove dominano
disoccupazione, degrado sociale e crimine organizzato.
Applausi e commozione in sala quando interviene Don
Aniello Manganiello, il prete anticamorra, punto di
riferimento per centinaia e centinaia di bambini, di madri,
di uomini, simbolo del riscatto individuale contro la
delinquenza e oggi trasferito a Roma per volere delle
autorità ecclesiastiche… Uno sguardo anche al
giornalismo televisivo. Come cambia la tv nell’era 2.0?
Di questo si è discusso con Andrea Vianello, Corrado
Formigli, Gianluigi Paragone e Luisella Costamagna.
Bisogna prendere atto di una tv che sta diventando
sempre più social: twitta in diretta, lancia i sondaggi in
rete e dalla rete è commentata in diretta. Serata "con il
botto", infine, al Teatro Morlacchi: Michele Santoro
lancia la sua candidatura a Direttore Generale della Rai e
spara a zero sui partiti, sui “tecnici”, sulla lottizzazione
della Rai, sulla crisi sociale che investe un paese che
sembra non avere più la speranza di un futuro migliore.
Esprime, quindi, l’esigenza di una tv libera da ogni
condizionamento esterno, da ogni forma di censura e che
possa raccontare le istanze reali dei cittadini e intercettare
i mutamenti politici e sociali che avvengono oggi.
Rientriamo da questa esperienza con la voglia di
continuare ad addentrarci sempre più in quel mondo
intricato che è il giornalismo. Rientriamo con il sorriso
sulle labbra per aver respirato l’atmosfera del Festival e
per aver conosciuto una città, quella di Perugia, con le
sue stradine tortuose, le mura medievali e le colline
tondeggianti, che sembra essere a misura di studente e di
cittadino.
a cura di Filippo Biondi
Giovedì 26 Aprile. Il secondo giorno del Festival
Internazionale del Giornalismo ospita un dibattito dal titolo
"Prodotto Interno Mafia". I relatori, tra cui Serena Danna,
giornalista del Corriere della Sera e Federico Varese,
docente di Criminologia presso l'Università di Oxford,
espongono in maniera lucida le loro analisi su come le
organizzazioni criminali si sono infiltrate nel business
globale sfruttando le nuove tecnologie, inserendosi nei
giochi d'azzardo online per riciclare soldi sporchi e fatturare
miliardi di euro l'anno.
Presente all'iniziativa anche Giovanni Tizian, giornalista
della Gazzetta di Modena, originario della Locride, e figlio
di Giuseppe Tizian, assassinato dalla 'ndrangheta. Oggi
Giovanni vive sotto scorta per le minacce mafiose ricevute a
seguito delle sue inchieste sulle infiltrazioni dei Casalesi (e
non solo) nei tessuti economici e nei mercati protetti
(laddove cioè, mancano concorrenza, merito e legalità) del
Nord. Egli ricorda come di recente siano stati sciolti per
infiltrazioni mafiose i Consigli Comunali di Ventimiglia
(Liguria) e Leinì (Piemonte), proprio a testimoniare questa
dimensione globale della criminalità.
A margine dell'iniziativa, incontriamo Giovanni Tizian e
realizziamo una breve intervista che qui riportiamo.
- Come valuta il proliferare di centri commerciali a Catania
(che addirittura si avvicina ad una grande metropoli come
quella di New York): è un fenomeno legato al riciclaggio dei
capitali mafiosi?
- Il caso della Tenutella è finito nelle carte giudiziarie
dell'Inchiesta Iblis, dove vi si sono incrociati interessi
mafiosi e politici. Adesso il "Centro Sicilia" è stato aperto,
sembra che la mafia si sia allontanata da quel progetto ma
l'ombra persiste. Fa gola qualsiasi progetto, multisala o pala
eolica che sia, che propone soldi. E quindi dove ci sono
soldi è chiaro che la mafia sia interessata.
- Se dovesse dare dei consigli ai giovani che intendono fare
inchieste al Sud, quali direttive darebbe per chi voglia
capire certi intrecci politico-mafiosi?
- Ad esempio bisogna vedere le relazioni tra imprenditoria e
soggetti legati ai clan, e quindi rileggersi le vecchie carte
giudiziarie dove spesso si trova il presente.
- Come pensa si evolverà l'inchiesta Iblis che svela gli
intrecci fra mafia, imprenditoria e politica nella provincia
Etnea e che vede come maggiore indagato il governatore
della Sicilia Lombardo?
- L'inchiesta è lì a ricordarci che c'è una politica che molte
volte non è talmente forte da stare lontana non solo dal
compromesso reale, ma neanche dal sospetto. E quando c'è
il sospetto, a rimetterci è sempre la collettività.
Dagli occhi di Giovanni leggiamo quella mancanza di
leggerezza e di serenità di chi è costretto a vivere sotto
scorta e a fare i conti con una criminalità spietata. Ma è
proprio l'amore per la verità, per la giustizia e per il bene
comune che dà a questi scrittori e giornalisti il coraggio di
non arrendersi perchè "non puoi servire il bene pubblico
senza servire la verità". . .
9
Giorgia Musmeci
1 0
(continua dalla prima pagina)
Ed il cambiamento "Monsieur normale", come ama
definirsi egli stesso in risposta alle critiche per mancanza di
carisma, lo conosce davvero bene. Dalle influenze di
estrema destra del padre (militante nell'OAS, movimento
per la colonizzazione dell'Algeria) alla sinistra, durante gli
anni di studi e di militanza nei sindacati, dalle posizioni
radicali ed estreme del comunismo all'ala più moderata
socialista di Mitterrand che lo porteranno a ricoprire il
ruolo di segretario nazionale del partito per ben 11 anni.
Presente da anni nella scena politica - tutti lo ricorderanno
alla scorsa tornata elettorale al fianco della ex compagna ed
ex candidata Segolene Royal (madre dei suoi 4 figli) - il
suo cursus honorem non comprende tuttavia nessuna carica
istituzionale al governo. Se per alcuni questo può dar adito
a critiche per inesperienza per altri è solo sinonimo di
cambiamento, quel cambiamento che la nuova ventata della
sinistra francese sta tentando di instaurare. Duro colpo per
la Germania che vede ora sostituirsi al vecchio Asse franco
tedesco Merkel-Sarkozy una nuova Francia che alla parola
austerità sostituisce mobilità e spesa; alla parola finanza il
riequilibrio fiscale ed alla parola conservatorismo, aborto e
matrimoni omosesuali. Parole chiave della campagna sono
anche riduzione dell'energia nucleare; meno 30% dagli
stipendi parlamentari; ritiro delle truppe francesi
dall'Afghanistan; ISF (l'imposta di solidarietà sui patrimoni
che tanto ancora dovremo attendere in Italia) e la riforma
sul mondo del sapere. Per portare avanti il suo programma
quantomai ambizioso Hollande dovrà sicuramente sperare
in un rapido incremento del PIL e in un bilancio in
pareggio per non contrarre debiti esteri che facilmente
taglierebbero il filo di questo pericoloso aquilone.
Ma cosa separa un'ambiziosa impresa dalla sua riuscita? Lo
chiediamo a chi la Francia non la conosce attraverso i mass
media: tra le cittadine francesi di Marsiglia e Toulon
raccogliamo pareri ed aspettative.
- Sin dal primo momento Hollande ha identificato la
finanza come un nemico nazionale. Con una nuova
proposta di riduzione delle diseguaglianze fiscali (come
l'ISF e la tassa sui depositi all'estero) ed il credo
"maggiori spese per maggiori entrate", sta
rivoluzionando la posizione europea sull'austerity. Cosa
pensi possa cambiare nel Paese e nelle sue relazioni con
l'Europa, soprattutto con la Germania?
Caroline: Beh, le relazioni tra Francia e Germania sono
definitivamente destinate a cambiare perchè Angela Merkel
aveva dichiarato abbastanza recentemente di non essere
favorevole ad Hollande e che, come presidente, avrebbe
sostenuto Sarkozy. Ha anche rifiutato di incontrarlo nel
corso della campagna elettorale, che è veramente
maleducato a mio parere. Molte persone nell'Unione
Europea sono contrarie alle politiche di Hollande, perchè la
sua intenzione è di produrre molti costi, quando in Francia
si suppone di tagliarli. Sono fiduciosa ma penso possa
continuare a produrre tensioni.
Yasmine: Le relazioni tra Francia e Germania sono al
momento molto difficili dopo le critiche reciproche tra la
cancelliera Merkel ed il nostro neopresidente. Hollande, a
differenza della Merkel e di Sarkozy, è convinto che
l'austerità non è obbligatoria. Non sta realmente cambiando
la posizione europea in materia d'austerità, promossa
principalmente dalla Germania, con Spagna e Grecia
abbastanza restie. Analizzando il suo programma, inoltre,
risulta che voglia in realtà seguire le politiche finanziarie
europee e ridurre a 0 il deficit di bilancio entro il 2017; non
credo quindi che le sue politiche siano l'esatto opposto, ma
più la proposta di un'alternativa per combattere la crisi: la
crescita.
Brigitte: Le diverse crisi, sociali ed economiche, che
stanno sterilizzando la crescita e la capacità di pensare in
prospettiva, hanno tutte origini internazionali, figlie della
crisi mondiale generata dai mutui subprime nel 2008 e
diversi decenni prima dalle spese militari di 1 8 anni di
guerra in Vietnam. Questa situazione già instabile è stata
drasticamente indebolita dalle speculazioni feroci della
"bolla finanziaria" che assicura ed investe capitali
nettamente superiori rispetto al corrispondente numero di
merci e beni esistenti. Il risultato è l'accumulo dei debiti da
parte degli Stati che, non potendo sanarli direttamente
tramite la BCE, sono costretti a rivolgersi alle banche,
alimentando nuovamente il circolo vizioso delle
speculazioni. Con l'elezione di Hollande e la sua linea di
una politica collettiva, sicuramente la bilancia del potere
europeo subirà profondi mutamenti, specialmente dopo che
le elezioni in Grecia hanno ricordato quanto ancora la
democrazia abbia voce in capitolo.
11
- Sì a matrimoni ed adozioni gay, aborto ed eutanasia.
Secondo te si sta realmente cominciando a scrivere un
nuovo capitolo sui diritti civili?
Gautier: Specialmente per un paese come il nostro, che ha
visto nascere i primi decreti sulla tutela dei diritti umani,
queste proposte dovrebbero essere già da tanto tempo dei
veri e propri impegni da portare avanti. Potrebbe essere
l'inizio di un nuovo capitolo anche se dipende dalle
condizioni dei vari progetti, la legalizzazione dell'eutanasia
è, ad esempio, finora prevista solo sotto determinate
condizioni. Penso che, se queste nuove leggi saranno
realmente attuate seguendo i bisogni della gente e non gli
interessi del governo, saranno un esempio da seguire per gli
altri paesi d'Europa.
Yasmine: La interpreterei più come un'evoluzione di
mentalità, un nuovo "ritorno ai diritti umani" in Francia
anche se si dovrebbero ancora rivedere le relazioni
internazionali con paesi come Siria ed Ucraina, il problema
della popolazione rom ed il modo in cui vengono trattati ed
espulsi gli immigrati clandestini.
- Con i nuovi "Contratti di generazione" ogni società
che assume nuovi giovani lavoratori ottiene delle
agevolazioni. Quali sono per un giovane le prospettive
di lavoro?
Caroline: Questo contratto di generazione non è solo
destinato ad assumere giovani; se l'impresa vuole
beneficiare degli aiuti deve mantenere un lavoratore
anziano (se non sbaglio tra i 55-60 anni) ed assumere un
giovane in supporto all'anziano. Non so se questo progetto
produrrà lavoro perchè, anche se le fabbriche potrebbero
essere interessate alle sovvenzioni, assumere secondo
questo modello potrebbe costare molto di più. Potrebbe allo
stesso modo incrementare, invece, l'assunzione di giovani
nelle fabbriche; sarebbe veramente buono dato che i giovani
sono la fascia generazionale più disoccupata del paese.
Yasmine: Lo scopo di questo progetto è di fornire un lavoro
a 500.000 giovani per 1 5 anni, non so se andrà realmente in
porto, se così fosse si otterrebbe un grande risultato perchè
la disoccupazione giovanile è una triste realtà in Francia.
Inoltre in questo progetto c'è l'idea di un passaggio verso il
basso di conoscenza tra i lavoratori esperti ed i giovani,
potrebbe essere riconosciuto da un certificato o da un
diploma. E' una buona idea, perchè è come un'altra
formazione che potrebbe essere utile sul mercato del
lavoro.
- Da chi, come Hollande, ha militato per anni all'interno
del sindacato studentesco dell'U.�.E.F. ci si aspetta una
vera e propria rivoluzione sul mondo dell'università e
delle scuole, pensi che la legge LRU sull'autonomia
universitaria e l'aumento del 25% delle borse di studio
possa essere un primo passo in tal senso?
Gautier: Non penso che in questo momento storico donare
più soldi agli studenti favorirebbe il loro apprendimento, si
sono già verificati moltissimi abusi negli ultimi anni da
parte di studenti non beneficiari. Credo invece che, per
agevolare realmente gli studenti, bisognerebbe abbassare le
tasse scolastiche, per renderle più accessibili, e migliorare i
servizi.
Yasmine: La volontà è quella di riformare profondamente la
legge LRU, già vigente. Con il decreto l'università acquista
maggiore autonomia ed il suo progetto consiste nel darle
maggiore denaro e maggiori competenze per farlo.
Ulteriore obiettivo è la creazione di aiuti finanziari e
materiali per gli studenti: 60.000 posti di lavoro per
l'educazione nazionale (tra cui 5000 nelle università),
sistema di tutor, tesi pagate con un contratto a termine ecc.
Hollande vuole infine rivedere il primo anno di università,
provvedimento utile in quanto molti studenti non possono
seguire il programma. Il mio auspicio è che con questa
riforma le università possano essere nuovamente giudicate
come "Grandes Ecoles".
- Quali sono le tue aspettative?
Caroline: Non mi aspetto che faccia miracoli, siamo in un
periodo di crisi e non sarà probabilmente in grado di ridurre
il deficit o di aumentare l'occupazione nel paese. Mi aspetto
che faccia tutto il possibile per aiutare le persone e che
abbia la statura etica di un presidente, non come Sarkozy.
Brigitte: Mi aspetto che tutti i miei figli possano trovare un
lavoro coerente con le loro aspettative.
(Si ringraziano Gautier Gentieu, Caroline Avier, Yasmine
Chiaruzzi e Brigitte Gentieu per aver contribuito alla
realizzazione di quest'intervista).
Federica Meli
1 2
Sembrerebbe esserci solo sport, tanto sano sport dietro i
campionati europei di calcio 2012 che da parecchi giorni si
stanno disputando in Polonia e in Ucraina. Sembrerebbe
essere il solito tripudio di colori, festa e tanta giovialità tra
tifoserie e la solita, tanta sana voglia di giocare. Lo sport più
accarezzato, corteggiato e adulato dei nostri tempi presenta in
realtà strane dietrologie, minaccia l'abbattimento di illusorie
realtà che sembravano postulati; quindi se noi italiani siamo
già immunizzati quando si parla di scandali calcistici lo
stesso forse non vale quando si presenta l'agghiacciante
notizia di uno sterminio di massa di cani randagi, avvenuto
proprio tra le strade della dittatoriale Ucraina (quest'ultimo
aggettivo non lo butto lì per caso ma lo traggo dalle parole
del primo ministro tedesco Angela Merkel che il 9 maggio
parlò proprio di dittatura in riferimento all'Ucraina: “Oggi in
Germania e nell'Ue viviamo in pace e libertà. Purtroppo non
in tutta Europa, perché in Ucraina e in Bielorussia ancora
molte persone restano sotto la dittaura e la repressione”).
Parliamoci chiaro: il calcio è più contaminato di quanto si
possa pensare, con annessi problemi di carattere sociale e
culturale che non tardano mai ad arrivare. E nel caso
dell'Ucraina ce n'è parecchi da elencare.
La nazione est europea oltre a essere gravemente indietro
circa i lavori di preparazione agli Europei (a differenza della
più ricca Polonia della quale l'Ucraina soffre l'impari
confronto), con tante opere in ristrutturazione ancora
incomplete (per esempio, non sono ancora stati completati i
lavori nell’area attorno allo stadio olimpico di Kiev, dove si
giocherà la finale. Ma non sono i soli), si macchia del
gravissimo sterminio di massa di cani randagi che
imperversavano sulle strade e che ora, "miracolosamente",
sono scomparsi. Le autorità ucraine devono di certo aver
pensato che gli animali randagi tra le strade non avrebbero
fatto una buona pubblicità alla nazione, non avrebbero
rappresentato un valido biglietto da visita per tutti quei tifosi
e turisti che, con la scusa degli Europei, avrebbero conosciuto
le splendide località ucraine. Se la vicenda è balzata agli
onori delle cronache internazionali lo si deve anche alle
denunce di un fotografo italiano, Andrea Cisternino, che da
Como si è trasferito due anni e mezzo fa a Kiev e ora vive
nella capitale assieme alla moglie. È lo stesso Cisternino a
spiegare che però questo crudele sterminio va avanti da
vent'anni, ma dal 2010, con l'approssimarsi degli Europei, le
spedizioni sono cresciute a livello esponenziale: <<A Kiev
risultavano 12 mila randagi per le strade. Ora non se ne
vedono praticamente più>>. Non c'è dubbio che gli Europei
hanno gettato luce su una crudeltà disumana che, indisturbata,
si allargava minacciosamente a macchia d'olio da decenni; ma
non è la sola: a dare manforte allo scandalo canino si
aggiunge pure un caso politico e civile che ormai da mesi
l'Ucraina si trova ad affrontare. Il riferimento è all’ex primo
ministro Julia Timoshenko che, ormai dal 5 agosto 2011 , è in
stato di arresto per aver stipulato un contratto per la fornitura
di gas russo all'Ucraina, senza aver avuto il preventivo
consenso del governo. L'ex premier, condannata a 7 anni di
reclusione, vive in un degradante stato di detenzione (negli
ultimi mesi del 2011 è stata più volte ricoverata); il 24 aprile
ha iniziato lo sciopero della fame sostenendo anche di volersi
rivolgere alla Corte europea per i diritti umani. I sostenitori
dell'ex premier appoggiano con forza la possibilità del
complotto ordito dall’attuale presidente Viktor Janukovich
per eliminare la Timoshenko dalla scena politica e si sono più
volte dichiarati pronti a lottare per la loro paladina. Qualche
settimana prima dell'inizio degli Europei molti esponenti
politici delle nazioni appartenenti all'UE hanno paventato
l'eventualità della sospensione dell'evento calcistico.
In prima linea si pone la Germania con il ministro
dell’ambiente Norbert Röttgen il quale ha chiesto, già tempo
fa, ai politici di boicottare l’evento: "Bisogna evitare
assolutamente che il regime ucraino utilizzi il campionato per
migliorare la propria immagine". A dare spalla al ministro
ovviamente c'è la cancelliera Merkel che più volte ha parlato
di boicottamento del campionato europeo. Ma non poche
sono state le ondate di polemica che hanno accompagnato,
nei giorni immediatamente successivi, le dichiarazioni del
ministro tedesco. In Polonia la Gazeta Wyborcza titola “I
tedeschi giocano [la carta] Timoshenko”. Secondo il
quotidiano polacco i politici tedeschi, compreso il capo
dell’Spd Sigmar Gabriel, criticano ferocemente le autorità
ucraine per aumentare la loro popolarità in vista delle
elezioni legislative dell’anno prossimo. La Gazeta Wyborcza
continua: "I politici tedeschi non si preoccupano tanto delle
condizioni di salute di Timoshenko e della democrazia
ucraina, quanto piuttosto di guadagnare terreno prima del
rinnovamento del Bundestag".
Forse l'Ucraina non era pronta a una scia di polemiche di
questo tenore che toccava i punti più sensibili (socialmente,
ma soprattutto politicamente) del suo territorio; forse credeva
che bastasse un campionato patinato a festa per poter
indirizzare e deviare in percorsi più "frivoli" l'opinione
pubblica internazionale. Quel che è certo è che (forse parlo
da appassionata di calcio! ) gli Europei da poco iniziati hanno
avuto il merito di puntare i fari su una realtà, europea e che
quindi ci riguarda in prima persona, che difficilmente e
raramente occupa le prime pagine dell'informazione
internazionale.
1 3
I connotati di una vera e propria mattanza sembrano profilarsi
dietro al recente scenario messicano. Dall’ inizio del 2012 si
conta l’assassinio di sei giornalisti. Regina Martinez è il
primo nome della triste sequela. Il cadavere della giornalista
del settimanale Proceso è stato rinvenuto il 29 aprile
all’ interno della propria abitazione nello stato di Veracruz.
Ancora più raccapricciante appare l’ immagine del
ritrovamento di quattro sacchi contenenti un pari numero di
corpi martoriati a nord del porto di Veracruz.
Dall’ identificazione di questi è emerso che si tratta di tre
giornalisti o per meglio dire fotoreporter del periodico
Dictamen, Guillermo Luna Varela, Gabriel Huge Cordova e
Esteban Rodrigue, e di una responsabile amministrativa dello
stesso periodico, Irasema Bacerra. I quattro cadaveri sono
stati rinvenuti il 3 maggio, giornata mondiale per la libertà di
stampa, in Messico dedicata anche alla commemorazione di
Regina Martinez. A poco più di dieci giorni di distanza risale
il ritrovamento della quinta vittima nello Stato di Morales: il
giornalista Renè Orta Salgado. Infine, l’ultimo ritrovamento è
datato al 19 maggio nello stato di Sonora, si tratta del
giornalista Marco Antonio Avila.
Risulta spontaneo il sorgere di una serie di interrogativi.
Innanzitutto, cosa lega questi rapimenti e la successiva
esecuzione? Qual è il motivo che spinge a commettere atti
tanto efferati? Cosa si teme che i giornalisti possano rivelare?
Perché dunque è necessario mettere a tacere la fonte primaria
di informazione?
La risposta che appare più plausibile è direttamente correlata
al traffico di stupefacenti, ripetute volte sotto il riflettore di
denuncia mediatico. Se i primi ritrovamenti non sono stati
accompagnati da rivendicazione alcuna, stessa cosa non può
dirsi per l’ultimo. Proprio il ritrovamento del 19 maggio è
stato accompagnato da un messaggio di rivendicazione
firmato Los Zetas. Si tratta di un’ organizzazione criminale
dedita principalmente al traffico internazionale di droga.
Aspra risulta la condanna e denuncia sia delle numerose
attività illecite facenti capo ai Los Zetas, sia allo stesso tempo
dei metodi cruenti con i quali si pone fine alla libertà di
stampa e di informazione. Certo è che l’attività informativa
svolta in questi termini risulta essere fastidiosa ed insidiosa a
tal punto da richiederne l’eliminazione fisica a tutti gli effetti.
Sebbene le iniziali cinque vittime non siano state rivendicate
da alcuna organizzazione, le si credono ad ogni modo legate
all’azione dei Los Zetas. Ad opera della stessa
organizzazione vengono registrati altri crimini come
l’esecuzione di massa di 49 cittadini messicani, di cui 43
uomini e 6 donne, a Monterrey, seguiti da un cospicuo
numero di messaggi minatori rivolti ai vari organi di
informazione. Tanto più acuta è la denuncia quanto più alta
ne consegue la repressione. Gli stessi dati dimostrano che il
Messico è il Paese in cui è maggiore il rischio conseguente
all’esercizio di questa professione.
Concludo citando il messaggio lanciato da Amnesty
International che conferma questi dati allo scopo di
sensibilizzare la tutela all’ informazione e ai promotori di essa
da parte dell’ente statale: «Questa nuova ondata di omicidi di
giornalisti dev’essere un campanello d’allarme per le autorità
messicane, che devono fare di più per proteggere chi rischia
la vita nello svolgimento della propria attività giornalistica».
Serena Grasso
In alto e a fianco, manifestazioni di protesta della società civi le messicana
Fiamme. Con tutta la distruzione di cui l’uomo è capace si
apre la prima scena del film. Il sorriso della Gioconda
sembra prendersi gioco del protagonista, John Preston
(alias Christian Bale), mentre osserva bruciare il quadro
autentico dell’ormai dimenticato Leonardo da Vinci. XXI
secolo, Libria, capitale di un mondo sopravvissuto ad una
Terza Guerra Mondiale da cui l’umanità è uscita più che
mai mutata, nella convinzione che l’uomo avrebbe finito
per autodistruggersi se non si fosse posta fine alla causa
primordiale di così tanta violenza: l’odio. Al fine di
bandirlo, tuttavia, si è finiti di fatto per monopolizzarlo e
fu istituito il “reato d’emozione”: la manifestazione di
qualsiasi tipo di emozione, attraverso un’espressione del
viso, il possesso di un’opera d’arte o di un oggetto
appartenente al vecchio mondo, veniva punito con
l’arresto e la cremazione. Tale reato fu stabilito dal Padre,
leader dispotico a capo di un regime totalitario chiamato
Tetragrammaton. Il potere esecutivo e giudiziario era
attribuito ad un corpo speciale, il Cleric the Grammaton, a
metà tra la polizia segreta e un ordine monastico,
addestrato all’arte marziale della gun kata. E’ proprio di
questa organizzazione che fa parte Preston, il più bravo a
mostrare apatia, l’arma vincente del nuovo regime. Tutto
nell’Equilibrium ci ricorda qualcosa che abbiamo
l’ impressione di aver già visto o sentito da qualche parte.
Non occorre spaziare tanto nell’ immaginazione per
accostare simboli come la svastica alla caratteristica croce
nera in un cerchio bianco che campeggia sul fondo rosso
di una bandiera, per andare con la mente a Stalin quando ci
si rende conto che nessuno ha mai visto di persona il Padre
perché non è consentito avvicinarvisi e tuttavia il suo volto
campeggia sui maxischermi di cui la città è strapiena in
una continua e ossessionante propaganda che lo ergeva a
salvatore dell’umanità. Sembrano familiari inoltre scene
raffiguranti la massa dei cittadini in piedi come in una
parata militare, in un ordine quasi artificiale, perfettamente
inquadrati, vestiti tutti di divise grigie, in sintonia con
l’architettura imponente e minimal, dove tutto è studiato
per ispirare disciplina e omologazione. E a tornarci
familiare è anche il contrasto tra il minimal tanto predicato
e gli uffici sontuosi dei cleric di più alto rango. A farsi
beffa di un’organizzazione così perfetta, non poteva
mancare la Resistenza, formata da coloro che non
volevano rinunciare alle emozione, all’amore e alla libertà
di espressione. E’ questione di tempo, anche Preston si
sveglierà dal torpore e militerà per riscattare tutti coloro
che in passato hanno pagato a causa della sua cieca e
acritica fedeltà al Padre.
Girato nel 2002, scritto e diretto da Kurt Wimmer,
Equilibrium si ispira ai classici della letteratura distopica e
al cinema fantascientifico come Fahrenheit 451 , il mondo
nuovo e 1984. Le scene girate all’esterno sono ambientate
interamente all’Olympianstadion di Berlino, inaugurato
nel 1936 da Adolf Hitler per la XI Olimpiade, e all’EUR
(Esposizione Universale di Roma), il quartiere romano
edificato da Benito Mussolini. Al termine dei suoi 107
minuti, una frase riecheggiava ancora nella mia testa:
“Senza amore, il respiro è solo un orologio, che fa tic tac”.
Giulia Sottile
1 4
SSPPAAZZIIOO RREECCEENNSSIIOONNII
Filippo M. R. Tusa
“Se sei un uomo ( o nel qual caso donna ) libero, allora sei
pronto a metterti in cammino”. Thoreau suggestivamente e
con leggera sapienza intuì e trasmise con queste semplici
parole il valore di elevazione spirituale e di ricerca di un
itinerario in un tipo di azione svolta con genuina
incoscienza. Ebbene, questa libertà così preziosa e ricercata
viene però minacciata e confligge quando contestualizziamo
un ambiente metropolitano, in cui, necessariamente, più
soggetti incontrano i loro cammini quotidiani. Nel nostro
comune marciare, la comunicazione e l’ incontro sono
costantemente ricercati, consapevolmente o meno. Non
occorre compiere particolari sforzi, siamo creature sociali.
Tutto comincia, freneticamente, con la vista. Rivolgiamo
uno sguardo ad una persona e carpiamo intimi segreti,
rubandoli. Rivolgiamo uno sguardo ad una persona e
stabiliamo un ponte, un primo contatto. Esattamente come
quando ci deliziamo con l’odore del vino prima di berlo,
stiamo mandando un messaggio: cervello preparati, mi sto
avvicinando a quella persona, ti fornisco una serie di
informazioni quindi mi raccomando, attivati. Succede con
l’amica, con il collega d’università, col fratello dell’amica,
con il docente universitario ma, ed è questo il caso, succede
anche a chi con quelle informazioni si prepara ad avvicinarsi
con intenzioni moleste. Un recente rapporto Istat del 2010,
Le Molestie Sessuali, ha indagato sul fenomeno nel biennio
2008-2009 e ha riportato un dato decisamente preoccupante,
particolarmente se lo si pondera con la precedente analisi,
sempre dell’ Istat però del 2005, Molestie e Violenze
Sessuali: mentre la percentuale di molestie in luoghi
familiari e provenienti da persone conosciute si è abbassata
notevolmente, la percentuale relativa alle molestie
perpetrate da estranei è cresciuta vertiginosamente dal 3,9%
al 61% negli ultimi 3 anni. Catania: così accade a Carla S.,
studentessa presso i Benedettini, che decide di profittare di
una piacevole giornata e sceglie una delle panchine che si
affaccia su Via Sant’Euplio della villa Bellini come
destinazione. Niente di diverso da quello che sempre fa. Si
siede sempre nella stesso posto e comincia il suo studio. Ad
un certo punto, una normale persona “Ciao, scusa se ti
disturbo ma notavo che sei una bella ragazza”. Approccio
usuale. Se voglio conoscere una ragazza, anch’io utilizzo
una battuta del genere. Scrivo normale perché parlando con
la ragazza in questione mi vien detto che “si avvicina questo
signore - senz'altro giovane, ma non un ragazzo -
dall'aspetto assolutamente ordinario, e nulla che possa
mettere in allerta una persona. Di fatti, non mi sono
minimamente allarmata.”. Viene usato un linguaggio
professionale, una presentazione impeccabile e convincente.
Un copione preparato, verificato e reso funzionante. Stessa
cosa mi viene raccontato, minuziosamente, da Giorgia G.,
sempre studentessa ma luogo diverso – attendeva il treno
presso la stazione centrale di Catania quando venne
avvicinata -, che aggiunge anche “mi ha detto che curavo
molto il mio aspetto, e che questo si capiva dalle mie mani,
perché aveva notato che facevo molta attenzione alle
unghia, allo smalto, e a questo genere di dettagli”.
Informazioni scambiate. A questo punto però, la trappola
scatta. Sempre Carla S. mi dice che “notava che portavo
scarpe eleganti ma basse, se ne complimentava perché
notava che le donne avessero la tendenza a portare i tacchi
alti anche di giorno, e poi mi domandava se anche io
portassi i tacchi alti anche di giorno; notava che avevo le
mani molto curate, e domandava se anche ai piedi io
riservassi la stessa cura; notava ancora le mie scarpe (un
paio di stivali a suola bassa) e mi domandava che tipo di
calze io accompagnassi a queste calzature”. Feticismo. È
proprio a questo punto che le versioni si accomunano.
L’estraneo, quindi, invita ad una prova di massaggio
plantare sul posto o in un fantomatico centro massaggi. Si
consuma la molestia. Ora però occorre muovere una viva
critica alle tante voci che impediscono chiarezza al riguardo
e riprendendo le parole di Carla S. “era più che
professionale, non mi stanco di dire che è importante,
altrimenti si fa presto a dire che la ragazza – la studentessa
molestata all’ intero dei Benedettiniche ha denunciato la
vicenda - che ci è cascata è una sprovveduta”. Tengo a
sottolinearlo perché i più critici avranno sentenziato
etichettando il fatto con un “consensualmente massaggiato”.
No, poniamo attenzione e discernimento. Non occorre
allarmarsi però, un dato più che positivo è emerso sempre
dall’analisi del 2010 sopra riportata: negli ultimi dieci anni,
la percentuale di molestie ( molestie verbali, molestie
fisiche, pedinamenti, esibizionismo e telefonate oscene ) è
in calo. Che fare quindi? Denunciare, informarci e divenire
in prima persona promotori di una cultura della libertà che
ci permetta di camminare senza domandarci sulla sicurezza.
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Utopia - Stampato non periodico. Direttore: Pietro Figuera. Stampatore: UDU Catania. Redazione: Via Crociferi 40, Catania.
Stampato in giugno 201 2 presso la Copisteria "L'Arte Tipografica", del Gruppo Paglia (via Vittorio Emanuele 202, Catania).
UNA SERATA PER LAURA SALAFIAL’essere solidal i gl i uni verso gli altri è una delle
peculiarità che caratterizzano gli esseri umani. L’Unione
degli Universitari si è ancora una volta dimostrata vicina
e attiva nel sostenere la causa di una studentessa come
noi, tuttavia con la sfortuna di essersi trovata nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Laura Salafia è una
giovane studentessa che nel tragico 1 lugl io 201 0 ha
visto la propria vita capovolgersi. È stata colpita da un
proietti le vagante di fronte al l ’ex monastero dei
Benedettini ed è rimasta paral izzata dal col lo in giù.
Dopo 1 6 mesi di terapia ad Imola, oggi Laura è tornata a
Catania, nel la città che ama. Numerose associazioni, tra
cui L’UdU, hanno sentito i l dovere e soprattutto hanno
avuto la volontà di dimostrare la propria vicinanza a
questa ragazza. È stata organizzata un’iniziativa,
articolata in due momenti, per raccogliere fondi
interamente destinati a Laura. Una prima conferenza,
“La musica oltre la musica: esperienze di ascolto tra
suoni interni e suoni esterni”, si è tenuta i l 1 6 maggio
201 2 al Coro di notte dell ’ex monastero. La
professoressa De Luca, la psicologa Antonina
Cacopardo, l ’arteterapeuta Angelisa Marroccia e lo
studente Erminio Alberti hanno trattato argomenti inerenti
la musica e la musicoterapia, coinvolgendo attivamente i
presenti con esperimenti interattivi . I l secondo momento
si è tenuto invece al Barbara Disco Lab. Durante la
serata si sono esibite 4 rock band, i Miqrà, i Runaway
from home, gl i Uaripat e i Maggie in the box, seguite da
un dj set rock. Tutto è stato accompagnato dalla diretta
di Radio Amore, presente, come del resto tutti gl i artisti ,
in modo gratuito. Ciò ha reso possibi le l ’ incasso di oltre
mil le euro, che a breve verrà versato sul conto della
ragazza. Tutti i giovani coinvolti hanno sostenuto e
promosso con grande energia questa raccolta fondi,
hanno dimostrato volontà e solidarietà attraverso
l’adesione massiccia. I l proposito che ci si pone, adesso,
è di mantenere aperto un dialogo tra associazioni così
proficuo per poter cooperare anche in futuro, sempre
animati dal la forza e dallo spirito di gruppo che hanno
dimostrato in questa prima occasione.
Valeria Narzisi
1 6
(continua dalla prima pagina)
LA VIGNETTA (a cura di Melania Grasso)
Dopo la Grecia, anche l'Italia inizia a fare i conti con il
dibattito sul mantenimento della moneta unica. Può sembrare
surreale, a dieci anni dall'introduzione dell'euro e in uno dei
Paesi che più hanno dato al processo d'integrazione. Fin
dalla nascita della cooperazione europea, il nostro Paese si è
sempre mostrato sorprendentemente europeista.
Sorprendentemente perchè l'entusiasmo non è correlato ad
una maggiore partecipazione o conoscenza dei meccanismi
europei, anzi. Si tratta piuttosto di un atteggiamento culturale
di fondo, in un contesto di opinioni spesso precostituite
superficialmente e acriticamente. A questo atteggiamento se
n'è sempre contrapposto un altro, diametralmente opposto,
che bocciava la partecipazione alle istituzioni e alle politiche
europee. Anche questo, più che su critiche concrete, poggiava
su preconcetti difficili da sradicare. Con la nascita dell'euro
lo scenario è mutato. Le posizioni si sono radicalizzate, senza
peraltro razionalizzarsi. Oggi, con la crisi, sembrano
orientarsi fortemente verso l'euroscetticismo, fomentato da un
ricordo distorto del benessere economico dei tempi passati.
Uscire dall'euro, o addirittura uscire dall'Europa, non
equivale ad uscire dalla spirale della recessione. Equivale
semmai a fuggire dalle proprie responsabilità, sperando di
salvarci momentaneamente la pelle ma non potendo rifuggire
dalle conseguenze del nostro gesto, dettato dall'impulsività e
dalla comprensibile paura di sprofondare assieme agli altri.
Uscire dall'euro non sarebbe "soltanto" una catastrofe
economica e monetaria (immediata svalutazione e
conseguente aumento spropositato del debito, seguiti
dall'inevitabile crollo della spesa pubblica: licenziamenti di
impiegati pubblici e sparizione di welfare e servizi;
cancellazione dei risparmi privati e minimizzazione dei
consumi, crollo dell'industria, etc. ) . Uscire dall'euro vorrebbe
dire tornare indietro, chiudersi in un'economia autarchica e
aperta solo alle speculazioni estere, perdere di credibilità e di
peso internazionale, ma soprattutto gettare anni di sforzi di
integrazione e interrompere definitivamente il sogno europeo.