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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA
“TOR VERGATA”
Facoltà di Medicina e Chirurgia
CORSO DI LAUREA IN LOGOPEDIA
PRESIDENTE: Prof. Giovanni Carlesimo
L’INTERVENTO DI C.A.A. NEL BAMBINO CON BISOGNI
COMUNICATIVI COMPLESSI: ANALISI DEI BISOGNI E
COSTRUZIONE DI STRUMENTI ALTAMENTE PERSONALIZZATI
PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALE E L’INCLUSIONE
SCOLASTICA.
RELATORE: CANDIDATO:
Dott.ssa Daniela Morelli Sylwia Niedbala
CORRELATORE:
Dott.ssa Chiara Bonazzi
Anno Accademico 2012-2013
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INDICE
INTRODUZIONE…………………………………………………………………………5
CAPITOLO I: DEFINIZIONE, STORIA E SCOPI DELLA COMUNICAZIONE
AUMENTATIVA E ALTERNATIVA
1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa………………………………7
1.2 Cenni storici: nascita ed evoluzione della CAA………………………………………..9
1.3 La popolazione disabile verbale……………………………………………………….14
1.4 La CAA in età evolutiva: principi generali di base……………………………………15
1.5 Il ruolo dei partner di comunicazione………………………………………………….17
CAPITOLO II: IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DEL BAMBINO CON
BISOGNI COMUNICATIVI COMPLESSI
2.1 Considerazioni generali………………………………………………………………..19
2.2 La valutazione delle competenze comunicative……………………………………….21
2.2.1 Il Modello di Partecipazione………………………………………………...21
2.2.2 Social Networks……………………………………………………………...23
2.2.3 Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (VCAA)……...27
2.2.4Considerazioni conclusive……………………………………………………28
2.3 La valutazione delle competenze linguistiche…………………………………………29
2.3.1 Strumenti di valutazione del linguaggio……………………………………..29
CAPITOLO III: L’INTERVENTO DI CAA NEL BAMBINO CON BISOGNI
COMUNICATIVI COMPLESSI
3.1 Il progetto terapeutico integrato……………………………………………………….34
3.2 Aree di intervento e obiettivi terapeutici………………………………………………35
3.3 Tecniche di CAA assistita……………………………………………………………..38
3.3.1 I simboli……………………………………………………………………...38
3.3.2 Tecniche di trasmissione…………………………………………………….43
3.3.2.1 La selezione………………………………………………………..43
3.3.2.2 Gli ausili low-tech………………………………………………….43
3.3.2.3 Gli ausili high-tech………………………………………………...45
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CAPITOLO IV: IL LIBRO ADATTATO
4.1 Lettura condivisa e sviluppo del linguaggio…………………………………………...49
4.2 Il libro in simboli………………………………………………………………………51
4.3 Costruire un libro adattato…………………………………………………………….52
4.3.1 La scelta dell’argomento…………………………………………………….52
4.3.2 Le illustrazioni……………………………………………………………….53
4.3.3 Modificare il testo……………………………………………………………54
4.3.4 Tradurre il testo in simboli…………………………………………………..55
4.3.5 Struttura fisica del libro……………………………………………………..57
4.3.6 Facilitazioni per l’interazione……………………………………………….58
CAPITOLO V: PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO
5.1 Descrizione dello studio………………………………………………………………59
5.2 Descrizione del caso clinico…………………………………………………………...60
5.2.1 Anamnesi fisiologica………………………………………………………...60
5.2.2 Anamnesi patologica………………………………………………………...61
5.2.3 Il quadro clinico attuale……………………………………………………..62
5.2.4 Il progetto terapeutico……………………………………………………….63
5.3 L’intervento logopedico attuato………………………………………………………64
CAPITOLO VI: LO STUDIO DEL CASO CLINICO: VALUTAZIONE
6.1 La raccolta delle informazioni…………………………………………………………68
6.2 L’osservazione diretta…………………………………………………………………70
6.3 La valutazione secondo il Modello di Partecipazione………………………………...70
6.3.1 Inventario delle attività……………………………………………………...70
6.3.2 Identificazione delle barriere alla partecipazione…………………………..71
6.4 La valutazione formale………………………………………………………………..73
6.5 Ipotesi…………………………………………………………………………………75
CAPITOLO VII: LO STUDIO DEL CASO CLINICO: INTRODUZIONE DEL
LIBRO MODIFICATO NELL’INTERVENTO DI CAA
7.1 Costruzione del libro adattato…………………………………………………………78
7.1.1 La scelta del libro……………………………………………………………78
7.1.2 L’adattamento del testo……………………………………………………...79
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7.1.3 La traduzione in simboli…………………………………………………….79
7.1.4 La struttura del libro………………………………………………………...81
7.2 Modalità d’uso del libro adattato nell’intervento di CAA……………………………81
7.3 Risultati………………………………………………………………………………..82
7.4 Limiti dello studio……………………………………………………………………..83
CONCLUSIONI………………………………………………………………………….84
APPENDICE……………………………………………………………………………...86
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………………..109
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INTRODUZIONE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come “Uno stato di
completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o
infermità”. In accordo con tale definizione, viene approvata nel 2001 la “International
Classification of Functioning, Disability and Health” (ICF), Classificazione Internazionale
di Funzionamento, Disabilità e Salute, che subentra all’“International Classification of
Impairments, Disabilities and Handicaps” (ICIDH), Classificazione Internazionale di
Menomazione, Disabilità e Handicap. Funzionamento, disabilità e salute vengono divisi in
domini e raggruppati in tre liste: la prima riguarda la menomazione di funzioni o strutture
corporee; la seconda considera le limitazioni ad attività e le restrizioni alla partecipazione;
la terza esamina i fattori ambientali. In particolare, nella seconda lista vengono inserite le
voci: “comunicazione”, “rapporti e relazioni interpersonali” e “vita di comunità, sociale e
civica”, mentre nella terza lista si trova la voce “sostegno e relazioni”, le quali rimandano
al concetto che lo stato di salute possa essere modificato in relazione alla possibilità di
comunicare e di mantenere una vita sociale. In accordo con tale assunto, lo scopo della
presente tesi è la realizzazione di strumenti altamente personalizzati, idonei al
soddisfacimento dei bisogni comunicativi e di partecipazione del soggetto in esame, per
promuoverne lo stato di salute. L’applicazione del Participation Model (Beukelman e
Mirenda, 1992, 1998, 2005) ha permesso di identificare tali bisogni e di monitorare i
cambiamenti nella comunicazione e nei modelli di partecipazione del soggetto a seguito
dell’introduzione degli strumenti appositamente realizzati per il soggetto, nell’intervento di
Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA). Quest’ultimo compito è stato
problematico, in quanto le variabili interferenti sono molte e la produzione di evidenze in
campo della CAA è molto complessa. Lo studio del caso clinico, ha portato alla
realizzazione di libri di storie per bambini adattati alle esigenze comunicative del soggetto
con l’utilizzo prevalente, ma non esclusivo, del Picture Communication System (PCS). Il
processo di adattamento ha portato alla creazione di strumenti altamente personalizzati
partendo dagli interessi e dalle caratteristiche fisiche, cognitive e comunicative del
soggetto sia nella scelta della storia (contenuto), sia nella scelta della struttura del libro
(complessità delle figure, impaginazione delle immagini e del testo, numero di pagine,
formato e consistenza delle pagine, assemblaggio delle pagine, struttura del testo, struttura
della frase, numero di simboli per pagina, dimensione dei simboli, trasparenza dei simboli).
Nella presente tesi vengono descritti in dettaglio tutti i passaggi avvenuti nell’evoluzione
dell’esperienza. Gli strumenti realizzati sono stati pensati per un utilizzo in entrata, con
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l’obiettivo di sostenere lo sviluppo di un linguaggio simbolico attraverso un’attività
motivante e ricca sul piano emotivo e relazionale: la lettura condivisa. I primi tre capitoli
della presente tesi hanno lo scopo di definire l’intervento di CAA, fornendo una
panoramica sugli strumenti di valutazione e sulle strategie di intervento, compresi gli ausili
di comunicazione. Il quarto capitolo è dedicato alla descrizione del processo di costruzione
di un libro in simboli e dell’uso che può esserne fatto nell’ambito dell’intervento di CAA.
Il quinto capitolo è dedicato alla descrizione del caso clinico in esame. Nel sesto capitolo
viene descritto il processo di valutazione effettuato e le motivazioni che hanno condotto
all’ introduzione del libro in simboli. Il settimo capitolo nella sua prima parte, descrive il
processo di adattamento dei libri svolto in funzione dei dati emersi in fase di valutazione e,
nella seconda parte, descrive le modificazioni del comportamento del soggetto osservate in
seguito all’introduzione dei libri adattati.
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CAPITOLO I
DEFINIZIONE, STORIA E SCOPI DELLA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA
E ALTERNATIVA
1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa
Per comprendere il concetto di Comunicazione Aumentativa Alternativa è innanzitutto
utile definire il concetto più ampio di comunicazione. Molte sono le definizioni proposte in
letteratura ma, ai fini di questa trattazione, è opportuno considerare la definizione proposta
dal National Joint Comittee for the Communicative Needs of Person with Severe
Disabilities, che definisce comunicazione:
[…] ogni atto con il quale una persona fornisce a un’altra persona, o riceve da essa
informazioni relative a bisogni, desideri, percezioni, conoscenze o stati affettivi. La
comunicazione può essere intenzionale o non intenzionale, può includere segnali
convenzionali o non convenzionali, può prendere forme linguistiche o non linguistiche e
può avvenire in forma parlata o con altre modalità. (1992, p. 2)
Questa definizione di comunicazione si presta ad includere una grande varietà di forme e
fenomeni diversi dai comportamenti basati esclusivamente sul linguaggio verbale, come le
vocalizzazioni, i movimenti corporei, le espressioni del viso e i gesti.
L’ASHA ( American Speech Language Hearing Association) definisce la comunicazione
aumentativa ed alternativa (CAA) come quel settore della pratica clinica che cerca di
compensare menomazioni e disabilità di individui con grave disturbo della comunicazione
espressiva mediante il potenziamento delle abilità comunicative naturali e l’uso di
modalità speciali.
L’aggettivo “aumentativa” descrive le modalità di comunicazione tese ad accrescere la
comunicazione naturale delle persone che non sono in grado di parlare abbastanza
chiaramente da essere comprese da chi le circonda. Accrescere la comunicazione naturale
significa utilizzare tutte le competenze dell’individuo includendo le vocalizzazioni o il
linguaggio verbale residuo, i gesti e i segni.
L’aggettivo “alternativa” si riferisce invece ai metodi utilizzati per sostituire la parola
qualora quest’ultima non fosse un obiettivo perseguibile a medio o a lungo termine.
Nell’ambito della CAA è contemplata, dunque, qualsiasi forma di comunicazione che
aumenti le possibilità di comunicare dell’individuo e che offra vie alternative. A tal
proposito è fondamentale puntualizzare che la CAA non nasce come alternativa al
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linguaggio nella sua globalità, ma solo all’aspetto fonetico del linguaggio.1 La CAA non è
quindi sostitutiva del linguaggio verbale e neppure ne inibisce lo sviluppo quando questo è
possibile; si traduce, invece, sempre in sostegno alla relazione, alla comprensione e al
pensiero.2 Il termine “alternativa” infatti, è stato progressivamente sempre meno utilizzato
perché le situazioni in cui l’intervento è in alternativa al linguaggio verbale sono
pochissime (quasi esclusivamente le malattie neurologiche progressive).
Sinteticamente si può definire il concetto di CAA come l’insieme delle conoscenze,
strategie e tecnologie atte a integrare, aumentare o sostituire il linguaggio verbale orale
restituendo all’individuo “non parlante” il ruolo di soggetto comunicante.
La CAA può essere non assistita e assistita.
Per CAA unaided (non assistita) si intende quella comunicazione che non presuppone l’uso
di dispositivi esterni per comunicare, perché utilizza le competenze dell’individuo stesso:
espressioni del volto, vocalizzi, gesti, segni e linguaggio verbale residuo.
La CAA aided (assistita) utilizza invece, per la comunicazione, dispositivi esterni.
Nell’ambito delle modalità di comunicazione aided sono disponibili strumenti elettronici
low-tech (bassa tecnologia), o strumenti elettronici high-tech (alta tecnologia), oppure
strumenti non elettronici. Gli strumenti non elettronici comprendono tutti quegli ausili che
non hanno bisogno di batteria o di circuiti elettrici: sistemi di simboli o di immagini,
tabelle di comunicazione, tabelle alfabetiche. Gli strumenti elettronici comprendono tutti
quegli ausili che hanno bisogno di energia per funzionare. Gli strumenti elettronici
low-tech comprendono ausili di comunicazione a uscita in voce che riproducono singoli
messaggi o messaggi in sequenza di pochi minuti (VOCAs). I dispositivi elettronici
high-tech includono ausili complessi: comunicatori simbolici multi caselle con frontalini
intercambiabili a uscita in voce, comunicatori alfabetici e display dinamici3.
1 Maria Luisa Gava, “La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola”, ed. Franco Angeli,
2007. 2 Aurelia Rivarola, “Comunicazione Aumentativa e Alternativa”, Milano 2009.
3 Secondo la classificazione ISO 9999: 2007, questo tipo di ausili appartiene alla classe 22 “ausili per
comunicazione ed informazione”
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1.2 Cenni storici: nascita ed evoluzione della CAA
La CAA nasce negli anni Settanta in Canada e negli Stati Uniti d’America, soprattutto
nell’ambito delle paralisi cerebrali infantili o di disturbi con prevalente difficoltà
espressiva.
L’acronimo AAC ( Augmentative Alternative Communication) è stato coniato negli Stati
Uniti d’America nel 1983 con la costituzione dell’ISAAC (International Society
Augmentative Alternative Communication) un’associazione internazionale, nata per
volontà di un gruppo multidisciplinare, che riconosce a ogni individuo il diritto di
comunicare anche in situazioni di grave impedimento verbale come previsto
successivamente dalla Carta dei Diritti alla Comunicazione stilata dal National Comittee
for the Communicative Needs of Person with Severe Disabilities nel 1992 (vedi figura 1).
All’ospedale universitario di Jowa City dal 1964 al 1974 venne condotto un primo
programma di CAA rivolto a bambini con paralisi cerebrale infantile. Nel frattempo si
sviluppava anche l’idea che la tecnologia potesse aggirare la disabilità comunicativa e
venivano usate per la comunicazione macchine da scrivere adattate. Il primo ausilio
tecnologico specificatamente dedicato alla comunicazione è stato il POSM (Patient
Operated Selection Mechanism) finanziato dal Polio Research Foundation, usato fino alla
fine degli anni ‘70. Vennero sviluppati, soprattutto nel Nord Europa, molti altri ausili che
erano però accessibili solo a chi aveva acquisito il codice alfabetico e molti dei quali
certamente non erano di facile uso nella vita quotidiana. Nel 1971 Shirley McNaughton,
con un gruppo di colleghi, avviò a Toronto presso l’ Ontario Crippled Children Center un
progetto di ricerca, utilizzando i simboli grafici (Blissymbolics) che Charles Bliss aveva
inventato con l’intenzione di farne un linguaggio universale per eliminare le barriere e le
guerre tra i popoli. Tali simboli, basati sul significato e non sulla fonetica, venivano
appresi con facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice alfabetico e
permettevano l’espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono
entusiasmanti e i simboli Bliss vennero diffusi rapidamente in tutto il mondo. Per molti
anni Blissymbolics è stato il principale sistema grafico utilizzato nel mondo.
Prendendo spunto dalle sue caratteristiche e dal suo utilizzo, sono stati successivamente
creati altri sistemi simbolici per specifiche esigenze e categorie di disabilità nella
comunicazione. La diffusione di questi sistemi simbolici ha contribuito ad accelerare il
processo di strutturazione di questo nuovo campo clinico, che emergeva sempre di più
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come un’area specialistica: venivano pubblicati libri, articoli, test, venivano tenute
relazioni a convegni e conferenze, organizzati corsi di formazione e attivate presso
numerose sedi universitarie del Nord America e del Nord Europa le prime ricerche in
campo clinico e tecnologico. Shirley McNaughton ha creato un’organizzazione, il
Blissymbolics Communication Institute, successivamente rinominato Blissymbolics
Communication International - BCI - (tuttora impegnato nella creazione di nuovi simboli),
che ha prodotto una grande quantità di documentazione, libri, materiale d’uso e anche i
primi software con simboli. Presso il BCI sono stati organizzati corsi di formazione,
frequentati da centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. I corsi non riguardavano
solo il sistema grafico Bliss, ma il suo utilizzo pragmatico: non veniva cioè proposto solo
un metodo, ma un approccio all’interno del quale gli strumenti e i sistemi grafici trovavano
una loro indicazione.
Un approccio funzionale per facilitare la comunicazione delle persone non parlanti
attraverso modalità non orali, fu considerato legittimo solo verso la fine degli anni ‘70.
Una legge americana del 1975 che riconosceva il diritto all’educazione per tutti i bambini
con disabilità, e quindi il loro diritto a vivere nella comunità, diede ancora più forza a
questa corrente di pensiero riabilitativo, anche se molti professionisti continuavano a
sostenere che l’uso di modalità diverse sarebbe andato a detrimento di un possibile
emergere del linguaggio orale. Tale pregiudizio è ancora presente, non solo in molti
genitori, ma anche in molti operatori della riabilitazione. Ricerche di questo periodo nel
campo della linguistica e dello sviluppo del linguaggio nel bambino, aggiunsero nuovi
stimoli a questo approccio alla comunicazione. Molti ricercatori si concentrarono
maggiormente sulla funzione anziché sulla forma dell’atto comunicativo e quindi il
linguaggio incominciò ad essere visto come un mezzo per raggiungere il fine della
comunicazione.
Le terapie logopediche iniziarono quindi a virare dal solo obiettivo di instaurare o
ristabilire un linguaggio orale a quello di migliorare la comunicazione con tutti i codici e le
modalità possibili. Questo nuovo approccio veniva sostenuto da F. Silverman nel libro
“Communication for the Speechless”, tradotto in italiano su iniziativa del Prof. O.
Schindler4, che primo in Italia affermava l’importanza di migliorare la comunicazione di
chi presentava carenza o assenza di linguaggio orale attraverso tutte le modalità possibili.
4 Ordinario di Audiologia e Foniatria; è stato: Direttore del corso di Laurea in Logopedia, Direttore della Scuola di
Specializzazione in Audiologia e Foniatria, Presidente della SIFEL (Società Italiana di Foniatria e Logopedia),
Vicepresidente dello IALP (International Association of Phoniatrics and Logopedics), Presidente del GISD (Gruppo
Italiano per lo Studio della Disfagia), Presidente dell'UEP (Union of European Phoniatricians).
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Dall’inizio degli anni ‘80 iniziarono ad essere pubblicati casi di persone che attraverso
programmi di comunicazione, riuscivano a migliorare la qualità delle loro vite.
Tali programmi venivano comunque sempre implementati dopo il fallimento di forme
tradizionali di terapie del linguaggio.
Nel 1980 e nel 1982 a Toronto si tennero le prime conferenze internazionali sulla
“Comunicazione non orale”. Nel corso della conferenza del 1982 venne presa la decisione
di creare un’organizzazione esclusivamente dedicata a questo campo clinico. Nel 1983
professionisti di 25 paesi del mondo fondarono a New Lansing (Michigan - USA)
l’International Society for Augmentative and Alternative Communication (ISAAC) e
decisero di chiamare l’area di interesse “Augmentative and Alternative Communication”.
In questa sede venne raccomandato di utilizzare il termine derivato dal verbo “to Augment”
(aumentare) in tutte le lingue dove ciò fosse possibile. Il termine “Aumentativa” doveva
chiarire come l’obiettivo dell’intervento dovesse essere quello di incrementare le capacità
comunicative esistenti. In quel periodo il Personal Computer divenne per le persone con
disabilità comunicativa una realtà e così pure gli ausili con uscita in voce sintetica o in
stampa, perché diventavano sempre più piccoli e maneggevoli.
In quegli anni i progressi nell’area della tecnologia erano quelli che più sembravano
connotare il campo della CAA. Come spesso succede, il grande entusiasmo per la
tecnologia portò a considerare gli ausili soluzioni per tutti i problemi; ci volle molto tempo
per capire che erano mezzi preziosi solo se utilizzati per precisi obiettivi, occasioni e
contesti. In quel periodo si svilupparono numerose ricerche che fornivano conoscenze e
teorie di base e contribuirono al riconoscimento scientifico del campo della CAA. I temi
emergenti delle ricerche, che hanno motivato dibattiti e relazioni a congressi, hanno
interessato diversi ambiti. Sono state riportate ricerche su quali caratteristiche dei simboli
grafici facilitassero l’apprendimento e la memorizzazione degli stessi, ricerche e articoli
sull’argomento della “selezione del vocabolario”, sulle modalità interattive tra il partner
parlante e non parlante, ricerche sul ruolo dei simboli grafici nell’acquisizione della lingua
e nell’apprendimento della letto-scrittura, ricerche sul controllo dei comportamenti
problematici tramite la CAA, ricerche sulle tecniche di accelerazione della comunicazione
tramite predizione lessicale. Inoltre avvenivano dibattiti sulla terminologia in CAA,
venivano pubblicati articoli che riferivano l’applicazione della CAA in diverse condizioni
di disabilità e ancora ricerche sui diversi modelli di valutazione e intervento in CAA, fino
alle più recenti ricerche sulla quantificazione dei risultati e sulla posizione della CAA
rispetto alla pratica basata sull’evidenza.
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In Italia la diffusione e lo sviluppo della CAA ha registrato e continua a registrare un
ritardo rispetto al Nord America e al Nord Europa.
Tappe significative nella diffusione della CAA in Italia possono essere considerate i primi
meeting internazionali del BCI a Catania e a Milano, rispettivamente nel 1983 e nel 1988.
Successivamente nel 1989 la formazione del Gruppo Italiano per lo Studio della
Comunicazione Aumentativa e Alternativa (GISCAA) e nel 1996 la creazione della prima
scuola annuale di formazione in CAA a Milano presso il Centro Benedetta D'Intino onlus.
La tappa certamente più significativa per il nostro Paese è stata la fondazione nel 2002 del
Chapter ISAAC Italy. ISAAC Italy raduna in Italia le persone interessate e coinvolte nella
CAA, cioè le persone che utilizzano la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, i loro
familiari ed amici, professionisti, tecnici ed aziende che distribuiscono in Italia ausili e
materiali per la CAA.
Gli scopi dell’ISAAC possono essere sintetizzati come segue:
diffusione delle attuali conoscenze in ambito di CAA (strumenti, codici,
metodologie, strategie specifiche);
promozione di studi e ricerche nel campo della disabilità verbale;
creazione di una cultura della comunicazione umana con un’accezione più ampia
del linguaggio verbale, che comprenda modalità complementari ma anche
alternative alla parola. Includendo, quindi, all’interno del concetto di
comunicazione tutto ciò che consenta, faciliti o potenzi le intenzionalità espressive
di un individuo, ivi compresi i residui vocali, lo sguardo, la mimica, il gesto, la
postura, i codici alternativi, gli strumenti tecnologici e qualunque ausilio possa
essere utile a questo scopo.
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Figura 1. Carta dei Diritti alla Comunicazione
Carta dei Diritti alla Comunicazione (National Commitee for the Communication Needs of Person with Sever Disabilites,
1992)
Ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di
influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita.
Oltre a questo diritto di base devono essere garantiti i seguenti diritti specifici:
I
Il diritto di chiedere oggetti, azioni, persone e di esprimere preferenze e sentimenti.
II
Il diritto di scegliere tra alternative diverse.
III Il diritto di rifiutare oggetti, situazioni, azioni non desiderate e di non accettare tutte le
scelte proposte.
IV
Il diritto di chiedere e ottenere attenzione e di avere scambi con altre persone.
V
Il diritto di richiedere informazioni riguardo oggetti, persone, situazioni o fatti che
interessano.
VI
Il diritto di attivare tutti gli interventi che rendano loro possibile comunicare con
messaggi in qualsiasi modo e nella maniera più efficace indipendentemente dal grado di
disabilità.
VII
Il diritto di avere riconosciuto comunque il proprio atto comunicativo e di ottenere
una risposta anche nel caso in cui non sia possibile soddisfare la richiesta.
VIII
Il diritto ad avere accesso in qualsiasi momento ad ogni necessario ausilio di
comunicazione aumentativa alternativa, che faciliti e migliori la comunicazione e il
diritto di averlo sempre aggiornato e in buone condizioni di funzionamento.
IX
Il diritto a partecipare come partner comunicativo, con gli stessi diritti di ogni altra
persona, ai contesti, interazioni e opportunità della vita di ogni giorno.
X
Il diritto ad essere informati riguardo a persone, cose e fatti relativi al proprio
ambiente di vita.
XI
Il diritto di ricevere informazioni per poter partecipare ai discorsi che avvengono
nell’ambiente di vita, nel rispetto della dignità della persona disabile.
XII
Il diritto di ricevere messaggi in modo comprensibile e appropriato dal punto di vista
culturale e linguistico.
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1.3 La popolazione disabile verbale: ambiti di applicazione della CAA
L’ambito della CAA risulta piuttosto vasto e può interessare individui di età diverse, con
patologie molto varie: l’intervento di CAA può essere rivolto ad ogni persona (bambini e
adulti) che, per diverse ragioni, non siano in grado di comunicare primariamente con il
linguaggio verbale (orale o scritto). L’adozione di un sistema di CAA può essere
temporaneo o permanente a seconda dell’eziologia del disturbo e degli obiettivi posti
dall’intervento. Gli ambiti di applicazione sono dunque: le patologie congenite (alcuni
esempi sono: i disturbi generalizzati dello sviluppo, le paralisi cerebrali infantili, il ritardo
mentale, i deficit uditivi, i deficit prassici), le patologie acquisite (alcuni esempi sono: i
traumi cranici, l’ictus, le laringectomie, gli interventi demolitivi del cavo orale, le paralisi
bilaterali degli adduttori delle corde vocali), le patologie evolutive (alcuni esempi sono: la
sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, la malattia di Parkinson, la distrofia
muscolare, la leucodistrofia, l’atrofia muscolare spinale) e le patologie temporanee (alcuni
esempi sono: lo shock, le intubazioni).
Dopo queste brevi premesse, è utile, per avere una dimensione del problema, considerare i
dati epidemiologici presenti in letteratura.
I dati epidemiologici mostrano un’area di bisogno consistente: i dati internazionali
mostrano che tra lo 0,5 e lo 0,9% della popolazione infantile necessita di un intervento di
CAA.5
In Italia, più del 2% della popolazione tra 0 e 18 anni è disabile e almeno un quarto di essa
presenta disturbi di comunicazione transitori o permanenti, per un totale di circa 50.000
ragazzi e famiglie all’interno di diagnosi anche molto diverse (Costantino e Bergamaschi,
2005).
Beukelman (2012) evidenziò diversi fattori che hanno contribuito all’aumento del numero
di individui che necessitano dell’utilizzo della CAA. Ad esempio, l’aumento negli ultimi
anni dell’incidenza dei disturbi dello spettro autistico (DSA): negli Stati Uniti 1 bambino
su 88 riceve diagnosi di DSA (Centro per la Prevenzione e per il Controllo delle Malattie,
2011) e di questi bambini il 30-50% non sviluppa un linguaggio funzionale e necessita
della CAA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2001). Inoltre, grazie ai progressi della
medicina, sono aumentati i tassi di sopravvivenza di bambini con disturbi dello sviluppo
alla nascita o con disturbi dello sviluppo acquisiti e ciò ha portato al conseguente aumento
del numero di persone con disabilità permanenti, molte delle quali presentano disturbi della
5 J.A. Matas, P. Mathy-Laikko, D.R. Beukelman , K. Legresley, “Identifying the nonspeaking population: a
demografic study”, Augmentative and Alternative Communication, 1985;1: 17-31
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comunicazione. Ad esempio, l’incidenza delle paralisi cerebrali infantili (PCI) negli Stati
Uniti sta aumentando (Loyola University Health System, 2010), rappresentando così una
delle principali cause di disabilità permanenti in età evolutiva. Non solo è aumentata
l’incidenza delle disabilità comunicative, ma è anche aumentata l’aspettativa di vita e
questo ha portato all’aumento della prevalenza della disabilità comunicativa. Inoltre,
l’aumentata aspettativa di vita ha portato all’aumento della percentuale di persone anziane
(oltre i 65 anni) che hanno quindi maggiori probabilità di sviluppare patologie cronico-
degenerative con conseguenti disturbi sensoriali, percettivi, motori, cognitivi e del
linguaggio fino ad avere bisogno della CAA per sostenere la comunicazione (Segalman,
2011).6
Data la complessità della popolazione disabile verbale si può operare una suddivisione in
tre livelli per avere una visione più organica. Tale suddivisione non deve essere considerata
in modo rigido poiché i soggetti di un livello possono nel tempo acquisire le competenze
caratterizzanti un altro livello. Possiamo dunque suddividere la popolazione disabile
verbale distinguendo tra: a) soggetti che presentano capacità di letto-scrittura, che hanno
un linguaggio interno strutturato e che quindi necessitano solamente di un by-pass
strumentale e di un ambito che faciliti la comunicazione; b) soggetti che non presentano
abilità di letto-scrittura ma che possiedono i prerequisiti per l’adozione di strumenti
alternativi (solo se il soggetto ha la capacità di rivolgere comunicazioni intenzionali si può
proporre l’utilizzo di tecniche più o meno complesse per lo sviluppo della comunicazione);
c) soggetti che non presentano i prerequisiti necessari per l’adozione di strumenti
alternativi e che quindi necessitano di un intervento di comunicazione iniziale.
1.4 La CAA in età evolutiva: principi generali di base
L’aspetto fondamentale che differenzia l’intervento di CAA rispetto agli interventi
riabilitativi classici è l’attenzione al contesto e agli interlocutori del bambino (partner di
comunicazione). L’intervento deve mirare, dunque, oltre che alla valorizzazione e
all’incremento delle risorse comunicative del bambino, anche alla modificazione delle
caratteristiche fisiche e familiari dell’ambiente, per renderlo più leggibile al bambino.
Quanto finora affermato trova giustificazione anche nella definizione dell’ ASHA
(American Speech Language Hearing Association): “ La C.A.A. si riferisce anche ai soli
aggiustamenti dei comportamenti degli interlocutori”. I modelli di intervento si rivolgono
6 Janice Light, David McNaughton, “The changing face of Augmentative and Alternative Communication:
past, present, and future challenges”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (4): 197-204
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pertanto, sia alla persona con disabilità, sia a coloro che interagiscono con essa
quotidianamente. I caregivers, cioè i familiari, gli insegnanti, gli operatori e tutti coloro che
si trovano ad interagire abitualmente con la persona disabile, sono necessariamente parte
integrante degli interventi rivolti a sostenere i processi comunicativi e relazionali.
Partendo dal concetto di base che “la comunicazione non si insegna ma si esplica nei reali
contesti di vita del bambinoӏ immediatamente chiaro che, quando si parla di interventi di
CAA, non si tratta di insegnare qualcosa, di far apprendere delle tecnologie o prescrivere
degli ausili, ma si tratta di favorire le interazioni naturali, incoraggiare e sostenere la
comunicazione e la relazione con il bambino all’interno dei suoi contesti di vita.7 Pertanto,
quando si parla di intervento di CAA non ci si riferisce ad un setting predefinito, ma ci si
riferisce a delle interazioni, che devono avvenire nella maniera più naturale ed ecologica
possibile. Un'altra caratteristica della CAA è il concetto di sistema multimodale: la CAA si
propone di valorizzare ed incrementare tutte le risorse comunicative, sia nelle componenti
naturali che nelle componenti aumentative integrandole in un sistema comunicativo
globale. In un progetto di CAA bisogna quindi identificare, interpretare e valorizzare il
sistema di comunicazione esistente, dove per esso si intende l’insieme delle risorse naturali
della persona (comunicazione unaided). E’ importante, ad esempio, comprendere il modo
di esprimere accettazione o rifiuto, dare significato alla mimica del volto, allo sguardo, alla
pantomima, ai gesti usati e capire se esiste un modo codificato per dare l’assenso/dissenso.
L’identificazione del sistema di comunicazione esistente permette di costruire nuove
competenze a partire dalle abilità presenti e di consigliare strategie, strumenti e differenti
tipi di ausili di comunicazione speciali (comunicazione aided) che realmente migliorino le
possibilità comunicative. Per raggiungere questo obiettivo è prioritario conoscere i bisogni
e le occasioni di comunicazione del bambino in tutti gli ambienti di vita.
Altro aspetto cruciale dell’intervento di CAA riguarda la partecipazione: la CAA si
propone di incrementare in modo significativo la partecipazione in contesti naturali.
Attraverso l’incremento della partecipazione automaticamente si incrementa la quantità e
la qualità di opportunità di comunicazione. Il solo vero prerequisito per intraprendere un
intervento di CAA è la presenza di reali opportunità di comunicazione (Mirenda P. et altri,
1990).
7 Ermellina Fedrizzi “I disordini dello sviluppo motorio”, ed. Piccin, 2009; p. 189-200
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17
1.5 Il ruolo dei partner di comunicazione
La ricerca ha dimostrato che il continuo supporto dei partner di comunicazione è
fondamentale per il successo dell’intervento di CAA: quando esiste tale supporto, in
combinazione con il supporto di professionisti e con adeguate soluzioni di CAA, sono
possibili esiti positivi dell’intervento e, quando non esiste, sono stati documentati alti tassi
di rifiuto della CAA ( Fager, Hux, Beukelman, Karantounis, 2006; Johnson et al., 2006;
Lund e Light, 2007). Garantire che i partner comunicativi abbiano un ruolo significativo
nella scelta delle soluzioni di CAA durante il processo di valutazione è una strategia per
aiutare ad aumentare l’accettazione della CAA.
I partner di comunicazione in genere hanno relazioni di natura sociale, educativa o di cura
con l’utente, tramite la CAA. I partner di comunicazione collaborano allo scambio
comunicativo ad un livello superiore di quanto generalmente previsto per un ascoltatore,
lavorando insieme all’utente di CAA alla co-costruzione dei messaggi, evitando le cadute
della comunicazione (Beukelman et al., 2007). È comune per i membri della famiglia avere
il ruolo sia di facilitatori che di partner di comunicazione, pertanto dovrebbero essere
fortemente coinvolti nel processo di valutazione.8 Bronfenbrenner (1995) ha sottolineato la
grande influenza che la responsività del partner ha sull’apprendimento e sullo sviluppo del
bambino. La responsività è riferita a specifici comportamenti comunicativi come le
risposte contingenti ai potenziali atti comunicativi del bambino (Warren, Brady, Sterling,
Fleming, Marquis, 2010). Secondo altri autori, essere un partner responsivo significa
fornire al bambino occasioni di comunicazione strutturate e utilizzarle per insegnargli
forme di comunicazione più simboliche (Cress e Marvin, 2003; Snell, 2002).
Può essere, dunque, definito responsivo un partner di comunicazione capace di: 1)
osservare ed ascoltare il bambino con bisogni comunicativi complessi, assumendo il suo
punto di vista e partendo dal suo focus di interesse; 2) assumere un comportamento di
attesa, concedendo al bambino più tempo per reagire e rispondere; 3) dare risposta a tutti i
suoi segnali comunicativi; 4) offrire opportunità di utilizzo della CAA e 5) creare
opportunità di comunicazione nel contesto delle attività quotidiane.
Fornire supporti efficaci di formazione per i genitori costituisce, dunque, una parte
importante dell’intervento precoce per i bambini con bisogni comunicativi complessi
(Woods, Wilcox, Friedman, Murch, 2009) . La formazione dei genitori può essere parte di
8 Cathy Binger, Laura Ball, Aimee Dietz, Jennifer Kent-Walsh, Joanne Lasker, Shelley Lund, Miechelle
McKelvey, Wendy Quach, “Personnel roles in the AAC assessment process”, Augmentative and Alternative
Communication, 2012, 28 (4): 278-288
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18
un programma globale di intervento che coinvolge il bambino oppure può essere un
intervento a sé stante.
Diversi studi dimostrano che l'intervento centrato sul genitore può portare ad aumentare la
responsività dei genitori e ha effetti positivi sulla comunicazione di entrambi i genitori e
dei loro figli (Girolametto, Sussman, Weitzman, 2007; Mahoney, Perales, 2003;
McConachie, Randle, Hammal, Le Couteur, 2005; Pennington et al., 2009; Yoder, Warren,
2002). 9
9Malin Broberg, Ulrika Ferm, Gunilla Thunberg, “Measuring responsive style in parents who use AAC with
their children: development and evaluation of a new instrument”, Augmantative and Alternative
Communication, 2012, 28 (4): 243-253
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19
CAPITOLO II
IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DEL BAMBINO CON BISOGNI
COMUNICATIVI COMPLESSI
Per una valutazione completa e per una presa in carico globale del bambino con bisogni
comunicativi complessi è indispensabile la partecipazione ed il coinvolgimento di
un’equipe multidisciplinare tuttavia, nel seguente capitolo, verranno presi in
considerazione solo i campi di competenza del logopedista.
2.1 Considerazioni generali
La valutazione e la realizzazione di un programma di CAA sono processi dinamici e in
progressione e vanno gestiti da operatori formati in CAA.
A causa dell’eterogeneità dei fruitori della CAA e di conseguenza delle loro esigenze e
competenze, la valutazione in CAA è un processo molto complesso che richiede una lunga
esperienza, conoscenze e competenze in ambito di CAA, quindi la valutazione può essere
condotta da un team. Tuttavia, la presenza di un team di valutazione è un altro fattore che
può contribuire alla complessità della valutazione in CAA. La complessità della
valutazione in CAA è ulteriormente aggravata dalla mancanza di evidenze riguardo al
processo decisionale in ambito clinico. La ricerca è molto attiva in questo senso tuttavia,
poco si sa su come i professionisti sanitari prendono decisioni durante il processo di
valutazione in CAA.10
Una valutazione accurata degli aspetti di interazione, delle abilità ed esigenze
comunicative e linguistiche, delle funzioni e delle forme del comportamento comunicativo
e delle caratteristiche sensoriali del bambino, nonché delle aspettative, delle modalità
comunicative dell’ambiente e delle barriere e opportunità di comunicazione che esso crea,
costituisce la base di partenza per l’attuazione di un percorso abilitativo. La conoscenza
approfondita del sistema comunicativo del bambino deve avvenire attraverso
l’osservazione non solo all’interno del setting di terapia ma anche in altri ambienti: si
devono valutare gli ambienti significativi per la persona con complessi bisogni
comunicativi e la loro influenza sul suo funzionamento comunicativo, cognitivo e sociale,
quali la scuola e l’ambito familiare. Per sistema comunicativo si intende l’insieme
10
Aimee Dietz, Wendy Quach, Shelley K. Lund, Michelle McKelvey, “AAC Assessment and Clinical-
Decision Making: The Impact of Experience”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (3):
148-159
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20
costituito dal repertorio individuale delle modalità comunicative (anche non simboliche) e
dalle caratteristiche dei partner comunicativi.11
La valutazione si compone di una osservazione informale: cioè un’osservazione del
comportamento spontaneo del bambino e di una valutazione formale che si avvale di
materiale strutturato (test, questionari, interviste). Nella valutazione bisogna fare proposte
che possano evidenziare da subito le competenze del bambino, è opportuno inoltre, creare
fin dal primo incontro di valutazione occasioni comunicative, perché il bambino non solo
risponda, ma anche inizi l’interazione. Avere a disposizione e proporre da subito strumenti
di CAA è indispensabile perché permettono al bambino di controllare l’ambiente, di fare
scelte e permettono a chi valuta di cogliere la sua modificabilità già nel corso di un primo
incontro. In questo senso la valutazione è già l’inizio dell’intervento e non termina con
esso. Devono essere previste frequenti rivalutazioni perché cambiano le abilità cognitive,
le condizioni fisiche e i bisogni del bambino e quindi occorre modificare strategie,
strumenti e ridefinire gli obiettivi dell’intervento. Il progetto di CAA si costruisce sulle
abilità presenti e l’intervento consiste anche nel cercare di superare le barriere alla
comunicazione. Sono denominate barriere di accessibilità quelle che si riferiscono al
bambino e riguardano l’aspetto comunicativo, cognitivo, emotivo, sociale, sensoriale e
motorio. Le barriere di opportunità riguardano l’ambiente e riflettono l’insieme di
politiche, leggi, prassi, attitudini e possono tradursi nell’assenza di conoscenze specifiche
sulla CAA e sui disturbi di comunicazione, in un atteggiamento negativo nei confronti
della disabilità, nella carenza di strutture e di personale qualificato. Queste barriere,
limitando la piena partecipazione alla vita sociale delle persone disabili, impediscono la
reale implementazione di un progetto di CAA: in un processo circolare, una scarsa
partecipazione significa scarsa esperienza di comunicazione e una scarsa acquisizione di
competenza sociale.
11
Elena Danna “La comunicazione visiva: una proposta di intervento”, Presa in carico e intervento nei
disturbi dello sviluppo, ed Erickson, p. 372-391
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21
2.2 La valutazione delle competenze comunicative
2.2.1 Il Modello di Partecipazione
Un modo per osservare l’utente di CAA e l’ambiente in cui è inserito è l'applicazione del
Modello di Partecipazione (Beukelman e Mirenda, 1992, 1998, 2005) (vedi figura 2).
Questo modello fornisce una struttura per la valutazione e l'intervento e propone metodi
per modificare i molti aspetti delle barriere di comunicazione degli utenti di CAA. Il
Modello di Partecipazione è finalizzato all'individuazione ed al superamento continuo di
questi ostacoli. L'obiettivo principale è di facilitare ogni persona cercando di eliminare gli
ostacoli ed incrementando i livelli di partecipazione dell'individuo stesso nei contesti
naturali più significativi progettando degli interventi specifici, opportuni e mirati. Il
principio basilare del Modello di Partecipazione consiste nel concetto che per incrementare
la comunicazione è necessario incrementare in modo significativo la partecipazione in
contesti naturali. La valutazione secondo questo modello parte dall’individuazione dei
bisogni di partecipazione del bambino, compresi i bisogni comunicativi nei contesti
naturali come sono la casa e l'ambiente scolastico. Attraverso opportune schede di
registrazione della partecipazione (valutando dunque le barriere di accesso e di
opportunità) è possibile registrare le abilità che ogni utente possiede e di cui ha bisogno al
fine di offrire suggerimenti utili e le soluzioni più idonee per eliminare gli ostacoli
presenti. Vengono pertanto valutate le barriere di accesso, facendo riferimento ad una serie
di abilità funzionali che gli esseri umani normalmente sviluppano ovvero valutando la
disponibilità di mezzi per comunicare pienamente in tutte le situazioni; e le barriere di
opportunità considerando come l’ambiente familiare, medico, educativo, governativo e
comunitario influenza lo sviluppo delle abilità potenziali e le libertà di ogni utente CAA.
Inoltre possono essere indicati e registrati gli obiettivi e le soluzioni per la pianificazione di
un intervento di CAA. Il punto di partenza è la valutazione delle disabilità per focalizzare
poi l'interesse sulle abilità presenti ed affidabili, potenziali o potenziabili.
Il modello di partecipazione richiede che siano valutati per confronto i modelli di
partecipazione dei pari non disabili in contesti significativi. I modelli di partecipazione dei
bambini che saranno oggetto degli interventi vengono valutati negli stessi contesti dei pari
e a questi confrontati.
Un altro modello utilizzato è quello che permette la registrazione e la valutazione
dinamica dei progressi ottenuti dall'utente in seguito all'attuazione del Modello di
Partecipazione come struttura per l'intervento. All'interno di tale valutazione ogni
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22
soluzione viene selezionata e provata fino ad essere integrata nel programma aggiustando,
se necessario, lo stesso. Tale modello è costituito da un processo di attuazione circolare ed
è uno strumento utile che permette di migliorare le abilità di interazione sociale di un
paziente, nonostante una grave disabilità fisica, cognitiva o verbale.
Figura 2. Modello di Partecipazione
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23
2.2.2 Social Networks
Social Networks12
da un punto di vista teorico, si basa su modelli ampiamente accettati.
Questo strumento sostiene il Modello di Partecipazione e rispecchia le raccomandazioni
riportate nella Classificazione della Funzionalità, Disabilità e Salute (ICF) a cura
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), incoraggiando lo sviluppo di
programmi di intervento che pongano enfasi sulla comunicazione funzionale e sulla
partecipazione alla vita della comunità. Si tratta di una rilevazione di dati che mette in
grado gli operatori di raccogliere informazioni dalla persona, dalla famiglia e dagli
operatori di CAA, sui cerchi dei partner comunicativi della persona stessa e sulle sue
attuali modalità di espressione e che permette di assistere queste persone nello sviluppo
degli obiettivi comunicativi, pianificando gli interventi di CAA e misurandone i progressi.
Social Networks non rappresenta una misurazione obiettiva dei comportamenti
comunicativi, piuttosto è uno strumento che permette che vengano considerate le
percezioni di più persone nella programmazione degli interventi nel lungo periodo. Come
tale, è un’ utile componente di una valutazione globale in CAA, di una programmazione
degli interventi e del follow-up. Partendo dal presupposto che la comunicazione è
multimodale, Social Networks fa si che gli operatori raccolgano informazioni sull’uso di
diverse modalità comunicative nell’ambito dei diversi contesti, attività e partner con una
modalità sistematica. Social Networks può aiutare a mettere in rilievo le aree specifiche di
competenza che richiedono lo sviluppo di abilità, in ciascuno dei cinque cerchi di
comunicazione (1. i partner comunicativi che accompagnano la vita di una persona; 2. gli
amici più cari, i parenti; 3. i conoscenti; 4. i lavoratori retribuiti per occuparsi della
persona; 5. i partner non familiari) (vedi figura 3) e per ciascuno dei tre gruppi di
comunicazione (1. “comunicazione emergente”; 2. “comunicazione contesto-dipendente”;
3. “comunicazione indipendente”) (vedi figura 4). Grazie a tale impostazione esso consente
di osservare come i pattern di interazione facilmente cambiano nelle diverse situazioni
sociali, con persone differenti e in diversi periodi di tempo, nel corso della vita di una
persona. Inoltre Social Networks aiuta ad individuare i componenti della famiglia che
possono trarre vantaggio da momenti di formazione destinati ai partner comunicativi. Il
Fascicolo di Rilevazione dei Dati del Social Networks è utilizzato per registrare le
informazioni durante ogni intervista. L’intervistatore, di solito un logopedista, effettua la
12
S. W. Blackstone e M. Hunt Berg, “Social Networks: rilevazione dei dati sulla comunicazione per persone
con bisogni comunicativi complessi e i loro partner comunicativi”, versione italiana a cura di A. Rivarola e
G. Veruggio, 2010; ed. Omega
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24
rilevazione, in una o più sessioni, con due o tre persone: un membro della famiglia, un
professionista pagato che è a conoscenza delle esperienze quotidiane di comunicazione
della persona e, quando possibile, la persona con complessi bisogni comunicativi. Le
interviste sono condotte con la contemporanea collaborazione di tutte le persone o con ogni
persona separatamente. Gli intervistatori possono decidere di omettere delle sezioni o di
cambiare l’ordine di proposta delle varie sezioni (vedi figura 5). Alla fine del fascicolo di
rilevazione dei dati sono previste inoltre le schede riassuntive che permettono
all’intervistatore ed all’ équipe di:
1. avere un quadro di tutti i partner comunicativi ed identificare i partner chiave;
2. identificare tutte le modalità utilizzate e la loro efficacia e chiarire quale è la modalità
principale in ogni cerchio;
3. riassumere le informazioni che si riferiscono alle capacità ed abilità della persona e
all’utilizzo delle strategie rappresentative, delle tecniche di selezione, delle strategie di
interazione e degli argomenti preferiti;
4. sviluppare obbiettivi funzionali di comunicazione che vadano incontro ai bisogni e alle
priorità della persona in ogni cerchio dei partner comunicativi.
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25
Figura 3. Il Modello dei Cerchi dei Partner Comunicativi (CCP)
PRIMO CERCHIO: I partner comunicativi che accompagnano la vita di una persona.
Il primo cerchio comprende i componenti della famiglia ed altri con i quali una persona risiede o è in relazione.
SECONDO CERCHIO: Gli amici più cari / i parenti. Il secondo cerchio rappresenta le persone con le quali la persona trascorre il tempo libero, condivide interessi reciproci, gioca e ha
confidenza .
TERZO CERCHIO: I conoscenti. Questo cerchio comprende le persone con le quali una persona ha un rapporto di conoscenza ma con cui non socializza regolarmente
(es.: vicini di casa, i compagni di scuola, i colleghi di lavoro).
QUARTO CERCHIO: I lavoratori pagati.
Queste sono persone che generalmente vengono pagate nei periodi di tempo in cui interagiscono con la persona (es.: terapisti, medici, insegnanti, assistenti tecnici, assistenti personali, babysitter, tutors sul posto di lavoro).
QUINTO CERCHIO: Partner non familiari.
Il quinto cerchio rappresenta "tutti gli altri". Nel riempire questo cerchio, gli intervistati non identificano delle persone in particolare. Piuttosto,essi sono portati a pensare a categorie di persone come potenziali interlocutori (es. negozianti, camerieri, lavoratori del
trasporto pubblico).
Figura 4. I tre gruppi di comunicatori (Dowden, 1999; Dowden e Cook, 2002)13
Gruppo “Comunicazione Emergente”: le persone che non hanno a disposizione valide modalità di espressione simbolica, utilizzano strategie iniziali di comunicazione (espressioni del viso, linguaggio del corpo, sguardo, gesti, vocalizzi o altre modalità di
comunicazione non simbolica). L’intervento di CAA per questo gruppo di solito è focalizzato su (1) stabilire una prima modalità
affidabile di espressione simbolica (2) aumentare le opportunità per interagire con diversi partners e (3) espandere la comunicazione oltre argomenti sul “qui ed ora”. L’intervento può aiutare la persona fornendo sia le modalità che le opportunità di comunicare in
maniera più efficace con un crescente numero di partners comunicativi e di utilizzare strategie di comunicazione simbolica in maniera
più consistente ed affidabile.
Gruppo “Comunicazione contesto-dipendente”: una larga percentuale delle persone che ricevono interventi di CAA sono nel gruppo
della comunicazione contesto-dipendente. Le loro competenze ed abilità possono variare ampiamente. Alcune persone sono in grado di
comunicare solo in alcuni contesti con un numero ridotto di partners molto familiari. Altre sono in grado di comunicare efficacemente in vari contesti con differenti partners: tuttavia per essere capite o per accedere ad un vocabolario appropriato, tutti questi
“comunicatori contesto-dipendenti” si devono affidare al supporto di partners familiari poiché: (1) si affidano ad espressioni vocali
gravemente incomprensibili o a strategie di comunicazione personalizzate, che richiedono familiarità con il partner, (2) non hanno accesso ad un sufficiente e/o appropriato vocabolario, (3) mancano di abilità di letto/scrittura o di linguaggio necessarie a generare
nuovi messaggi, (4) dipendono dagli altri per selezionare e pre-programmare il loro vocabolario (5) non hanno accesso a tecnologie
appropriate. Gli obbiettivi dell’intervento per le persone la cui comunicazione è contesto- dipendente si focalizzano sull’ aumento del vocabolario disponibile, sull’incremento delle abilità con le quali sono utilizzate le strategie di CAA, sullo sviluppo del linguaggio e le
abilità di literacy per ottimizzare l'indipendenza comunicativa, sulla fornitura di tecnologie di CAA ed istruzioni sul loro utilizzo, sulla
formazione dei partners comunicativi. Inoltre gli obiettivi possono focalizzarsi sull'aumento della partecipazione nei vari cerchi e/o sull’aumento del numero di partners all'interno di specifici cerchi e sull'espansione della gamma di argomenti di cui parlare.
Gruppo “Comunicazione Indipendente”: le persone in questo gruppo possono interagire sia con i partners familiari sia con quelli
non abituali su qualsiasi argomento, in qualsiasi contesto. Queste persone sono di solito in grado di leggere e scrivere e hanno l'abilità di comunicare messaggi in modo indipendente. Gli obiettivi dell'intervento si possono focalizzare sull’utilizzo di tecnologie di CAA
per migliorare le competenze operative, linguistiche e strategiche, sul rafforzamento del livello delle strategie, sull’ampliamento delle
possibilità comunicative, sull’affinamento delle abilità pragmatiche e di interazione sociale, sul sostegno della partecipazione alle attività legate al lavoro, all'educazione e alla vita nella comunità.
13
Sarah W. Blakstone, “Social Networks: What is it? Why use it?”, ACN - Augmentative Communication
News, 2003, 15(2): 1-13
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26
Figura 5. Le dieci sezioni del Social Networks
I. Informazioni identificative.
L'intervistatore provvede a rilevare le informazioni di base sulla persona, sull’intervistato e sulla
situazione dell’intervista.
II. Comportamenti ed abilità della persona.
L'intervistatore chiede all’intervistato di valutare i livelli di abilità della persona nelle diverse aree
funzionali, in base ad una scala: Adeguato all’età /nel range di normalità; Invalidità di grado lieve;
Invalidità di grado medio; Invalidità di grado severo. Sono previste domande su: (1) emissione
della parola, (2) linguaggio (ricettivo ed espressivo, scrittura e lettura), (3) visione, (4) udito, (5)
abilità motorie, (6) capacità cognitive, (7) comportamenti adattivi e (8) utilizzo dell’ Assistive
Technology.
III. Cerchi dei Partner Comunicativi.
L'intervistatore presenta all’intervistato lo schema dei Cerchi dei Partner Comunicativi (CCP) e
chiede all’intervistato di identificare le persone in ogni cerchio. Quindi l’intervistato identifica (a)
il partner comunicativo primario della persona , (b) il partner più abile, (c) il partner con cui la
persona passa la maggior parte del tempo, (d) il partner comunicativo preferito, (e) il partner più
disponibile ad imparare nuovi comportamenti e (f) il partner che più è in grado di insegnare alle
altre persone come comunicare efficacemente con la persona.
IV. Modalità di espressione.
L'intervistatore concentra la sua attenzione sull'uso corrente delle differenti modalità di espressione
da parte della persona. Le modalità includono espressioni del viso/linguaggio del corpo,
gesti/sguardo, vocalizzazioni, segni manuali, parole, scrittura/disegno, tabelle/libri di
comunicazione non elettronici, ausili di comunicazione semplici o complessi, software speciali di
comunicazione, telefono ed e-mail. L’intervistatore fa inoltre domande sulla frequenza, efficienza,
efficacia ed intelligibilità di ogni modalità. Infine l’intervistatore chiede con quali modalità la
persona comunica abitualmente in ogni cerchio.
V. Strategie Rappresentative.
Questa sezione approfondisce se la persona utilizza correntemente oggetti, fotografie, set e sistemi
pittografici, sistemi basati sull’ortografia, segni manuali, strategie uditive e/o altre strategie per
esprimere il linguaggio. Dopo aver identificato le specifiche strategie rappresentative,
l’intervistatore interroga l’intervistato sull’efficacia, efficienza ed intelligibilità di ogni strategia
che la persona usa.
VI. Tecniche di selezione.
L’intervistatore chiede all’intervistato di identificare le tecniche di selezione che sono utilizzate
correntemente e di valutare la loro efficacia. Sono incluse la selezione diretta, la selezione a codice
basata su icone , i codici alfanumerici , la scansione non elettronica ed elettronica.
VII. Strategie di supporto all’interazione.
Scopo di questa sezione è identificare le specifiche strategie che le persone ed i loro partner
utilizzano correntemente per sostenere l’efficacia della espressione e/o la comprensione da parte
della persona delle comunicazioni quotidiane. L’intervistato valuta anche se la strategia è efficace
“per la maggior parte del tempo”, “qualche volta”, “raramente” o “mai”.
VIII. Argomenti di conversazione.
L’intervistatore chiede all’intervistato di identificare gli argomenti di conversazione di cui la
persona parla con il partner principale in ogni cerchio. Quindi si chiede all’intervistato quali
sarebbero gli argomenti di cui la persona vorrebbe parlare se avesse i mezzi per farlo.
IX. Tipi di comunicazione.
Nell’ultima sezione, l’intervistatore chiede all’intervistato se può descrivere la persona come
comunicatore emergente, comunicatore contesto-dipendente o comunicatore indipendente.
X. Riassumere le informazioni del Social Networks.
Dopo ogni intervista le informazioni possono essere organizzate per renderle più comprensibili ed
utili.
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27
2.2.3 Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (VCAA)
VCAA14
(traduzione italiana di ACAP – Augmentative Communication Assessment Profile)
è uno strumento utile ad identificare il sistema di CAA più idoneo alle caratteristiche
comunicative del soggetto affetto da autismo. Questo strumento riguarda solamente l’uso
dei segni e i metodi di comunicazione a bassa tecnologia: i sistemi basati sullo scambio di
immagini (Picture for Object Trading, Picture Exchange Communication System) e i
sistemi basati sull’indicazione delle immagini. Questa scelta trova giustificazione nel fatto
che per questi bambini, il ricorso a sistemi di CAA ad alta tecnologia non migliorerebbe
significativamente la loro competenza comunicativa in quanto, insita nei disturbi dello
spettro autistico, c’è una difficoltà nella comprensione della comunicazione e
dell’interazione sociale che contraddistingue questa popolazione di soggetti. Fino ad oggi
questo strumento è stato utilizzato solamente per la valutazione di bambini affetti da
autismo ma non c’è ragione di escludere la possibilità di impiego come ulteriore strumento
di valutazione, utile per persone prive di abilità verbali ma fisicamente abili. Lo strumento
prevede una sezione di pre-valutazione costituita di quattro domande a cui è necessario
ottenere una risposta positiva per poter procedere con la successiva valutazione. Il profilo
di valutazione viene ottenuto attraverso domande relative alla comunicazione suddivise in
nove categorie: attenzione, abilità visive, sguardo, abilità motorie, vicinanza
fisica/contatto, status comunicativo, comportamento, sviluppo cognitivo, sviluppo del
linguaggio ricettivo. I criteri essenziali per un sistema di comunicazione basato sullo
scambio di immagini sono: 1) abilità di attenzione minime, 2) distinzione fra oggetti e
persone, 3) esistenza di almeno un oggetto/attività motivante, 4) comunicazione
intenzionale almeno sporadica, anche se di breve durata. La persona potenzialmente capace
di comunicare indicando delle immagini deve esibire: 1) abilità di discriminazione ed
esplorazione visiva, 2) abilità di attenzione visiva, 3) comportamento comunicativo
intenzionale, 4) azione di indicazione, 5) consapevolezza della natura figurativa/simbolica
delle immagini; oltre a questi criteri essenziali sono previsti anche i criteri aggiuntivi: 6)
consapevolezza sociale, 7) senso di frustrazione quando i suoi bisogni non vengono
soddisfatti, 8) comprensione verbale/situazionale. La persona potenzialmente capace di
usare segni necessita di : 1) abilità di attenzione condivisa di livello elevato, 2)
comportamenti comunicativi intenzionali, 3) un livello sufficientemente elevato di
comprensione simbolica, 4) capacità di imitazione motoria discretamente accurate, 5)
14
Helena Goldman, “VCAA Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa”, ed. Erickson,
2006
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28
abilità di livello elementare nell’indicare a scopo comunicativo; oltre a questi criteri
essenziali sono previsti i criteri aggiuntivi: 6) un livello sufficiente di controllo motorio
fine, 7) una sufficiente tolleranza della vicinanza e dell’aiuto fisico, 8) consapevolezza
sociale, 9) imitazione e comprensione del gesto convenzionale, 10) assenza di difficoltà di
apprendimento o di autismo grave o gravissimo.
2.2.4 Considerazioni conclusive
Alcuni strumenti di valutazione osservativi utilizzati a livello internazionale per la CAA,
come ad esempio il Communication Matrix (Rowland, 2004), il Social Networks
(Blackstone e Hunt-Berg, 2003), l’Interactive Checklist for Augmentative Communication
- INCH - (Bolton e Dashiell, 1991), permettono la descrizione del comportamento
comunicativo di un soggetto. Il Communication Matrix traccia la sequenza di sviluppo
della comunicazione a partire dai comportamenti pre-simbolici e simbolici precoci e
dall’emergere dell’intenzionalità comunicativa espressa attraverso la parola o qualsiasi
modalità alternativa. Il Social Networks descrive l'ambiente di comunicazione di una
persona che utilizza la CAA e offre la possibilità di stabilire potenziali obiettivi di
intervento sulla base dei punti di forza e di debolezza all'interno di ogni cerchio sociale.
L’INCH esamina la funzione pragmatica delle espressioni basate sulla CAA e identifica le
funzioni comunicative che mancano o sono necessarie. Presi insieme, questi tre strumenti
di valutazione forniscono alcune linee guida per lo sviluppo di obiettivi di intervento,
tuttavia, non vi è alcuna standardizzazione per il loro uso nella pratica clinica. L’ICF-CY
(International Classification of Functioning, Disability and Health – Children & Youth
Version) pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità offre una importante
risorsa per ovviare al problema esposto sopra. L’ICF – CY si incastra perfettamente
all’interno della realtà della CAA in quanto, a differenza delle misure di comunicazione
più attuali, separa le funzioni linguistiche dalle funzioni comunicative e include inoltre
items riguardanti i dispositivi di comunicazione. L’enfasi sull’aspetto della partecipazione,
che è parte integrante dell’ ICF – CY, è particolarmente appropriata per gli specialisti di
CAA che utilizzano il Modello di Partecipazione per la valutazione e l’intervento in
quanto, tale modello inizia con l’identificazione delle barriere alla partecipazione e si
conclude con la valutazione dell’efficacia dell’intervento in relazione alla partecipazione
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29
dell’individuo alle regolari attività a casa, a scuola, al lavoro e nei contesti sociali.15
Numerosi studi suggeriscono che il quadro concettuale fornito dall’ ICF e dall’ ICF – CY
offre un nuovo paradigma e una tassonomia delle funzioni umane e della disabilità che può
essere usato per guidare approcci olistici e interdisciplinari per la valutazione e
l'intervento.16
Recentemente Dempsey e Skarakis-Doyle (2010) hanno sostenuto che
questo modello “permette una visione più ampia e più integrata del funzionamento dei
bambini con disabilità” rispetto ad una classificazione basata sull’ etichettatura
diagnostica. L’eziologia non è l'unico fattore che influenza il funzionamento nella vita
reale: diverse variabili contribuiscono alla partecipazione di un bambino in un determinato
ambiente di conseguenza, la considerazione di tutte queste variabili, non solo la diagnosi
medica, devono plasmare il processo di valutazione e di intervento in CAA.17
2.3 La valutazione delle competenze linguistiche
2.3.1 Strumenti di valutazione del linguaggio
In questo paragrafo verranno descritti alcuni degli strumenti utili alla valutazione delle
competenze linguistiche sia negli aspetti espressivi che ricettivi, non verrà fornita una
descrizione di tutti gli strumenti disponibili ma ci si soffermerà in particolare su quelli più
indicati per la valutazione del bambino con bisogni comunicativi complessi e con riduzione
o assenza di linguaggio. Un elenco dei test maggiormente utilizzati per valutare le diverse
aree e gli aspetti del linguaggio verrà comunque fornito (vedi figura 6).
Valutazione del bambino con età inferiore ai 3 anni
Uno strumento molto utile per valutare la comprensione e la produzione in bambini piccoli
o con grave compromissione del linguaggio è il Primo Vocabolario del Bambino (PVB –
Caselli, Casadio, 1995). Si tratta di un questionario composto di due parti distinte per età: il
questionario “Gesti e Parole” per bambini dagli 8 ai 17 mesi, il questionario “Parole e
Frasi” per bambini dai 18 ai 36 mesi. Il questionario viene compilato dai familiari ed
indaga le competenze comunicative verbali e non verbali e l’evoluzione del lessico e le
prime abilità morfo-sintattiche. Questo strumento può essere impiegato per valutare le
competenze di bambini con età superiore ai 36 mesi nei casi in cui ci si trovi di fronte a
15
Charity Rowland, Melanie Fried-Oken, Sandra A. M. Steiner, Donald Rollar, Randall Phelps, Rune J.
Simeonsson, Mats Granlund “Developing the ICF-CY for AAC profile and code set for children who rely on
AAC”; Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (1): 21-32 16
Mia Pless, Mats Granlund, “Implementation of the International Classification of Functioning, Disability
and Health (ICF) and the ICF Children and Youth Version (ICF – CY) within the context of Augmentative
and Alternative Communication”; Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (1): 11-20 17
Erinn H. Finke, Emily Quinn; “Perception of communication style and influences on intervention practices
for young children with AAC needs”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (2): 117-126
Page 30
30
bambini che non parlano. Altro strumento utilizzabile con bambini piccoli o con
significativa compromissione del linguaggio è il Test di Primo Linguaggio (TPL – Axia,
1995). Il test può essere somministrato a bambini con età compresa tra i 12 e i 36 mesi.
Questo strumento valuta gli aspetti sociali e comunicativi, gli aspetti semantici e gli aspetti
sintattici attraverso tre scale: 1) scala comunicativa e pragmatica, 2) scala del vocabolario,
3) scala della prima sintassi. La “scala comunicativa e pragmatica” esamina la capacità
comunicativa di salutare all'inizio e alla fine di un' interazione e quella di comprendere e
produrre semplici richieste; la “scala di vocabolario” valuta la capacità di comprendere e
produrre nomi sulla base di semplici figure rappresentanti oggetti della vita quotidiana; la
“scala della prima sintassi” prevede una prova di comprensione di verbi ove si richiede al
bambino di indicare una figura di un oggetto in base alla descrizione dell’uso e una prova
di produzione, ove si richiede al bambino di descrivere ciò che vede stampato su delle
vignette che rappresentano diverse azioni. Il Ping (Parole In Gioco - Bello, Caselli,
Pettenati, Stefanini , 2010) è uno strumento di valutazione del linguaggio, indirizzato a
bambini tra i 19 e i 37 mesi di età circa. Con il Ping è possibile riconoscere i processi di
organizzazione del lessico, in comprensione e produzione, valutare ampiezza e
composizione del primo vocabolario del bambino, l’accuratezza con cui le parole sono
pronunciate, l’adeguatezza delle risposte. Gli stimoli utilizzati per elicitare le risposte sono
organizzati in due serie di fotografie a colori: una serie valuta la capacità dei bambini di
comprendere e produrre nomi: subtest “comprensione nomi” somministrabile a bambini
con età uguale o superiore ai 19 mesi e subtest “produzione nomi” somministrabile a
bambini con età uguale o superiore ai 23 mesi; ed una serie valuta la capacità di
comprendere e produrre predicati: subtest “comprensione predicati” somministrabile a
bambini con età uguale o superiore ai 22 mesi e subtest “produzione predicati”
somministrabile a bambini con età uguale o superiore ai 24 mesi.
Valutazione del bambino con età superiore ai 3 anni
Il Test Fono-Lessicale (TFL - Vicari, Marotta, Luci, 2007) è un test di valutazione del
vocabolario ricettivo ed espressivo per bambini tra i 3 e i 6 anni di età. La prova di
comprensione lessicale viene eseguita mostrando al bambino le tavole su cui sono presenti
4 figure tra cui: una rappresenta il target, una ha la funzione di distrattore semantico, una
ha la funzione di distrattore fonologico e una di distrattore non correlato al target. Il test di
produzione lessicale, utilizzando le stesse immagini della prova di comprensione, valuta la
capacità di reperimento della corretta etichetta lessicale sia direttamente, sia a seguito di un
aiuto semantico e/o fonologico codificati. Si tratta di un test innovativo e particolarmente
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efficace, che per primo riporta i dati normativi relativi anche agli errori commessi dai
bambini e alle strategie utilizzate per recuperare le etichette lessicali. Il Peabody ( Ppvt-r,
Peabody Picture Vocabulary Test -revised- Test del vocabolario recettivo, Dunn, 2000) è
un test di comprensione lessicale somministrabile a bambini di età compresa tra 3,6 e i 12
anni. Questo strumento è particolarmente appropriato per i non lettori, per persone con
deficit visuo-percettivi e, poiché la risposta deve essere gestuale e non viene richiesta una
estesa interazione verbale fra esaminatore e soggetto, esso è particolarmente appropriato
per persone con grave compromissione del linguaggio espressivo. Questo test, inoltre è,
come tutti i test per la valutazione del lessico, in grado di dare un’indicazione circa lo
sviluppo cognitivo del bambino. Il test è composto di una serie di tavole ognuna delle quali
contenente quattro immagini di cui una rappresenta il target. Le parole stimolo sono
appartenenti alla classe grammaticale dei nomi, dei verbi e degli aggettivi. La
somministrazione del test inizia dalla presentazione della tavola corrispondente all’età
cronologica del bambino, dopodiché si ricerca il livello basale (basal) cioè una serie di 8
risposte corrette a partire dalla prima tavola presentata e il soffitto (ceiling) corrispondente
all’ultima tavola presentata. Il test viene interrotto quando in una serie di 8 items vengono
commessi 6 errori. Infine, la prestazione del soggetto viene convertita in punteggio
standard equivalente al fine di stabilire se il soggetto si colloca nella media o se è al di
sotto delle 2 deviazioni standard e dunque ha una prestazione patologica. Per ciò che
riguarda il versante della produzione lessicale è proponibile il Boston Naming Test (E. F.
Kaplan, Goodglass, e Weintraub, 1983), si tratta di un test di denominazione di figure di
oggetti di difficoltà crescente, su presentazione visiva somministrabile a bambini con età
uguale o superiore ai 3 anni. Il test viene interrotto quando il soggetto compie 6 errori
consecutivi. La prestazione del soggetto viene confrontata con la media e la deviazione
standard. Le Prove di Valutazione della comprensione Linguistica (PVCL – Rustioni,
Lancaster, 2007) sono utili per la valutazione della comprensione morfosintattica. Il test è
costituito da tavole raggruppate in 6 protocolli. Le tavole sono figurate e in ciascuna sono
presenti il bersaglio e tre distrattori grammaticali. I 6 protocolli corrispondono ad
altrettante fasce d’età. Il numero degli item per protocollo è variabile, e i distrattori sono
scelti per la loro significatività in quella fascia d’età. La caratteristica peculiare di questo
test è che i protocolli sono definiti a scorrimento. Ciò consente di identificare il profilo di
sviluppo di ciascun bambino; inoltre il punteggio ottenuto viene confrontato con le tabelle
di riferimento, ottenendo una classe di merito tra le sette disponibili che vanno da
“insufficiente” a “molto buono”. Infine, è possibile effettuare una valutazione qualitativa
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32
delle risposte, interpretando gli errori, individuandone le peculiarità e osservando eventuali
strategie messe in atto spontaneamente. Il Test di comprensione del Racconto Orale (TOR
– Levorato, Roch, 2007) è un test che valuta la capacità di comprendere testi narrativi in
bambini dell'età compresa tra i 3 e gli 8 anni. È adatto alla valutazione della capacità di
comprendere testi nei bambini e ragazzi che presentano uno sviluppo linguistico e/o
cognitivo atipico in quanto la valutazione della comprensione non è influenzata da capacità
espressive. Il TOR è costituito da tre forme, ognuna adatta, per lunghezza e difficoltà, a
una fascia di età, ciascuna forma comprende due brani o storie, per ognuno dei quali sono
poste una serie di domande di comprensione a risposta multipla, con 4 alternative, su
tavole figurate. Per rispondere il bambino indica semplicemente con il dito la risposta. Per
evitare un'eccessiva influenza della memoria, le domande non sono poste tutte alla fine del
brano; la storia è suddivisa in tre brevi blocchi logici, a cui corrisponde una serie di
domande.
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33
Figura 6: Elenco dei principali strumenti di valutazione del linguaggio
Area linguistica Aspetto indagato Test di riferimento Età
FONOLOGIA Linguaggio spontaneo PFLI – Prove per la valutazione fonologica del linguaggio
infantile (Bortolini, 2004)
2-5 aa.
METAFONOLOGIA Competenze meta
fonologiche
CMF – Test di valutazione delle competenze meta
fonologiche (Marotta et al., 2008)
5-11 aa.
LESSICO Comprensione
Produzione
TPL – Test di Primo Linguaggio (Axia, 1995);
PinG – Parole In Gioco (Bello et al., 2010)
PVB – Primo Vocabolario del Bambino (Caselli e Casadio, 1995)
TFL – Test Fono Lessicale (Vicari et al., 2007)
Peabody Picture Vocabulary Test (Dunn et al., 2000)
TVL – Test di valutazione del linguaggio
(Cianchetti e Sannio Fancello, 2003)
TPL – Test del primo Linguaggio (Axia, 1995)
PinG – Parole in gioco (Bello et al., 2010) PVB – Primo Vocabolario del bambino (Caselli e Casadio,
1995)
TFL – Test Fono Lessicale (Vicari et al., 2007) Boston Naming Test (Kaplan et al., 1983)
TVL – Test di valutazione del linguaggio
(Cianchetti e Sannio Fancello, 2003)
1-3 aa.
19-37 m.
18-36 m.
3-6 aa.
3-11 aa.
2,5-6 aa.
1-3 aa.
19-37 m. 18-36 m.
3-6aa. dai 3 aa.
2,5-6 aa.
SEMANTICA Contestualizzazione
Categorizzazione
Memoria di parole Descrizione di parole
Correlazioni lessico-
semantica
VCS – Test di valutazione dello sviluppo concettuale e
semantico in età prescolare (Belacchi et al., 2010)
TNL – Test Neuropsicologico lessicale per l’età evolutiva
(Cossu, 2013)
3-5 aa.
3-9 aa.
MORFOSINTASSI Comprensione
Produzione
TPL – Scala della prima Sintassi (Axia, 1995)
Prova per la valutazione della comprensione
linguistica (Rustioni e Lancaster, 2007) TROG 2 – Test for reception of grammar (Bishop, 2009)
TCGB – Test Di comprensione grammaticale
per bambini (Chilosi e Cipriani, 2006) TCR – Test dei concetti di relazione spaziale
e temporale (Edmonston e Thane, 2002)
TPL – Scala della prima Sintassi (Axia, 1995)
Prova di ripetizione di frasi per la valutazione del primo sviluppo grammaticale
(Devescovi e Caselli, 2001)
TVL – Test di Valutazione del Linguaggio (Cianchetti e Sannio Fancello, 2003)
1-3 aa.
3-8 aa.
dai 4 aa.
3-8 aa.
3-8 aa.
1-3 aa.
2-4aa.
2,5-6 aa.
ABILITA’
NARRATIVE Comprensione
Produzione
TOR - Test di comprensione del testo orale
(Levorato e Roch, 2007) Bus story test – Test di valutazione delle abilità narrative
(Cipriani et al., 2012)
3-8 aa.
3,9-8,5 aa.
PRAGMATICA TPL – Scala comunicativa e pragmatica (Axia, 1995) CCC – Children’s Communication Checklist (Bishop
2001)
PVCM – Prove di Valutazione della Comprensione Metalinguistica (Rustioni et al., 2010)
APL Medea – Abilità pragmatiche nel linguaggio
(Lorusso, 2009) PCR – Prova di comunicazione referenziale (Camaioni et
al., 1995)
1-3 aa. 4-16 aa.
8-11 aa.
5-14 aa.
I-V elem.
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CAPITOLO III
L’INTERVENTO DI CAA RIVOLTO AL BAMBINO CON BISOGNI
COMUNICATIVI COMPLESSI
3.1 Il progetto terapeutico integrato
L’intervento di CAA si rivolge spesso a bambini con quadri clinici particolarmente
complessi, rappresentati dall’associazione di più sintomi, di natura spesso differente tra
loro. Peraltro, tali quadri si caratterizzano come situazioni long-life che accompagnano il
soggetto per tutto il suo ciclo vitale. Risulta evidente, quindi, che soprattutto in età
evolutiva, si verifica frequentemente la necessità di interventi multipli, ciascuno orientato
verso uno specifico obiettivo. Risulta altresì evidente che tutti gli interventi previsti per far
fronte alle diverse difficoltà che una persona può presentare devono rientrare, nel loro
insieme, in un unico progetto, articolato in maniera armonica per rispettare l’unitarietà
della persona. “I disturbi possono anche essere molteplici ma appartengono comunque ad
un’unica persona che, in età evolutiva, deve essere aiutata a scoprire la sua unitarietà.”
Questo concetto rappresenta l’assunto dell’approccio metodologico definito come Progetto
Terapeutico Integrato (PTI), nel quale si inserisce, insieme agli altri, l’intervento di CAA.
Il PTI racchiude in sé alcuni aspetti caratterizzanti: è personalizzato, dinamico,
interdisciplinare e centrato sulla famiglia. Il PTI è personalizzato in quanto l’intervento
individuato per il trattamento di uno specifico disturbo deve integrarsi nell’ambito di tutta
una serie di altri interventi, la cui scelta non è dettata dal tipo di patologia, ma
esclusivamente dai bisogni di quello specifico bambino, in quella determinata fase dello
sviluppo, in rapporto alle caratteristiche del suo ambiente significativo. Il PTI è dinamico,
in quanto deve essere periodicamente aggiornato l’ordine gerarchico dei bisogni e
conseguentemente devono essere ridefinite le priorità del progetto. La dinamicità del
progetto si realizza attraverso le periodiche valutazioni previste, le quali rappresentano un
momento di verifica dell’efficacia degli interventi che sono stati praticati permettendo di
apportare i necessari aggiustamenti al progetto inizialmente formulato. Il PTI è
interdisciplinare, in quanto coinvolge necessariamente molteplici figure professionali che
non possono rimanere confinate nel loro specifico teorico, metodologico e tecnico. Il PTI è
centrato sulla famiglia in quanto i genitori rappresentano i naturali mediatori di
qualsivoglia intervento rivolto al bambino. In questa prospettiva, i genitori vengono
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35
individuati quali interlocutori privilegiati, per realizzare con essi tutte le fasi previste dal
progetto.18
3.2 Aree di intervento e obiettivi terapeutici
Nell’intervento sugli aspetti comunicativi si possono individuare tre aree di intervento, che
riflettono profili e stadi diversi di sviluppo del bambino con bisogni comunicativi
complessi: tale suddivisione consente di avere una visione globale dello sviluppo del
bambino, delle sue capacità di rappresentazione e dei suoi bisogni interni e di collocarvi
l’intervento comunicativo.
Una prima area di intervento si rivolge a bambini con bisogni comunicativi complessi che,
indipendentemente dall’età cronologica, non hanno stabilizzato la loro intenzionalità
comunicativa pertanto, si situano in una fase di sviluppo comunicativo che può essere
definita pre-intenzionale e pre-simbolica. Questi bambini necessitano di supporto per
sperimentare e condividere l’interazione e la partecipazione. I pattern comunicativi e
partecipativi dei bambini in fase pre-intenzionale e pre-simbolica sono caratterizzati da
un’iniziativa prevalentemente assente e da comportamenti raramente intenzionali, lunghi
tempi di attivazione, scarse intenzioni comunicative e di difficile evidenza, prevalenza di
forme di comunicazione espresse attraverso il canale corporeo (espressioni del volto,
modificazioni tonico-posturali, comportamenti quali: l’azione di dirigersi verso un oggetto
o di prendere un oggetto), funzioni comunicative difficilmente individuabili e maggiore
efficacia comunicativa con partner di comunicazione familiari e in contesti abituali,
all’interno di routines prevedibili. I bambini in fase pre-intenzionale e pre-simbolica
presentano, inoltre, difficoltà nella comprensione del linguaggio verbale ed extra-verbale a
vari livelli di gravità, difficoltà cognitive ed emotivo-relazionali che incidono sul livello e
sul grado di rappresentazione mentale, sul pensiero, sull’emergere e riconoscere bisogni
interni, sulle competenze simboliche, sulle competenze di categorizzazione e sulla capacità
di condividere e riconoscere emozioni e idee pertanto, l’intervento rivolto ai bambini in
fase pre-intenzionale e pre-simbolica, è finalizzato allo sviluppo di esperienze condivise,
capaci di fornire significati alla realtà interna ed esterna. Gli obiettivi dell’intervento di
comunicazione iniziale sono: 1) sostenere la comunicazione iniziale ed i segnali
comunicativi emergenti individuando opportunità di comunicazione nelle routines
quotidiane e favorendo la capacità di anticipare le situazioni e gli eventi della quotidianità;
2) favorire la nascita di nuovi bisogni e la possibilità di eseguire scelte attive al fine di
18
Roberto Militerni, “Neuropsichiatri Infantile”, ed. Idelson-Gnocchi, 2009.
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36
promuovere la nascita dell’intenzionalità comunicativa; 3) ampliare la partecipazione
attiva del bambino definendo contesti comunicativi e di vita più responsivi alle esigenze
del bambino e 4) avviare la comparsa di un codice assenso/dissenso più funzionale e
condiviso. In un intervento di comunicazione iniziale è necessario partire dai minimi spazi
di aggancio e scegliere situazioni altamente motivanti, strutturare un ambiente facilitante
specifico, consentire maggiore controllo e prevedibilità, offrire opportunità di effettuare
delle scelte, utilizzare la CAA sia per produrre sia per ricevere significati. In questa fase
dello sviluppo comunicativo l’attenzione al contesto e ai partner di comunicazione riveste
un ruolo centrale e ciò è giustificato dalle teorie sull’acquisizione del linguaggio in
bambini con sviluppo tipico. Durante le prime fasi dello sviluppo comunicativo e
linguistico, il contesto sociale gioca un ruolo fondamentale. Innanzitutto, il linguaggio
rivolto ai bambini piccoli dai loro partner di comunicazione, è un linguaggio adattato alle
ancora limitate capacità di comprensione dei giovanissimi interlocutori: le frasi sono brevi
e sintatticamente semplificate, l’intonazione è esagerata, il lessico è concreto e sono
presenti numerose ripetizioni (Snow e Ferguson 1977). Questo linguaggio adattato viene
definito motherese. Inoltre, secondo J. Bruner i bambini apprendono il linguaggio nel
contesto familiare degli scambi con chi li accudisce, egli individua nei cosiddetti format di
“attenzione condivisa” e di “azione condivisa” le sequenze sociali più significative per
imparare ad esprimere le proprie intenzioni e comprendere quelle altrui.19
Nell’intervento di comunicazione iniziale, al fine di creare situazioni fortemente motivanti,
è necessario offrire al bambino opportunità di scelta in tutte le situazioni possibili, offrendo
inizialmente due alternative delle quali l’una sia gradita e l’altra no, evitando l’errore di
offrire due alternative entrambe molto gradite che metterebbero il bambino in difficoltà. Al
fine di favorire la partecipazione e la comunicazione dei bambini in fase pre-intenzionale e
pre-simbolica l’interlocutore propone delle modalità comunicative atte a supportare il
bambino e a fornire dei prompt. Un’attività che riveste particolare importanza in questa
fase dello sviluppo è il gioco. Attraverso l'incremento della partecipazione ad attività di
gioco, noi automaticamente incrementiamo la qualità e la quantità di opportunità di
comunicazione (Brodin, 1991).20
L’attività di gioco deve essere libera e svincolata
dall’esercizio riabilitativo e dall’apprendimento. Le strategie del gioco adattato possono
permettere una maggiore partecipazione e condivisione dell’attività di gioco a bambini con
19
Luigia Camaioni, Paola Di Blasio, “Psicologia dello sviluppo”, ed. il mulino, 2007 20
P. Mirenda e D. R. Beukelman, “Trattamento di bambini piccoli con esigenze di C.A.A.”, Augmentative
and Alternative Communication, Paul H. Brookes Publishing Co., 1992 (1^ ed.) - cap. 10, pp. 175-198
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37
disabilità comunicativa e motoria. Al fine di allestire un contesto di gioco per un bambino
con le caratteristiche sopra descritte ci si deve interessare agli aspetti della selezione, della
stabilizzazione e dell’accesso. Le attività di gioco devono essere selezionate tenendo conto
delle risorse e potenzialità del bambino, delle preferenze ed interessi personali e delle
difficoltà. I giochi possono essere classificati in quattro categorie: giochi a carattere senso-
motorio, giochi reattivi, giochi imitativo-simbolici e giochi strutturati con regole. Per
evitare ripetuti scivolamenti degli oggetti o frequenti cadute oltre il piano di gioco che
possono determinare nel bambino un calo dell’interesse e un aumento della frustrazione è
utile stabilizzare i giochi attraverso l’utilizzo di superfici antiscivolo, moquette o fettucce
di velcro. Per favorire la manipolazione ed il controllo attivo dell’oggetto da parte del
bambino è possibile attuare una serie di adattamenti che rendano accessibili i materiali di
gioco: ne sono degli esempi i prolungamenti e le impugnature per facilitare la presa degli
oggetti, sensori per l’accesso ai giochi elettrici, adattamenti per garantire l’accesso ai libri
come l’ispessimento degli angoli delle pagine con dei pezzi di gomma piuma o di
moquette.
La seconda area di intervento si rivolge a bambini con bisogni comunicativi complessi che
presentano forme attive ed intenzionali di comunicazione pertanto, si situano in una fase di
sviluppo comunicativo che può essere definita intenzionale. In tale fase dello sviluppo
comunicativo, il bambino con bisogni comunicativi complessi si dimostra presente, attento
e partecipe al contesto di interazione; le forme di comunicazione sono espresse sia nel
canale corporeo che attraverso l’indicazione ambientale, lo sguardo o la voce direzionata;
l’intenzionalità comunicativa è presente e le funzioni comunicative sono individuabili ed
estese a contenuti più ampi dei soli bisogni primari pertanto, la comunicazione risulta
essere efficace anche in contesti poco familiari. Gli obiettivi di un intervento sulla
comunicazione in questa fase dello sviluppo sono: 1) supportare ed ampliare la
comunicazione esistente attraverso l’individuazione di attività e contesti valorizzanti la
comunicazione, l’ampliamento delle opportunità di comunicazione, il supporto ai partner
di comunicazione, il passaggio a forme di comunicazione simbolica e l’espansione delle
funzioni comunicative; 2) organizzare gli ambienti di vita attraverso l’esposizione al
codice simbolico; 3) codificare le risposte gestuali; 4) favorire l’interazione in contesti più
allargati e con interlocutori meno familiari. Nella fase intenzionale dello sviluppo
comunicativo sono proponibili una serie di strategie e di ausili: quaderno dei resti,
vocabolario dei gesti, sistemi simbolici, tabelle di comunicazione, strisce e calendari delle
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38
attività, cartelloni, marcatura, VOCAs (Vocal Output Communication Aids), comunicatori
alfabetici, ausili informatici, dispositivi elettronici per il controllo ambientale e altri.
La terza area di intervento si rivolge ai bambini con bisogni comunicativi complessi che
presentano un livello di comunicazione funzionale a soddisfare esigenze e bisogni routinari
e che sono in grado di utilizzare specifiche abilità naturali ed assistite di comunicazione
che si integrano in un sistema comunicativo globale, pertanto si collocano in una fase dello
sviluppo comunicativo che può essere definita intenzionale e simbolica. Le finalità
dell’intervento rivolto a bambini con bisogni comunicativi complessi che utilizzano un
sistema comunicativo globale sono: 1) espandere i contenuti e le funzioni comunicative
attraverso la costruzione e lo sviluppo di ausili e l’ampliamento del vocabolario; 2)
sostenere i partner di comunicazione incoraggiandoli all’utilizzo ed al modellamento degli
ausili; 3) sostenere l’uso del sistema comunicativo globale in ambienti e contesti
comunicativi diversi.
3.3 Tecniche di CAA assistita
3.3.1 I simboli
I simboli possono essere classificati in tre categorie: simboli tangibili, fotografie e simboli
grafici. I simboli tangibili sono gli oggetti veri, le imitazioni di oggetti, le miniature o parti
di oggetti. Le foto comprendono sia fotografie personali che fotografie di giornali o riviste
o logo di prodotti.
I simboli grafici differiscono tra loro per livello di simbolizzazione: i simboli trasparenti
sono facilmente intuibili perché assomigliano visivamente al concetto che rappresentano; i
simboli opachi non hanno alcuna relazione con il concetto che rappresentano, sono
arbitrari; i simboli traslucenti non sono facilmente intuibili ma si caratterizzano per la
facilità di apprendimento. I simboli sono raggruppati in set o sistemi di simboli. Un set di
simboli è un insieme definito di simboli; è quindi limitato par la sua stessa natura; può
essere prodotto da specialisti di CAA o essere composto da blocchi di simboli reperibili sul
mercato, da autoadesivi o da cartoncini contenenti un numero limitato di simboli. Un set di
simboli può essere ampliato ma non ha regole chiaramente definite per la sua espansione.
Un sistema di simboli si riferisce ad un insieme di simboli specificamente ideato per essere
usato insieme allo scopo di permettere la migliore comunicazione. I sistemi di simboli
includono regole o una logica per lo sviluppo dei simboli non ancora rappresentati nel
sistema (Vanderheiden, Lloyd, in Blackstone, 1986).
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39
I simboli più diffusi nel contesto italiano sono Picture Communication Symbols (PCS),
Widgit Literacy Symbols (WLS) e Blissymbolics (Bliss). Ognuno di essi presenta
caratteristiche peculiari che possono determinare vantaggi e svantaggi diversi
nell’approccio della simbologia e nelle evoluzioni e arricchimenti che possono essere
introdotti nel tempo. Il PCS è il più diffuso set di simboli in uso nel mondo. Il PCS è
un’ampia raccolta di più di 10.000 simboli. I PCS sono nati negli Stati Uniti d’America
che restano il contesto nel quale vengono maggiormente impiegati; esistono in 42 lingue
con rappresentazioni adatte a diversi contesti culturali (vedi figura 7). Molti simboli sono
presenti in diverse versioni più trasparenti o più stilizzate (vedi figura 8). La caratteristica
principale è la trasparenza di questi simboli, che pur con qualche stilizzazione, mantiene
una buona riconoscibilità immediata. Ciò vale in particolar modo per gli oggetti e alcuni
verbi mentre i simboli relativi ai concetti astratti risultano comunque poco trasparenti (vedi
figura 9). I PCS sono caratterizzati, grazie alle loro peculiarità, da una facilità di
apprendimento immediato da parte dei bambini piccoli o con difficoltà cognitive. Il
vocabolario in simboli è molto ricco per quanto riguarda nomi e termini legati al concreto
ma risulta decisamente meno fornito di concetti astratti. Questo sistema manca inoltre di
elementi morfo-sintattici quali il plurale, molti pronomi e altri elementi della morfologia
libera, comparativi e superlativi, alcuni avverbi e congiunzioni. I simboli PCS sono
utilizzati in un gran numero di software, il più noto ed utilizzato è il software Broadmaker
nato per la costruzione di tabelle di comunicazione. Tra i vantaggi del suo uso per la
produzione del testo in simboli vi sono: la veloce reperibilità dei simboli anche attraverso
la ricerca per categorie; la possibilità di ampliare abbastanza agevolmente la libreria con
nuovi simboli, immagini e foto; la facilità nel modificare sia il testo che i simboli; la
facilità nell’impaginazione a seconda del bisogno e la possibilità di scegliere la dimensione
dei simboli e del testo. La possibilità di costruire nuovi simboli è importante ma al tempo
stesso espone al rischio di un’eccessiva individualizzazione d’uso.
Figura 7. Simboli PCS adatti a diversi contesti culturali
ANTIPATICO
ANTIPATICO
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40
Figura 8. Simboli PCS con diverso livello di stilizzazione
Figura 9. Simboli PCS opachi
WLS è un sistema di simboli nato nel Regno Unito come evoluzione dei simboli Rebus. Il
WLS è stato appositamente ideato per supportare l’apprendimento delle capacità di letto-
scrittura. Lo stile grafico è meno infantile rispetto ai PCS e dunque adatto a tutte le età. I
simboli di oggetti mantengono lo stesso livello di trasparenza dei PCS, mentre la presenza
di elementi per la rappresentazione delle componenti morfosintattiche della lingua avvicina
i WLS al Bliss. Oltre a un ampio vocabolario (oltre 10.000 simboli, disponibili sia a colori
che in bianco e nero, in grado di rappresentare un vocabolario di oltre 30.000 parole nella
lingua italiana), il sistema WLS ha precise regole interne che consentono di identificare
categorie linguistiche omogenee (vedi figura 10). Il software che utilizza il sistema WLS in
italiano è Symwriter che nasce come sistema di trascrizione in simboli della scrittura
alfabetica.
Figura 10. Principali convenzioni di utilizzo dei simboli Widgit (WLS)
EDIFICI
Per la rappresentazione di edifici, sono usati due stili:
edifici standard ed edifici di grandi dimensioni. In
questo modo, è possibile distinguere le diverse categorie
di edifici come, ad esempio, piccoli negozi e
supermercati, ambulatori e ospedali.
STANZE
Il simbolo che raffigura una stanza è circondato da un
quadrato. In questo modo, è possibile distinguere la
libreria intesa come edificio a sé dalla libreria
all’interno di un’aula scolastica, oppure un ristorante da
una sala da pranzo.
NEGOZI
Un negozio generico è rappresentato da un edificio con
un registratore di cassa. I diversi tipi di negozio sono
raffigurati dall’edificio con il registratore di cassa
insieme ad un numero minimo di oggetti necessari per
descrivere il tipo di negozio.
DORMIRE
DORMIRE
BELLO
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41
Continua figura 10. Principali convenzioni di utilizzo dei simboli Widgit (WLS)
PROFESSIONI
Le persone e le occupazioni sono rappresentate dalla
figura di una persona più un qualificatore
esemplificativo che illustra l’attività svolta. I plurali di
molti lavori sono rappresentati da più persone anziché
dall’uso del qualificatore grammaticale.
FAMIGLIA
Il cerchio intorno al simbolo indica ‘appartenenza’.
Quindi, il simbolo ‘madre’ è raffigurato con un cerchio
intorno alla figura di una donna (per indicare il suo
legame con il soggetto), mentre il simbolo ‘moglie’ è
accompagnato da un cuore. ‘Fidanzata’ ha il cuore, ma
non il cerchio. I simboli per ‘sorella’ e ‘fratello’ sono in
grigio per attirare l’attenzione sull’elemento principale,
con una figura senza genere dentro al cerchio. I membri
della famiglia provenienti dalla famiglia più ampia sono
rappresentati da un cerchio con persone all’interno per
indicare un uomo/donna/ragazzo/ragazza legati alla
famiglia. Le relazioni di parentela acquisita sono
indicate da un cerchio tratteggiato.
PRONOMI
Esistono due tipi di pronomi raffigurati con simboli:
quelli personali e quelli possessivi. Pronomi personali:
la mano è rappresentata con una freccia che indica la
persona. Il pronome possessivo, invece, ha un piccolo
cerchio pieno per rappresentare il pugno stretto in segno
di possesso.
PREPOSIZIONI
L’elemento da considerare è ombreggiato in
grigio/rosso.
TEMPI
VERBALI
I tempi passati dei verbi sono indicati da una freccia con
la punta rivolta verso sinistra collocata sopra al verbo,
mentre i tempi futuri hanno una freccia con la punta
rivolta verso destra.
PLURALI
I plurali sono raffigurati dal doppio segno del ‘più’
NEGATIVI
Sono indicati da una linea rossa che appare sopra ai
simboli, sia quelli a colori che quelli in bianco e nero.
COMPARATIVI Vengono indicati con i punti esclamativi: uno piccolo
per i comparativi e due per i superlativi.
Il Blissymbolics nasce per opera di Charles K. Bliss dopo la Seconda Guerra Mondiale, la
finalità per cui viene progettato è quella di creare una lingua internazionale che faciliti la
comunicazione tra persone parlanti lingue diverse. Il sistema Blissymbolics è ispirato alla
scrittura cinese basata su ideogrammi. La rappresentazione delle parole utilizza come
elementi primitivi 26 segni grafici elementari che possono essere potenzialmente combinati
all’infinito per creare nuove parole ed esprimere elementi grammaticali e morfosintattici
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similarmente a quanto avviene con i suoni del linguaggio. Ogni singolo segno viene
posizionato all’interno di uno spazio definito da due linee immaginarie parallele: la linea
del cielo e la linea della terra, in questo modo la posizione del simbolo all’interno delle due
linee immaginarie ne determina il significato. I simboli possono essere composti da più
elementi primitivi (vedi figura 11). Gli indicatori sono segni più piccoli che vengono
posizionati sopra i simboli all’interno dello spazio delimitato dalle due linee immaginarie
del cielo e della terra che permettono di rispettare le regole grammaticali e la morfologia
propria di ogni lingua (vedi figura 12); i modificatori sono simboli che permettono di
modificare il significato del simbolo. Esistono inoltre numerosi simboli che hanno la
funzione di preposizione, articolo, avverbio, aggettivo e altri.
Figura 11. Simboli composti da uno o più elementi primitivi
Figura 12. Indicatori di azione
Rispetto ai PCS e al WLS, il Bliss ha una trasparenza minore, pertanto richiede un tempo
maggiore per l’apprendimento dei simboli. Inoltre, in quanto il Bliss rispetta le regole del
linguaggio verbale, non è possibile utilizzarlo senza evidenziare da subito tutti gli elementi
morfosintattici, non è possibile, quindi, introdurre progressivamente livelli di complessità
maggiore in base alle specifiche necessità di ogni utente e alle sue modificazioni nel
tempo. Il Bliss è il sistema simbolico grafico più evoluto. Le applicazioni software in
italiano per il Bliss sono poche e abbastanza recenti di cui la più nota è Mind Express.
Altri set e sistemi di simboli meno diffusi nel contesto italiano sono: il Core Picture
Vocabulary, il Pictogram Ideogram Communication (PIC), il Pic Syms. Il Core Picture
Vocabulary è un codice pittografico. Questo set di simboli è stato creato nel 1985 da Don
Jonston ed è costituito da un ristretto vocabolario di significati prevalentemente concreti,
rappresentati da circa 160 simboli in bianco e nero. I simboli trasparenti rendono questo
sistema adatto ai bambini piccoli. Il PIC è un codice in parte pittografico e in parte
ideografico creato dalla George Foundation. Si tratta di un set di circa 1400 simboli che
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vengono rappresentati su fondo nero e sono adatti per persone adulte o con difficoltà
visive. Il Pic Syms è un sistema di simboli creato da F. Carlson e si basa sul lessico
generalmente utilizzato dai bambini in età prescolare, rappresentato da circa 850 simboli. I
simboli sono raggruppati per categorie semantiche e rappresentano sia concetti concreti
che astratti.
3.3.2 Tecniche di trasmissione
Quando si parla di “tecniche di trasmissione” ci si riferisce alle modalità di esposizione,
visualizzazione e selezione dei simboli.
3.3.2.1 La selezione
Nell’ambito della CAA assistita si possono distinguere modalità di selezione diretta e
modalità di selezione indiretta. La selezione diretta avviene mediante l’indicazione.
L’utente può indicare attraverso l’utilizzo delle dita delle mani, il direzionamento dello
sguardo, un ausilio di puntamento nel pugno o su di un caschetto, un’asta tenuta fra le
labbra o attraverso un fascio di luce applicato su un caschetto o altro ancora. La selezione
indiretta può avvenire attraverso due modalità: a scansione o a codifica. La selezione a
scansione può essere assistita dal partner di comunicazione o da sistemi elettronici. Nel
primo caso il partner indica uno per volta i simboli o un gruppo di simboli (scansione riga-
colonna); nel secondo caso è il sistema che indica i simboli uno per volta o a gruppi
attraverso un segnale luminoso accompagnato o meno da un segnale acustico, l’utente
segnala la sua scelta. La selezione a codifica avviene attraverso l’uso di un codice di
riferimento che viene attribuito ad ogni elemento.
3.3.2.2 Gli ausili low-tech
Si definisce con il termine ausilio qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura o sistema
tecnologico utilizzato per compensare, alleviare o eliminare un problema temporaneo o
permanente. Lo scopo è dare maggiore autonomia e migliorare la qualità della vita. Gli
ausili possono favorire la graduale crescita di identità del bambino, prevenire le
complicanze, promuovere l’autonomia, favorire la socializzazione, facilitare le attività nei
diversi ambienti di vita del bambino. Esistono ausili a tecnologia povera, a tecnologia
media e ad alta tecnologia. Gli strumenti a tecnologia povera (low-tech) non hanno
batterie, componenti elettroniche o emissione di voce. Essi vengono creati con simboli,
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fotografie, immagini, oggetti o materiali comuni. Si tratta di supporti sempre disponibili e
facilmente accessibili all’utente.
Il “quaderno dei resti” è uno strumento che permette al soggetto di raccontare o
condividere un’esperienza fatta precedentemente. La tecnica dei resti consiste nel
raccogliere ed organizzare gradualmente, ad esempio in un quaderno, i frammenti e i resti
concreti di un’attività o situazioni vissute direttamente dal bambino e che vengono
utilizzati come prima forma di rappresentazione simbolica. Le diverse tracce delle
esperienze significative permetteranno al bambino di espandere le funzioni comunicative.
Il “vocabolario dei gesti” è uno strumento che permette da una parte, la consultazione
veloce per consentire ai partner non familiari di comprendere il significato dei gesti
prodotti dal bambino e dall’altra, di valorizzare le competenze gestuali per sostenere
l’espansione del suo codice gestuale. Il vocabolario dei gesti deve essere redatto attraverso
una ricognizione accurata del patrimonio gestuale del bambino, facendo delle fotografie o
disegnando o descrivendo il gesto prodotto e annotando il significato specifico che esso ha
per quel bambino.
Le “tabelle di comunicazione” sono dei supporti comunicativi cartacei che raccolgono
bisogni e messaggi rappresentandoli in modi diversi: oggetti concreti, miniature di oggetti
fotografie, disegni, sistemi simbolici, lettere o parole. Il bambino comunica attraverso
l’indicazione diretta dei simboli o assistita dal partner. Le tabelle di comunicazione sono
accuratamente scelte in funzione delle caratteristiche comunicative, fisiche, cognitive del
bambino, attraverso la raccolta del vocabolario di base e la scelta dei contenuti da inserire;
la selezione del sistema rappresentazionale da utilizzare; la scelta delle dimensioni dei
simboli e della spaziatura fra di essi; la selezione della modalità d’accesso (indicazione
diretta o a scansione); la scelta della forma, della struttura e delle dimensioni della tabella
in considerazione della trasportabilità. Esistono diversi tipi di tabelle. Le “tabelle minime”
sono formate da pochi simboli o oggetti e favoriscono la scelta. Le “tabelle a scelta
multipla” permettono di aumentare le possibilità di scelta, generalmente sono costruite con
foto o simboli. Le “tabelle a tema” sono strumenti utili per interagire durante una specifica
attività o per raccontare qualcosa, il vocabolario viene selezionato in funzione dello
specifico contesto comunicativo. Le tabelle a tema si differenziano dalle tabelle a scelta
multipla per la presenza di simboli di azioni oltre che di oggetti. Le “tabelle a cascata” (o
a Matrioska) sono formate da una tabella a scelta multipla che si sviluppa con un insieme
di tabelle a tema concatenate. Le “tabelle principali” sono strutturate in modo da poter
essere utilizzate durante tutte le attività del bambino e contengono il vocabolario di base.
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Possono avere forma, dimensioni, struttura e modalità di accesso differenti in funzione
delle caratteristiche del soggetto, ma per quanto possibile sono organizzate fisicamente in
modo da facilitare la strutturazione della frase.
L’ “etichettatura” è una tecnica che consiste nel posizionamento di simboli all’interno di
un ambiente organizzato. Questa tecnica consente al bambino un maggiore controllo
sull’ambiente e lo espone al codice rappresentazionale facilitandone l’uso, soprattutto in
entrata. L’etichettatura è definita denominativa se viene applicata al singolo oggetto o
organizzativa se viene posizionata all’esterno di contenitori per indicarne il contenuto.
Le “strisce delle attività” consentono di aumentare la prevedibilità degli eventi, possono
riguardare la scansione di un’attività, di una parte della giornata o della giornata intera,
della settimana o di un lungo periodo. Possono essere costruite e utilizzate in vari modi in
relazione alle caratteristiche e ai bisogni di prevedibilità e di controllo di ogni bambino.
I “cartelloni” affissi alla parete sono strumenti utili per esprimere comunicazioni in
determinati contesti.
I “passaporti” e le “presentazioni”, sono supporti per favorire la conoscenza ad
interlocutori non abituali del bambino, dei suoi interessi, delle sue modalità e dei suoi
bisogni di comunicazione.
L’ “E-tran” è uno strumento di straordinaria efficacia per ampliare le possibilità espressive
utilizzando l’ indicazione di sguardo. Non esiste un solo tipo o modello di E-tran, ma in
generale esso è sempre costituito da un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli,
lettere o numeri. I materiali normalmente impiegati per costruire il pannello sono il
Plexiglass e il Lexan, più resistente ai graffi. Si tratta di oggetti che non sono reperibili in
commercio, ma vanno costruiti artigianalmente. Il pannello viene posto fra la persona non
parlante e il suo interlocutore. Quando il primo guarda una lettera sul pannello, il secondo,
dalla parte opposta, può vedere dove si dirigono gli occhi e l’elemento che viene indicato.
La comprensione, di norma, risulta molto rapida così come gli scambi comunicativi.
3.3.2.3 Gli ausili high-tech
Gli ausili a media e alta tecnologia sono tutti quei dispositivi che per funzionare hanno
bisogno di energia e sono dotati di componenti elettroniche. È disponibile un’ampia
gamma di ausili a media e alta tecnologia in commercio, nel seguente paragrafo non verrà
fornito un elenco completo, ma verrà fornita una descrizione di alcuni dei principali ausili
per fini esemplificativi.
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Ausili a tecnologia media
Fanno parte della categoria degli ausili a media tecnologia i VOCAs, i comunicatori
simbolici e i comunicatori alfabetici.
“Comboard” è uno strumento per la comunicazione molto semplice basato sul movimento
rotatorio di una freccia su di un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli,
immagini o pezzi di un gioco da tavolo. L’utente potrà indicare i simboli fermando il
movimento della freccia che viene azionata da un sensore. Questo strumento è
particolarmente adatto a bambini con gravi difficoltà motorie, per la partecipazione a
giochi o a semplici attività didattiche. Comboard funziona a batterie.
I “VOCAs” (attualmente definiti SGDs – Speech Generating Devices insieme ai
comunicatori simbolici più avanzati) sono ausili di comunicazione con uscita in voce che
permettono di emettere un messaggio sonoro precedentemente registrato. “Big Mack” è un
ausilio per la comunicazione a singolo messaggio, dedicato a bambini con grave disabilità.
Il suo funzionamento è elementare: si registra sul dispositivo un messaggio utile all’utente
e si applica sulla superficie un’immagine che ne richiami il contenuto; successivamente,
l’utente potrà usare quel messaggio nel contesto appropriato, premendo la superficie
colorata. “I Talk 2” è un ausilio per la comunicazione a 2 messaggi.
I comunicatori simbolici sono ausili di comunicazione con uscita in voce (SGDs) dotati di
un numero variabile di caselle e di frontalini intercambiabili che consentono di registrare
un numero variabile di messaggi e consentono diversi livelli di registrazione. Ne esistono
diversi tipi in commercio che differiscono tra loro per numero di messaggi, tempo totale di
registrazione e modalità di accesso. “Super Talker” è un ausilio che permette agli utenti di
passare gradualmente dall’uso di un singolo messaggio all’uso di più messaggi fino ad una
massimo di 8 messaggi. “Tech Talk” è un ausilio con uscita in voce dotato di 32 caselle a
ciascuna delle quali è possibile associare un messaggio registrato e un'immagine per
rappresentarne il significato. Grazie alla presenza di 6 livelli di registrazione, questo
strumento permette di mantenere registrati contemporaneamente 192 diversi messaggi
suddivisi in 6 tabelle. Il contenuto dei messaggi viene selezionato dall'utente premendo le
otto aree sulla tastiera. I vantaggi legati all’utilizzo di questi strumenti sono molti:
sostengono l’intenzionalità comunicativa e la partecipazione del bambino attraverso la
possibilità di richiesta di attenzione, di inserimento spontaneo in una conversazione e di
presa del turno. Inoltre garantiscono l’immediatezza della comunicazione e una maggiore
velocità grazie all’uso di modalità preprogrammate.
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I comunicatori alfabetici sono dispositivi che permettono di generare parole o frasi a
partire dal codice alfabetico presente sulla tastiera. “Light Writer” possiede due display
contrapposti, uno destinato all'utente, l'altro al suo interlocutore che può leggere i messaggi
rimanendo di fronte all’utente. I messaggi una volta composti vengono ripetuti in voce
dalla sintesi vocale incorporata. Per consentire una maggiore velocità di composizione dei
messaggi, questo strumento consente di memorizzare frasi di uso frequente e di richiamarle
attraverso la digitazione di una parola o di poche lettere. “Neo” è una tastiera con display
in grado di memorizzare automaticamente il testo scritto e ne consente il trasferimento sul
computer o la stampa con cavo USB. “Allora” è un comunicatore alfabetico portatile
dotato di una sintesi vocale di alta qualità (Real Speak). La sintesi vocale comprende sia
una voce femminile che una voce maschile. Oltre alla sintesi vocale, questo dispositivo
integra un sistema intelligente di predizione delle parole: mentre l’utente digita i primi
caratteri di una parola nella prima riga del display, nella seconda riga vengono visualizzati
alcuni termini d’uso frequente che iniziano con la medesima radice: con un semplice
comando l’utente può così completare rapidamente la parola e passare alla successiva.
Quando uno dei suggerimenti della predizione viene utilizzato dall’utente, il dispositivo
mostra una serie di parole logicamente correlate ad esso. La predizione permette di
velocizzare significativamente gli scambi comunicativi.
Ausili a tecnologia alta
Fanno parte degli ausili di comunicazione ad alta tecnologia (high-tech) i comunicatori
dinamici, i sistemi di puntamento oculare e i software di comunicazione.
La definizione di comunicatori dinamici nasce da una specifica caratteristica di questi
dispositivi: quella di permettere all’utente di passare autonomamente da una pagina di
simboli ad un’altra, operazione spesso impossibile con gli ausili di comunicazione più
tradizionali che impiegano una tabella cartacea. “Tech Touch” è un ausilio a display
dinamico, nato per l’uso specifico della comunicazione e dotato delle funzioni di un
potente computer con il sistema Windows. “XL-Tablet” è un Tablet PC di ultima
generazione che può essere impiegato per realizzare strumenti per la comunicazione, a
display dinamico. Entrambi questi strumenti consentono l’installazione dei software di
comunicazione che permettono di realizzare sistemi di comunicazione completamente
personalizzati, sia con l’uso di simboli e fotografie, sia con la scrittura alfabetica. Inoltre,
consentono la selezione dei messaggi attraverso il touch screen, a scansione con uno o due
sensori o mediante il mouse o un emulatore. “XL-Tablet”, nella versione più sofisticata, si
presta particolarmente all’impiego di sistemi di puntamento oculare.
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I sistemi di puntamento oculare permettono di comunicare attraverso la rilevazione della
direzione di sguardo, sfruttando la tecnologia a infrarossi. La composizione dei messaggi
avviene puntando gli occhi sulle caselle di un display e confermando col battito o
mantenendo fisso lo sguardo sul tasto per pochi istanti. Una volta che il messaggio è stato
completato può essere ripetuto in voce, attraverso la sintesi vocale integrata nel sistema. I
software di comunicazione più diffusi che consentono di costruire materiale cartaceo per la
comunicazione sono “Broadmaker” e “Symwriter”. “Boardmaker” è il programma grafico
più noto e utilizzato per realizzare, con i simboli PCS, tabelle di comunicazione, calendari
con i simboli, etichette da applicare sugli oggetti, testi corredati di simboli e altro. Il
programma contiene oltre 6500 simboli grafici che possono essere dimensionati a
piacimento e utilizzati sia in versione a colori che bianco e nero. “Symwriter” è un
programma che consente la traduzione automatica in simboli del testo alfabetico, tenendo
conto degli aspetti grammaticali. Il programma consente di personalizzare la grafica dei
simboli e di creare simboli con immagini personali.
“The Grid 2” è un programma che consente di utilizzare il computer come ausilio di
comunicazione con uscita in voce, impiegando simboli o testo per comporre frasi inoltre, è
dotato di funzioni integrate di controllo del computer. Può essere utilizzato con sensori,
mouse ed emulatori di mouse come trackball e joystick speciali, puntatori col capo,
puntatori oculari, touch-screen.
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49
CAPITOLO IV
IL LIBRO ADATTATO
4.1 Lettura condivisa e sviluppo del linguaggio
La lettura ad alta voce di libri illustrati da parte dell’adulto ai bambini piccoli si colloca
nell’ambito della predisposizione umana per la narrazione. La narrazione rappresenta una
delle funzioni principali della comunicazione umana ed assume un ruolo fondamentale
nell’organizzare e trasmettere l’esperienza e nel dare senso agli eventi della vita (Bruner,
1992). J. Bruner considera la capacità di produrre e ascoltare narrazioni come una delle
caratteristiche fondamentali del pensiero umano, talmente radicata e specifica da far
presupporre che possa essere alla base della nascita del linguaggio.
La lettura ad alta voce da parte dell’adulto di libri illustrati ai bambini è un’attività
motivante e ricca sul piano emotivo e delle interazioni e vi sono numerose evidenze del
ruolo positivo che la lettura ad alta voce esercita sullo sviluppo e sulla crescita dei bambini
sia sul piano emotivo che linguistico e cognitivo. Da diversi anni ormai è stato dimostrato
che i neonati e i bambini nei primi anni di vita sono soggetti altamente competenti e che,
allo stesso tempo, la qualità delle esperienze a cui vengono esposti sia fondamentale per il
loro successivo sviluppo, in un intrecciarsi continuo tra predisposizione e ambiente.
A partire dagli anni Sessanta sono state attivate nei paesi anglosassoni iniziative di
supporto alla lettura precoce ad alta voce ai bambini da parte dell’adulto come importante
azione preventiva nei confronti della comparsa di disturbi di apprendimento. I bambini che
hanno beneficiato di tali iniziative sono stati confrontati con i bambini che non ne hanno
usufruito ed è stato confermato un effetto preventivo sulle difficoltà di apprendimento.
Inoltre è stato evidenziato anche un miglioramento delle relazioni e delle interazioni tra
genitori e bambini, un aumento dell’interesse verso i libri e un incremento dello sviluppo
del linguaggio espressivo e soprattutto della comprensione linguistica.
Le attività di lettura genitore-bambino hanno molteplici effetti positivi: il tempo condiviso,
non interrotto, durante il quale il bambino è accolto e sostenuto fisicamente e interagisce
con il proprio genitore procura un grande piacere al bambino. E’ stato dimostrato che le
storie con un linguaggio ripetitivo e prevedibile stimolano una migliore partecipazione del
bambino e sono associate ad un feed-back più intenso. L’effetto della lettura ad alta voce
sulle performances nel linguaggio scritto e parlato è stato misurato da un gruppo di
ricercatori canadesi in bambini della seconda infanzia e successivamente in ambito
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50
scolastico. La lettura ad alta voce del genitore aveva un impatto diretto sul linguaggio
parlato del bambino, ma non su quello scritto (decodifica, conoscenza dell’alfabeto e
dell’ortografia).21
Recentemente, anche l’Accademia Americana di Pediatria ha indicato
che la promozione della lettura ad alta voce in famiglia debba far parte delle guide
anticipatorie che ogni pediatra deve offrire ai neogenitori, riconoscendone l’efficacia per la
promozione delle competenze linguistiche e per il miglioramento delle performances
scolastiche.22
Sono stati eseguiti studi sperimentali per la valutazione dell’effetto della
promozione della Literacy da parte del pediatra, sulle competenze di linguaggio dei
bambini. Un gruppo di 49 bambini di bassa estrazione socioeconomica che aveva
partecipato al programma di Reach out and Read è stato comparato ad un secondo gruppo
di controllo di 73 bambini. L’analisi del linguaggio, a distanza di tre anni dall’inizio del
programma, ha rilevato nel gruppo di intervento un incremento significativo nelle
performances di linguaggio ricettivo e di linguaggio espressivo rispetto ai controlli.23
Una recente ricerca nella regione Veneto sulle capacità linguistiche acquisite dai bambini
partecipanti al programma di Nati per Leggere (NpL) ha rilevato che anche nel nostro
territorio la promozione della lettura condivisa favorisce un miglior linguaggio ricettivo.
Lo studio randomizzato controllato ha reclutato 208 bambini di sei mesi di età come
gruppo di intervento e 227 bambini della stessa età come gruppo di controllo. La
valutazione del linguaggio effettuata all’età di cinque anni ha evidenziato che i bambini
esposti alla lettura condivisa almeno quattro volte la settimana avevano una ricchezza di
vocabolario significativamente superiore ai bambini esposti occasionalmente o non esposti
a NpL. 24
In sintesi, i diversi studi scientifici presenti in letteratura dimostrano che l’interazione
verbale genitore-figlio durante la lettura ad alta voce da parte del genitore, è un’esperienza
che facilita l’apprendimento e lo sviluppo del linguaggio nel bambino piccolo e, in
prospettiva, migliora le capacità di lettura nel bambino più grande.
21
M. Sénéchal, J. Lefevre, E.M. Thomas, K.E. Daley, “Differential effects of home literacy experiences on
the development of oral and written language.” Reading Research Quarterly, 1998, 33(1), 96–116 22
P.C. High - American Academy of Pediatrics Committee on Early Childhood, Adoption, and Dependent
Care and Council on School Health -, “School readiness”, Pediatrics, 2008, 121(4): e1008-15 23
A.L. Mendelsohn, L.N. Mogilner, B.P. Dreyer, J.A. Forman, S.C. Weinstein, M. Broderick, K.J. Cheng, T.
Magloire, T. Moore, C. Napier, “The impact of a clinic-based literacy intervention on language development
in inner-city preschool children”, Pediatrics, 2001, 107(1):130-4 24
G. Toffol, M. Melloni, R. Cagnin, M. Sanzovo, L. Giacobbi, C. Montini, “Studio di efficacia del progetto
«Nati per Leggere». Valutazione degli effetti della lettura ad alta voce da parte dei genitori sullo sviluppo
del linguaggio dei bambini”, Quaderni acp 2011; 18(5): 195-201
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4.2 Il libro in simboli
L’utilizzo del libro in simboli in CAA non è una novità. L’aspetto innovativo consiste nella
finalità dell’utilizzo: fino a non molto tempo fa ci si è concentrati sul tema della
partecipazione attiva e dell’accesso alla lettura (Millar, 1996; Schiaffino e Veruggio, 2005,
Veruggio et. al 2005) e poco sul tema dell’esposizione alla lettura ad alta voce precoce da
parte dell’adulto, sia all’estero che in Italia.
Gli aspetti positivi della lettura di libri in simboli sono molti: garantisce la possibilità di
accedere alla funzione di lettura e scrittura a bambini che non hanno acquisito le abilità di
letto-scrittura alfabetica; aiuta a supportare lo sviluppo della frase; supporta la
comprensione linguistica attraverso l’esposizione ad un ampio vocabolario e a simboli di
difficile presentazione come quelli rappresentanti concetti astratti ai quali il bambino, in
assenza del libro, rischierebbe di non essere esposto; supporta il pensiero, il linguaggio
interno, la narrazione, le autonomie e il linguaggio verbale. La stabilità del simbolo
consente maggiore prevedibilità e controllo e contribuisce a cambiare positivamente
l’immagine di sé per il soggetto e per gli altri: il bambino diventa un soggetto capace.
Inoltre, quando possibile, la lettura di libri in simboli facilita l’accesso alla lettura e alla
scrittura alfabetica (Bishop, Rankin e Mirenda, 1994). Vi sono diverse ricerche che
dimostrano che la lettura di libri in simboli promuove lo sviluppo dei prerequisiti della
letto-scrittura alfabetica e successivamente dell’alfabetizzazione. Grazie all’esposizione
precoce ai libri in simboli in entrata, i bambini sviluppano la consapevolezza che i simboli
esprimono un significato stabile e possono più agevolmente trasferire questo concetto al
testo alfabetico. La presenza costante della riquadratura intorno al simbolo e della parola
scritta al suo interno espone anche alla componente alfabetica ed evidenzia chiaramente
l’esistenza di un insieme “parola-simbolo” stabile e la corrispondenza tra essa e un
significato univoco. Il testo in simboli segue un’organizzazione da sinistra verso destra e
dall’alto verso il basso analoga alla direzione del testo stampato. Grazie al modeling
costante da parte dell’adulto che indica i simboli con il dito mentre legge ad alta voce, la
direzione del testo è resa immediatamente evidente, molto più di quanto non accada con il
testo scritto alfabetico. I simboli all’interno del testo si ripetono, alcuni sono composti da
più unità elementari unite e una sequenza di simboli diventa una frase. In tal senso il libro
in simboli può diventare uno strumento di inclusione se introdotto nella scuola
dell’infanzia, poiché non è uno strumento che connota la disabilità di un singolo ma
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52
un’opportunità che potenzia le possibilità di accesso di tutti.25
L’ “inclusione sociale” è
infatti un concetto diverso dall’ “integrazione”: mentre l’integrazione indica l’inserimento
delle persone in un contesto di regole e principi già definito e la persona con disabilità deve
adeguarsi a quanto già deciso dalla comunità che lo integra, l’inclusione, invece, è basata
sulla partecipazione della persona ai processi decisionali e programmatori dell’intera
comunità che tiene conto delle diversità culturali, religiose e psicofisiche della persona che
entra nella comunità. Il ruolo della persona con disabilità è così paritario a quello di altri
individui già inclusi.26
I libri in simboli possono essere di due tipi: personalizzati o modificati. Il libro
personalizzato è un libro creato ex-novo per quello specifico bambino e racconta
esperienze emotivamente significative per il bambino. Parte da un livello motivazionale
alto e rappresenta spesso il miglior aggancio iniziale, soprattutto in bambini piccoli o in
situazioni di gravità. Il libro modificato parte invece da un libro già esistente che viene
adattato per essere reso accessibile.
4.3 Costruire un libro adattato
4.3.1 La scelta dell’argomento
Nella creazione di un libro su misura, il primo passaggio riguarda l’argomento. Nello
scegliere l’argomento bisogna partire dagli interessi e da ciò che piace al bambino. Per
scegliere un argomento che sia d’aggancio è necessaria una conoscenza approfondita del
bambino con bisogni comunicativi complessi, dei suoi punti di forza e di debolezza, e
richiede una particolare sensibilità e capacità di ascolto. Il libro personalizzato parte da un
livello motivazionale alto e rappresenta spesso il miglior aggancio iniziale. Molto più
complicato è modificare libri esistenti: i libri esistenti in commercio adeguati per
lunghezza e struttura linguistica presentano spesso argomenti inadatti, mentre i libri
adeguati all’età del bambino sono spesso troppo lunghi e complessi da modificare. La
scelta del libro da modificare è molto importante: da un lato bisogna considerare gli
interessi e le caratteristiche del bambino e dall’altro, bisogna individuare libri con buone
immagini e buone trame narrative tra le numerose proposte del mercato. Nei bambini
piccoli gli argomenti preferibili sono: gli eventi della vita quotidiana (la pappa, la nanna,
ecc.), le piccole separazioni (la mamma va via, il primo giorno di scuola, ecc.), le
25
Maria Antonella Costantino, “Costruire libri e storie con la CAA”, ed. Erickson, 2011 26
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Comitato Nazionale per la Bioetica, “Bioetica e riabilitazione”,
2006
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53
emozioni. Nei più grandi diventano rilevanti tutte le tematiche intorno alla vita autonoma,
al futuro, al lavoro, alla vita affettiva, alla contrapposizione con l’adulto,
all’innamoramento. Per essere scelto, un libro, deve suscitare emozioni, stimolare il
pensiero e la curiosità, avere una storia avvincente e coinvolgente, avere un ritmo
scorrevole. Inoltre è preferibile scegliere libri diffusi, conosciuti e amati dai bambini in
modo che siano di aggancio per tutta la classe quando vengono proposti a scuola.
4.3.2 Le illustrazioni
La presenza delle illustrazioni rappresenta un elemento essenziale della lettura ad alta voce
da parte dell’adulto perché facilita l’ascolto e la comprensione comunicativa e linguistica.
Le funzioni che le illustrazioni possono avere nell’ambito del testo narrativo sono diverse:
una funzione decorativa; una funzione descrittiva, cioè la funzione di annunciare quello
che il testo verbale enuncia, consentendo di creare un contesto condiviso di riferimento;
una funzione di rinforzo dell’atmosfera della storia; una funzione di ambientazione della
storia. Nella scelta di un libro da modificare, il primo elemento da considerare sono le
illustrazioni. Le illustrazioni devono essere, per assolvere le loro funzioni, in particolare
quella descrittiva, coerenti e congruenti con il testo, essenziali, schematiche, riconoscibili e
senza elementi confusivi. In generale, alcuni elementi possono facilitare la percezione
visiva e rendere più agevole seguire le immagini. Le immagini devono essere nitide, ben
contrastate, le figure devono avere contorni netti e neri, avere colori decisi ed essere
adeguatamente distanziate tra loro. Una distanza eccessiva tra le figure all’interno
dell’immagine può rendere difficile cogliere il legame fra di esse, mentre un’eccessiva
vicinanza può rendere difficile cogliere le specificità delle singole figure. L’immagine deve
contenere pochi elementi, ben distinguibili dallo sfondo: lo sfondo bianco è
particolarmente facilitante. Oltre a queste accortezze generali, nel caso siano presenti
difficoltà visive, sarà necessario adottare specifiche modifiche in base alle caratteristiche
del bambino.
Un’altra possibilità è quella di rielaborare le immagini, scannerizzandole e modificandole
al computer, grazie al quale, è possibile ripulire lo sfondo, spostare o eliminare alcuni
elementi per semplificare l’immagine, aumentare il contrasto, eliminare o spostare la parte
di testo scritto, ricompattare l’immagine su di un'unica facciata nel caso in cui si sviluppi
su due facciate. Gli adattamenti introdotti consentono una maggiore leggibilità delle
immagini e consentono anche a bambini con difficoltà visive di seguire la storia sfruttando
pienamente le illustrazioni.
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4.3.3 Modificare il testo
Una volta scelto il libro da modificare si deve decidere quali modifiche introdurre nel testo.
Le modifiche saranno introdotte sulla base del livello di complessità del libro, che deve
essere adeguato alle necessità e capacità del bambino. I livelli di complessità possono
essere schematizzati come segue (vedi figura 13).
Figura 13. Schema dei modelli di riferimento per la costruzione di libri modificati
(Costantino et al., 2010)
Livello di
complessità del
libro
Struttura del libro Caratteristiche del
bambino
LIBRO MOLTO
SEMPLICE
Contenuto di massimo aggancio
motivazionale;
Figure su fondo bianco, chiare, nitide, ben
contrastate, con pochi elementi
Poche pagine (da 1 a 4)
Struttura della frase semplice e breve
Numero limitato di simboli per pagina (tra
4 e 8), con bordo.
Rivolto a bambini piccoli (1
anno), poco esposti alla lettura ad
alta voce da parte dell’adulto, con
una capacità attentiva di breve
durata e con importanti difficoltà
di comprensione.
LIBRO
SEMPLICE
Figure chiare;
Numero di pagine tra 4 e 10;
Struttura della frase semplice non
necessariamente breve;
Discreto numero di simboli per pagina (da
8 a 20) con bordo;
No contenuti banali.
Rivolto a bambini piccoli (2-3
anni), con media esposizione alla
lettura ad alta voce da parte
dell’adulto, con tempi di
attenzione ridotti, con lieve
difficoltà di comprensione o lieve
compromissione cognitiva.
LIBRO
ELABORATO
Figure di maggiore complessità;
Numero di pagine abbastanza elevato (più
di 10);
Struttura della frase più ricca;
Molti simboli per pagina (tra 20 e 40)
Rivolto a bambini di 4-5 anni di
età che non abbiano difficoltà a
seguire una storia, abbastanza
esposti alla lettura ad alta voce da
parte dell’adulto, con tempi di
attenzione sufficientemente
lunghi e con poche o nessuna
difficoltà di comprensione o
compromissione cognitiva.
LIBRO MOLTO
ELABORATO
Figure complesse;
Numero di pagine anche molto elevato
(più di 15);
Struttura della frase ricca e complessa;
Moltissimi simboli per pagina (più di 40).
Rivolto a bambini con età uguale
o superiore ai 6 anni, senza
difficoltà a seguire una storia,
molto esposti alla lettura ad alta
voce da parte dell’adulto, con
tempi di attenzione lunghi e con
buone capacità cognitive.
Una volta scelto il livello di complessità del libro è possibile introdurre le opportune
modifiche al testo: semplificandolo e tenendo solo i punti salienti o, al contrario,
ampliandolo per esplicitare alcuni nessi logici o per arricchirlo di contenuti e di emozioni.
A questo punto del lavoro si procede con la ristrutturazione frasale, ponendo particolare
attenzione al vocabolario scelto e alla struttura sintattica. La ristrutturazione frasale, come
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55
ogni passaggio nella costruzione del libro adattato, tiene conto delle esigenze e delle
capacità del bambino, ma in generale gli aggiustamenti da introdurre sono i seguenti:
evitare la presenza eccessiva di coordinate e subordinate, molto frequenti nella lingua
italiana, dividendo le frasi in frasi più brevi; preferire l’indicativo e le forme attive a quelle
passive; evitare i verbi riflessivi; esplicitare chiaramente soggetto e complemento ed
evitare l’uso eccessivo di pronomi e di elementi impliciti. Un aspetto da considerare è che
il livello di comprensione linguistica di una stessa frase è molto superiore in un contesto
narrativo rispetto alla presentazione isolata (Florit et al., 2009, 2011). Recenti ricerche
(Brizzolara, 2008) dimostrano che in bambini con grave compromissione della
comprensione linguistica, in particolare morfosintattica, l’ascolto di libri con un testo più
complesso del livello di comprensione dimostrabile per le frasi isolate, sembrerebbe
migliorare progressivamente la comprensione linguistica, grazie al supporto degli elementi
inferenziali e narrativi presenti. Da una parte l’essere esposti ad un linguaggio già
conosciuto non permette di fare nuove acquisizioni e, dall’altra, l’esposizione ad un
linguaggio troppo elaborato risulta essere controproducente, in quanto le componenti non
note sono eccessive ed impediscono la comprensione del senso complessivo. Nella
ristrutturazione della frase è, inoltre, importante tenere in considerazione la sequenza di
acquisizione della capacità di comprensione delle diverse parti del discorso, nei bambini
con sviluppo tipico.
Una seconda fase di ristrutturazione frasale avviene nel momento in cui il testo viene
tradotto in simboli, i quali pongono una serie di limitazioni.
4.3.4 Tradurre il testo in simboli
In bambini con sviluppo tipico, il livello di esposizione naturale alla lingua è elevatissimo,
molto al di sopra rispetto al livello di comprensione o di produzione e, certamente, questo
rappresenta un elemento funzionale all’acquisizione del linguaggio. I bambini con
disabilità comunicativa sono molto meno esposti dei coetanei ad interazioni comunicative
e linguistiche. È evidente, dunque, l’importanza del ruolo del libro adattato utilizzato come
strumento in entrata. L’ascolto dei libri permette un’esposizione a frasi più complesse e a
un vocabolario più ampio di quello utilizzato negli scambi comunicativi quotidiani, ma
fortemente legato al contesto della storia: condizioni favorevoli per ampliare la
comprensione linguistica e la conoscenza dei simboli, prima di quando vengano utilizzati
in uscita. Pertanto, è utile esporre il bambino a un numero di simboli sufficientemente
elevato ed esporlo anche a simboli sconosciuti, opachi, rappresentanti concetti astratti,
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56
emozioni e verbi che vengono più facilmente compresi all’interno del contesto narrativo.
È consigliabile comunque porre attenzione perché, questi ultimi simboli, non siano
predominanti all’interno della frase. Nella scelta del sistema simbolico, bisogna tenere in
considerazione al tempo stesso necessità attuali e possibili necessità future dell’utente,
garantendo la massima stabilità ed espandibilità nel tempo del sistema simbolico che si
decide di introdurre. Altra decisione da prendere, riguarda la scelta tra simboli in bianco e
nero e simboli a colori. I simboli a colori sono utili per attirare l’attenzione quando il
numero dei simboli all’interno della pagina è ridotto, mentre rappresentano un carico
attentivo eccessivo se sono inseriti all’interno di pagine molto ricche di simboli. Nei libri
complessi, con molti simboli per pagina, l’uso dei simboli a colori rallenta la lettura con il
rischio di perdere il significato complessivo. I simboli in bianco e nero facilitano, inoltre, i
soggetti con difficoltà visive. Altro elemento importante è la riquadratura attorno al
simbolo che aiuta a delimitare l’unità di senso, poiché lega insieme la parola scritta e il
simbolo, facilitando l’attribuzione del significato, rende inoltre più semplice l’indicazione
da parte del lettore adulto. Affinché la riquadratura non rappresenti un elemento di
distrazione deve essere lineare, nera, con bordo non eccessivamente marcato. Quando si
traduce il libro in simboli, sarebbe opportuno mantenere l’intero nucleo di senso su una
singola riga. Poiché le dimensioni della pagina non sempre lo consentono, bisogna prestare
attenzione quando si va a capo, cercando di preservare il più possibile un senso compiuto
nelle diverse righe. La spaziatura tra i simboli deve essere regolare e può essere aumentata
quando è funzionale alla separazione delle diverse parti della frase. La punteggiatura è di
aiuto per chi legge, che altrimenti faticherebbe molto nell’intonazione, e per chi ascolta che
progressivamente comprende il significato della punteggiatura stessa. Il testo alfabetico
dentro il riquadro, è preferibilmente posto in alto per evitare che venga coperto durante
l’indicazione da parte dell’adulto. Bisogna identificare il livello di completezza
morfosintattica a cui il bambino ha bisogno di essere esposto. La comprensione del
linguaggio orale in bambini con sviluppo tipico inizia dalla comprensione contestuale, gli
elementi pragmatici sono particolarmente rilevanti in questa fase. Progressivamente la
comprensione si estende ai principali nuclei di senso, senza la considerazione degli aspetti
morfologici e sintattici che modulano ulteriormente il significato e che verranno compresi
solo successivamente. Inizialmente, con bambini piccoli, o nelle prime fasi di acquisizione
del linguaggio, o alle prime esperienze di esposizione ai simboli, non è opportuno
rappresentare ogni parte del discorso con un simbolo. È opportuno, invece, aumentare
progressivamente il livello morfosintattico in parallelo con lo sviluppo del bambino:
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57
evidenziando dapprima i pronomi personali e possessivi, gli articoli, le preposizioni, i
plurali e, successivamente, i tempi verbali, i pronomi riflessivi e relativi. L’esposizione agli
elementi morfosintattici in CAA è importante per i seguenti motivi: studi dimostrano che
in bambini bilingue con disturbo specifico del linguaggio, ciò che viene acquisito in ambito
riabilitativo in una lingua viene trasferito anche all’altra (Fabbro, 2004); e che i bambini
sordi esposti contemporaneamente alla lingua dei segni e al linguaggio verbale, mostrano
una maggiore capacità di comprensione e produzione rispetto a coloro che sono stati
esposti ad una sola lingua (Goodwyn, Acredolo, Brown, 2000). Si può ragionevolmente
concludere che gli elementi morfosintattici appresi attraverso la CAA vengano trasferiti al
linguaggio verbale. La correttezza e la completezza morfosintattica del sistema simbolico a
cui sono esposti i ragazzi nell’intervento di CAA possono influenzare in modo
significativo lo sviluppo linguistico, nonché l’uso del sistema di CAA in uscita, in
particolare in soggetti con disturbi di comprensione (Soto et al., 2010).
4.3.5. Struttura fisica del libro
Il formato delle pagine deve essere deciso tenendo in considerazione le caratteristiche del
bambino, del testo e del lettore adulto. I formati utilizzabili sono: il formato A4 (210x297),
il formato A5 (148x210) e, per i libri cartonati, il formato quadrato piccolo (12x21), medio
(18x18) e grande (24x24). L’impaginazione può essere in orizzontale o in verticale.
L’impaginazione orizzontale (A4) è utile per i soggetti che hanno necessità di non
interrompere il filo del discorso con l’andare a capo. Il formato deve essere scelto tenendo
in considerazione anche la dimensione dei simboli. L’immagine potrà essere collocata sulla
stessa facciata del testo in simboli o su due facciate diverse, preferibilmente con
l’immagine a sinistra e il testo a destra. La consistenza delle pagine è un altro elemento
importante. Tanto più le pagine sono rigide, tanto più diventa semplice maneggiarle. La
consistenza delle pagine può essere ispessita lievemente attraverso l’utilizzo di un
portalistini, inserendo i fogli di cartoncino nelle buste, o attraverso la plastificatura leggera
o più pesante delle pagine. Un’alternativa sono i libri cartonati, di cartone leggero o
pesante. La plastificatura è di aiuto, oltre che in presenza di disturbi della motricità fine e
globale, anche in presenza di scialorrea o in caso di comportamenti oppositivi e distruttivi.
Per l’assemblaggio delle pagine è possibile scegliere tra l’utilizzo di un portalistini, di un
quaderno ad anelli o di una spirale. Gli accorgimenti descritti riguardanti la struttura fisica
del libro, consentono di abbattere le barriere di accesso, fornendo al bambino con bisogni
comunicativi complessi gli strumenti idonei all’aumento della partecipazione.
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58
4.3.6. Facilitazioni per l’interazione
Si definiscono facilitazioni per l’interazione, tutti gli strumenti e gli accorgimenti utili ad
aumentare la partecipazione attiva da parte del bambino con bisogni comunicativi
complessi durante la lettura da parte dell’adulto. Un primo strumento di questo tipo è la
tabella di scelta del libro, costruita con le immagini scannerizzate o con fotografie delle
copertine dei libri tra cui scegliere. In caso di problemi motori, per consentire al bambino
di maneggiare il libro, oltre all’ispessimento delle pagine possono essere necessari ulteriori
strategie: possono essere inseriti separatori tra le pagine, possono essere applicate mollette,
abbassalingua o altro per consentire al bambino di girare le pagine autonomamente. Altri
strumenti utilizzabili per sostenere la partecipazione attiva del bambino sono i VOCAs che
consentono di esprimere emozioni, o di commentare i punti salienti della storia, o di
esprimere richieste. I VOCAs a singolo messaggio limitano le possibilità di interazione del
bambino. Al fine di allargare le possibilità di interazione, si possono introdurre tabelle a
tema (vedi figura 14) o comunicatori simbolici multicaselle. È possibile, inoltre, costruire
tabelle o frontalini dei comunicatori simbolici, specifici per ogni libro per permettere
interazioni sempre più complesse e particolareggiate. Infine, è importante porre attenzione
al posizionamento del libro: è necessario consentire al bambino di accedere visivamente sia
al testo in simboli che alle immagini ed è necessario che il libro sia posizionato in maniera
tale da consentire al bambino di accedervi fisicamente per indicare un simbolo o per girare
le pagine. Le facilitazioni aggiuntive fin qui descritte non devono essere utilizzate per
valutare la comprensione del bambino o per fare richieste prestazionali, ma esclusivamente
allo scopo di aumentare la sua partecipazione.
Figura 14. Tabella a tema per la lettura
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59
CAPITOLO V
PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO
5.1 Descrizione dello studio
Lo studio del caso clinico in oggetto complessivamente ha avuto una durata di 6 mesi e si è
articolato in tre diverse fasi: una fase iniziale di valutazione, una fase operativa di
intervento ed una fase conclusiva di monitoraggio dei risultati. La fase iniziale comprende
la raccolta delle informazioni, l’osservazione diretta e la valutazione strutturata. La fase
operativa consiste nella costruzione di strumenti utili al raggiungimento degli obiettivi
terapeutici e nell’introduzione degli stessi all’interno del setting terapeutico, nonché
nell’ambiente di vita del bambino con bisogni comunicativi complessi. La fase conclusiva
consiste nella valutazione dell’efficacia dell’intervento e nell’individuazione di eventuali
punti critici. La consultazione delle cartelle cliniche ha permesso la raccolta delle
informazioni anamnestiche e delle informazioni riguardanti i piani d’intervento attuati, gli
obiettivi terapeutici raggiunti nei precedenti percorsi riabilitativi e i tempi utili al
raggiungimento degli stessi. Le informazioni riguardanti il contesto in cui il bambino è
inserito sono state ottenute attraverso colloqui con i genitori e con le insegnanti. È stata
inoltre impiegata una metodica maggiormente strutturata per la raccolta delle informazioni
attraverso l’impiego del Social Networks. L’osservazione diretta si è svolta all’interno del
setting riabilitativo, durante le sedute di terapia logopedica a frequenza bisettimanale. La
raccolta delle informazioni e l’osservazione diretta hanno permesso di effettuare la
valutazione dei modelli di partecipazione, dei bisogni comunicativi e delle barriere di
accesso e di opportunità alla comunicazione, ispirandosi al Modello di Partecipazione
proposto da Beukelman e Mirenda (2005). Ai fini di una valutazione completa sono stati
impiegati inoltre strumenti standardizzati. A seguito della fase valutativa è stato possibile
formulare una serie di ipotesi che hanno condotto alla fase operativa. La fase operativa
dello studio in questione si è concretizzata nella realizzazione di strumenti di CAA idonei
alle capacità e alle esigenze del bambino. Sono stati creati pertanto, strumenti di intervento
e di inclusione in particolare, è stato possibile adattare alle esigenze comunicative del
soggetto dei libri di storie per bambini con l’utilizzo prevalente, ma non esclusivo, del
Picture Communication System (PCS). Il processo di adattamento ha portato alla creazione
di strumenti altamente personalizzati partendo dagli interessi e dalle caratteristiche fisiche,
cognitive e comunicative del soggetto sia nella scelta della storia (contenuto), sia nella
scelta della struttura del libro (complessità delle figure, impaginazione delle immagini e
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60
del testo, numero di pagine, formato e consistenza delle pagine, assemblaggio delle pagine,
struttura del testo, struttura della frase, numero di simboli per pagina, dimensione dei
simboli, trasparenza dei simboli). A seguito dell’introduzione di questi strumenti negli
ambienti di vita del bambino ed all’interno della seduta di terapia è stato possibile
effettuare alcune considerazioni conclusive e formulare alcune ipotesi.
5.2 Descrizione del caso clinico
Il soggetto dello studio ha un’età di 4,4 anni e presenta una sindrome genetica non
codificata all’interno dei sistemi diagnostici nosografici internazionali, associata ad una
grave compromissione del linguaggio.
5.2.1 Anamnesi fisiologica
Dall’anamnesi risulta che la bambina è unicogenita, nata il 15 novembre 2008 da settima
gravidanza, di cui le precedenti sei esitate in aborti interni. Riferito distacco placentare. Dal
controllo ecografico pre-amniocentesi risultava un ritardo di crescita intrauterino. Veniva
effettuato taglio cesareo elettivo alla 37ᵃ settimana di gestazione. La bambina nasceva a
termine con un basso peso alla nascita: pari a 2150 gr., collocandosi lievemente al di sotto
del 10° percentile della tabella dei centili per la classificazione dei neonati secondo il peso
e l’età gestazionale, collocandosi quindi all’interno della classe dei SGA (Small for
Gestational Age). L’indice di Apgar al 1’ e al 5’ risultava pari a 9. L’allattamento avveniva
tramite biberon, la suzione risultava essere valida e non veniva riferito alcun problema di
deglutizione. All’età di 10 mesi veniva inserita nell’asilo nido con educatore aggiunto al
gruppo classe. Lo sviluppo psicomotorio risultava essere ritardato: raggiungeva la
posizione seduta senza sostegno all’età di 15 mesi e iniziava a deambulare all’età di 22
mesi. A partire dall’età di 41 mesi iniziava a spostarsi con la navigazione a costiera per
lunghi tratti. All’età di 46 mesi raggiungeva il controllo sfinterico diurno. All’età di 48
mesi la produzione verbale si limitava alla parola “mamma”, presenti l’indicazione
richiestiva e dichiarativa, presente un codice assenso/dissenso. Nel settembre 2012 la
bambina iniziava la scuola materna con AEC (Assistenza Educativa Culturale) e Sostegno
con intera copertura dell’orario scolastico.
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61
5.2.2 Anamnesi patologica
La bambina iniziava trattamento riabilitativo a 40 giorni di età, seguita domiciliarmente
dall’ASL per il primo anno di vita. Nel settembre 2009 la bambina effettuava la visita
genetica e prelievo per lo studio di citogenetica molecolare a CGH che portava alla
diagnosi di “microdelezione sul braccio corto del cromosoma 1 regione 1p36.33-
>1p36.32 estesa per circa 4Mb, microduplicazione del braccio corto del cromosoma X,
nella regione Xp22.33->Xp22.32”.
Nel dicembre 2009 la bambina veniva ricoverata per un secondo episodio convulsivo (il
primo si manifestava all’età di 3 mesi) in corso di broncopolmonite con insufficienza
respiratoria. Nello stesso mese si assisteva alla riesacerbazione bronchitica, per la quale
veniva indicata una terapia antibiotica domiciliare. La bambina iniziava, inoltre, terapia
intramoenia settimanale presso il Servizio di Riabilitazione Pediatrica Extraospedaliera
dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, in attesa di essere chiamata per la presa in
carico ambulatoriale, avvenuta nel settembre 2010. Nell’aprile 2011 si verificava un
secondo episodio di broncopolmonite con focolaio polmonare sinistro, per il quale viene
prescritta la terapia antibiotica. In terza giornata di iperpiressia compariva vomito
incoercibile, con successiva disidratazione della bambina, con conseguente necessità di
terapia reidratante tramite flebo. La bambina effettuava controlli neurologici periodici e
veniva inserita in terapia con il Tegretol, successivamente sostituito con il Tolep. Nell’
aprile 2011 effettuava valutazione logopedica dalla quale emergevano difficoltà prassiche e
assenza di linguaggio verbale, a fronte di una buona triangolazione di sguardo e presenza
di indicazione richiestiva e dichiarativa. Venivano inoltre contemporaneamente prescritti
tutori gamba-piede e calzature predisposte per il tutore. Nel giugno 2011, all’età di 31
mesi, effettuava la valutazione cognitiva attraverso la somministrazione delle Scale di
Sviluppo Griffiths.27
Dall’analisi delle prestazioni alle singole scale emergeva un profilo
disomogeneo, con migliori competenze rispetto alle autonomie personali-relazionali e una
maggiore carenza rispetto alle abilità grosso-motorie e prassiche e di quelle non verbali di
interazione con gli oggetti. Emergeva un’età di sviluppo corrispondente ad 11 mesi di età
con un quoziente globale pari a 34, indicando un ritardo psicomotorio. L’esame delle
27
Le “GMDS – Griffitths Mental Development Scales” sono in grado di valutare lo sviluppo intellettivo di
bambini con differenti tipologie di handicap. Sono costituite da due set di scale, ciascuna per una fascia d'età
differente: 0-2 anni (Ruth Griffiths,1954, 1960, 1996) e 2-8 anni (Ruth Griffiths, 1970, 1987, 2006). La scala
0-2 anni comprende le sub-scale: locomotoria, personale-sociale, dell’udito e del linguaggio, della
coordinazione occhio-mano e di performance; la scala 2-8 anni comprende le sub-scale: locomotoria,
personale-sociale, del linguaggio, della coordinazione occhio-mano, di performance e di ragionamento
pratico.
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62
risposte al questionario PVB28
per lo sviluppo comunicativo e linguistico indicava una
comprensione globale del linguaggio corrispondente a un’età di 16-17 mesi. Dalla
valutazione della deglutizione non emergeva nulla di patologico. Nell’ottobre 2011 veniva
inserito nel progetto, il trattamento logopedico. Durante il controllo neurologico effettuato
a febbraio del 2012 veniva eseguito EEG, riferito migliorato e veniva iniziato lo
svezzamento dal Tolep, completatosi nel mese di giugno 2012. Con la sospensione del
farmaco la madre osservava un miglioramento della reattività e della curiosità della
bambina verso l’ambiente. Nel mese di aprile 2012 effettuava visita oculistica a seguito
della quale veniva prescritto bendaggio 1 ora al giorno per strabismo da ipermetropia. Nel
novembre 2012 eseguiva impedenzometria che evidenziava un timpanogramma di tipo A
(normale).
5.2.3 Il quadro clinico attuale
Aspetto motorio
Attualmente la bambina è in grado di raggiungere la posizione in side-sitting partendo da
quella long-sitting in maniera autonoma e può mantenerla senza appoggio per gli arti
superiori. Non raggiunge ancora la posizione in ginocchio autonomamente neppure con
appoggio anteriore bilaterale in quanto, sono presenti molte difficoltà di estensione delle
anche. Se posizionata, però, può mantenere tale postura a lungo. La posizione in half-
kneeling non è raggiunta autonomamente e viene mantenuta solo con appoggio anteriore,
notevole flessione anteriore del tronco. La bambina è in grado di raggiungere la stazione
eretta alzandosi da una sedia con appoggio per gli arti superiori, o scendendo da un letto o
da un divano scivolando in avanti. È presente la deambulazione autonoma per lunghi tratti,
con o senza tutori. Durante la deambulazione si rileva: base d’appoggio allargata, scarso
pendolarismo degli arti superiori, riduzione dell’escursione articolare nei diversi distretti
degli arti inferiori con uso en-block di questi ultimi e scarsa modulazione del movimento.
È presente valgismo delle ginocchia ed extra-rotazione degli arti inferiori, notevolmente
ridotti rispetto al passato. La bambina è in grado di fermarsi e ripartire, cambiare direzione,
di portare un oggetto in mano durante il cammino, salire dei gradini con aiuto, ma non è
ancora possibile il superamento di un ostacolo né lo scendere le scale. Sono presenti inoltre
comportamenti oppositivi quando la bambina si trova in situazioni di difficoltà o posture
per lei faticose.
28
Caselli, Casadio “Primo Vocabolario del Bambino (PVB)”, 1995 - adattamento italiano del "MacArthur-
Bates, Communicative Development Inventory-CDI"
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63
Aspetto comunicativo e linguistico
La produzione linguistica è limitata alla parola “mamma”. Presenti l’attenzione condivisa e
l’intenzionalità comunicativa. È presente l’uso dei gesti referenziali: “ciao”, “vieni qui”,
“basta”, “via”, “da’”, “mandare un bacio”; la bambina solleva le braccia in alto per
esprimere gioia; utilizza molto la triangolazione di sguardo e l’indicazione. È presente un
codice assenso/dissenso e la bambina esprime il proprio disappunto o approvazione
attraverso la modulazione del vocalizzo /e/. La bambina ha iniziato ad utilizzare una tabella
comunicativa in continua espansione e modifica anche se non ha ancora generalizzato l’uso
ai vari ambienti di vita. La comprensione del linguaggio appare buona per comandi
semplici e contestualizzati. La bambina riesce con molta fatica ad imitare alcune prassie
orali. Nella ripetizione di parole riesce a muovere la bocca nel tentativo di imitare la
posizione articolatoria senza riuscire a imitare il suono udito.
Aspetto cognitivo
La somministrazione delle Scale di Sviluppo Griffiths indica un’età di sviluppo di circa 18
mesi ed un Quoziente Globale di Sviluppo <50, indicando un ritardo psicomotorio. Si
evidenzia un profilo caratterizzato da migliori prestazioni ottenute nella Scala delle Abilità
Non Verbali, nella Scala della Coordinazione Manuale-Visiva e nella Scala Personale-
Relazionale; e prestazioni peggiori ottenute nella Scala Locomotoria e nella Scala di
Apprendimento e Linguaggio. Il livello di sviluppo cognitivo è stato valutato inoltre con la
Leiter International Performance Scale29
, la quale evidenzia un ritardo lieve con un Q.I. di
58 corrispondente ad un’età mentale di anni 2,9 (età cronologica: 4,4). La bambina,
nell’esecuzione delle prove, mostra maggiori difficoltà negli items che richiedono abilità
visuo-costruttive e l’elaborazione delle dimensioni dei diversi stimoli.
5.2.4 Il progetto terapeutico
L’attuale progetto terapeutico, prevede una modalità di intervento estensiva ed un impegno
riabilitativo medio della durata di 180 giorni. Fanno parte del Progetto Riabilitativo
Individualizzato: la terapia logopedica bisettimanale e la terapia neuropsicomotoria
bisettimanale. Gli obiettivi terapeutici perseguiti nell’intervento neuropsicomotorio
riguardano la facilitazione dell’esecuzione dei diversi passaggi posturali ed il
29
La “Leiter International Performance Scale – Revised”, (Gale H. Roid, Lucy J. Miller, 1997, trad. it. 2002)
è una scala completamente non verbale, consiste di due batterie standardizzate: Visualizzazione e
Ragionamento (VR), costituita di 10 subtest; Attenzione e Memoria (AM), costituita anch'essa di 10 subtest.
La scala permette di individuare soggetti affetti da ritardo mentale, deficit di attenzione ed iperattività,
disturbi dell’apprendimento ed altri deficit di carattere neuropsicologico
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64
miglioramento dell’uso degli arti superiori durante gli stessi; il mantenimento di posture
antigravitarie diverse con particolare attenzione alla posizione in ginocchio e a quella in
half-kneeling; il miglioramento dello schema del passo, con maggiore possibilità di
flessione delle ginocchia e dei cambi direzionali; l’aumento dell’interesse e dell’attenzione
verso i giochi e le attività svolte nonché l’aumento dell’accettazione del setting riabilitativo
e delle sue regole. Le proposte operative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi
terapeutici comprendono tecniche di manipolazione miofasciale e di mobilizzazione
neurodinamica, facilitazioni secondo Bobath all’apprendimento neuromotorio ed ai
passaggi posturali e stimolazioni sensitivo-sensoriali. Gli obiettivi terapeutici perseguiti
nell’intervento logopedico riguardano l’aumento delle occasioni comunicative negli
ambienti di vita; l’aumento delle capacità naturali di comunicazione; l’incremento delle
abilità comunicative attraverso l’introduzione di ausili di CAA; l’incremento del gioco
simbolico. Le proposte operative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi terapeutici
comprendono interventi di adattamento dell’ambiente e formazione dei partner di
comunicazione e dei facilitatori; costruzione di ausili di CAA e modellamento in entrata;
attività di gioco e colloqui con i familiari e gli insegnanti.
5.3 L’intervento logopedico attuato
Lo studio oggetto di questa trattazione ha avuto inizio a circa due anni di distanza dalla
prima presa in carico ambulatoriale della bambina presso il servizio di riabilitazione
pediatrica extraospedaliera dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma. In questo
paragrafo verrà descritto brevemente il percorso riabilitativo effettuato precedentemente
all’inizio dello studio in questione. L’intervento iniziale partiva dalla strutturazione di un
setting favorevole all’interazione. A tale scopo è stato necessario partire da ogni occasione
di aggancio, scegliendo situazioni altamente motivanti, partendo dagli interessi della
bambina e strutturando un ambiente facilitante che garantisse maggior controllo e
prevedibilità. La bambina manifestava la sua intenzionalità comunicativa attraverso
modalità non simboliche: gesti, vocalizzi, sguardo e linguaggio del corpo. La bambina
utilizzava la triangolazione di sguardo per esprimere richieste o condividere l’attenzione,
soprattutto con la mamma; inoltre utilizzava l’indicazione con funzione dichiarativa e
richiestiva, quest’ultima accompagnata dal vocalizzo /e/. La bambina naturalmente
esprimeva il suo assenso o dissenso attraverso la modulazione del fonema /e/. Obiettivo
dell’intervento, è stato sostenere ed espandere tali modalità naturali attraverso l’impegno in
scambi reciproci utilizzando modalità gestuali e di movimento ed attraverso la formazione
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65
dei genitori e degli altri partner di comunicazione, i quali hanno ricevuto un supporto
finalizzato all’aumento della loro ricettività nei confronti dei segnali inviati dal bambino. I
genitori sono stati guidati, nell’interazione con la loro bambina, al rispetto dei turni
comunicativi della bambina e dei suoi tempi; all’attuazione di pause durante l’interazione;
al riconoscimento dei comportamenti comunicativi ed alla risposta a questi ultimi anche
quando scarsamente interpretabili; alla promozione della comunicazione attraverso
l’individuazione di situazioni favorenti l’interazione comunicativa, la strutturazione di un
ambiente facilitante, l’utilizzo di incitamenti e di appropriati stimoli linguistici. Il lavoro
sui facilitatori e sul contesto è stato centrale nell’intervento iniziale con l’ulteriore fine,
oltre quello di motivare la bambina a comunicare e sostenere i suoi comportamenti
comunicativi, di evitare la comparsa di comportamenti problematici che possono essere
utilizzati da parte del bambino con bisogni comunicativi complessi come strategia di
recupero delle cadute di comunicazione. L’intervento iniziale inoltre prevedeva un lavoro
sull’attenzione sostenuta. I tempi di attenzione venivano progressivamente aumentati
attraverso il coinvolgimento della bambina in attività di gioco, alimentando continuamente
l’interesse all’interno di una stessa attività e scoraggiando comportamenti di cambiamento
continuo dei giochi. Per quanto concerne le funzioni esecutive, oltre che sulle capacità
attentive, è stato necessario lavorare sulla capacità di inibizione di alcuni comportamenti
problematici, quali il continuo portare alla bocca tutti gli oggetti ed i materiali di gioco od
il continuo comportamento di buttarli a terra. Il lavoro sulle funzioni esecutive, in
particolare sulla funzione attentiva è un fondamentale precursore del lavoro sulle capacità
comunicative poiché, prerequisito fondamentale della comunicazione è l’attenzione
condivisa. Nell’intervento iniziale è stato effettuato un lavoro finalizzato allo sviluppo del
gioco simbolico. L’emergere del gioco simbolico è fortemente correlato con lo sviluppo
del linguaggio: lo schema d’azione con l’oggetto, che normalmente compare intorno ai 12
mesi di età, correla con l’emergere della produzione di parole mentre lo sviluppo del gioco
simbolico, che normalmente avviene tra i 24 ed i 30 mesi di età, correla con lo sviluppo
della grammatica. La bambina all’età di due anni mostrava la capacità di effettuare lo
schema con l’oggetto ma non era evidente né la presenza dell’uso di un oggetto neutro, né
la presenza di alcuna sequenza di gioco simbolico. Al fine di favorirne la comparsa è stato
utilizzato il modeling accompagnato dalla descrizione verbale di ogni azione durante lo
svolgimento della sequenza di gioco. Il training sulle abilità orali è stato previsto in quanto
la bambina non era in grado di eseguire, né su comando verbale né su imitazione, alcuna
prassia orale, tantomeno era in grado di ripetere sillabe, anche se significative, quali /si/ e
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/no/. In un intervento di comunicazione iniziale, al fine di motivare il soggetto alla
comunicazione, di fargli comprendere la sua funzione e di garantirgli il diritto di
influenzare attraverso le proprie scelte il proprio ambiente di vita, è necessario offrire
opportunità di scelta. In quest’ottica è stata introdotta la tabella minima con due alternative
tra cui scegliere il gioco da svolgere in terapia, rappresentate attraverso immagini o
simboli. Progressivamente la tabella minima è stata ampliata fino a diventare una tabella a
scelta multipla, con un maggior numero di stimoli visivi tra cui scegliere. Con il progredire
dell’intervento, è stato allestito un quaderno iniziale con immagini e fotografie che
permettevano semplici comunicazioni, fortemente contestualizzate, ad utilizzo esclusivo
all’interno del setting terapeutico. In questa fase dell’intervento, ed a questo livello di
sviluppo simbolico, è stato possibile proporre l’utilizzo di alcuni segni appartenenti alla
Lingua Italiana dei Segni (LIS) ed è stato proseguito l’intervento finalizzato all’incremento
dei gesti deittici e referenziali. All’età di 3,6 anni dalla valutazione funzionale della
bambina emerge un significativo miglioramento in tutte le competenze comunicative,
nonché attentive e di gioco. Ciò ha reso possibile il passaggio ad una tabella comunicativa
costruita con foto, disegni, immagini e simboli PCS. Le tabelle a tema introdotte
riguardavano inizialmente le attività di gioco svolte in terapia. A differenza delle
precedenti tabelle a scelta multipla, nelle tabelle a tema per il gioco, sono stati introdotti i
simboli “ancora”, “basta”, “cambia” ed alcuni verbi: “disegnare”, “giocare”, “leggere”.
Progressivamente sono state introdotte le tabelle a tema per la lettura e la scelta dei libri da
leggere in terapia e la tabella a tema per la scelta della musica da ascoltare in terapia. Tutte
le tabelle a tema sono state assemblate grazie all’impiego di un portalistini.
Progressivamente questo quaderno di comunicazione si è sempre maggiormente ampliato
di ulteriori tabelle a tema. Inoltre, al fine di preparare la bambina al passaggio verso una
tabella principale e per favorire l’emergere della frase, il quaderno è stato organizzato in
maniera tale da avere sulla prima facciata una tabella con le foto delle persone con cui la
bambina generalmente interagisce e, nelle pagine successive, le immagini o i simboli
rappresentanti le attività che la bambina svolge quotidianamente, inserendo inizialmente
alcuni sostantivi che richiamassero l’attività: “casa”, “scuola”, “fisioterapia”, “esercizi”,
“logopedia” e altri, e progressivamente introducendo i verbi: “mangiare”, “fare”, “giocare”
e altri. Progressivamente il quaderno è stato arricchito con tabelle a tema per le attività di
gioco e di lettura svolte a casa e tabelle a tema per le attività scolastiche come la tabella a
tema per il disegno e la tabella per la scelta dei colori. È stata costruita, inoltre, la tabella
per la scelta dei cibi. Il quaderno comunicativo diventava, in tal modo, uno strumento utile
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a sostenere la comunicazione nei vari ambienti di vita della bambina. Con lo scopo di
sostenere lo sviluppo del gioco simbolico, oltre che della comunicazione, è stata introdotta
la tabella per il gioco con la bambola. Quest’ultima tabella è una tabella a cascata in cui,
nella parte superiore, vi è una tabella minima che permette la scelta dell’attività di gioco
che si intende svolgere con la bambola scegliendo tra: “mangiare” e “fare il bagnetto”;
nella parte sottostante vi sono due tabelle a tema con i simboli raffiguranti gli oggetti utili
allo svolgimento di ognuna delle due attività di gioco. La tabella per il gioco con la
bambola è uno strumento molto utile da utilizzare sia in entrata che in uscita. Attraverso il
modeling dell’adulto che svolge l’attività di gioco, descrivendo verbalmente ciò che sta
facendo ed indicando i rispettivi simboli è stato possibile effettuare un lavoro finalizzato
all’incremento del gioco simbolico. Inoltre, la situazione di gioco induceva la creazione di
un bisogno comunicativo, cioè quello di fare richieste all’adulto per ottenere gli oggetti
necessari allo svolgimento dell’attività.
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CAPITOLO VI
LO STUDIO DEL CASO CLINICO:
VALUTAZIONE
6.1 La raccolta delle informazioni
Attraverso la consultazione delle cartelle cliniche ed attraverso i colloqui con i genitori è
stato possibile ricostruire la storia clinica, la quale è stata precedentemente descritta in
questa trattazione, del soggetto in esame. Sono stati raccolti dati riguardanti i precedenti
interventi terapeutici attuati, gli obiettivi raggiunti ed i tempi necessari al raggiungimento
degli stessi. Inoltre, è stato inquadrato il quadro clinico attuale e descritto il progetto
riabilitativo, con i relativi obiettivi terapeutici attualmente perseguiti. Il soggetto in esame è
una bambina affetta da una sindrome genetica congenita. La sindrome in oggetto non è
codificata nei sistemi diagnostici nosografici internazionali pertanto, non è stato possibile
conoscerne la storia naturale. Conoscere il fenotipo comportamentale sarebbe stato utile al
fine di attuare interventi precoci, mirati alla prevenzione del rischio di manifestazione di
determinati comportamenti che, poiché frequentemente associati ad un determinato profilo
genetico caratteristico di una determinata sindrome, hanno maggiori probabilità di
comparsa. La conoscenza del fenotipo comportamentale può essere, in tal senso, di grande
aiuto per i clinici nell’attuazione di interventi maggiormente mirati, che ovviamente
devono essere pianificati tenendo in considerazione le caratteristiche del singolo individuo
e del suo ambiente di vita. Nel caso in esame non è stato possibile confrontare la storia
naturale di altri bambini con la stessa sindrome per mancanza di dati in letteratura.
La rilevazione dei dati sulle diverse modalità comunicative, nell’ambito dei diversi
contesti, delle diverse attività e con partner differenti, è stata effettuata attraverso l’impiego
del Social Networks (vedi par. 2.2.2), uno strumento che permette la raccolta delle
informazioni attraverso un’intervista strutturata. Il soggetto intervistato è la madre della
bambina. Dopo l’intervista sono state compilate dall’intervistatore le schede riassuntive.
L’intervistato definisce il soggetto: comunicatore contesto-dipendente. Nella scheda
riassuntiva A sono stati inseriti i nomi dei partner comunicativi per ciascun cerchio. Nel
primo cerchio sono stati inseriti: la madre, il padre e la nonna paterna; nel secondo cerchio
sono stati collocati: i due amici di famiglia che si prendono cura della bambina dopo la
scuola e la accompagnano in terapia e la nonna materna; nel terzo cerchio sono stati
inseriti: i compagni di scuola, gli insegnanti e gli assistenti educativi culturali; nel quarto
cerchio sono stati inseriti: i logopedisti, il terapista della neuropsicomotricità e il
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fisioterapista; nel quinto cerchio è stato inserito il gelataio. Successivamente è stato
individuato il partner principale, il partner preferito, il partner con più capacità, il partner
più disponibile all’apprendimento di nuove capacità, il partner disposto ad insegnare ad
altri come comunicare con la persona, i quali coincidono tutti con la madre della bambina,
mentre i partner con cui la persona trascorre la maggior parte del tempo sono gli
insegnanti ed i compagni di scuola. Nella scheda riassuntiva B sono stati indicati il numero
dei partner per ogni cerchio e le modalità principali di comunicazione utilizzate negli
scambi comunicativi con gli stessi. Nel primo cerchio sono stati individuati 3 partner e le
modalità principalmente utilizzate, che sono state giudicate efficaci per la maggior parte
delle volte, sono: espressioni del viso, linguaggio del corpo, gesti, vocalizzi, segni manuali,
parole e tabella di comunicazione. Nel secondo cerchio sono stati individuati 3 partner di
comunicazione, le modalità principalmente utilizzate sono quelle naturali (espressioni del
viso, linguaggio del corpo, gesti, vocalizzi, parole), giudicate dall’intervistato efficaci
qualche volta. Nel terzo cerchio sono stati collocati 25 partner di comunicazione con i
quali vengono utilizzate dal soggetto le stesse modalità impiegate nel secondo cerchio
(modalità naturali), giudicate raramente efficaci negli scambi comunicativi con i compagni
di scuola e qualche volta efficaci negli scambi comunicativi con gli insegnanti e gli
assistenti. Nel quarto cerchio sono stati individuati 4 partner ed in questo cerchio vengono
impiegate tutte le modalità a disposizione del soggetto (come nel primo cerchio), giudicate
efficaci per la maggior parte delle volte. Nel quinto cerchio è stato collocato 1 partner di
comunicazione, con il quale la bambina utilizza modalità naturali che risultano essere
efficaci per la maggior parte delle volte. La scheda riassuntiva C ha messo in evidenza le
abilità presenti e quelle da sviluppare ulteriormente, le strategie che supportano
l’interazione e gli argomenti di conversazione. La scheda riassuntiva D ha permesso la
definizione di obiettivi terapeutici per ogni cerchio e la formulazione di un’ipotesi
d’intervento rivolto ai vari contesti di vita della bambina. Nel primo cerchio è stata
evidenziata la necessità di espandere gli argomenti di conversazione. A tal fine, è
necessario ampliare la tabella di comunicazione ed è necessario introdurre ulteriori
strumenti di CAA, per la costruzione e l’aggiornamento dei quali, è necessaria la
collaborazione dei genitori. Allo scopo di avere la migliore collaborazione da parte dei
genitori sarebbe utile la loro partecipazione ad un corso di formazione sulla CAA. Poiché i
partner del secondo cerchio non rinforzano l’utilizzo degli ausili di CAA, sarebbe utile
richiedere la loro presenza alle sedute di terapia perché possano, attraverso il modeling del
terapista, apprendere la migliore modalità di utilizzo degli ausili di CAA. Agli insegnanti e
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agli assistenti (terzo cerchio) è proponibile un corso di formazione della durata di quattro
incontri da tre ore ciascuno. Per supportare la comunicazione con i partner del quarto
cerchio, sarebbe indicata una riorganizzazione degli ambienti e degli spazi di terapia e
l’utilizzo dell’etichettatura. Per gli scambi con i partner del quinto cerchio è proponibile
l’utilizzo di un VOCA per rendere la comunicazione più immediata con partner non
abituali.
6.2 L’osservazione diretta
L’osservazione diretta è stata condotta all’interno del setting terapeutico durante le sedute
di logopedia a frequenza bisettimanale per un periodo di sei mesi. Dopo ciascuna seduta di
terapia sono stati presi appunti circa i comportamenti osservati. L’osservazione diretta è
stata, nel caso in esame, uno strumento molto utile per cogliere alcuni aspetti del soggetto
non oggettivabili attraverso misurazioni standardizzate. Le caratteristiche intrinseche
dell’osservazione diretta ne determinano una serie di limiti e di svantaggi in quanto, è
fortemente soggettiva, non si avvale di strumenti, non produce una documentazione e non
permette di fare un confronto tra la situazione iniziale e quella successiva al trattamento.
Tuttavia permette di descrivere gli eventi ed i comportamenti del soggetto, senza
incasellarli in categorie predefinite, utilizzando un linguaggio descrittivo e non valutativo.
6.3 La valutazione secondo il Modello di Partecipazione
A seguito della raccolta delle informazioni e dell’osservazione diretta è stato possibile
valutare il livello di partecipazione del soggetto in esame secondo il Modello di
Partecipazione. Al fine di identificare i modelli di partecipazione ed i bisogni comunicativi
del soggetto è stato condotto un inventario delle attività quotidiane, è stata valutata la
capacità comunicativa attuale e sono state identificate le barriere alla partecipazione.
6.3.1 Inventario delle attività
La bambina frequenta la scuola dell’infanzia a tempo pieno. I genitori sono entrambi
impegnati in attività lavorative ed anche la nonna materna pertanto, una coppia di amici di
famiglia, all’uscita da scuola, accompagnano la bambina a casa ed a terapia. La bambina
effettua quattro terapie a settimana, distribuite su due giorni, presso il servizio di
riabilitazione pediatrica extraospedaliera dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia: due sedute
di terapia logopedica e due sedute di terapia neuropsicomotoria. La bambina effettua
inoltre la terapia logopedica a frequenza bisettimanale presso un altro centro, dove ha
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iniziato un intervento mirato sulla disprassia. La bambina frequenta la piscina, dove
effettua una terapia incentrata sull’aspetto motorio. Le attività di gioco svolte a casa sono
rappresentate prevalentemente da giochi reattivi. Altra attività praticata a casa con i care
givers è la lettura di libri per bambini, attività particolarmente amata dalla bambina. A
scuola la bambina è seguita, con copertura dell’intero orario, da un insegnante di sostegno
e dall’assistente educativo culturale.
6.3.2 Identificazione delle barriere alla partecipazione
Barriere di opportunità
Per comunicare nei vari ambienti di vita la bambina ha a disposizione le tabelle di
comunicazione, inserite in un quaderno che porta sempre con sé. La bambina si esprime
attraverso modalità non simboliche: gesti, segni, vocalizzi, sguardo, mimica facciale,
linguaggio del corpo. Poiché la bambina è sufficientemente espressiva da essere compresa
da partner di comunicazione abituali in contesti e situazioni routinarie, spesso i partner di
comunicazione non rinforzano l’utilizzo delle tabelle di comunicazione, in particolare nel
contesto scolastico. A scuola i partner di comunicazione tendono spesso ad assumere uno
stile direttivo, facendo domande, richieste, dando comandi. Questa modalità di interazione
limita fortemente le possibilità della bambina. Spesso i turni della bambina non vengono
rispettatati, con anticipazioni ed eccesso di verbosità da parte dei partner di comunicazione.
Gli insegnanti della bambina hanno scarsamente aderito al progetto di CAA pianificato per
la bambina, come dimostrato dalla scarsa attuazione delle indicazioni fornite dal
logopedista e dalla scarsa disponibilità a fissare periodici incontri. La tabella comunicativa
viene inoltre arricchita di nuovi simboli solamente all’interno del contesto terapeutico, ciò
rappresenta un’importante barriera alla comunicazione, poiché i simboli devono essere
introdotti partendo dalle esperienze vissute direttamente dal bambino. Le esperienze offerte
dal contesto scolastico sono ampiamente superiori rispetto a quelle possibili all’interno
della seduta di terapia. I genitori hanno partecipato ad incontri di formazione, che li hanno
guidati e supportati nell’interazione con la loro bambina. La madre della bambina
interagisce con lei utilizzando le tabelle di comunicazione ed effettua il modeling in
entrata. La madre, tuttavia, ha deciso di far intraprendere alla bambina un altro percorso
riabilitativo incentrato sull’incremento delle capacità articolatorie, oltre al percorso di
CAA già intrapreso. Tale percorso non interferisce con l’intervento di CAA, ma
rappresenta sicuramente un impegno ulteriore per la bambina e dunque una barriera alla
partecipazione alle normali attività extrascolastiche svolte dai pari. La bambina è molto
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impegnata nelle attività scolastiche e terapeutiche nelle quali investe gran parte del tempo e
delle energie. La scarsa adesione all’intervento di CAA da parte dei contesti di vita della
bambina è probabilmente dovuto ai pregiudizi nei confronti di tale pratica clinica ancora
ampiamente diffusi in Italia.
Barriere di accessibilità
Nella valutazione delle barriere di accessibilità è necessario considerare gli aspetti motori,
cognitivi, linguistici, di letto-scrittura, sensoriali, percettivi dell’utente di CAA, nonché le
caratteristiche dell’ambiente. Da un punto di vista motorio, la bambina, presenta un
compromissione delle capacità grossomotorie e della motricità fine. Nella deambulazione
la bambina ha ancora un atteggiamento insicuro ed instabile pertanto, è impossibilitata a
partecipare ad alcuni giochi motori a scuola: correre, saltare, giocare a nascondino, giocare
a “1,2,3, stella” e altri giochi comunemente svolti dai pari. La compromissione della
motricità fine e la difficoltà nella coordinazione bimanuale comporta per la bambina una
difficoltà nelle attività quali: colorare, disegnare, tagliare, incollare ed altre. Le difficoltà
motorie e di coordinazione provocano difficoltà in molte attività di gioco. Autonomamente
la bambina non è in grado di effettuare neanche il gioco degli incastri che comporta
l’utilizzo di entrambe le mani: una per afferrare e trattenere il contenitore degli incastri e
l’altra per inserirli negli appositi spazi. Non è in grado di effettuare alcuni giochi con la
bambola: spogliare e vestire la bambola, anche in questo caso, a causa della
incoordinazione bimanuale. Il gioco è compromesso ulteriormente dal ritardo di sviluppo
cognitivo. La bambina presenta una sola sequenza di gioco simbolico mentre ci si
aspetterebbe la presenza di almeno quattro sequenze, per l’età cronologica. La bambina
non ha la possibilità di partecipare a nessuna attività che richieda capacità di espressione
verbale in quanto il linguaggio in produzione è gravemente compromesso. L’interazione è
resa possibile attraverso le tabelle di comunicazione a tema per le attività scolastiche o per
il gioco. Per permettere la partecipazione ad attività che richiedono capacità di espressione
verbale, quali recitazione di poesie, filastrocche, canto di canzoni oppure per offrire la
possibilità di presa del turno in giochi sociali potrebbe essere opportuno impiegare un
dispositivo di comunicazione con uscita in voce. Quest’ultimo non è stato introdotto a
causa della scarsa adesione al progetto da parte degli insegnanti, viene invece utilizzato
dalla bambina all’interno delle sedute di terapia logopedica. La compromissione del
linguaggio si estende inoltre al versante della comprensione dunque, la bambina ha
difficoltà ad orientarsi nelle diverse attività senza alcun supporto visivo. Allo scopo di
favorire la prevedibilità e la controllabilità dell’ambiente sono state introdotte le strisce
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delle attività, purtroppo raramente impiegate nel contesto scolastico. Le tabelle
comunicative vengono utilizzate in entrata dall’adulto al fine di sostenere la comprensione.
I cambi delle attività non avvengono in maniera repentina al fine di rispettare i tempi della
bambina. Rappresenta una barriera alla partecipazione per la bambina inoltre, l’impegno
lavorativo dei genitori i quali, avendo poco tempo a disposizione, hanno difficoltà a
contribuire all’ampliamento delle tabelle comunicative ed alla costruzione di nuovi
strumenti quali: libri adattati, calendari di attività con i simboli, etichette con cui marcare i
vari ambienti o da applicare sugli oggetti, il vocabolario dei gesti, il passaporto, questi
ultimi due molto utili per permettere la comunicazione con partner non abituali, tutti
strumenti che sarebbero proponibili a questo livello dello sviluppo simbolico. Il limitato
utilizzo degli ausili di CAA comporta una limitata possibilità di interazione con i pari.
All’interno delle sedute di terapia, sia logopedica che neuropsicomotoria, la bambina
comunica con le tabelle di comunicazione. Richiede la tabella, indicando la borsa in cui
viene trasportata, quando questa non viene immediatamente fornita all’arrivo in terapia dai
care givers che l’accompagnano. La comunicazione riguarda contenuti semplici riguardanti
il “qui ed ora”. Il livello dei contenuti di comunicazione dipende, oltre che dalla
compromissione del linguaggio, anche dalla compromissione cognitiva. Non è presente la
costruzione frasale.
6.4 La valutazione formale
Ai fini di una valutazione completa e con l’obiettivo di rendere oggettivabile
l’osservazione condotta sono stati somministrati test standardizzati. Per valutare il livello
della comprensione lessicale è stato somministrato il Peabody Test (Test di Vocabolario
Recettivo). La somministrazione del test non ha permesso di classificare la prestazione del
soggetto in quanto non è stato raggiunto il livello basale (8 risposte corrette consecutive a
partire dalla prima tavola presentata). A tal proposito è utile puntualizzare che il livello
basale non è stato raggiunto per un solo errore: a partire dalla prima tavola presentata,
corrispondente all’età cronologica, si è registrato un errore al terzo item pertanto, è stato
necessario retrocedere, a partire dalla tavola corrispondente all’età cronologica del
soggetto, fino ad ottenere una sequenza di otto risposte corrette; nelle tavole n.8-1 è stato
commesso un solo errore sulla parola “trattore”. Non è stato possibile dunque valutare la
comprensione attraverso questo strumento. Questo dato è stato messo in relazione alle
caratteristiche cognitive del soggetto. La bambina dimostra una scarsa autoregolazione del
comportamento e scarsa capacità di inibizione e di attenzione sostenuta. Dopo avere
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prestato attenzione al compito per un tempo molto limitato inizia ad indicare gli stimoli
senza guardare, in maniera impulsiva. Quando la si richiama al compito riesce a
concentrarsi nuovamente per un brevissimo intervallo di tempo fino alla caduta completa
dell’interesse e della motivazione. Dimostra di comprendere la consegna del compito. È
utile sottolineare tuttavia, che la prestazione migliora nelle prime tavole rispetto alla
prestazione relativa alle tavole più complesse, dove progressivamente si registra una
maggiore frequenza degli errori, dimostrando che non è solo l’attenzione ad influenzare la
prestazione. Interferiscono sulla prestazione, inoltre, la difficoltà di programmazione ed
esecuzione del gesto, nonché la disponibilità a collaborare. La prestazione in questo
compito è stata inoltre paragonata al comportamento della bambina osservato in situazioni
non strutturate. La bambina è in grado di effettuare alcuni ordini semplici. Nel gioco con la
bambola di “fare il bagnetto” dimostra una comprensione, oltre che globale anche lessicale,
attraverso l’esecuzione degli ordini: “lavale i piedi”, “le guance”, “il sedere”, “la fronte”,
“la schiena” e così via, senza mai sbagliare. La comprensione in questo caso è fortemente
favorita dal contesto situazionale (il gioco della bambola) e dal contesto linguistico
(l’articolo davanti al sostantivo) tuttavia, quest’ultimo, è un dato prezioso per impostare un
trattamento ed avere un’ipotesi circa il funzionamento e le capacità del bambino che non
sono valutabili attraverso strumenti standardizzati.
Altro strumento utilizzato per valutare le capacità comunicative del soggetto è stato il
VCAA (Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa). Questo strumento è
indicato per la valutazione di persone affette da autismo tuttavia, per la mancanza di
strumenti di valutazione standardizzati, tradotti in italiano e pubblicati in ambito di CAA e
prendendo spunto da una considerazione della stessa autrice, la quale sostiene che non vi
siano ragioni di escluderne la possibilità di impiego, come ulteriore strumento di
valutazione, utile per persone prive di abilità verbali ma fisicamente abili, è stato fatto un
tentativo di applicazione dello stesso al caso in esame. Il profilo ottenuto indica la presenza
di: abilità di attenzione condivisa di livello elevato, comportamenti comunicativi
intenzionali, un livello sufficientemente elevato di comprensione simbolica, capacità di
imitazione motoria, abilità di livello elementare nell’indicare a scopo comunicativo, una
sufficiente tolleranza della vicinanza e dell’aiuto fisico, consapevolezza sociale, imitazione
e comprensione del gesto convenzionale; e assenza di autismo grave o gravissimo. Il
profilo individuato sarebbe compatibile, secondo questo strumento, con l’utilizzo di un
metodo comunicativo basato sui segni (principale metodo comunicativo suggerito = segni:
punteggio 15/27). Essendo il questionario poco esteso, non considera alcuni aspetti
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fondamentali per la scelta di un sistema di CAA, deve essere associato pertanto ad altre
valutazioni, più approfondite, delle capacità cognitive, linguistiche, motorie e sensoriali.
6.5 Ipotesi
A seguito della fase iniziale di valutazione del presente studio ed in considerazione delle
evidenze presenti in letteratura e delle teorie sullo sviluppo del linguaggio e della
comunicazione, sono state formulate alcune ipotesi. Nel caso clinico in esame il deficit
linguistico riguarda il versante della comprensione oltre che la produzione. In tali
situazioni è di particolare importanza un uso della comunicazione aumentativa in entrata,
che ha la funzione di supportare e progressivamente di ampliare il livello di comprensione
linguistica e comunicativa (Sevcik, Romski, 2002). Le ricerche dimostrano che l’intervento
di CAA può migliorare la comprensione oltre che la produzione (Bruce, Trief, Cascella,
2011; Sevcik, 2006; Wood, Lasker, Siegel-Causey, Beukelman, Ball, 1998). L’idea che sia
indispensabile potenziare l’uso della comunicazione aumentativa in entrata affonda le
radici nella sempre maggiore rilevanza che l’approccio di “Comunicazione Totale”
(esposizione contemporanea alla lingua dei segni ed alla lingua orale) ha assunto per i
bambini sordi (Caselli, Maragna, Volterra, 2006). Nella letteratura sullo sviluppo tipico del
linguaggio orale, vi è un accertato consenso sul fatto che la comprensione precede e, in
qualche modo, contribuisce alla capacità di produzione.30
Inoltre, nel corso dello sviluppo
normale del linguaggio, i bambini sono naturalmente ed ampiamente immersi per almeno
un anno in continue interazioni comunicative nella lingua che dovranno apprendere, prima
che inizino a produrre le prime parole. Ai bambini ed ai ragazzi con difficoltà di
comunicazione spesso, invece, viene chiesto di iniziare ad usare strumenti di CAA in
uscita avendo avuto pochissima esperienza dell’uso che altri ne fanno intorno a loro
(Romski, Sevcik, 2003). Molti studi dimostrano infine che i bambini con difficoltà
comunicative sono esposti meno dei loro coetanei alla lingua madre, sia sul piano
quantitativo che qualitativo. La difficoltà nella circolarità della comunicazione porta
facilmente i partner di comunicazione ad utilizzare un linguaggio meno interattivo, più
direttivo e povero di contenuti con domande chiuse e risposte già note e quindi meno
adatto per l’apprendimento della lingua (Blockberger, Sutton, 2003). Il soggetto in esame
presenta un ritardo dello sviluppo cognitivo. Nella teoria di J. Bruner sullo sviluppo
cognitivo, la formazione dei concetti ed il processo di formazione del pensiero passa
30
Catherine Boyer, Natacha Trudeau, Ann Sutton, “Performance of children with typical development when
reading and interpreting graphic-symbol sequences”, Augmentative and Alternative Communication, 2012;
28 (2): 96-105
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76
attraverso tre forme di rappresentazione: la rappresentazione esecutiva, la rappresentazione
iconica e la rappresentazione simbolica basate sull’azione, sull’immagine e sul linguaggio
rispettivamente (Bruner, 1968). La rappresentazione iconica è il sistema di codifica della
realtà più utilizzato fino ai 6-7 anni, benché il linguaggio verbale compaia già alla fine del
secondo anno di vita. Impiegare strumenti basati sull’utilizzo di immagini dunque,
significa sostenere il processo di formazione del pensiero. Secondo la teoria di J. Bruner i
processi mentali hanno un fondamento sociale e la cognizione umana è influenzata dalla
cultura. L’influenza della cultura si realizza attraverso relazioni sociali. In quest’ottica è
fondamentale sostenere la partecipazione sociale nell’ambito di un intervento che favorisca
lo sviluppo del pensiero. I valori della cultura vengono trasmessi attraverso il linguaggio,
ed in particolare attraverso la narrazione, che è lo strumento privilegiato di trasmissione
culturale, che consente di organizzare l’esperienza, di costruire e trasmettere significati. È
evidente che nello sviluppo cognitivo, comunicativo e sociale la partecipazione gioca un
ruolo fondamentale, assumono particolare importanza le relazioni con i pari e la
partecipazione scolastica. Spesso i bambini con bisogni comunicativi complessi ricevono il
supporto degli adulti nella maggior parte delle attività scolastiche. Questo rappresenta un
maggiore impegno con gli adulti che con i coetanei. Eriksson et al. (2007) hanno
dimostrato che i bambini con disabilità hanno avuto minore partecipazione ad attività
strutturate e non strutturate a scuola rispetto ai bambini senza disabilità. Hanno inoltre
dimostrato che i bambini che hanno ricevuto più sostegno, hanno avuto una possibilità di
partecipazione minore. Altri studi hanno anche documentato che la presenza di assistenza
da parte dell’adulto spesso ha ridotto le opportunità di stabilire e di esplorare le relazioni
tra pari (Carter et al., 2008; Egilson, Traustadottir, 2009; Mihaylov et al., 2004).
Partecipare a meno attività con i coetanei porta ad un minor numero di opportunità di
interazione comunicativa con gli stessi e un inadeguato sviluppo di capacità sociali
(Batorowicz et al., 2006; Raghavendra et al., 2011; Thirumanickam et al., 2011).31
Il
soggetto in esame presenta una compromissione motoria. Nelle ricerche degli ultimi anni
basate sulle teorie dell’embodied cognition (Thelen, 1995; Iverson, Thelen, 1999; Borghi,
Iachini, 2002), del connessionismo (Elman et al., 1996; Bates, Dick, 2002) e dei sistemi
dinamici (Thelen, Smith, 1994) si va sempre più affermando l’ipotesi che le esperienze
ricavate dal corpo giocano un ruolo essenziale per lo sviluppo della mente, ovvero per lo
31
Parimala Raghavendra, Catherine Olsson, Janelle Sampson, Rachael McInerney, Timothy Connell,
“School participation and social networks of children with complex communication needs, physical
disabilities, and typically developing peers”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (1):
33-43
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77
sviluppo cognitivo. Il pensiero secondo questa teoria nasce e si sviluppa dall’interazione
del corpo con l’ambiente: la cognizione nasce e progredisce tramite l’esperienza e la
percezione del mondo circostante e inoltre mediante l’azione su di esso; essa dipende in
modo cruciale dal fatto di avere un corpo capace in termini di funzioni percettive e motorie
e soprattutto dal tipo di esperienze che tale corpo ha avuto possibilità di compiere (Iverson,
Thelen, 1999).32
Nelle situazioni in cui ci sia una compromissione motoria che impedisce
l’azione sul mondo circostante, non permettendo di sperimentare l’esito della propria
azione, è possibile acquisire nel proprio bagaglio esperienze di altri, attraverso l’ascolto di
narrazioni. Tutte le considerazioni fin qui esposte, nonché le evidenze sull’importanza
dell’esposizione del bambino alla lettura ad alta voce da parte dell’adulto già citate nella
seguente trattazione (vedi par. 4.1), hanno portato alla formulazione delle seguenti ipotesi:
attraverso la costruzione e l’ introduzione nell’intervento di CAA di libri in simboli adattati
alle esigenze ed alle capacità del soggetto in esame, si potrebbe ottenere un miglioramento
della comprensione linguistica, una maggiore esposizione al codice simbolico con
conseguente aumento dell’utilizzo dei sistemi di CAA in uscita, un aumento della
partecipazione sociale e dell’inclusione scolastica.
32
Letizia Sabbadini, “La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione ed intervento”, ed. Springer, 2007
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78
CAPITOLO VII
LO STUDIO DEL CASO CLINICO:
INTRODUZIONE DEL LIBRO MODIFICATO NELL’INTERVENTO DI CAA
7.1 Costruzione del libro adattato
7.1.1 La scelta del libro
La scelta del libro da modificare è stata determinata dal livello di sviluppo cognitivo,
linguistico, sensoriale e percettivo del soggetto, nonché dai suoi interessi e dalle sue
esigenze. I primi aspetti che hanno determinato la scelta del libro riguardano il contenuto e
le immagini. Il soggetto non presenta disturbi visivi particolarmente significativi tuttavia,
le caratteristiche cognitive e le limitate capacità attentive, hanno determinato la scelta di
libri con immagini semplici: nitide, ad alto contrasto, non troppo ricche di elementi, con
figure dai contorni ben definiti. La scelta delle immagini è stata fatta inoltre, in
considerazione della compromissione della comprensione del linguaggio, proponendo
immagini che fossero il più possibile funzionali al sostegno della comprensione della storia
e non fossero, al contrario, distraenti. Con il fine di sostenere la comprensione, sono state
scelte immagini con un alto livello di congruenza con il testo scritto. Nella scelta del libro
si è tenuto conto degli interessi del soggetto e dei suoi pari, che hanno determinato la scelta
di libri molto attuali, che potessero essere idonei ad attirare l’interesse dei compagni di
classe, qualora fossero stati introdotti in ambito scolastico. Sono stati pertanto adattati alle
caratteristiche ed esigenze del soggetto alcuni libri di storie per bambini di Peppa Pig (ed.
Giunti Kids) ed altri (vedi appendice). Sono stati scelti contenuti riguardanti situazioni di
vita quotidiana che potessero aiutare la bambina a rielaborare le esperienze vissute in
prima persona: “La festa in maschera”, “L’armadio dei giocattoli”, “La fatina dei dentini”.
Un altro libro, “Il pesciolino pagliaccio” (ed. Niños), il cui contenuto riguarda una breve
separazione dalla mamma, è stato scelto per via della morale in esso contenuta (non
disubbidire alla mamma), utile per prevenire ed estinguere comportamenti oppositivi e
provocatori manifestati in alcune situazioni dalla bambina. I libri sono stati scelti, inoltre,
in funzione delle possibilità, offerte dagli stessi, di sostenere la comprensione e la
rielaborazione delle emozioni.
Una volta fatta la scelta dei libri da modificare, questi sono stati scannerizzati e salvati in
formato pdf.
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7.1.2 L’adattamento del testo
La decisione circa il livello di complessità più idoneo alle capacità del soggetto ha portato
alla costruzione di un “libro semplice” (vedi par. 4.3.3). Il testo dei libri selezionati
utilizzava già in origine un linguaggio adatto a bambini con età uguale o superiore ai tre
anni, con un vocabolario sufficientemente semplice, sono state tuttavia necessarie ulteriori
semplificazioni della struttura frasale. È stata ridotta la lunghezza delle frasi e ne è stata
semplificata la struttura sintattica. Le frasi, originariamente lunghe, sono state divise in più
frasi di lunghezza inferiore. Il soggetto della frase è stato sempre esplicitato. Le frasi sono
state ricostruite secondo una struttura SVO, ma in alcuni casi la frase ha raggiunto i quattro
elementi (SVOC). I verbi sono stati tutti coniugati al tempo presente dell’indicativo ed è
stata preferita la forma attiva, in alcuni casi sono stati utilizzati verbi riflessivi. È stato
completamente evitato l’uso di frasi subordinate mentre, in qualche occasione, sono state
impiegate frasi coordinate, ma il testo è stato ristrutturato con un utilizzo prevalente di frasi
semplici (con un solo predicato). Per ogni pagina sono state previste un massimo di tre
frasi, nella maggior parte dei casi due frasi per pagina.
Esempio di frase ristrutturata:
“Un giorno il pesciolino decise di andare a fare un giretto da solo, quando ad un certo
punto vide un buco…”
- Un giorno pesciolino si allontana da solo. Pesciolino vede un buco…-
(da “Il pesciolino pagliaccio”)
7.1.3 La traduzione in simboli
Per la traduzione dei libri sono stati impiegati i simboli PCS. Questi ultimi sono stati scelti
sia perché impiegati nell’ambito dell’intervento di CAA già avviato, sia per le loro
peculiarità che li rendono adatti alle caratteristiche della bambina. Poiché esistono diverse
versioni dello stesso simbolo, tra queste, sono stati scelti i simboli con un maggior livello
di stilizzazione, adatti al livello di sviluppo simbolico del soggetto. I simboli opachi non
sono stati quasi mai impiegati. Ogni simbolo è stato inserito all’interno di un riquadro dal
contorno nero e lineare di dimensione 3,5 x 3,5 cm. Il riquadro ha la doppia funzione di
facilitare il lettore nell’effettuazione del modeling in entrata e di facilitare la bambina nel
riconoscere l’unità di senso costituita dal simbolo e dalla parola scritta. La dimensione dei
simboli è stata stabilita tenendo in considerazione le capacità visuo-percettive del soggetto
e la disponibilità di spazio per pagina, la quale a sua volta è dipesa dalla spaziatura tra i
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simboli e dal numero di simboli per pagina, anche questi ultimi stabiliti in base alle
capacità del soggetto. All’interno del riquadro, oltre al simbolo, è stato inserito il testo
scritto. Il testo all’interno del riquadro comprende la parola cui il simbolo si riferisce,
accompagnata dagli elementi morfologici, sia morfemi liberi: articoli, preposizioni,
congiunzioni, pronomi; sia morfemi legati: flessioni dei verbi, dei nomi e degli aggettivi.
Oltre a consentire l’esposizione della bambina alla morfologia, questa scelta consente di
facilitare il lettore. Il testo all’interno del riquadro è stato disposto in alto, su una singola
riga. Il testo è stato collocato nella parte superiore del riquadro perché non venisse coperto
durante l’indicazione dei simboli da parte dell’adulto. È stato scelto il carattere Calibri, in
grassetto, dimensione 16. La dimensione del testo è tale da permettere di attirare
l’attenzione della bambina anche sul testo scritto, oltre che sul simbolo. La dimensione del
carattere è stata ridotta in caso di parole lunghe per evitare che il testo si disponesse su due
righe. La scelta dei simboli a colori è stata fatta al fine di attirare l’attenzione della
bambina sui singoli simboli. Alcuni simboli sono stati creati ex novo perché inesistenti
nella collezione. Ne sono un esempio i simboli per rappresentare i personaggi “Peppa Pig”
e “George” oppure il simbolo per rappresentare la parola “pezzi” (vedi figura 15), per il
quale si è scelto di utilizzare un’immagine di pezzi di puzzle neri su sfondo bianco. Alcuni
simboli non disponibili nella raccolta sono stati creati, invece, a partire da simboli esistenti,
ne sono un esempio i simboli per rappresentare la parola “tempo” o la parola “allontanarsi”
(vedi figura 16). Nel primo caso, è stato utilizzato il simbolo PCS “orologio” all’interno
del quale è stata aggiunta una freccia rossa che indicasse il movimento delle lancette. Nel
secondo caso, è stato utilizzato il simbolo “lontano” al quale è stata aggiunta la freccia
rossa con la punta rivolta in direzione opposta alla casa raffigurata nel simbolo. Le
modifiche sono state apportate attraverso il programma Paint di Windows.
Figura 15. Esempi di simboli realizzati ex novo
Figura 16. Esempi di simboli creati a partire da simboli PCS disponibili
PEPPA
GEORGE
PEZZI
TEMPO
ORA
LONTANO
ALLONTANARSI
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7.1.4 La struttura del libro
Elemento importante per determinare la scelta del formato e dell’impaginazione del libro è
l’aspetto motorio del bambino. Nel caso specifico, per le pagine è stato scelto il formato
A4 (210x297mm), con impaginazione orizzontale. Quest’ultima scelta è stata operata in
funzione della necessità di non interrompere le frasi nell’andare a capo. La bambina non
presenta ancora una costruzione frasale nell’utilizzo dei simboli in uscita, pertanto è stato
necessario focalizzare la sua attenzione sull’unitarietà della sequenza di parole che
compongono una frase di senso compiuto. Sono state inserite in ogni pagina una, due o un
massimo di tre frasi. Le frasi sono state disposte su un massimo di due righe di simboli:
una frase per ogni rigo, ad eccezione dei casi in cui le frasi fossero tre, in tal caso è stata
aumentata la spaziatura tra una frase e l’altra, mantenendo due frasi sullo stesso rigo. I
simboli sono stati collocati nella parte inferiore del foglio, mentre nella parte superiore è
stata inserita l’immagine scannerizzata della pagina originale del libro. Le dimensioni delle
immagini scannerizzate sono state adattate al formato del foglio in modo che metà foglio
fosse occupata dal testo in simboli e l’altra metà dall’immagine originale (altezza: 10,73
cm; lunghezza: 24,3 cm). Il numero di simboli per pagina è stato stabilito tra un minimo di
quattro ed un massimo di dieci. In considerazione della compromissione della motricità
fine, le pagine sono state lievemente ispessite attraverso l’uso di un portalistini che, inoltre,
ne ha permesso l’assemblaggio. L’ispessimento così ottenuto ha permesso alla bambina
l’accesso fisico al libro, consentendole di girare le pagine in autonomia. Con i fogli inseriti
nelle buste del portalistini, quest’ultimo posizionato in maniera tale da avere il lato lungo
in alto, è sufficiente, infatti, far scivolare una pagina sull’altra utilizzando tutto il palmo
della mano, con un movimento di estensione del braccio. Oltre che permettere l’accesso al
libro, questo sistema permette di prevenire l’usura delle pagine del libro. Per ogni libro
sono state previste undici/dodici pagine.
7.2 Modalità d’uso del libro adattato nell’intervento di CAA
L’attività di lettura del libro in simboli è stata proposta con regolarità nella seduta di
terapia, in modo da trasformare tale attività in una routine, nel contesto della quale si
potessero sviluppare opportunità di interazione sempre più ricche. Al fine di sostenere
l’interazione sono state fornite alcune facilitazioni. È stata quindi costruita una tabella con
le immagini scannerizzate delle copertine dei libri tra cui scegliere. Una tabella a tema è
stata costruita al fine di consentire all’utente di esercitare un controllo sul lettore facendo
richieste (rileggere, cambiare, girare pagina) e di esprimere il proprio parere. Le
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facilitazioni introdotte non sono state utilizzate con l’obiettivo di effettuare verifiche
prestazionali, ma solo allo scopo di aumentare la partecipazione del soggetto. Il primo
obiettivo è stato quello di rendere l’attività di ascolto del libro piacevole e divertente per la
bambina. Il lettore, al fine di sostenere la comprensione, ha utilizzato una ricca gestualità e
mimica, amplificando la componente pragmatica attraverso la drammatizzazione,
l’enfatizzazione, il ritmo. In ogni occasione di lettura è stato effettuato il modeling: il
lettore ha costantemente accompagnato la lettura dal movimento di indicazione dei
simboli, avendo cura che l’indicazione non coprisse né il simbolo, né il testo scritto al suo
interno. Alcune volte sono stati indicati alcuni elementi delle illustrazioni per rinforzare
alcuni passaggi salienti della storia. Solo dopo molte occasioni di lettura dei libri
modificati è stato possibile interrompere la narrazione per fare alcune domande o alcuni
commenti, se tali interruzioni fossero state introdotte dopo poche presentazioni del libro,
queste avrebbero interferito con la comprensione. La comprensione è un processo che si
sviluppa nel corso delle varie occasioni di lettura e rilettura della stessa storia, che
permettono di comprendere meglio, ogni volta, sia il linguaggio che gli elementi di
contesto e di elaborare progressivamente le emozioni della storia. L’attività di lettura
condivisa è un’opportunità molto ricca sul piano della relazione, dell’interazione e della
comunicazione. Sono state fornite pertanto, alcune indicazioni ai genitori perché potessero
sfruttare al meglio tali opportunità anche a casa.
7.3 Risultati
Il monitoraggio dei risultati è stato effettuato applicando il Modello di Partecipazione:
confrontando i pattern di partecipazione, le modalità di comunicazione e le barriere di
accessibilità e di opportunità, individuate nella fase di valutazione iniziale (vedi par. 6.3)
con quelli successivi all’introduzione dei libri adattati nell’intervento di CAA. Grazie
all’utilizzo dei libri in simboli è stato possibile esporre il soggetto ad una grande quantità
di simboli e, di conseguenza, è stato possibile ampliare il vocabolario contenuto nel
quaderno di comunicazione utilizzato dalla bambina. In particolare, è stato possibile
introdurre simboli relativi alle emozioni, che la bambina ha iniziato ad utilizzare in
maniera coerente, dimostrando di averli appresi: nel corso di una seduta di terapia, il
logopedista ha chiesto alla bambina imbronciata che cosa le fosse successo, la bambina ha
indicato il simbolo “arrabbiato”. È stato possibile inoltre espandere il vocabolario con
alcuni verbi che tuttavia, vengono ancora scarsamente utilizzati in uscita dall’utente. Non è
emersa la frase, è stato però osservato l’emergere delle prime combinazioni di simboli:
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l’utente indica “fisioterapia”, “che schifo”, “casa” accompagnando l’indicazione con il
vocalizzo /e/, modulato in maniera tale da esprimere disappunto. La lettura del libro in
simboli rappresenta per il soggetto un’attività piacevole da condividere con partner di
comunicazione abituali e non, offrendo a questi ultimi la possibilità di avere interazioni più
ricche sul piano cognitivo, comunicativo e linguistico con la bambina, evitando che questi
ultimi assumano uno stile direttivo con frequenti domande chiuse di cui le risposte spesso
sono già note. La lettura dei libri in simboli ha favorito l’incremento dell’interesse del
soggetto nei confronti dei libri. La bambina in terapia richiede continuamente la lettura dei
libri in simboli, dimostrando una notevole gratificazione dallo svolgimento di questa
attività. Per quanto riguarda la comprensione del linguaggio, non è possibile misurare se
questa sia migliorata o meno. È possibile affermare che sia migliorata la comprensione di
alcuni simboli, i quali vengono utilizzati in uscita. Nello svolgimento dell’attività di lettura
durante la seduta di logopedia, dopo aver svolto tale attività molte volte senza rivolgere
alcuna richiesta prestazionale, sono state introdotte progressivamente alcune domande alle
quali la bambina risponde in maniera coerente dimostrando di essere in grado di anticipare
gli eventi, nonché di comprendere la domanda. Prima di girare la pagina è stato chiesto alla
bambina dove andrà il protagonista e la bambina ha risposto con il gesto “casa” o
“dormire”, oppure le è stato chiesto cosa farà il protagonista e la bambina ha risposto con il
gesto “aspettare”. A causa della scarsa adesione delle insegnanti al progetto di CAA, non è
stato possibile proporre l’utilizzo dei libri in simboli in ambito scolastico con il fine di
coinvolgere i compagni di classe in questa attività.
7.4 Limiti dello studio
L’impossibilità di oggettivare i risultati ottenuti, attraverso l’impiego di test standardizzati,
rappresenta un importante limite per il seguente studio. Ciò è dovuto alle caratteristiche del
soggetto, le quali rendono difficoltosa la valutazione indiretta delle abilità indagate
attraverso l’impiego di test standardizzati e portano ad una marcata discrepanza tra la
prestazione ottenuta in compiti strutturati ed il comportamento comunicativo spontaneo.
Tali limiti sono imposti inoltre dalla mancanza di strumenti standardizzati di valutazione in
CAA, tradotti e validati in lingua italiana. Inoltre, i risultati ottenuti non si possono
correlare con certezza all’introduzione dei libri in simboli a causa delle molte variabili
interferenti. Infine, i risultati ottenuti non sono generalizzabili poiché lo studio è stato
effettuato su un caso clinico singolo.
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CONCLUSIONI
Le motivazioni personali che hanno spinto l’autore alla stesura della presente tesi, derivano
dalla percezione di un pregiudizio ancora molto diffuso nei confronti dell’intervento di
CAA, anche tra i professionisti della riabilitazione. Spesso l’intervento di CAA viene
intrapreso dopo aver tentato, senza risultati, tutti gli interventi possibili orientati
all’incremento del linguaggio orale. È, invece oggi, dato concreto che le persone con
bisogni comunicativi complessi non traggano beneficio da un intervento tradizionale che
riduca l'impairment (Cherney, Halper, Holland e Cole 2008; Hustad, Keppner, Schanz e
Berg 2008), quindi da un intervento speech oriented. Queste persone possono invece
beneficiare di un intervento che includa strumenti di CAA ed ausili low e/o high
technology (Beliveau, Hodge e Hagler 1995; Beukelman, Fager, Ball e Dietz 2007),
beneficiando così di un intervento communication oriented. L’utilizzo della CAA è
indispensabile per i soggetti in età evolutiva privi di linguaggio verbale perché può sia
avviare che sostenere lo sviluppo del linguaggio. Recentemente sono state formulate
alcune importanti raccomandazioni riguardanti l'intervento precoce, la più importante delle
quali suggerisce di intraprendere l'intervento di CAA il prima possibile a partire dal
momento di identificazione delle difficoltà di comunicazione. È stato regolarmente
dimostrato che l’intervento di CAA è in grado di supportare la comunicazione (Branson,
Demchak, 2009; Preston, Carter, 2009; Schlosser, Sigafoos, 2006) e molti studi hanno
dimostrato che la CAA favorisce lo sviluppo di entrambi: il linguaggio e l’articolazione
della parola (Millar, Light, Schlosser, 2006; Romski et al., 2010; Schlosser, Sigafoos,
2006; Schlosser, Wendt, 2008). Un altro fattore importante rispetto all’intervento precoce
in CAA, riguarda il coinvolgimento della famiglia. Fornire ai genitori le conoscenze e il
supporto è indispensabile perché l'intervento dovrebbe essere parte delle interazioni
naturali quotidiane che avvengono a casa (Granlund, Björk-Åkesson, Wilder, Ylvén, 2008;
Iacono, 1999; Pickl, 2011; Pennington et al., 2004; van der Schuit, Segers, van Balkom,
Stoep, Verhoeven, 2010). L’intervento attraverso l’utilizzo dei libri modificati è una
proposta interessante, che sostiene attraverso un’attività piacevole e motivante lo sviluppo
cognitivo, comunicativo, linguistico, emozionale, relazionale e sociale del bambino con
bisogni comunicativi complessi. Inoltre, rappresenta un esempio di come si possano usare
strumenti speciali per garantire pari opportunità e consentire di usufruire di occasioni
normali. In quest’ottica i libri modificati rappresentano uno strumento di inclusione. La
diffusione dei libri in simboli nelle biblioteche, negli ambulatori e nelle scuole, oltre che
offrire occasioni di partecipazione a coloro che ne sono privati, sarebbe utile per
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promuovere un cambiamento del contesto sociale e dell’atteggiamento nei confronti della
disabilità. La realizzazione dei libri modificati è un compito che richiede l’investimento di
molte energie e richiede una conoscenza approfondita del bambino con bisogni
comunicativi complessi, è pertanto indispensabile la collaborazione dei care givers.
Tuttavia l’esperienza diretta da parte del professionista nella costruzione dei libri è
fondamentale poiché permette di cogliere alcune sfumature nel processo di adattamento
che possono fare la differenza.
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