UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Sede Consorziata: Università degli Studi di Parma Dipartimento di Anatomia Umana, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi Sezione di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia DOTTORATO DI RICERCA IN FARMACOLOGIA E TOSSICOLOGIA, TERAPIA RIANIMATIVA E INTENSIVA CICLO XX° CITOTOSSICITA’ E GENOTOSSICITA’ IN LINEE CELLULARI UMANE DI NUOVI COMPOSTI ANTI-PROTOZOARI E ANTI-CANCEROGENI Coordinatore : Ch.mo Prof. Rosa Maria Gaion Supervisore :Ch.mo Prof. Enzo Poli Dottoranda : Claudia Pellacani DATA CONSEGNA TESI 31 gennaio 2008
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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI
PADOVA
Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova
Sede Consorziata: Università degli Studi di Parma
Dipartimento di Anatomia Umana, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi
Sezione di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia
DOTTORATO DI RICERCA
IN FARMACOLOGIA E TOSSICOLOGIA, TERAPIA RIANIMATIVA E INTENSIVA
CICLO XX°
CITOTOSSICITA’ E GENOTOSSICITA’
IN LINEE CELLULARI UMANE DI NUOVI COMPOSTI
ANTI-PROTOZOARI E ANTI-CANCEROGENI
Coordinatore : Ch.mo Prof. Rosa Maria Gaion
Supervisore :Ch.mo Prof. Enzo Poli
Dottoranda : Claudia Pellacani
DATA CONSEGNA TESI 31 gennaio 2008
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INDICE
SUMMARY RIASSUNTO INTRODUZIONE
Pag. 3 Pag. 5 Pag. 7
VALUTAZIONE DI FARMACI ANTINEOPLASTICI DI NUOVA SINTESI INTRODUZIONE RISULTATI DISCUSSIONE CONCLUSIONI
Pag. 10 Pag. 23 Pag. 34 Pag. 39
VALUTAZIONE DI FARMACI ANTIPROTOZOARI DI NUOVA SINTESI INTRODUZIONE GRUPPO A: Megazol e derivati RISULTATI DISCUSSIONE E CONCLUSIONI GRUPPO B: Composti WSP RISULTATI DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Photobacterium sp. e S.aureus (Bindu et al., 1999). E’ stata studiata anche le attività
antimicobatteriche di una serie di tiosemicarbazoni N4-sostituiti con 2-acetilpiridina
(Collins et al., 1982).
I complessi metallici del tiosemicarbazone della p-anisaldeide sono stati studiati anche
per l’attività antifungina su Alternarai sp., Paecilomyces sp. e Pestalotia sp. In molti
casi i complessi sono molto più attivi dei leganti liberi (Thimmaiah et al., 1984).
Attività antitumorale
Nel 1956 Brockman (Brockman et al.,1956) dimostrò l’effetto antileucemico di 2-
formilpiridina tiosemicarbazone (PT) che però in seguito si rivelò essere anche tossico
quando accumulato all’interno dell’organismo.
Nel 1963 French e collaboratori (French e Blanz, 1965) formulano l’ipotesi sul
meccanismo d’azione dei tiosemicarbazoni (N) –eterociclici, supponendo che queste
molecole agiscano come leganti tridentati e ipotizzano che si possa migliorarne l’attività
e diminuirne la tossicità modificando il sistema ciclico, mantenendo il disegno del
ligando.
La densità elettronica, i sostituenti e la geometria possono avere un effetto critico
sull’attività di tali molecole.
Una serie di tiosemicarbazoni è stata studiata su tumori trapiantati in roditori. Il
tiosemicarbazone della pirazina carbossialdeide risulta maggiormente attivo sulle cellule
L-1210 della molecola di riferimento PT, attivo sul carcinoma polmonare di Lewis ma
inefficace sul carcinoma di Ehrlich. Tra le molecole saggiate, il tiosemicarbazone della
1-formilisochinolina (IQ-1) risulta la molecola maggiormente attiva della serie indagata
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ed inoltre la meno tossica. In tutti i composti attivi è presente il sistema chelante
tridentato N-N-S. L’attività antineoplastica viene osservata quando il gruppo
carbonilico legato alla catena laterale è collocato in posizione rispetto all’atomo di
azoto dell’anello (French e Blanz, 1966).
Quando le molecole PT e IQ-1 vengono utilizzate nel trattamento di diverse linee
cellulari si osserva un’inibizione dell’incorporazione di 3H-timidina nel DNA. E’ stato
ipotizzato che il passaggio compromesso nella biosintesi del DNA sia la conversione da
ribonucleotide a deossiribonucleotide catalizzata dall’enzima ribonucleotide difosfato
reduttasi (RDR) (Sartorelli et al., 1971).
Le ribonucleotide reduttasi contenenti Fe riducono i ribonucleosidi di fosfato nei
corrispondenti deossiribonucleosidi difosfati:
NDP dNDP
La ribonucleotide reduttasi di E.coli (Fig.2) è costituita da due copie di due diverse
subunità, R1 (un dimero con massa di 172 Kd) e R2 (un dimero con una massa di 87
Kd), che insieme formano il sito attivo dell’enzima. Ciascuna subunità R1 contiene sia
Fig.2- Reazione catalizzata dalla ribonucleotide reduttasi e modello schematico dell’enzima di fase I di E.coli (Eklund et al, 2001)
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una coppia sulfidrilica, attiva in senso riducente, sia due siti di legame con l’effettore
indipendenti, che controllano sia l’attività catalitica dell’enzima che la sua specificità
per il substrato. Gli ioni Fe(III) delle subunità R2 formano un gruppo Fe3+-O- Fe3+ che
interagisce con Tyr 122 su una delle subunità R2 formando un insolito radicale tirosilico
libero. L’enzima dimerico quindi ha solo un sito cataliticamente attivo.
La ribonucleotide reduttasi di E.coli è inibita dall’idrossiurea, che distrugge
specificamente il radicale tirosile, e dalla 8-idrossichinolina che chela gli ioni Fe3+.
Poiché le ribonucleotidi reduttasi dei mammiferi hanno caratteristiche simili all’enzima
di E.coli, l’idrossiurea è stata introdotta in clinica come agente antitumorale.
Se la ribonucleotide reduttasi viene incubata con [3’-3H]UDP, una frazione piccola di 3H viene liberata come 3H2O. Questa osservazione assieme a misurazioni della cinetica
hanno suggerito il seguente meccanismo catalitico per la RDR di E.coli:
1) il radicale libero della RDR sottrae un atomo di H dal C(3’) del substrato nel
passaggio che determina la velocità della reazione;
2) il taglio del legame C(2’)-OH catalizzato da acido libera H2O generando un
intermedio radicale cationico. Il radicale media la stabilizzazione del catione C(2’)
mediante la coppia di elettroni non condivisi del gruppo 3’-OH, rendendo conto quindi
del ruolo catalitico del radicale;
3) l’intermedio radicale cationico viene ridotto dalla coppia sulfidrilica, attiva in senso
riducente, dell’enzima con produzione di un radicale 3’ deossinucleotide e un gruppo
disolfuro proteico;
4) il radicale 3’deossinucleotide risottrae un atomo di H della proteina generando il
prodotto deossinucleoside trifosfato e riportando l’enzima al suo stato radicale. Una
piccola frazione degli atomi H originariamente sottratti si scambia con il solvente prima
di poter essere sostituita, rendendo così conto del rilascio di 3H in seguito a riduzione di
[3’-3H]UDP (Voet e Voet, 1993).
IQ-1 è ritenuto un composto modello della classe dei tiosemicarbazoni (N)-eterociclici
e un inibitore veramente potente della biosintesi del DNA. E’ stato dimostrato che IQ-1
è capace di diminuire la quantità intracellulare di deossiribonucleotidi e che il passaggio
limitante è il blocco dell’attività di RDR. Visto che IQ-1 è un chelante del ferro,
potrebbe essere supposto che la sostanza inibisca l’enzima legando il ferro richiesto per
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l’attività catalitica. Tuttavia, è stato dimostrato che il legame tra ferro libero ed IQ-1 non
è responsabile dell’inibizione e che il ferro libero non può prevenire l’inibizione
derivante dalla competizione con l’enzima da parte dell’inibitore. E’ stato confermato
da altri studi sull’inibizione della RDR che la forma attiva di IQ-1 è un complesso con il
ferro (II). Il complesso [Fe(IQ-1)2] ha come bersaglio il radicale tirosilico della subunità
M2 della RDR ed inibisce l’enzima attraverso la distruzione del radicale da parte del
tiosemicarbazone. E’ stato dimostrato che IQ-1 causa la frammentazione del DNA nel
sarcoma 180 e questo effetto risulta particolarmente importante per la vitalità cellulare,
già aggravata dall’inibizione di RDR (Moore e Santorelli, 1984).
La citotossicità di complessi di rame e ferro con il 2-formilpiridinatiosemicarbazone 5
sostituito è stata studiata in cellule del tumore di Ehrlich. I complessi di ferro con il
tiosemicabazone sostituito in posizione 5 con - CH3 e -Cl possono prevenire la crescita
del tumore. Mentre i complessi di rame con -H e -CH3 nella stessa posizione
impediscono il trapianto di cellule tumorali.
I complessi di ferro e rame di tiosemicarbazoni (N) –eterociclici sono efficienti
inibitori della sintesi del DNA a concentrazioni più basse di quelle necessarie all’azione
citotossica. Nel 2001 Garcia-Toja et al. pubblicarono un articolo inerente il
comportamento redox e le interazioni di [Cu(l)2] (l=tiosemicarbazone della tiofene-2-
carbaldeide), di [Fe(L)2]NO30.5H2O e di [Fe(L)(NO3)] (L=PT) con il glutatione ridotto
e 2-mercaptoetanolo, insieme alla loro citotossicità e attività antitumorale. In questo
articolo veniva ipotizzato che la citotossicità di questi complessi verso le cellule
eritroleucemiche Friend e verso le cellule di melanoma B16F10 fosse correlata
all’interazione con i tioli cellulari. Si sono studiate le relazioni struttura-attività per
delineare gli aspetti strutturali necessari per l’ interazione ottimale tra l’enzima e
l’inibitore. Un anello fenilico idrofobico è stato introdotto in varie posizioni della
molecola PT per migliorare l’affinità per il suo enzima bersaglio. Sono stati saggiati gli
effetti di queste nuove molecole sull’attività della RDR di tumore Novikoff di topo
(Agrawal et al., 1974). Il tiosemicarbazone della 2-formil-4-(m-amino)fenilpiridina
possiede la combinazione strutturale ottimale ed è il più attivo dei m-aminofenili
derivati come inibitore sia dello sviluppo tumorale sia della RDR.
Tiosemicarbazoni eterociclici, resistenti a O-glucuronazione, sono stati sintetizzati e
valutati per la loro attività antineoplastica. Tra questi, il tiosemicarbazone della 3- e
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della 5-aminopiridina-2-carbossialdeide mostra attività antitumorale significativa in topi
portatori della leucemia L1210 (Liu et al., 1992).
L’unico inibitore della RDR attualmente usato in medicina è l’idrossiurea che però è un
debole agente antitumorale. Il tiosemicarbazone della 3-aminopiridin-2-carbossialdeide
(3-AP, triapina) è un potente inibitore delle cellule leucemiche L1210 in vitro, riesce a
curare i topi portatori di leucemia 1210, inibisce RDR e risulta attivo anche in cellule
resistenti all’idrossiurea. La triapina inibisce la crescita nei topi del carcinoma
polmonare M109 e del carcinoma ovarico A2780 trapiantato in essi. La combinazione
di triapina con agenti citotossici come il cisplatino e la doxorubicina causa un effetto
inibitore sinergico nelle cellule L1210 di topo perché la triapina previene la riparazione
del DNA danneggiato dagli agenti citotossici (Finch et al., 2000). Tale molecola è stata
valutata mediante studi di fase I condotti in pazienti con cancro in fase avanzata per
determinarne la sicurezza , la farmacocinetica e la massima dose tollerata (Murren et al.,
2003). Attualmente la triapina è inserita in studi di fase II quale farmaco chemoterapico
(Knox et al.,2007).
Recenti studi hanno chiarito alcune differenze tra il meccanismo d’azione
dell’idrossiurea e della triapina. L’idrossiurea inattiva l’enzima RDR reagendo
direttamente con il radicale tirosilico (Tsimberidou et al., 2002). La triapina è un
inibitore più potente e risulta attiva anche su cellule resistenti all’attività
dell’idrossiurea; il meccanismo suggerito prevede che l’effetto farmacologico in vivo sia
dovuto alla generazione di specie radicaliche dell’ossigeno (ROS) (Shao et al., 2006).
L’attività antitumorale dei bis tiosemicarbazoni è stata studiata dopo la scoperta della
forte attività antineoplastica del bis tiosemicarbazone 3-etossi-2-ossobutiraldeide in
tumori solidi di animali, per l’attività del quale è assolutamente necessario il Cu(II).
Infatti il suo complesso di rame è un potente agente antitumorale (Petering et al.,1964).
I complessi di Cu(II) e del tiosemicarbazone del 5-formiluracile sono stati testati sulle
linee cellulari leucemiche umane K562 e CEM. Anche i complessi che derivano dalle
aldeidi naturali come il citrale, il citronellale, l’ottonale e l’ottenale e i loro complessi di
Cu(II) e Ni(II) sono stati saggiati per l’inibizione della proliferazione cellulare e per
l’induzione in vitro dell’apoptosi nella linea cellulare umana U937. Un complesso con
Cu(II) di un tiosemicarbazone con acido -chetoglutarico è stato studiato per la
proliferazione cellulare, il differenziamento eritroide, la sintesi del DNA e l’attività di
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reversotrascrittasi su cellule leucemiche Friend (FC); è stata valutata anche la
proliferazione cellulare e l’induzione dell’apoptosi nelle linee leucemiche cellulari
umane K562 e U937. I complessi di Cu(II) mostrano inibizione della proliferazione
attraverso un meccanismo di apoptosi (Belicchi Ferrari et al., 2002). D’altra parte i
tiosemicarbazoni p-fluorobenzaldeide derivati, come i complessi di Ni(II) di simili
composti, mostrano una marcata attività inibitoria sulla crescita delle cellule U937 che
non coinvolge meccanismi apoptotici (Belicchi Ferrari et al., 2000). I complessi di
Zn(II) e di Cd(II) con il tiosemicarbazone del piridilchetone e il complesso di Zn(II) con
tiosemicarbazone della p-isopropilbenzaldeide mostrano un valore di IC50 simile al
cisplatino. L’ultimo di questi ha una specifica attività citotossica contro le cellule Pam-
ras resistenti al cisplatino (Perez et al,. 1999).
Sviluppo di potenziali farmaci a base metallica
In questi ultimi anni la letteratura scientifica si è via via arricchita di articoli riguardanti
la preparazione e la caratterizzazione spettroscopica e strutturale di nuovi composti di
coordinazione con leganti organici appartenenti alla classe dei tiosemicarbazoni.
Nonostante l’estremo interesse che questa classe di composti ha suscitato in campo
biomedico, le conoscenze sulla possibile correlazione esistente tra attività biologica e
struttura cristallina di queste molecole organiche e dei relativi complessi metallici sono
ancora scarse.
Vista l’importanza di tali molecole, nuovi complessi tiosemicarbazonici stanno già
seguendo l’iter della sperimentazione e alcuni di loro, come ad esempio la triapina, si
trovano in fase II.
All’interno di questa area di ricerca, i Dipartimenti di Genetica, Biologia dei
microrganismi, Antropologia, Evoluzione; di Chimica Generale ed Inorganica e di
Clinica Medica, Nefrologia e Scienze della Prevenzione dell’Università di Parma
collaborano alla produzione di nuove molecole a base metallica sintetizzando e
caratterizzando nuovi leganti polifunzionali e loro complessi con metalli della prima
serie di transizione non cisplatino simili ad attività antitumorale, valutandone l’attività
biologica in vitro su linee cellulari murine e umane. L’interesse in questo ambito di
ricerca è rivolto soprattutto all’impiego dei tiosemicarbazoni in farmacologia.
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In particolare, all’interno di un programma di ricerca PRIN finanziato dal Ministero
dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, dal titolo “Controllo della proliferazione,
della motilità e dell’invasione tumorale: sviluppo farmacologico di nuovi antitumorali a
base metallica” sono stati sintetizzati e valutati due nuovi composti tiosemicarbazonici
selezionati a seguito di una preliminare valutazione della loro attività biologica:
[{Cu(HL)(OH)2}2]Cl2 (H2L=tiosemicarbazone piridossale) successivamente
indicato con dimero di Cu.
[Ni(tcitr) 2] (Htcitr=tiosemicarbazone del R-S-(+)-citronellale) successivamente
indicato con complesso di Ni
Nel complesso [{Cu(HL)(OH)2}2]Cl2 l’atomo di rame coordina, in un intorno planare
quadrato distorto, l’ossigeno di una molecola d’acqua, l’atomo di solfo, l’atomo di azoto
della catena idrazinica e l’ossigeno fenolico del gruppo piridossale. Una lunga
interazione [3,066(2) Å] fra il rame e l’atomo di solfo appartenente ad un’altra molecola
centrosimmetricamente correlata completa la coordinazione a bipiramide quadrata
allungata, tetraedricamente distorta, e dà luogo ad una struttura dimerica. La struttura
molecolare del complesso consiste di cationi dimerici centrosimmetrici ed anioni Cl-
(Fig.3).
In studi precedenti (Belicchi Ferrari et al., 2004) il composto ha mostrato effetti
citotossici a concentrazioni micromolari già dopo 24 ore di esposizione su differenti
linee cellulari (valutazione effettuata grazie al test MTT). Inoltre studi sul ciclo cellulare
hanno mostrato che in seguito alle 72 ore di esposizione si osserva un’aumento delle
celule in fase G2/M e un decremento di quelle in G1.
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Fig.3 – Veduta ORTEP di [{Cu(HL)(OH)2}2]Cl2
Il tiosemicarbazone del citronellale (Htcitr), un derivato di un’aldeide naturale, forma
con il nichelio un complesso planare quadrato tetraedricamente distorto in cui le due
molecole indipendenti di legante SN bidentato, sono deprotonate sull’atomo di azoto
idrazinico (Fig.4).
Questa molecola è in grado di alterare la proliferazione cellulare: la concentrazione a
cui si osserva il 50% di inibizione della proliferazione (IC50) è nell’ordine di 10-6M.
Appare evidente che le prime analisi tossicologiche condotte su questa molecola la
rendono un buon candidato per l’analisi di un suo possibile impiego quale antitumorale.
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Fig.4 – Veduta ORTEP di [Ni(tcitr) 2]
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RISULTATI Dimero di Cu
Citotossicità a breve termine
U937: Le cellule U937 sono state trattate con differenti dosi del composto: 1.25; 2.50;
5.00; 10.00; 20.00; 50.00 e 100.00 M per 1h. Per tutte le dosi saggiate non si osserva
comparsa di mortalità, rilevata mediante colorazione con tripan blue (Tab.1). E’ da
notare che la dose 100M definisce anche il valore soglia (0.5%) raggiungibile per la
concentrazione del solvente impiegato (DMSO); al di sopra di tale concentrazione i dati
potrebbero venir influenzati da effetti tossici prodotti dal DMSO stesso.
Un altro parametro che permette l’individuazione di effetti tossici precoci a livello
cellulare è la percentuale di cellule ghost rilevate nel Comet test (GC) (Tab.1). A questo
riguardo, si osserva un aumento significativo di cellule con morfologia
apoptotico/necrotica (GC) a partire dalla concentrazione 50M (p<0.05).
Tab.1 – Dimero di Cu: percentuale di cellule ghost e di cellule sopravviventi (sop) in cellule U937. Vengono riportati
i valori medi ± deviazione standard.
DOSI (M) SOP (%) GHOST (%)
0.00# 95.50 ± 2.78 3.25 ± 1.58
1.25 97.50 ± 0.71 1.50 ± 0.71
2.50 95.00 ± 0.00 1.00 ± 1.41
5.00 99.00 ± 1.41 1.50 ± 0.71
10.00 96.75 ± 1.32 3.25 ± 1.06
20.00 98.00± 1.71 4.50 ± 0.71
50.00 98.00 ± 0.00 6.00 ± 2.83*
100.00 98.50 ± 0.71 23.00 ± 1.41***
#DMSO 0.5% *p<0.05; **p<0.01; ***p<0.001
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Leucociti: Le dosi saggiate (1.25; 2.50; 5.00; 10.00; 20.00 M) per un 1 ora di
trattamento appaiono indurre una lieve diminuzione della vitalità rilevata attraverso il
metodo Hoechst/bromuro di etidio (Tab.2). I dati mostrano inoltre un incremento della
percentuale di GC dalla dose 10M (p<0.05) (Tab.2).
Tab.2 – Dimero di Cu: percentuale di cellule ghost e di cellule sopravviventi (sop) in leucociti umani.
Vengono riportati i valori medi ± deviazione standard.
DOSI (M) SOP (%) GHOST (%)
0.00# 93.50 ± 2.65 5.25 ± 2.06
1.25 89.75 ± 2.47 1.50 ± 0.71
2.50 87.50 ± 9.19 3.00 ± 1.41
5.00 88.00 ± 7.07 5.50 ± 2.12
10.00 87.88 ± 1.24 8.75 ± 0.35*
20.00 87.00 ± 2.83 14.50 ± 3.54***
#DMSO 5% *p<0.05; **p<0.01; ***p<0.001
Apoptosi
Valutando il fenomeno apoptotico, mediante l’utilizzo di una tecnica citofluorimetrica
(colorazione con Annexin V e ioduro di propidio-PI) su cellule U937, è stato possibile
osservare che il dimero di Cu induce un aumento della percentuale di cellule in apoptosi
precoce dopo 8 ore di trattamento ad una concentrazione 13.35 M (Fig.5).
Questa attività si osserva fino alle 24 ore quando, in parallelo, si evidenzia un aumento
delle cellule in apoptosi tardiva e una drammatica diminuzione di vitalità cellulare.
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Fig.5 – Apoptosi indotta in cellule U937 dopo il trattamento con Dimero di Cu. Le cellule sono state
incubate per 4-8-12-24 h con il dimero, marcate con Annexin V-FITC e Ioduro di Propidio e poi sono
state analizzate attraverso citometria a flusso. I numeri all’interno dei quadranti si riferiscono alla
percentuale di cellule in apoptosi precoce(quadrante in basso a destra, Annexin-V FITC+/PI-) e in
apoptosi tardiva o morte(quadrante in alto a destra, Annexin-V FITC+/ PI+).
Caspasi-3
Il complesso non sembra attivare la caspasi-3 sulla linea cellulare U937 dopo
trattamento (24h) con il dimero di Cu.
Genotossicità U937: L’analisi della migrazione del DNA, dopo trattamento con diverse concentrazioni
del complesso in esame, ha mostrato un significativo aumento di danno alla
concentrazione 100M, sia che si valutasse la lunghezza di migrazione (TL) che la
percentuale di fluorescenza della coda (TI) (Tab.3). L’analisi visuale (SCORE) ha
mostrato una maggiore sensibilità, individuando la comparsa di cellule danneggiate già
alla concentrazione di 20M (p<0.05) (Tab.3).
24h 24h 12h 8h
4h
24h 12h
24h 12h8h
8h 4h
con
tro
llo
4h
24h 12h
24h 12h8h
8h 4h
tratt
ato
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Tab.3 – Dimero di Cu: mediane della lunghezza di migrazione (TL), intensità di fluorescenza (TI) della coda e analisi
visuale dell’immagine (score) in cellule U937. Vengono riportati i valori medi ± deviazione standard.
DOSI (M) TL(m) TI (%) SCORE
0.00# 26.36 ± 4.83 1.54 ± 0.82 155 ± 14
1.25 26.30 ± 3.74 1.16 ± 0.22 134 ± 2
2.50 31.66 ± 0.49 1.70 ± 0.34 150 ± 4
5.00 25.57 ± 5.12 1.14 ± 0.06 145 ± 9
10.00 25.65 ± 0.69 1.32 ± 0.07 153 ± 1
20.00 35.15 ± 1.55 4.37 ± 1.64 178 ± 0*
50.00 39.94 ± 2.76 3.83 ± 1.66 200 ± 12***
100.00 46.19 ± 9.18*** 9.77 ± 4.16*** 226 ± 0***
#DMSO 0. 5% *p<0.05; **p<0.01; ***p<0.001
Leucociti: Alla concentrazione 20M si osserva un aumento significativo della
migrazione del DNA (p<0.001) rilevata attraverso la misurazione della lunghezza della
coda TL (Tab.4).Tale osservazione è confermata dall’analisi visuale che rivela una
significativa presenza di cellule danneggiate alla stessa concentrazione (p<0.001)
(Tab.4).
Tab.4 – Dimero di Cu: mediane della lunghezza di migrazione (TL), intensità di fluorescenza (TI) della coda e analisi
visuale dell’immagine (score) in leucociti umani. Vengono riportati i valori medi ± deviazione standard.
DOSI (M) TL(m) TI (%) SCORE
0.00# 16.64 ± 1.82 0.68 ± 1.82 120 ± 9
1.25 20.70 ± 0.41 0.86 ± 0.41 123 ± 7
2.50 18.34 ± 0.65 0.41 ± 0.65 115 ± 3
5.00 18.43 ± 0.25 0.89 ± 0.25 113 ± 9
10.00 19.12 ± 2.14 1.06 ± 2.69 127 ± 6
20.00 24.72 ± 2.51*** 1.14 ± 2.51 143 ± 1***
#DMSO 5% *p<0.05; **p<0.01; ***p<0.001
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Dalla comparazione degli effetti rilevati sui diversi tipi cellulari si possono osservare
comportamenti comparabili sebbene a concentrazioni differenti.
Alle concentrazioni saggiate non si osserva diminuzione della vitalità cellulare dopo
trattamento. La comparsa di cellule con morfologia apoptotico/necrotica (GC) nel
Comet Assay è evidente per ambedue i tipi cellulari, sebbene i leucociti sembrino
maggiormente sensibili a questo effetto citotossico.
Un aumento della migrazione del DNA è evidenziabile sia nei leucociti che nelle cellule
U937. Per quanto riguarda le cellule U937, in assenza di diminuzione di vitalità
cellulare, tutti i parametri descrittivi la migrazione del DNA indicano un chiaro aumento
di danno alla dose 100M (p<0.001). Anche in questo caso i leucociti si mostrano più
sensibili, l’effetto di danno al DNA è infatti rilevabile alla concentrazione di 20M
(p<0.001).
Complesso di Ni Citotossicità a breve termine
U937: Le concentrazione da saggiare per determinare la tossicità/genotossicità del
complesso dopo trattamento breve (1h) sono state individuate facendo riferimento al
valore di inibizione della proliferazione a 96h (IC50= 4.9M), determinato dal
Dipartimento di Clinica Medica Nefrologia e Scienze della prevenzione. Le cellule
U937 sono state trattate con le seguenti concentrazioni di molecola: 2.50; 5.00; 10.00
M.
Per tutte le dosi saggiate non si osserva ne comparsa di mortalità ne aumento della
percentuale di cellule ghost (GC) rilevate nel Comet test (Tab.5).
28
Tab.5 – Complesso di Ni: percentuale di cellule ghost e di cellule sopravviventi (sop) in cellule U937. Vengono
Leucociti: Il complesso di Ni è stato saggiato su leucociti umani alle dosi di 10; 15;
100; 200; 400; 800 M. E’ possibile osservare una forte diminuzione della vitalità alle
concentrazioni > 100 M (Tab.6).
La comparsa di cellule apoptotico/necrotiche nel Comet test è apprezzabile a partire
dalla concentrazione 200M (Tab.6).
Tab.6 – Dimero di Cu: percentuale di cellule ghost e di cellule sopravviventi (sop) in leucociti umani.
Vengono riportati i valori medi ± deviazione standard.
DOSI (M) SOP (%) GHOST (%)
0.00# 93.50 ± 2.38 4.75 ± 2.22
10.00 99.00 ± 1.41 3.88 ± 2..30
15.00 95.00 ± 2.83 3.93 ± 2.72
100.00 62.50 ± 2.12 8.00 ± 2.83
200.00 53.50 ± 4.95 13.50 ± 2.12
400.00 52.50 ± 4.95 18.00 ± 5.66
800.00 14.50 ± 0.71 22.50 ± 2.12***
#DMSO 5% *p<0.05; **p<0.01; ***p<0.001
29
Apoptosi
Per evidenziare la possibile induzione di morte cellulare programmata da parte del
complesso di Ni su linea cellulare tumorale umana U937 è stata utilizzata la medesima
tecnica di citometria a flusso impiegata per la valutazione del dimero di Cu.
L’incubazione (4-8-12-24 ore) delle cellule con il complesso di Ni ad una
concentrazione di 14.66 M provoca già dopo 4 ore un aumento significativo delle
cellule in apoptosi precoce rilevabile anche nelle 8 ore successive. In seguito si osserva
una diminuzione delle cellule in apoptosi precoce a cui corrisponde un aumento della
percentuale di cellule in apoptosi tardiva e una diminuzione della percentuale di cellule
vitali (Fig.6).
Fig.6 – Apoptosi indotta in cellule U937 dopo il trattamento con Complesso di Ni. Le cellule sono state
incubate per 4-8-12-24 h con il complesso, marcate con Annexin V-FITC e Ioduro di Propidio e poi sono
state analizzate attraverso citometria a flusso. I numeri all’interno dei quadranti si riferiscono alla
percentuale di cellule in apoptosi precoce(quadrante in basso a destra, Annexin-V FITC+/PI-) e in
apoptosi tardiva o morte(quadrante in alto a destra, Annexin-V FITC+/ PI+).
4h
4h 8h
8h
12h
12h 24h
24h
con
troll
otr
att
ato
4h
4h 8h
8h
12h
12h 24h
24h
con
troll
otr
att
ato
30
Caspasi-3
La caspasi–3 è attivata già dopo le prime ore di trattamento con il complesso del Ni: il
meccanismo apoptotico in questo caso si può ritenere caspasi dipendente (Fig.7).
Fig.7 – Attività ella Caspasi-3 indotta dal trattamento con il complesso di Ni in cellule U937. Le cellule
sono state incubate per 2-4-6-8-12 h con il complesso e poi saggiate attraverso un test di citometria a
flusso. Il numero in rosso si riferisce alla percentuale di cellule positive per la presenza dell’attività della
caspasi-3.
Ciclo cellulare
Questo complesso altera il ciclo cellulare, causando la scomparsa del picco G1, tale
evento probabilmente deriva da un blocco in fase G2/M (Fig.8) .
con
trollo
tra
ttato
con
trollo
tra
ttato
con
trollo
tra
ttato
31
Fig.8– Effetto del complesso di Ni sulla distribuzione del ciclo cellulare di cellule U937. Le cellule sono
state incubate per 2-4-6-8-12 h con il complesso e poi saggiate attraverso un test di citometria a flusso
Genotossicità
U937:L’analisi della migrazione del DNA dopo trattamento con il composto ha
mostrato un significativo aumento di danno alla concentrazione 5M, valutando la
lunghezza di migrazione della coda della cometa. Tutti i parametri derivanti dall’analisi
dell’immagine (TL, TI e score visivo) risultano fortemente significativi (p>0.001)
rispetto a quelli del controllo per le cellule trattate alla concentrazione 10M (Tab.7). Tab.7 – Complesso di Ni: mediane della lunghezza di migrazione (TL), intensità di fluorescenza (TI) della coda e
analisi visuale dell’immagine (score) in cellule U937. Vengono riportati i valori medi ± deviazione standard
(2ArNO2•ˉ + 2H+ ArNO2 + ArNO + H2O) più rapidamente nel gruppo 5-
nitroimidazolico di megazol che non nel nitrofurano nifurtimox, mentre il gruppo 2-
nitroimidazolico mostrava una cinetica di dismutazione intermedia. Potrebbe perciò
esserci una relazione tra l’attività biologica di megazol e la formazione del derivato
nitroso, legata alla cinetica di dismutazione.
59
Considerando che i 5-nitroimidazoli sono poveri induttori del ciclo redox dell’ossigeno
e che il loro effetto inibitorio sulla respirazione è tempo-dipendente, questi autori hanno
ipotizzato che la loro azione sia mediata da metaboliti elettrofili, legati alla più veloce
dismutazione e formati mediante il trasferimento di un secondo elettrone all’anione
radicalico primario.
Il diverso meccanismo d’azione di nitroimidazoli (megazol) e nitrofurani (nifurtimox) è
stato messo in evidenza anche da Enanga e coll. (2003) i quali, mentre verificarono
l’effetto antagonista di NAC contro nifurtimox, non osservarono lo stesso effetto contro
megazol. Gli Autori proposero che l’attività del nitrofurano fosse mediata da specie
ridotte dell’ossigeno, mentre l’attività di megazol dipendesse dal danno diretto indotto
dai derivati del nitroanione radicalico prodotti dalla riduzione del composto.
Variazioni anche piccole della struttura molecolare di nitroimidazoli e nitrofurani
possono comportare effetti molto differenti. Comparando i dati relativi alla
biodisponibilità (Maya et al., 2003), due composti molto simili, megazol e 1-metil-2-(5-
ammino-1,3,4-ossadiazolil)-5-nitroimidazolo, evidenziano una differenza sostanziale
nella capacità di attraversare le membrane cellulari, che è quasi nulla per il secondo. I
due composti mostrano peraltro proprietà simili rispetto alla capacità di produrre la
forma nitroso per dismutazione e addirittura il composto 1 è più efficiente di megazol
come scavenger di tioli cellulari. Per contro, megazol è almeno 10 volte più efficiente
nell’inibire la crescita cellulare. La sola differenza strutturale tra i due composti è la
sostituzione di un atomo d’ossigeno nel composto 1 con uno zolfo in megazol.
L’importanza della struttura chimica del composto in relazione ai possibili effetti
biologici è stata messa in evidenza anche da Bouteille e coll. (1995). Tali Autori
confrontarono l’attività di megazol con quella di tre suoi derivati, in cui l’idrogeno in
posizione 4 dell’anello imidazolico veniva sostituito con -Br, -CH3 e -CF3
rispettivamente, e con quella di due intermedi nella sua sintesi, imidazolo sulfossido
(GC 2221) e imidazolo sulfone (GC 2222) (Fig.14).
60
Fu dimostrato che la sostituzione dell’idrogeno nella posizione 4 dell’anello imidazolico
con bromo, metile o trifluorometile causava la perdita dell’attività antiparassitaria di
megazol sia in vitro che in vivo. Anche i due intermedi della sua sintesi non risultavano
attivi.
Ulteriori informazioni sulla relazione effetto/struttura vengono da Chauvière e coll.
(2003) che hanno sintetizzato numerosi analoghi di megazol e ne hanno valutato
l’attività biologica. Le variazioni strutturali introdotte comprendevano: sostituzioni sui
due anelli del nucleo di base, rimpiazzo del tiodiazolo con un ossidiazolo, sostituzione
della parte nitroimidazolica con un nitrofurano o un nitrotiofene, il tutto con lo scopo di
identificare i bersagli e studiare i modi di azione. Le sostituzioni sugli atomi di azoto
esociclici, inoltre, permettevano di comprendere meglio l’uptake del composto nel
parassita mediante trasportatori di glucosio o di purine, per i quali erano stati appunto
sintetizzati glucoconiugati e altre strutture modificate. Megazol risultò essere più attivo
verso i parassiti di qualsiasi derivato considerato. Ciò sembra essenzialmente legato al
nitrogruppo nella posizione 5, poichè l’isomero con il nitrogruppo in 4 era totalmente
inattivo verso i parassiti. Questo comportamento era già stato rilevato per altri
nitroimidazoli quando sostituiti in 4 sull’anello imidazolico.
Anche i composti 5-nitro con diversi sostituenti di -H in posizione 4 si dimostravano
non attivi (Chauvière et al., 2003). Una possibile ipotesi è che l’enzima nitroreduttasi
del parassita, peraltro non ancora identificata, sia sensibile a qualunque cambiamento
strutturale, poichè la sostituzione in 4 sopprime qualsiasi attività del composto. In
alternativa, si può supporre che la differenza dell’efficacia biologica del derivato 4-
sostituito possa essere legata al cambiamento della struttura spaziale del composto che
non sarebbe più planare a causa delle interazioni steriche tra il sostituente in posizione 4
e il nitrogruppo. 5-megazol ha una struttura planare e questo potrebbe essere un
Fig. 14 Megazol e i suoi 3 analoghi presentano tutti la sostituzione R1 = -C2H2N3S mentre R2 = -H, -Br, -CH3 e -CF3 per i quattro composti rispettivamente. GC 2221: R1= -SOCH3; R2= -H. GC 2222: R1= -SO2CH3; R2= -H. [da Bouteille et al., 1995].
61
requisito per la delocalizzazione e di conseguenza l’ottimizzazione della vita media del
nitro-anione radicalico.
Chauvière e coll. (2003) hanno riportato una diminuzione dell’attività anche per
sostituzioni nella struttura di riferimento quando i cambiamenti erano a carico
dell’anello tiodiazolico. La sostituzione dello zolfo con l’ossigeno eliminava qualsiasi
attività antiparassitaria. Tale perdita di attività non poteva essere dovuta a differenze
drammatiche nelle proprietà dei corrispondenti radicali anionici (Viodè et al., 1999).
Erano invece presenti differenze significative dei parametri indicativi della
biodisponibilità dei due composti con una conseguente soppressione dell’attività nel
composto O-sostituito. Sostituendo il gruppo amminico esociclico si rilevava che solo il
derivato acetilato mostrava attività, anche se in misura minore del composto di
riferimento (Chauvière et al., 2003). Questo implica che la forma attiva debba avere un
ammino-gruppo libero e che il gruppo acetilico debba probabilmente essere prima
idrolizzato dalle peptidasi citosoliche della cellula ospite. L’aumento del carattere
lipofilico con l’aggiunta di una catena alifatica all’amino-gruppo è irrilevante, mentre
l’inattività di composti sostituiti con catene alchiliche indica che l’alchile non è
idrolizzato per via enzimatica. Si può supporre, in alternativa, che l’ammino-gruppo
debba essere libero per il riconoscimento del composto da parte del trasportatore delle
purine (Carter e Fairlamb, 1993).
Brezden et al. (1998) studiarono gli effetti biochimici e biologici indotti
dall’esposizione in aerobiosi a 2-nitroimidazoli (INO2) di colture di differenti tipi
cellulari, in termini di produzione di ROS, prodotti della riduzione di INO2, attività
degli enzimi antiossidanti, deplezione di glutatione (GSH) e danno al DNA. I risultati
confermarono anche per INO2 un meccanismo di tossicità in condizioni aerobie legato
alla produzione di ROS e che la sensibilità delle cellule era modulata dalla loro capacità
di detossificare tali specie. Le cinetiche della sopravvivenza cellulare, della deplezione
di GSH e dell’induzione di danno al DNA erano dipendenti sia dal profilo degli enzimi
antiossidanti che dal tasso di produzione di ROS, specifici per ciascun tipo cellulare.
Pires et al., (2001) analizzarono gli effetti di tre classi di derivati nitrofuranici in
relazione alla loro struttura: classe I, 5-R-sostituiti (Z)-2-(5-nitrofurano-2-ylmetilene)-3
(2H)-benzofuranoni (R = OCH3, H, CH3, C2H5, nC3H7, Cl, Br, CN, NO2) e i loro
analoghi 2-idrossifenil e 2-acetossifenil; classe II, 5-R-sostituiti (E)-1-(2-idrossifenil)-
62
3-(5-nitrofuril)-2-propen-1-oni (R = H, CH3, C2H5, Cl, NO2); classe III, 5-R-sostituiti
L’analisi QSAR sui composti della classe I ha dimostrato l’importanza delle proprietà
elettroniche dei sostituenti nell’inibizione della crescita batterica, che sembra
inversamente correlata alla velocità con cui i composti sono ridotti all’interno della
cellula. I modelli QSAR ottenuti risultano simili a quelli di derivati 5-nitroimidazolici
(Edwards et al., 1982) per i quali è stato proposto, come specie in grado di danneggiare
il DNA, il nitro-anione radicalico protonato (Edwards, 1993). Inoltre, i modelli QSAR
erano correlati alla stabilità/reattività dell’intermedio ridotto piuttosto che alla riduzione
del nitro-composto iniziale, suggerendo la possibilità di percorsi paralleli nel loro
meccanismo d’azione.
Sebbene sia stato dimostrato che la riduzione aerobica di nitrofurani non forma radicali
anionici i modelli QSAR mostrano che la stabilità/reattività dell’intermedio ridotto
possono essere il fattore preminente nel regolare l’attività dei nitrofurani in studio. Fu
stabilito che il DNA non era l’unico bersaglio, poichè i nitrofurani erano in grado di
danneggiare anche le proteine. Le diverse attività biologiche, osservate per i composti
della classe I, rispetto a quelli delle classi II e III, possono riflettere differenze a livello
delle interazioni composto-recettore. L’analisi QSAR suggerisce inoltre che la porzione
benzofuranica è una parte importante della struttura della molecola che contribuisce
all’attività: composti analoghi, privi di questa caratteristica strutturale, risultano meno
attivi.
La relazione tra struttura del nitroderivati e induzione di mutagenicità è stata anch’essa
ampiamente dimostrata (Hrelia et al., 1993; 1998). Lo studio su nitrobenzimidazolo e
farmaci indolici antifungini (Hrelia et al., 1993) aveva suggerito agli Autori che, anche
se i fattori strutturali erano responsabili delle variazioni osservate per l’induzione di
mutagenicità in Salmonella, era presumibile che la separazione tra attività terapeutica e
attività genotossica non potesse essere possibile, poichè entrambe le proprietà erano
mediate da un metabolita comune, l’idrossilamina. Poichè trovare un nitroderivato che
possieda una buona attività antiparassitaria senza indurre effetti genotossici indesiderati
nell’ospite è interessante, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche perchè
può fornire la base per ulteriori indagini sul modo d’azione e sul meccanismo
d’induzione della mutagenicità, successivamente furono studiati farmaci derivati con
63
sostituenti in grado di variare le proprietà lipofile, steriche ed elettroniche delle
molecole (Hrelia et al., 1998). In particolare, fu saggiata su diversi ceppi di Salmonella
la mutagenicità di 4-nitrocomposti con sostituenti in posizione 5 e in N1 o N3 con
proprietà idrofobiche e steriche crescenti, quali i gruppi -CH3, -COOH, -COOCH3, -
CH2-C6H5 e -CH= CH-C6H5. Fu dimostrato che:
la presenza di un gruppo metilico sull’anello imidazolico in posizione 5 e
una contemporanea sostituzione in N1 o N3 con un gruppo metilico o
benzilico conferisce attività mutagena, peraltro maggiore se N1 o N3 erano
sostituiti con un gruppo benzilico;
la sostituzione con -COOH o -COOCH3 in posizione 5, ma senza sostituenti
in N1 o N3, porta a composti non mutageni;
la presenza di un sostituente ingombrante come lo stirile in 5 comporta
attività mutagena ulteriormente aumentata da sostituzioni con benzili in N3;
l’aumento della mutagenicità è legato alla maggior idrofobicità dei
sostituenti nella struttura imidazolica.
Considerando la grande importanza anche di piccole variazioni strutturali, risulta
teoricamente possibile sintetizzare molecole altamente reattive verso i parassiti ma
senza tossicità verso le cellule dell’ospite. Poichè megazol mostra, insieme ad un’alta
efficacia antiparassitaria, anche effetti genotossici indesiderati (Poli et al., 2002;
Nesslany et al., 2004) sono stati sintetizzati nuovi composti derivati dall’ibridazione
molecolare tra megazol e derivati di guanilidrazone proprio per tentare di ridurre
l’effetto ossidativo di megazol a livello della cellula ospite senza diminuirne l’efficacia
terapeutica (Carvalho et al., 2004). L’introduzione della porzione arilidrazonica (serie
4) dovrebbe agire come gruppo scavenger di radicali in grado di competere con lo stress
ossidativo indotto dalla formazione di specie nitro-radicaliche tossiche, e quindi
evitarlo. Peraltro alcuni derivati idrazone-correlati presentano attività tripanocida
(Carvalho et al., 2004) E’ per l’azione svolta su enzimi essenziali, quali la cruzaina e la
tripanotione reduttasi. E’ stato indagato anche l’effetto della sostituzione isosterica
dell’anello nitroimidazolico, induttore di tossicità, con un semplice gruppo fenolico,
ottenendo così il corrispondente derivato 1,3,4-tiodiazolico (serie 5 in Fig.15).
64
I sostituenti nella serie 4 sono: Composto R1 R2 R3 R4 Composto R1 R2 R3 R4
4a H H H H 4i OH H H H
4b H H F H 4j OH OCH3 H H
4c H H Cl H 4k H OH OH H
4d H H Br H 4l H OH OCH3 H
4e H H NO2 H 4m H OCH3 OH H
4f H H OCH3 H 4n H OCH2O OCH2O H
4g H H OCF3 H 4o H t-Bu OH t-Bu
4h H H OH H
e nella serie 5 sono: Composto R1 R2 R3 R4
5a H H H H
5b H H NO2 H
5c H H OH H
5d OH H H H
5e H OH OH H
5f H t-Bu OH t-Bu
Il derivato 3,4-diidrossifenilico della serie 4 (4k o brazilizone) fu dimostrato essere il
composto con maggior attività antitripanosomica. Il confronto con idrossilati analoghi
indica che entrambi i gruppi idrossilici nella subunità catecolica di brazilizone svolgono
azione farmacologica. D’altra parte fu riscontrata la necessità del nitrogruppo
Fig. 15 Derivati delle serie 4 e 5 di 1,3,4-tiodiazolo-2-arilidrazone (Carvalho et al., 2004).
65
nell’anello imidazolico per l’azione terapeutica antiparassitaria. Fu anche evidenziato
che l’introduzione della porzione arilidrazonica nella struttura di megazol ne cambiava
il comportamento redox, suggerendo come conseguenza un possibile miglioramento del
profilo terapeutico e della sicurezza di megazol. Tuttavia tali dati necessitano di
conferme, specialmente per quanto riguarda gli effetti indesiderati sulle cellule ospiti.
Tripanotione reduttasi (TR) è un enzima chiave del meccanismo di difesa anti-
ossidante del parassita, assente in cellule di mammifero ed essenziale per la
sopravvivenza e crescita dei tripanosomatidi. La specificità di TR nei confronti del suo
substrato, tripanotione, suggerisce che anch’esso sia indispensabile per l’attività
dell’enzima. TR e tripanotione sono coinvolti nel meccanismo d’azione di composti
antimoniali e arsenicati. Recentemente sono stati caratterizzati enzimi coinvolti nella
detossificazione di metilglioxali: tripanotione S-transferasi e gliossilasi I e II, tutti
tripanotione-dipendenti. TR è quindi un buon target per i nuovi farmaci. Aguirre et al.
(2004), hanno dapprima valutato il modello 3D di TR, sia in forma libera sia associato
con NADPH, sia con tripanotione, sia con mepacrina (composto triciclico identificato
come inibitore competitivo di TR). Basandosi sulla struttura molecolare dell’inibitore si
è cercato di ideare composti simili. Qualche derivato della chinossalina, sia per il tipo di
sostituenti sia per la struttura planare è simile allo scheletro dell’inibitore. Inoltre,
quando chinossalina è presente come N,N’-diossido, i composti risultanti sono in grado
di agire come substrato di enzimi redox, dove i prodotti di riduzione che reagiscono con
l’ossigeno, producono specie reattive all’ossigeno. L’N,N’-diossido della chinossalina
agisce come agente anti-infettivo in diversi microrganismi, ciò ha spinto il gruppo di
Aguirre a valutare l’azione di alcuni derivati chinossalinici come composti anti-
tripanosoma. Dagli studi effettuati è stato dimostrato che:
a) sostituzioni a livello dell’anello benzenico della chinossalina producono
composti attivi;
b) composti molto idrofilici diminuiscono l’attività anti-tripanosoma.
66
Fig.16- Struttura dei nuovi analoghi 5-nitrofurilici ( Aguirre et al., 2006)
Queste proprietà elettroniche indicano che il meccanismo d’azione si basa su un
metabolismo riduttivo, la necessità di avere catene lipofiliche indica la capacità dei
composti di entrare nella cellula del parassita e/o mediare interazioni con enzimi target.
Successivamente, in base a questi dati, Aguirre et al. (2006) sintetizzarono e saggiarono
derivati 5-nitrofurilici la cui struttura consisteva in un gruppo 5-nitrofurilico, ben noto
come promotore di stress ossidativo, e di catene laterali con potenzialità di interazione
con biomolecole quali TR (Aguirre et al., 2004). Alcuni di tali composti risultarono più
attivi contro la forma epimastigote di T.cruzi di nifurtimox, farmaco attualmente
utilizzato contro il Mal di Chagas. L’analisi QSAR evidenzia l’importanza di uno
specifico modello di legame idrogeno nell’ambito della porzione carbonilica o
tiocarbonilica così come la necessità di catene laterali idrofobiche.
In particolare i derivati più attivi (semicarbazone 27, carbazati 31-34 e amide 36)
mostravano una ID50 tra due e tre volte più bassa di nifurtimox. Il composto più potente
era l’eptil-carbazato (33). In generale, i derivati carbazati erano più attivi degli analoghi
semicarbazonici (cfr. carbazati 5, 31 e 32 con semicarbazoni 1, 26 e 27). Inoltre i 5-
nitrofurilacroleina derivati erano più attivi dei corrispondenti 5-nitrofuranil derivati (26,
31 e 34 vs 1, 5 e 8). La presenza di catene apolari in ciascuna famiglia di derivati
risultava in composti più attivi di quelli meno apolari (cfr. per i semicarbazoni 27 con
28 e per i carbazati 34 con 30). L’ammide 36, che presenta una porzione apolare
adamantile, è il migliore 5-nitrofurilpropenamide avente attività tripanocida. D’altra
parte, i tioammidi sono meno attivi rispetto agli analoghi ammidi (cfr. derivati 38-40
67
con quella delle ammidi parentali 20-22). I derivati 41 e 42, sostituiti con un gruppo
eterociclico polare, risultavano inattivi a 5µM.
Studi 3D-QSAR mostrano che il requisito sterico è localizzato intorno al sostituente
legato alla porzione carbonilica o tiocarbonilica. Gruppi ingombranti come furfurile e
naftile, situati in prossimità della porzione carbonilica e tiocarbonilica riducono
l’attività anti-tripanosoma. Considerando gli effetti del campo elettrostatico sull’attività,
nella molecola, si possono distinguere due regioni importanti: la catena laterale e la
porzione carbonilica o tiocarbonilica. Altra regione importante è una zona elettrone-
deficiente che nei derivati più attivi corrisponde allo scheletro idrocarbonioso (alchil,
adamantil, aril). Una regione ricca di elettroni vicina al gruppo carbonilico o
tiocarbonilico aumenta anch’essa l’attività. Poichè implicata nell’interazione dei legami
idrogeno, la regione del sito attivo della TR appare essere il bersaglio di questi
composti. Di conseguenza, ammidi, tioammidi e esteri, che presentano pattern differenti
per i legami idrogeno, hanno attività diversa. In generale, derivati ammidici (derivato
20) sono più attivi dei corrispondenti esteri (derivato 11) e tioammidi (derivato 38). I
risultati evidenziano l’importanza di un pattern specifico per i legami idrogeno in
prossimità della porzione carbonilica o tiocarbonilica, cosÏ come della necessità di
catene laterali idrofobiche
68
Fig.17- Serie di derivati 5-nitrofurilici, derivati semicarbazonici e carbazati e comportamento in vitro contro T.cruzi; PGI: % di inibizione della crescita a 5m (Aguirre et al., 2006)
9
20-22
69
Tiosemicarbazoni nitroaromatici: Aguirre et al. (2004) hanno valutato in vitro l’attività e il meccanismo d’azione nei
confronti di T. cruzi di diversi derivati 5-nitrofuril-tiosemicarbazonici (Fig.18).
Fig.18-Nifurtimox e derivati 5-nitrofuril (Aguirre et al.,2004)
Questi nuovi composti hanno mostrato un’alta attività antitripanocida sia in vivo che in
vitro legata da un lato all’inibizione da parte della porzione tiosemicarbazonica di
cruzaina, la maggiore cisteina proteasi di T. cruzi, indispensabile per la replicazione
intracellulare del tripanosoma, dall’altro allo stress ossidativo nel parassita indotto dal
gruppo 5-nitrofurilico. Cruzaina come già detto, è essenziale per la replicazione della
forma intracellulare del parassita. Inibire questo enzima è al momento una delle
strategie più studiate nello sviluppo di nuovi terapici contro la tripanosomiasi africana.
Studi relativi al sito attivo di cruzaina suggeriscono che si formi un legame covalente
della Cys25 con il carbonio tiocarbonilico del tiocarbazone, aiutato dal trasferimento di
un protone dall’His159 allo zolfo del tiocarbonile (Fig.19).
Fig.19- Meccanismo di inibizione di cruzaina da parte dei tiosemicarbazoni (Aguirre et al., 2004)
70
Poichè i 5-nitrofuril-tiosemicarbazoni possono agire con un doppio meccanismo
d’azione: stress ossidativi e inibizione di cruzaina, sono state valutate le relazioni
struttura-attività per i due meccanismi. I composti saggiati differiscono per la posizione
di legame tra il 5-nitrofuril e la porzione tiosemicarbazonica e per una serie di
sostituenti diversi per proprietà fisico-chimiche, in posizione N4 (Fig.20).
Fig.20- Composti 5-nitrofuril-tiosemicarbazonici (Aguirre et al., 2004)
Studi ESR hanno rilevato che tutti i derivati tiosemicarbazonici (5-12) producono
radicali liberi nel mezzo biologico, ciò indicando che tutti mantengono il meccanismo
d’azione terapeutico dei 5-nitrofuril-derivati. Tuttavia, è stato osservato che i
tiosemicarbazoni derivati da 3-(5-nitrofuril)acroleina (6, 8, 10 e 12) sono composti più
potenti rispetto agli analoghi 5-nitrofurilici, supportando l’idea che la porzione
tiosemicarbazonica è determinante per espletare attività tripanocidica.
Du e collaboratori (2002) hanno ideato dei nuovi composti con spetro d’azione nei
confronti di cruzaina. Sono stati ideati diverse serie di inibitori per la cisteina proteasi,
che includono chetoni alometilici, diazometani e epossisuccinil-derivati. I clorometil-
chetoni sono stati scartatati a causa della loro alta reattività e conseguente perdita di
specificità. Per aumentare la specificità e ridurre la reattività e la tossicità, sono state
invece sviluppate serie di composti meno reattivi e, in particolare, tiosemicarbazoni con
una specifica struttura (Fig.21).
71
Fig.21- Scaffold del tiosemicarbazone (Du et al., 2002)
Rispetto ad altri nitro-carbazoni antitripanosoma, in questa serie di composti è stato
eliminato il nitrogruppo che, attraverso la produzione di radicali nitroanionici, risulta
attivo contro il parassita. I tiosemicarbazoni utilizzati mostrano alta attività contro
cruzaina, così come attività tripanocida. Sostituzioni a livello della struttura base del
tiosemicarbazone su N1 sono improduttive. Riduzione del legame C=N4 o variazioni
del legame C=S in C=O risultano ridurre l’attività. Per composti con anelli fenilici
singoli, sostituzioni in posizioni specifiche possono aumentarne l’attività. Il più potente
composto ha sostituenti sul C-3, tra questi trifluorometile, bromo e cloro aumentano
l’attività inibitoria. Sostituzioni come 3,4-dicloro o 3,5-bis(trifluorometil) portano ad
una potente inibizione della cisteina proteasi.
Composti nitroaromatici melamina-coniugati:
Fig.22-Trasportatore P2 e sue interazionicon composti melamino-nitrofuranici (Baliani et al., 2005)
72
Stewart e collaboratori (2004) hanno progettato una serie di composti nitroeterociclici
legati ad un gruppo melaminico o benzamidinico, substrati del trasportatore ammino-
purinico P2 e di altri trasportatori (P1, HAPT1, LAPT1) presenti nel tripanosoma
(Fig.22). L’obiettivo principale è associare al motivo di riconoscimento di P2 (in
particolare l’unità melaminica), agenti citotossici come i composti nitroaromatici. La
fusione tra queste due subunità ha lo scopo di facilitare l’uptake selettivo nei
tripanosomi attraverso il trasportatore P2 e cosÏ facendo, aggirare il problema relativo
alla tossicità nell’organismo ospite indotta dalla porzione nitroaromatica. La
distribuzione rapida e selettiva di questi composti nel tripanosoma dovrebbe dare un
accumulo selettivo nel parassita e minimizzare gli effetti collaterali nell’ospite. I
composti nitroeterociclici sembrano essere molto attivi contro il parassita se associati ad
una seconda porzione, probabilmente a causa dell’ingombro sterico necessario nel
legare determinati enzimi con attività nitroreduttasica.
Serie di esperimenti condotti in vitro sulla forma tripomastigote di T. brucei STIB900,
mostrano assenza di correlazione tra affinità per il trasportatore P2 (intesa come
capacità di queste molecole di inibire l’assorbimento di adenosina, attraverso questa via)
e attività anti-tripanosomica. Inoltre parassiti deficienti del trasportatore P2 non sono
sostanzialmente meno sensibili a questi composti rispetto agli wild-type. Ciò potrebbe
significare che sono coinvolti nell’uptake dei composti anche altri trasportatori o che
l’ingresso del farmaco avviene per diffusione passiva. Tuttavia, composti mancanti del
gruppo melaminico mostrano non solo ridotta affinità verso il trasportatore P2 ma anche
debole attività nei confronti del parassita. Ciò suggerisce che il gruppo melaminico sia
necessario per l’uptake dei composti e nell’interazione con gli enzimi coinvolti nel
meccanismo d’azione. Nei composti ideati la porzione melaminica è legata al composto
nitroeterociclico per mezzo di un idrazine (Fig.23). Baliani e collaboratori (2005)
valutano la relazione struttura-attività dei composti realizzati in base a:
(i) addizione di sostituenti metilici a livello della melamina, per alterare le
proprietà lipofile della molecola;
(ii) sostituzione dell’ossigeno con zolfo nel composto nitroeterociclico, per
modificare le proprietà elettroniche dei composti nitroaromatici e le
proprietà lipofile della molecola.
73
(iii) Sostituzione del nitrogruppo con un idrogeno o con un altro gruppo.
Fig.23- Struttura base di un composto nitrofuril-melaminico (Baliani et al., 2005)
Qualora tutti gli atomi di idrogeno dei gruppi amminici siano sostituiti da gruppi
metilici, si osserva alta attività in vitro verso T. brucei anche se con bassa affinità di
legame verso il trasportatore ammino-purinico. La perdita di affinità di questo composto
con il trasportatore P2 potrebbe essere spiegata dalla richiesta per i substrati di P2 di
avere un donatore di legami idrogeno. Il composto, inoltre, è dotato di solubilità più alta
degli altri derivati; ciò suggerisce il suo trasporto passivo che spiegherebbe l’elevata
attività contro il parassita.
La porzione melaminica (con almeno qualche legame NH) è concentrata selettivamente
nel tripanosoma, ma la via di assorbimento non avviene esclusivamente attraverso il
trasportatore P2. Il fatto che esistano altre vie di uptake per i composti melamina-
nitroeterociclici indica che, la perdita di P2, non comporta fenomeni di resistenza.
La sostituzione dell’ossigeno nitrofuranico con zolfo comporta una riduzione
dell’attività, suggerendo che sia importante nel meccanismo d’azione di questi composti
il potenziale redox del nitrofurano.
Il nitrogruppo è un forte elettronattrattore, coinvolto nella generazione di radicali liberi.
La sostituzione del nitrogruppo con un idrogeno o con un altro gruppo elettronattrattore
quale un nitrile porta ad un composto inattivo
Scopo prioritario nella sintesi di nuovi farmaci è quello di ottenere composti aventi non
solo una maggior efficacia contro l’infezione, ma anche una diminuita tossicità per
l’ospite. Un metodo per valutare i possibili effetti indesiderati sull’ospite può essere il
74
rilevamento in vitro di effetti cito-genotossici mediante sistemi a breve termine. In
questo studio è stata confrontata l’induzione del danno al DNA su leucociti umani da
parte di due gruppi distinti (A e B) di composti dopo trattamento in vitro, in modo da
evidenziare i possibili gruppi critici nelle diverse molecole.
75
Gruppo A: megazol e derivati.
I composti nitrati hanno un largo impiego nella chemioterapia per la specifica azione
generalmente legata al nitro-gruppo, spesso però responsabile della tossicità della
molecola. Nella terapia antiparassitaria s’impiegano comunemente composti
nitroimidazolici che possono essere divisi in tre grandi gruppi:
2-nitroimidazoli – Oggi la maggioranza dei derivati nitroimidazolici sono
impiegati come radiosensibilizzanti in cellule ipossiche. Sono utilizzati anche come
antiparassitari. Un esempio è l’azomicina che è stato isolata da ceppi di Nocardia
mesenterica e che presenta attività antiparassitaria principalmente nei confronti di
Trichomonas vaginalis. Anche benznidazol, farmaco utilizzato contro il mal di Chagas,
è un 2-nitroimidazolo.
5-nitroimidazoli – Questo gruppo è di particolare interesse perché presenta una
vasta gamma di attività biologiche. Il farmaco più studiato di questa famiglia è il
metronidazolo. Questo composto, oltre ad essere usato per le infezioni da Trichomonas
vaginalis, é ancora oggi un prototipo per studiare le relazioni tra attività biologica,
meccanismo d’azione e tossicità dei 5-nitroimidazoli.
4-nitroimidazoli – Questo gruppo è quello con minor efficacia biologica.
Le modalità d’azione dei nitro-derivati sono legate ai potenziali redox del nitro-gruppo
(Edwards et al., 1973), poiché esistono nei sistemi biologici diversi enzimi che
promuovono la riduzione di questi gruppi a gruppi amminici. Il potenziale redox di
megazol è -0.437 mV, un valore coerente con altri 5-nitroimidazoli, quali metronidazolo
(potenziale redox: -0.486 mV) e minore di quello del benznidazol (2-nitroimidazolo; -
0.380 V) e del nifurtimox (5-nitrofurano; -0.260 V), i farmaci impiegati come
antichagasici.
Sebbene non sia ancora completamente individuato il meccanismo d’azione di megazol,
è noto che il nitro-gruppo è essenziale per la sua attività biologica poiché il suo derivato,
senza il nitro-gruppo, non risulta attivo. Inoltre, anche il derivato con il nitro-gruppo in
posizione 4 dell’anello imidazolico non mostra alcuna attività antiparassitaria
significativa (Chauvière et al., 2003). Questi risultati suggeriscono perciò l’importanza
76
del nitro-gruppo in posizione 5 nell’anello imidazolico per l’attività biologica del
composto.
Nell’ambito di una collaborazione con il Departamento de Parasitologia, Instituto de
Ciências Biomédicas (Prof. Tânia M.A.D. Zucchi), il Departamento de Tecnologia
Bioquímico Farmacêutica, Faculdade de Ciências Farmacêuticas (Prof. Cristina
Northfleet de Albuquerque) dell’Università di San Paolo (USP) e il Departamento de
Microbiologia, Imunologia e Parasitologia (Prof. Renato A. Mortara) dell’Università
Federale di San Paolo (EPM-UNIFESP), Brasile, in questo lavoro ci siamo proposti di
confrontare tre composti, megazol (MZ, [1-metil-2-(5-ammino-1,3,4-tiodiazolo)-5-
MZ è stato ampiamente presentato in precedenza. TSC è il composto immediatamente
precedente nella sintesi di megazol e può perciò puntualizzare se alcune caratteristiche
strutturali ancora presenti in MZ, siano quelle realmente responsabili degli effetti sulle
cellule ospiti. NMZ è invece il 4-nitroisomero di MZ. La diversa posizione del gruppo -
NO2 dovrebbe generalmente comportare una minor attività di tipo ossidativo (Chauvière
et al., 2003).
77
Fig. 24- Strutture di megazol, tiosemicarbazone e 4-nitromegazol.
78
Gruppo B: WSP 1025, WSP 934 e DERIVATI.
Questa parte del lavoro nasce nell’ambito di una collaborazione tra il Gruppo di
Mutagenesi Ambientale del Dipartimento di Genetica Antropologia Evoluzione
dell’Università di Parma e il Dr. Ian H. Gilbert, School of Life Sciences dell’Università
di Dundee (UK), il Dr. Michael P. Barrett, Institute of Biomedical and Life Sciences
dell’Università di Glasgow (UK) e il Prof. Reto Brun, Swiss Tropical Institute, Basilea
(CH) in merito allo sviluppo di nuovi farmaci antiparassitari. I farmaci da me utilizzati
nei diversi test fanno parte di una serie di composti nitrofuranici (WSP) accoppiati a
triazina sintetizzati dal Dr Gilbert. Tali composti, di cui si riporta la struttura portante
(Fig. 25), sono attualmente in fase di studio per il trattamento delle tripanosomiasi e
delle leishmaniosi. Composti nitroeterociclici contenenti un anello di triazina facilitano
un uptake selettivo nel parassita attraverso il trasportatore P2 o altri trasportatori,
limitando di conseguenza la tossicità per l’ospite. Questa associazione migliora l’azione
tripanocida dei nitroeterociclici, probabilmente per la specifica conformazione sterica in
grado di legarsi meglio a particolari enzimi ad attività nitroreduttasica, consentendo così
al farmaco l’attraversamento della membrana plasmatica e l’indirizzamento verso siti
attivi di specifici enzimi.
.
Fig. 25- Struttura chimica di WSP
Lo studio di seguito riportato è volto essenzialmente alla valutazione degli eventuali
effetti cito- e genotossici di alcuni nuovi composti (WSP 1025, WSP 934, WSP 939,
WSP 1393) e di nifurtimox, un farmaco nitrofuranico utilizzato come confronto.
79
Gruppo A: MEGAZOL e DERIVATI.
Per meglio definire la relazione struttura attività de megazol si è proceduto a valutarne
l’attività citotossica e genotossica in comparazione con due suoi analoghi, 4-
nitromegazol e 5-nitroimidazolo tiosemicarbazone e con benzonidazol, il 2-
nitroimidazolo attualmente usato come terapico contro il Mal di Chagas. 4-nitromegazol
è stato scelto per valutare se la posizione del nitrogruppo è importante oltre che per
l’efficacia contro il parassita anche per l’induzione di effetti indesiderati su cellule
umane. Poiché alcuni composti tiosemicarbazonici hanno mostrato attivitàtripanocida
(Du et al., 2002; Aguirre et al., 2004), è stata comparata l’attività cito/genotossica di 5-
nitroimidazolo tiosemicarbazone (struttura aperta) con quella di megazol (anello
tiodiazolico dopo una reazione ossidativi di ciclizzazione) (Chauviére et al., 2003).
Si è proceduto a valutare l’induzione in vitro del danno al DNA in leucociti umani dopo
diversi tempi e temperature di trattamento utilizzando protocolli modificati del Comet
test al fine di identificare differenti tipi di danno (Singh et al., 1998; Horváthová et al.,
1999).
Citotossicità Per tutti i composti saggiati, la sopravvivenza cellulare non appare essere influenzata
dal trattamento nell’intervallo di dosi utilizzate; appare inoltre essere indipendente dal
tempo e dalla temperatura quando misurata immediatamente dopo l’esposizione (dati
non riportati).
80
Genotossicità
Fig. 26. Danno al DNA rilevato attraverso il Comet test ( pH>13 o pH=12.1) in leucociti umani trattati con benznidazolo (37 °C, 1 h) e 5-nitromegazol (37 o 0 °C, 1 h). Il danno al DNA è espresso come incremento della migrazione di DNA (m) rispetto alla dose 0 (media ± S.D. di tre esperimenti indipendenti). I simboli pieni indicano una differenza significativa (p< 0.05) rispetto alla dose 0; * p < di 0.05 fra le due curve.
I leucociti umani trattati a 37° C per 1 ora con 5-nitromegazol e beznidazolo sono stati
saggiati con il Comet test a pH>13 (Tice et al., 2000), per compararne la genotossicità
(Fig.26A). Entrambi i composti inducevano un incremento significativo della
migrazione del DNA; in particolare il beznidazolo appare essere molto più attivo (p
<0,05) del 5-nitromegazol.
La migrazione del DNA è stata analizzata in leucociti trattati con 5-nitromegazol
mediante il Comet test eseguito sia a pH=12.1 che a pH>13 per meglio identificare la
natura del danno al DNA. In cellule trattate con 5-nitromegazol per 1 ora a 37°C il
rilevamento della migrazione del DNA è risultata essere significativamente più sensibile
a pH>13 rispetto che a pH=12.1 (Fig. 26B). Questi dati suggeriscono che il 5-
81
nitromegazol sia capace di produrre sia rotture al filamento che siti alcalo labili (gli
ultimi meglio rilevabili al pH più alto).
Il trattamento con 5-nitromegazol è stato effettuato anche su cellule mantenute in
ghiaccio (5 minuti o 1 h) per minimizzare il danno ossidativo indotto dai processi
cellulari (Collins et al., 1995). Il danno ossidativo generato si osserva sotto la forma di
rotture a singolo-filamento e, anche se in minor misura, come siti alcalo-labili e
differenti tipi di ossidazione a carico delle basi puriniche e pirimidiniche (Collins A.R.
et al., 1995). I nostri risultati (fig. 26C) mostrano come l’induzione di danno al DNA sia
correlata alla temperatura di trattamento. La comparazione con i dati ottenuti a pH
=12.1 su cellule trattate per lo stesso tempo (1 h) a temperature differenti (37 o 0 °C)
mostra una maggiore migrazione del DNA (t di Student's < 0.05) in cellule trattate ad
alta temperatura rispetto a quelle che hanno subito un trattamento a bassa temperatura.
Questi risultati suggeriscono che, mentre le rotture ai filamenti di DNA indotte
direttamente dal 5-nitromegazol sono rilevabili anche con trattamento a bassa
temperatura, l'eccesso di rotture osservate in seguito al trattamento effettuato a
temperature fisiologiche possa derivare da meccanismi di riparazione. D'altra parte, la
formazione di rotture del filamento di DNA potrebbe essere dovuto non soltanto
all’azione degli enzimi di riparazione ma anche alla produzione e al rilascio di radicali
liberi dovuto al danneggiamento dei mitocondri.
L'induzione di danno al DNA sembra essere dovuto anche al tempo di trattamento.
Mentre è stato osservato un aumento significativo di migrazione del DNA in cellule
trattate per 1 ora a basse temperature (0 °C) (fig. 26C), nessun effetto genotossico è
stato rilevato in cellule saggiate per tempi brevi (5 minuti) (tab. 9).
Tab. 9- Danno al DNA riportato come lunghezza totale di migrazione (media ± S.D. di tre esperimenti indipendenti) rilevato dal Comet test effettuato a pH differenti (>13 o 12.1) in leucociti umani trattati con 5-nitromegazol a 0 °C per 5 minuti .
Per meglio comprendere il meccanismo di azione del farmaco, si è proceduto a misurare
il danno ossidativo al DNA utilizzando un protocollo del Comet test modificato che
prevede l’utilizzo di endonucleasi di riparazione batterica (Collins et al., 1997).
In leucociti trattati con benznidazolo o 5-nitromegazol per 1 h a 37°C (fig. 27), è stata
ritrovata una grande quantità di basi pirimidiniche ossidate con un effetto
significativamente magiore (t< 0.05) in cellule trattate con benznidazolo (Comet test
con ENDOIII, pH> 13).
Fig. 27- Danno al DNA rilevato con il Comet test (pH >13) in leucociti umani trattati (37 °C, 1 h) con benznidazolo o 5-nitromegazol. In specifico il danno ossidativi al DNA è stato rilevato con il Comet test modificato per rilevare l’ossidazione alle basi con l’utilizzo di endonucleasi di riparazione batterica (ENDOIII e FPG). L’ossidazione delle basi è espressa come incremento della migrazione del DNA(m) rispetto a quanto rilevato con l’utilizzo del test senza enzimi (media ± S.D. di tre esperimenti indipendenti). * p < di 0.05 rispetto alla dose 0 Il danno ossidativo indotto da 5-nitromegazol è stato misurato anche a pH=12.1 e
analizzato in relazione sia al tempo che alla temperatura di trattamento (fig. 28). Per 1 h
a 37 °C, di trattamento dei la presenza delle basi pirimidiniche ossidate è stata meglio
rilevata usando ENDOIII a pH =12.1 che a pH>13. La procedura con FPG ha rilevato lo
83
presenza di stress ossidativo basale ma non ha ritrovato un aumento significativo di basi
puriniche ossidate dopo il trattamento con 5-nitromegazol. I radicali idrossilici
dovrebbero produrre quantità simili di siti sensibili al FPG e all’ENDOIII all’interno
delle cellule, mentre le nostre procedure sperimentali hanno rilevato soltanto basi
pirimidiniche ossidate. Questo fatto può attribuirsi alle differenze fra le attività delle due
endonucleasi batteriche utilizzate, che hanno mostrato una capacità differente nel
formare basi ossidate in cellule trattate con 50m H2O2 (l'incremento di migrazione del
DNA rispetto alla dose 0 era 42.93 ± 5.66 m per ENDOIII e 14.69± 2.45m per
FPG).
Come osservato in precedenza, non si è osservato nessun incremento significativo di
migrazione del DNA in cellule trattate per 5 minuti a 0 °C usando l'analisi "classica" del
comet. La sensibilità nel rilevare il danno è fortemente aumentata usando il protocollo
del Comet test modificato in cui si utilizza ENDOIII (fig. 28). I dati ottenuti dopo un
breve tempo di esposizione (5 minuti) sono simili a quelli rilevati con il test a pH=12.1
con un tempo di esposizione maggiore (1h) sia a 37°C (fig. 28) e sia a 0 °C (fig.29).
Questi risultati suggeriscono che 5-nitromegazol metta in atto due differenti
meccanismi: un'ossidazione iniziale delle basi del DNA ( dati simili per le esposizioni di
1h e di 5 min quando si utilizza ENDOIII) e una successiva rottura del filamento del
DNA (incremento della migrazione del DNA rilevato dall'analisi "classica" in cellule
trattate per 1h, indipendentemente dalla temperatura di trattamento). Tuttavia, se il
radicale idrossilico è la principale specie reattiva generata dal metabolismo di 5-
nitromegazol, non è chiaro perchè la maggior parte delle basi ossidate siano prodotte
dopo una breve esposizione, mentre la formazione di rotture al filamento e di siti alcalo-
labili sembra richiedere apparentemente un periodo più lungo. In effetti, il radicale
idrossilico produce sia basi ossidate che rotture del DNA. Pertanto, gli effetti
differenziali osservati in relazione al tempo di trattamento non possono essere ascritti
unicamente alla reazione con il DNA dei radicali idrossilici prodotti da 5-nitromegazol.
La comparsa di rotture dei filamenti del DNA potrebbe, ad esempio, derivare da
possibile produzione ritardata di radicali idrossilici a seguito dell’induzione di danno ai
mitocondri. Sarebbe perciò necessario svolgere ulteriori studi per meglio definire i
meccanismi di azione del 5-nitromegazol.
84
Fig. 28- Danno al DNA rilevato mediante il Comet test (pH>13 o pH =12.1) in cellule trattate con 5-nitromegazol (37 °C, 1 h o 0 °C, 5 minuti). Il danno ossidativo generato è rilevato utilizzando endonucleasi batteriche di riparazione (ENDOIII e FPG). Le basi ossidate sono espresse come incremento della migrazione di DNA (m) rispetto ai dati ottenuti nel test senza l’utilizzo di enzimi (media± S.D. di tre esperimenti indipendenti). * p<0.05 rispetto alla dose 0.
85
Fig.29- Danno ossidativo al DNA rilevato mediante l’utilizzo di un protocollo modificato del test della cometa (ENDOIII e pH =12.1) in leucociti trattati con 5-nitromegazol per 1 h a 0°C o 37°C. Le basi ossidate sono espresse come incremento di migrazione del DNA (m) rispetto ai dati ottenuti senza l’utilizzo di enzimi (media± S.D. di tre esperimenti indipendenti). * p<0.05 rispetto alla dose 0.
Il 5-nitroimidazolo-tiosemicarbazone, precursore nella sintesi di 5-nitromegazol, e 4-
nitromegazol, isomero di 5-nitromegazol, sono stati saggiati su leucociti umani
86
(trattamento: 1 h, 37°C). Le cellule sono state analizzate mediante Comet test sia a pH
=12.1 che a pH> 13 (dati non riportati). 4-nitromegazol non appare indurre un aumento
significativo di rotture al filamento di DNA o dar luogo a siti alcalo-labili, mentre 5-
nitroimidazolo-tiosemicarbazone è stato trovato essere più genotossico (P<0,05) di 5-
nitromegazol, con efficacia già alla concentrazione di 1µg/ml.
La capacità del tiosemicarbzone di indurre danno al DNA è stata indagata in modo più
approfondito saggiando con il Comet test il 2(1,3,4-thiadiazole)-5-nitrofurano e, per
comparazione, il suo tiosemicarbazone (fig.30).
Fig. 30 – Danno al DNA rilevato con il Comet test (pH > 13) in leucociti umani trattati (37 °C, 1 h) con 5-nitrofurano-tiosemicarbazone(C1) and 5-nitrofurano-tiadiazolo (C2). Il danno al DNA è espresso come incremento della migrazione del DNA (m) rispetto alla dose 0 (media± S.D. di tre esperimenti indipendenti). I simboli pieni rappresentano differenze significative (p < 0.05) rispetto alla dose 0. * p<0.05 tra le due curve. .
Se da un lato i derivati 5-nitrofuranici sono significativamente (P<0.05) meno
genotossici dei corrispondenti composti 5-nitroimidazolici, viene confermato che la
porzione tiosemicarbazonica è più genotossica del anello tiazolico corrispondente.
Questi risultati, che mostrano come i sostituenti della catena laterale modificano
87
fortemente il potenziale genotossico dei 5-nitrocomposti, sono in accordo con studi
precedenti (Gonzales Borrato et al., 2005) su derivati nitrofuranici e induzione di danno
al DNA.
Il protocollo modificato del Comet test (pH=12.1) per la rilevazione specifica delle basi
ossidate ha indicato che 4-nitromegazol non è in grado di indurre un aumento
significativo di basi danneggiate, mentre il 5-nitroimidazolo-tiosemicarbazone può
produrre danni ossidativi sia a carico delle basi puriniche che di quelle pirimidiniche
(fig. 31). Gli effetti del 5-nitroimidazolo-tiosemicarbazone erano più pronunciati per le
basi pirimidiniche che per quelle puriniche. I risultati ottenuti con 5-nitroimidazolo-
tiosemicarbazone hanno mostrato danni al DNA significativamente (P<0.05) maggiori
che non a seguito del trattamento con 5-nitromegazol.
Fig. 31- Danno ossidativo al DNA rilevato in cellule trattate (37 °C, 1 h) con 5-nitromegazol (a), 5-nitroimidazolo-tiosemicarbazone (b) e 4-nitromegazol (c). Lo specifico danno ossidativo è rilevato mediante il Comet test (pH =12.1) modificato per rilevare le basi ossidate tramite l'ausilio di endonucleasi batteriche di riparazione (ENDOIII e FPG). Le basi ossidate sono espresse come incremento della migrazione del DNA (m) rispetto ai dati ottenuti senza l’utilizzo di enzimi (media± S.D. di tre esperimenti indipendenti). * p<0.05 rispetto alla dose 0.
88
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
È stato osservato il possibile farmaco antiprotozoario 5-nitromegazol reagisce con il
DNA (Poli et al., 2002), inducendo sia rotture al filamento che siti alcalo-labili su
leucociti umani trattati in vitro. La comparazione dei dati ottenuti con il Comet test
effettuato con o senza l’utilizzo dell’enzima batterico di riparazione (ENDOIII) mostra
chiaramente che il meccanismo d’azione di 5-nitromegazol nell’indurre genotossicità
passa attraverso la produzione sia di basi ossidate al DNA, prodotte anche dopo tempi di
esposizione molto brevi, sia di rotture dei filamenti del DNAe siti alcalo labili. Questo è
in accordo con l’ipotesi della produzione di radicali da parte del composto in condizioni
aerobie (Bouteille et al., 1995). Metronidazolo, un altro composto 5-nitroimidazolico,
quando saggiato in linfociti umani usando il Comet test produceva, in condizioni
aerobiche, un incremento significativo di danno al DNA dose-dipendente, mentre
l’appliczione di un antiossidante proteggeva dall’induzione di danno (Re et al., 1997).
Per quanto riguarda il meccanismo di azione, è stato proposto (Re et al., 1997) che i
composti 5-nitroimidazolici inducono danni del DNA durante il cosiddetto ciclo futile,
dove cioè la riduzione ad un elettrone del farmaco porta alla produzione di radicali
nitroanionici che in presenza di ossigeno sono ossidati e possono generare specie
reattive dell'ossigeno (ROS).
La produzione di ROS è stata ampliamente supportata dall’alta capacità dei derivati del
5-nitroimidazolo-tiosemicarbazone di indurre sia basi puriniche che pirimidiniche
ossidate. Il trattamento con il 5-nitroimidazolo-tiosemicarbazone induce danni al DNA
in leucociti umani maggiori rispetto a quelli prodotti da 5-nitromegazol, come indicato
dai nostri risultati ottenuti dal Comet test effettuato con e senza ENDOIII. Quando la
struttura chimica del tiosemicarbazone è assente, i.e. dopo ciclizzazione ossidativa, il
composto mostra una minore attività, come confermato dai risultati ottenuti con il
Comet test in leucociti trattati con 5-nitrofuranotiadiazolo e, per comparazione, con il
suo tiosemicarbazone. Questo suggerisce che la porzione tiosemicarbazonica dia un
importante contributo nel conferire un potenziale genotossico al composto. In effetti, in
un recente studio ESR di questi composti (Rigol et al., 2005) è stato riportato che
derivati tiosemicarbazone nitrofuranici hanno una più alta capacità di essere ridotti e
una maggior capacità di produrre specie radicaliche rispetto al composto parentale
89
nifurtimox. La porzione tiosemicarbazonica conferisce una forte stabilità al radicale
anionico che si forma per riduzione attraverso una vasta delocalizzazione. Inoltre, viene
riportato che un ruolo centrale nel processo di riduzione è giocato dal protone acido
idrazinico del gruppo tiosemicarbazonico, presente nella struttura lineare e non nella
forma ciclica. Tali queste considerazioni contribuiscono a rendere conto dei dati da noi
ottenuti. In aggiunta, data la versatilità della porzione tiosemicarbazonica, possono
essere supposti anche altri tipi di reazioni quali attacchi nucleofili e/o elettrofili con le
basi azotate che potrebbero spiegare altri tipi di danno al DNA. In accordo con studi precedenti (Barry et al., 2004), che motivano l’attività genotossica
come conseguenza della posizione del nitrogruppo, i nostri risultati indicano che il 4-
nitroimidazole, inefficace contro Tripanosoma (Chauviere et al., 2003), è incapace
anche di indurre danni al DNA, almeno nell’intervallo di dosi utilizzato. Questo
suggerisce che dei meccanismi d’azione del 5-nitromegazol contro il parassita siano gli
stessi che agiscono sul DNA di cellule umane.
I nostri risultati sono in linea con il potenziale clastogeno mostrato dal 2-nitroimidazolo
benznidazolo precedentemente trovato sia in vivo che in vitro (Santos et al., 1994).
L'induzione di basi ossidate al DNA da parte di benznidazolo è in accordo con la
produzione delle specie attive dell'ossigeno (Docampo et al., 1984; Enanga et al., 2003)
). É comunque interessante puntualizzare che benzinidazolo, normalmente utilizzato per
il trattamento del morbo di Chagas, è maggiormente attivo rispetto al 5-nitromegazol
nell’indurre rotture al DNA/siti alcalo-labili (circa due volte più attivo) così come danno
ossidativo alle basi del DNA (più di quattro volte).
In conclusione, considerando la tendenza intrinseca dei nitrocomposti ad essere
genotossici, si ritiene importante approfondire gli studi sul ruolo giocato dal nitrogruppo
e dai sostituenti laterali dei composti in esame per ricercare farmaci più sicuri e meno
tossici.
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Gruppo B: Composti WSP
L’efficacia di WSP934 è stata saggiata in vivo utilizzando modelli animali (topi)
infettati con T. b. brucei STIB 795 e T. b. rhodesiense STIB 900 (Stewart et al., 2004).
WSP 934 risulta efficace in fase precoce su T. b. rhodesiense STIB 795 alla dose di 20
mg/kg per 4 giorni. In questi topi non si sono osservati segni evidenti di tossicità. Nel
modello più impegnativo, STIB 900, in cui il parassita sembra lasciare presto il sistema
vascolare così che il farmaco deve penetrare nei compartimenti extravascolari per
attuare una cura radicale, WSP 934 non è efficace alla dose di 20 mg/kg per 4 giorni,
ma prolunga significativamente l’aspettativa di vita di topi infetti (una media di 35
giorni contro gli 8 giorni di vita dei controlli non trattati, paragonabile a quanto
osservato con pentamidina). In vitro WSP 934 ha dimostrato di avere un’attività
significativamente migliore rispetto a nifurtimox (IC50 contro T. b. brucei = 5.6 µM),
con valori di IC50 = 0.23 µM contro T. b. brucei e IC50 = 0.025 µM contro T. b
rhodesiense. WSP 1025 ha mostrato un’attività antiparassitaria simile a WSP934
(Stewart et al., 2004). Gli altri composti sono in fase di sperimentazione.
Per valutare l’attività genotossica di WSP 934 e WSP 1025 si è proceduto al trattamento
in vitro di leucociti umani (1 ora, 37° C). Per confronto, le cellule sono state trattate
anche con benznidazol (BZ). Il danno al DNA è stato valutato anche mediante Comet
test modificato, utilizzando due enzimi, FPG ed ENDOIII, in grado di evidenziare
specificamente il danno ossidativo alle basi, eventualmente indotto dall’esposizione ai
farmaci. Per meglio valutare il tipo di danno al DNA causato da WSP 934 e WSP 1025
si è proceduto anche ad utilizzare due diversi pH (pH = 12.1 e pH > 13) durante il
processo di “unwinding” e di corsa elettroforetica del DNA.
Citotossicità
Nessuno dei composti saggiati appare in grado di alterare significativamente la
sopravvivenza dei leucociti (tab.10) e l’induzione di cellule “ghost” (tab.11) dopo
elettroforesi a pH = 12.1 o pH > 13.
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Tab.10- Sopravvivenza cellulare in leucociti umani trattati con WSP 934, WSP 1025 e benznidazol (BZ)
a 37°C per 1h.
Tab.11-Presenza di cellule ghost (GC) rilevata mediante Comet test, a pH > 13 (A) o a pH = 12.1 (B), in
leucociti umani trattati con WSP 934 e WSP1025 a 37°C per 1h. Media (±SD) di tre esperimenti
indipendenti.
Genotossicità
I valori della migrazione del DNA rilevati con il Comet test a pH > 13 (tab. 12)
indicano una certa efficacia di WSP 1025, con minima dose efficace (LED) a 2 µg/ml
(P<0.05, C di Dunnett), mentre non sono rilevabili effetti significativi per WSP 934.