Universitá degli Studi di Salerno Facoltá di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Tesi di Laurea in Informatica Un analizzatore armonico automatico per composizioni musicali a 4 parti Relatore Candidato Prof. Roberto De Prisco Parisi Matteo 056/101941 Anno Accademico 2011-2012
79
Embed
Universitá degli Studi di Salerno Un analizzatore armonico ...
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Universitá degli Studi di SalernoFacoltá di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Tesi di Laureain Informatica
Un analizzatore armonico automaticoper composizioni musicali a 4 parti
Relatore CandidatoProf. Roberto De Prisco Parisi Matteo
L’argomento che verrà trattato si colloca nell’ambito dello studio dell’Analisi Armonica Automatica
di composizioni musicali.
Un brano musicale(sia esso di stile classico o pop) è caratterizzato da due elementi: la melodia e
l’armonia. L’analisi armonica rappresenta la fase più complessa dello studio di una composizione e
consiste nella determinazione della vera e propria struttura del brano in esame, sulla quale si sviluppa
l’elemento che lo caratterizza nella sua unicità e bellezza: la melodia.
Per poter comprendere a pieno i contenuti di questa tesi è necessario introdurre l’ambito di studi su
cui verte tale lavoro facendo uso di una similitudine. Si immagini che una composizione sia simile ad
una casa: una casa è formata da uno scheletro portante su cui si modellano le pareti interne ed esterne
e tutte le rifiniture che rendono ogni costruzione unica. Quando ci si trova di fronte ad una villa o ad
un palazzo quello che si nota subito è la bellezza dei rivestimenti o la forma del tetto, la disposizione
delle finestre o delle terrazze. Quello che non si vede è la disposizione dei pilastri, i muri portanti,
le fondamenta; eppure tutto quello che appare agli occhi dell’osservatore è in piedi proprio perché
l’ingegnere, progettista del palazzo(o della villa), ha studiato nei minimi particolari la disposizione
della struttura portante.
Si può quindi paragonare la Melodia alle rifiniture di una casa, e l’Armonia alla struttura portante.
L’Armonia è costituita dalla successione degli Accordi (che possono essere paragonati alla disposizione
dei pilastri di una casa) sui quali si costruisce la melodia. Questo lavoro si focalizzerà sullo studio dal
punto di ingegneristico della costruzione di una composizione musicale, quindi si prenderà in conside-
razione la struttura Armonica di un brano musicale e si cercherà di capire come determinare automa-
ticamente(grazie ad un algoritmo ad hoc) la successione degli accordi e la loro funzione nell’impianto
compositivo.
Prima di addentrarsi nella descrizione dell’algoritmo, si introdurranno dei concetti di teoria musicale
4 Capitolo 1. Introduzione
che sono alla base della realizzazione di questo lavoro, con particolare riferimento alle principali regole
di carattere armonico previste per le composizioni a quattro parti(Capitolo 2). Si illustreranno poi
gli standard utilizzati per l’implementazione dell’algoritmo(Capitolo 3), il modello teorico matematico
alla base del suo funzionamento(Capitolo 4). Si fornirà una possibile implementazione (Capitolo 5), e
infine si analizzeranno i risultati ottenuti utilizzando come caso di test l’insieme dei Corali di J. S.
Bach(Capitolo 6).
Capitolo 2
Elementi di Teoria Musicale e Armonia
2.1 Introduzione
L’armonia è il ramo della teoria musicale che studia la sovrapposizione verticale (simultanea) dei
suoni, la loro reciproca concatenazione (accordi) e la loro funzione all’interno della tonalità. La si
distingue perciò dalla linea melodica quale aspetto orizzontale della musica.
Il termine indica una consonanza di voci o strumenti musicali che produca una sensazione piacevole, o
anche una combinazione di accordi, cioè la concordanza di note simultanee, che provochi un’impressione
di piacere in chi ascolta. Dal Rinascimento in poi, il significato di armonia si restringe entro i limiti della
definizione scolastica indicando unicamente la teoria e la pratica della formazione e della concatenazione
degli accordi. Su queste successive modificazioni del significato del vocabolo ha influito sicuramente il
progressivo modificarsi dei caratteri dell’armonia. Si passa infatti dal mondo greco-romano, nel quale la
musica e canto sono esclusivamente monodici1, a quello tardorinascimentale, in cui la musica è dominata
dalla polifonia2.
Di seguito introduciamo i concetti fondamentali di teoria musicale e armonia utilizzati in questo
lavoro.
2.2 Semitono e Tono
Il semitono è la più piccola distanza che separa un suono dall’altro; mentre il tono è l’unione di
due semitoni. Il semitono è di due specie: diatonico e cromatico. Il semitono diatonico è formato da
due suoni di nome diverso: do – re[; il semitono cromatico è formato da due suoni di nome uguale:
1 monodici2 polifonia
6 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
do – do]. Il tono e il semitono rappresentano l’unità di misura per la distanza tra ogni suono preso
successivamente.
2.3 Scala Musicale
Nel linguaggio musicale, una scala è una successione ascendente o discendente di suoni compresi
nell’ambito di una o più ottave. Il diverso numero di suoni che la compongono(cinque, sei, sette) e la
diversa disposizione dei toni e semitoni all’interno di essa danno luogo a diversi tipi di scale.
Gascendente
¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯¯ ¯
discendente
¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯
2.3.1 Nomi e Gradi della scala
Nella armonia classica(a cui faremo riferimento) le scale sono composte da 3 sette note con nomi :
DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI. A ciascuna di esse può essere ci si può riferire attraverso l’uso dei numeri
romani(I-II-III-IV-V-VI-VII) che indicano il grado. Il grado di una nota stabilisce la posizione della
stessa nella successione che genera la scala in oggetto. Nello studio dell’armonia ogni grado ha una sua
funzione, e per questo motivo ad ognuno di essi corrisponde un nome che lo identifica:
Ggradi congiunti
¯ ¯ ¯ ¯ ¯gradi disgiunti
¯ ¯ ¯ ¯
La scala può presentarsi in moto ascendente e moto discendente a seconda del loro susseguirsi dal
grave all’acuto o dall’acuto al grave.
2.3.2 Modo
Il modo consiste nella diversa disposizione dei toni e semitoni all’interno dei sette suoni che com-
pongono la scala. I tipi di scale di cui ci occuperemo in questo lavoro sono essenzialmente due: le scale
di modo maggiore e di modo minore. La scala maggiore è formata da cinque toni e due semitoni. I
3 sette
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 7
semitoni si trovano tra il III e IV grado e il VII e I grado della scala. Il modo minore è costituito da
tre diversi tipi di scale: la scala minore naturale, la scala minore melodica e la scala minore armonica.
La scala minore naturale è formata da cinque toni e due semitoni. I semitoni si trovano tra il II e III
grado e il V e VI grado. Tale scala si ottiene dagli stessi suoni della scala maggiore ma avendo come
punto di partenza il VI grado della scala maggiore. La scala minore melodica è formata da cinque
toni e due semitoni. Ha due diverse disposizioni: una nel moto ascendente e una nel moto discendente.
Nell’ascendere i semitoni si trovano fra il II e III grado e il VII e I; nel discendere la disposizione è
uguale a quella della minore naturale. La scala minore armonica è formata da tre toni, tre semitoni, e
un tono e mezzo. I semitoni si trovano tra il II e III grado, il V e VI grado e il VII e I grado. Il tono e
mezzo si trova tra il VI e VII grado.
2.3.3 Circolo delle quinte
Il circolo delle quinte o ciclo delle quinte è un grafico utilizzato nella teoria musicale per mostrare le
relazioni tra le dodici note che compongono la scala cromatica. L’intervallo di quinta perfetta ha molti
significati in teoria musicale: esso è alla base del temperamento pitagorico ed è l’intervallo che suona
meglio ed in modo più naturale per l’orecchio umano.
Figura 2.1: Circolo delle quinte
8 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
Per illustrare tutti questi significati facciamo riferimento alla figura 2.1, dove in un quadrante di
orologio sono inserite in senso orario le note a partire dal Do in successione di quinte giuste. In que-
sto modo tutte e dodici le note sono rappresentate, e in senso orario ogni nota è adiacente alla sua
dominante mentre in senso antiorario alla sua sottodominante (nel caso di do: fa è sottodominante
e sol è dominante). Per determinare il numero di diesis o bemolle che sono inseriti in chiave per una
determinata tonalità ci si muove in senso orario per i diesis ed in senso antiorario i bemolle. Per esempio
partendo dal Do maggiore, che non ha accidenti (alterazioni) in chiave, ci spostiamo sul Sol che ha un
diesis in chiave (Fa]), il Re maggiore ha due diesis (Fa] e Do]) e così via. Nell’altro verso spostandoci
sul Fa maggiore abbiamo un bemolle in chiave (il Si[), il Si[ maggiore ne ha due (il Si[ ed il Mi[) e così
via. Il circolo delle quinte si può anche usare per definire le scale: 7 note consecutive adiacenti formano
una scala maggiore, 5 note consecutive compongono una scala pentatonica. Per esempio le note dal Fa
in senso orario fino al Si formano la scala di Do maggiore. Se invece consideriamo i nomi delle note come
accordi questi possono aiutare a visualizzare i movimenti armonici di una progressione tipica come la
cosiddetta seconda-quinta-prima (rappresentata spesso come ii-V-I, ovvero: seconda minore - quinta
maggiore dominante - tonica). Per esempio la tipica progressione Sol-7 / Do7 / Fa si visualizza in senso
antiorario partendo dal Sol.
2.4 Alterazioni
Le alterazioni sono segni grafici che si pongono al lato sinistro delle note e hanno la funzione di alzare
o abbassare di un semitono la nota a cui si riferiscono. Le alterazioni sono tre il ](diesis) il [(bemolle)
e il \(bequadro). il ] innalza di un semitono la nota a cui si riferisce; il a¯bbassa di un semitono la nota
a cui si riferisce; il bequadro annulla riporta allo stato naturale la nota precedentemente alterata.
Le alterazioni si dividono in fisse e transitorie. Le alterazioni fisse costituiscono la tonalità principale
o d’impianto di un brano di musica e si scrivono all’inizio del pentagramma, immediatamente dopo la
chiave. L’insieme delle alterazioni poste in chiave viene definita armatura di chiave o armatura tonale
del brano di musica considerato. Le alterazioni transitorie si usano all’interno della composizione ogni
volta che se de presenta l’esigenza è si applicano solo alla nota in oggetto.
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 9
2.5 Intervallo
L’intervallo in musica rappresenta la distanza tra due note(o suoni). Si misura in termini di
toni e semitoni. Un intervallo viene detto armonico quando i suoni che lo formano sono emessi
contemporaneamente e melodico se i suoni che lo formano vengono emessi in successione.
L’intervallo armonico - secondo una consolidata convenzione cui ci atterremo - viene sempre
considerato ascendente, cioè dal grave verso l’acuto (dal basso verso l’alto).
2.5.1 Classificazione di un intervallo
Gli intervalli vengono classificati mediante due caratteristiche: l’ampiezza e la specie. Il primo attri-
buto si riferisce al numero di gradi della scala abbracciati, estremi inclusi. Un intervallo è detto semplice
quando la sua ampiezza non supera l’ottava, composto se la oltrepassa.
Gunisono
¯ ¯seconda
¯ ¯terza
¯¯quarta
¯¯quinta
¯¯sesta
¯¯settima
¯¯
ottava
¯¯
nona
¯¯
Figura 2.2: Ampiezza di un intervallo
Il secondo livello di classificazione fornisce un’indicazione più dettagliata. In merito alla specie, un
intervallo può essere giusto , maggiore, minore, aumentato, diminuito. Sono detti intervalli giusti sono:
la quarta la quinta e l’ottava. Tutti gli altri intervalli (seconda terza sesta settima)sono maggiori se
le note che lo compongono appartengono alla scala maggiore, o minori se le note che lo compongono
appartengono ad una delle diverse scale minori.
Aumentando di un semitono un intervallo maggiore o giusto, questo diventa aumentato. Diminuendo
di un semitono un intervallo minore o giusto, questo diventa diminuito.
G2a Mag.
¯ ¯3a Mag.
¯ ¯4a Giusta
¯ ¯5a Giusta
¯ ¯6a Mag.
¯ ¯7a Mag.
¯ ¯8a Giusta
¯¯
Figura 2.3: Specie di un intervallo
10 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
2.5.2 Rivolto di un intervallo
Il rivolto di un intervallo si ottiene innalzando di un’ottava la nota inferiore o abbassando di un’ottava
quella superiore.
Per calcolare il rivolto di un accordo in maniera automatica si può seguire una semplice regola che
possiamo chiamare regola del nove: denotiamo con A l’intervallo di partenza e con B il rivolto di A
che vogliamo determinare. L’ampiezza di B è uguale alla differenza tra la costante 9 e l’ampiezza di
A. Ad esempio il rivolto di una quinta(5) è una quarta(9-5). Per stabilire la specie vale la seguente
corrispondenza: il rivolto di un intervallo maggiore è un intervallo minore, e viceversa; il rivolto di un
intervallo aumentato è un intervallo diminuito, e viceversa; il rivolto di un intervallo giusto resta tale;
G3oMag.
¯¯6oMin.
¯¯4oEcc.
¯¯5oDim.
¯¯5oGiusta
¯¯4oGiusta
¯¯
Figura 2.4: Rivolto di un intervallo
2.6 Triade
La combinazione di due o più intervalli armonici costituisce l’accordo che è l’elemento fondamentale
nello studio dell’armonia tonale. Il tipo più elementare di accordo è la triade, che è un insieme di tre
suoni emessi simultaneamente; questo tipo di accordo si ottiene sovrapponendo due intervalli di terza.
Con questa disposizione le note che compongono la triade prendono il nome di fondamentale, terza e
quinta.
Ogni grado della scala può essere usato come fondamentale per costruire una triade ed in tal caso
esse vengono indicate con gli stessi nomi e gli stessi gradi che designano le loro fondamentali.
2.6.1 Tipi di triade
L’utilizzo di diverse combinazioni di terze maggiori e minori nella composizione delle triadi danno
origine a quattro tipi di triade:
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 11
una terza minore su una terza maggiore dà origine ad una triade maggiore(detto anche accordo
perfetto maggiore);
GDo Maggiore
I
¯¯¯IV
¯¯¯V
¯¯¯La Minore Armonica
V
¯4¯¯VI
¯¯¯
una terza maggiore su una terza minore dà origine ad una triade minore(detto anche accordo perfetto
minore);
GDo Maggiore
II
¯¯¯III
¯¯¯VI
¯¯¯La Minore Armonica
I
¯¯¯IV
¯¯¯
due terze maggiori sovrapposte formano una triade eccedente(accordo di 5a diminuita);
GDo Maggiore
VII
¯¯¯La Minore Armonica
II
¯¯¯
VII
4¯¯¯
due terze minori sovrapposte formano una triade diminuita(accordo di 5a aumentata);
GDo Maggiore = La Minore Armonica
III
¯¯4¯
2.6.2 Rivolti
La triade, essendo composta da tre note, può trovarsi disposta in altrettante combinazioni diverse.
Quando la fondamentale corrisponde alla nota più grave dell’accordo, si dice che la triade è in stato
fondamentale; se la nota più grave è la terza, allora la triade è in primo rivolto; se la nota più grave è
la quinta, allora la triade è in secondo rivolto.
GFondamentale
¯¯¯I Rivolto
¯¯¯II Rivolto
¯¯¯
Figura 2.5: Rivolto delle triadi
12 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
2.6.3 Triadi nel modo maggiore
Nel modo maggiore vi sono tre triadi maggiori, poste sul I, IV e V grado e tre triadi minori che si
trovano sul II, III e VI grado. Sul VII grado vi è una triade diminuita(o semidiminuita). Nell’analisi
armonica si utilizzano i numeri romani per riferirsi alle triadi e in questo lavoro saranno indicate con il
carattere maiuscolo le triadi maggiori e con il minuscolo le triadi minori e diminuite.
2.6.4 Triadi nel modo minore
La disposizione delle triadi nel modo minore varia a seconda del diverso tipo di scala che viene
utilizzata.
Nel modo minore naturale vi sono tre triadi maggiori, poste sul III, VI e VII grado e due triadi minori
che si trovano sul I e V grado. Sul II grado vi è una triade diminuita(o semidiminuita). Nel modo minore
armonico vi sono due triadi maggiori, poste sul V e VI grado e due triadi minori che si trovano sul I e
IV grado. Sul II e VII grado vi è una triade diminuita(o semidiminuita), mentre sul III grado si trova
una triade aumentata.Nel modo minore melodico(come per la relativa scala) l’armonizzazione varia a
seconda del moto ascendente o discendente. Nell’ascendere vi sono due triadi maggiori, poste sul IV e
V grado e due triadi minori che si trovano sul I e II grado; una triade aumentata sul III grado e due
triadi diminuite sul VI e VII grado. Nel discendere, l’armonizzazione segue la disposizione della scala
minore naturale.
E’ bene fare qualche precisazione per semplificare il discorso relativo all’armonizzazione delle scale
minori. In passato si riteneva che la scala minore armonica fosse l’unica scala da cui derivassero tutte
le triadi del modo minore, ma questo punto di vista ha generato molta confusione nell’interpretazione
delle successioni armoniche. Dallo studio della musica tonale(’700 e ’800 prevalentemente) ne è scaturito
che:
- La più usata tra le triadi di mediante(III grado) è quella maggiore;
- Le triadi melodiche di II e IV grado si usano solo quando la successione della scala è ascendente. In
genere il II è seguito dal III e il IV è seguito dal V;
- La forma melodica ascendente del VI grado è piuttosto rara;
- La triade minore sul V grado non viene quasi mai usata davanti alla triade di tonica(I grado);
- La triade diminuita sul II grado è la più usata nella musica tonale;
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 13
- La triade maggiore sul VII grado non innalzato(scala minore naturale) viene usata nel moto
discendente ed ha funzione di dominante secondaria della triade del III grado;
2.7 Scrittura a quattro parti
La maggior parte della musica tonale (settecento e ottocento) è basata su un’armonizzazione a quat-
tro parti. Ciò sta a significare che nella successione degli accordi, ciascuno di essi contiene quattro
suoni e quindi ne risultano quattro linee melodiche che si muovono contemporaneamente. Lo studio
dell’armonia(e quindi l’analisi) si rifà ai principi di scrittura a quattro parti, poiché essi rappresenta-
no lo strumento principale per costruire l’ossatura di tutte le composizioni, anche le più complesse.
Basti pensare che nella partitura di una sinfonia, il considerevole numero di righi apparenti(una per
ogni strumento o sezione4), deriva spesso dal raddoppio di una delle parti(o voci5) in una armonia
pensata essenzialmente a quattro parti. In questo lavoro faremo riferimento a ciascuna delle quat-
tro parti associandole a ciascuna delle quattro voci del canto: soprano, contralto, tenore e basso.ăIG
soprano
¯¯ contralto
¯¯
tenore
¯¯
basso
¯¯
2.7.1 Raddoppi
Poiché si utilizza una scrittura a quattro parti, essendo le triadi formate da tre suoni, vi è il bisogno
di raddoppiare una delle note per avere la quarta. Il raddoppio più comune nella musica tonale è quello
di fondamentale, ma a volte è possibile raddoppiare la terza o la quinta.
4 cos’è una sezione5 cos’è una voce
14 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
2.7.2 Posizione stretta e posizione lata
Il comune senso armonico6 ci fa avvertire la necessità di avere una certa cura nel posizionamento delle
diverse note che compongono gli accordi all’interno della stesura della composizione. La disposizione
più comune si ha quando gli intervalli più ampi si trovano tra le note gravi e quelli più stretti tra le
note acute7. In una condotta elegante delle parti, in genere, la distanza tra due voci in un accordo non
supera l’ottava(ad eccezione delle voci di tenore e basso).
G ¯¯¯ ¯¯¯ ¯¯¯
Figura 2.6: Scrittura a parti strette
Diciamo che l’armonia è in posizione stretta(o a parti strette) quando le tre voci superiori(soprano,
contralto e tenore) si trovano il più vicino possibile. Diversamente parleremo di armonia in posizione
lata(o a parti late). Il questa tesi useremo come caso di studi composizioni scritte a parti late per una
questione di maggiore chiarezza grafica, ma l’analisi armonica esula chiaramente da questo particolare.ăIG
¯¯¯¯
Parti late
¯¯¯¯
¯¯¯¯
Figura 2.7: Scrittura a parti late
2.8 Armonia delle parti
La successione armonica è fondamentale per garantire la coerenza di una composizione musicale
tonale. Per successione armonica s’intende non solo il susseguirsi degli accordi, ma anche(e soprattutto)
il criterio grazie al quale risulta una tale concatenazione, infatti nella prassi compositiva tradizionale
6 cos’è il senso comune armonico7 richiami di acustica
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 15
alcune successioni armoniche sono più comuni di altre. Vale quindi il principio che la scelta delle singole
note all’interno di un accordo, in una certa successione, è di minore importanza rispetto alla relazione
tra una fondamentale e l’altra, e tra le fondamentali e la scala che da cui esse derivano; in sintesi, il
grado della fondamentale rispetto alla scala di riferimento definisce una specifica funzione dell’accordo
costruito su di esso.
Quindi la successione degli accordi può essere espressa come successione delle fondamentali, indicate
con i numeri romani, che rappresentano i gradi della scala su cui vengono costruiti gli accordi.
2.8.1 Successioni armoniche abituali
L’elenco dei principi che seguono sono basati sull’analisi delle composizioni degli autori del periodo
tonale. Non sono delle vere regole, ma chiariscono abbastanza la relazione che intercorre tra i singoli
accordi all’interno di una scala. Tali principi sono stati usati nel funzionamento dell’algoritmo come
riferimento nelle scelte deterministiche[1, pag. 21, pag 45].
Per l’armonizzazione delle scale maggiori vale che:
- Il I grado è seguito dal IV o dal V, a volte dal VI; meno sovente dal II o dal III
- Il II grado è seguito dal V, a volte dal IV o dal VI; meno sovente dal I o dal III
- Il III grado è seguito dal VI o dal IV; meno sovente dal I, II o dal V
- Il VI grado è seguito dal V o dal I o dal II; meno sovente dal III o dal VI
- Il V grado è seguito dal I o dal IV o dal VI; meno sovente dal II o dal III
- Il VI grado è seguito dal II o dal V, a volte dal III o dal VI; meno sovente dal I
- Il VII grado è seguito dal I o dal III, a volte dal dal VI; meno sovente dal II, IV o V
Per le scale minori valgono gli stessi criteri con qualche differenza:
- Il I grado può essere seguito dalla triade maggiore del VII grado
- La triade maggiore del III grado può essere seguita dalla triade maggiore del VII grado
- La triade maggiore del VII grado è seguita dal III, a volte dal VI; più raramente dal IV
- La triade diminuita del VII è seguita dal I
16 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
2.8.2 Funzione tonale degli accordi
Possiamo dire che per tonalità intendiamo l’organizzazione dei rapporti intorno ad una tonica(I
grado). Ciò significa che vi è una nota centrale(fondamentale) che è in qualche modo sorretta da tutte
le altre note. Quando si dice di star suonando in Re maggiore la nota centrale è appunto il Re; questo
implica che si usano le note della scala di Re maggiore e gli accordi che ne stabiliscono quella tonalità.
Ma la tonalità non si esaurisce soltanto con l’uso delle note di una determinata scala(es. Re magg.), ma
nello stabilire i rapporti tra esse e la nota che rappresenta il centro tonale. Ne deriva che ogni grado
nella scala ha la sua parte all’interno dello schema tonale, cioè la sua funzione tonale.
Appare subito chiaro che l’accordo di tonica e la sua fondamentale diventano la base della tonalità
di una composizione e di tutta l’armonia che esso contiene. La sottodominante e la dominante danno
un sostegno bilanciato alla tonica, come due pesi equidistanti ai lati di un fulcro[1, pag. 50].
la tonica, la sottodominante e la dominante vengono chiamati gradi forti, essendo i gradi su cui
si fonda la tonalità; la mediante e la sopradominante sono detti gradi modali8 e hanno l’effetto di
caratterizzare più il modo che la tonalità poiché la loro armonizzazione cambia da modo maggiore a
modo minore. Il VII grado, la sensibile, di solito non esercita la funzione di nota fondamentale, ma
viene assorbita dall’accordo di dominante.
Da quanto appena detto possiamo concludere che la struttura fondamentale della musica tonale si
basa sui gradi forti - I, IV e V grado(a volte II) - e che i gradi modali sono utilizzati per ottenere la
varietà. Vi è una vasta gamma di applicazioni di questo principio generale, che possiamo considerare
una norma per le composizioni del periodo tonale per cui la tonalità di base non cambia.
2.8.3 Il ruolo della dominante
Senza dubbio l’elemento armonico più importante è la funzione di dominante. La successione
dominante-tonica determina la tonalità in maniera molto più forte rispetto a quanto possa fare l’ac-
cordo di tonica da solo. Per tale motivo l’uso dell’armonia di dominante per confermare una tonalità è
una pratica molto comune nelle composizioni tonali. Bisogna notare che non si usa quasi mai la triade
minore sul V grado poiché, essendo assente la terza che è sensibile della fondamentale della triade del
I grado, ne risulta fortemente indebolita. Per completezza diciamo che la triade minore sul V grado si
8 copiare nota piston pag.51
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 17
trova spesso in connessione con la scala minore melodica discendente, e quindi nel movimento che va
dalla tonica alla dominante e non viceversa.
2.8.4 Le cadenze
In questa sezione parleremo di quelle che sono le formule musicali che si usano per concludere la
frase musicale9. Le cadenze rappresentano i punti di respiro della musica, nei quali si rende stabile la
tonalità e coerente la struttura formale. Vediamo quali sono le cadenze più importanti ai fini del nostro
studio.
2.8.4.1 Cadenza autentica
La formula armonica V-I è chiamata cadenza autentica. Tale successione può essere allargata per
includere anche il II o il IV grado; ne deriva che le formule II-V-I e IV-V-I costituiscono una affermazione
estremamente netta della tonalità. L’uso della cadenza autentica non è limitato alle frasi finali, infatti
spesso viene utilizzata anche all’interno della composizione ma con significato diverso e, in genere, con
un minor significato conclusivo. La disposizione finale, con gli accordi di tonica e dominante in posizione
fondamentale e la tonica affidata al soprano(parte più acuta), viene detta cadenza perfetta; tutte le altre
forme di cadenza autentica vengono chiamate cadenze imperfette.ăIG
V
˘˘˘˘
I
¯¯¯¯
2.8.4.2 Cadenza Sospesa
Una cadenza sospesa è una qualsiasi cadenza che termina sul V grado(accordo di dominante). Si può
paragonare la cadenza perfetta come a un punto, e la cadenza sospesa come ad una virgola.
9 cos’è una frase musicale
18 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e ArmoniaăIG
˘˘˘˘
V
¯ Q¯¯¯P
2.8.4.3 Cadenza Plagale
La cadenza plagale indica la successione IV-I e, nella maggior parte dei casi, viene usata dopo una
cadenza autentica come se fosse una conclusione aggiuntiva del movimento. Spesso, alla fine di un
movimento in maggiore, nella cadenza plagale viene usata la forma minore del IV grado. Tale uso
genera un colore molto marcato alla fine della frase.ăIG
IV
¯˝Z ¯¯¯
I
¯
¯¯¯
2.9 La modulazione
Nell’evoluzione della musica tonale si è partiti dagli inizi(cinquecento-seicento), in cui all’interno di
una composizione la tonalità(e il centro tonale) era sempre la stessa, per poi giungere con il barocco e
il romanticismo ad una convinzione molto comune fra i compositori di quel periodo: una composizione
non dovrebbe rimanere sempre nella stessa tonalità, a meno che essa non sia di breve durata. Per
questo motivo in tutti i brani scritti in questo vi è l’uso di note estranee alla scala diatonica di base
e almeno un cambio di tonalità, cioè l’adozione di un nuovo centro tonale a cui tutte le altre note
si riferiscono. Il procedimento che consiste nello spostamento da un centro tonale ad un altro viene
chiamato modulazione.
La modulazione rappresenta la dinamicità della tonalità. Tale termine implica che vi è una tonalità
di partenza della composizione, una tonalità diversa in cui il brano prosegue, e una zona di passaggio
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 19
dal primo al secondo centro tonale. Dal punto di vista dell’analisi capire i meccanismi di tali dinamiche e
discriminare il ruolo dei singoli accordi all’interno delle diverse zone, è un compito arduo e bisogna avere
una certa padronanza nel riconoscere le varie forme in cui una modulazione può verificarsi all’interno
di una composizione musicale.
2.9.1 Relazioni elementari
Nell’analisi di un brano musicale è utile dividere il processo di modulazione in tre stadi: individuare
la tonalità di partenza(tonalità A) e la tonalità di arrivo(tonalità B); poi cercare tra le due la zona(zona
grigia) in cui è presente un numero di accori(uno o più) che in qualche modo siano in comune tra le due
tonalità. Individuare le tonalità A e B è abbastanza semplice, basta considerare le forme cadenzali di cui
al paragrafo 2.8.4. Quello che è veramente complicato è individuare e stabilire la funzione degli accordi
della zona grigia; in particolare discriminare gli accordi -perno, cioè di accordi che sono in comune e in
qualche modo fungono da perno tra le tonalità A e B. Ad esempio la triade di Re può essere usata come
perno nella modulazione tra Re e La ed essere indicata come segue.
2.9.2 La tonicizzazione e la modulazione passeggera
Dopo quanto affermato appare ragionevole supporre che, in una modulazione, la seconda tonalità(ton.
B) venga affermata con lo stesso vigore con il quale è stata trattata la prima. Dalla analisi di un certo
numero di modulazioni è emerso che non sempre è così e in tale contesto il tempo musicale gioca un
ruolo determinante.
La prima tonalità, siccome viene sentita per prima, ha un vantaggio su tutte le altre che seguiranno;
in qualche modo la nuova tonalità dovrà controbilanciare questo vantaggio poiché se la tonica della
tonalità B non verrà affermata con sufficiente energia l’orecchio conserverà il ricordo della tonalità
A ed un eventuale ritorno a tale tonalità darà la sensazione che non ci sia stata una modulazione.
L’affermazione di una tonalità prende il nome di tonicizzazione. Il peso tonale di una tonicizzazione è
direttamente proporzionale alla sua durata; in altre parole una cambio di tonalità viene percepito come
tale in relazione alla adeguata tonicizzazione della stessa. Quando ciò non avviene si può parlare di
modulazione passeggera. Tale concetto è alla base del caso di studi di questo lavoro: i corali di J.S.Bach.
20 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
2.9.3 Tonalità vicine
Tutte le tonalità sono in relazione tra loro, ma in realtà l’unico problema è rappresentato dal grado di
vicinanza tra loro. Indichiamo con il termine tonalità vicine quelle che sono più strettamente correlate,
adottando come metro la loro posizione nel circolo delle quinte e/o l’armatura in chiave10. Secondo
questo criterio appare chiaro che la tonalità di Fa maggiore e quella di Si[ maggiore poiché l’unica
differenza fra le due scale è tra mi e mi[. Possiamo concludere che le tonalità vicine sono tutte quelle
che hanno una alterazione di differenza rispetto all’armatura in chiave. E’ bene precisare che il passaggio
dal modo maggiore al modo minore di una stessa scala diatonica non è da considerarsi una modulazione,
poiché entrambi hanno gli stessi tipi di funzioni armoniche e gli stessi gradi forti; l’unica differenza c’è
chiaramente tra le triadi di tonica.
2.10 Analisi Armonica
Anche se il termine analisi armonica è stato già usato nei contenuti trattati in questo capitolo, è
necessario, a questo punto, formalizzarne il concetto.
Analisi vuol dire osservare un sistema musicale sia a livello di percezione uditiva, sia a livello di
percezione visiva, per poterne evidenziare, in maniera dinamica, principalmente le strutture foniche, le
loro costanti ed eccezioni interne, con la finalità di poter meglio interpretare o dirigere un brano, oppure
per acquisire e comprendere - in maniera diretta - i linguaggi particolari dei singoli compositori come
delle varie epoche storiche. Va da se che questo significa mettere in gioco le potenzialità d’interrelazione
globale fra soggetto percipiente(l’analista) da una parte ed oggetto musicale dall’altra(composizione),
i quali s’influenzano vicendevolmente[2]. Così come accade per l’analisi di un testo o di una funzione
matematica, il processo di analisi musicale serve a “capire” meglio una composizione e a svelarne la
struttura sia nelle linee generali che nei dettagli e a valutare lo stile del compositore.
L’analisi armonica si “limita” ad affrontare il problema della comprensione del significato armonico
delle diverse frasi musicali e degli accordi che le compongono. Per fare ciò abbiamo bisogno di conoscere
i concetti di teoria trattati in questo capitolo e di un pò di “occhio” che deriva dall’esperienza maturata
con il tempo.
10 cos’è l’armatura in chiave
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 21
2.10.1 Principio della dominante secondaria
Ogni pagina di musica contiene una certa quantità di alterazioni. Esse non devono necessariamente
indicare la presenza di una modulazione. Per esempio nelle scale minori si usano delle alterazioni per
indicare il VI e VII grado.
Molti altri segni derivano dalla predilezione da parte dei compositori dell’uso dell’armonia di do-
minante rispetto ad altre funzioni armoniche; tale consuetudine durò fino al tardo Ottocento. Il più
importante elemento che genera l’armonia di dominante, a parte la funzione del V grado della tonalità
d’impianto, è costituito dalla dominante secondaria. In sostanza quello che è possibile notare è che ogni
accordo generato sulla scala relativa alla tonalità principale può essere enfatizzato attraverso l’uso della
sua dominante(tonicizzazione dei gradi). Grazie a tale principio la tavola dei colori armonici in una to-
nalità data si arricchisce di nuove combinazioni e di una gamma di note da usare praticamente infinita.
Dall’osservazione di questa pratica nelle opere dei compositori si può ricavare la seguente regola:
- qualsiasi grado della scala può essere preceduto dalla sua dominante senza che la tonalità principale
de risulti indebolita[1].
2.11 Il corale come esempio di studio
Dedichiamo l’ultimo paragrafo di questo capitolo alla forma di scrittura musicale a quattro parti
che più si presta allo studio dell’analisi armonica, che è stato adottato come caso di studio per questo
lavoro: il corale.
2.11.1 Storia del corale
L’aggettivo sostantivo Corale deriva dall’espressione «cantus choralis» che indica il canto omofono o
monofonico11 che veniva eseguito durante il servizio liturgico della Chiesa Cattolica o di quella Rifor-
mata. Nella corrente, il termine «corale» viene riferito al Kirchenlied protestante, ma nella sua versione
polifonica armonizzata a 4 parti procedenti in omoritmia12. Il corale Geystliche gesangk Buchleyn, uscito
a Wittenberg nel 1524, è la prima pubblicazione del genere, e da allora i più grandi compositori(specie
11 cos’è omofono o monofonico12 cos’è omoritmia
22 Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia
quelli di religione protestante) hanno armonizzato le melodie liturgiche traducendole in splendidi co-
rali. Fra tutti è doveroso menzionare l’antologia di melodie[13](quasi tutte del repertorio tradizionale
luterano) armonizzate da J. S. Bach, uscita postuma a Lipsia, a cura di Carl Philipp Emanuel Bach e
Johann Philipp Kirnberger[4].
2.11.2 Tecnica compositiva del corale
Il corale viene scritto a 4 voci: Soprano, Contralto, Tenore e Basso. Per il soprano la melodia del
corale è data13 mentre per le altre voci viene creata dal compositore. Ogni voce opera in un determinato
ambito e partecipa con il proprio colore e le specifiche funzioni nel totale del Coro[4].
Esiste - prima di tutto - una gerarchia d’importanza nella struttura stessa del corale. Le due voci
esterne14(soprano e basso) prevalgono su quelle interne che a loro volta tendono a sostenere con un
procedere tranquillo e spesso con lunghe note tenute la coesione del coro. Essendo il corale una forma che
nasce dall’esigenza di legare una melodia ad un determinato testo, la sua stesura armonica rispecchia la
punteggiatura; infatti è diviso in frasi, ognuna delle quali ha una propria cadenza di carattere sospensivo,
esclamativo o conclusivo, e ogni cadenza porta una corona che fa riposare la frase. Il vero protagonista
della composizione è il soprano, che esprime la melodia principale, mentre il Basso rappresenta la base
di sostegno dell’intero edificio sonoro e dunque della sua struttura armonica. Per quanto riguarda i
collegamenti degli accordi si usa, di solito, la tecnica del legame armonico, che consiste nel legare15 fra
loro le note che sono in comune tra due accordi consecutivi.
Anche se il corale si basa su melodie di grande semplicità, è possibile individuare dei punti contenenti
variazioni di tonalità che hanno la sola funzione di dare più colore alla composizione. Chiaramente
parliamo di micro-modulazioni o di tonicizzazioni che che non si estendono a tonalità che non siano
quelle vicine al tono d’impianto. Le stesse tonalità raggiunte in tali modulazioni assumono spesso
l’aspetto di satelliti di un sistema nel quale il tono base rappresenta il centro[4]. Possiamo dire che un
tale procedimento consiste in una serie di modulazioni transitorie che, pur spostando l’interesse musicale
verso un tono vicino, mantengono a tale tono la funzione di grado X rispetto al tono di partenza e quindi
servono solo ad esaltare tale grado raggiunto come elemento determinante di una cadenza che riporta
alla tonica principale. E’ possibile definire i procedimenti tecnici delle modulazioni in termini di modi
13 cos’è data14 cos’è una voce esterna15 cos’è legare
Capitolo 2. Elementi di Teoria Musicale e Armonia 23
d’ingresso al nuovo tono e cioè:
• Modulazioni diatoniche:
– per mezzo di accordi comuni;
– per mezzo di suoni caratteristici differenziali;
• Modulazioni cromatiche:
– per mezzo di cromatismi;
Una volta avvenuto l’ingresso si renderà necessario, nel caso di una modulazione stabile, la conferma
della tonalità raggiunta per mezzo di una cadenza. La struttura a strofe del Corale permette anche
l’attacco diretto della nuova tonica all’inizio di una nuova frase(dopo la corona).
E’ utile, infine, precisare i motivi pratici della scelta dell’utilizzo dei corali Bachiani come esempio
di applicazione dell’algoritmo oggetto di questo lavoro. Le armonizzazioni dei corali sviluppate da Bach
rappresentano un compendio di potenzialità compositiva e ricchezza armonica assoluta; testare un
algoritmo per l’analisi armonica che sia in grado di districarsi in un insieme di combinazioni così vasto,
costituisce un ottimo banco di prova per determinare la bontà dello stesso algoritmo. Allo stesso tempo
la struttura del corale, essendo scevra o quasi da ogni forma di fioritura melodica, è la forma musicale
che, più di ogni altra, permette di apprezzare lo schema armonico di una composizione e le formule che
la regolano. Paradossalmente il corale è stato quindi anche il testo di riferimento per l’implementazione
delle regole alla base dell’algoritmo descritto in questo lavoro.
Capitolo 3
La rappresentazione digitale della musica
3.1 Introduzione
In questo capitolo introdurremo i concetti generali riguardo gli standard attualmente in uso per
la rappresentazione digitale della musica. I livelli di rappresentazione dell’informazione musicale sono
essenzialmente 2:
• livello fisico: i parametri pertinenti per la rappresentazione sono quelli propri della descrizione fisica
del segnale (ampiezza, frequenza, tempo, forma d’onda/spettro)
• livello percettivo: è il livello soggiacente alle descrizioni psico-acustiche nelle quali le dimensioni
pertinenti sono quelle percepite (volume, altezza, durata, timbro)
A livello fisico la codifica dei fenomeni sonori è intesa come campionamento della frequenza di ciascun
suono attraverso l’utilizzo di sintetizzatori o campionatori, mentre a livello percettivo vi è lo sviluppo
di una semantica che in qualche modo descriva il suono in quanto musica, attraverso l’implementazione
dei metodi per la realizzazione di uno spartito musicale e di una sintassi standard per la lettura e la
riproduzione dello stesso.
Il primo approccio ha determinato lo sviluppo di codifiche come il Wav, l’Mp3 o il flac, usate per
lo più per la riproduzione dei brani musicali. Il secondo approccio ha condotto all’implementazione di
uno standard per lo scambio di informazioni tra i dispositivi responsabili della riproduzione del suono
attraverso la codifica della notazione musicale, degli strumenti e dei controlli gestuali che governano
l’esecuzione strumentale. Attraverso lo strumento le operazioni gestuali si trasformano in pressione
sonora che costituisce il correlato acustico del campo fenomenico dell’ascoltatore(livello percettivo).
Nei paragrafi che seguono ci soffermeremo sullo sviluppo degli standard che seguono questo secondo
approccio perché sono quelli più usati per la manipolazione e l’analisi della musica scritta.
26 Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica
3.2 MIDI
Dietro la sigla MIDI, acronimo di Music Instrument Digital Interface (interfaccia digitale per stru-
menti musicali) sono contenuti due concetti: l’interfaccia, cioè l’hardware standard di cui gli strumenti
devono essere dotati per comunicare; uno standard di comunicazione (un protocollo), ossia un insieme
di regole e messaggi interpretabili in modo univoco che permettono agli strumenti di scambiarsi infor-
mazioni. I messaggi che gli strumenti si possono scambiare sono svariati: suona il DO della terza ottava,
abbassa il volume al pianoforte, manda a destra il suono del violino, ecc. Questi messaggi viaggiano
attraverso un cavo che collega gli strumenti.
3.2.1 Storia
Il protocollo MIDI, acronimo di Musical Instrument Digital Interface, nasce all’inizio degli anni ’80
grazie agli studi di due ingegneri di Sequential Circuits (SCI), D. Smith e C. Wood, che nel 1981 pro-
pongono le prime specifiche del MIDI in un documento pubblicato sotto il nome di ”The complete SCI
MIDI “[8]. Rendere i nuovi strumenti digitali in grado di comunicare e di sincronizzarsi tra loro, era di-
ventata una necessità per i musicisti e per i produttori stessi. Diversi costruttori, ad esempio Oberheim
e Roland, offrivano già sui propri strumenti alcuni sistemi di interfacciamento. Queste interfacce però,
basate su algoritmi proprietari, garantivano il proprio funzionamento solo su strumenti dello stesso
costruttore. Il protocollo di Smith e Wood si presentava invece come un sistema in grado di superare
questo limite. Per garantire la piena compatibilità tra i vari strumenti, al di là della casa produttrice,
ogni costruttore fu invitato a partecipare alla stesura definitiva delle prime specifiche MIDI. SCI, Ro-
land, Yamaha e Kawai furono i primi produttori di strumenti digitali ad aderire alla definizione e alla
diffusione del MIDI. Nel 1982 fu presentato ufficialmente il MIDI 1.0 ossia le specifiche del primo vero
standard di interfacciamento tra apparecchiature musicali. Come vedremo in seguito, il progetto iniziale
era talmente ben definito da necessitare di pochissimi aggiornamenti nel corso di questi trent’anni. Il
primo synth dotato di interfaccia MIDI, fu presentato nel 1983. Si trattava del PROPHET 600 di SCI.
La definizione di uno standard è la principale ragione del successo e della diffusione del MIDI.
Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica 27
3.2.2 Caratteristiche dei segnali MIDI
Un file MIDI è un file che contiene le informazioni da inviare a interfacce per strumenti MIDI,
software o porte del computer per la riproduzione di musica. E’ fondamentale notare che un file MIDI
non contiene musica (forme d’onda o campioni) ma solo le definizioni di nota premuta (p.e. Sol, La, Si
bemolle ecc...) e altri parametri quali il Pitch1, volume, sustain2 ecc... Un file midi può essere considerato
come uno spartito digitale adatto a fare suonare strumenti elettronici, in altre parole è come uno spartito
ma senza i suoni/campioni degli strumenti.
Volendo fare un confronto con un altro formato di codifica digitale molto usato, il WAV, possiamo
notare che la differenza tra i due formati è che i file WAV contengono il suono vero e proprio (digi-
talizzato, campionato) mentre i file MIDI contengo ”solo“ le informazioni da inviare a uno strumento
elettronico, che a sua volta dovrà essere in grado di riprodurre i suoni tramite un generatore interno.
Quindi i file midi non contengono il ”suono“ vero e proprio, e questo spiega la differenza di dimensioni
dei file (in byte) che salta subito all’occhio di un profano. Un file WAV di appena un minuto può essere
grande ben 10 Megabyte, mentre un brano MIDI musicale di un quarto d’ora può essere di appena 10
Kbyte.
3.2.3 Le porte MIDI
I diversi dispositivi(Tastiere musicali, Computer, Sintetizzatori, ecc.) dialogano tra di loro attraverso
delle specifiche interfacce hardware che sono dette porte MIDI. Queste si dividono in:
- MIDI-IN: è la porta che riceve i dati trasmessi da un’apparecchiatura musicale
- MIDI-OUT: è la porta che serve a trasmettere i dati ad un’altra apparecchiatura musicale
- MIDI-THRU: è la porta che bypassa il segnale che è stato ricevuto alla porta MIDI-IN
3.2.4 I Canali
La trasmissione dei segnali MIDI avviene attraverso l’invio delle informazioni su un determinato
canale. I canali MIDI possono essere paragonati ai canali televisivi. Per esempio, se sono sintonizzato
1 pich2 sustain
28 Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica
sul canale 7, allora ricevo i programmi trasmessi da quel canale, e li ricevono tutti quelli che sono
sintonizzati sul canale 7.
Potrebbe sembrare inutile utilizzare un cavo per trasmettere un solo segnale, e per questo motivo
una linea MIDI è stata suddivisa in 16 canali logici di comunicazione. Ognuno di questi canali può
trasmettere una determinata informazione che può essere ricevuta da una dispositivo sintonizzato su
quel canale.
3.2.5 Il protocollo e la sintassi
In questa sezione cerchiamo di descrivere il meccanismo di trasmissione di un segnale MIDI. Quando
si preme un tasto su una qualunque tastiera MIDI3 collegata via cavo ad un expander4 essa manda
l’informazione al modulo sonore che quella nota è stata prodotta, con una certa intensità, in quale
ottava ecc.
Un messaggio è formato da un gruppo di byte indicanti il delta-time e altri byte indicanti il tipo di
evento(note on, note off, etc). Il delta time è l’intervallo di tempo espresso in ticks che divide due eventi.
Ad esempio se il messaggio in questione dice di suonare una nota per alcuni secondi, le informazioni
relative al tempo vengono codificate nel delta-time, mentre le informazioni relative alla nota da suonare
vengono memorizzate nei byte successivi. Esempio di messaggio: Essendo la trasmissione asincrona, è
Figura 3.1: Schema di un messaggio MIDI
necessario disporre di un bit di start e uno di stop, oltre agli otto bit della trasmissione. Quindi una
parola che viene ricevuta o trasmessa dall’interfaccia MIDI è composta da 10 bit. Si possono distinguere
due tipi di byte:
- status byte (byte di stato);
- data byte (byte di dati);
Un messaggio MIDI deve sempre iniziare con uno status byte. Quindi gli status byte sono quelli inviati
per primi e servono a decifrare i data byte successivi, senza possibilità di errori.
3 tastiera MIDI4 expander MIDI
Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica 29
Figura 3.2: Messaggio MIDI
Facciamo un piccolo esempio per capire i meccanismi che si attivano quando viene inviato un
messaggio MIDI:
Quando si preme un tasto in una master keyboard collegata con un cavo MIDI ad un expander, essa
manda l’informazione al modulo sonoro relativa alla nota che è stata premuta, con quale intensità ed
in quale ottava. Il messaggio in questione si chiama NOTE ON. Lo status byte informa che è stata
suonata una nota. Il numero della nota che deve essere suonata viene trasmesso dal primo data byte. Se
la tastiera è dinamica5 allora quando si preme un tasto, oltre ai due messaggi precedenti se ne aggiunge
un terzo di tipo data byte che contiene tale valore di dinamica nel range 0-127, altrimenti se la tastiera
non è sensibile alla dinamica, viene inviato un valore di default (generalmente 64). I messaggi MIDI si
dividono in due categorie principali:
- Channel Messages;
- System Messages;
I channel messages sono quelli che possono essere indirizzati ad uno qualsiasi dei 16 canali MIDI. I più
importanti sono:
- Note On;
- Note Off;
- Aftertouch;
- Pitch bend;
- Program change;
- Control change;
Note-On e Note-Off producono l’inizio e la fine di un evento sonoro. Questi messaggi contengono
diverse informazioni fondamentali, sia per la loro logica di funzionamento che per la caratterizzazione
del risultato sonoro. Ad esempio un messaggio Note On“ contiene le seguenti informazioni:
- Numero di nota espressa in valori da O a 127.
5 tastiera in grado di stabilire con quale intensità viene suonata una nota
30 Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica
- Velocità di pressione del tasto (dinamica di esecuzione, velocity-on), sempre con un’escursione
numerica da 0 a 127.
- Informazioni di canale, da 1 a 16.
3.2.6 Lo standard
Con la diffusione del MIDI e la nascita di nuovi software, si pone il problema della comunicazione
dei dati precedentemente gestiti dagli strumenti musicali elettronici. Nasce allora il nuovo standard che
uniforma il salvataggio dei dati per permettere questa comunicazione tra computer e strumenti, e tra
software diversi: il MIDI file. Prima della definizione dello SMF (Standard Midi File)[10], proposto per
la prima volta nel 1986 dalla americana Opcode Systems e adottato nel luglio 1988, i produttori di
software musicale, per la memorizzazione di eventi MIDI, adottavano un loro particolare formato, con
il risultato che, pur essendo i dati memorizzati, della stessa natura e su stessi supporti, i brani MIDI
registrati dovevano essere letti dallo stesso tipo di software con cui erano stati creati. L’implementazione
e l’adozione dello SMF ha fatto in modo che, pur utilizzando software musicali diversi, la memorizzazione
dei brani in formato MIDI avvenisse con la stessa procedura, consentendo così lo scambio e l’utilizzazione
tra computer e sequencer diversi. Esistono tre diversi formati SMF:
• Formato 0: Tutte le tracce di un brano vengono mixate in una singola traccia che contiene però
tutte le informazioni degli eventi relativi a tutte le tracce del brano.
• Formato 1: Le tracce vengono memorizzate in modo singolo e contengono gli stessi valori di tempo
e metrica. La velocità del brano viene inserita nella prima traccia che fa da riferimento a tutte le
altre.
• Formato 2: Le tracce vengono gestite indipendenti l’una dall’altra, con valori anche diversi di tempo
e metrica.
Generalmente i più utilizzati sono il Formato 0, usato principalmente dai sequencer a lettura diretta6,
ed il Formato 1 per i sequencer che possono creare e/o modificare SMF7. Il GENERAL MIDI (GM)
nasce dunque per uniformare la risposta della varie apparecchiature agli stessi dati MIDI. In altre
parole, uno strumento che riceve un dato MIDI deve rispondere allo stesso modo di un altro, anche di
costruttore differente. Da notare, infine, che usando apparecchiature MIDI differenti i suoni saranno
simili, ma non identici, a causa soprattutto della diversa tecnologia usata dal costruttore.
6 non devono caricare in memoria l’intera sequenza, ma prelevano ed eseguono i dati MIDI direttamente7 i software musicali i quali hanno in genere gestiscono entrambi i formati
Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica 31
3.3 MusicXML
Lo standard MusicXML è stato ideato e sviluppato per venire incontro all’esigenza di rappresentare
graficamente gli spartiti musicali. Il MusicXML è stato pensato soprattutto per facilitare l’interscambio
tra le applicazioni per la notazione musicale(editor).
Dal nome stesso si evince che è un linguaggio XML-based, cioè segue le stesse regole di stesura
del linguaggio XML tradizionale, ma ha un vocabolario e una sintassi proprio. Per vocabolario si
intende una serie di tags specifici che identificano gli oggetti grafici che verranno visualizzati a schermo,
mentre la sintassi è il modo di annidare i vari tag per produrre l’effetto grafico desiderato. Il linguaggio
è stato progettato per essere estendibile alla copertura di tutte le notazioni grafiche presenti nelle
partiture di musica occidentale del ventesimo e del ventunesimo secolo(la musica non occidentale verrà
probabilmente rappresentata attraverso un linguaggio XML separato).
L’obbiettivo principale dello standard MusicXML è di supportare l’interscambio tra ogni programma
di notazione musicale attraverso la specifica di un data format pubblico[5]. Così come l’MP3 è diventato
il formato di riferimento per l’interscambio(soprattutto online) di incisioni musicali, il MusicXML è
divenuto lo standard per la condivisione degli spartiti musicali. Con tale linguaggio un utente può
scrivere uno spartito con un editor proprio e condividerlo con chiunque altro che usa un qualsiasi
altro programma per l’editing musicale. Attualmente più di 150 applicazioni includono un supporto al
MusicXML.
3.3.1 Sintassi
In questo paragrafo saranno illustrati alcuni degli aspetti fondamentali riguardanti la struttura dei file
MusicXML. Si descriverà la maniera in cui una partitura viene rappresentata sotto forma di struttura
gerarchica, e si fornirà la definizione degli elementi fondamentali che compongono uno spartito in
MusicXML:top-level elements e score header entity. Infine verranno presentati alcuni tag fondamentali
per la stampa delle note musicali.
Struttura gerarchica di una partitura.
A livello strutturale una partitura musicale è composta da uno o più righi(a seconda del numero
di voci o strumenti che suonano contemporaneamente), ciascuno con una serie di misure e una certa
32 Capitolo 3. La rappresentazione digitale della musica
quantità di note, disposte in un ordine che può variare(praticamente sempre) da rigo a rigo. Il linguaggio
XML, come è noto, rappresenta i dati in ordine gerarchico e tale organizzazione sembra scontrarsi con
l’evidenza che uno spartito appare in una forma che è ben più complessa di un reticolo. Come si
possono relazionare le due rappresentazioni? Deve avere precedenza l’organizzazione orizzontale delle
parti musicali, o la visione verticale delle misure?
In realtà tale quesito ha suggerito la specifica di due diverse DTD con due specifici elementi radice.
La DTD che è stata utilizzata per produrre le partiture utilizzate in questo lavoro è la partwise DTD.
L’elemento radice è <score-partwise>; all’interno sono contenuti i tags relativi alle parti musicali che
compongono al partitura e, annidate in ogni singola parte, ci sono i tags che contengono le informazioni
riguardo le singole misure.
<score-partwise>..tutte le info riguardanti la partitura..</score-partwise>
Figura 3.3: Schema generale di un file MusicXML
Top-Level Elements.
Sono gli elementi che definiscono il tipo di codifica del nostro file. Uno spartito scritto il MusicXML
essendo un’estensione del linguaggio XML comincia sempre con la seguente riga: che è la dichiarazione
Alla linea 2 (5.2) viene istanziato l’oggetto InfoFile della classe InfoFile.java che ha la funzione di
leggere la traccia MIDI contenente le informazioni di carattere generale sul file(Traccia 0 ): indicazione
di tempo, alterazioni in chiave, tonalità (la figura 5.3 mostra un uso dei metodi della classe Info.java).
Capitolo 5. Implementazione 53
Il ciclo for delle linee 13-15 rappresenta la fase di lettura delle tracce. la funzione readTrack(i) legge
gli eventi MIDI (3.2.5) della traccia i-esima. Le procedure alle linee 16-19 si occupano della divisione
in beat(movimenti) delle note lette in ciascuna traccia, mentre alla linea 20 la funzione setScore()
organizza i dati calcolati nella partitura.
System.out.println("STAMPA DELLE INFORMAZIONI MUSICALI RIGUARDO IL CORALE SELEZIONATO");System.out.println("------------------------------------");System.out.println("NUMERO DI VOCI: "+info.getNumTracks());System.out.println("INDICAZIONE DI TEMPO: "+info.getSignature());System.out.println("ALTERAZIONI: "+info.getAlteration());System.out.println("TONALITA’: "+info.printTonality());System.out.println("NUMERO DI BATTUTE: "+info.getNumBars());System.out.println("------------------------------------");
STAMPA DELLE INFORMAZIONI MUSICALI RIGUARDO IL CORALE SELEZIONATO------------------------------------NUMERO DI VOCI: 4INDICAZIONE DI TEMPO: 3/4ALTERAZIONI: 1 # in chiaveTONALITA’: G majorNUMERO DI BATTUTE: 34------------------------------------
Figura 5.3: Esempio di uso della classe InfoFile.java sul corale BWV 70
La struttura creata fornisce dei metodi di accesso diretti alle informazioni contenute in essa(note,
pause, battute, tempo, alterazioni). Uno dei metodi forniti dalla classe Score.java è:
• getVoice(final int Voice,int measure,int beat);
tale funzione restituisce la lista delle note del rigo “Voice” contenute nel beat “beat” della misura
“measure”. La figura 5.4 descrive la gerarchia degli oggetti Java usati per rappresentare la partitura
digitale.
5.3 Analisi armonica
La partitura elettronica implementata durante la prima fase di sviluppo rappresenta la struttura di
riferimento dell’intera applicazione. E’ qui che vengono letti i dati usati in fase di analisi armonica e
dove vengono memorizzate le informazioni calcolate.
In questo paragrafo vengono presentati alcuni frammenti di codice particolarmente significativi per
descrivere i meccanismi fondamentali alla base del funzionamento dell’analizzatore armonico automa-
54 Capitolo 5. Implementazione
Figura 5.4: Struttura gerarchica della partitura elettronica
tico. La classe Java che implementa l’analisi è Analizer.java. La figura 5.5 mostra il codice del costrut-
tore di tale classe che implementa l’algoritmo descritto al capitolo 4. Le funzioni principali sono quelle
Figura 5.6: Database degli accordi (in formato XML)
Con l’invocazione delle funzioni findSecondaryDominant(), findModPattern() e findLastCadenza() ha
inizio la fase principale della analisi armonica, che consiste nell’individuazione della funzione armonica
degli accordi del brano in esame. Tali procedure servono a determinare le Zone Rosse, cioè le sequenze
di accordi che costituiscono le cadenze autentiche. In particolare la funzione findSecondaryDominant()
marca tutte le coppie di accordi che costituiscono un salto del tipo V-I; successivamente con find-
ModPattern() si cercano (in corrispondenza dell’accordo V evidenziato precedentemente) l’eventuale II
o IV o I che precede; in tal caso si marca l’insieme scoperto come Modulation Pattern. La funzione
findLastCadenza() effettua le stesse operazioni delle altre due concentrandosi solo sulla fin del brano3
La funzione GZonesChordFinder() è il “cuore” dell’analizzatore. Essa implementa l’algoritmo per
l’interpretazione degli accordi delle Zone Grigie descritto nel paragrafo 4.5.3.
La figura 5.7 mostra la sequenza di istruzioni che implementa la funzione. Alla linea 1 viene istanziata
la variabile arr che contiene la lista degli accordi della composizione in esame; alla linea 2 viene creato
l’oggetto GZones che sarà il contenitore delle sequenze Grigie; una volta che sono state discriminate
tutte le zone grigie, attraverso il blocco di istruzioni del ciclo while alle linee 12-144, su ogni singola
3 testa l’eventuale possibilità che ci siano cadenze particolari(cadenze imperfette)4 in realtà il blocco contiene più istruzioni, ma sono state eliminate quelle secondarie (sostituite da punti) per una maggioreleggibilità del codice
.19 List<Element> l = root.getChildren("part");20 for (Iterator<Element> it = l.iterator(); it.hasNext();) {21 Element part = it.next();22 if (part.getAttributeValue("id").equals("P5")) {23 List<Element> measures = part.getChildren("measure");24 Iterator<Element> iterM=measures.iterator();25 while(iterM.hasNext()) {26 Element current = iterM.next();27 getElabChord(current);28 getElabModulations(current);29 }30 }31 if(part.getAttributeValue("id").equals("P4")){32 List<Element> measures = part.getChildren("measure");33 Iterator<Element> iterM=measures.iterator();34 while(iterM.hasNext()) {35 Element current = iterM.next();36 getElabDegrees(current);37 }38 }39 }
.
.
.40 }
Figura 5.12: Codice relativo al metodo elabMusicXMLFile()
Capitolo 5. Implementazione 61
Figura 5.13: File MusicXML in input alla classe MusicXMLmaker.java
Figura 5.14: File MusicXML restituito in output dalla classe MusicXMLmaker.java
Capitolo 6
Test e conclusioni
6.1 Introduzione
In questo capitolo vengono presentati una serie di test del tool jBach descritto precedentemente.
L’insieme scelto come input per i test effettuati è costituito dai circa 400 corali a quattro parti di J. S.
Bach[13]. Gli obiettivi delle sessioni condotte sono stati essenzialmente due:
1. Analisi armonica di un singolo Corale e valutazione statistica dei dati elaborati;
2. Analisi armonica dell’intero insieme dei Corali di Bach con conseguente studio statistico sullo “stile”
compositivo.
6.2 Progettazione dei test
Per quanto riguarda l’analisi di un singolo corale, le sessioni di test che sono state effettuate si sono
svolte secondo il seguente schema:
• lettura del MIDI file che rappresenta il corale;
• generazione della successione armonica del corale(sequenza di accordi);
• analisi armonica automatica del corale osservando le varie fasi
– individuazione delle zone rosse;
– analisi in sequenza dei 5 passaggi dell’algoritmo per le zone grige;
• generazione del file MusicXML con i risultati ottenuti;
• stampa della tabella con i dati relativi all’insieme dei passaggi armonici relativi al corale in in-
put(espressi in termini di numero totale di passaggi dall’accordo X a quello Y per ogni X e
Y)
64 Capitolo 6. Test e conclusioni
Per l’analisi dell’intero insieme di corali di Bach è stata implementata una procedura ad hoc, al
fine di produrre in output la tavola dei passaggi armonici utilizzati dal compositore tedesco secondo
l’interpretazione fornita dall’algoritmo descritto in questo lavoro. Tale studio ha avuto come obbiettivo
quello di descrivere in termini numerici lo “stile” di Bach nell’armonizzazione dei corali, inteso come
l’uso di determinate sequenze di accordi “privilegiate” a discapito di altre.
6.3 Test sul Corale BWV70
In questo paragrafo sarà effettuato un test dell’algoritmo per l’analisi armonica automatica sul corale
BWV701 di Bach. In figura 6.1 è riportato il frammento iniziale del corale su cui verrà eseguito il test.
Figura 6.1: Frammento iniziale del corale BWV70
Seguendo il criterio illustrato sopra, il primo passo è quello di leggere la sequenza MIDI corrispon-
dente al corale di test e creare la struttura logica che corrisponde alla partitura virtuale. Il lettore
crea una struttura che fornirà un accesso diretto agli oggetti contenuti nella partitura. Una possibile
interrogazione è mostrata in figura 6.2.
Dopo aver creato la struttura dati idonea si passa alla fase di analisi. Si genera la sequenza di accordi
che corrisponde alla stesura armonica del brano in oggetto. L’output dopo la lettura degli accordi è
mostrato in figura 6.3.
Da notare che la tabella di riferimento per la lettura degli accordi potrebbe non contenere una
entry per le coordinate passate in input. Tale eventualità è indicata attraverso la stampa di un punto
interrogativo(“? ”) in corrispondenza dell’accordo non riconosciuto. La figura 6.4 mostra tale situazione.
A questo punto si applica la procedura per la determinazione delle cadenze autentiche(II-V-I, IV-V-
I, I-V-I). La figura 6.5 mostra il frammento del corale BWV70 con le annotazioni riguardo le cadenze
1 numerazione dei corali
Capitolo 6. Test e conclusioni 65
Figura 6.2: Risultato della chiamata getBeat(Measure 3, Beat 1)
Figura 6.3: Lettura e annotazione della sequenza accordi
Figura 6.4: Eventuale accordo non riconosciuto
calcolate in questa fase.
Infine si procede con l’esecuzione delle 5 iterazioni dell’algoritmo per l’analisi degli accordi delle zone
grigie. Al termine dell’esecuzione si genera il file MusicXML che rappresenta la partitura del corale con
le informazioni calcolate. Tale file può essere visualizzato con un qualsiasi editor musicale(un editor
free è MuseScore[15]). Le figure ?? e ?? mostrano l’output del programma alla fine dell’esecuzione
66 Capitolo 6. Test e conclusioni
Figura 6.5: Individuazione delle zone grigie
dell’algoritmo per l’analisi armonica automatica.
Sono stati effettuati dei rilievi statistici sia sul funzionamento dell’algoritmo che sui dati ottenuti.
La figura 6.6 mostra la percentuale di accordi riconosciuti utilizzando le entry della ChordTable memo-
rizzata nell’applicazione mentre la figura 6.7 indica la percentuale di accordi la cui funzione armonica
Figura 6.6: percentuale di accordi riconosciuti
viene determinata, in relazione all’esecuzione delle singole fasi dello svolgimento dell’algoritmo. Si può
notare che le procedure invocate per la determinazione delle Zone Rosse individuano la funzione armo-
nica di circa il 50% degli accordi totali, e già con 2 passaggi dell’algoritmo per le Zone Grigie si riesce
a elaborare i dati della quasi totalità degli accordi2.
Il grafico in figura 6.8 e 6.9 mostra la percentuale dei passaggi di grado (consecutivi) utilizzati
nell’armonizzazione del corale BWV70 in riferimento a centri tonali sia maggiori (6.8) che minori (6.9).
2 l’eventuale margine di scarto rispetto al 100% è dovuto alla possibilità che il sistema non sia riuscito a leggerecorrettamente gli accordi della composizione
Capitolo 6. Test e conclusioni 67
Figura 6.7: percentuale di accordi elaborati durante lo svolgimento dell’algoritmo
Figura 6.8: Passaggi di grado nelle tonalità maggiori
Sapendo che il corale in oggetto è in tonalità di G+ (Sol maggiore), dalla osservazione dei due grafici,
è possibile dedurre che:
• nelle tonalità maggiori vengono utilizzati in prevalenza i gradi “forti” (I-IV-V);
• come era prevedibile il passaggio V-I, che afferma la tonalità, è usato molto spesso;
• data la tonalità d’impianto maggiore, i passaggi di grado in minore sono prevalentemente sul I e V
grado;
Il grafico in figura 6.10 mostra le modulazioni che sono state individuate dall’analizzatore armonico.
Da esso si evince che il centro tonale secondario maggiormente utilizzato (rispetto alla tonalità d’im-
pianto di Sol maggiore) è il tono costruito sul IV grado, cioè C+ (Do maggiore), così come da prassi
compositiva dell’epoca. La tonalità minore di riferimento risulta essere E- (Mi minore), che è la relativa
minore di G+ (Sol maggiore).
68 Capitolo 6. Test e conclusioni
Figura 6.9: Passaggi di grado nelle tonalità minori
Figura 6.10: Modulazioni presenti nel Corale BWV70
6.4 Test sull’insieme dei Corali di Bach
In questo paragrafo vengono riportati i risultati di uno studio statistico, effettuato con l’ausilio del
tool jBach, sull’insieme dei Corali di Bach3. Esso si è tradotto in una serie di “regole” che possono
rappresentare in qualche maniera una codifica dello stile compositivo del musicista tedesco.
I ii iii IV V vi viiI 8.1 2.5 0.5 0.7 18.5 1.7 0.3ii 0.9 0.6 0.4 0.2 10.4 0.2 0.2iii 0.9 0.3 0.6 0.5 0.8 0.6 0.1IV 0.6 0.5 0.1 0.3 5.3 0.1 0.2V 22.5 0.6 1.5 0.8 10.8 2.0 0.1vi 0.4 0.6 0.6 0.4 2.2 0.7 0.1vii 0.3 0.0 0.0 0.1 0.1 0.1 0.1
Tabella 6.1: Tavola dei passaggi di grado per le tonalità maggiori (i valori sono espressi in %).
I valori presenti nella tabella 6.1 riassumono statisticamente i passaggi di grado utilizzati da Bach
3 l’insieme di riferimento contiene 373 corali
Capitolo 6. Test e conclusioni 69
nell’armonizzazione dei corali. I passaggi V-I, I-V, ii-V e IV-V si confermano essere i più utilizzati, e
tale caratteristica segue lo stile compositivo dell’epoca. Una curiosità è legata al passaggio V-vi che in
musica rappresenta una forma cadenzale precisa: la Cadenza d’inganno. Tale cadenza venne utilizzata
molto spesso in epoca Classica da compositori come Mozart o Schubert, ma, come dimostra il valore in
tabella, già in epoca Barocca veniva impiegata per dare l’effetto di sospensione alla composizione.
Tabella 6.2: Tavola dei passaggi per le tonalità minori (i valori sono espressi in %).
La tabella 6.2 riporta il valori percentuali rispetto al totale dei passaggi di grado nelle tonalità minori.
In tonalità minore i passaggi I-V e V-I sono in assoluto i più utilizzati4, ma si può notare un utilizzo
notevole del passaggio IV-V (facente sicuramente parte del pattern cadenzale IV-V-I) e I-IV (compreso
spesso nella cadenza I-IV-V-I). E’ da notare un inusuale utilizzo del passaggio IV-I che non rappresenta
forme cadenzali contemplate nella tradizione classica per le tonalità minori5. Il grafico in figura 6.11
Figura 6.11: Valori percentuali delle modulazioni più utilizzate
descrive le modulazioni più usate da Bach. Le informazioni che si possono ricavare dallo studio dei dati
in esso contenuti sono le seguenti:
4 anche il passaggio I-I ha una percentuale di utilizzo alta, ma non può essere considerato un passaggio armonico, bensìuna conferma del tono5 in tonalità maggiore il passaggio IV-I prende il nome di Cadenza Plagale
70 Capitolo 6. Test e conclusioni
• data una tonalità di partenza A, la modulazione arriva, nella maggior parte dei casi, alla tonalità B
che si trova su IV grado (modulazione tonica-sottodominante).
• data una tonalità di partenza A di modo maggiore, l’eventuale modulazione ad una tonalità minore
porta sempre (o quasi) alla relativa minore di A (esempio: C+/A-);
• data una tonalità di partenza A di modo minore, l’eventuale modulazione ad una tonalità maggiore
porta sempre (o quasi) alla relativa minore di A (esempio: G-/Bb+);
La figura 6.12 descrive la distribuzione dell’uso delle varie tonalità d’impianto per l’armonizzazione
dell’insieme dei Corali. Le tonalità più utilizzata (sia in maggiore che in minore) hanno come tonica
la nota Sol (G major e G minor). Tale scelta è dovuta presumibilmente al fatto che, essendo i corali
destinati al canto dell’assemblea durante le funzioni religiose, dovevano abbracciare un’estensione che
si trovasse in un registro medio (né troppo grave, né troppo acuto), tale da permetterne l’intonazione
anche da parte di un coro composto da persone che evidentemente non erano professionisti del canto.
Figura 6.12: Distribuzione delle tonalità utilizzate per l’armonizzazione dei Corali (in azzurro le tonalità maggiori e inarancio quelle minori)
In conclusione di questo paragrafo è possibile precisare che i valori indicati nelle tabelle 6.1 e 6.2 e
nel grafico in figura 6.11, possono essere utilizzati nell’applicazione dell’algoritmo EvoBassComposer [14]
per la composizione di corali a 4 parti nello stile Bachiano(argomento di studi del corso di Composizione
presso i Conservatori di Musica)).
Capitolo 6. Test e conclusioni 71
6.5 Conclusioni
L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di costruire un tool che permettesse di poter produrre
l’analisi armonica in modo automatico di una composizione musicale a quattro parti. Nello sviluppo
dell’algoritmo (che rappresenta il contenuto centrale di questo lavoro) e nella sua implementazione, ci
si è imbattuti molto spesso nella difficoltà di codificare dei processi decisionali che a volte sembravano
andare contro una logica puramente matematica. Spesso il metodo scientifico si è “scontrato” con le
licenze che rendono unico il risultato dell’espressione artistica di un genio della musica.
L’algoritmo è stato sviluppato cercando sempre di mantenere il necessario equilibrio tra l’esigenza di
fornire risultati chiari (o non ambigui) e la consapevolezza di non poter codificare con concetti razionali
l’intero valore di un’opera d’arte (sia essa una scultura, un quadro o una composizione musicale).
L’utilizzo dei Corali di Bach come caso di studi ha costituito un ottimo strumento atto a testare
la bontà delle procedure sviluppate. Essendo tali composizioni caratterizzate da una certa “sobrietà
compositiva” è stato possibile determinarne una corretta interpretazione della struttura. I risultati
ottenuti nelle sessioni di testing hanno da un lato confermato la bontà dell’algoritmo sviluppato e
dall’altro hanno certificato, in termini numerici, le analisi sullo stile compositivo di Bach esposte nella
innumerevole serie di trattati storico musicali scritti da 200 anni a questa parte.
Il ritratto di Bach in figura 6.13 mostra il compositore che stringe nella mano destra una sua com-
posizione. Si tratta di un canone6 «enigmatico» che oggi viene catalogato come BWV 1076. Il titolo
precisa che si tratta di un Canon triplex a 6 voci, solo che i conti non sembrano tornare perché le
voci scritte sono solo tre e non sei. Dove sono le tre voci mancanti? Non è difficile, per chi conosce la
struttura di un canone «enigmatico», capire che esse si trovano “nascoste” nelle prime tre voci scritte,
e che per realizzare integralmente la composizione è necessario risolvere quello che è in sostanza una
sorta di gioco enigmistico musicale, che ha un numero di possibili combinazioni sovrapponibili a quelle
del Cubo di Rubik. Questo testimonia la grande preparazione in matematica e fisica che Bach aveva
sviluppato e che dimostra nelle sue opere, specialmente nella produzione musicale dell’ultima parte
della sua vita. Nell’ultimo numero di una rivista dal titolo Musikalische Bibliothek, che uscì fino al
1754, venne pubblicato il famoso canone del ritratto con delle riflessioni sulla musica e la matematica
che sintetizzano il significato intrinseco che si è voluto dare al lavoro è stato descritto in questa tesi. Di
seguito viene riportato l’estratto (a mio avviso) più incisivo:
Se vogliamo convincerci del tutto delle verità musicali, dobbiamo aggiungere anche la conoscenza
6 canone
72 Capitolo 6. Test e conclusioni
Figura 6.13: Ritratto di Johann Sebastian Bach
matematica, quale supremo grado della sapienza umana [...] Dove dunque sta scritto che gli antichi
non intendevano migliorare la musica con la ratio matematica? [...] Forse che i pitagorici non hanno
misurato i suoni allo scopo di potersi orientare nell’esercizio della musica? [...] Certo, se io voglio
approntare un pezzo di musica non è necessario che per prima cosa io mi metta a misurare i suoni
uno per uno col compasso, ma se io, con l’aiuto della matematica, avrò prima indagato esattamente
e conosciuto alla perfezione le proprietà dei suoni, allora potrò poi metterli insieme con la massima
sicurezza. La conoscenza matematica dei suoni dà dunque al compositore una grande luce, anche se in
forma mediata, non immediata, ed è molto utile per la preparazione di un pezzo di musica. Tuttavia,
poiché la stragrande maggioranza degli esperti di musica non ha mai percorso queste vie, essi non
riescono neppure a credere che le cose stiano così. Tutte le musiche consistono infatti di suoni, e i
suoni sono regolati da rapporti reciproci diversi, su cui si fondano tutti gli effetti che la musica ha su
di noi. Tuttavia, poiché tali rapporti sono costituiti da grandezze matematiche, e poiché le grandezze a
loro volta sono un corrispettivo della matematica, allora per l’amor del cielo la si smetta di disputare
contro la luce del sole, e di dire che le misurazioni matematiche dei suoni non appartengono alla teoria
della composizione musicale.
L’arte comincia quando si infrangono le regole, ma per infrangere le regole bisogna conoscerle!
Riferimenti bibliografici
1. W. Piston, De Voto, Armonia, E.D.T. Edizioni di Torino, 19892. http://www.alessiodibenedetto.it/Nuove%20vie%20delll’Analisi%20Musicale.html3. http://www.jsbchorales.net/index.shtml4. Dionisi - Toffoletti - Dardo, Studi sul corale, Ed. Zanibon 19695. Walter B. Hewlett and Eleanor Selfridge-Field, The Virtual Score: Representation, Retrieval, Restoration, MIT Press,
Cambridge, MA, 20016. Kirlin, P.B., Utgoff, P.E., A Framework for Automated Schenkerian Analysis, ISMIR(2008)363-3687. F. Lerdahl - R. Jackendoff, A Generative Theory of Tonal Music, MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 19838. http://www.digitpress.com/library/techdocs/The_Complete_SCI_Midi-first_edition.pdf9. Java Technology, http://java.com/it/about/
10. http://www.midi.org/techspecs/midispec.php11. http://dspace.mit.edu/handle/1721.1/3387812. http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale13. Bach Chorales, http://www.jsbchorales.net/index.shtml14. R. De Prisco, G. Zaccagnino, R. Zaccagnino, EvoBassComposer: a multi-objective genetic algorithm for 4-voice