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1 Università degli Studi di Padova Dipartimento di Diritto Privato e Critica del Diritto Corso di Perfezionamento in Diritto del Lavoro “La flessibilità nella gestione dei rapporti di lavoro” Anno accademico 2016/2017 Direttore del Corso: Ch.mo sig. Prof. Marco Tremolada ELABORATO FINALE corsista: VALTER DUSE sul seguente argomento: Procedimento disciplinare e lavoratore in malattia; possibilità e limiti alla richiesta di sospensione dei termini a difesa e di differimento dell’ audizione; disamina della recente sentenza Cass. Civ. Sez. Lavoro n. 5314 del 02.03.2017, e di altre sentenze sul medesimo tema emesse nell’ultimo decennio (2007-2017).
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Feb 15, 2019

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Università degli Studi di Padova Dipartimento di Diritto Privato e Critica del Diritto

Corso di Perfezionamento in Diritto del Lavoro

“La flessibilità nella gestione dei rapporti di lavoro”

Anno accademico 2016/2017

Direttore del Corso: Ch.mo sig. Prof. Marco Tremolada

ELABORATO FINALE corsista: VALTER DUSE

sul seguente argomento:

Procedimento disciplinare e lavoratore in malattia; possibilità e limiti alla richiesta di sospensione dei termini a difesa e di differimento dell’ audizione; disamina della recente sentenza Cass. Civ. Sez. Lavoro n. 5314 del 02.03.2017, e di altre sentenze sul medesimo tema emesse nell’ultimo decennio (2007-2017).

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Sommario: - 1. La sentenza Cass. Sez. Lavoro del 02.03.2017 n.

5314. - 2. Il tema in discussione: sospensione del procedimento

disciplinare in costanza di malattia. – 3. Il caso. – 4. Il quadro

normativo di riferimento. – 5. Insorgenza di malattia e sospensione del

rapporto di lavoro. – 6. L’orientamento giurisprudenziale fino al 2006. –

7. Sintesi degli orientamenti interpretativi del decennio 2007-2017. – 8.

La soluzione adottata dalla sentenza in esame. – 9. Considerazioni

finali.

*** La massima: Sez. lavoro, sentenza 2 marzo 2017 n. 5314 – Pres. Macioce; Rel. Torrice; PM (conf.) Fresa; ric. Pacelli; res. INPS. Ai sensi dell’art. 7 della legge 300/1970 il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, a essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore di lavoro, a seguito di detta richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto a un differimento dell’incontro limitandosi ad addurre un’impossibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stesa risponda ad una effettiva esigenza difensiva non altrimenti tutelabile (nella specie il lavoratore aveva chiesto il rinvio dell’audizione solo due giorni prima della data fissata; inoltre, era in stato di malattia non transitorio e, da ultimo, il datore di lavoro aveva messo a disposizione tutto l’incartamento relativo agli accertamenti effettuati nel corso del procedimento disciplinare).

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI (decennio 2007-2017) Conformi: Consiglio di Stato Sez. VI Sent. n. 4834 del 07.10/2008. Cass. Civ. Sez. Lav. n. 9223 del 07.05.2015 Difformi: Cass. Civ. Sez. Lav. n. 16374 del 26.09 2012. Cass. Civ. Sez. Lav. n. 1777 del 28.01.2014.

1) La sentenza: Cass. civ. Sez. lavoro, n. 5314 del 02-03-2017.

(Le sottolineature e grassettature sono nostre al fine di evidenziare i

passi che interessano il tema trattato)

REPUBBLICA ITALIANA

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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

(omissis)

Motivi della decisione Sintesi dei motivi del ricorso.

13. Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 1, e art. 4, comma 1 del Regolamento di disciplina Inps, art. 27, comma 2 CCNL Enti pubblici non economici del 6.7.1995, come modificato dall'art. 15 CCNL Enti Pubblici non economici 2002/2005, L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 2729 c.c., dell'art. 24 Cost. Il ricorrente assume che l'Istituto era obbligato a differire la data della sua audizione a fronte della documentata impossibilità di esso ricorrente di presenziare. Si duole del fatto che la Corte territoriale ha: ritenuto non giustificata la richiesta di differimento dell'audizione nonostante la certificazione medica comprovasse le condizioni di salute ostative alla partecipazione alla audizione e non indispensabile detta presenza nonostante le prospettate irregolarità compiute dall'Inps nella fase di accertamento delle condotte addebitate in sede disciplinare (apertura dell'armadio durante la malattia di esso ricorrente e a distanza di otto mesi dall'assenza dal servizio, mancata notifica del verbale di apertura dell'armadio, verbale redatto in violazione del diritto di difesa di esso lavoratore); sufficiente, ai fini difensivi, la disponibilità dell'Inps di consentire ad esso ricorrente, o a persona delegata, la visione del fascicolo relativo al procedimento disciplinare; irrilevante il provvedimento di sequestro penale della cartellina contenente il fascicolo relativo al procedimento disciplinare nonostante l'indicazione, contenuta nell'atto di appello, dei documenti sequestrati rilevanti ai fini dell'espletamento del diritto di difesa.

14. Con il secondo motivo si addebita alla Corte territoriale, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di avere omesso di esaminare il motivo di appello, decisivo per il giudizio e o getto di discussione tra le parti, relativo alla dichiarata perentorietà dei termini per la definizione del procedimento disciplinare. Sostiene che il differimento dell'audizione al termine del periodo di malattia (2.6.2008) non avrebbe influito sul rispetto di detti termini.

15. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omesso esame, violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del Regolamento di disciplina INPS e art. 17 del CCNL comparto enti pubblici non economici, perchè la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che il direttore dell'Inps di Benevento aveva proceduto all'apertura dell'armadio personale di esso ricorrente senza darne preventiva comunicazione all'Autorità Giudiziaria e in assenza di contraddittorio e che l'Inps avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare in ragione della pendenza del procedimento penale.

16. Con il quarto motivo è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell'art. 16, comma 10 del CCNL enti pubblici non economici 2002-2005, L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 1, art. 2, comma 13 del Regolamento di disciplina Inps. Il ricorrente assume l'indispensabilità dell'affissione del codice disciplinare sul rilievo che il

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suo licenziamento non era fondato sulla grave violazione dei doveri fondamentali e deduce che il Regolamento era stato modificato e pubblicato nel sito istituzionale dell'Inps durante lo stato di malattia di esso lavoratore.

17. Con il quinto motivo è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale, in violazione dei principi in tema di riparto dell'onere della prova, e con ragionamento incongruo sotto il profilo formale e della correttezza giuridica, ritenuto che fosse stata provata l'assegnazione ad esso ricorrente delle pratiche oggetto di contestazione disciplinare ed il loro rinvenimento nell'armadio a disposizione di esso ricorrente. Deduce che l'armadio era stato sempre nella totale e completa disponibilità dell'Istituto.

18. Il ricorrente si duole anche del fatto che la Corte territoriale abbia escluso il carattere ritorsivo del licenziamento e deduce che: è prassi che durante le assenze dal servizio per lunghi periodi ci si asteneva da iniziative di verifica lo stato di avanzamento delle pratiche presenti sulla scrivania; altri lavoratori sottoposti a procedimento penale non erano stati sospesi dal servizio e non ne erano stati controllati gli armadi personali, che dal giugno al settembre 2007 non si era proceduto all'apertura del suo armadio per verificare lo stato delle pratiche inevase. Sostiene che la Corte territoriale non avrebbe considerato che le pratiche inevase erano al massimo cinque e che, pertanto, non vi sarebbe proporzione tra le condotte contestate e la sanzione risolutiva del rapporto di lavoro. Deduce che l'elemento doloso della sua condotta non era stato dimostrato e che le disfunzioni organizzative dell'Inps erano state accertate dalla Corte dei Conti, che aveva acclarato un danno erariale di Euro 27.000,00.

19. Con il sesto motivo è denunciato, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio, per avere la Corte territoriale ritenuto dimostrato che le pratiche oggetto di contestazione disciplinare erano state effettivamente rinvenute nel suo armadio personale, a fronte di una verità processuale di segno opposto.

20. In via preliminare va rigettata l'eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dall'Inps ai sensi dell'art. 369 c.p.c., u.c., in quanto risulta dall'esame degli atti che il ricorrente in data 6.8.2015 ha formulato l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio relativo alla controversia definita con la sentenza impugnata.

21. Va, del pari, rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c., perchè non ricorre nessuna delle ipotesi contemplate dalla disposizione invocata.

Esame dei motivi di ricorso.

22. Il primo motivo va rigettato.

23. L'art. 27 del CCNL comparto enti pubblici non economici in data 6.7.1995, come successivamente modificato dall'art. 15 del CCNL stesso comparto 2002-2005, prevede che l'Amministrazione non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente, se non previa contestazione scritta dell'addebito, da effettuarsi tempestivamente e, comunque, non oltre 20 giorni da quando l'ufficio istruttore, individuato secondo l'ordinamento dell'amministrazione, è venuto a conoscenza del fatto e senza aver sentito il dipendente a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui egli aderisce o conferisce mandato (comma 2) e dispone che la convocazione scritta per la difesa non può avvenire

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prima che siano trascorsi cinque giorni lavorativi dalla contestazione del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi 15 giorni (comma 3).

24. Ebbene, la Corte territoriale ha ritenuto che la volontà del P. di essere ascoltato era tardiva perché formulata solo il 6.5.2008, a fronte di convocazione fissata per il giorno 8 maggio; ha rilevato che il dedotto stato di malattia non era transitorio; ha escluso che la presenza fisica del ricorrente fosse indispensabile per la compiuta difesa in quanto, avendo l'Inps messo a disposizione del lavoratore, o alla persona da questi delegata, l'intero incarto relativo agli accertamenti effettuati nel corso del procedimento disciplinare, l'impossibilità della difesa non poteva derivare all'avvenuto sequestro penale dei documenti necessari per la attività difensiva in sede disciplinare.

25. In ordine a siffatto iter argomentativo, va, in primo luogo, osservato che l'accertamento di fatto concernente la tardività e la non giustificatezza di richiesta di rinvio della convocazione, è sottratto al sindacato di questo giudice di legittimità, che non può procedere alla rivisitazione del materiale istruttorio (Cass. SSU 24148/2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005), riesame al quale mira, in realtà, la censura formulata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con la precisazione che nella fattispecie in esame (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 6.2.2015) trova applicazione il testo della disposizione come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, nella lettura datane dalle SSUU di questa Corte n. 8053 del 2014.

26. Ciò detto, non rimane che sottolineare la correttezza giuridica del principio in base alla quale la Corte territoriale ha ritenuto non inadempiente il datore di lavoro nella fattispecie in esame. Questa Corte, infatti, ha sancito, come rimarcato anche nella sentenza impugnata, che ai sensi della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, comma 2, in caso di irrogazione di licenziamento disciplinare, il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, ad essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto ad un differimento dell'incontro limitandosi ad addurre una impossibilità di presenziare, poichè l'obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda ad un'esigenza difensiva non altrimenti tutelabile (Cass. 14106/2016, 9223/2015, 23528/2013, 7493/2011).

27. La convocazione è, infatti, evidentemente strumentale all'audizione a difesa e nessuna norma della negoziazione collettiva, nè il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi abbia un incondizionato diritto al differimento dell'incontro.

28. E' inammissibile la censura di violazione dell'art. 4, comma 1, del Regolamento di disciplina INPS in quanto non è stato riprodotto il contenuto della disposizione richiamata e nemmeno è stata indicata la sede di produzione processuale del Regolamento (Cass. SSUU 13713/2015, 22726/2011; Cass. 13713/2013, 19157/2012, 6937/2010).

29. Infine, va rilevato che nessun elemento di utilità difensiva è rinvenibile nelle prospettazioni difensive esposte dal difensore del ricorrente nelle note di replica ex art.

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379 c.p.c., le quali si compendiano nella mera reiterazione delle argomentazioni esposte a corredo del motivo in esame.

30. Il secondo motivo, nel quale il ricorrente deduce dalla non perentorietà del termine intermedio del procedimento disciplinare, una ragione per inficiare la correttezza giuridica della statuizione sulla affermata esclusione della necessità del differimento, è inammissibile: non risulta allegato che la questione in diritto comportante accertamenti in fatto, non trattata dalla sentenza, sia stata sottosposta all'esame della Corte territoriale (Cass. 206782016, 8266/2016, 7048/2016, 26034/2014, 5070/2009).

31. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui censura, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la statuizione in punto di affermata legittimità dell'accesso datoriale alle pratiche custodite all'interno dell'armadio in uso al ricorrente, atteso che non è indicato il parametro di legge o di contratto violato. E', del pari, inammissibile nella parte in cui, sotto l'apparente denunzia dei vizi di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, mira ad un nuovo accertamento in fatto della vicenda, non consentito in sede di legittimità (cfr. punto 25 di questa sentenza).

32. Il motivo in esame è inammissibile anche laddove il ricorrente sostiene che l'Inps, in ragione della pendenza del procedimento penale, avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare. Non risulta allegato che la questione in diritto, implicante anche accertamenti in fatto (identità dei fatti oggetto del procedimento disciplinare del processo penale), non trattata dalla sentenza, sia stata sottosposta all'esame della Corte territoriale (Cass. 20678/2016, 8266/2016, 7048/2016, 26034/2014, 5070/2009).

33. Il quarto, il quinto ed il sesto motivo sono inammissibili perchè, ancora una volta, sotto l'apparente deduzione di vizio di violazione di legge (quarto e quinto motivo) e di omesso esame di fatto decisivo (quinto e sesto motivo), le censure mirano ad una non consentita (cfr. punto 25 di questa sentenza) rivalutazione del merito, a mettere in discussione gli accertamenti in fatto e la valutazione del materiale probatorio quanto ad avvenuta affissione, pubblicità e comunicazione del codice disciplinare, quanto all'assegnazione al ricorrente delle pratiche e dei documenti occultati, quanto alla esclusione di intenti ritorsivi e discriminatori.

34. Va rilevato che le prospettazioni a supporto delle censure sono anche prive di reale correlazione con le affermazioni contenute nella sentenza impugnata: pg. 8 ultimo capoverso della sentenza impugnata (affissione codice disciplinare); pgg 11-13 (assegnazione delle pratiche rinvenute nell'armadio); pg 10 terzo e quarto capoverso, pagina 11 primo capoverso (natura ritorsiva e discriminatoria del licenziamento).

35. Alla luce di quanto considerato si rivelano prive di pregio le prospettazioni difensive esposte dal difensore del ricorrente nelle note di replica ex art. 379 c.p.c., con riguardo al quarto ed al quinto motivo di ricorso, e che, ripetendo le argomentazioni già esposte a corredo dei motivi in esame, insistono sulla violazione del principio del "prudente apprezzamento" e muovono critiche eccentriche rispetto al perimetro del vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr punto 25 di questa sentenza).

36. Le spese seguono la soccombenza.

(omissis)

P.Q.M.

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La Corte rigetta il ricorso.

(omissis)

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

2. IL TEMA IN DISCUSSIONE: SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE IN COSTANZA DI MALATTIA.

Il rapporto tra procedimento disciplinare e malattia interessa lo scrivente corsista in quanto accade spesso che l’avvocato giuslavorista nel trattare procedimenti disciplinari si imbatta nella situazione in cui il dipendente in precedenza o proprio con il ricevimento della contestazione usufruisca della sospensione del rapporto di lavoro per intervenuta malattia. Per quanto ci riguarda, mentre scriviamo, il nostro studio sta assistendo lavoratori in situazioni di tale natura: la prima interessante un dipendente di un istituto di credito al quale vengono contestate appropriazioni di denaro in danno di ben tre correntisti. Il lavoratore a seguito di tale contestazione, in regime di sospensione cautelare, ha chiesto la rituale audizione con l’assistenza dell’O.S. di appartenenza, nel contempo ha fatto richiesta di avere copia dei complaints dei correntisti (richiesta negata, mentre è stato consentita la sola visione dei documenti). Nella more di quanto sopra è insorta in capo al lavoratore grave sindrome depressiva, certificata dallo specialista come impediente a partecipare alla convocazione per l’audizione disposta dalla banca. Da settembre 2016 ad oggi il procedimento disciplinare è rimasto in fase di quiescenza, avendo optato l’istituto di credito di sospendere l’audizione in attesa della guarigione del lavoratore, il quale può usufruire di un periodo di comporto di ben 18 mesi. Altro caso pendente a nostre cure, riguarda un Quadro B CCNL Turismo (Direttore di un albergo), sottoposto a plurime contestazioni disciplinari. A seguito dell’ultima contestazione (assenza ingiustificata dal lavoro per ore 5) il medico ha riscontrato l’insorgenza di una sindrome reattiva depressiva. Nelle more del termine di 5 gg. per rendere le giustificazioni, è stata inoltrata al datore di lavoro mera richiesta di sospensione del procedimento disciplinare, motivando la

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necessità di dover accedere agli atti, circostanza resa non possibile dallo stato di malattia. Anche in questo caso il datore di lavoro, ha sospeso l’iter disciplinare per un considerevole periodo di tempo, senza nulla obiettare.. Come si può constatare, almeno per i pratici del diritto, la questione riveste non poca importanza, in quanto, da una parte, l’insorgenza della malattia costituisce in alcuni casi per il lavoratore un sistema per temporeggiare nell’incombenza dell’irrogazione di una sanzione, dall’altro le Aziende preferiscono non complicare l’iter disciplinare, in sé già farraginoso, con le delicate problematiche che l’insorgere della malattia produce nel rapporto di lavoro e in particolare nel procedimento disciplinare. Tanto ha fatto sorgere nello scrivente l’interesse ad approfondire la questione, se e quando il procedimento disciplinare possa essere sospeso dall’insorgere della malattia. Nel frattempo l’attenzione è stata attratta dalla sentenza in commento, ultima di una serie di pronunce non sempre lineari, e ad avviso dello scrivente molto attente (pur trattandosi prevalentemente di sentenze di legittimità) a valutare la fattispecie concreta, attinente il fatto contestato, che ha dato origine al procedimento disciplinare. La questione in esame, porta inevitabilmente, come primo approccio, a riflettere sulla nozione di malattia come causa di sospensione del rapporto di lavoro e la portata della sospensione nei vari aspetti del rapporto di lavoro e cercare di capire se essa opera anche nell’aspetto del procedimento disciplinare. Inoltre affrontare il problema, non esime dal verificare, volta per volta, gli aspetti contrattualistici collettivi della questione, anche se è da anticipare che la giurisprudenza che abbiamo reperito non registra particolari decisivi rimandi ai CCNL di settore ( i principali CCNL infatti non contemplano tale aspetto.) La sentenza n. 5314 del 2017 tratta l’aspetto della moratoria in caso di malattia della convocazione per l’udizione del lavoratore incolpato, ma il tema di fondo rimane se, al di là della richiesta di audizione, anche l’onere giustificativo scritto da rendere nei 5 giorni previsti dall’art. 7 della legge 300 del 1970, e dai vari CCNL, possa considerarsi sospeso. Dall’esame della giurisprudenza inoltre si nota che sulla questione incombe il problema di valutazione della gravità della malattia e della sua attitudine a vulnerare in tutto o in parte la capacità del lavoratore di espletare il diritto ad una efficace difesa.

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Quali malattie possono essere considerate tali da menomare il diritto di difesa? La natura e la gravità della malattia devono essere prese in concretamente in considerazione ai fini di legittimare la sospensione? Le caratteristiche della malattia vanno rapportate alla natura del fatto contestato e alla gravità della sanzione irrogabile? Un infortunio con frattura ad un arto, p. es., e conseguente assenza dal lavoro per malattia, giustifica la sospensione di un procedimento disciplinare? Giustifica il differimento dell’audizione? Una grave depressione con assunzione di farmaci psicotropi rende impossibile la difesa in una contestazione per un fatto sanzionabile con il licenziamento? Nell’esaminare tali questioni, partiamo avvantaggiati dalla disponibilità dello studio della prof. Elena Pasqualetto, in Argomenti Dir. Lav., 2007, 3,2,764, nota a Ordinanza del Tribunale di Roma del 06.11.2006, fondamentale per completezza di analisi ed individuazione di ogni problematica e delle soluzioni proposte. Di conseguenza al solo scopo di aggiornare le nostre modeste cognizioni di pratici del diritto, esamineremo le risultanze giurisprudenziali successive all’autorevole studio (dal 2007 alla sentenza del marzo 2017, particolare oggetto della nostra disamina, in quanto ultima sulla punto di diritto.

3) IL CASO PRESO IN ESAME DA CASS. CIV. SEZ. LAVORO N. 5314 DEL 02.03.2017.

Il caso preso in esame dalla sentenza Cass. Civ. Sez. Lavoro n. 5314 del 02.03.2017 riguarda un lavoratore dell’INPS al quale era stato addebitato di aver occultato per anni all'interno di un armadio in dotazione al medesimo, numerose pratiche di riscatto degli anni di laurea, delle domande di ricongiunzione L. n. 29 del 1979, ex art. 1, di 22 tessere assicurative recanti marche non annullate nè decontate e pertanto riutilizzabili, di 148 fogli matricolari, di fogli di congedo illimitati, di ricevute di bollettini di versamento relativi a pratiche di riscatti e di ricongiungimenti, 61 ricorsi risalenti agli anni 1992/1993, documenti tutti concernenti pratiche affidate per il loro esame al P.; era risultato provato che in occasione del trasloco dell'Ufficio erano stati trasferiti anche gli armadi con il loro contenuto. La Corte dei Conti aveva acclarato un danno erariale pari ad € 27.000,00. Come si può notare si tratta di una contestazione di tutto rispetto, basata su fatti pacificamente provati e corredata da sequestro penale della documentazione contenuta nell’armadio.

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INPS nonostante la richiesta di differimento della convocazione per l’audizione, non riteneva giustificato l’impedimento basato su certificazione medica comprovante condizioni di salute ostative (stato ansioso generalizzato con spunti fobici, non di natura transitoria e la diagnosi di lombosciatalgia con sintomi vertiginosi) e, pertanto, non differiva l’incombente e irrogava il licenziamento. Per rimanere sul punto della nostra questione, la Corte dopo aver denegato la propria possibilità di sindacare sulla tardività e non giustificatezza della richiesta di rinvio della convocazione (operazione che avrebbe comportato rivisitazione del materiale istruttorio rimessa al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata), ribadisce, sulla scorta di propri precedenti giurisprudenziali, che la richiesta di differimento della convocazione è fondata solo ove la stessa risponda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Il principio di diritto espresso è piuttosto sibillino e non soddisfa la necessità dell’interprete di avere un punto fermo sull’annosa questione: quali condizioni devono sussistere perché l’incolpato possa avere certezza che la sua richiesta di differimento/sospensione possa avere efficacia giuridica? Quale è il significato nel contesto di “esigenza difensiva non altrimenti tutelabile” tale da giustificare il differimento del procedimento disciplinare? Per esigenza difensiva a nostro avviso deve intendersi la necessità di porre in essere determinati atti al fine di tutelare la propria posizione giuridica nel rapporto di lavoro. E l’audizione lo è sicuramente. Come deve interpretarsi la locuzione “non altrimenti tutelabile”? Per la Suprema Corte sembra che lo strumento difensivo da porre in essere debba essere assolutamente necessario e infungibile. Come dire: non può essere concesso il differimento dell’audizione se la difesa può essere comunque efficacemente espressa tramite diverso mezzo (p.es. memoria scritta difensiva). Ed infatti la Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte territoriale la quale aveva ritenuto “sufficiente, ai fini difensivi, la disponibilità dell'Inps di consentire ad esso ricorrente, o a persona delegata, la visione del fascicolo relativo al procedimento disciplinare.” (cfr. premesse della sentenza in esame).

4) IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

La sentenza in esame, riguardando un caso di lavoro pubblico privatizzato, richiama il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, nel testo

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applicabile ratione temporis. Viene ribadito che nessuna norma della negoziazione collettiva, nè il D.Lgs. citato prevede che, ove il datore, a seguito della richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi abbia un incondizionato diritto al differimento dell'incontro.

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, introdotto dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 69, comma 1, dispone che l'organo competente per il procedimento disciplinare

"...contesta per iscritto l'addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa...".

Il differimento può essere disposto una sola volta nel corso del procedimento.

Ove l’impedimento superi i 10 gg. il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente.

Il dato normativo porta a ritenere che la natura dell’impedimento debba essere simultaneamente grave ed oggettiva, e la richiesta deve essere sempre motivata. Ciò porta ad escludere che l’istanza di differimento possa essere legittimamente inoltrata in situazioni di mera difficoltà (1).

La recente riforma del procedimento disciplinare nel pubblico impiego ha confermato tali principi: “In caso di grave ed oggettivo impedimento, ferma la possibilità di depositare memorie scritte, il dipendente può richiedere che l'audizione a sua difesa sia differita, per una sola volta, con proroga del termine per la conclusione del procedimento in misura corrispondente.” Cfr. art. 55 bis comma 4 D.lvo 165/2001 come riformato dal D.lvo 75 del 2017.

Per restare al tema della nostra dissertazione, interessa registrare che nel settore del Pubblico Impiego, e sotto l’egida della valutazione discrezionale della Pubblica Amministrazione, è riconosciuto il diritto alla sospensione del procedimento disciplinare in favore del

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dipendente e con salvaguardia dei termini previsti per il compimento del procedimento.

La sentenza n. 5314/2017 in esame, pur riguardando un caso di pubblico impiego, fa anche riferimento alla L. 20 maggio 1970, n. 300, e nello specifico all’ art. 7, comma 2 (che interessa soprattutto il campo del lavoro privato, di cui costituisce la primcipale regolamentazione) il quale è molto laconico prescrivendo solo l’obbligo di contestazione dell’addebito, l’obbligo di sentire il lavoratore a sua difesa e di rispettare il termine di 5 gg. tra la contestazione e l’irrogazione della sanzione. Per rimanere circoscritti alla nostra problematica, si evidenzia che nulla si legge sulla possibilità di rinvio dell’audizione o sulla sospensione del termine di 5 giorni in caso di impedimento del lavoratore.

Art. 7 (Sanzioni disciplinari)

(omissis)

Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.

(omissis)

In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa .

In presenza di tale stringata norma, la questione, specie nel settore del lavoro privato, di conseguenza, ha trovato solo ed esclusiva regolamentazione tramite elaborazione giurisprudenziale. Con esiti non sempre coerenti e tali da poter guidare l’interprete verso una sicura scelta difensiva nel caso il lavoratore si trovi a versare in stato morboso durante il procedimento disciplinare. La sentenza n. 5314/2017, infine, richiama implicitamente la normativa relativa alla malattia ed in particolare l’art. 2110 c.c. il quale però, com’è noto, non contiene una definizione della malattia, limitandosi a disciplinarne gli effetti esclusivamente per quanto riguarda il trattamento economico e il diritto al recesso in caso di prolungamento oltre il periodo stabilito dalla legge. Nessun riferimento alla sorte dei

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molteplici aspetti del rapporto di lavoro in relazione alla moratoria delle prestazioni di lavoro che interviene nel periodo di malattia. c.c. art. 2110. Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio.

In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge [o le norme corporative] non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali [dalle norme corporative] , dagli usi o secondo equità.

Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge [dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità.

Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell'anzianità di servizio.

5) INSORGENZA DI MALATTIA E SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO.

Il dato normativo non fornisce dunque una definizione di malattia. La malattia è sempre stata definita causa di sospensione del rapporto di lavoro, sicuramente della obbligazione principale del lavoratore consistente nel rendere la prestazione lavorativa. La malattia consiste in qualsiasi alterazione morfologica e/o funzionale dell’integrità psicofisica ed è causa di sospensione del dovere di rendere la prestazione lavorativa qualora determini per intrinseca gravità e/o per incidenza sulle mansioni una concreta ed attuale (seppure transitoria) incapacità al lavoro (Del Punta, Cause di sospensione della prestazione lavorativa, in Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale, , VII ed. Utet 2017.pp. 1165 e ss.) La discussione dottrinale sul punto è vastissima e non è questa la sede per ripercorrerla. Tra concetti di impossibilità a rendere la prestazione, inesigibilità della prestazione, incompatibilità tra svolgimento delle mansioni e tutela della salute, allo stato dell’evoluzione degli studi, l’attenzione prevalente va al rispetto del principio costituzionale di tutela della salute (Del Punta, ibidem). Per scendere ad esaminare la concreta dinamica di una situazione del tipo di cui ci stiamo interessando, l’incipit è dato dalla diagnosi del medico curante, ora necessariamente il medico di base o un medico appartenente ad una struttura sanitaria pubblica, il quale, oltre a disporre l’adeguata terapia, avvia la procedura di sospensione della prestazione lavorativa e del trattamento di assistenza durante i giorni

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di assenza effettuando l’invio telematico di un certificato all’Ente previdenziale. Il certificato viene inviato, per motivi di comprensibile riservatezza, trattandosi di dati sensibili, privo di diagnosi, e in tale forma è visibile telematicamente dal datore di lavoro, tramite inserimento di apposito codice. Le norme che regolano tale procedura sono previste dall’art. 2, commi 1 e 2 l. n. 33 del 1980, come novellato nel 2004, dal D. Min. Salute del 26.06.2010 del 2010, e dall’art. 25 legge 183/2010, per il lavoro privato, e dall’art. 55 septies, comma 2, del D.lgs 165/2001 come novellato nel 2009, e ulteriormente novellato dal D.lvo n. 75 del 25.05.2017, per il lavoro pubblico. Il medico determina i giorni di malattia durante i quali il lavoratore può assentarsi dal lavoro; il lavoratore ha obbligo di sottoporsi alle eventuali verifiche di accertamento, come richieste dal datore di lavoro; durante la malattia il lavoratore ha l’obbligo di tenere un comportamento compatibile con la malattia in atto e tale da non aggravare o ritardare la guarigione.

La giurisprudenza con ricca messe di sentenze ha stabilito il principio che il lavoratore in malattia deve astenersi dal porre in essere attività idonee a pregiudicare il recupero delle normali attività psicofisiche, specie attività di lavoro aliunde, in relazione alle quali può essere disposto il licenziamento per giusta causa per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ( C., S.U., 5.2.1988, n. 1209; C., Sez. Lav., 24.4.2008, n. 10706; C., Sez. Lav., 1.7.2005, n. 14046; C., Sez. Lav., 6.6.2005, n. 11747; C., Sez. Lav., 3.12.2002, n. 17128; C., Sez. Lav., 7.6.1995, n. 6399; C., Sez. Lav., 22.7.1993, n. 8165); viceversa, non è licenziabile il lavoratore che durante il periodo di assenza per malattia continua a dedicarsi ai suoi hobby o all'attività sportiva, a condizione che questi momenti di svago non pregiudichino i tempi di guarigione (Cass. Sez. Lav., 27.2.2008, n. 5106). Resta demandata al giudice di merito la valutazione della questione tramite accertamenti da svolgersi non in astratto, ma in concreto.

Per tornare alla nostra questione c’è da chiedersi, alla luce dei principi sopra esposti, se si possano sollevare fondati dubbi sulla necessità della sospensione del procedimento disciplinare in costanza di malattia. A nostro sommesso avviso sembra di no. Ricorrenti diagnosi di depressione reattiva, stato ansioso, spunti fobici, vengono al contrario, dalla giurisprudenza, spesso considerati non ostativi alla sospensione dei termini del procedimento disciplinare,

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ricorrendo, come si vedrà, alla teorizzazione della necessità di una incapacità assoluta, in un caso giurisprudenziale che in prosieguo esamineremo, pretesa pari a quella richiesta dal diritto penale per la sospensione del processo. A nostro avviso si tratta di posizioni opinabili e dettate dalla necessità di non dichiarare l’illegittimità di licenziamenti irrogati per motivi del tutto condivisibili, a causa di mere irregolarità della procedura disciplinare (da rilevare che si tratta, per lo più, di sentenze precedenti la riforma dell’art. 18 operata dalla legge 92/2102, la quale ha introdotto il comma 6 all’art. 18). Ma argomentando sulla questione ci sembra che non possa in linea di principio negarsi che se il lavoratore è in malattia (diagnosticata da un sanitario e verificabile tramite visita di accertamento) egli ha ben diritto a curarsi e a stare tranquillo per tutto il decorso della malattia, poiché il doversi occupare della propria difesa durante lo stato patologico può costituire quell’attività idonea a pregiudicare e a ritardare la guarigione tanto sottolineata e stigmatizzata dalla giurisprudenza sopra esaminata.. Se è vietato al lavoratore porre in essere qualsivoglia attività atta a ritardare o a pregiudicare la guarigione, a maggior ragione dovrebbe essere pacifico che tale inibizione sia estensibile al procedimento disciplinare, momento che la difesa può essere di grave impegno, oltre che incompatibile con lo stato patologico, e pertanto tale da aggravare lo stato dell’affezione. Per non considerare la limitazione, imposta dal regime di malattia, alla libera circolazione del lavoratore, tenuto ad osservare la presenza presso il proprio domicilio per diverse e stabilite ore al giorno, mattino e pomeriggio, e quindi con una oggettiva difficoltà di poter ricorrere all’assistenza tecnico-giuridica di un professionista o del sindacato, i quali normalmente non si recano al domicilio della persona in malattia, ma ricevono presso la propria sede. Sotto un profilo di coerenza logica, per esemplificare, se un impiegato (e quindi lavoratore che esercita mansioni di concetto) affetto da malattia è legittimato a sospendere la prestazione di lavoro, non si comprende come possa essere tenuto ad espletare, durante il periodo di malattia, analoga attività concettuale consistente dal dover rendere le giustificazioni o partecipare a concitati incontri con il datore di lavoro. Ed ancora, un operaio che incorra in una malattia di stagione con febbre (e quindi impedimento non obiettivamente grave), e pertanto sia legittimato ad astenersi dal lavoro in virtù di certificato medico per un certo numero di giorni, non si comprende perché debba essere

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tenuto a svolgere attività difensiva disciplinare, mentre sarebbe più logico poter contare su una sospensione automatica del procedimento disciplinare. A maggior ragione se la contestazione è di un certo rilievo, con potenziali possibili conseguenze di recesso dal rapporto di lavoro. O nel caso di contestazioni molto articolate, necessitanti di acquisizioni documentali e assistenza tecnica, anche solo per la stesura delle giustificazioni scritte. Il problema, e le sentenze che esamineremo, lo lasciano trapelare, è che vi è una radicata sfiducia sulla veridicità della sussistenza della malattia e della sua gravità, unito ad una altrettanto radicata (e giustificata sfiducia) nei confronti degli accertamenti effettuati dagli organi pubblici preposti e in genere nei confronti dei controlli e la convinzione che, in presenza di conflitti di lavoro, il medico curante non abbia la minima remora a spiccare reiterati certificati attestanti le più svariate malattie, per tutelare il lavoratore da un ambiente ostile e dallo stress che ne deriva (che il medico considera giustamente dannoso alla salute). Questo stato di cose, ha dato origine alla giurisprudenza che andremo ad esaminare.

6) L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE FINO AL 2006. A questo punto come base di partenza della nostra breve indagine saranno telegraficamente esaminati i provvedimenti precedenti all’anno 2007, per poi soffermarci alla giurisprudenza del decennio successivo. Abbiamo rinvenuto le seguenti pronunce: Pretura del Lavoro di Milano 08.06.1990 Costanzo c/ Alfa Lancia ind. Per il pretore meneghino i termini del procedimento disciplinare sono sospesi nel periodo in cui il lavoratore non si trovava in condizione di poter svolgere efficacemente il diritto di difesa (2). Pret. Di Nola 16.01.2996 Del Prete c/ Soc. Fiat Auto. Si afferma che lo stato di malattia non sospende il procedimento disciplinare (3) . Cons. Naz. Forense 23.10.2000. L’organo di disciplina forense ha stabilito che l’impedimento del professionista a comparire nel procedimento disciplinare deve essere

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suffragato da certificazione medica che attesti la presenza di una malattia assolutamente impediente. La lombo sciatalgia non è sufficiente. (4) Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7374 del 2001 Per la S.C. il termine di 5 gg. per rendere le giustificazioni è sospeso solo nel caso in cui il lavoratore provi una minorata capacità di intendere e di volere e dimostri di essersi trovato, nella pendenza del termine, in stato di incapacità naturale.(5) Trib. Milano Sez. Lavoro 13.08.2001 Damato c/ Az. Milanese Servizi Ambientali. La pronuncia riconosce che i termini del procedimento disciplinare possano essere sospesi nel periodo in cui il lavoratore non si trovava in condizione di poter svolgere efficacemente il diritto di difesa. Il lavoratore, licenziato per furto di carburante, aveva eccepito la decadenza dalla potestà disciplinare, per aver l’Azienda sospeso il procedimento a seguito di produzione di certificati medici e quindi per aver superato i termini previsti per l’irrogazione del provvedimento di licenziamento. In questo caso la S.C. pur di avallare il (sembra giustificato) licenziamento, afferma essere legittima la sospensione del procedimento disciplinare posta in essere dal datore di lavoro. (6) Tar Lombardia Milano, Sez. III 27.12.2001 Visentin c/ Prov. Milano. L’organo di giustizia amministrativa ha stabilito che la mancata audizione non costituisce vizio di procedura qualora il lavoratore affetto da sindrome depressiva non dimostri che la malattia impediva la partecipazione alle sedute. (7) Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7848 del 2006 La S.C. esamina il caso di un bancario accusato di gravi irregolarità nella gestione del credito. Aveva presentato certificati medici per differire l’audizione richiesta poi aveva eccepito la violazione dei termini. Anche in questo caso, di fronte ad un licenziamento nel merito del tutto giustificato, la Cassazione, per convalidarlo, riconosce implicitamente che i termini del procedimento disciplinare possono essere sospesi nel periodo in cui il lavoratore non si trovava in condizione di poter svolgere efficacemente il diritto di difesa. (8) Cass. Civ. Sez. Lav. n. 20601 del 2006

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Anche in questo caso si tratta di bancario licenziato per gravi irregolarità: contraffazione di fascette di movimentazione valori e appropriazione di denaro. Il lavoratore aveva chiesto il differimento dell’audizione producendo certificato medico comprovante grave esaurimento psicofisico. La Corte rigettava statuendo che non era stato provato dal dipendente di essere stato nella condizione di stato di incapacità naturale, unica che avrebbe legittimato il rinvio della audizione. (9) Trib. Di Roma Ord. 06.11.2006 M c/ Almirali s.p.a. L’autorevole giudice di merito afferma che lo stato di malattia del lavoratore, oltre a sospendere l’obbligazione di lavoro, determinando l’impossibilità ad esercitare il diritto di difesa nella forma scelta dal lavoratore, può giustificare il differimento dell’esercizio del medesimo. (10) Si tratta dell’ordinanza commentata nel contributo della prof. Pasqualetto, al quale si rimanda (cfr. par. 2).

7) SINTESI DEGLI ORIENTAMENTI INTERPRETATIVI GIURISPRUDENZIALI DEL DECENNIO 2007-2017

Come si è accennato, a nostro avviso, il punto nodale della questione in esame riguarda l’individuazione di quali siano i requisiti della malattia addotta, tali da giustificare la richiesta di rinvio della convocazione (se si tratta di pubblici dipendenti) o di audizione (nel caso di lavoro privato). L’impressione è che più grave sia l’addebito che ha dato luogo al provvedimento disciplinare, più il Giudice di legittimità alzi l’asticella di gravità della malattia. La sentenza n. 5314 del 2017, non ha tenuto in considerazione diagnosi di ansioso generalizzato con spunti fobici, che non di natura transitoria e che la diagnosi di lombo sciatalgia con sintomi vertiginosi. Si verteva peraltro nel caso di una gravissima violazione dei doveri del lavoratore, con sequestro penale e danno erariale Esaminiamo ora le soluzione adottate dalle altre pronunce rinvenute: alla disamina si evidenziano varie soluzioni: Consiglio di Stato Sez. VI Sent. n. 4834 del 07.10/2008. Il Supremo Collegio di Giustizia Amministrativa si è trovato ad affrontare una censura di un dipendente del Ministero dell’Interno

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mossa alla sentenza del Tar del Lazio, in cui il ricorrente lamentava violazione del diritto di difesa, non avendo l’Amministrazione tenuto in considerazione, ai fini del differimento dell’audizione, un certificato medico recante diagnosi di affezione da spunti paranoidi. Il C.d.S. ha rigettato il motivo di gravame ritenendo “se da un canto risponde al vero la circostanza che l'appellante abbia presentato due certificati medici che "giustificavano" la sua assenza, è altrettanto vero che questi non ha dimostrato che la malattia dalla quale era affetto ne impediva la partecipazione alla seduta.” La stessa pronuncia sostiene l’assunto facendo ricorso alla giurisprudenza penalistica resa con riferimento alla causa impeditiva della partecipazione al processo penale di cui all'art. 70 c.p.p., a tenore del quale "in tema di sospensione del processo per incapacità dell'imputato per escludere la cosciente partecipazione al processo non è sufficiente una patologia psichiatrica, anche grave, perché in tal modo risulterebbe sempre impossibile procedere al giudizio nei confronti dei soggetti infermi o seminfermi di mente, ma è necessario che l'imputato risulti in condizioni tali da non comprendere quanto avviene e da non potersi difendere". (Cassazione penale, sez. I, 11 maggio 2006, n. 19338). Da tali considerazioni sembrerebbe che per ottenere un differimento di una semplice procedimento disciplinare occorra un impedimento di natura assoluta, con necessità di una consulenza tecnica tale da dimostrare un totale vizio di mente. Non sembra una soluzione condivisibile, atteso che il diritto penale tutela interessi di ben diversa natura rispetto al diritto del lavoro, e quindi la soluzione sembra eccessiva. (11) Cass. civ. Sez. lavoro, n. 13596 dell’11.06.2009, In questo caso la S.C. affronta la questione incidentalmente. Si tratta anche in questo caso del licenziamento di una dipendente di Poste Italiane per g.c. costituita da motivo grave consistito nell’ appropriazione indebita di somme di correntisti. La dipendente aveva chiesto l’audizione, successivamente rinviata per lungo tempo, in virtù della produzione di certificati medici; successivamente eccepiva la decadenza del datore di lavoro per non aver tempestivamente irrogato il licenziamento (tesi respinta sia nei gradi di merito che dalla Cassazione). Dalla sentenza si evince che la dipendente aveva ottenuto il rinvio dell’audizione per un certo periodo di tempo, ma poi Poste Italiane, aveva comunque intimato il licenziamento per giusta causa, pur in costanza di malattia. Per lungo tempo Poste Italiane

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aveva quindi tenuto un atteggiamento prudenziale di sospensione del procedimento disciplinare, risolvendosi a interrompere gli indugi di fronte ad un eccessivo prolungamento. La sentenza in esame fa parte di quel gruppo di sentenze che implicitamente ammettono la legittimità della sospensione, con conseguente sospensione anche dei termini a carico del datore di lavoro per completare il procedimento disciplinare. Tale soluzione sembra certamente più condivisibile di quella del C.d.S. precedentemente esaminata che propugna l’assoluta incapacità dell’incolpato come unica causa di sospensione del procedimento disciplinare.(12) Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7493 del 31.03.2011 Il caso riguarda sempre Poste Italiane, la quale ricorreva avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che riteneva ingiustificato il licenziamento del dipendente, tra l’altro, per non aver Poste accettato la richiesta del lavoratore di spostamento della richiesta audizione fissata ad ore 11,00, in quanto lo stesso il giorno dell’audizione il dipendente sarebbe smontato dal turno notturno ad ore 07,00. La Corte ribadisce che non sussiste un principio in base al quale, il lavoratore convocato, abbia diritto, a richiesta, di un differimento a seguito non di impossibilità, ma di mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare. Da rilevare che la sentenza si esprime in termini di generica impossibilità di presenziare. E sottolinea che la richiesta del lavoratore può essere accolta solo se la stessa risponda ad esigenze di difesa non altrimenti tutelabili. Si tratta del medesimo principio di diritto adottato dalla sentenza 5314 del 2017 in commento. Personalmente non si condivide il mancato differimento posto che un lavoratore smontante dal turno notturno deve avere il tempo di ripristinare le energie psicofisiche, con un adeguato riposo, di almeno 11 ore (il decreto legislativo n. 66/2003 stabilisce infatti che il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore) a meno che non si voglia considerare l’iter disciplinare del tutto fuori dal rapporto di lavoro (13). Cass. Civ. Sez. Lav. n. 16374 del 26.09 2012. La sentenza tratta del licenziamento di un informatore farmaceutico avvenuto per contestata falsa attestazione di attività di informazione scientifica a parere datoriale non avvenuta. Il licenziamento era

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avvenuto superando la richiesta di audizione, nonostante il lavoratore avesse fatto pervenire certificato medico comprovante ipertensione arteriosa e stato d’ansia. La Corte di appello aveva accolto tale doglianza e dichiarato illegittimo il licenziamento asserendo che “a fronte della tempestiva richiesta del lavoratore di differimento dell'audizione, con impedimento attestato da idonea certificazione, il datore di lavoro non può ritenersi autorizzato ad omettere la convocazione dovendo, al contrario, attendere la cessazione della malattia, con la sola ipotesi in cui risulti prima facie evidente il carattere pretestuoso e meramente dilatorio della richiesta”. Prosegue la Corte asserendo che la malattia del lavoratore, tempestivamente comunicata e certificata da documentazione medica proveniente, oltre che dal sanitario curante anche da struttura pubblica, consente di richiedere il differimento dei termini dell'audizione e sospende i termini del procedimento, giacché il rispetto dei principi di correttezza e buona fede impedisce di ritenere la intempestività del provvedimento nei casi in cui l'esercizio del potere disciplinare sia stato ritardato al solo fine di assicurare le garanzie difensive riconosciute dalla L. n. 300 del 1970. Come si può constatare la sentenza in esame esprime una ben diversa e definita corrente di pensiero rispetto ai precedenti testé citati, rifuggendo dalla necessità della sussistenza di incapacità assoluta. La Corte richiama precedenti come la sentenza n. 20601 del 2006 in cui aveva ritenuto sussistente uno stato di incapacità naturale in presenza di grave esaurimento psicofisico e la n. 7374 del 2001 parimenti in presenza di sindrome ansiosa con stato confusionale.

E’ da evidenziare che la Corte non omette di far trapelare che comunque, nel merito, la difesa del lavoratore era fondata. Siamo in presenza di un caso di licenziamento per un fatto, ad avviso di chi scrive, non gravissimo (che forse avrebbe giustificato una pronuncia di illegittimità per violazione del principio di proporzionalità) di qui, ipotizziamo, il mutamento di giurisprudenza (14).

Cass. Civ. Sez. Lav. n. 1777 del 28.01.2014. Si tratta di licenziamento di dipendente pubblico di Ente Locale per assenteismo. Il licenziamento annullato in primo grado, veniva invece confermato dalla Corte di Appello. Il dipendente lamenta violazione dei termini del procedimento disciplinare, negando che essi possano essere sospesi durante il

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periodo di malattia (usufruita dal dipendente per più mesi 4 nelle more della pendenza del procedimento) ed eccependo la tardività per violazione dei termini del provvedimento espulsivo. La Corte rigetta la doglianza affermando la legittimità della sospensione del procedimento disciplinare per tutto il periodo di malattia (non viene specificato con quale diagnosi) e precisando che la contestazione subì interruzione dell’efficacia ex art. 2110 fino al termine della malattia, momento in cui riprese a decorrere il termine di 120 gg per il completamento dell’iter del procedimento disciplinare fissato dal CCNL EE.LL. Si afferma che non solo l’audizione ma l’intero procedimento disciplinare può legittimamente essere sospeso durante il congedo per malattia (intendiamo noi anche non assolutamente impediente) (15). Cass. Civ. Sez. Lav. n. 9223 del 07.05.2015. Si tratta di un licenziamento irrogato da Poste Italiane a dipendente colpevole di aggressione al proprio superiore. Il provvedimento fu annullato in primo grado, confermato invece in appello. Il lavoratore lamenta che la richiesta audizione non sia stata differita a seguito di presentazione di certificati medici (non viene precisata la diagnosi). La Suprema Corte si limita a rigettare il motivo di gravame sviluppando la motivazione basata sul principio che la richiesta di differimento del lavoratore debba essere accolta solo ove la stessa risponda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile e che le modalità di convocazione del lavoratore non siano contrarie a buona fede o alla lealtà contrattuale è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile se congruamente motivata (14). Si tratta di una sentenza che avalla la discrezionalità del giudice di merito purché adeguatamente motivata, non intervenendo nella sostanza del problema: se la malattia è causa di sospensione o no del procedimento disciplinare (16). Cass. Civ. Sez. Lav. n. 14106 del 11.07.2016. Tratta del caso di una dipendente di un Ente pubblico la quale aveva posto in essere un peculato, modificando a proprio vantaggio l’importo delle buste paga.

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La ricorrente lamentava il fatto di non essere stata convocata per l’audizione, come previsto pacificamente e senza possibilità di diversa interpretazione dal Regolamento comunale. La Corte respingeva la doglianza rilevando che la dipendente aveva esercitato la facoltà alternativa di produrre memoria scritta, pur ammettendo che l’Ente aveva omesso di effettuare gli adempimento prescritti dalla legge (art. 55 bis d.lgs 165 del 2001) Come rilevato, la Corte ha preferito avallare il licenziamento, senz’altro fondato attesa la gravità dei fatti commessi dalla dipendente, passando sopra frettolosamente alle questioni procedurali. Implicitamente però si evince che la sospensione sarebbe stata dovuta, ove la dipendente non avesse optato per rendere le giustificazioni per iscritto (17).

8) LA SOLUZIONE ADOTTATA DALLA SENTENZA IN ESAME Si è osservato nei paragrafi precedenti che Cass. Civ. Sez. Lavoro n. 5314 del 02.03.2017 affronta il caso di un licenziamento per una prolungata ed articolata negligenza del dipendente che aveva causato accertato rilevante danno erariale per decine di migliaia di euro. Si è visto che nulla è valsa, ai fini della sospensione del procedimento disciplinare, la produzione di certificazione di una malattia psichiatrica apparentemente severa, quale uno stato ansioso generalizzato con spunti fobici di natura cronica. L’amministrazione pubblica (INPS) non aveva sospeso il procedimento disciplinare. La Corte ha avallato la scelta datoriale riaffermando il principio che la richiesta di differimento della convocazione è fondata solo ove la stessa risponda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. La decisione si pone in contrasto con diverse altre sentenze ora esaminate, le quali esplicitamente o implicitamente avevano ribadito la necessità di sospendere il procedimento disciplinare per quanto riguarda gli incombenti a carico di entrambe le parti, specie per convalidare licenziamenti di conclamata gravità, in presenza di eccezioni di superamento dei termini del procedimento disciplinare a causa della concessa sospensione. Il principio richiamato, già in precedenza ribadito da altre sentenze, non soddisfa completamente l’interprete, per la sua estrema genericità e scarsa attinenza al caso in esame. Uno stato ansioso generalizzato con spunti fobici di natura cronica costituisce una malattia psichiatrica di tutto rispetto, tale da menomare non solo la capacità lavorativa del dipendente, ma anche la capacità di

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difendersi in un procedimento disciplinare di notevole gravità (per un fatto, l’accumulare pratiche inevase all’interno di un armadio, che di per sé potrebbe sottendere uno squilibrio psichico.) Non solo, ma la partecipazione al procedimento disciplinare teoricamente poteva aggravare la malattia, e comunque ritardarne la guarigione, con potenziale incidenza sul periodo di comporto. Ma tant’è, piaccia o non piaccia, il caso è stato deciso in tal senso.

9) ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI. Ad avviso dello scrivente la giurisprudenza esaminata non offre un univoco suggerimento all’interprete (datore di lavoro o lavoratore) che si trovi ad affrontare il caso di un procedimento disciplinare nel corso del quale intervenga una richiesta di sospensione o di differimento dell’audizione per malattia dell’incolpato. Logica vuole che il procedimento disciplinare, come avviene per la prestazione lavorativa, subisca una automatica sospensione. Adottando tale soluzione il lavoratore, in malattia, non si troverebbe necessitato a partecipare al procedimento disciplinare pur in menomate condizioni psicofisiche (specie nel caso in cui sia affetto in malattia di matrice psichiatrica, con adozione di terapia a base di psicofarmaci, a volte di natura ipnotica); dall’altro il datore di lavoro non dovrebbe dibattersi nel dubbio, attesa la giurisprudenza non univoca, se sospendere o no il procedimento, con il rischio, in caso di diniego, di incorrere in un annullamento della sanzione, ove la malattia successivamente venga considerata effettivamente impeditiva per l’espletamento della difesa disciplinare. Da tener presente che il datore di lavoro non conosce la diagnosi e quindi l’adozione di adeguate soluzioni diventa ancora più problematica. La soluzione da adottare ad avviso dello scrivente è la sospensione automatica del procedimento disciplinare in caso di malattia, fino al maturare del termine di comporto. E’ una soluzione disagevole, in certuni casi di gravi infrazioni disciplinari, e può nuocere all’immagine dell’azienda nei casi in cui la pronta irrogazione della sanzione disciplinare possa servire da monito per l’intera compagine delle maestranze (p.es. casi di assenteismo) ma sembra la più corretta. Occorrerebbe superare il preconcetto della strumentalità della malattia (e la correlativa facilità di ottenimento di certi certificati medici), nonché, in sede di giudizio, sia di merito che di legittimità, occorrerebbe disancorare le regole procedurali disciplinari dalla gravità della fattispecie disciplinare contestata/accertata. Invece la disamina

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delle decisioni dimostra che più grave è il fatto, meno peso viene dato alle regole della procedura disciplinare. Ringrazia per l’attenzione. Con i più distinti saluti ed ossequi.

Venezia-Padova, 16.09.2017

Valter Duse

-------------- NOTE 1 Martelloni FadericoIl procedimento disciplinare, in Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche mministrazioni, in Il nuovo diritto del lavoro a cusìra di Luigfi Fiorillo e Adalberto Perulli, Torino, 2013, pg. 570 2 Pret. Milano, 08/06/1990

Costanzo c. Soc. Alfa Lancia ind. Non può ritenersi violato il principio dell'obbligo di immediatezza della contestazione, allorché il lasso di tempo trascorso tra la commissione dell'addebito e la relativa contestazione sia dovuto alla malattia del dipendente e, quindi, all'intendimento dell'azienda di non dar corso al procedimento disciplinare in un periodo in cui il lavoratore non si trovava in condizioni di poter svolgere efficacemente il diritto di difesa. In Dir. e Pratica Lav., 1991, 266 3 Pret. Nola, 16/01/1996

Del Prete c. Soc. Fiat auto Lo stato di malattia del lavoratore non sospende il procedimento disciplinare. In Riv. Critica Dir. Lav., 1996, 761 4 Cons. Naz. Forense, 23/10/2000, n. 117

I.T. - L'impedimento del professionista a comparire dinanzi al consiglio dell'ordine nell'ambito di un procedimento disciplinare non può ritenersi sussistente qualora sia sorretto da un certificato medico che attesti la presenza di una malattia (lombosciatalgia), che non giustifica di per sè l'assoluto impedimento a comparire. In Rass. Forense, 2001, 148 5 Cass. civ. Sez. lavoro, 30/05/2001, n. 7374

Vetrone c. Soc. Telecom Italia

Quanto al primo motivo e cioé all'esistenza di uno stato di incapacità naturale che avrebbe impedito al ricorrente di esercitare il diritto di difesa, va premesso che è esente da censure il comportamento datoriale che provvide all'irrogazione del licenziamento disciplinare dopo che era ampiamente decorso il termine di cinque giorni dalle contestazioni, come prescritto dal quinto comma dell'art. 7 citato, di talché la violazione della procedura ivi prevista sarebbe rinvenibile solo in caso di dimostrazione, da parte del lavoratore, della sicura esistenza dello lo(*) stato di incapacità naturale, che nell'ambito del medesimo termine tassativo gli aveva impedito di esercitare il diritto di difesa.

Non sembrano invero rilevanti fatti e circostanze aventi una collocazione temporale posteriore alla scadenza del detto termine di cinque giorni, il quale è stato individuato dalla legge per contemperare le insopprimibili esigenze di difesa del lavoratore incolpato, configurate dalla Corte Costituzionale con la pronunzia n. 204 del 1982 come corrispondenti ai principi di coerenza e di civiltà giuridica, e le contrapposte esigenze datoriali alla tempestiva interruzione del rapporto nel caso in cui vengano posti in essere comportamenti che non consentono la sua prosecuzione neppure temporanea per il periodo di preavviso.

Se il diritto a rendere le giustificazioni deve esercitarsi in detto termine perentorio, tutto ciò che sopravviene dopo la sua scadenza non può che essere privo di effetti, perché da quel momento il procedimento previsto dal citato art. 7 è concluso ed il datore è abilitato ad intimare la sanzione disciplinare, e si tratterà, se del caso,

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di determinare solo il momento in cui la stessa potrà avere effetto. Pertanto l'esistenza di uno stato di malattia dopo il decorso del termine di legge non varrebbe, come sostiene il ricorrente nell'ultima parte del primo motivo, a cagionare l'illegittimità del recesso.

Viceversa non vi è dubbio che l'esistenza di uno stato di incapacità naturale nei detti cinque giorni, in quanto tale da impedire al lavoratore di rendere le sue giustificazioni per rispondere agli addebiti contestati, varrebbe ad integrare un vizio della procedura di legge, impedendo la realizzazione degli scopi cui la medesima è preordinata.

Né vi è dubbio che il relativo onere della prova gravi sul lavoratore, il quale nella specie sostiene di averla fornita, non avendo il Tribunale valutato i documenti che la comproverebbero.

Se dunque occorre avere esclusivo riguardo allo stato del ricorrente per il periodo dall'11 settembre, data di ricezione della lettera di contestazione, al 16 settembre, è necessario verificare se il Tribunale abbia pretermesso la valutazione di un elemento, che si riferisca a detto periodo e non ad altro, e che sia idoneo a comprovarlo.

A tal fine sia il certificato di ricovero al Policlinico Gemelli di Roma (che reca la data del 18 settembre quando, come ha rilevata il Tribunale, il termine dei cinque giorni era ormai spirato), sia i certificati relativi ai mesi di luglio ed agosto dello stesso anno potrebbero valere solo come indizi di uno stato di incapacità sussistente per il periodo che interessa.

Di maggior peso potrebbe essere invece, in quanto ricadente nel periodo stesso, il certificato del 13 settembre del medico curante attestante sindrome ansiosa con stato confusionale, che il Tribunale non pare avere preso in esame. Tuttavia, com'é principio consolidato (cfr. ex plurimis Cass. 15 maggio 1997 n. 4310), in tali casi compete al giudice di legittimità il potere dovere di stabilire se il fatto di cui si lamenta l'omesso esame sia decisivo, ossia tale da fare ritenere che, se considerato, avrebbe condotto con "ragionevole certezza" e non come mera probabilità, ad un diverso esito del giudizio.

In Mass. Giur. It., 2001

6. Trib. Milano Sez. lavoro, 13-08-2001

8…) Il ricorrente è stato licenziato per essere stato sorpreso in possesso di una tanica contenente del gasolio sottratto ad un automezzo della convenuta.

(….)

2. Pare difficile contestare la tempestività della reazione aziendale rispetto alla infrazione del ricorrente.

Infatti, la contestazione degli addebiti è stata fatta il giorno dopo al fatto contestato, mentre il licenziamento è stato disposto con lettera inviata meno di trenta giorni dopo.

Anche in merito alla tempestività, questo Giudice fa propri e condivide gli argomenti del Giudice cautelare, anche in relazione al fatto che l'art. 36 ccnl, anche oggi invocato dal ricorrente, non pone un termine perentorio per la conclusione del procedimento disciplinare, ma fissa un termine da rispettare "di norma", così ammettendo che esso possa essere superato in presenza di condizioni particolari.

Nel caso di specie tali condizioni sono costituite dall'assenza per malattia del ricorrente; e sarebbe paradossale il voler censurare l'azienda per aver atteso che il ricorrente fosse in condizione di fornire le sue giustificazioni, e anzi lo abbia più volte sollecitato in tal senso.

Lavoro nella Giur., 2002, 488

7 T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 27/12/2001, n. 8209

Visentin c. Prov. Milano

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Nel corso del procedimento disciplinare a carico di un dipendente della p.a., l'incolpato ha diritto di partecipare alle sedute della Commissione disciplinare, tuttavia, in caso di assenza per malattia l'incolpato deve dimostrare che la malattia impediva la partecipazione alle sedute; pertanto, è legittimo il provvedimento assunto a seguito di sedute alle quali non ha partecipato il dipendente nel caso in cui, dall'esame del certificato medico prodotto risulti soltanto che l'incolpato era affetto da sindrome depressiva e dai referti delle visite di controllo risulti che il dipendente non è stato rinvenuto presso l'abitazione. In Foro Amm., 2001

8. Cass. civ. Sez. lavoro, 04/04/2006, n. 7848 (rv. 588535)

N.G. c. Banca di Roma L'art. 7 della legge n. 300 del 1970 subordina la legittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare alla preventiva contestazione degli addebiti, al fine di consentire al lavoratore di esporre le proprie difese in relazione al comportamento ascrittogli, e comporta per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l'audizione orale ove quest'ultimo abbia manifestato tempestivamente (entro il quinto giorno dalla contestazione) la volontà di essere sentito di persona. Pertanto, ove l'audizione sia di fatto impedita (come nella specie) - e, quindi, rinviata - per lo stato di malattia del dipendente, che certo non autorizza il datore di lavoro ad omettere l'audizione dello stesso dipendente incolpato che l'abbia espressamente richiesta, il conseguente ritardo nell'intimazione del licenziamento disciplinare non inficia quest'ultimo come carente del requisito della tempestività. (Rigetta, App. Napoli, 25 Febbraio 2003) in Mass. Giur. It., 2006, Guida al Diritto, 2006, 23, 83; CED Cassazione, 2006 9 Cass. civ., 22/09/2006, n. 20601

L'esistenza di uno stato di incapacità naturale del lavoratore, tale da impedirgli di rendere la giustificazione nel termine previsto dalla legge per rispondere agli addebiti contestati, comporta la necessaria posticipazione del termine di scadenza, risultando altresì violata, nel caso di irrogazione del provvedimento disciplinare prima di tale momento, la garanzia procedimentale prevista dall'art. 7 della l.n. 300/70. In Lavoro e Giur., 2007, 5, 489 Cass. civ. Sez. lavoro, 22-09-2006, n. 20601

Estratto motivazione:

1.2. Il motivo è infondato. La sequenza degli eventi successivi alla contestazione disciplinare, ricostruita dalla sentenza impugnata sulla scorta della documentazione della corrispondenza intercorsa dalle parti, non è contestata dalla parte. A seguito della comunicazione dell’addebito, il F. in data 10 gennaio 2000 ha chiesto di essere sentito personalmente per presentare le proprie difese; la Banca con telegramma in data 12 gennaio ha precisato che l’incontro doveva tenersi improrogabilmente entro il successivo giorno 17. Il dipendente con telegramma del 14 gennaio ha chiesto un differimento dell’incontro deducendo di essere affetto da malattia, risultante da certificazione medica inviata il giorno 12. La Banca in data 18 gennaio ha risposto prendendo nota della certificazione e disponendo che l’incontro doveva tenersi entro e non oltre il 28 gennaio; ha anche comunicato di essere disponibile, in caso di personale impedimento del F., a ricevere un rappresentante sindacale all’uopo delegato, ed anche ad ascoltare il dipendente in luogo diverso dalla sede dell’azienda e dal medesimo designato.

Con telegramma del giorno 21 gennaio il F. ha comunicato “di essere in cura per un grave esaurimento psicofisico” in relazione al quale non era in grado di affrontare l’incontro, né di “nominare un procuratore”, ed ha chiesto un ulteriore differimento.

La Banca ha adottato il provvedimento disciplinare con comunicazione del 1^ febbraio 2000. 1.3. Nella specie non è in discussione l’applicazione del principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’esistenza di uno stato di incapacità naturale del lavoratore, tale da impedirgli di rendere le giustificazioni nel termine previsto dalla legge per rispondere agli addebiti contestati, comporta la necessaria posticipazione del termine di scadenza, risultando altrimenti violata, nel caso di irrogazione del provvedimento disciplinare prima di tale momento, la garanzia procedimentale prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 7. Peraltro è onere del dipendente, che contesti la legittimità della sanzione per l’impossibilità di aver potuto esercitare il proprio diritto di difesa a causa di una minorata capacità di intendere e di volere in detto intervallo, di dimostrare di essersi trovato, nella pendenza del termine, in stato di incapacità naturale (cfr. Cass. 30 maggio 2001 n. 7374).

Nel caso in esame tale prova doveva essere fornita per lo spazio di tempo indicato dall’istituto datore di lavoro con la comunicazione del 18 gennaio 2000, con riferimento all’impedimento allegato dal lavoratore con il telegramma del 21 gennaio.

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La sentenza impugnata ha ritenuto che la dimostrazione di tale situazione non sia stata raggiunta, considerando da un lato che il lavoratore non aveva allegato a questa comunicazione alcun certificato medico, ricevuto dalla datrice di lavoro soltanto dopo l’intimazione del licenziamento; dall’altro, che il rifiuto di fornire le proprie difese non risultava giustificato in relazione ai certificati (precedentemente) inviati, tenuto conto della diversità ed incongruità delle diagnosi riportate in tali documenti e del comportamento del lavoratore.

Il primo ordine di rilievi corrisponde ad un’autonoma ratio decidendi sufficiente a sorreggere il convincimento espresso dal giudice dell’appello, indipendentemente dalla valutazione dello stato di infermità risultante dalla certificazione medica inviata il 12 gennaio, che recava una prognosi fino al 25 gennaio.

Infatti, questa documentazione non poteva comprovare che l’impedimento si fosse protratto fino alla data da ultimo fissata come termine per l’audizione del lavoratore (28 gennaio); il comportamento dell’istituto datore di lavoro, che, in assenza di prova di un effettivo impedimento del lavoratore, non ha acconsentito alla richiesta di una proroga di tale termine (formulata con il telegramma del 21 gennaio) non concreta certamente una violazione dei principi di correttezza e buona fede, alla stregua dei quali deve essere valutato l’esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro.

10. Trib. Roma Ord., 06/11/2006

M. c. Almirall S.p.A. Nel procedimento disciplinare il lavoratore ha diritto di difendersi nella più completa libertà di forme e, conseguentemente, se manifesta la volontà di essere ascoltato, il datore di lavoro ha il dovere di sentirlo oralmente. Lo stato di malattia del lavoratore, oltre a sospendere l’obbligazione di lavoro, determinando l’impossibilità ad esercitare il diritto di difesa nella forma scelta dal lavoratore, può giustificare il differimento dell’esercizio del medesimo. La disposizione del contratto collettivo che impone al datore di lavoro di adottare la sanzione disciplinare entro un dato termine dalla scadenza del termine a difesa deve essere interpretata in modo compatibile con l’esigenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di esplicare le sue difese. In Argomenti, 2007, 3, 2, 764 nota di PASQUALETTO 11. Cons. Stato Sez. VI Sent., 07/10/2008, n. 4834

F.F. c. Ministero dell'Interno (…)

Ad identica soluzione perviene poi la Sezione con riferimento al secondo motivo del gravame.

Sul punto deve osservarsi che, se da un canto risponde al vero la circostanza che l'appellante abbia presentato due certificati medici che "giustificavano" la sua assenza, è altrettanto vero che questi non ha dimostrato che la malattia dalla quale era affetto ne impediva la partecipazione alla seduta. A prescindere dal fatto che il procedimento disciplinare aveva subito uno spostamento geografico dalla propria sede "naturale" (Bari) a causa della detenzione dell'appellante in Cagliari, dall'esame dei certificati medici prodotti risulta che questi era affetto da sindromi depressive, con il che è tutt'altro che dimostrato che non avrebbe potuto partecipare alle sedute in oggetto.

Poiché è onere dell'interessato dimostrare che la malattia impedisce la partecipazione alla seduta e poiché nel caso di specie l'appellante non ha fornito tale prova, deve ritenersi che la censura in esame sia infondata.

Peraltro, dai documenti in atti risulta che i certificati attestavano (unicamente) che la "malattia" dell'appellante sconsigliava che questi fosse soggetto a "lunghi" spostamenti a mezzo di aereo e nave.

Egli poteva effettuare quindi, brevi viaggi, e da nessun atto risulta (circostanza di cui ben si rende conto l'appellante) che non fosse in grado di seguire consapevolmente i lavori delle sedute.

Bene può nel caso di specie mutuarsi il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità penalistica reso con riferimento alla causa impeditiva della partecipazione al processo penale di cui all'art. 70 cpp, a tenore del quale "in tema di sospensione del processo per incapacità dell'imputato per escludere la cosciente partecipazione al processo non è sufficiente una patologia psichiatrica, anche grave, perché in tal modo risulterebbe sempre impossibile procedere al giudizio nei confronti dei soggetti infermi o seminfermi di mente, ma è necessario che l'imputato risulti in condizioni tali da non comprendere quanto avviene e da non potersi difendere". (Cassazione penale, sez. I, 11 maggio 2006, n. 19338).

L'appellante non ha provato alcuna di tali circostanze ed il mezzo deve di conseguenza essere disatteso

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12. Cass. civ. Sez. lavoro, 11/06/2009, n. 13596 (rv. 609045)

B.G. c. Poste Italiane S.P.A. (….)

5. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 7 sopra citato sotto altro profilo: decorsi trenta giorni dall'invio delle giustificazioni scritte da parte del lavoratore, il datore di lavoro decade dalla potestà di irrogare il provvedimento disciplinare (art. 52 del C.C.N.L.).

6. Il motivo è infondato. La ricorrente, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto indicare esattamente il tenore della norma contrattuale violata e non limitarsi a sintetizzarne il contenuto. In ogni caso, va evidenziato che il datore di lavoro in tanto ha ritardato l'adozione del provvedimento disciplinare in quanto la lavoratrice ha chiesto di essere sentita personalmente e nel contempo si è dichiarata impossibilitata in quanto ammalata. Soltanto dopo l'audizione personale Poste Italiane ha inviato la lettera di licenziamento. L'eccezione proposta dalla B. è contraria a buona fede e quindi da disattendere, in quanto formulata "contra factum proprium". Non può un lavoratore chiedere rinvii dell'audizione personale e quindi eccepire che il provvedimento disciplinare è stato irrogato dopo la scadenza di un termine contrattuale previsto al riguardo, perchè in tal caso con la propria richiesta di audizione egli frappone un ostacolo formale all'adozione del provvedimento disciplinare e nel contempo, rifiutando di presentarsi a causa della malattia, egli dilaziona i tempi del procedimento dando causa alla (presunta) decadenza. Ma così facendo il lavoratore incorre nella violazione della regola di buona fede, perchè propone una eccezione basata su di un fatto proprio, vale a dire addebita al datore di lavoro di avere accolto una sua istanza di audizione personale al solo scopo di impedirgli di irrogare il provvedimento. Quanto dire che il lavoratore ha dato causa alla presunta nullità del provvedimento e quindi non può eccepirla.

13. Cass. civ. Sez. lavoro, 31/03/2011, n. 7493 (rv. 616438)

Poste Italiane S.p.A. c. Ruta (…)

2. - Il motivo è fondato per quanto di seguito esposto. Premesso che il disposto della L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 2 va interpretato nel senso che, solo ove il dipendente lo richieda espressamente, il datore di lavoro è tenuto a sentirlo oralmente, Cass. 11 marzo 2010 n. 5864, Cass. 7 gennaio 1998 n. 67, dovendosi in tal caso escludere un sindacato del datore di lavoro in ordine all'effettiva idoneità difensiva della richiesta di audizione orale, nella specie è pacifico che il lavoratore abbia espressamente ed inequivocamente svolto tale richiesta (pag. 13 attuale ricorso della società Poste).

Non v'è parimenti dubbio che l'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro vada improntato ai principi di correttezza e buona fede, Cass. 13 gennaio 2005 n. 488, Cass. 17 dicembre 2003 n. 19350.

Deve tuttavia osservarsi, quanto alla prima convocazione datoriale (indirizzata esclusivamente al sindacato), che la stessa società, inviandone una nuova (personalmente al lavoratore, pag. 3 sentenza impugnata), ha mostrato, come accertato dalla Corte territoriale con adeguata e logica motivazione non adeguatamente censurata in questa sede, di nutrire dubbi sulla sua regolarità, rinnovandola.

A tal punto, in ogni caso (stante altresì la prossimità delle date), per il lavoratore non poteva che valere la seconda convocazione.

Con riferimento a quest'ultima (datata 26 giugno per il successivo giorno 30 alle ore 11), la sentenza impugnata ha constatato che il lavoratore "ha chiesto di differire l'incontro o di essere sollevato dal turno di lavoro che sarebbe terminato lo stesso giorno 30 alle ore 7", ritenendo che la società, non rispondendo alla richiesta, avrebbe violato "palesemente le più elementari regole di correttezza e buona fede", giungendo così tout court a respingere l'appello della società Poste.

14. Cass. civ. Sez. lavoro, 26/09/2012, n. 16374

A. S.p.A. c. M.A. (….)

20. La questione è connessa alle esigenze di tutela del lavoratore che, proprio a causa del suo stato di salute, non sia adeguatamente in grado di avvalersi della facoltà di fornire le sue giustificazioni a seguito di una contestazione disciplinare, e l'esito cui è pervenuta la Corte territoriale si appalesa conforme a diritto, adeguatamente motivato ed immune da censure e da vizi logici.

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21. Invero, ove il dipendente chieda tempestivamente il differimento dell'audizione, attestando un impedimento per motivi di salute, suffragato dalla produzione di idonea certificazione medica (del medico curante e di una struttura sanitaria pubblica) il datore di lavoro non può ritenersi autorizzato ad omettere la convocazione dovendo, al contrario, consentirla alla cessazione dello stato di malattia del lavoratore, salvo che risulti prima facie il carattere pretestuoso e meramente dilatorio della richiesta. Ed è onere del dipendente, che contesti l'impossibilità di aver potuto esercitare il proprio diritto di difesa a causa di condizioni di salute ostative, dimostrare di essersi trovato, nella pendenza del termine, nelle predette condizioni.

22. La giurisprudenza di questa Corte ha richiamato, a tal fine, lo stato di incapacità naturale del lavoratore (cfr., in tema, Cass. 20601/2006; Cass. 7374/2001), ma l'impossibilità di svolgere l'attività difensiva può pur raccordarsi a condizioni oggettive di salute, medicalmente accertate, che pur non compromettendo la seria capacità di valutazione e la consapevolezza cosciente dell'espletanda attività risulti incompatibile con l'espletamento dell'audizione orale, con valutazione riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

23. Nè possono diversamente rilevare gli strumenti alternativi di difesa cui potrebbe accedere il lavoratore impossibilitato ad espletare la pur richiesta audizione orale, come propugna la parte ricorrente, giacchè r è pur vero che è in facoltà del lavoratore esercitare il suo diritto di difesa nella più completa libertà di forme, anche per iscritto o mediante l'assistenza di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisca o conferisca mandato (ex multìs, Cass. 1661/2008), ma lo stato di malattia non solo non può incidere sulla facoltà di scelta delle modalità di esercizio del diritto di difesa inducendo il lavoratore alla delega necessitata a terzi della propria difesa, ma potrebbe, invero, precludere, proprio a cagione delle peculiari condizioni di salute, la stessa possibilità di dare ad altri adeguata contezza delle proprie ragioni di difesa.

24. Nella specie la Corte territoriale, con motivazione immune da censure e da vizi logici, ha escluso che la richiesta di differimento dell'audizione orale da parte del lavoratore fosse ispirata da intento dilatorio e pretestuoso, apprezzando la documentazione medica delle condizioni di salute del lavoratore che, in breve sequenza temporale, in seguito ad un episodio di dolore toracico, è culminata nella diagnosi di "stato di agitazione psicomotoria, quadro di stress psichico, ipertensione arteriosa, precordialgia", e ritenendola non compatibile con l'espletamento dell'audizione orale che, per di più, avrebbe esposto il lavoratore ad ulteriore stress, aggravando lo stato ipertensivo dal quale risultava affetto.

15. Cass. civ. Sez. lavoro, 28/01/2014, n. 1777

V.A. c. Comune di Viterbo

(…)

La giurisprudenza della Corte ha, tuttavia, coordinato tale principio in relazione alle varie fattispecie legali di recesso prevedendo che lo stato di malattia: a) non preclude l'irrogazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragion d'essere la conservazione del posto durante la malattia in presenza di un comportamento che non consente la prosecuzione neppure temporanea del rapporto (v. tra le altre Cass. 1.06.05 n. 11674 e 27.02.98 n. 2209); b) parallelamente sospende l'efficacia del licenziamento per giustificato motivo o il decorso del periodo di preavviso (se la malattia sia intervenuta durante tale periodo) (Cass. 10.10.13 n. 23063 e 4.07.01 n. 9037). Ne consegue che il licenziamento, che non sia irrogato per giusta causa, durante lo stato di malattia è sospeso fino alla guarigione e da quel momento riprende la sua efficacia (Cass. 7.01.05 n. 239 e 6.08.01 n. 10881).

Nel caso di specie, dunque, il momento di sofferenza del procedimento di licenziamento irrogato all'avv. V. va individuato non nella circostanza che l'addebito sia stato contestato durante lo stato di malattia, atteso che l'efficacia della contestazione rimarrebbe a sua volta sospesa fino al momento della guarigione, ma nella verifica dell'effettivo godimento delle garanzie apprestate dalla legge e dalla norma contrattuale per l'esercizio di difesa del lavoratore. Al riguardo, infatti, la giurisprudenza di legittimità, proprio con riferimento alla disposizione contrattuale ora in esame, ha enunziato il principio che qualora il contratto collettivo preveda termini volti a scandire le fasi del procedimento disciplinare e un termine per la conclusione di tale procedimento, solo quest'ultimo è perentorio, con conseguente nullità della sanzione in caso di inosservanza, mentre i termini interni sono ordinatori e la violazione di essi comporta la nullità della sanzione solo nel caso in cui l'incolpato denunci, con concreto fondamento, l'impossibilità o l'eccessiva difficoltà della sua difesa (tra le altre v. Cass. 12.03.10 n. 6091 e 19.11.10 n. 23484).

7.- Nel caso di specie, secondo quanto accertato dal giudice di merito e ribadito dal ricorrente stesso con il ricorso, il dipendente aveva fruito di un periodo di malattia dal giorno 12.04.00 al 20.08.00, di modo che la contestazione scritta dell'addebito (inviata dal datore il 13.04 e realizzatasi il 19.04.00 con il ricevimento

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dell'atto scritto) intervenne durante il periodo in cui il diritto di recesso del datore è sospeso, ai sensi dell'art. 2110 c.c., comma 2.

Sempre nel giudizio di merito è emerso che dopo il 20.08.00 il Comune di Viterbo in data 23.08.00 reiterò la "convocazione scritta per la difesa" prevista dall'art. 24 del ccnl (comma 3) già inviata il 26.04.00 in costanza del periodo di malattia.

Facendo applicazione dei principi enunziati al paragrafo che precede, deve dunque rilevarsi che la contestazione fu validamente effettuata nel corso del periodo di malattia, anche se - a seguito della sospensione di efficacia ex art. 2110 c.c. - divenne operante solo dal momento della guarigione. Tale considerazione comporta che il lasso di tempo intercorso tra la contestazione (rectius il momento di efficacia della contestazione) e la irrogazione del licenziamento, corrispondente alla durata massima del procedimento disciplinare scarnita dall'art. 24 del ccnl, deve essere fissato in misura pari al periodo 20.08.00-22.09.00, ovvero in termini largamente rientranti in quelli massimi indicati dal comma 6 della disposizione collettiva (in termini sostanzialmente analoghi v. Cass. 4.04.06 n. 7848).

Con queste precisazioni, deve ritenersi corretta la motivazione della sentenza non definitiva del giudice di appello e di conseguenza deve essere rigettato il primo motivo.

16 Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-05-2015, n. 9223

(….)

Con la seconda censura il ricorrente, denunciando vizio di motivazione e violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 in relazione all'art. 24 Cost. e agli artt. 1175, 1375 e 2967 c.c., rileva che la Corte del merito nel valutare erroneamente i certificati medici è incorsa nella violazione della L. n. 300 del 1970, denunciato art. 7 e non ha tenuto conto che incombeva sulla società dimostrare la correttezza del suo operato.

La censura è infondata.

Mette conto rilevare che la Corte del merito, nella sentenza impugnata, pone a base del proprio decisum, per quanto attiene la verifica del rispetto del procedimento disciplinare di cui alla L. n. 300 del 1970, denunciato art. 7, il rilievo fondante secondo il quale dall'esame della documentazione medica allegata dal lavoratore a giustificazione dei ripetuti richiesti rinvii della data fissata per l'audizione non emerge una prova univoca dell'impossibilità del lavoratore di presenziare alla disposta audizione, sicchè a fronte della ingiustificata reiterazione di richiesta di rinvii il datore di lavoro non può essere considerato inadempiente relativamente all'avvenuto rispetto della L. n. 300 del 1970, richiamato art. 7.

In ordine a siffatto iter argomentativo va, in primo luogo, osservato che l'accertamento di fatto, concernente la non giustificata reiterazione della richiesta di rinvio, in quanto sorretto da motivazione congrua e formalmente logica, è sottratto al sindacato di questo giudice di legittimità che non può procedere ad una rivisitazione del materiale istruttorio per pervenire a diverse conclusioni.

Ciò detto non rimane che sottolineare la correttezza giuridica del principio in base alla quale la Corte territoriale ritiene non inadempiente il datore di lavoro nella fattispecie in esame.

buesta Corte, infatti, ha sancito, come rimarcato anche nella sentenza impugnata, che ai sensi della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, comma 2, in caso di irrogazione di licenziamento disciplinare, il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, ad essere sentito oralmente dal datore di lavoro;

tuttavia, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto ad un differimento dell'incontro limitandosi ad addurre una mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare, poichè l'obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda ad un'esigenza difensiva non altrimenti tutelabile (Cass. 31 marzo 2011 n. 7493).

Nè può essere sottaciuto che secondo questo giudice di legittimità in tema di procedimento disciplinare a carico del lavoratore, ove quest'ultimo eserciti il proprio diritto di difesa chiedendo espressamente di essere sentito nei termini di legge, il datore di lavoro ha l'obbligo della sua audizione e l'accertamento che le modalità di convocazione del lavoratore non siano contrarie a buona fede o alla lealtà contrattuale è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile se congruamente motivata (Cass. 16 ottobre 2013 n. 23528). Con

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la terza critica il ricorrente, allegando vizi di motivazione e violazione dell'art. 54, comma 4, lett. h) del CCNL dell'11 luglio 2007, prospetta che la Corte del merito ha erroneamente ritenuto il fatto contestato non rientrante nella fattispecie ipotizzata dal richiamato contratto collettivo sanzionata con misura conservativa. La censura è infondata. Questo giudice di legittimità ha, difatti, affermato, e qui va ribadito, che, come sottolineato anche nella impugnata sentenza, in materia di licenziamenti disciplinari, deve escludersi che, ove un determinato comportamento del lavoratore, invocato dal datore di lavoro come giusta causa di licenziamento, sia contemplato dal contratto collettivo come integrante una specifica infrazione disciplinare cui corrisponda una sanzione conservativa, essa possa sformare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice, a meno che non accerti che le parti avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cass. 17 giugno 2011 n. 13353 e Cass. 15 febbraio 1996 n. 1173).

17 Cass. civ. Sez. lavoro, 11/07/2016, n. 14106 (rv. 640464)

Tipaldi Silvia c. Comune Marano di Napoli (….)

5. La Corte di appello ha richiamato l'orientamento interpretativo di questa Corte (Cass. n. 11608/2011 e S.U. 17827/2007) secondo cui la formale incolpazione non richiede una minuta, completa e particolareggiata esposizione delle modalità dei fatti che integrano l'illecito e l'indagine volta ad accertare la correlazione tra addebito contestato e decisione disciplinare non va fatta alla stregua di un confronto meramente formale, dovendosi piuttosto dare rilievo all'iter del procedimento e alla possibilità che l'incolpato abbia avuto di avere conoscenza dell'addebito e di discolparsi.

Poichè la convocazione è strumentale all'audizione a difesa, la Corte di appello ha ritenuto che nella specie la garanzie difensive fossero state già compiutamente esercitate a fronte di una contestazione, quella iniziale del 13 novembre 2009 (essendo la seconda, del 25 novembre 2009, meramente riproduttiva del contenuto della prima), sufficientemente circostanziata, tale cioè da consentire alla lavoratrice di comprendere appieno i fatti che le venivano ascritti. L'idoneità della originaria contestazione trovava riscontro nel fatto che la ricorrente aveva dimostrato di avere ben compreso gli addebiti, avendoli interamente ammessi, in modo circostanziato, attraverso le spontanee dichiarazioni rese sia dinanzi all'Autorità di P.S., sia con coeva missiva diretta al Sindaco del Comune di Marano. La Corte di appello ha così ritenuto che, nel caso specifico, non vi fosse stata alcuna violazione delle garanzie difensive nè in ordine ai requisiti formali della contestazione, nè in ordine all'adempimento della convocazione della dipendente. L'assunzione della piena responsabilità dell'accaduto, senza alcuna riserva, resa mediante un documento scritto (mai contestato in giudizio) costituiva una circostanza di fatto che consentiva di ritenere superfluo procedere ad una successiva audizione dell'interessata, che non l'aveva richiesta e che mai aveva contestato, neppure in sede giudiziale, il contenuto di tale dichiarazione. La sequenza dei fatti e il tenore della originaria contestazione aveva dunque consentito alla dipendente di comprendere appieno a quale vicenda si riferisse la contestazione disciplinare e di svolgere le proprie difese, avvenute in questo caso in forma spontanea, prima della formale convocazione.

6. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, introdotto dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 69, comma 1, applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis, al comma 2, richiamato dal comma 4, per quanto rileva nella presente sede, dispone che l'organo competente per il procedimento disciplinare "...contesta per iscritto l'addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa...".

7. Della sequenza procedimentale descritta dalla norma, tendente nel suo complesso a garantire la tempestività dell'esercizio dell'azione disciplinare e al contempo assicurare i diritti di difesa e di contraddittorio dell'incolpato, viene in rilievo in questa sede, in ragione delle questioni sottoposte con le sopra illustrate censure, segnatamente la parte che scandisce momenti e adempimenti della fase successiva alla contestazione per iscritto dell'addebito al dipendente. Sono previsti: la convocazione del lavoratore per il contraddittorio a sua difesa; la facoltà del lavoratore di farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato; l'osservanza del termine dilatorio di almeno dieci giorni tra la contestazione e la data fissata per la convocazione; la facoltà, per il dipendente, che non intenda presentarsi per il contraddittorio orale, di inviare, entro il termine fissato per la convocazione, una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa.

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7.1. Il primo e il terzo adempimento gravano sull'Amministrazione datrice di lavoro e sono funzionali a garantire la possibilità di una adeguata difesa al dipendente incolpato: la convocazione è funzionale all'audizione orale; il rispetto del termine dilatorio di dieci giorni tra la contestazione e la convocazione è evidentemente preordinata ad assicurare al lavoratore un termine ragionevole che gli consenta un'adeguata ponderazione in merito ai fatti contestati, in funzione dell'apprestamento delle sue difese. La seconda e la quarta previsione descrivono, invece, due facoltà del lavoratore incolpato: la possibilità di farsi assistere, nel caso in cui intenda presentarsi personalmente per la difesa orale, da un procuratore o da un rappresentante sindacale; la possibilità di rinunciare alla difesa orale e di inviare, prima della data fissata per la convocazione, una "memoria scritta", oppure di richiedere con "motivata istanza" un rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa.

7.2. E' pacifico che nel caso in esame la Pubblica Amministrazione abbia omesso il primo degli adempimenti prescritti, ossia la convocazione della T. per la sua audizione a difesa. Al riguardo, deve osservarsi che, a prescindere dalle evidenziabili responsabilità dell'organo titolare del procedimento per non avere adempiuto un suo preciso dovere inerente alle funzioni che era chiamato a svolgere in sede di procedimento disciplinare (aspetti tuttavia estranei alla presente indagine), nel caso in esame la lavoratrice - che nel frattempo era stata denunciata per i medesimi fatti all'Autorità giudiziaria - si è avvalsa, nei fatti, della seconda delle facoltà previste in suo favore dalla norma di legge, rinunciando alla difesa orale in favore di quella scritta. Ella ha così esercitato il suo diritto di difesa, avvalendosi della forma alternativa contemplata dall'art. 55-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2009, ed ha esercitato tale facoltà trascorso comunque un lasso di tempo congruo (dieci giorni) dalla contestazione dell'addebito, idoneo a garantirle una adeguata ponderazione dei propri interessi.