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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E
NATURALI
Corso di Laurea Triennale in Matematica
Indirizzo Didattica della Matematica e
DivulgazioneScientifica
STRUMENTI DELLA TOPOLOGIAGENERALE IN ANALISI FUNZIONALE
Relatore:Chiar.mo Prof.Josef Eschgfäller
Laureanda:Lucilla Baldini
Anno Accademico 2009-2010
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Indice
Introduzione 3
1. Richiami sugli spazi di Banach 6
2. Il teorema di Stone-Weierstrass 12
3. Il teorema del Dini 20
4. Spazi metrici totalmente limitati 21
5. Il teorema di Ascoli-Arzelà 25
6. Il teorema di Baire 31
7. Il teorema di Hahn-Banach 40
8. Il teorema di Banach-Steinhaus 51
9. Il teorema dell’applicazione aperta 54
10. Topologie deboli e dualità 58
11. Algebre di Banach 60
Bibliografia 67
1
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2
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Introduzione
La tesi raccoglie i più importanti strumenti topologici
dell’analisifunzionale lineare in spazi vettoriali normati. Questi
teoremi classi-ci spesso non sono affatto banali e vengono
utilizzati in molti campidell’analisi nello studio di spazi di
funzioni, ad esempio per teoremidi esistenza o enunciati di
continuità. Essi costituiscono il punto dipartenza anche per rami
molto attuali della matematica e della fisicamatematica, ad esempio
dell’analisi complessa in più variabili e dellageometria non
commutativa.
Il primo capitolo introduce i concetti di spazio vettoriale
normato edi spazio di Banach (uno spazio vettoriale normato
completo). Si di-mostra tra l’altro che uno spazio vettoriale
normato è uno spazio diBanach se e solo se ogni serie
assolutamente convergente è conver-gente.
Nel secondo capitolo si dimostra il teorema di approssimazione
diStone-Weierstrass, ottenuto tramite il lemma di Zemánek da un
risul-tato sui sottoreticoli vettoriali di C(Ω,R). Questo teorema
permettedi raggiungere molti risultati in spazi di funzioni
dimostrandoli perpolinomi o funzioni trigonometriche.
Il terzo capitolo contiene il teorema del Dini sulla convergenza
uni-forme di una successione monotona di funzioni continue su uno
spaziocompatto.
Un sottoinsieme di Rn è compatto se e solo se è chiuso (o
equivalen-temente completo) e limitato. In uno spazio metrico
generale bisognachiedere una forma più forte di limitatezza, la
totale limitatezza. Que-sto concetto viene introdotto e discusso
nel quarto capitolo. Di grandeaiuto è qui l’uso di filtri: uno
spazio metrico è completo se e solo se ognifiltro di Cauchy su
esso converge ed è totalmente limitato se e solo seogni
ultrafiltro è un filtro di Cauchy. Con ciò si dimostra
facilmenteche uno spazio metrico è compatto se e solo se è
totalmente limitato ecompleto.
Uno dei più importanti teoremi sugli spazi di funzioni è il
teore-ma di Ascoli-Arzelà a cui è dedicato il quinto capitolo. Un
insieme difunzioni continue su uno spazio compatto è relativamente
compattonella topologia indotta dalla norma se e solo se è
equicontinuo e limi-tato in ogni punto. Questo teorema implica in
particolare il teorema diVitali-Montel dell’analisi complessa: un
insieme di funzioni olomorfesu un aperto di Cn è compatto se e
solo se è limitato e chiuso nellatopologia di Fréchet. In questo
capitolo si dimostra inoltre il teoremadi ricoprimento di Lebesgue
che a sua volta permette di ottenere comecorollario che un insieme
equicontinuo su uno spazio metrico compattoè uniformemente
equicontinuo.
Il teorema di Baire e le sue conseguenze appartengono agli
stru-menti maggiormente utilizzati per teoremi di esistenza in
topologia eanalisi. Gli spazi topologici di Baire vengono
presentati nel sesto capi-tolo. Uno spazio topologico si chiama di
Baire se per ogni successione
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A1, A2, . . . di aperti densi l’intersezione∞⋂
n=1
An è densa. Si dimostra che
due delle più importanti classi di spazi topologici possiedono
questaproprietà: ogni spazio metrico completo è uno spazio di
Baire e ognispazio localmente compatto e di Hausdorff è di Baire
(in particolarequindi ogni spazio compatto e di Hausdorff). La
seconda metà del ca-pitolo fornisce delle condizioni per cui un
sottoinsieme di uno spaziodi Baire è ancora di Baire; qui si
rivela utile la suddivisione in insiemidi prima e seconda
categoria. Particolarmente significativo è il risul-tato che ogni
Gδ denso in un spazio di Baire è ancora uno spazio diBaire. Come
applicazioni facciamo vedere che non esiste una funzioneR −→ R
continua esattamente sui numeri razionali e che uno spaziodi Banach
di dimensione infinita non può possedere una base nume-rabile.
Il settimo capitolo contiene il teorema di Hahn-Banach che si
rivelafondamentale per la teoria di struttura degli spazi
vettoriali topolo-gici. Inizialmente si introducono le funzioni
sublineari (a valori reali)su uno spazio vettoriale e quindi si
dimostra che i funzionali linearisono esattamente le funzioni
sublineari minimali. A questo punto conl’aiuto del lemma di Zorn
segue facilmente che per ogni funzione sub-lineare f esiste una
funzione lineare α con α ≤ f . Questo approcciogenerale può essere
variato in molti modi e conduce ad enunciati distruttura
estremamente importanti. In particolare si dimostra che inuno
spazio vettoriale normato X per ogni sottospazio vettoriale Y
edogni α0 ∈ Y
′ esiste un’estensione α ∈ X ′ tale che ‖α‖ = ‖α0‖ e che X′
separa i punti di X. Soltanto con ciò si riesce a dimostrare
che X ′ 6= 0.In particolare si ottiene un’immersione isometrica
lineare X −→ X ′′.Una semplice, ma tipica applicazione è il
risultato che uno spazio vet-toriale normato, il cui duale è
separabile, è anch’esso separabile.
Nell’ottavo capitolo usiamo il teorema di Baire per dimostrare
ilprincipio di uniforme limitatezza e il teorema di
Banach-Steinhaus.Quest’ultimo lo useremo nel decimo capitolo per
dimostrare che peruna successione ©
x
xn X′-convergente in uno spazio vettoriale norma-
to X, l’insieme {‖xn‖ | n ∈ N} è limitato.
Nel nono capitolo, ancora con l’aiuto del teorema di Baire, si
di-mostra che un’applicazione lineare continua e suriettiva tra
spazi diBanach è aperta (teorema dell’applicazione aperta). Da
ciò segue il teo-rema del grafico chiuso: un’applicazione lineare
tra spazi di Banach ilcui grafico è chiuso è continua.
Nel decimo capitolo per uno spazio vettoriale normato X si
introdu-cono la X ′-topologia su X e la X-topologia su X ′, che
nella letteraturasono note come topologia debole e ∗-debole. Una
semplice ma impor-tante conseguenza del teorema di Tikhonov della
topologia generale èil teorema di Alaoglu: la palla unitaria del
duale di X è X-compatta.
Il conclusivo undicesimo capitolo contiene un’introduzione alla
teo-ria delle algebre di Banach commutative, dimostrando,
all’inizio, chelo spettro di un operatore lineare ϕ in uno spazio
di Banach è com-patto, non vuoto e limitato dalla norma ‖ϕ‖. In
questo modo si ottiene
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dapprima il teorema di Gelfand-Mazur che afferma che ogni
algebradi Banach che è un campo è isomorfa in modo naturale a C.
Siccomeper un ideale massimale m di un’algebra di Banach A,
l’algebra A/m èsempre un campo, si arriva cosı̀ al primo teorema
fondamentale dellateoria spettrale di Gelfand: l’applicazione ©
a
©m
fm : A −→ C(MaxA,C)
è un omomorfismo di algebre di Banach con nucleo⋂
m∈MaxA
m.
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1. Richiami sugli spazi di Banach
Situazione 1.1. Usiamo le seguenti notazioni:
R+ := [0,∞)
K := R oppure C
Definizione 1.2. Sia X uno spazio vettoriale su K. Una seminorma
suX è un’applicazione ‖‖ : X −→ R+ tale che per ogni x, y ∈ X ed
ogniλ ∈ K siano soddisfatte le seguenti condizioni:
(1) ‖x+ y‖ ≤ ‖x‖+ ‖y‖.
(2) ‖λx‖ = |λ| ‖x‖.
Si noti che la (2) implica ‖0‖ = 0. Se inoltre
(3) ‖x‖ = 0 =⇒ x = 0,
allora ‖‖ si chiama una norma.
La coppia X = (X, ‖‖) si chiama uno spazio seminormato (nel caso
diuna seminorma) rispettivamente uno spazio normato (nel caso di
unanorma).
Nella teoria generale degli spazi vettoriali topologici (non
normati)seminorme vengono spesso denotate con lettere: p, q, . .
.
Osservazione 1.3. Sia X uno spazio seminormato. Se poniamod(x,
y) := ‖x − y‖, allora (X, d) è uno spazio semimetrico. Se ‖‖ è
unanorma, allora (X, d) è uno spazio metrico.
Concetti topologici si riferiranno sempre alla semimetrica
risp.metrica d.
Dimostrazione. È sufficiente verificare la
disuguaglianzatriangolare. Per x, y, z ∈ X abbiamo
d(x, z) = ‖x−z‖ = ‖x−y+y−z‖ ≤ ‖x−y‖+‖y−z‖ = d(x, y)+d(y, z)
Lemma 1.4. Sia (X, d) uno spazio semimetrico. Per x, y, u, v ∈ X
allora
|d(x, y)− d(u, v)| ≤ d(x, u) + d(y, v)
Dimostrazione. Abbiamo
d(x, y) ≤ d(x, u) + d(u, v) + d(v, y)
e quindi
d(x, y)− d(u, v) ≤ d(x, u) + d(y, v)
e similmente
d(u, v) ≤ d(u, x) + d(x, y) + d(y, v)
e quindi
d(u, v)− d(x, y) ≤ d(x, u) + d(y, v)
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Corollario 1.5. Sia (X, d) uno spazio semimetrico. Allora
l’applicazioned : X × X −→ R è uniformemente continua (rispetto
alla semimetricanaturale su X ×X).
Corollario 1.6. Sia X uno spazio seminormato. Per x, y, u, v ∈
Xallora
|‖x− y‖ − ‖u− v‖| ≤ ‖x− u‖+ ‖y − v‖
Corollario 1.7. Sia X uno spazio seminormato. Per x, y ∈ X
allora
|‖x‖ − ‖y‖| ≤ ‖x‖+ ‖y‖
Corollario 1.8. Sia X uno spazio seminormato. Allora
l’applicazione
‖‖ : X −→ R è uniformemente continua.
Definizione 1.9. Uno spazio di Banach (reale risp. complesso) è
unospazio normato (reale risp. complesso) completo (rispetto alla
metricadefinita dalla norma).
Osservazione 1.10. Siano (X, d) uno spazio metrico e ©nxn una
suc-
cessione di Cauchy in X. Sia n0 < n1 < n2 < ... una
successione stret-tamente crescente di numeri naturali tali che
©
k
xnk −→ x per qualche
x ∈ X. Allora anche ©nxn −→ x.
Dimostrazione. Sia ε > 0. Allora esiste ν ∈ N tale che
d(xn, xm) <ε
2per n,m ≥ ν, perché la successione ©
nxn è di Cauchy.
La convergenza della successione ©k
xnk implica però anche che esiste
k ∈ N con nk ≥ ν tale che d(xnh , x) <ε
2.
Allora per n ≥ nk abbiamo
d(xn, x) ≤ d(xn, xnk) + d(xnk , x) <ε
2+
ε
2= ε
Definizione 1.11. Sia X uno spazio normato. Una serie∞∑
n=0an in X
si dice assolutamente convergente, se la serie di numeri
reali∞∑
n=0‖an‖
converge.
Proposizione 1.12. Sia X uno spazio normato. Allora sono
equiva-
lenti:
(1) X è uno spazio di Banach.
(2) Ogni serie assolutamente convergente in X converge.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2): Sia ©nan una successione di elementi
di X
tale che∞∑
n=0‖an‖ converge. Per n ∈ N poniamo xn :=
n∑
k=0
ak.
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Per n ≥ m allora
‖xn − xm‖ = ‖n∑
k=m+1
ak‖ ≤n∑
k=m+1
‖ak‖
È chiaro a questo punto che ©nxn è una successione di Cauchy e
per
ipotesi questa successione converge. Ciò significa proprio che
la serie∞∑
n=0an converge.
(2) ⇒ (1): Sia ©nxn una successione di Cauchy in X. Allora
possiamo
trovare una successione ©k
nk di numeri naturali tale che
n0 < n1 < n2 < . . . e ‖xnk+1 − xnk‖ <1
2kper ogni k.
La serie∞∑
k=0
‖xnk+1 − xnk‖ è allora assolutamente convergente e per
ipotesi converge anche la serie∞∑
k=0
(xnk+1 − xnk), le cui somme parziali
sono proprio gli xnk . Per l’oss. 1.10 converge anche la
successione ©nxn.
Proposizione 1.13. Siano X uno spazio metrico ed A ⊂ X.
(1) Se X è completo ed A un chiuso di X, allora A è
completo.
(2) Se A è completo, allora A è chiuso in X.
Dimostrazione. (1) Se ©nan è una successione di Cauchy in A,
allora
©nan è una successione di Cauchy anche in X. Perciò esiste x ∈
X tale
che ©nan −→ x. Ciò significa x ∈ A = A.
La successione ©nan è perciò convergente in A.
(2) Sia x ∈ A. Allora esiste una successione ©nan in A tale
che
©nan −→ x. La successione convergente ©
nan è di Cauchy in A; per
ipotesi esiste a ∈ A tale che ©nan −→ a. Per l’unicità del
limite in uno
spazio metrico x = a ∈ A.
Corollario 1.14. Siano X uno spazio di Banach ed E un
sottospazio
vettoriale di X. Allora sono equivalenti:
(1) E è uno spazio di Banach.
(2) E è chiuso in X.
Definizione 1.15. Per un insieme Ω sia
l∞(Ω) := l∞(Ω,K) := {f : Ω −→ K | f è limitata }
Per f ∈ l∞(Ω) poniamo
‖f‖Ω := sup{|f(ω)| | ω ∈ Ω}
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Invece di ‖‖Ω si usa spesso il simbolo ‖‖∞.
Per spazi topologici Ω ed S siano
C(Ω, S) := {f : Ω −→ S | f è continua }
C(Ω) := C(Ω,K)
Cb(Ω) := Cb(Ω,K) := C(Ω) ∩ l∞(Ω)
Se Ω è compatto, allora C(Ω) ⊂ l∞(Ω) e per f ∈ C(Ω) si ha
‖f‖Ω = max {|f(ω)| | ω ∈ Ω}
Proposizione 1.16. Sia Ω un insieme non vuoto. Allora (l∞(Ω),
‖‖Ω) èuno spazio di Banach.
Dimostrazione. (1) È immediato che l∞(Ω) è uno spazio
vettoriale esi verifica facilmente che ‖‖ := ‖‖Ω è una norma.
(2) Dimostriamo la completezza.
Sia ©nfn una successione di Cauchy in l
∞(Ω). Per n,m ∈ N ed x ∈ Ω
allora |fn(x)− fm(x)| ≤ ‖fn − fm‖, cosicché la successione
©nfn(x) è
una successione di Cauchy in R che converge a un valore
chedenotiamo con f(x).
In questo modo otteniamo una funzione f := Ω −→ K.
Dobbiamodimostrare che f è limitata e che lim
n→∞‖fn − f‖ = 0.
Sia ε > 0. Per ipotesi esiste N ∈ N tale che ‖fn − fm‖
<ε
2per
n,m ≥ N . Sia x ∈ Ω. Siccome per costruzione limn→∞
fn(x) = f(x), esiste
n′ ≥ N tale che |fn(x)− f(x)| <ε
2per ogni n ≥ n′.
In particolare |fn′(x)− f(x)| <ε
2. Per n ≥ N abbiamo quindi
|fn(x)− f(x)| ≤ |fn(x)− fn′(x)|+ |fn′(x)− f(x)|
≤ ‖fn − fn′‖+ε
2<
ε
2+
ε
2= ε
Abbiamo perciò in particolare
|f(x)| ≤ |fN (x)|+ |f(x)− fN (x)| ≤ ‖fN‖+ ε
Si noti che N non dipende da x. Ciò mostra che la funzione f è
limitata,cosicché, tenendo conto della disuguaglianza |fn(x)−
f(x)| < ε validaper ogni n ≥ N , possiamo scrivere ‖fn − f‖ ≤ ε
e ciò implica chelimn→∞
‖fn − f‖ = 0.
Lemma 1.17. Siano Ω un insieme non vuoto ed f, g ∈ l∞(Ω).
Allora
‖fg‖Ω ≤ ‖f‖Ω‖g‖Ω
Dimostrazione. Sia x ∈ Ω. Allora
|fg(x)| = |f(x)| |g(x)| ≤ ‖f‖Ω‖g‖Ω
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Proposizione 1.18. Sia Ω uno spazio topologico non vuoto.
Allora(Cb(Ω), ‖‖Ω) è uno spazio di Banach.
Dimostrazione. Cb(Ω) è un sottospazio vettoriale di l∞(Ω),
perciò per
la prop. 1.16 e il cor. 1.14 è sufficiente dimostrare che Cb(Ω)
è chiusoin l∞(Ω) rispetto alla norma ‖‖ := ‖‖Ω.
Siano ©nfn una successione in Cb(Ω) ed f ∈ l
∞(Ω) tali che
limn→∞
‖fn − f‖ = 0. Dobbiamo dimostrare che f è continua.
Siano x ∈ Ω ed ε > 0. In primo luogo esiste m ∈ N tale che
‖fm−f‖ <ε
3.
Per la continuità di fm esiste un intorno U di x tale che per
ogni
y ∈ U si abbia |fm(y)− fm(x)| <ε
3e quindi anche
|f(y)− f(x)| ≤ |f(y)− fm(y)|+ |fm(y)− fm(x)|+ |fm(x)− f(x)|
< ‖f − fm‖+ |fm(y)− fm(x)|+ ‖fm − f‖
< 2‖fm − f‖+ε
3< 2
ε
3+
ε
3
Corollario 1.19. Sia Ω uno spazio topologico non vuoto e
compatto.Allora (C(Ω), ‖‖Ω) è uno spazio di Banach.
Nota 1.20. In particolare è uno spazio di Banach lo spazio
C([a, b]) pera, b ∈ R con a < b. Per il teorema di
approssimazione di Weierstrass(che dimostreremo nel prossimo
capitolo) ogni elemento di C([a, b]) èlimite uniforme (cioè
rispetto alla norma ‖‖Ω) di una successione dipolinomi. Ciò mostra
che C1([a, b]) è denso (e quindi sicuramente nonchiuso) in C([a,
b]). Per il cor. 1.14 perciò C1([a, b]) non è uno spazio diBanach
rispetto alla norma ‖‖[a,b].
Definizione 1.21. Sia (X, d) uno spazio metrico.
Un’applicazioneτ : X −→ X è detta una contrazione, se esiste α ∈
[0, 1] tale che
d(τ(x), τ(y)) ≤ αd(x, y)
per ogni x, y ∈ X. α si chiama un fattore di contrazione per τ
.
Una contrazione è evidentemente uniformemente continua e
quindianche continua.
Proposizione 1.22 (teorema del punto fisso di Banach). Siano
(X, d) uno spazio metrico completo non vuoto e τ : X −→ X una
con-trazione. Allora esiste esattamente un punto fisso x0 di τ ,
cioè un punto
x0 ∈ X tale che τ(x0) = x0.
Inoltre limn→∞
τn(x) = x0 per ogni x ∈ X.
Dimostrazione. Nibbi, pag. 15.
Definizione 1.23. Per p ∈ [1,∞) sia
lp(N) := lp(N,K) :=
{
x = (x0, x1, . . .) ∈ KN |
∞∑
n=0|xn|
p < ∞
}
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Si dimostra facilmente (utilizzando la disuguaglianza di
Hölder) chelp(N) diventa uno spazio di Banach con la norma
‖x‖p :=
(
∞∑
n=0|xn|
p
)1
p
Lo spazio di Banach l∞(N) è invece un caso speciale degli spazi
l∞(Ω)introdotti nella definizione 1.15.
Definizione 1.24. Sia (Ω, A, p) uno spazio di misura. Per p ∈
[1,∞)poniamo
Lp(Ω) := Lp(Ω,K) := Lp(Ω, A, p,K) :=
:=
{
f : Ω −→ K | f misurabile e
∫
|f(w)|pdp(w) < ∞
}
Allora con ‖f‖p :=(∫
|f(w)|p dp(w))
1
p otteniamo una seminorma suLp(Ω) che, identificando funzioni f
e g per le quali ‖f − g‖p = 0, defi-nisce uno spazio Lp(Ω) e una
norma su di esso. Si dimostra (teoremadi Riesz-Fischer) che Lp(Ω)
è uno spazio di Banach.
Similmente si definiscono L∞(Ω) e lo spazio di Banach L∞(Ω)
median-te il supremo essenziale.
Rimandiamo ai corsi di analisi per i dettagli.
Osservazione 1.25. Siccome l’integrale di una funzione
misurabilef ≥ 0 si annulla se e solo se l’insieme (f > 0) ha
misura nulla (El-strodt, pag. 124), nella definizione 1.24 due
funzioni f e g per p ∈ [1,∞)definiscono lo stesso elemento in Lp(Ω)
se e solo se µ(f 6= g) = 0. Seguefacilmente dalla definizione di
supremo essenziale che ciò rimane veroanche per p = ∞.
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2. Il teorema di Stone-Weierstrass
Situazione 2.1. Sia Ω un insieme non vuoto, quando non indicato
di-versamente.
Definizione 2.2. Sia F ⊂ KΩ. Diciamo che F separa i punti, se
perx, y ∈ Ω con x 6= y esiste sempre una funzione f ∈ F tale
chef(x) 6= f(y).
Osservazione 2.3. Sia F un sottospazio vettoriale di KΩ che
contie-ne le funzioni costanti e separa i punti. Siano α, β ∈ R ed
x, y ∈ Ω.Allora:
(1) Se x 6= y, allora esiste f ∈ F tale che f(x) = α ed f(y) =
β.(2) Esiste f ∈ F tale che f(x) = α.
Dimostrazione. (1) Per ipotesi esiste g ∈ F tale che g(x) 6=
g(y).Poniamo allora
f :=(α− β)g + βg(x)− αg(y)
g(x)− g(y)Le nostre ipotesi implicano f ∈ F . Inoltre
f(x) =(α− β)g(x) + βg(x)− αg(y)
g(x)− g(y) =αg(x)− αg(y)g(x)− g(y) = α
f(y) =(α− β)g(y) + βg(x)− αg(y)
g(x)− g(y) =−βg(y) + βg(x)g(x)− g(y) = β
(2) Per ipotesi la costante α appartiene ad F .
Definizione 2.4. Un sottoreticolo vettoriale di RΩ è un
sottospazio vet-toriale F di RΩ tale che per f ,g ∈ F si abbia
sempre f ∨ g ∈ F edf ∧ g ∈ F .
E’ chiaro che F contiene le funzioni costanti se e solo se 1 ∈ F
.
Teorema 2.5. Sia Ω uno spazio topologico compatto non vuoto. Sia
Fun sottoreticolo vettoriale di C(Ω,R) che contiene le funzioni
costanti esepara i punti. Allora F = C(Ω,R).
Dimostrazione. Seguiamo Schaefer, pagg. 243-244.La chiusura F
nell’enunciato si riferisce naturalmente alla topologiaindotta
dalla norma ‖‖ := ‖‖Ω.
Siano f ∈ C(Ω,R) ed ε > 0.(1) Sia x ∈ Ω. Per l’oss. 2.3
allora per ogni y ∈ Ω esiste una funzione
gy ∈ F tale che gy − f si annulli sia in x che in y. Queste
funzioni sonotutte continue, perciò per ogni y ∈ Ω esiste Uy ∈
U(y) tale chegy(z) > f(z) − ε per ogni z ∈ Uy. Siccome Ω è
compatto, esistonoy1, . . . , ym ∈ Ω tali che Ω = Uy1 ∪ . . . ∪ Uym
. Se adesso definiamohx := gy1 ∨ . . . ∨ gym : Ω −→ R
allora hx ∈ F e inoltre hx > f − ε.
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(2) Per ogni x ∈ Ω però hx − f si annulla in x, cosicché
esisteVx ∈ U(x) tale che hx(z) < f(z) + ε per ogni z ∈ Vx. Per
la compattezzadi Ω esistono x1, . . . , xn ∈ Ω tali che Ω = Vx1 ∪ .
. . ∪ Vxn . Sia orah := hx1 ∧ . . . ∧ hxn : Ω −→ R
Allora h ∈ F e inoltre h < f + ε.Siccome però hx > f − ε
per ogni x ∈ Ω, abbiamo anche h > f − ε e
cosı̀ in tutto f − ε < h < f + ε. Ciò implica ‖f − h‖
< ε.(3) Abbiamo cosı̀ dimostrato che f ∈ F .
Definizione 2.6. Una sottoalgebra di KΩ è un sottospazio
vettoriale Fdi KΩ tale che per f, g ∈ F si abbia sempre fg ∈ F
.
Osservazione 2.7. Sia F una sottoalgebra di l∞(Ω). Allora anche
F èuna sottoalgebra di l∞(Ω).
Lemma 2.8 (Zemánek). Sia F una sottoalgebra chiusa di l∞(Ω)
checontiene le funzioni costanti.
Sia f ∈ F ed f ≥ 0. Allora √f ∈ F .
Dimostrazione. Seguiamo Heuser, 2o volume, pag. 60.
Sia ‖‖ := ‖‖Ω. Usiamo più volte il lemma 1.17.(1) Supponiamo
prima che ‖1−f‖ < 1. Scegliamo α in modo tale che
‖1− f‖ < α < 1 e poniamo E := (‖F‖ ≤ α).Per la prop. 1.16
l∞(Ω) è uno spazio di Banach; siccome F è chiusa
in l∞(Ω), per la prop. 1.13 F è completa. E è chiuso in F e
quindi perla stessa proposizione E è uno spazio metrico completo,
evidentementenon vuoto. Dimostriamo che l’applicazione
A := ©u
1− f + u22
: E −→ E è ben definita e una contrazione.
(a) Sia u ∈ E . Allora∥
∥
∥
∥
1− f + u22
∥
∥
∥
∥
≤ ‖1− f‖+ ‖u2‖
2
1.17≤ ‖1− f‖+ ‖u‖
2
2<α+ α2
2< α
Perciò l’applicazione A è ben definita.
(b) Dimostriamo che A è una contrazione. Siano u, v ∈ E .
Allora
‖A(u)−A(v)‖ = ‖u2 − v2‖2
=‖(u− v)(u+ v)‖
2
≤ ‖u− v‖‖u+ v‖2
≤ ‖u‖+ ‖v‖2
‖u− v‖
≤ α+ α2
‖u− v‖ = α‖u− v‖
(c) Per la prop. 1.22 esiste perciò una funzione u ∈ E tale
che1− f + u2
2= u.
13
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Ciò significa che 1− f + u2 = 2u ovvero f = u2 − 2u+ 1 = (1−
u)2.(d) Per ipotesi f ≥ 0, perciò la funzione √f = ©
x
√
f(x) è ben definita
e chiaramente√f ∈ l∞(Ω).
Per ogni x ∈ Ω abbiamo√
f(x) = ±(1 − u(x)). Ciò implica u(x) ∈ Ranche quando K = C.
Però u ∈ E , cosicché 0 ≤ u(x) ≤ α < 1, per cui1− u(x) > 0.
Ciò implica √f = 1− u. Adesso è chiaro che √f ∈ F .(2)
Rinunciando all’ipotesi ‖1 − f‖ < 1, supponiamo però che
esista
un ε > 0 tale che f ≥ ε. Siccome la funzione f è limitata,
abbiamoallora 0 < ε ≤ f ≤ ‖f‖, cosicché
∥
∥
∥
∥
1− f‖f‖
∥
∥
∥
∥
=1
‖f‖‖‖f‖ − f‖ < 1.
Per il punto (1)
√
f
‖f‖ =1
√
‖f‖√
f ∈ F e quindi anche √f ∈ F ,
perché F è una sottoalgebra di l∞(Ω).(3) In quest’ultima parte
della dimostrazione supponiamo solo che
f ≥ 0. Per il punto (2) abbiamo√
f +1
n∈ F per ogni n ∈ N+ 1.
Ma
0 ≤√
f +1
n−
√f =
(
f +1
n
)
− f√
f +1
n+
√f
=1
n
(
√
f +1
n+
√f
) ≤ 1
n
√
1
n
=1√n
cosicché∥
∥
∥
∥
∥
√
f +1
n−√f
∥
∥
∥
∥
∥
≤ 1√n
e ciò mostra che limn→∞
√
f +1
n=
√f in l∞(Ω).
Siccome
√
f +1
n∈ F per ogni n, dall’ipotesi che F sia chiusa in
l∞(Ω) otteniamo√f ∈ F .
Lemma 2.9. Sia F una sottoalgebra chiusa di l∞(Ω,R) che contiene
lefunzioni costanti. Siano f, g ∈ F .
Allora anche le funzioni |f |, f ∨ g e f ∧ g appartengono ad F
.F è quindi un sottoreticolo di l∞(Ω,R).
Dimostrazione. (1) Per ipotesi f e g assumono solo valori reali,
per
cui f2 ≥ 0 e |f | =√
f2. Il lemma 2.8 implica |f | ∈ F .(2) Da ciò segue che
f ∨ g = f + g + |f − g|2
∈ F
f ∧ g = f + g − |f − g|2
∈ F
14
-
Teorema 2.10 (Stone-Weierstrass). Sia Ω uno spazio topologico
com-patto e non vuoto. Sia F una sottoalgebra di C(Ω,R) che
contiene lefunzioni costanti e separa i punti. Allora F =
C(Ω,R).
Dimostrazione. Per il cor. 1.19 C(Ω,R) è chiusa in l∞(Ω) e
quindianche la sottoalgebra (oss. 2.7) F è chiusa in l∞(Ω) e
quindi, per illemma 2.9, un sottoreticolo di l∞(Ω). L’enunciato
segue dal teorema2.5.
Osservazione 2.11. Una dimostrazione elementare, basata su
sottilistime apposite, del teorema di Stone-Weierstrass è data nel
lavoro diBrosowski/Deutsch.
Una dimostrazione che utilizza il teorema di Alaoglu e il
teoremadi Krein-Milman, dovuta a Louis de Branges, si trova ad
esempio inConway, pagg. 149-150.
Definizione 2.12. Uno spazio topologico X si dice completamente
re-golare, se è di Hausdorff e per ogni x ∈ X ed ogni chiuso A di
X conx /∈ A esiste una funzione continua f : X −→ [0, 1] tale che
f(x) = 1 e(f = 0, in A).
Osservazione 2.13. Sia Ω uno spazio topologico non vuoto,
compattoe di Hausdorff. Allora Ω è completamente regolare, per cui
C(Ω,R)separa i punti.
Nota 2.14. L’ oss. 2.3 e la dimostrazione del teorema di
Stone-Weier-strass rimangono valide se la condizione che F contenga
le funzionicostanti viene sostituita con la condizione più debole
che F abbia sup-porto pieno, cioè che per ogni x ∈ Ω esiste una
funzione f ∈ F tale chef(x) 6= 0.
Se inoltre F non separa i punti oppure non ha supporto pieno,
ciòvale evidentemente anche per F . Da ciò segue che il teorema
di Stone-Weierstrass può essere formulato nel modo seguente:
Siano Ω uno spazio topologico non vuoto, compatto e di
Hausdorff,ed F una sottoalgebra di C(Ω,R). Allora sono
equivqlenti:(1) F = C(Ω,R).(2) F separa i punti e possiede supporto
pieno.
Questa variante si trova in Appell/Väth, pagg. 325-327.
Osservazione 2.15. Sia Ω un sottoinsieme di Rn il cui interno
sia nonvuoto. Se due polinomi f, g ∈ R[x1, . . . , xn] sono tali
che f(ω) = g(ω)per ogni ω ∈ Ω, per il principio di identità per
polinomi in più variabili(ad es. Scheja/Storch, 2o volume, pag.
48) i polinomi f e g devono coin-cidere. Possiamo quindi
considerare R[x1, . . . , xn] come sottoalgebra diC(Ω,R) che
ovviamente contiene le funzioni costanti.
Abbiamo però anche per un qualsiasi sottoinsieme non vuoto Ω di
Rn
un’applicazione naturale ©f
©ωf(ω) : R[x1, . . . , xn] −→ RΩ; l’immagine
R[x1, . . . , xn]Ω di quest’applicazione è una sottoalgebra di
C(Ω,R) checontiene le funzioni costanti.
15
-
Corollario 2.16 (teorema di approssimazione di Weierstrass).
Sia Ω un sottoinsieme compatto e non vuoto di Rn.
Allora R[x1, . . . , xn] = C(Ω,R).
Dimostrazione. Per l’oss. 2.15 e il teorema 2.10 è sufficiente
verifi-care che R[x1, . . . , xn] separa i punti di Ω.
Siano a, b due punti distinti di Ω; allora essi si distinguono,
ad es-empio, nella prima coordinata e per il polinomio f := x1
abbiamof(a) 6= f(b).
Corollario 2.17. Siano a, b ∈ R con a < b. Allora R[x][a,b] =
C([a, b],R).
Nota 2.18. Per funzioni continue definite su intervalli,
polinomi ap-prossimanti possono essere indicati esplicitamente. È
sufficiente con-siderare il caso dell’intervallo [0, 1], perché
ogni altro intervallo [a, b]può essere trasformato in esso tramite
la trasformazione affine
©x
x− ab− a .
Per f ∈ C([0, 1],R) ed n ∈ N definiamo l’n-esimo polinomio di
Bern-stein tramite
Bn(f) :=n∑
k=0
f
(
k
n
)(
nk
)
xk(1− x)n−k
Allora la successione ©nBn(f) converge uniformemente ad f .
Dimostrazione. Ad esempio Davis, pagg. 108-111, oppure Wloka,
pagg.17-18.
Definizione 2.19. Per F ⊂ CΩ poniamoReF := {Re f | f ∈ F}ImF :=
{Im f | f ∈ F}
Teorema 2.20. Sia Ω uno spazio topologico non vuoto e compatto.
SiaF una sottoalgebra (complessa) di C(Ω,C) che soddisfa le
seguenti trecondizioni:
(1) F separa i punti.(2) F contiene le funzioni costanti.(3) ReF
⊂ F e ImF ⊂ F .
Allora F = C(Ω,C).
Dimostrazione. (1) Sia FR := F ∩C(Ω,R). Allora FR è una
sottoalge-bra (reale) di C(Ω,R) che contiene le funzioni
costanti.
(2) Dimostriamo che FR separa i punti.Siano x, y ∈ Ω tali che x
6= y. Per ipotesi esiste f ∈ F tale che
f(x) 6= f(y). Ciò implica però che Re f(x) 6= Re f(y) oppureIm
f(x) 6= Im f(y). Evidentemente però Re f ed Im f appartengono
adFR.
16
-
(3) Dal teorema 2.10 segue che FR = C(Ω,R).(4) Siano adesso f ∈
C(Ω,C) ed ε > 0. Per il punto (3) esistono
u, v ∈ FR tali che ‖Re f − u‖ <ε
2e ‖ Im f − v‖ < ε
2. Quindi avremo
‖f − u+ iv‖ = ‖Re f + i Im f − u+ iv‖ ≤ ‖Re f − u‖+ ‖ Im f − v‖
< εDunque abbiamo dimostrato che F = C(Ω,C).
Osservazione 2.21. Sia F una sottoalgebra di CΩ. Allora sono
equi-valenti:
(1) ReF ⊂ F e ImF ⊂ F .
(2) f ∈ F =⇒ f ∈ F .Dimostrazione. Per f ∈ F , si hanno le
relazioni f = Re f − i Im f , che
mostra l’implicazione (1) ⇒ (2), e Re f = f + f2
, Im f =f − f2i
, da cui
segue l’implicazione (2) ⇒ (1).
Nota 2.22. La condizione (3) del teorema 2.20 è necessaria,
come sivede dal seguente esempio: Siano D := (|C| < 1) il disco
unitario apertodi C ed F :=
{
f : D −→ C continua | f olomorfa in D}
.
È immediato che F è una sottoalgebra (complessa) di C(D,C)
chesepara i punti e contiene le funzioni costanti. Invece, mentre
©
zz ∈ F ,
la funzione ©zz non fa più parte di F , non essendo
olomorfa.
Ed effettivamente, per un noto teorema dell’analisi complessa si
haF = F 6= C(D,C).
Corollario 2.23. Sia Ω un sottoinsieme compatto e non vuoto di
Cn.Allora C[x1, x1, . . . , xn, xn]Ω = C(Ω,C).
Dimostrazione. Come nella dimostrazione del cor. 2.16 si
dimostrache C[x1, x1, . . . , xn, xn] separa i punti. È chiaro
allora che sono soddi-sfatte le ipotesi del teorema 2.20.
L’algebra C[x1, x1, . . . , xn, xn] è definita in analogia con
l’oss. 2.15.
Proposizione 2.24. Siano Ω e Ω′ due spazi topologici non vuoti,
com-patti e di Hausdorff. Sia
F := { ©(x,y)
m∑
k=1
fk(x)gk(y) | m ∈ N+ 1,
f1, . . . , fm ∈ C(Ω,R), g1, . . . , gm ∈ C(Ω′,R)}
Allora F = C(Ω× Ω′,R).
Dimostrazione. È chiaro che F è una sottoalgebra di C(Ω × Ω′)
checontiene le funzioni costanti.
Per il teorema 2.10 è sufficiente dimostrare che F separa i
punti.Siano (x, x′) e (y, y′) due punti di Ω× Ω′ e, ad esempio, x
6= y.
17
-
Per l’oss. 2.13 esiste f ∈ C(Ω,R) tale che f(x) 6= f(y).Allora ϕ
:= ©
(x,y)f(x) appartiene ad F e separa i due punti. Infatti
ϕ(x, x′) = f(x) 6= f(y) = ϕ(y, y′)
Osservazione 2.25. Sia Ω uno spazio topologico. Se C(Ω,K) separa
ipunti, allora Ω è uno spazio di Hausdorff.
Quindi anche se nei teoremi 2.5, 2.10 e 2.20 non abbiamo
supposto
esplicitamente che Ω sia di Hausdorff, questa ipotesi è
automaticamen-te soddisfatta.
Dimostrazione. Siano x, y ∈ Ω con x 6= y. Per ipotesi esistef ∈
C(Ω,K) tale che f(x) 6= f(y). Siccome K è uno spazio di
Hausdorff,esistono U ∈ Uf(x) e V ∈ Uf(y) tali che U ∩ V = ∅ e
quindi anchef−1(U) ∩ f−1(V ) = f−1(U ∩ V ) = ∅. f−1(U) e f−1(V )
sono intorni di xperché la funzione f è continua.
Proposizione 2.26. Sia
F := {f :S1 −→ C | esistono n ∈ N e c−n, . . . , cn ∈ C tali
che
f = ©z
n∑
k=−n
ckzk}
Allora F = C(S1,C).
Dimostrazione. Ovviamente F è una sottoalgebra di C(S1,C)
checontiene le funzioni costanti. Dobbiamo dimostrare che sono
soddi-sfatte le condizioni (1) e (3) del teorema 2.20.
Che F separa i punti è chiaro perché la funzione ©zz
appartiene
ad F .Per l’oss. 2.21 rimane da dimostrare che f ∈ F implica f ∈
F .
Ma per z ∈ S1 si ha z = z−1, per cui ©z
n∑
k=−n
ckzk = ©z
n∑
k=−n
c−kzk ∈ F .
Definizione 2.27. Un polinomio trigonometrico (su [0, 2π]) è
una fun-zione della forma
©t(a0 +
n∑
k=1
(akcoskt+ bksenkt)) : [0, 2π] −→ R
con n ∈ N ed a0, . . . , an, b1, . . . , bn ∈ R.Per n = 0
naturalmente appare solo il termine costante a0.
Nota 2.28. Siano n ∈ N e c−n, . . . , cn ∈ C ed
f := ©z
n∑
k=−n
ckzk : S1 −→ C
Consideriamo la funzione g := ©tf(eit) : [0, 2π] −→ C.
Allora g(0) = g(2π).
18
-
Per ogni k sia ck = αk + iβk con αk, βk ∈ R.(1) Per t ∈ [0, 2π]
abbiamo allora
g(t) =
n∑
k=−n
(αk + iβk)eikt =
n∑
k=−n
(αk + iβk)(cos kt+ i sin kt)
=
n∑
k=−n
(αk cos kt− βk sin kt) + in∑
k=−n
(αk sin kt+ βk cos kt)
(2) Assumiamo adesso che g (o f ) assuma solo valori reali.
Allora
g(t) =n∑
k=−n
(αk cos kt− βk sin kt)
per ogni t ∈ [0, 2π]. Però cos(−kt) = cos kt e sin(−kt) = − sin
kt, cosicchépossiamo scrivere
g(t) = α0 +
n∑
k=1
(αk + α−k) cos kt−n∑
k=1
(βk − β−k) sin kt
= a0 +
n∑
k=1
(ak cos kt+ bk sin kt)
con a0 := α0, ak := αk + α−k, bk := β−k − βk.
Proposizione 2.29. Sia G l’insieme dei polinomi trigonometrici
(su[0, 2π]). Nella topologia dell’uniforme convergenza si ha
G = {ϕ ∈ C([0, 2π],R) | ϕ(0) = ϕ(2π)}
Dimostrazione. Sia ϕ ∈ C([0, 2π],R) con ϕ(0) = ϕ(2π).Definiamo ψ
: S1 −→ R tramite ψ(eit) := ϕ(t).Si dimostra facilmente che ψ è
ben definita e continua (cfr. ad es-
empio Schempp/Dreseler, pag. 11). Per la prop. 2.26 possiamo
appros-
simare ψ con funzioni della forma f = ©z
n∑
k=−n
ckzk e quindi anche
tramite le parti reali di queste funzioni (per una succesione f̃
−→ ψ siha Re f̃ −→ Reψ = ψ).
Per la nota 2.28 otteniamo un’approssimazione di ψ tramite
polino-mi trigonometrici.
19
-
3. Il teorema del Dini
Situazione 3.1. Sia Ω uno spazio topologico non vuoto.Scriviamo
‖‖ invece di ‖‖Ω.
Lemma 3.2. Siano Ω compatto ed F ⊂ C(Ω,R). Sia ϕ ∈ C(Ω,R)
taleche per ogni x ∈ Ω esiste f(x) ∈ F tale che f(x)(x) >
ϕ(x).
Allora esistono f1, . . . , fm ∈ F tali che f1 ∨ . . . ∨ fm >
ϕ.
Dimostrazione. Dalla continuità di queste funzioni segue che
per
ogni x ∈ Ω l’insieme (f(x) > ϕ) = (f(x) − ϕ > 0) è un
aperto che peripotesi contiene x.
Per la compattezza di Ω esistono x1, . . . , xm ∈ Ω tali che
Ω =m⋃
i=1(f(xi) − ϕ > 0).
Per avere l’enunciato basta porre fi = f(xi).
Definizione 3.3. Un insieme quasi ordinato (F ,≤) si dice
diretto versol’alto, se per ogni f, g ∈ F esiste h ∈ F tale che f,
g ≤ h.
Proposizione 3.4. Siano Ω compatto ed F un sottoinsieme diretto
ver-so l’alto di C(Ω,R).
Per ogni x ∈ Ω sia ϕ(x) := sup {f(x) | f ∈ F} < ∞. La
funzioneϕ : Ω −→ R cosı̀ ottenuta sia continua.
Allora per ogni ε > 0 esiste f ∈ F con 0 ≤ ϕ − g < ε e
quindi inparticolare ‖ϕ− g‖ < ε per ogni g ∈ (F ≥ f).
Dimostrazione. Sia ε > 0. Allora, per costruzione di ϕ, per
ogni x ∈ Ωesiste f(x) ∈ F tale che f(x)(x) > ϕ(x) − ε. Per il
lemma 3.2 esistonof1, . . . , fm ∈ F tali che f1 ∨ . . . ∨ fm >
ϕ− ε.
Però l’insieme F è diretto verso l’alto, perciò esiste f ∈ F
tale chef ≥ f1 ∨ . . . ∨ fm e quindi anche f > ϕ− ε, ovvero ϕ− f
< ε.
Sia ora g ∈ F con g ≥ f . Per la definizione di ϕ si ha allora f
≤ g ≤ ϕ,cosicché 0 ≤ ϕ− g ≤ ϕ− f < ε. Ciò a sua volta implica
‖ϕ− g‖ < ε.
Teorema 3.5 (teorema del Dini). Siano Ω compatto edf0 ≤ f1 ≤ f2
≤ . . . una successione monotona di funzioni continueΩ −→ R e ϕ ∈
C(Ω,R) tale che ©
n
fn(x) −→ ϕ(x) per ogni x ∈ Ω.
Allora la successione converge uniformemente, si ha cioè
©n
‖ϕ− fn‖ −→ 0.
Dimostrazione. Ciò è una conseguenza immediata della prop. 3.4
ap-
plicata all’insieme F = {fn | n ∈ N}.
Infatti è chiaro che ϕ = supF .
20
-
4. Spazi metrici totalmente limitati
Nota 4.1. Per i concetti di filtro e ultrafiltro rimandiamo ai
libri ditesto di Topologia generale oppure a Chiodera.
Proposizione 4.2. Siano X uno spazio topologico compatto ed A
unchiuso di X. Allora A è compatto.
Dimostrazione. Chiodera, pag. 17.
Proposizione 4.3. Siano X uno spazio topologico di Hausdorff ed
Aun sottoinsieme compatto di X. Allora A è chiuso in X.
Dimostrazione. Chiodera, pag. 18.
Proposizione 4.4. Ogni spazio metrico è sottospazio denso di
uno
spazio metrico completo.
Dimostrazione. Engelking, pag. 721.
Definizione 4.5. Sia (X, d) uno spazio metrico. Un filtro ẋ su
X si dicedi Cauchy, se per ogni ε > 0 esiste un insieme F ∈ ẋ
tale che d(u, v) < εper ogni u, v ∈ F .
Definizione 4.6. Siano X uno spazio topologico, ẋ un filtro su
X edx ∈ X. Diciamo che ẋ converge ad x e scriviamo ẋ −→ x, se
U(x) ⊂ ẋ.
Lemma 4.7. Uno spazio metrico (X, d) è completo se e solo se
ogni filtrodi Cauchy su X converge.
Dimostrazione. (1) Assumiamo che ogni filtro di Cauchy su X
con-verga. Sia ©
n
xn una successione di Cauchy in X. Sia
ẋ := {F ⊂ X | esiste n0 con {xn | n ≥ n0} ⊂ F}
il filtro ottenuto da ©n
xn. È chiaro che ẋ è un filtro di Cauchy.
Per ipotesi esiste x ∈ X con ẋ −→ x.
Sia ε > 0. Allora esiste n0 tale che {xn | n ≥ n0} ⊂ (d(X,x)
< ε). Maciò significa che d(xn, x) < ε per ogni n ≥ n0 e
vediamo che ©
n
xn −→ x.
(2) Siano X completo ed ẋ un filtro di Cauchy su X. Dobbiamo
dimo-strare che ẋ converge.
Siccome ẋ è un filtro di Cauchy, per ogni n ≥ 1 esiste Fn ∈ ẋ
tale ched(u, v) < 1/n per ogni u, v ∈ Fn. Possiamo fare in modo
cheFn+1 ⊂ Fn.
Gli insiemi Fn non sono vuoti, quindi per ogni n possiamo
scegliereun punto xn ∈ Fn.
È chiaro che ©n
xn è una successione di Cauchy. Infatti per ogni
ε > 0 esiste n0 tale che 1/n0 < ε.
21
-
Per n,m ≥ n0 abbiamo allora xn, xm ∈ Fn0 e quindid(xn, xm) <
1/n0 < ε. Siccome X è completo, esiste x ∈ X con©n
xn −→ x. Dobbiamo dimostrare che ẋ −→ x. Sia ε > 0. Allora
esiste
n ∈ N + 1 tale che 1/n < ε/2 e d(xn, x) < ε/2. Sia U :=
(d(X,x) < ε).Dimostriamo che U ∈ ẋ. Per z ∈ Fn abbiamo
d(z, x) ≤ d(z, xn) + d(xn, x) <1
n+
ε
2<
ε
2+
ε
2= ε
Ciò implica Fn ⊂ U ∈ ẋ, per cui U ∈ ẋ.
Lemma 4.8. Siano X uno spazio metrico completo ed ẋ un filtro
diCauchy su X. Siano ẏ un filtro su X con ẋ ⊂ ẏ ed x ∈ X tale
cheẏ −→ x. Allora ẋ −→ x.
Dimostrazione. Sia ε > 0. Dimostriamo che (d(X,x) < ε) ∈
ẋ.
Siccome ẋ è un filtro di Cauchy, esiste F ∈ ẋ tale che d(u,
v) <ε
2per
ogni u, v ∈ F . Siccome ẏ −→ x, si ha inoltre U := (d(X,x) <
ε) ∈ ẏ.Però anche F ∈ ẏ, per cui U ∩ F 6= ∅. Sia w ∈ U ∩ F .
Allora per ogniz ∈ F si ha
d(x, z) ≤ d(x,w) + d(w, z) <ε
2+
ε
2= ε
Ciò significa F ⊂ (d(X, ε) < ε) e quindi (d(X, ε) < ε) ∈
ẋ.
Proposizione 4.9. Uno spazio metrico compatto è completo.
Dimostrazione. Sia X uno spazio metrico compatto. Per la prop.
4.4X è sottospazio denso di uno spazio metrico completo E. Dal
lemma4.3 segue che X è chiuso in E e deve quindi coincidere con
E.
Invece della prop. 4.4 possiamo anche usare il lemma 4.7. Siano
in-fatti ẋ un filtro di Cauchy su X ed ẍ un ultrafiltro con ẋ ⊂
ẍ.
Siccome X è compatto, esiste x ∈ X tale che ẍ −→ x. Per il
lemma4.8, ẋ −→ x. Il lemma 4.7 implica che X è completo.
Definizione 4.10. Uno spazio metrico (X, d) si dice totalmente
limita-to (o precompatto), se X è vuoto oppure per ogni ε > 0
esistono
a1, . . . , am ∈ X tali chem⋃
i=1
(d(X, ai) < ε) = X.
Osservazione 4.11. Uno spazio metrico compatto è
totalmentelimitato.
Lemma 4.12. Uno spazio metrico X è totalmente limitato se e
solo seogni ultrafiltro su X è un filtro di Cauchy.
Dimostrazione. Possiamo assumere che X 6= ∅.
(1) Siano X totalmente limitato ed ẍ un ultrafiltro su X. Sia ε
> 0.
Per ipotesi esistono a1, . . . , am ∈ X tali chem⋃
i=1
(d(X, ai) < ε) = X. Per
una nota proprietà degli ultrafiltri (Chiodera, pag. 13) esiste
un i taleche F := (d(X, ai) < ε/2) ∈ ẍ.
22
-
Per u, v ∈ F abbiamo allora
d(u, v) ≤ d(u, ai) + d(ai, v) <ε
2+
ε
2= ε
Ciò mostra che ẍ è un filtro di Cauchy.
(2) Sia X non totalmente limitato. Allora esiste ε > 0 tale
che X nonpuò essere ricoperto con un numero finito di palle aperte
di raggio ε.
Ciò implica che, se per x ∈ X poniamo Ax := (d(X,x) ≥ ε),
alloraα := {Ax | x ∈ X} è un intreccio (possiede cioè la
proprietà dell’interse-zione finita, cfr. Chiodera, pag. 6).
Perciò esiste un ultrafiltro ẍ su Xcon α ⊂ ẍ. Dimostriamo che ẍ
non è un filtro di Cauchy. Supponiamo,per assurdo, che esista F ∈
ẍ tale che d(u, v) < ε per ogni u, v ∈ F .
Scegliamo un punto arbitrario u ∈ F . Abbiamo Au ∈ ẍ, quindi
ancheF ∩Au ∈ ẍ e di conseguenza F ∩Au 6= ∅. Possiamo quindi
scegliere unv ∈ F ∩Au.
Allora u, v ∈ F ∈ ẋ e d(u, v) ≥ ε, in contrasto con la scelta
di F .
Teorema 4.13. Uno spazio metrico X è compatto se e solo se è
total-mente limitato e completo.
Dimostrazione. (1) Sia X compatto. Allora X è totalmente
limitatoper l’oss. 4.11 e completo per la prop. 4.9.
(2) Sia X totalmente limitato e completo. Per il lemma 4.12
ogniultrafiltro su X è di Cauchy e quindi converge per il lemma
4.7.
Corollario 4.14. Uno spazio metrico completo è compatto se e
solo se è
totalmente limitato.
Lemma 4.15. Sia X uno spazio metrico totalmente limitato.
Alloraogni sottospazio di X è totalmente limitato.
Dimostrazione. Sia Y ⊂ X. Siano ÿ un ultrafiltro su Y ed i : Y
−→ Xl’inclusione. Allora i(ÿ) è un ultrafiltro su X (Chiodera,
prop. 2.38) equindi un filtro di Cauchy. Sia ε > 0. Allora
esiste F ∈ i(ÿ) tale ched(F ) < ε. Però F ∈ i(ÿ) significa
che A ∩ F ∈ ÿ ed è chiaro che anched(A ∩ F ) < ε. Ciò mostra
che ÿ è di Cauchy.
Lemma 4.16. Siano E uno spazio metrico ed X un sottoinsieme di
E.Allora X è totalmente limitato se e solo se X è totalmente
limitato.
Dimostrazione. Se X è totalmente limitato, lo è anche X, per
il lem-ma 4.15.
Sia X totalmente limitato. Possiamo assumere che X 6= ∅. Sia ε
> 0.
Per ipotesi esistono a1, . . . , am ∈ X tali chem⋃
i=1
(d(X, ai) < ε/2) = X.
Allora è chiaro che
X ⊂m⋃
i=1
(d(X, ai) < ε/2) e quindim⋃
i=1
(d(X, ai) < ε) = X.
Definizione 4.17. Siano E uno spazio topologico ed X ⊂ E. X si
dicerelativamente compatto in E, se la chiusura X di X in E è
compatta.
23
-
Proposizione 4.18. Siano E uno spazio metrico completo ed X
unsottoinsieme di E. Allora sono equivalenti:
(1) X è totalmente limitato.
(2) X è relativamente compatto in E.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2): Sia X totalmente limitato. Per il
lemma4.16 anche X è totalmente limitato. Per la prop. 1.13 però X
è completoe quindi compatto per il teorema 4.13.
(2) ⇒ (1): Sia X compatto. Allora X è totalmente limitato e
quindilo è anche X, per il lemma 4.15.
Osservazione 4.19. Uno spazio metrico (X, d) totalmente limitato
èlimitato.
Dimostrazione. Per ipotesi esistono a1, . . . , am ∈ X tali
chem⋃
i=1
(d(X, ai) < 1) = X.
Sia ρ := max {d(ai, aj) | 1 ≤ i, j ≤ m}. Per x, y ∈ X allora
esistono i, jtali che d(x, ai) < 1 e d(y, aj) < 1 e
quindi
d(x, y) ≤ d(x, ai) + d(ai, aj) + d(aj , y) < 2 + ρ
Osservazione 4.20. Per un sottoinsieme X ⊂ Kn sono
equivalenti:
(1) X è totalmente limitato.
(2) X è limitato.
(3) X è relativamente compatto in Kn.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2): Oss. 4.19.
(2) ⇒ (3): Se X è limitato, allora X è limitato e chiuso,
quindicompatto.
(3) ⇒ (1): Prop. 4.18.
Nota 4.21. Il criterio nell’oss. 4.20 vale solo per sottoinsiemi
di Kn,non in uno spazio metrico completo generale. Infatti, in ogni
spaziometrico (X, d) si può sostituire la metrica con D(x, y) :=
min(1, d(x, y))per ottenere una metrica limitata (con D(x, y) ≤ 1
per ogni x, y) cheinduce la stessa topologia; cfr. Engelking, pagg.
250-251 e 269.
È chiaro che (X,D) è completo se e solo se lo è (X, d) e
quindi risul-terebbe che ogni spazio metrico completo è
compatto.
Per esempio, se su R introduciamo una nuova metrica conD(x, y)
:= min(1, |x− y|), allora otteniamo uno spazio metrico comple-to
limitato omeomorfo alla retta reale euclidea e quindi non
compatto.
24
-
5. Il teorema di Ascoli-Arzelà
Nota 5.1. Sia Ω uno spazio topologico non vuoto. Per un insieme
difunzioni F ⊂ KΩ ed x ∈ Ω, A ⊂ Ω siano
F(x) := {f(x) | f ∈ F}
F(A) := {f(a) | f ∈ F , a ∈ A}
Scriviamo ‖‖ invece di ‖‖Ω.
Definizione 5.2. Sia (S, θ) uno spazio metrico. Un insieme di
funzioniF ⊂ SΩ si dice
(1) equicontinuo, se per ogni x ∈ Ω ed ogni ε > 0 esiste un
intornoU ∈ U(x) tale che θ(f(x), f(y)) < ε per ogni f ∈ F ed
ogni y ∈ U ;
(2) limitato in ogni punto, se l’insieme F(x) è limitato per
ogni x ∈ Ω.
Osservazione 5.3. Siano (S, θ) uno spazio metrico ed F un
sottoinsie-me equicontinuo di SΩ. Allora F ⊂ C(Ω, S).
Proposizione 5.4. Ogni sottoinsieme totalmente limitato di
Cb(Ω,K)è equicontinuo.
Dimostrazione. Sia F ⊂ Cb(Ω,K) ed F totalmente limitato. Sianox
∈ Ω ed ε > 0. Per ipotesi esistono g1, . . . , gm ∈ F tali
chem⋃i=1
(‖F−gi‖ < ε/3) = F . Ciò significa che per ogni f ∈ F esiste
un i tale
che ‖f−gi‖Ω < ε/3. Sia ora U := {y ∈ Ω | |gi(y)− gi(x)| <
ε/3 per ogni i}.
È chiaro che U è un aperto di Ω, quindi, siccome
evidentementex ∈ Ω, abbiamo U ∈ U(x).
Siano y ∈ U ed f ∈ F . Allora esiste un i tale che ‖f − gi‖Ω
< ε/3, percui
|f(x)− f(y)| ≤ |f(x)− gi(x)|+ |gi(x)− gi(y)|+ |gi(y)− f(y)|
<ε
3+
ε
3+
ε
3= ε
Osservazione 5.5. L’applicazione ©ff(x) : Cb(Ω,K) −→ K è
continua
per ogni x ∈ Ω.
Dimostrazione. Sia x ∈ Ω. Siano ©nfn una successione in Cb(Ω,K)
ed
f ∈ Cb(Ω,K) tali che ©n‖fn − f‖ −→ 0.
Siccome |fn(x)− f(x)| ≤ ‖fn − f‖ per ogni x ∈ Ω, è chiaro
che©n|fn(x)− f(x)| −→ 0, cioè ©
nfn(x) −→ f(x).
Corollario 5.6. Sia F un sottoinsieme relativamente compatto di
Cb(Ω,K).Per ogni x ∈ Ω allora l’insieme F(x) è limitato.
Dimostrazione. Per ipotesi F è compatto. Dall’oss. 5.5 segue
che F(x)è compatto e quindi un sottoinsieme limitato di K. Perciò
anche F(x)è limitato.
25
-
Nota 5.7. Lo spazio KΩ può essere dotato della topologia
prodotto(detta anche topologia della convergenza puntuale), in cui
per ogni
g ∈ KΩ gli insiemi della forma
Wε(x1, . . . , xm) :={h ∈ KΩ | |h(xi)− g(xi)| < ε per i = 1,
. . . ,m
}
con ε > 0 ed x1, . . . , xm ∈ Ω, formano una base per gli
intorni di g.
Una rete (successione di Moore-Smith, cfr. Willard, pagg. 73-77,
op-pure Riviera, pagg. 1-5) ©
λfλ converge ad f nella topologia prodotto se
e solo se ©λfλ(x) −→ f(x) per ogni x ∈ Ω.
Proposizione 5.8. Siano F un sottoinsieme equicontinuo di KΩ ed
F̂la chiusura di F nella topologia prodotto.
Allora anche F̂ è un insieme equicontinuo e quindi in
particolare siha F̂ ⊂ C(Ω,K).
Dimostrazione. Siano x ∈ Ω e ε > 0. Per ipotesi esiste un
intornoU ∈ U(x) tale che |f(x)− f(y)| < ε/3 per ogni f ∈ F ed
ogni y ∈ U .
Dimostriamo che |g(x)− g(y)| < ε per ogni g ∈ F̂ ed ogni y ∈
U .
Sia infatti g ∈ F̂ . Allora, nella notazione della nota 5.7,
l’insiemeWε/3(x, y) è un intorno di g nella topologia prodotto,
per cui esiste unf ∈ F ∩Wε/3(x, y).
Ciò significa che esiste un f ∈ F tale che |f(x)− g(x)| <
ε/3 e|f(y)− g(y)| < ε/3.
Ciò implica
|g(x)− g(y)| ≤ |g(x)− f(x)|+ |f(x)− f(y)|+ |f(y)− g(y)|
<ε
3+
ε
3+
ε
3= ε
Proposizione 5.9. Siano Ω compatto ed F un sottoinsieme
equiconti-nuo di KΩ. Allora su F la topologia prodotto coincide con
la topologiaindotta dalla norma ‖‖Ω.
Dimostrazione. (1) È chiaro che la convergenza in norma implica
laconvergenza puntuale.
(2) Siano f ∈ F e ©λfλ una rete in K
Ω che puntualmente converge
ad f . Sia ε > 0.
Per l’ipotesi di equicontinuità, per ogni x ∈ Ω esiste un
intornoUx ∈ U(x) tale che |g(x)− g(y)| < ε/3 per ogni y ∈ Ux ed
ogni g ∈ F .
Per la compattezza di Ω esistono x1, . . . , xm ∈ Ω tali cheUx1
∪ . . . ∪ Uxm = Ω. Per ogni i e per ogni x ∈ Uxi abbiamo
quindi|g(x)− g(xi)| < ε/3 per ogni g ∈ F .
La convergenza puntuale implica che esiste un indice λ0 tale
che|fλ(xi)− f(xi)| < ε/3 per ogni i = 1, . . . ,m e per ogni λ ≥
λ0.
Dimostriamo che |fλ(x)− f(x)| < ε per ogni x ∈ Ω, per ogni λ
≥ λ0.
26
-
Sia x ∈ Ω. Allora esiste un i tale che x ∈ Uxi . Per λ ≥ λ0
allora
|fλ(x)− f(x)| ≤ |fλ(x)− fλ(xi)|+ |fλ(xi)− f(xi)|+ |f(xi)−
f(x)|
<ε
3+
ε
3+
ε
3= ε
Corollario 5.10. Siano Ω compatto ed F un sottoinsieme
equicontinuodi KΩ. Denotiamo di nuovo con F̂ la chiusura di F nella
topologiaprodotto. Allora:
(1) F̂ ⊂ C(Ω,K).
(2) F̂ = F .
Qui naturalmente F denota la chiusura di F in C(Ω,K).
Dimostrazione. (1) Prop. 5.8.
(2) È chiaro che F ⊂ F̂ .
Sia g ∈ F̂ . Allora esiste una rete ©λfλ in F tale che ©
λfλ −→ g
puntualmente. Per la prop. 5.8 però anche l’insieme F̂ è
equicontinuo,cosicché possiamo applicare la prop. 5.9 ad F̂ e
vediamo che ©
λfλ −→ g
in C(Ω,K). Ciò significa g ∈ F .
Corollario 5.11. Siano Ω compatto ed F un sottoinsieme
equicontinuodi KΩ. Allora l’applicazione ©
(f,x)f(x) : F × Ω −→ K è continua.
La topologia considerata su F è la toplogia prodotto oppure,
equiva-lentemente (per la prop. 5.9), la topologia indotta dalla
norma ‖‖Ω.
Dimostrazione. Siano date reti convergenti ©λfλ −→ f in F e
©λxλ −→ x in Ω. Dobbiamo dimostrare che ©
λfλ(xλ) −→ f(x).
Sia ε > 0. ©λfλ −→ f significa che esiste un λ0 tale che
‖fλ − f‖ < ε/2 per ogni λ ≥ λ0 e ©λxλ −→ x significa che
esiste un λ1
tale che |xλ − x| < ε/2 per ogni λ ≥ λ1. F è equicontinuo,
perciò esisteU ∈ U(x) tale che |g(x)− g(y)| < ε/2 per ogni y ∈
U ed ogni g ∈ F .
Sia λ ≥ max (λ0, λ1). Allora
|fλ(xλ)− f(x)| ≤ |fλ(xλ)− fλ(x)|+ |fλ(x)− f(x)| < ε/2 + ε/2 =
ε
Lemma 5.12. Sia F un sottoinsieme equicontinuo di KΩ.
Allora per ogni a ∈ R ed ogni x ∈ (|F| ≤ a) esiste un intorno U
∈ U(x)tale che U ⊂ (|F| ≤ 1 + a).
Dimostrazione. Siano x ∈ Ω ed a ∈ R tali che |f(x)| ≤ a per
ognif ∈ F . Siccome l’insieme F è equicontinuo, esiste un intorno
U ∈ U(x)tale che |f(x)− f(y)| ≤ 1 per ogni f ∈ F ed ogni y ∈ U
.
Per ogni y ∈ U ed ogni f ∈ F vale quindi anche
|f(y)| ≤ |f(y)− f(x)|+ |f(x)| ≤ 1 + a
27
-
Teorema 5.13 (Ascoli-Arzelà ). Sia Ω compatto ed F ⊂
C(Ω,K).
Allora sono equivalenti:
(1) F è relativamente compatto in C(Ω).
(2) F è equicontinuo e limitato in ogni punto.
(3) F è equicontinuo e per ogni x ∈ Ω l’insieme F(x) è
relativamentecompatto in K.
(4) F è equicontinuo e l’insieme F(Ω) è limitato.
(5) F è equicontinuo e limitato (come sottoinsieme di C(Ω,K),
cioèrispetto alla norma ‖‖Ω ).
Dimostrazione. La compattezza di Ω implica Cb(Ω,K) = C(Ω,K).
(1) ⇒ (2): Sia F relativamente compatto in C(Ω,K). Per il cor.
5.6l’insieme F(x) è limitato per ogni x ∈ Ω. Per la prop. 4.18 F
è total-mente limitato e quindi equicontinuo per la prop. 5.4.
(2) ⇒ (3): Oss. 4.20.
(3) ⇒ (1): Usiamo le notazioni del cor. 5.10. Dall’oss. 5.5
segue che
per ogni x ∈ Ω abbiamo F(x) ⊂ F(x). Siccome però F ⊂∏x∈Ω
F(x),
abbiamo quindi F̂ = F ⊂∏x∈Ω
F(x).
Per ipotesi F(x) è compatto per ogni x ∈ Ω, quindi per il
teorema di
Tikhonov anche∏x∈Ω
F(x) è compatto nella topologia prodotto.
Per la prop. 4.2 F̂ = F è compatto nella topologia prodotto
che, perla prop. 5.9, su F coincide con la topologia indotta dalla
norma.
(4) ⇔ (2): Segue dal lemma 5.12 usando la compattezza di Ω.
(4) ⇔ (5): Chiaro.
Osservazione 5.14. Siano Ω compatto ed F un sottoinsieme
relativa-mente compatto di C(Ω,K).
Allora ogni successione in F contiene una sottosuccessione
conver-gente in C(Ω,K).
Dimostrazione. Ciò segue dal fatto che nello spazio metrico
C(Ω,K)compattezza e compattezza per successioni coincidono.
Cfr. Engelking, pag. 209.
Corollario 5.15. Siano Ω compatto e ©nfn una successione in
C(Ω,K)
tale che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
(1) L’insieme {fn | n ∈ N} è equicontinuo.
(2) Per ogni x ∈ Ω l’insieme {fn(x) | n ∈ N} è limitato.
Allora la successione ©nfn conterrà una sottosuccessione
convergente
in C(Ω,K).
Nota 5.16. Il teorema di Ascoli-Arzelà ha molte applicazioni in
analisi
funzionale. Una classica conseguenza del cor. 5.15 è
l’esistenza di una
28
-
soluzione di un’equazione differenziale ẋ = f(t, x(t)) passante
per unqualsiasi punto interno (t0, x(0)) di un dominio chiuso e
limitato sucui la funzione f sia continua (teorema di esistenza di
Peano); unadimostrazione si trova in Kolmogorov/Fomin, pagg
111-112, Heuser
[GD], pagg. 135-138, oppure Aulbach, pagg. 52-59.
Lemma 5.17. Sia F un sottoinsieme equicontinuo di KΩ.
Allora l’insieme degli x ∈ Ω, per i quali F(x) è limitato, è
aperto echiuso in Ω.
Dimostrazione. (1) Che è aperto segue dal lemma 5.12.
(2) F(x) non sia limitato. Di nuovo esiste un intorno U ∈ U(x)
taleche |f(y)− f(x)| ≤ 1 per ogni y ∈ U e per ogni f ∈ F .
Sia a ∈ R. Siccome F(x) non è limitato, esiste f ∈ F con |f(x)|
≥ a.Per ogni y ∈ U allora
a ≤ |f(x)| ≤ |f(x)− f(y)|+ |f(y)| ≤ 1 + |f(y)|
ovvero |f(y)| ≥ a− 1. Siccome U non dipende da f o da a, vediamo
cheF(y) è non limitato per ogni y ∈ U .
Corollario 5.18. Sia F un sottoinsieme equicontinuo di KΩ. Se Ω
èconnesso e se esiste un x0 ∈ Ω per il quale F(x0) è limitato,
allora F(x)è limitato per ogni x ∈ Ω.
Definizione 5.19. Sia Ω = (Ω, d) uno spazio metrico.
Un insieme di funzioni F ⊂ KΩ si dice uniformemente
equicontinuo,se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per x, y
∈ Ω con d(x, y) < δ siabbia |f(x)− f(y)| < ε per ogni f ∈ F
.
È chiaro allora che F è equicontinuo.
Teorema 5.20 (lemma di ricoprimento di Lebesgue). Siano
Ω = (Ω, d) uno spazio metrico compatto ed α un ricoprimento
apertodi Ω. Allora esiste δ > 0 tale che per ogni A ⊂ Ω con d(A)
< δ esisteU ∈ α con A ⊂ U .
Dimostrazione. Supponiamo non sia cosı̀ . Allora per ogni n ∈ N
+ 1esiste un sottoinsieme An ⊂ Ω con d(An) < 1/n e tale che An
non siacontenuto in alcun elemento di α.
Scegliamo per ogni n un punto an ∈ A. Siccome Ω è uno spazio
metri-co compatto, la successione cosı̀ ottenuta possiede una
sottosuccessio-ne convergente, ad esempio ©
nkank −→ x con x ∈ Ω. Allora esiste U ∈ α
tale che x ∈ U .
Siccome U è aperto esiste δ > 0 tale che (d(Ω, x) < δ) ⊂
U . Possiamotrovare un k0 tale che d(ank , x) < ε/2 per ogni k ≥
k0. Scegliamo k ≥ k0in modo che per m := nk si abbia 1/m <
ε/2.
Dimostriamo che, in contrasto con l’ipotesi, Am ⊂ U .
Infatti sia a ∈ Am. Allora d(a, am) < 1/m, cosicché
d(a, x) ≤ d(a, am) + d(am, x) < 1/m+ ε/2 < ε/2 + ε/2 =
ε
29
-
Ma (d(Ω, x) < ε) ⊂ U e quindi a ∈ U .
Proposizione 5.21. Siano Ω = (Ω, d) uno spazio metrico
compatto,(S, θ) uno spazio metrico ed F un sottoinsieme
equicontinuo di C(Ω, S).Allora F è uniformemente equicontinuo.
Dimostrazione. Sia ε > 0. Per ipotesi per ogni x ∈ Ω esiste
un intornoUx ∈ U(x) tale che θ(f(x), f(y)) < ε/2 per ogni f ∈ F
, per ogni y ∈ Ux.
Per il teorema 5.20 esiste δ > 0 tale che per ogni A ∈ Ω con
d(A) < δesiste x ∈ Ω con A ⊂ Ux.
Siano y, z ∈ Ω con d(y, z) < δ. Con A := {y, z} abbiamo d(A)
< δ, percui esiste x ∈ Ω con y, z ∈ Ux. Ciò implica
θ(f(y), f(z)) ≤ θ(f(y), f(x)) + θ(f(x), f(z)) < ε/2 + ε/2 =
ε
Corollario 5.22. Siano Ω = (Ω, d) uno spazio metrico compatto,
(S, θ)uno spazio metrico ed f : Ω −→ S una funzione continua.
Allora la funzione f è uniformemente continua.
Dimostrazione. La continuità di f è equivalente
all’equicontinuitàdell’insieme {f} e similmente f è uniformemente
continua se e solo sel’insieme {f} è uniformemente equicontinuo.
L’enunciato segue perciòdalla prop. 5.21.
Naturalmente, il corollario si può dimostrare anche
direttamente.
30
-
6. Il teorema di Baire
Situazione 6.1. Sia X uno spazio topologico.
Definizione 6.2. Un sottoinsieme A ⊂ X si dice denso in X, se A
= X.
Definizione 6.3. X si dice uno spazio di Baire, se per ogni
successione
A1, A2, . . . di aperti densi di X anche∞⋂
n=1
An è denso in X.
Osservazione 6.4. Un sottoinsieme A ⊂ X è denso in X se e solo
seper ogni aperto U 6= ∅ di X si ha A ∩ U 6= ∅.
Lemma 6.5. Siano ẋ un filtro su X ed x tale che ẋ −→ x.
Allora x ∈⋂
F∈ẋ
F .
Dimostrazione. Sia F ∈ ẋ. Per ogni U ∈ U(x) allora U ∈ ẋ e
quindiF ∩ U ∈ ẋ, per cui necessariamente F ∩ U 6= ∅.
Definizione 6.6. Lo spazio topologico X si dice regolare, se è
di Haus-dorff e per ogni x ∈ X ed ogni chiuso A ⊂ X con x /∈ A
esistono apertiU, V di X tali che x ∈ U e A ⊂ V e U ∩ V = ∅.
Osservazione 6.7. Se X è completamente regolare, allora X è
regola-re.
Dimostrazione. Assumiamo che X sia completamente regolare.
Sia-no x ∈ X e A un chiuso di X con x /∈ A. Per ipotesi esiste una
funzionecontinua f : X −→ [0, 1] tale che f(x) = 1 e (f = 0, in A).
AlloraU := (f > 3/4) e V := (f < 1/4) sono aperti di X con x
∈ U , A ∈ V eU ∩ V 6= ∅.
Osservazione 6.8. Ogni spazio metrico è completamente regolare
equindi regolare.
Dimostrazione. Siano (X, d) uno spazio metrico, A un chiuso di
Xed x ∈ X \ A. Allora d(x,A) 6= 0 e possiamo definire una
funzione
f : X −→ R tramite f(z) = min
(
1,d(z,A)
d(x,A)
)
. La funzione f è continua
e si ha (f = 0, inA) ed f(x) = 1.
Lemma 6.9. Sia X regolare e P un aperto di X. Allora per ogni x
∈ Pesiste un aperto U tale che x ∈ U ⊂ U ⊂ P .
Se P 6= ∅, allora esiste in particolare un aperto U 6= ∅ tale
che U ⊂ P .
Dimostrazione. Sia x ∈ P . Allora A := X \ P è chiuso ed x /∈
A.
Per ipotesi esistono U, V aperti di X disgiunti tali che x ∈ U e
A ⊂ V .A ⊂ V significa X \ P ⊂ V ovvero X \ V ⊂ P . Però U ∩ V =
∅, cosicché
U ⊂ X \ V e perciò U ⊂ X \ V = X \ V ⊂ P .
Teorema 6.10 (primo teorema di Baire). Sia (X, d) uno spazio
me-trico completo. Allora X è di Baire.
31
-
Dimostrazione. Sia A1, A2, . . . una successione di aperti densi
di X.
Sia E1 un aperto 6= ∅ di X. Dobbiamo dimostrare che E1 ∩∞⋂
n=1
An 6= ∅.
Siccome A1 è denso, E1 ∩A1 è un aperto non vuoto. Per il lemma
6.9esiste un aperto E2 6= ∅ tale che E2 ⊂ E1 ∩A1.
Possiamo assumere che d(E1) < 1 e d(E2) < 1/2.
Siccome A2 è denso, E2∩A2 è aperto on vuoto, perciò esiste un
apertoE3 non vuoto tale che E3 ⊂ E2 ∩A2 ⊂ E1 ∩A1 ∩A2.
Possiamo assumere che d(E3) < 1/3. In questo modo otteniamo
unasuccessione decrescente di aperti non vuoti E1 ⊃ E2 ⊃ E3 ⊃ . . .
tali che
En+1 ⊂ E1 ∩A1 ∩ . . . ∩An per ogni n ∈ N e quindi∞⋂
n=1
En ⊂ E1 ∩∞⋂
n=1
An
e d(En) < 1/n.
È quindi sufficiente dimostrare che∞⋂
n=1
En 6= ∅.
Però la famiglia {E1, E2, . . .} è un intreccio e genera
quindi un filtroẋ che è evidentemente di Cauchy, perciò esiste x
∈ X tale che ẋ −→ x.
Per il lemma 6.5 x ∈∞⋂
n=1
En.
Corollario 6.11. Ogni spazio di Banach è uno spazio di
Baire.
Definizione 6.12. Per A ⊂ X poniamo
U(A) := {U ⊂ X | esiste un aperto V con A ⊂ V ⊂ U}
Gli elementi di U(A) sono detti intorni di A.
Lemma 6.13. Sia A un sottoinsieme compatto di X. Allora ogni
ultra-filtro su X che contiene U(A) converge ad un punto di A.
Dimostrazione. Sia ẍ un ultrafiltro su X con U(A) ⊂ ẍ.
Supponiamoche ẍ non converga ad un punto di A. Allora per ogni a ∈
A esiste unaperto Ua ∈ U(a) con Ua /∈ ẍ.
La famiglia ρ := {Ua ∩A | a ∈ A} è un ricoprimento aperto di A
cheper la compattezza di A contiene un sottoricoprimento finito.
Perciò
esistono a1, . . . , an ∈ A conn⋃
i=1
(Uai ∩A) = A ∩n⋃
i=1
Uai = A.
Allora U :=n⋃
i=1
Uai ∈ U(A) e per ipotesi U ∈ ẍ.
Siccome ẍ è un ultrafiltro, uno degli Uai deve appartenere a
ẍ, unacontraddizione.
Proposizione 6.14. Sia X compatto e di Hausdorff. Allora X è
rego-lare.
Dimostrazione. Siano x ∈ X ed A un chiuso di X con x /∈
A.Assumiamo, per assurdo, che U ∩ V 6= ∅ per ogni coppia di aperti
U, Vcon x ∈ U e A ⊂ V .
32
-
Allora U(x) ∪ U(A) è un intreccio, perciò esiste un
ultrafiltro ẍ su Xtale che U(x) ∪ U(A) ⊂ ẍ. Ciò implica ẍ −→
x.
Però A è compatto, quindi per il lemma 6.13 esiste a ∈ A con
ẍ −→ a.Siccome X è di Hausdorff, ciò implica x = a ∈ A, una
contraddizione.
Definizione 6.15. Lo spazio topologico X si dice localmente
compatto,se per ogni x ∈ X ed ogni U ∈ U(x) esiste un intorno
compattoM ∈ U(x) con M ⊂ U .
Lemma 6.16. Sia X di Hausdorff e ogni punto di X possieda un
intor-no compatto. Allora X è regolare.
Dimostrazione. Siano x ∈ X ed A un chiuso di X con x /∈ A.
AlloraX \A ∈ U(x). Per ipotesi esiste un intorno compatto K ∈ U(x).
SiccomeX è di Hausdoff, K è chiuso.
Inoltre (X \ A) ∩ K è un intorno di x in K. Per la prop. 6.14 K
èregolare, perciò esiste un intorno W di x in K tale che x ∈ W ⊂
W ⊂(X \A) ∩K, dove la chiusura W di W in K coincide con la chiusura
diW in X.
Siccome K ∈ U(x), W è anche un intorno di x in X, perciò conU
:= intW abbiamo x ∈ U , mentre U = W ⊂ X \A implica cheA ⊂ X \ U :=
V .
In questo modo abbiamo trovato due aperti U, V con x ∈ U , A ⊂ V
eU ∩ V = ∅.
Proposizione 6.17. Sia X di Hausdorff. Allora sono
equivalenti:
(1) X è localmente compatto.
(2) Ogni punto di X possiede un intorno compatto.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2) : Chiaro.
(2) ⇒ (1) : Sia x ∈ X. Per ipotesi esiste un intorno compattoK ∈
U(x).
Sia U ∈ U(x). Allora K ∩ U ∈ U(x) è un intorno di x anche in K.
Peril lemma 6.16 K è regolare, perciò per il lemma 6.9 esiste un
intorno Vdi x in K con x ∈ V ⊂ V ⊂ K∩U , dove la chiusura V di V in
K coincidecon la chiusura di V in X. Siccome K ∈ U(x), V è anche
un intorno dix in X, cosicché V è un intorno compatto di x in X
contenuto in K∩Uequindi anche in U .
Corollario 6.18. Se X è compatto e di Hausdoff, allora X è
localmentecompatto.
Osservazione 6.19. Siano X localmente compatto e di Hausdorff
edU un sottoinsieme aperto di X. Allora U è localmente
compatto.
Dimostrazione. Sia x ∈ U . Allora U ∈ U(x) e per ipotesi esiste
unintorno compatto M in U(x) con M ⊂ U . Allora M è anche un
intornocompatto di x in U e dalla prop. 6.17 segue che U è
localmente com-patto.
33
-
Osservazione 6.20. Siano X localmente compatto e di Hausdorff
edA un sottoinsieme chiuso di X. Allora A è localmente
compatto.
Dimostrazione. Sia x ∈ A. Per ipotesi esiste un intorno
compattoK ∈ U(X), cosicché K ∩A è un intorno compatto di x in
A.
Osservazione 6.21. Siano X localmente compatto e di Hausdorff
edA e B due sottoinsiemi localmente compatti di X. Allora A∩B è
ancoralocalmente compatto.
Dimostrazione. Sia x ∈ A ∩ B. Per ipotesi esistono un intorno
com-patto K di x in A e un intorno compatto L di x in B.
Ciò implica che esistono due intorni U, V ∈ U(x) tali che U = U
∩ A,L = V ∩B. Allora K ∩ L = (U ∩ V ) ∩ (A ∩B) è un intorno
compatto dix in A ∩B.
Lemma 6.22. Siano U un aperto di X ed Y ⊂ X.
Allora U ∩ Y ⊂ U ∩ Y .
Dimostrazione. Siano x ∈ U ∩Y e V ∈ U(x). Allora U ∩V ∈ U(x),
percui (U ∩ V ) ∩ Y = V ∩ (U ∩ Y ) 6= ∅. Ciò mostra che x ∈ U ∩ Y
.
Proposizione 6.23. Siano X localmente compatto e di Hausdorff eY
⊂ X. Allora sono equivalenti:
(1) Y è localmente compatto.
(2) Y è aperto in Y .
(3) Y è intersezione di un aperto e di un chiuso in X.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2) : Sia y ∈ Y . Per ipotesi esiste un
intornocompatto K di y in Y . Ciò implica che esiste un aperto U
di X cony ∈ U ∩ Y ⊂ K ⊂ Y . Allora per il lemma 6.22U ∩ Y ⊂ U ∩ Y ⊂
K = K ⊂ Y ⊂ Y . Ciò mostra che Y è aperto in Y .
(2) ⇒ (3) : Sia Y aperto in Y . Allora esiste un aperto U di X
conY = U ∩ Y , perciò Y è intersezione di un aperto e di un
chiuso.
(3) ⇒ (1) : Oss. 6.21.
Corollario 6.24. Siano X localmente compatto e di Hausdorff e Y
unsottoinsieme denso di X. Allora sono equivalenti:
(1) Y è localmente compatto.
(2) Y è aperto.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2) : Per la prop. 6.23 esistono un aperto
U edun chiuso A tali che Y = U ∩A. Dimostriamo che A = X.
Se non fosse cosı̀, X \ A sarebbe un aperto 6= ∅, cosicché,
essendo Ydenso, avremmo, per l’oss. 6.4, U ∩A∩ (X \A) = Y ∩ (X \A)
6= ∅, e ciòè impossibile.
Perciò Y = U ∩X = U è aperto.
(2) ⇒ (1) : Oss. 6.19.
34
-
Corollario 6.25. Q non è localmente compatto.
Lemma 6.26. Siano X localmente compatto e di Hausdorff e P
unaperto 6= ∅ di X. Allora esiste un aperto U 6= ∅ tale che U sia
compattoe U ⊂ P .
Dimostrazione. Siccome P 6= ∅, possiamo scegliere un punto x ∈ P
.Per ipotesi esiste un intorno compatto K di x con K ⊂ P . Allora
esisteun aperto U con x ∈ U ⊂ K, per cui U ⊂ K = K ⊂ P . Però U
ècompatto essendo sottoinsieme chiuso di un compatto.
Teorema 6.27 (secondo teorema di Baire). Sia X localmente
com-patto e di Hausdorff. Allora X è di Baire.
Dimostrazione. L’idea della dimostrazione è simile a quella
usatanella dimostrazione del teorema 6.10.
Sia A1, A2, . . . una successione di insiemi aperti densi di X.
Sia E1
un aperto non vuoto di X. Dimostriamo che vale E1 ∩∞⋂
n=1
An 6= ∅.
Siccome A1 è denso, E1 ∩A1 è aperto e non vuoto. Per il lemma
6.26esiste un aperto E2 6= ∅ tale che E2 è compatto e E2 ⊂ E1
∩A1.Siccome A2 è denso, anche E2 ∩A2 è aperto non vuoto, perciò
esiste E3aperto non vuoto con E3 compatto e E3 ⊂ E2 ∩A2 ⊂ E1 ∩A1
∩A2.In questo modo otteniamo una successione E1, E2, E3, . . . tale
che En+1
è compatto e En+1 ⊂ En ∩An per ogni n e quindi∞⋂
n=1
En ⊂ E1 ∩∞⋂
n=1
An.
Siccome E1 è compatto si ha∞⋂
n=1
En 6= ∅.
Definizione 6.28. Un sottoinsieme Y di X si chiama un Gδ in X,
se èintersezione di una famiglia numerabile di insiemi aperti.
Teorema 6.29. Siano E uno spazio compatto e di Hausdorff ed X
unGδ in E. Allora X è uno spazio di Baire.
Dimostrazione. Seguiamo Willard, pag 186.
Per ipotesi esistono aperti H1, H2, . . . di E tali che X
=∞⋂
n=1
Hn.
Possiamo assumere che X sia denso in E (altrimenti sostituiamo
Econ X).
Siano A1, A2, . . . aperti densi di X. Per ogni n esiste allora
un apertodenso Bn di E tale che An = Bn ∩ X. E è uno spazio di
Baire per ilteorema 6.27.
Ma B1, H1, B2, H2, . . . è una successione di aperti densi di
X, per cui
∞⋂
n=1
(Hn ∩Bn) =∞⋂
n=1
Hn ∩∞⋂
n=1
Bn = X ∩∞⋂
n=1
Bn =∞⋂
n=1
An
è denso in E e quindi anche in X.
Osservazione 6.30. Sia X localmente compatto e di Hausdorff.
Alloraesiste uno spazio compatto e di Hausdorff E di cui X è
sottospazio
35
-
aperto e denso (compattificazione di Alexandrov, cfr. Engelking,
pagg.169-170).
Perciò il secondo teorema di Baire può essere ottenuto anche
comecorollario del teorema 6.29 (in Willard questo teorema viene
dimostra-to sena ricorrere al teorema 6.27).
Osservazione 6.31. Sia X uno spazio metrico completo. Allora X
èun Gδ nella sua compattificazione di Stone-Čech (cfr. Willard,
pagg.180-181).
Perciò anche il primo teorema di Baire può essere ottenuto
comecorollario del teorema 6.29. Questi risultati sono però molto
meno ele-mentari della compattificazione di Alexandrov.
Definizione 6.32. Sia A ⊂ X.
(1) A si dice in nessuna parte denso in X, se intA = ∅.
Scriviamoallora A ∈ B0(X).
(2) A si dice di prima categoria in X (o magro in X), se A è
unio-ne di una famiglia numerabile di insiemi che sono di classe B0
in X.Scriviamo allora A ∈ B1(X).
(3) A si dice di seconda categoria in X, se A /∈ B1(X).
Scriviamoallora A ∈ B2(X).
Allora quindi B0(X) ⊂ B1(X) e P(X) = B1(X)∪̇B2(X).
Osservazione 6.33. Sia A ∈ B1(X). Allora ogni sottoinsieme di
Aappartiene a B1(X).
Osservazione 6.34. Siano A1, A2, . . . elementi di B1(X).
Allora∞⋃
n=1
An ∈ B1(X).
Osservazione 6.35. Sia A ⊂ X. Allora A ∈ B0(X) se e solo se X \
A èdenso in X.
Dimostrazione. Infatti
intA = ∅ ⇐⇒ X \X \A = ∅ ⇐⇒ X \A = X
Lemma 6.36. Siano X uno spazio di Baire ed M ∈ B1(X).
Allora X \M = X e quindi intM = ∅.
Dimostrazione. Per ipotesi esistono A1, A2, . . . in B0(X) tali
che
M =∞⋃
n=1
. Allora X \M =∞⋂
n=1
(X \ A) ⊃∞⋂
n=1
(X \ An). Per l’oss. 6.35 gli
insiemi X \ An sono tutti aperti e densi e quindi, essendo X di
Baire,∞⋂
n=1
(X \An) = X. Ciò implica X \M = X.
Infine intM = X \X \M = X \X = ∅.
Corollario 6.37. Siano X uno spazio di Baire ed U 6= ∅ un aperto
diX.Allora U ∈ B2(X).
36
-
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che U ∈ B1(X). Allora,
peril lemma 6.36, si ha che ∅ = intU = U , una contraddizione.
Corollario 6.38. Sia X uno spazio di Baire 6= ∅. Allora X ∈
B2(X).
Osservazione 6.39. Siano Y ⊂ X ed A ⊂ Y . Allora la chiusura di
Ain Y è data da Y ∩A.
Dimostrazione. Ad esempio Engelking, pag. 66.
Lemma 6.40. Siano Y ⊂ X ed A ⊂ Y . Allora:
(1) A ∈ B0(Y ) ⇒ A ∈ B0(X).
(2) A ∈ B1(Y ) ⇒ A ∈ B1(X).
Dimostrazione. (1) Sia A ∈ B0(Y ). Assumiamo, per assurdo, che
esi-sta un aperto U 6= ∅ di X tale che U ⊂ A. Allora per l’oss.
6.39 Y ∩A è lachiusura di A in Y . Per ipotesi U ∩Y ∩A = ∅,
perciò U ∩Y = ∅, essendoU ⊂ A. Ciò implica Y ⊂ X\U , da cui
risulta che A ⊂ Y ⊂ X \ U = X\Ue quindi A ∩ U = ∅, una
contraddizione.
(2) Segue da (1).
Definizione 6.41. Un sottoinsieme Y ⊂ X si dice residuale in X,
seX \ Y ∈ B1(X).
Lemma 6.42. Sono equivalenti:
(1) X è uno spazio di Baire.
(2) Per ogni M ∈ B1(X) vale X \M = X.
(3) Ogni sottoinsieme residuale di X è denso in X.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2): Lemma 6.36.
(2) ⇒ (1): Siano A1, A2, . . . aperti densi in X. Sia M := X
\∞⋂
n=1
An.
Allora M ⊂ X \∞⋂
n=1
An =∞⋃
n=1
(X \ An). Per ipotesi, per ogni n si ha che
An = X \ (X \An) = X \X \An è denso in X e per l’oss. 6.35
X \An ∈ B0(X). Ciò mostra∞⋃
n=1
X \An ∈ B1(X) e quindi per l’oss. 6.33
anche M ∈ B1(X). Per ipotesi X \M = X. Ciò significa però
che
X =∞⋂
n=1
An =∞⋂
n=1
An.
(2) ⇔ (3): Chiaro.
Proposizione 6.43. Siano X uno spazio di Baire ed Y un
sottoinsiemeresiduale di X. Allora Y è uno spazio di Baire.
Dimostrazione. Sia M ∈ B1(Y ). Per il lemma 6.42 è sufficiente
di-
mostrare che Y ∩ Y \M = Y , cioè che Y ⊂ Y \M . Per il lemma
6.40però M ∈ B1(X), mentre per ipotesi N := X \Y ∈ B1(X).
Dall’oss. 6.34segue N ∪M ∈ B1(X) cosicché dal lemma 6.36
abbiamo
37
-
Y \M = (X \N) \M = X \ (M ∪N) = X
Proposizione 6.44. Siano X uno spazio di Baire ed Y ⊂ X.
Allorasono equivalenti:
(1) Y è residuale in X.
(2) Y contiene un Gδ denso in X.
(3) Esistono aperti densi A1, A2, . . . in X tali che Y ⊃∞⋂
n=1
An.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2): Sia Y residuale in X. Allora
esistono
A1, A2, . . . con Y = X \∞⋃
n=1
An =∞⋂
n=1
(X \ An) tali che intAn = ∅ per
ogni n.
Sia I :=∞⋂
n=1
(X \An). Allora I è un Gδ in X con I ⊂ Y .
Dimostriamo che I è denso in X. Ma X \ I =∞⋃
n=1
An ∈ B1(X) e dal
lemma 6.36 segue I = X.
(2) ⇒ (3): Sia I un Gδ denso in X e Y ⊃ I. Allora I è della
forma
I =∞⋂
n=1
An con An aperti. Siccome I è denso, anche ogni singolo An
è
denso.
(3) ⇒ (1): Siano A1, A2, . . . aperti densi in X con Y ⊃∞⋂
n=1
An. Allora
X \ Y = X \∞⋂
n=1
An =∞⋃
n=1
X \An, mentre per ogni n si ha
∅ = X \An = X \ (X \ (X \An)) = int(X \An)
Ciò implica X \ Y ∈ B1(X).
Osservazione 6.45. Proprietà che valgono per tutti i punti di
un Gδdenso di X vengono spesso dette generiche in X.
Corollario 6.46. Ogni Gδ denso di uno spazio di Baire è uno
spazio diBaire.
Nota 6.47. Una tipica applicazione elementare del teorema di
Baireè il seguente enunciato, la cui dimostrazione si trova ad
esempio inQuerenburg, pagg. 153-154:
Per ogni n ∈ N sia fn : X −→ R una funzione continua e per ognix
∈ X esiste il limite f(x) := lim
n−→∞fn(x). Allora l’insieme C dei punti
in cui la funzione f : X −→ R cosı̀ ottenuta è continua è
residuale inX.
Se quindi X è uno spazio di Baire, per la prop. 6.44 C contiene
unGδ denso in X ed è in particolare denso in X.
Forse ancora più utile è un risultato simile che dimostreremo
nellaprossima proposizione.
Proposizione 6.48. Siano f : X −→ R una funzione e C l’insieme
dei
38
-
punti in cui la f è continua. Se C è denso in X allora C è
residualein X.
Dimostrazione. Per ogni n ∈ N+1 e per ogni x ∈ C esiste un
intorno
aperto Uxn di x tale che |f(y)− f(x)| <1
nper ogni y ∈ Uxn .
Allora Un :=⋃
x∈C
Uxn è un aperto con C ⊂ Un.
Siccome C è denso, si ha Un = X e quindi int(X \ Un) = X \ Un =
∅.
Perciò X \ Un ∈ B0(X), per cui∞⋃
n=1
(X \ Un) ∈ B1(X).
Se invece x0 ∈ C, allora esiste un n ∈ N + 1 tale che ogni
intorno di
x0 contiene un punto z con |f(x0)− f(z)| ≥1
ne quindi x0 /∈ U2n.
Ciò implica X \ C ⊂∞⋃
n=1
(X \ Un) e vediamo che X \ C ∈ B1(X).
Corollario 6.49. Non esiste una funzione f : R −→ R continua in
ognipunto di Q e discontinua in ogni altro punto.
Lemma 6.50. Siano X uno spazio vettoriale normato e W un
sottospa-zio vettoriale di X. Allora:
(1) Se dimW < ∞, allora W è chiuso in X.
(2) Se W 6= X, allora intW = ∅.
Dimostrazione. (1) Scelta una base e1, . . . , en di W , si
dimostra cheW è completo allo stesso modo in cui si dimostra che
Kn è completo.Per la prop. 1.13 W è chiuso in V .
(2) Sia x ∈ intW . Ciò significa che esiste ε > 0 tale
che(‖V − x‖ < ε) ⊂ W . In particolare x ∈ W .
Per ipotesi esiste v ∈ V \W0. Allora v 6= 0 e con λ :=ε
2‖v‖e y := x+λv
abbiamo ‖y − x‖ = ‖λv‖ =ε
2, per cui y ∈ W . Perciò λv ∈ W e quindi
v =1
λλv ∈ W , una contraddizione.
Proposizione 6.51. Sia X uno spazio di Banach. Allora non
esisteuna base E di X con |E| = |N|.
Dimostrazione. L’enunciato è sicuramente vero se dimX < ∞.
Sianoquindi dimX = ∞ ed e1, e2, . . . un base numerabile di X.
Per ogni n sia Vn := SV (e1, . . . , en). Per il lemma 6.50 ogni
Vn è chiuso
in X e inoltre intVn = intVn = ∅. D’altra parte X =∞⋃
n=1
Vn, per cui
X ∈ B1(X), in contrasto con il cor. 6.38.
39
-
7. Il teorema di Hahn-Banach
Situazione 7.1. Sia X uno spazio vettoriale su K.
Allora X è anche uno spazio vettoriale su R e un’applicazioneα
: X −→ R si dirà lineare se è R-lineare.
Nella prima parte del capitolo seguiamo
Hirzebruch/Scharlau,pagg. 29-34.
Definizione 7.2. Una funzione f : X −→ R si dice
(1) convessa, se per ogni x, y ∈ X ed ogni t ∈ [0, 1] vale
f(tx+ (1− t)y) ≤ tf(x) + (1− t)f(y)
(2) sublineare, se per ogni x, y ∈ X ed ogni s, t ≥ 0 vale
f(tx+ sy) ≤ tf(x) + sf(y)
(3) subadditiva, se per ogni x, y ∈ X vale
f(x+ y) ≤ f(x) + f(y)
(4) positivamente omogenea, se per ogni x ∈ X ed ogni t ≥ 0
vale
f(tx) = tf(x)
Lemma 7.3. Per una funzione f : X −→ R sono equivalenti:
(1) f è sublineare.
(2) f è convessa e positivamente omogenea.
(3) f è subadditiva e positivamente omogenea.
Dimostrazione. (1) ⇒ (2): Sia f sublineare. È chiaro che f è
conves-sa. Dimostriamo che f è positivamente omogenea. Siano x ∈ X
e t ≥ 0.Allora
f(tx) = f(tx+ 0 · 0) ≤ tf(x) + 0f(0) = tf(x)
In particolare abbiamo
f(0) = f(0 · 0) ≤ 0 · f(0) = 0
D’altra parte però
f(0) = f(0 + 0) ≤ f(0) + f(0)
per cui 0 =≤ f(0) e vediamo che
f(0) = 0 e quindi anche f(0 · x) = 0f(x).
Supponiamo ora t > 0. La sublinearità di f implica in
particolare che
f(tx) ≤ tf(x) per ogni x e quindi tf(x) = tf(t
tx) ≤ t
1
tf(tx) = f(tx).
Vediamo cosı̀ che f(tx) = tf(x) anche per t > 0.
(2) ⇒ (3) : Chiaro.
(3) ⇒ (1) : Siano x, y ∈ X, t ∈ [0, 1] ed f sia subadditiva e
positiva-mente omogenea. Allora
40
-
f(tx+ (1− t)y) ≤ f(tx) + f((1− t)y) = tf(x) + (1− t)f(y)
Osservazione 7.4. Sia f : X −→ R sublineare. Allora f(0) =
0.
Dimostrazione. Per il lemma 7.3 f è positivamente
omogenea.Perciò f(0) = f(0 · 0) = 0 · f(0) = 0.
Oppure si riutilizzi la dimostrazione del lemma 7.3.
Esempio 7.5. (1) Ogni seminorma è sublineare.
(2) Sia f : R −→ R. Se f è positivamente omogenea, allora per t
≥ 0si ha f(t) = f(t · 1) = tf(1), mentre per t ≤ 0 valef(t) =
f((−t)(−1)) = (−t)f(−1).
Le funzioni sublineari R −→ R sono quindi esattamente le
funzioniconvesse R −→ R il cui grafico risulta composto di due
semirette che siintersecano nell’origine. Una tale funzione è una
seminorma se e solose il suo grafico è simmetrico rispetto
all’asse y.
Definizione 7.6. Denotiamo con SubX l’insieme delle
funzionisublineari da X −→ R.
Come sottoinsieme dell’insieme parzialmente ordinato (RX ,≤)
l’in-sieme (SubX,≤) è a sua volta parzialmente ordinato.
Lemma 7.7. Siano f : X −→ R subadditiva e g : X −→ R tale chef ≤
g. Allora f(x) ≥ f(0)− g(−x) per ogni x ∈ X.
Se f è sublineare si ha quindi f(x) ≥ −g(−x) per ogni x ∈
X.
Dimostrazione. Sia x ∈ X. Per ipotesi
f(0) = f(x− x) ≤ f(x) + f(−x) ≤ f(x) + g(−x)
e quindi f(x) ≥ f(0)− g(−x).
Lemma 7.8. Siano F una catena non vuota di SubX ed h := inf F
.
(1) Sia g un elemento arbitrario di F . Allora
f(x) ≥ min(g(x),−g(−x))
per ogni f ∈ F ed ogni x ∈ X.
h è quindi una ben definita funzione da X −→ R.
(2) h è sublineare.
(3) h ≤ f per ogni f ∈ F .
Dimostrazione. (1) Siano x ∈ X ed f ∈ F .
Se f(x) ≥ g(x), l’enunciato del punto (1) è verificato.
Altrimenti f ≤ g perché F è una catena. Dal lemma 7.7 segue
allorache f(x) ≥ −g(−x).
(2) È chiaro che h è positivamente omogenea. Dimostriamo la
subad-ditività . Siano x, y ∈ X. Assumiamo, per assurdo, che
esista un ε > 0tale che h(x+ y) > h(x) + h(y) + ε.
41
-
Per ipotesi esistono f, g ∈ F tali che f(x) ≤ h(x)+ε
2e g(y) ≤ h(y)+
ε
2.
Siccome F è una catena si ha, ad esempio, f ≤ g e quindi
anche
f(y) ≤ h(y) +ε
2. Ciò implica
h(x+ y) ≤ f(x+ y) ≤ f(x) + f(y) ≤ h(x) +ε
2+ h(y) +
ε
2= h(x) + h(y) + ε < h(x+ y).
e ciò è impossibile.
(3) Chiaro.
Osservazione 7.9. Siano f : X −→ R subadditiva ed x, y ∈ X.
Allora
−f(−x) ≤ f(x+ y)− f(y) ≤ f(x)
Dimostrazione. Abbiamo
f(y) = f(x+ y − x) ≤ f(x+ y) + f(−x)
e f(x+ y) ≤ f(x) + f(y), per cui −f(−x) ≤ f(x+ y)− f(y) ≤
f(x).
Proposizione 7.10. Gli elementi minimali di SubX coincidono con
leapplicazioni lineari X −→ R.
Dimostrazione. (1) Siano g : X −→ R lineare ed f ∈ SubX tale
chef ≤ g. Dal lemma 7.7 segue che f(x) ≥ −g(−x) = g(x) per ogni x ∈
X,cioè f ≥ g, e ciò implica f = g.
(2) Sia g un elemento minimale di SubX. È sufficiente
dimostrareche g(x+y) = g(x)+g(y) per ogni x, y ∈ X, perché allora
per ogni t < 0
si ha g(tx) = g(0)− g(−tx)7.4= g(−tx) = tg(x).
(A) Sia y ∈ X fissato. Allora definiamo gy : X −→ R ponendo
gy(x) := inf {g(x+ λy)− λg(y) | λ ≥ 0} (*)
L’applicazione gy è ben definita, perché per ogni x ∈ X ed
ogni λ ≥ 0per l’oss. 7.9 si ha
−g(−x) ≤ g(x+ λy)− g(λy) = g(x+ λy)− λg(y) ≤ g(x)
Questa relazione mostra inoltre che gy ≤ g.
(B) Assumiamo di essere in grado di dimostrare che gy è
sublineareper ogni y ∈ Y . Per la minimalità di g allora gy = g e
ciò implica, conλ = 1 in (*), che g(x+ y)− g(y) ≥ g(x) ovvero g(x)
+ g(y) ≤ g(x+ y).
La subadditività di g implica allora g(x+ y) = g(x) + g(y).
(C) Rimane quindi da dimostrare che gy è sublineare. Dalla (*)
seguegy(0) = 0 usando l’omogeneità positiva di g. Sia t > 0.
Allora
gy(tx) = inf {g(tx+ λy)− λg(y) | λ ≥ 0}
= inf
{tg
(x+
λ
ty
)− λg(y) | λ ≥ 0
}
= inf
{t
[g
(x+
λ
ty
)−
λ
tg(y)
]| λ ≥ 0
}
= inf {t [g(x+ λy)− λg(y)] | λ ≥ 0} = tgy(x)
42
-
Dobbiamo ancora dimostrare la subadditività di gy. Siano x1, x2
∈ Xed ε > 0. Allora esistono λ1, λ2 ≥ 0 tali che
g(x1 + λ1y)− λ1g(y) ≤ gy(x1) + ε
g(x2 + λ2y)− λ2g(y) ≤ gy(x2) + ε
gy(x1 + x2) ≤ g(x1 + x2 + (λ1 + λ2)y)− (λ1 + λ2)g(y)
≤ g(x1 + λ1y)− λ1g(y) + g(x2 + λ2y)− λ2g(y)
≤ gy(x1) + ε+ gy(x2) + ε = gy(x1) + gy(x2) + 2ε
Siccome ciò vale per ogni ε > 0, vediamo che
gy(x1 + x2) ≤ gy(x1) + gy(x2)
Teorema 7.11 (Hahn-Banach). Sia f : X −→ R sublineare.
Alloraesiste una funzione lineare α : X −→ R tale che α ≤ f .
Dimostrazione. Per il lemma 7.8 possiamo applicare il lemma
diZorn a SubX. Perciò esiste un elemento minimale α di SubX conα ≤
f . Per la prop. 7.10 α è lineare.
Osservazione 7.12. Sia f : X −→ R tale che per ogni x ∈ X ed
ognit > 0 valga f(tx) = tf(x). Allora f è positivamente
omogenea.
Dimostrazione. Dobbiamo mostrare che f(0) = 0.
L’ipotesi implica però che f(0) = f
(1
2· 0
)=
1
2f(0) e ciò è possibile
solo se f(0) = 0.
Osservazione 7.13. La prop. 7.10 implica in particolare che se
perdue applicazioni lineari α, β : X −→ R si ha α ≤ β, allora α =
β.
Proposizione 7.14. Siano K = R ed f : X −→ R una funzione
subli-ne