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INCLUSIONE DELLE PERSONE CON DISABILITA’ NEL MONDO DEL LAVORO ELABORATO SVOLTO DA: Almina Ravmani Riccardo Padoan Adela Ravmani INDICE Introduzione ............................................................................................................................... 1 1. Sviluppo dei diritti sociali ……………………………………………………………………………3 2. Discriminazione ………………………………………………………………………………………5 3. Integrazione delle persone con disabilità nel lavoro in Italia …………………………………..10 4. Obbligo di assunzione per le categorie protette: le quote di riserva …………………………12 5. Da obbligo di legge a possibilità di sviluppo …………………………………………………….13 6. Inclusione e Integrazione ………………………………………………………………………….16 7. “Il lavoro ci rende liberi, il lavoro ci tutela, il lavoro è uguale per tutti” ………………………..18 8. Iniziative di integrazione di associazioni di volontariato in Italia ………………………………22 9. Progressi della Tecnologia ………………………………………………..……………………..26 10. La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) ………………………..…………………………..32 11. La Carta di Ginevra ………………………..………………………..……………………………34 12. Facilitazioni fornite alle persone con disabilità ………………………..………………….……36 13. Le azioni del Gruppo Carrefour in materia di disabilità ………………………..……………..37 14. Valutazione delle azioni dei membri del GBDN ………………………..……………………..31 15. Dow Chemical Industries e l’inclusione ………………………………………………….…….43 16. Punti deboli, limiti e le sfide delle imprese ………………………..……………………………45 17. L’importanza simbolica del Global Business and Disability Network ………………………48 18. Riunioni del Global Business and Disability Network ………………………..………………49 19. Bibliografia e Sitografia ………………………..………………………..……………………….50
49

Università di Padova - INCLUSIONE DELLE PERSONE …...Nelle sentenze dei giudici, il mobbing, viene solitamente definito come violenza psicologica nell’ambito del rapporto di lavoro,

May 29, 2020

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INCLUSIONE DELLE PERSONE CON DISABILITA’ NEL MONDO DEL LAVORO

ELABORATO SVOLTO DA:

Almina Ravmani

Riccardo Padoan

Adela Ravmani

INDICE

Introduzione ............................................................................................................................... 1

1. Sviluppo dei diritti sociali ……………………………………………………………………………3

2. Discriminazione ………………………………………………………………………………………5

3. Integrazione delle persone con disabilità nel lavoro in Italia …………………………………..10

4. Obbligo di assunzione per le categorie protette: le quote di riserva …………………………12

5. Da obbligo di legge a possibilità di sviluppo …………………………………………………….13

6. Inclusione e Integrazione ………………………………………………………………………….16

7. “Il lavoro ci rende liberi, il lavoro ci tutela, il lavoro è uguale per tutti” ………………………..18

8. Iniziative di integrazione di associazioni di volontariato in Italia ………………………………22

9. Progressi della Tecnologia ………………………………………………..……………………..26

10. La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) ………………………..…………………………..32

11. La Carta di Ginevra ………………………..………………………..……………………………34

12. Facilitazioni fornite alle persone con disabilità ………………………..………………….……36

13. Le azioni del Gruppo Carrefour in materia di disabilità ………………………..……………..37

14. Valutazione delle azioni dei membri del GBDN ………………………..……………………..31

15. Dow Chemical Industries e l’inclusione ………………………………………………….…….43

16. Punti deboli, limiti e le sfide delle imprese ………………………..……………………………45

17. L’importanza simbolica del Global Business and Disability Network ………………………48

18. Riunioni del Global Business and Disability Network ………………………..………………49

19. Bibliografia e Sitografia ………………………..………………………..……………………….50

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INTRODUZIONE

Conformemente alla Convenzione ONU, per persone con disabilità si intendono

coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o

sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la

loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con

gli altri individui.

Nel 2011, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la Banca Mondiale hanno

redatto un Report mondiale sulla disabilità secondo il quale più di un miliardo di

persone nel mondo (circa il 15% della popolazione mondiale) sono colpite da

qualche forma di disabilità e che questi numeri sono destinati a crescere a causa dei

cambiamenti demografici, in particolar modo a causa dell’invecchiamento della

popolazione.

Le persone con disabilità spesso vivono ai margini della società senza potervi

partecipare attivamente e talvolta questa emarginazione può portare, tra le altre

cose, ad un maggior rischio di povertà.

Ancora oggi, le istituzioni pubbliche fanno fatica a sostenere i costi di assistenza a

favore delle categorie più vulnerabili e ciò ci porta a sentire l’esigenza di promuovere

e sostenere politiche per la valorizzazione della diversità umana sino ad arrivare a

garantire ad ognuno una propria autonomia e realizzazione personale e

professionale.

Il ruolo che si ricopre nel mondo del lavoro contribuisce a definire l’identità sociale

della persona e per questo, quindi, l’inserimento lavorativo costituisce una fase

importante nella vita, non solo delle persone con disabilità, ma di ognuno di noi.

I bisogni delle persone con disabilità sono oggi riconosciuti ed espressi mediante il

linguaggio e lo strumento dei diritti umani, ovvero tramite diritti soggettivi dalla

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portata universale che spettano alla persona in quanto tale e sulla base di norme

internazionali.

Alla luce di quanto affermato in questa breve introduzione, il fine dell’elaborato è

quello di valutare le discriminazioni che possono subire le persone con disabilità e

di far riferimento a leggi e accordi internazionali e leggi italiane che tutelino e

permettano l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro in un’ottica

di integrazione.

Inoltre, attraverso l’analisi delle azioni delle multinazionali abbiamo voluto dimostrare

che è possibile diffondere la convinzione che le persone con disabilità hanno talenti

e competenze in grado di migliorare, non solo l’attività di grandi società, ma anche

di piccole-medie imprese.

SVILUPPO DEI DIRITTI SOCIALI

Negli Stati europei dell’Ottocento le classi popolari che si erano formate in seguito

alla rivoluzione industriale vivevano una forte condizione di insicurezza sociale e

marginalità culturale.

La formazione dei diritti sociali è direttamente connessa alla continua crescita delle

masse operaie i cui bisogni non potevano più sfuggire alle preoccupazioni del

governo; dalla popolazione operaia provenivano, innanzitutto, richieste di diritti legati

al lavoro e all’organizzazione collettiva: libertà di associazione, diritto di sciopero,

libertà sindacale.

Le prime conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici salariati sono state: la fissazione

di un orario di lavoro giornaliero, del riposo settimanale, di tutele particolari per le

donne, per i minori e assistenza pubblica per coloro che non erano più in grado di

lavorare e sussidi per pensionati e persone con disabilità.

Fu proprio durante questo periodo che la solidarietà sociale ricevette, tra gli esseri

umani, particolare attenzione.

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Dal punto di vista delle dichiarazioni dei diritti, il più ricorrente riferimento dei

movimenti dei lavoratori ottocenteschi è la Costituzione giacobina del 1793, secondo

la quale “i soccorsi pubblici sono un sacro dovere”.

Essa prevedeva l’obbligo sociale di procurare un lavoro a tutti i cittadini e di fornire i

mezzi di sussistenza a coloro che non erano più in grado di lavorare, ma fu

soprattutto durante i primi decenni del Novecento che i diritti sociali ebbero una forte

espansione.

Nell’ Europa occidentale la loro istituzionalizzazione avvenne attraverso leggi che

non segnarono la rottura con l’ordine sociale ma lo trasformarono progressivamente.

Il primo documento sociale che dispone di diritti sociali è la Costituzione di Weimar

del 1919, prodotto di una breve ma luminosa fase della storia tedesca durante la

quale si abbandona la visione individualistica e si recupera il valore sociale della

“fraternita’”, riconoscendo allo stato la funzione di garante e collante della solidarietà

sociale.

Viene dunque enunciato il diritto di tutti i cittadini ad avere un lavoro adeguato alle

proprie capacità e questo è ancora oggi uno dei diritti di più difficile realizzazione.

I diritti sociali sono uno dei pilasti sui quali si è costituita l’Europa nel corso del

Novecento ma, vi sono ancora ostacoli all’accesso di questi diritti, soprattutto per

gruppi vulnerabili come possono essere le persone con disabilità.

Per quanto riguarda il quadro italiano, nella Costituzione entrata in vigore il primo

gennaio 1948, vengono enunciati i principi che stanno alla base della nascita dello

stato sociale italiano tra cui: la pari dignità sociale riconosciuta a tutti i cittadini (art.2)

che implica un riconoscimento di uguaglianza ed il riconoscimento del diritto al lavoro

che è accompagnato dall’impegno da parte della Repubblica di promuovere le

condizioni che rendono effettivo questo diritto (art. 4);

viene, inoltre, sancito il diritto delle persone con disabilità all’educazione e

all’AVVIAMENTO PROFESSIONALE (art.38 comma 3).

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DISCRIMINAZIONE

La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità stabilisce che per

discriminazione fondata sulla disabilità “si intende qualsivoglia distinzione,

esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di

pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio su base di

uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo

politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo”.

Il principio di non discriminazione è il cuore del paradigma dei diritti umani insieme

al valore della dignità, inerente all’essere umano.

Tra gli obiettivi del paradigma dei diritti umani vi sono, quindi, la lotta alla

discriminazione e la valorizzazione della diversità, talvolta, come analizzeremo,

anche nel contesto lavorativo delle imprese.

Vi può essere discriminazione diretta e discriminazione indiretta.

Si parla di discriminazione DIRETTA quando, per motivi connessi alla disabilità, una

persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata

un’altra persona in situazione analoga.

Ad esempio, una norma o un regolamento per l’accesso ai servizi che presenti

condizioni di partecipazione differenti tra persone con disabilità e senza.

Si parla, invece, di discriminazione INDIRETTA quando una disposizione, un atto o

un comportamento apparentemente neutri, si rivelino successivamente a svantaggio

della persona con disabilità.

Queste due distinzioni non sono sicuramente sufficienti a presentare tutte le difficoltà

affrontate, in diversi contesti, dalle persone con disabilità che sono spesso condotte

in situazioni di esclusione sociale, come per esempio l’esclusione dal mercato del

lavoro.

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La Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità, in particolare, sancisce

il divieto di discriminazione sulla base delle disabilità con riguardo a tutte le questioni

concernenti ogni forma di occupazione, incluse le condizioni di selezione,

assunzione e impiego, mantenimento di tale impiego, avanzamento di carriera e

condizioni lavorative sicure e salubri.

Vi possono essere, quindi, molteplici casi di esclusione e discriminazione nel mondo

del lavoro, sia durante la ricerca di un impiego, che durante la fase di selezione o

durante lo svolgimento di concorsi pubblici, fino ad arrivare alla discriminazione

durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.

Riferendoci nel caso specifico all’Italia, la normativa di riferimento alla non

discriminazione è il Decreto Legislativo 216/2003, il quale sancisce il divieto di

discriminazione sia nel settore privato che il quello pubblico e vengono anche

specificatamente individuate le aree di riferimento, ovvero:

l’accesso all’occupazione e le condizioni in cui si svolge un impiego, comprendendo

le retribuzioni, l’avanzamento di carriera ed il licenziamento;

l’accesso a tutti i tipi di formazione professionale e perfezionamento;

la sicurezza sociale.

Inoltre, sono considerate discriminazione anche le molestie, ovvero quei

comportamenti che hanno lo scopo di violare la dignità della persona con disabilità

o creare un clima intimidatorio, umiliante ed offensivo nei suoi confronti.

Le molestie nei confronti delle persone con disabilità sono incluse nel più ampio

contesto e fenomeno chiamato MOBBING.

Nelle sentenze dei giudici, il mobbing, viene solitamente definito come violenza

psicologica nell’ambito del rapporto di lavoro, caratterizzata da atteggiamenti

persecutori, esercitati direttamente dal datore di lavoro o indirettamente da terze

persone.

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Non esistono normative specifiche, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, per

andare incontro al fenomeno di mobbing; solamente a livello europeo, il Parlamento

nel 2001 ha approvato una risoluzione (2339/2001) per richiamare l’attenzione nei

confronti di questo fenomeno e agli effetti devastanti sulla salute fisica e psichica

della persona che ne è vittima.

In seguito a ciò, a livello regionale in Italia, si è tentato di colmare le lacune date

dalla mancanza di una disciplina a livello nazionale riguardante questo fenomeno

ma il percorso è sicuramente ancora lungo.

Inoltre, le persone con disabilità si trovano anche a dover combattere contro

stereotipi negativi che spesso influenzano le loro prospettive occupazionali in quanto

gli stereotipi sono la base su cui si sviluppa il pregiudizio, spesso anche da parte

degli ipotetici datori di lavoro.

Un pregiudizio comune è ad esempio che la disabilità sia un mondo incompatibile

con la produttività.

Il problema dei pregiudizi non riguarda l’andare a definire ciò che è vero o ciò che è

falso, quanto piuttosto l’incompletezza di frasi o pensieri, pertanto, in questo senso

è anche fondamentale l’importanza della formazione del personale accanto

all’attività di informazione.

Sulla base della discriminazione diretta o indiretta e degli stereotipi creati nei

confronti delle persone con disabilità, quindi, dal Terzo Rapporto Globale sulla

Discriminazione elaborato dalla Conferenza Internazionale del Lavoro, emerge

come la discriminazione e gli altri fenomeni analizzati siano dei fattori preoccupanti

e limitanti l’accesso all’occupazione delle persone con disabilità, ma in generale di

tutte le categorie delle fasce più deboli della società.

Nel contesto in cui ci troviamo a vivere ai giorni nostri, le logiche di mercato

sembrano prevalere sui diritti umani, pertanto è il sistema economico a dover dare

maggiori opportunità alle fasce più deboli, includendole nella società stessa e nel

mondo del lavoro.

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L’articolo 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con

disabilità afferma che “gli Stati Parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con

disabilità, su base di parità con gli altri; ciò include il diritto all’opportunità di

mantenersi attraverso il lavoro che essi scelgono o accettano liberamente in un

mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e

l’accessibilità delle persone con disabilità...”.

Il fine di attuare determinate iniziative è quello di:

- proibire la discriminazione fondata sulla disabilità in qualsiasi forma di

occupazione;

- proteggere i loro diritti e sancire la loro eguaglianza con gli altri;

- promuovere le opportunità di impiego delle persone con disabilità e

l’avanzamento di una carriera nel mercato del lavoro;

- promuovere la possibilità di esercitare un’attività in proprio e di

imprenditorialità;

- assumere le persone con disabilità nel settore pubblico.

Ma l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è, ad oggi, un diritto tutt’altro

che realizzato; secondo uno studio svolto dall’ufficio dell’ONU per i diritti delle

persone con disabilità, il 50-70 % delle persone con disabilità nel mondo non ha un

lavoro;

secondo i dati dell’Istat, in Italia, tale dato si aggira attorno all’80% ma non possiamo

avere dati certi in quanto, come evidenziato dallo stesso Istat, nel nostro paese

manca un’anagrafe delle persone con disabilità e quindi, ad esempio, non possiamo

neanche valutare dei dati sull’incidenza della povertà delle famiglie con all’interno

una persona con disabilità.

Ciò è ovviamente un problema in quanto, in assenza di dati, sarà difficile per gli stati

formulare e implementare politiche a sostegno delle persone con disabilità,

rimuovere le barriere che affrontano queste persone nell’esercizio dei propri diritti o

includerle nei contesti lavorativi.

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Cosa possiamo fare, quindi, affinché’ qualcosa si smuova?

“Problemi globali richiedono soluzioni globali” (Antonio Papisca).

Vi è in atto la “STRATEGIA EUROPEA SULLA DISABILITA’ 2010-2020: un

rinnovato impegno per un’Europa senza barriere” secondo la quale, gli Stati membri

e l’Unione Europea dispongono di un ampio mandato per migliorare la situazione

sociale ed economica delle persone con disabilità e la “Convenzione delle Nazioni

Unite sui diritti delle persone con disabilità” ne è un esempio.

Tale Convenzione ONU è il primo strumento giuridico vincolante nell’ambito dei diritti

umani al quale l’UE e gli Stati membri hanno aderito e che impone agli stati firmatari

di tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali delle persone con disabilità.

Inoltre, possiamo anche citare l’articolo 26 della Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione Europea che stabilisce che “l’Unione riconosce e rispetta il diritto delle

persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia,

l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità;

o ancora l’articolo 34, che stabilisce che l’Unione, al fine di lottare contro l’esclusione

sociale e la povertà, riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale volta a

garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse

sufficienti.

La “Strategia Europea sulla disabilita” delinea un quadro d’azione a livello europeo

che dovrà necessariamente essere sostenuto a livello nazionale affinché si realizzi

e possa sostenere in modo concreto gli uomini e le donne con disabilità.

Si vuole, quindi, arrivare alla creazione di una società che includa tutti i cittadini,

all’eliminazione di barriere e discriminazioni, ma anche ad un maggior sostegno ai

finanziamenti, alla ricerca, alla sensibilizzazione, alle statistiche e alla raccolta di

dati.

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Tra gli ambiti d’azione di questa strategia vi è l’OCCUPAZIONE, ovvero la ricerca di

un impiego di qualità per le persone con disabilità che offra loro indipendenza

economica e tutela contro la povertà.

Si vuole, quindi, migliorare l’informazione relativa all’occupazione di donne e uomini

con disabilità, dedicando particolare attenzione ai giovani con disabilità nel momento

di passaggio dall’istruzione scolastica al mondo del lavoro.

Inoltre, l’UE sosterrà e completerà le azioni nazionali, innanzitutto mettendo a loro

disposizione analisi, orientamenti politici e informazioni e, in secondo luogo,

sostenendo gli Stati membri a far ricorso al Fondo sociale europeo (FSE) per aiutare

le persone con disabilità ad integrarsi nel mondo del lavoro

INTEGRAZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITA’ NEL LAVORO IN ITALIA

I diritti delle persone con disabilità sono espressi oggi, se consideriamo il quadro

italiano, da norme interne statali e regionali.

Vi sono, quindi, anche in Italia politiche per facilitare l’inserimento lavorativo delle

persone con disabilità; grazie alla Legge numero 68 del 1999 “Norme per il diritto al

lavoro dei disabili”, il lavoro delle persone con disabilità è diventato un diritto che

deve essere promosso e supportato attraverso servizi di aiuto e sostegno.

La legge 68/99, abrogando la Legge 482 del 1968, ha posto le basi per un

cambiamento culturale nell’inserimento lavorativo della persona con disabilità ed ha

lo scopo di promuovere il loro inserimento e la loro integrazione lavorativa attraverso

servizi di collocamento mirato e di sostegno, innovando profondamente la materia

del collocamento dei soggetti con disabilità.

Per “collocamento mirato” si intende la valutazione adeguata delle persone con

disabilità nelle loro capacità lavorative al fine di inserirle in un ambiente di lavoro

adatto a loro, attraverso l’analisi dei diversi posti di lavoro e la soluzione di problemi

connessi con determinati ambienti lavorativi.

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Un inserimento in azienda delle persone con disabilità non sufficientemente mirato

ed accompagnato provocherebbe, infatti, disorientamento e sfiducia di un particolare

soggetto in questione rispetto alle proprie possibilità.

Il principio del collocamento mirato è una novità volta a guardare, quindi, non solo

ad incrementare la quantità degli inserimenti nei contesti lavorativi ma soprattutto

mira alla qualità e adeguatezza del posto di lavoro.

Laddove lo si ritenga utile, ad esempio, ci si può affidare ad un tutor, ovvero una

persona inserita in una determinata impresa, alla quale viene affidato il compito di

accogliere e seguire il lavoratore.

Il tutor aziendale mette a disposizione non solo la propria esperienza tecnica, ma

anche e soprattutto la propria sensibilità, diventando punto di riferimento per la

persona che sta seguendo nel percorso di inserimento; si deve, quindi, instaurare

una relazione di fiducia tra i due per un’ efficace esperienza aziendale.

A chi è rivolto il collocamento mirato?

Ai sensi dell’articolo 1 della legge 68/99 i destinatari sono:

a) le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche, sensoriali

o intellettive, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore

al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni insediate presso le

A.S.L.;

b) le persone con invalidità da lavoro con un grado di invalidità superiore al 33

per cento (accertato dall’INAIL);

c) le persone non vedenti (coloro che sono colpiti da cecità assoluta o che hanno

un residuo visivo non superiore ad un decimo) ed i soggetti sordomuti.

d) le persone con invalidità di guerra, civili di guerra e con invalidità per servizio.

La legge 68/99, quindi, riconosce l’attività lavorativa delle persone con disabilità

come esercizio di un loro diritto di appartenenza sociale e riconduce le responsabilità

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di Enti ed Imprese ad un’attenzione specifica nei confronti di questo aspetto

attraverso un inserimento delle persone con disabilità nelle aziende che sia efficace

e importante anche numericamente, in quanto rappresenterebbero una componente

rilevante di ogni organizzazione.

Il requisito anagrafico ai fini dell’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio

è quello minimo di 15 anni di età e quello massimo dell’età pensionabile prevista

dall’ordinamento.

Come fare?

Le persone con disabilità devono, innanzitutto, assicurarsi di possedere una

certificazione di invalidità e successivamente recarsi nel Centro per l’impiego presso

il quale hanno il domicilio e richiedere l’iscrizione all’elenco della legge 68/99.

Inoltre, per agevolare le assunzioni delle persone con un grado di disabilità superiore

al 66%, lo Stato trasferisce alle Regioni le risorse del Fondo Nazionale per il diritto

al lavoro delle persone con disabilità; le aziende, in questo caso, prima di assumere

devono stipulare convenzioni con i Centri per l’impiego.

OBBLIGO DI ASSUNZIONE PER LE CATEGORIE PROTETTE:

LE QUOTE DI RISERVA

Le quote di riserva rappresentano l’obbligo di “riservare” ai lavoratori appartenenti

alle categorie protette una certa quota delle assunzioni, proporzionata alle

dimensioni dell’organico aziendale.

Vi sono delle quote minime di riserva che dipendono, quindi, dalle dimensioni

dell’azienda;

per le imprese con oltre 50 dipendenti, la quota di riserva corrisponde al 7% dei

lavoratori occupati;

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per le imprese che hanno dai 36 ai 50 dipendenti l’assunzione obbligatoria è di due

persone con disabilità;

le imprese che hanno fra i 15 e i 35 dipendenti devono assumere per legge una sola

persona con disabilità e solo in caso di nuove assunzioni;

solamente per le imprese con meno di 15 dipendenti non è richiesta assunzione

obbligatoria.

Le imprese private e gli enti pubblici economici che non adempiono agli obblighi

previsti dalla legge sono soggetti a sanzioni.

Vi è un percorso formale per adempiere a questo obbligo di legge, un percorso di

quattro distinte fasi:

la prima, computare l’organico aziendale secondo criteri previsti dalla legge;

la seconda, computare le quote di riserva;

la terza, comunicare il prospetto informativo entro il 31 gennaio di ogni anno al

competente servizio provinciale, ovvero una sorta di “fotografia” della situazione

aziendale alla data del precedente 3 dicembre;

la quarta, entro sessanta giorni dal momento in cui insorge l’obbligo, i datori di lavoro

devono presentare ai servizi per il collocamento obbligatorio le richieste di

assunzione dei lavoratori appartenenti alle categorie protette mancanti a coprire la

quota d’obbligo.

DA OBBLIGO DI LEGGE A POSSIBILITA’ DI SVILUPPO

A muoversi nella direzione del collocamento mirato e nella garanzia di

un’occupazione per le persone con disabilità sono anche le Regioni con varie

iniziative.

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Nel 2018, ad esempio, la Toscana ha stanziato oltre cinque milioni di euro sotto

forma di agevolazioni ed incentivi per le aziende private che intendono assumere

lavoratori con disabilità iscritti negli elenchi dei collocamenti mirati regionali.

La Liguria, invece, ha sottoscritto un protocollo d’intesa con “l’Associazione

nazionale mutilati e invalidi del lavoro” per il reinserimento delle persone con

disabilità da lavoro.

Questi sono solo alcuni esempi che evidenziano che si sta andando nella giusta

direzione e che nonostante gli stereotipi e le discriminazioni nei confronti delle

persone con disabilità molti dati dimostrano come queste barriere si possano

abbattere.

Secondo un’indagine condotta da AstraRicerche a Roma e promossa da Aism,

Prioritalia e Manageritalia, avente per oggetto “disabilità e lavoro, la sfida dei

manager”, emerge che, secondo il 65% dei manager intervistati, la presenza di

persone con disabilità nell’ambiente lavorativo determina ricadute positive su tutti i

dipendenti; prima di tutto grazie a nuove forme organizzative di svolgimento delle

attività (dal telelavoro allo smartworking) e all’organizzazione degli spazi in modo più

razionale.

Inoltre, l’88,2% del campione intervistato ritiene che avere personale con disabilità

produca un impatto positivo anche per le stesse capacità manageriali, in quanto la

loro presenza porterebbe i dirigenti a organizzare le attività in maniera più efficiente,

a semplificare i processi e a valutare meglio il personale.

Soffermandoci su altri dati si può affermare che l’82,5 % degli intervistati sostenga

di non aver osservato fenomeni di esclusione dalla vita aziendale, questo perché si

è cercato di andare oltre a stereotipi e pregiudizi.

Nonostante ciò, il 24,9 % del campione, invece, afferma che l’assunzione e la

presenza di persone con disabilità in azienda rappresenti semplicemente

l’adempimento di un obbligo e non un valore aggiunto (la restante parte del

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campione ritiene invece che le persone con disabilità siano parte integrante

dell’ambiente organizzativo e anche parte della crescita aziendale collettiva).

Tuttavia, dai dati analizzati, si sottolinea comunque una mancata integrazione in certi

contesti e in certe aziende; l’indagine afferma che tale mancanza si verifichi almeno

in un’azienda su cinque e tale responsabilità ricade sull’attività dei manager.

Nonostante ciò, rispetto agli anni che hanno susseguito la crisi economica più

recente, possiamo sicuramente affermare che la situazione è, ad oggi, meno critica

anche grazie all’aumento delle persone che si iscrivono alle liste del collocamento

mirato e che dunque cercano un lavoro (dati 2014/2015 dell’ottava Relazione sullo

stato di attuazione della legge per il diritto al lavoro delle persone con disabilità).

Secondo questa relazione sono state 78mila nel 2014 e 92mila nel 2015 le persone

con disabilità che si sono iscritte al collocamento mirato, ovvero un aumento del 35%

rispetto ai dati relativi agli anni della crisi. In media sono stati più uomini (57%) che

donne (43%).

In conclusione, se da una parte la legge 68/99 determina un obbligo per le aziende

di assumere persone con disabilità in una percentuale proporzionale al numero dei

propri dipendenti, abbiamo osservato dai dati che questo obbligo non determina

immediatamente anche un’opportunità; quindi, la parte di obbligo la si può subire

passivamente, la parte di integrazione va colta attivamente.

Se la legge viene percepita come ostacolo, l’assunzione non sarà a beneficio di

nessuno.

L’opportunità, quindi, deve costruirsi tra azienda e lavoratore per trarne beneficio

reciproco.

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INCLUSIONE E INTEGRAZIONE

“Se una persona con disabilità viene ammessa in un’organizzazione che non

procede a nessun cambiamento egli viene assimilato, se invece l’accoglimento

comporta adattamento tanto da parte della persona con disabilità, quanto da parte

dell’organizzazione, allora si parla di integrazione.” (Andrea Canevaro)

La disabilità deve cessare di essere vista come stato di menomazione per arrivare

ad essere intesa come una condizione meritevole di rispetto in un’ottica di piena

inclusione.

L’inclusione è dare supporti, favorire la solidarietà, personalizzare le nostre azioni,

stimolare atteggiamenti positivi e dare valore alle differenze.

Ma come possiamo realizzare l’inclusione?

L’inclusione delle persone con disabilità passa attraverso l’integrazione nel lavoro e

le imprese contemporanee adottano approcci sempre più evoluti nella gestione delle

persone e fanno dell’inclusione uno dei tratti qualificanti della loro strategia

competitiva.

L’inclusione, talvolta, la si applica anche perché’ l’esclusione ha dei costi che

fondamentalmente le imprese non sempre possono sostenere, conviene, quindi,

includere perché le persone con disabilità possono “generare valore” per le imprese.

Una persona con disabilità, proprio per la sua particolare condizione, può portare in

azienda punti di vista differenti ed ha la capacità di sorprendersi più di altri, di vedere

cose che spesso, banalmente, non si vedono e ciò aumenta il potenziale innovativo

e la performance dell’impresa.

Inoltre, le persone con disabilità che entrano in azienda in posizioni non residuali

hanno la capacità di resilienza, ovvero la “capacità di un’organizzazione o di una

persona rispetto ad un fenomeno distruttivo di assorbire lo shock e di riprendersi”.

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Una persona con disabilità è stata, infatti, “obbligata” a sviluppare questa capacità

durante la sua crescita, spesso più complicata rispetto ad altri individui della società,

e tale capacità è un valore aggiunto in un contesto competitivo come quello

aziendale nel quale gli shock esterni non controllabili possono essere di una certa

rilevanza.

Inoltre, sfruttando la tecnologia possiamo ridurre la disabilità percepita (non quella

reale) e si può, quindi, aumentare la probabilità che la persona con disabilità sia

inserita e retribuita per le sue conoscenze e per le sue abilità e non per la propria

condizione.

Per l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, quindi, abbiamo

da un lato l’inclusione per volontà di legge (68/99) e dall’altro l’inclusione per volontà

dei professionisti delle risorse umane che sono responsabili della realizzazione delle

politiche per l’inclusione, che devono essere sempre più efficaci per fare in modo

che queste persone non vengano accettate solamente per la loro condizione ma per

le loro capacità in specifici contesti.

Innanzitutto bisogna, quindi, gestire il processo di inserimento delle persone con

disabilità in azienda, in secondo luogo bisogna formare le “altre” persone, ovvero

educare la diversità per considerarla una condizione di normalità; inoltre, bisogna

aumentare il coinvolgimento emotivo delle persone con disabilità all’interno

dell’organizzazione tramite la distribuzione del lavoro secondo le loro competenze.

“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi

sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido” (Albert Einstein).

Una cultura d’azienda adeguata, dove tutte le capacità vengono impiegate nel modo

corretto e senza pregiudizi e discriminazione, può portare benefici diretti all’interno

del clima organizzativo ma anche e soprattutto soddisfazione generale dei lavoratori

e sostenibilità economica, competitiva e sociale dell’impresa.

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Riccardo Padoan

“IL LAVORO CI RENDE LIBERI, IL LAVORO CI TUTELA, IL LAVORO È UGUALE

PER TUTTI”

Il lavoro è uno strumento fondamentale di costruzione del diritto di cittadinanza,

elemento cardine dell’identità adulta e fattore fondamentale di socializzazione delle

società complesse.

Ma, come abbiamo potuto analizzare in precedenza, l’inclusione lavorativa in Italia

risulta essere spesso complessa per le persone con disabilità.

Secondo l’Osservatorio nazionale della salute, solo il 18% delle persone con

disabilità tra i 45 e 64 anni ha un’occupazione, contro il 58,7% della popolazione

generale per la stessa fascia di età.

Una persona con disabilità che ha ottenuto una laurea è, inoltre, costretta ad

affrontare molti più ostacoli per trovare un lavoro rispetto a un coetaneo con pari

titolo di studio.

Ampliando i concetti di inclusione ed integrazione delle persone con disabilità

all’interno del contesto lavorativo, il fine del seguente contenuto è quello di

analizzare l’integrazione sociale, anche grazie e attraverso le nuove tecnologie e

analizzare anche l’emarginazione sociale e la discriminazione che vi può essere nei

contesti lavorativi, sino ad arrivare a citare alcune iniziative di Onlus in Italia che

stanno svolgendo un ruolo essenziale nell’ambito dell’inclusione lavorativa delle

persone con disabilità.

L’emarginazione sociale riguarda tutte quelle disparità sociali dovute a povertà, alle

stesse condizioni di menomazione, all’essere straniero o di un’altra religione

motivate da un senso di non appartenenza e lontananza.

L’integrazione sociale delle persone con disabilità passa anche attraverso

l’inclusione nel mondo del lavoro e dunque anche le stesse aziende e industrie

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devono essere in grado di trovare approcci sempre più evoluti nella gestione delle

persone, per due ragioni principali:

il primo, etico-morale;

il secondo, invece, economico, in quando, possono talvolta rendere l’inclusione una

leva qualificativa della loro strategia competitiva.

Con questa premessa, dunque, analizzeremo il ruolo delle persone con disabilità

all’interno del mondo del lavoro e del mercato libero e i diversi strumenti messi a

disposizione per quest’ultimi dai vari enti e dalle imprese.

Ma i concetti di INCLUSIONE, INTEGRAZIONE E INSERIMENTO non sono tra loro

sinonimi, quindi, prima di tutto analizziamo brevemente le differenze.

Il concetto di inclusione, oggi, è utilizzato in maniera ricorrente in ambito socio-

politico, di fatto non presuppone che la persona con disabilità interagisca in

modo complesso ed esaustivo con il progetto di vita creato ad hoc.

L’ inserimento, invece, offre la possibilità di una interazione monodirezionale

e non bidirezionale con i servizi predisposti per la persona con disabilità.

L’ultimo concetto, quello di integrazione è il solo che possa esprimere la

soddisfazione nel raggiungimento di una proficua interazione tra la persona

con disabilità e le diverse sfaccettature del mondo circostante che, da un punto

di vista psicologico, significa apprendimento, adattamento e maturazione.

Inoltre, il momento formativo pre-integrazione è fondamentale affinché

l’inserimento stesso avvenga in un contesto e con condizioni iniziali idonee alla

persona e all’azienda.

La formazione iniziale dovrà generalmente raggiungere i seguenti obiettivi:

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- operare un “modello orientativo” della persona con disabilità per poterne

comprendere gli aspetti motivazionali ed attitudinali, nonché per capire

l’incidenza della disabilità rispetto alla possibilità di assimilare capacità

professionali;

- attuare, una volta operata la scelta del percorso formativo, metodologie

didattiche personalizzate al fine di attenuare le difficoltà derivanti dalla

disabilità presente, prestando attenzione al mantenimento di un forte

grado di integrazione all’interno del gruppo;

- facilitare momenti di apprendimento pratico in situazioni di

affiancamento lavorativo per sviluppare non solo capacità lavorative, ma

anche potenzialità di socializzazione;

- incrementare la collaborazione fra gli attori dell’integrazione lavorativa.

Inoltre, ai fini dell’integrazione della persona con disabilità nell’ ambiente

lavorativo, evidenziamo anche l’importanza che la famiglia può svolgere in tal

senso.

Nell’ambiente familiare dovrebbero essere riscontrate le seguenti

caratteristiche:

- buona qualità della comunicazione fra i suoi componenti;

- coerenza nelle risposte emozionali agli eventi che riguardano il soggetto

con disabilità;

- apertura ai rapporti sociali, inclusa la conoscenza dell’ambiente

lavorativo del soggetto;

- ricerca di spazi all’interno della famiglia in cui il soggetto possa gestirsi

autonomamente;

- accettazione delle attitudini e dei limiti individuali di ciascun

componente;

- responsabilizzazione, fiducia e spazio decisionale per il soggetto con

disabilità.

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Si riscontra spesso, nel periodo successivo all’integrazione lavorativa,

l’orgoglio e la soddisfazione da parte della famiglia per i progressi ed i risultati

raggiunti dal familiare con disabilità, poiché non sempre il lavoro viene vissuto

dalla stessa come una conquista possibile.

La maggiore indipendenza acquisita attraverso il ruolo di lavoratore viene

fortemente generalizzata anche al contesto familiare, che a volte sostiene

questo processo di sviluppo;

I risultati del lavoro svolto per il raggiungimento dell’autonomia personale,

sociale ed economica, anche per questi ultimi, sono promettenti per un futuro

socialmente più gratificante e rispettoso della totalità della persona con

disabilità.

INIZIATIVE DI INTEGRAZIONE DI ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO IN

ITALIA

L’Art.3 della Costituzione Italiana recita: “è compito della Repubblica rimuovere gli

ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e

l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e

l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e

sociale del Paese”, definendo in maniera netta il compito dello Stato.

L’Art.38.3 ci interessa in particolar modo, in quanto stabilisce: “gli inabili ed i minorati

hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale”.

La legge 68/99 è un passo in avanti per il pieno riconoscimento e inclusione delle

persone con disabilità all’interno del contesto lavorativo ma l’obbligo di assunzione

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che predispone questa legge crea in questo caso un problema, in quanto spesso

rende le aziende più favorevoli a pagare delle sanzioni derivanti dalla legge 68/99

piuttosto che assumere delle persone con disabilità.

Questa problematica vi è stata per molto tempo, e ancora ad oggi tali situazioni sono

spesso presenti.

È necessario dunque tutelare le persone con disabilità con tutti i mezzi possibili e

l’aiuto da parte di qualsiasi ente o associazione, a partire dalle grandi associazioni

umanitarie internazionali, o ancora grazie a garanzie dell’ONU, dell’Unione Europea

fino ad arrivare alle leggi regionali, passando per i governi degli Stati.

Il ruolo degli enti non profit che si occupano di disabilità è fondamentale per

sensibilizzare le aziende e le istituzioni su questo tema.

Bisogna attuare iniziative per valorizzare la diversità e promuovere progetti che

rispondano alla necessità delle aziende e delle persone stesse;

la competenza e le esperienze di associazioni non profit che si occupano delle

persone con disabilità sono, quindi, fondamentali e possono contribuire ad una

maggiore conoscenza e informazione sulla gestione delle persone con disabilità in

azienda.

Durante la conferenza internazionale “Includere la disabilità nella Cooperazione

allo sviluppo: esperienze di collaborazione tra Governi, Ong e Organizzazioni di

persone con disabilità”, svolta a Roma, è infatti emersa la necessità di rafforzare

l’alleanza tra le Organizzazioni delle persone con disabilità, Ong e istituzioni per

promuovere l’inclusione della disabilità nei programmi di cooperazione.

Il convegno ha messo a confronto gli orientamenti di Italia, Germania, Spagna,

Finlandia e Unione Europea e le relative esperienze.

Ne è emerso un ruolo d’avanguardia della cooperazione italiana nel pianificare

indirizzi di politica di cooperazione con il lancio delle Linee guida seguite dal Piano

d’azione del 2013.

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Nel corso della conferenza è stata presentata una sintesi della mappatura delle 58

iniziative della Cooperazione italiana nel periodo 2009-2014 e frutto della

collaborazione tra il Ministero e la Rete italiana disabilità e sviluppo.

Inoltre, dalle differenti esperienze in campo internazionale è comparsa l’esigenza di

un coinvolgimento sempre più stretto delle organizzazioni delle persone con

disabilità, che hanno rivendicato il proprio ruolo.

Un esempio in Italia di aiuto sociale anche nei confronti delle persone con disabilità

proviene dalla Croce Rossa, un’associazione di promozione sociale che tra i suoi

obiettivi ha quello di promuovere lo sviluppo dell’individuo, ovvero garantire la

possibilità a ciascuno di raggiungere il massimo delle proprie potenzialità.

Viene perseguito questo obiettivo attraverso la prevenzione e la risposta ai

meccanismi di esclusione sociale fino ad arrivare a costruire comunità più forti ed

inclusive.

Viene promossa l'integrazione delle persone con disabilità attraverso l'attività di

volontariato e la partecipazione attiva alla vita dell'Associazione, oltre che attraverso

lo sport, e soprattutto attraverso il lavoro.

L’obiettivo generale della Croce Rossa è, quindi, quello di promuovere la dignità

delle persone in ogni luogo.

Inoltre, sempre nel contesto italiano, tra 78 progetti volti a incrementare le

opportunità di lavoro e di integrazione delle persone con disabilità, selezionati

dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il concorso nazionale previsto

dalla riforma del Terzo Settore, uscito nel novembre 2017, si è aggiudicato il primo

posto un progetto presentato dall’Unione italiana lotta alla distrofia

muscolare (Uildm).

Questo progetto viene chiamato “Plus” ed è finalizzato all’inclusione socio-lavorativa

di 80 persone con disabilità in 16 regioni italiane.

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“Il fatto che la nostra associazione si occupi di lavoro è un ulteriore impegno rispetto

al concetto della valorizzazione delle persone con disabilità, da considerare risorse

e non un peso per la società.

Il lavoro rappresenta un pezzo importante della nostra vita e lo consideriamo, oltre

ad un diritto come dice la nostra Costituzione, anche un dovere civico per contribuire

al benessere della collettività”, spiega il presidente della Uildm Marco Rasconi.

Il loro obiettivo è, quindi, quello di migliorare la qualità di vita delle persone con

disabilità favorendone l’inserimento professionale, sociale e territoriale.

Si offre alle persone con disabilità un percorso specializzato di orientamento,

formazione e job coaching.

Con questo progetto si vogliono promuovere le pari opportunità e si vuole contribuire

alla riduzione delle disuguaglianze affinché assumere una persona con disabilità

non rappresenti solo un obbligo di legge, troppo spesso neanche rispettato o come

già affermato in precedenza, rispettato solamente per “dovere”.

Il progetto Plus ha ricevuto, quindi, lo scorso anno dal Ministero del lavoro un

finanziamento di 579.600 euro per attivare borse di formazione lavoro, con una

durata di 18 mesi, in 16 regioni rivolgendosi a cinque persone con disabilità in età

lavorativa per ciascuna regione.

Sono state previste due attività principali:

nella prima i partecipanti hanno seguito un corso di formazione professionale della

durata di 40 ore attraverso cui sono stati offerti loro gli strumenti necessari per

promuovere l’autonomia personale e sociale e acquisire una modalità lavorativa e

relazionale adeguata;

in seguito a ciò si è svolta un’attività di tirocinio della durata di 30 ore, seguito

dall’inserimento lavorativo della durata di almeno sei mesi presso un’impresa,

una cooperativa un’organizzazione o un ente pubblico che ha dato adesione.

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Per ciascun beneficiario è stato rilevato il grado di capacità, autonomia e attitudine

personale al fine di creare un curriculum vitae e individuare la sede e il tipo di tirocinio

più opportuni.

La seconda attività ha previsto la creazione di uno sportello di accoglienza e ascolto

gestito autonomamente dalle persone con disabilità con l’obiettivo di fornire

assistenza all’inserimento nel mondo del lavoro.

Lo sportello offre anche consulenza in ambito lavorativo.

“Siamo consapevoli, e lo denunciamo da tempo, che ancora oggi troppe persone

con disabilità non hanno le stesse possibilità di trovare un impiego rispetto agli altri,

ma auspichiamo che a partire anche da questa premiazione qualcosa cambi

finalmente in positivo” afferma Rasconi e si augura che lo Stato si accorga del loro

lavoro come strumento per creare valore aggiunto e non come qualcosa di negativo

per il suo bilancio.

Nasce, quindi, un vero e proprio bisogno di coinvolgere le persone con disabilità,

superando l’obbligatorietà della legge riguardo le assunzioni di persone con

disabilità, rendendole partecipi ai processi lavorativi a seconda delle valutazioni delle

competenze e alla giusta posizione all’interno dell’impresa, dando un segnale di

accrescimento culturale al pubblico.

Altre possibilità per poter far fronte alla causa sono i corsi che determinate aziende

forniscono, riguardanti in particolar modo l’autodeterminazione e la focalizzazione

sulla crescita personale del lavoratore con disabilità, oppure attraverso la creazione

di gruppi destinati all’orientamento e all’integrazione di tipologie di persone “diverse”.

Seppur la percentuale di persone con disabilità disoccupate sia molto ancora alta in

molti stati d’ Europa, i primi spiragli di luce si intravedono in alcuni stati, dove

l’occupazione di questi soggetti comincia ad aumentare, spesso grazie ai progressi

della tecnologia.

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PROGRESSI DELLA TECNOLOGIA

Le nuove tecnologie sono parte integrante della vita quotidiana.

Hanno un impatto su molti aspetti della società, tra cui l’istruzione, la formazione e

l’occupazione, ma in particolare sono uno strumento prezioso per le persone con

disabilità e bisogni speciali.

Il potenziale delle nuove tecnologie per migliorare la qualità della vita, ridurre

l’esclusione sociale e aumentare la partecipazione è riconosciuto a livello

internazionale, così come sono note le barriere sociali, economiche e politiche che

il mancato accesso alle nuove tecnologie può generare (Vertice Mondiale sulla

Società dell’Informazione – WSIS, 2010).

La tecnologia stessa ha permesso la creazione di applicazioni per l’utilizzo di

comandi vocali, sintetizzatori vocali costituiti principalmente per agevolare gli

spostamenti e, inoltre, anche schermi touch screen e vari programmi basati sulla

semplificazione del dispositivo, facilitando l’interazione tra le persone.

Nella vita quotidiana, la tecnologia risulta indispensabile in ogni contesto, a partire

dall’informazione, alla comunicazione…

Nel mondo globalizzato in cui ci troviamo a vivere al giorno d’oggi, la tecnologia

innovativa è sempre più all’ordine del giorno.

Molto spesso la parola “tecnologia” rimanda ai brand dei grandi colossi di Microsoft,

Apple, Samsung ed altri sviluppatori di prodotti sempre più avanzati

tecnologicamente, ma esiste anche un'altra realtà, molto più utilitaria e

indispensabile per il miglioramento delle condizioni di vita, utilizzando degli strumenti

per garantire alle persone con disabilità una vita più accessibile in vari contesti, fra i

quali il contesto lavorativo.

La tecnologia stessa può intervenire in vari ambienti, ad esempio nella prevenzione

di malformazioni genetiche, nella riabilitazione e nel raggiungimento della piena

inclusione nella società.

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Il computer, attraverso l’uso di software dedicati, è uno degli strumenti che potrebbe

essere utilizzato per dissolvere le barriere architettoniche e di esclusione che spesso

si formano nei confronti delle persone con disabilità all’interno del contesto

lavorativo.

Gli strumenti in grado di poter aiutare le persone con disabilità ormai sono presenti

sul mercato, ma anche in strutture comuni che garantiscono l’accesso ai diritti sociali

alle persone come per esempio negli ospedali e sono sempre più specializzati sia

nel campo riabilitativo sia nelle modalità di accesso al computer.

I primi ausili erano primitivi e bisognosi di miglioramenti, ma ad oggi le

apparecchiature e i programmi sofisticati sono in grado di risolvere anche le

problematiche più complesse delle persone con disabilità.

Come accennato, le tipologie si distinguono in riabilitative e nel raggiungimento della

piena inclusione nella società: la prima, attraverso il computer, permette a chi assiste

la persona con disabilità mentali di migliorare l’interazione con l’assistito;

nella seconda, invece, nel caso di persona con disabilità fisica, il computer

garantisce una maggiore autonomia, svolgendo attività che prima non potevano

essere svolte.

L’avvento del computer ha permesso che numerose tipologie di persone con

disabilità migliorino il proprio status.

Alcuni strumenti, ad esempio, sono in grado di permettere ad un non vedente di

poter usare un pc con una certa autonomia e tali strumenti possono essere utilizzati

all’interno dell’ambiente lavorativo.

Ad esempio, i non vedenti possono percepire un testo dallo schermo attraverso:

lo schermo tattile, un dispositivo composto da celle di otto elementi che si

muovono in alto e in basso a seconda dei diversi caratteri braille, il sistema di

scrittura dei non vedenti;

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la tastiera braille, tastiera speciale con sei tasti corrispondenti alle 6 lettere di

questo alfabeto speciale;

il riconoscimento vocale che dà comandi al computer attraverso la voce

oppure riproducendo i testi presenti in suoni e parole.

Per chi, invece, trova la propria disabilità nell’uso delle articolazioni, in particolare

delle mani e delle braccia, esiste una proteggi tastiera in plastica che permette

all’utente, durante la scrittura, di premere più tasti contemporaneamente e rende più

facile individuare i caratteri.

Esistono, inoltre, dei supporti per i polsi, costituiti per coloro che hanno difficoltà a

sostenere il braccio per molto tempo, e supporti attraverso l’uso di aste applicate alla

bocca e al mento che permettono di digitare lettere e parole guidando la tastiera con

la bocca o con il movimento della testa.

Il computer, dopo decenni di sviluppi ed evoluzioni, ha fatto si che ogni persona

sappia usare questo apparecchio e che venga usato nelle situazioni varie.

Il caso in questione dà la possibilità alle persone con disabilità di poter ridurre, non

cancellare, le loro difficoltà, riuscendo ad usare con autonomia un computer.

Questa possibilità fa in modo che vi sia un aumento di persone che possono

affacciarsi ad una prospettiva lavorativa, capendo quale sia la mansione giusta da

poter assegnare in azienda a queste persone con disabilità.

Con le apparecchiature e gli strumenti giusti questi soggetti sono in grado di svolgere

perfettamente l’attività assegnata.

Importante è ricordare come la tecnologia stessa può creare delle barriere dovute al

fatto che i prodotti destinati ai grandi consumatori non tengono conto dei bisogni

specifici delle persone con disabilità, divenendo un grosso ostacolo per alcuni.

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Le nuove tecnologie non includono limitazioni e permettono di migliorare la qualità

della vita solo se le stesse rispettano tutti gli utenti, comprese le persone con

disabilità con le loro difficoltà.

L’esempio è la possibilità di utilizzare l’intera rete internet in funzione delle condizioni

delle persone, in questo caso destinata ad inglobare anche le persone con disabilità,

in un’ottica di piena inclusione.

A seconda del tipo di disabilità, esistono dei problemi di accessibilità e eventuali

soluzioni possibili.

Nel caso di persona con disabilità visiva, lo schermo del pc e i terminali come il

bancomat non hanno il giusto contrasto di colori per garantire alla persona con

questo disturbo di poter svolgere le proprie attività.

La soluzione adatta è l’adozione di un lettore di schermo che permetta a tutti di poter

usare questo servizio.

Nel caso di persona con disabilità uditiva, le più grandi difficoltà sono le compagnie

di telefonia fissa e mobile ed anche i sistemi di risposta vocale.

Per far fronte a questa problematica possono essere usati telefoni testuali, e-mail ed

apparecchi acustici in grado di amplificare il suono.

Nel caso di persona con disabilità motoria, possono nascere delle difficoltà

nell’utilizzo del mouse, nell’utilizzo di telefoni pubblici e carte intelligenti.

Programmi di controllo con particolari caratteristiche, comandi vocali o tastiere

speciali potrebbero fare la differenza.

Nel caso di persona con disabilità mentale, ogni azione e luogo che necessita di

comprendere istruzioni e l’abilità di esprimersi verbalmente, le soluzioni sono le più

varie, ad esempio l’utilizzo di interfacce utente basate su disegni, figure o

pittogrammi oppure fax, email, istruzioni audio-video.

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Da questo punto di vista, la robotica, l'ingegneria biomedica, le tecnologie legate alla

mobilità ci offrono un panorama di grandi opportunità.

Nella scorsa edizione di Maker Faire Rome - The European Edition, uno dei più

grandi appuntamenti riguardanti l’innovazione della tecnologia, sono stati presentati

dei progetti molto interessanti per le persone con disabilità che potrebbero avere un

vasto utilizzo all’interno dell’ambiente lavorativo.

Uno su tutti è “l’Adam’s hand”: una protesi mioelettrica della mano che sfrutta un

meccanismo innovativo che consente di mettere in movimento tutte le dita con un

solo motore invece dei cinque/sei convenzionalmente utilizzati nelle altre protesi.

Con questo prototipo c’è un alleggerimento del peso e delle difficoltà di utilizzo.

L’esterno è, inoltre, stampabile in 3D, permettendone una grande personalizzazione.

“L’Optical wheelchair” è una sedia a rotelle comandata da movimenti oculari ed

espressioni del viso.

Una particolare camera rileva il movimento delle pupille e le espressioni facciali per

poi mandare queste info, elaborate, al microcontrollore tramite Bluetooth.

Il microcontrollore, mediante un circuito elettronico, muove le ruote in base alle

informazioni ricevute.

“Orion”, invece, è un esoscheletro robotico comandato da impulsi muscolari.

Alla sua base vi è una scheda elettronica che permette di visualizzare e analizzare

sul computer i segnali muscolari raccolti tramite elettrodi applicati agli arti.

La scheda elettronica dialoga con l’esoscheletro controllato da un sistema

meccanico, che lo mette in movimento dando più forza all’arto quando gli arriva il

segnale che il muscolo si vuole muovere.

Il progetto prevede una sua applicazione futura anche agli arti inferiori, per attivare

un sistema di camminata assistita.

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“Waybration” è un sistema di supporto alla navigazione per atleti non vedenti e

consente ad atleti non vedenti o ipovedenti di praticare sport come il windsurf o la

vela senza la presenza di un accompagnatore oppure svolgere alcuni lavori

all’interno di una azienda.

Il progetto utilizza un software per la pianificazione del percorso eseguito su pc o

smartphone e del codice sviluppato ad hoc per il filtraggio del segnale e la

comunicazione radio con le cavigliere.

L’utente compone il percorso di regata o di allenamento fissandone i waypoint e,

una volta attivate le cavigliere, queste vibrano indicando all’atleta la direzione verso

cui dirigersi.

In conclusione, si è voluto, quindi, dimostrare che l’integrazione delle persone con

disabilità è possibile, prima di tutto grazie ad attività di onlus volte a realizzare tale

scopo e, inoltre, anche tramite il progresso della tecnologia sempre più d’impatto ed

efficiente che può essere sfruttata nei contesti più ampi.

Adela Ravmani

La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI)

Il paradigma della Responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social

Responsability) si può definire come “l’interazione, su base volontaria, da parte delle

imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali

e nei loro apporti con le parti interessate” (Libro Verde dell’UE del 2001, che si

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propone di promuovere la responsabilità sociale delle imprese e di incoraggiare

prassi innovative, trasparenti ed affidabili).

Questo approccio nasce nell’etica degli affari negli Stati Uniti degli anni ’70 ed in

quell’ambito comincia a svilupparsi la tendenza delle imprese a rispettare le leggi e

le normative giuridiche da un lato, ma di osservare obblighi morali dall’altro; le

imprese devono sicuramente fare profitto ma, nel farlo, devono osservare degli

obblighi morali.

L’impresa diventa dunque un “soggetto morale” e non semplicemente economico.

Iniziano a proporsi varie iniziative per incoraggiare le aziende di tutto il mondo ad

adottare politiche sostenibili ed andare nella direzione della responsabilità sociale

d’impresa;

fra queste vi è la “United Nations Global Compact”, messa in atto dalle Nazioni Unite

nel 2000, alla quale le imprese possono volontariamente aderire per perseguire i 10

principi sanciti dalla “Global Compact”.

I 10 principi enunciati rientrano in 4 macro sezioni, rispettivamente riguardanti i diritti

umani, il lavoro, la sostenibilità ambientale e l’anti-corruzione; in particolar modo,

secondo quanto previsto dal principio sesto, le imprese dovrebbero sostenere

l’eliminazione della discriminazione relativamente all’occupazione.

Inoltre, sempre per favorire la logica della responsabilizzazione delle imprese,

l’“Organizzazione per la cooperazione economica e per lo sviluppo” ha prodotto delle

linee guida per le imprese multinazionali fra le quali ritroviamo, anche in questo caso,

la lotta alla discriminazione nell’occupazione oltre che il rispetto dei diritti umani in

senso più ampio da parte delle imprese multinazionali.

Negli ultimi anni il sistema delle imprese ha dato una forte dimostrazione della

propria ‘’Corporate Social Responsability’’ con investimenti mirati all’incremento

occupazionale e ad uno sviluppo consapevole di mezzi e risorse nel rispetto della

società che sta orientando le proprie energie principalmente verso la tutela della

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privacy e della protezione dei dati dei consumatori ma anche nella direzione di ciò

che particolarmente ci riguarda, ovvero l’eliminazione delle disuguaglianze culturali,

linguistiche, di età, di orientamento sessuale, delle disabilità, per background ed

esperienze lavorative differenti.

Le imprese multinazionali in quanto tali sono una fonte importante per lo sviluppo ed

il progresso economico. Esse creano impiego e contribuiscono alla crescita

economica nei Paesi in cui operano, molto spesso anche in Paesi in via di sviluppo.

Alle multinazionali infatti viene sempre più richiesto di dimostrare, con azioni

concrete, comportamenti socialmente responsabili; infatti le istituzioni multilaterali

stanno sviluppando e promuovendo strumenti di RSI per incoraggiare a pratiche

responsabili le Grandi Compagnie.

Nella formulazione delle loro politiche sociali, le imprese tendono a fare riferimento

a strumenti che si basano su norme internazionali e a principi universalmente

accettati.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha partecipato alla fissazione di

direttive internazionali che regolano le attività delle imprese multinazionali, data la

loro importanza per il mondo del lavoro e per la politica sociale.

La Dichiarazione tripartita è uno strumento internazionale fondamentale per regolare

le azioni delle imprese e fornisce loro orientamenti precisi sul modo in cui

massimizzare il loro contributo sociale e sostenibile e, al contempo, ridurre al minimo

gli effetti negativi delle loro azioni.

La Carta di Ginevra

Un esempio importante di impegno e di responsabilità sociale verso l’intera comunità

e in particolare, verso le persone con disabilità, è la “Carta dell’Organizzazione

Internazionale del Lavoro per l’inclusione delle persone con disabilità”, che sigla la

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firma di undici multinazionali, le quali il 29 ottobre del 2015 si sono riunite a Ginevra

per favorire una sostanziosa crescita dell'occupazione delle persone con disabilità.

Quest’impegno non riguarda solo l’occupazione in sé ma si estende su vari fronti e

tematiche quali: rendere i luoghi di lavoro più accessibili alle persone con disabilità,

garantire un trattamento non discriminante e più favorevole sul fronte delle

opportunità di trovare lavoro ma anche dare una maggiore possibilità di apertura

verso le disabilità di tipo mentale, ovvero quelle per le quali le difficoltà sono maggiori

ma l’attenzione è minore.

Alcune di queste compagnie sono IBM, il Gruppo Carrefour, Dow Chemical, L'Oreal,

Michelin, Gruppo AXA, Gruppo Adecco ecc.

Le multinazionali facenti parte del cosiddetto “Global Business and Disability

Network” condividono una serie di principi che stanno alla base del loro impegno per

l’inclusione lavorativa.

I principi guida dei firmatari della Carta Internazionale sono i seguenti:

1. promozione e rispetto dei diritti delle persone con disabilità attraverso la

sensibilizzazione e la lotta contro gli stereotipi;

2. sviluppo di politiche di protezione contro le discriminazioni, di qualsiasi natura

esse siano;

3. garanzia di parità di trattamento e di pari opportunità per le persone con disabilità,

durante tutta la carriera lavorativa a cominciare dai primi approcci di inserimento

nell’azienda fino al mantenimento a lungo termine e allo sviluppo della carriera;

4. accessibilità alle pratiche e delle comunicazioni interne aziendali;

5. studio anticipato di misure appropriate per il mantenimento del posto di lavoro da

parte del lavoratore che diventa disabile;

6. rispetto della privacy delle informazioni personali e di quelle legate alla disabilità;

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7. considerazione approfondita di quelli che possono essere i bisogni delle persone

con disabilità e delle particolari difficoltà che incontrano nella ricerca e nell’entrata

nel mondo del lavoro, incluse le persone con disabilità intellettive o psicosociali;

8. promozione dell’occupazione delle persone con disabilità anche presso i propri

partner commerciali, le compagnie con le quali si collabora e la propria rete di

contatti, come pure con le organizzazioni che promuovono i diritti delle persone con

disabilità;

9. verifica con regolarità della reale efficacia delle politiche e delle pratiche di

inclusione delle disabilità adottate dall’azienda;

10. creazione di un report riguardante le azioni adottate dalla compagnia che

dimostrino concretamente le misure di promozione dell'occupazione delle persone

con disabilità e condivisione di tutte informazioni e delle esperienze maturate con i

membri dell'OIL Global Business and Disability Network.

L’”Organizzazione Internazionale del Lavoro” (OIL) presenta infatti una piattaforma

unica creata da un Network che non racchiude solo le imprese multinazionali ma

anche le organizzazioni di datori di lavoro, le reti di imprese e le organizzazioni di

persone con disabilità le quali condividono la convinzione comune che le persone

con disabilità abbiano talenti e competenze in grado di migliorare praticamente

qualsiasi attività commerciale.

Tutto ciò per far crescere e sviluppare le competenze aziendali ed avanzare verso

una visione più aperta sulla diversità nei posti di lavoro.

Il Global Business condivide le conoscenze con i membri del Network e identifica le

buone pratiche per sviluppare prodotti e servizi comuni non solo nelle compagnie

multinazionali ma anche per facilitare le assunzioni in aziende medio/piccole.

Rafforzando il lavoro delle organizzazioni dei datori di lavoro e delle reti di imprese,

le quali hanno una maggiore possibilità di accesso alle piccole e medie aziende, si

possono sviluppare le competenze tecniche acquisite in materia di disabilità anche

all’interno di queste ultime.

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Facilitazioni fornite alle persone con disabilità

La Carta stabilisce che i lavoratori con disabilità hanno l’opportunità di avvalersi di

programmi di formazione forniti dalle aziende per le quali lavorano oppure di avere

a disposizione lettori, interpreti e materiali adattati che dovrebbero facilitare il loro

lavoro.

Inoltre, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di

modificare gli orari, i luoghi e i programmi per semplificare e massimizzare la

partecipazione delle persone con disabilità alle misure previste per lo sviluppo della

loro carriera così come di tutti i dipendenti.

Nello sviluppo di opportunità di formazione, i datori di lavoro o i gruppi di datori di

lavoro dovrebbero garantire strumenti come manuali e materiali con formati

alternativi, ad esempio illustrazioni visive, che siano accessibili ai dipendenti con

problemi di comunicazione o di disabilità intellettive.

Le azioni del Gruppo Carrefour in materia di disabilità

Una delle imprese facente parte del “Global Business and Disability Network” e che

già da diversi anni si sta impegnando nei confronti delle persone con disabilità è la

multinazionale Carrefour.

Da umili origini come piccolo discount nel 1959, il gruppo Carrefour è cresciuto fino

ad aprire 12.300 negozi in tutto il mondo, fornendo occupazione in 34 Paesi.

Fornire un impiego dignitoso alle persone con disabilità è uno dei pilastri centrali

della filosofia e degli obiettivi del Gruppo.

Carrefour ha infatti dato via a numerose iniziative per andare incontro alle esigenze

delle persone con disabilità per entrare nel mondo del lavoro, già dal 1999.

I numeri dimostrano che il Gruppo ha registrato un aumento del 25% del tasso di

occupazione in Europa in cinque anni ed attualmente impiega oltre 12.000 persone

con disabilità, di cui oltre 8.600 solo in Europa. In Francia, ad esempio, è stato creato

un progetto chiamato "Mission Handicap Hypermarchés" grazie al quale gli

ipermercati Carrefour e i negozi del Carrefour Market hanno superato la soglia legale

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del 6% grazie agli sforzi per promuovere l'inclusione dei lavoratori con disabilità. Il

progetto è stato rinnovato nel Paese già sette volte.

Oltre alle azioni intraprese in Francia, Carrefour ha puntato l’attenzione anche in

Polonia dove ha stipulato delle partnership con l'”Associazione Disabili per

l'Ambiente” (EKON) sempre con il fine di assumere un numero maggiore di persone

con disabilità.

Carrefour Poland è stata premiata, infatti, con l’”Ice Breaker" nel 2013; un concorso

che elogia le persone e i datori di lavoro che si impegnano a risolvere i problemi

delle persone con disabilità e ad andare incontro alle loro esigenze.

Nel 2013, 854 persone con disabilità (6,5%) hanno lavorato in Carrefour Polonia.

Un altro esempio è l’azione svolta da Carrefour in Brasile, che è anche una delle

migliori dimostrazioni degli sforzi del Gruppo per includere e ospitare persone con

disabilità. Nel 1991 la legislazione nazionale brasiliana ha fornito delle “quote-

dipendente” all’azienda affinché’ si impegnasse a dare impiego alle persone con

disabilità.

Per Carrefour, questo corrispondeva al 5% dei dipendenti.

Nonostante la compagnia avesse già assunto persone con disabilità, la legislazione

ha fornito l'impulso necessario per focalizzare l'attività svolta fino ad allora e

aumentare l'attenzione sulla loro inclusione.

Mentre la legislazione nazionale rappresenta un minimo per tutta l'attività in Brasile,

Carrefour ha deciso di ampliare l’impegno intrapreso in ciascuno dei suoi 142 negozi

in tutto il Paese, implementando anche un programma specifico chiamato

“L’inclusione pratica”, che ha portato in particolare a raddoppiare il numero di

persone con disabilità assunte nell’anno 2013 rispetto al precedente, le quali sono

state successivamente integrate dalla campagna chiamata “Il mio amico è speciale”

per incoraggiare l’integrazione delle persone con disabilità.

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Naturalmente, la Società dovette affrontare molteplici ostacoli, in particolare in

termini di alti livelli di personale e turnover e per sollecitare le persone con disabilità

a richiedere le posizioni aperte. Principalmente, gli ostacoli ruotavano attorno alla

scarsa preparazione dei responsabili delle risorse umane che generalmente non

sono formati ad assumere persone con disabilità. Alcuni manager infatti mancano di

educazione e di consapevolezza su come accogliere e gestire al meglio le persone

con disabilità.

Questa difficoltà ha portato all’elaborazione di due iniziative a supporto dei HR.

Innanzitutto, sono stati creati una serie di manuali di orientamento per guidare i

responsabili delle assunzioni in materia di inclusione e accoglienza. In secondo

luogo, la società ha impiegato un significativo investimento finanziario creando nuovi

ruoli come l’“Assistente delle risorse umane” all'interno di ciascuno dei punti vendita

Carrefour di tutto il Brasile. Lo scopo di questo ruolo è di “Assistere i responsabili

delle assunzioni per educarli ad un atteggiamento positivo nei confronti delle

persone con disabilità che deve essere integrato nella cultura organizzativa” e “I

manager devono credere nel contributo che le persone con disabilità possono offrire”

spiega Roberta Rivaldo de Almeida Sousa, Direttrice della Attrazione e

Conservazione presso Carrefour Brasile.

Le buone pratiche di inclusione della disabilità sul posto di lavoro riguardano tutti gli

aspetti dell'assunzione, dalla formazione al mantenimento di personale con disabilità

a livello di negozio, oltre a facilitare il collegamento tra la sede centrale di Carrefour

e le squadre operative. Inoltre, nel 2012 Carrefour Brazil ha lanciato un programma

di diversità aziendale con l'obiettivo di promuovere il rispetto reciproco tra tutti i

dipendenti. Ogni direttore e manager riceve la formazione necessaria alla gestione

della diversità, al fine di cambiare progressivamente la cultura organizzativa. Gli

viene insegnato come creare un'atmosfera inclusiva, rispettosa e accessibile sul

luogo di lavoro e vengono fornite le indicazioni sulla corretta gestione della vita

lavorativa quotidiana con le persone con disabilità. L'implementazione di queste

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iniziative ha portato importanti risultati: ogni negozio affiliato con Carrefour in Brasile

attualmente impiega persone con disabilità.

Per Carrefour, il messaggio chiave per le aziende che iniziano questo viaggio è

duplice:

- in primo luogo, i manager devono credere nel contributo che le persone con

disabilità possono dare al business; senza questa convinzione e

concentrandosi esclusivamente sul rispetto delle quote organizzative, la

cultura lavorativa non avrà mai l'opportunità di cambiare. L'ambiente

aziendale sarà così più favorevole all'integrazione e al mantenimento delle

persone con disabilità come parte della forza lavoro;

- in secondo luogo, le soluzioni devono essere sviluppate e implementate in

collaborazione con i diretti interessati. Affidarsi alle persone con disabilità,

infatti, per comunicare e per comprendere al meglio i loro limiti e le loro

capacità può incrementare notevolmente il contributo potenziale ed una

migliore corrispondenza con le imprese.

È importante condividere le pratiche più costruttive e i risultati ottenuti nella rete di

aziende, le quali cercheranno il modo migliore per colmare il divario e creare pari

opportunità alle persone con disabilità, in modo da garantire a tutti i dipendenti il

raggiungimento del loro pieno potenziale.

“Non solo la cosa giusta da fare, ma ha anche un buon senso degli affari". Lo ha

dichiarato Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del

Lavoro, in occasione dell’accordo di Ginevra, ricordando anche che “la mancanza di

pari opportunità per le persone con disabilità spesso determina povertà ed

esclusione sociale”.

Carrefour Belgium DuoDay

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In Belgio il Gruppo Carrefour ha istituito un “Comitato per la diversità” composto dai

vertici dell'azienda e dai membri del sindacato. Il comitato tratta varie questioni

relative a giovani e anziani, sesso e disabilità.

Una delle iniziative del Comitato sul fronte della disabilità è il “DuoDay”. Questa

iniziativa porta i dipendenti di Carrefour e le persone con disabilità a formare insieme

una coppia lavorativa e ad imparare gli uni dagli altri.

Durante questi giorni, i manager e i dipendenti di Carrefour accolgono le persone

con disabilità in cerca di lavoro. Attraverso una partnership con le agenzie di

collocamento per le persone con disabilità, i profili dei richiedenti lavoro sono

abbinati a quelli dei dipendenti Carrefour che si offrono volontari per partecipare

all’attività. I dipendenti diventano mentori e guidano e lavorano con le loro controparti

durante la giornata lavorativa, condividendo tutte le attività quotidiane.

In seguito all’esperienza del DuoDay, secondo le indagini svolte per valutare

l’andamento di questa iniziativa, l'89% dei soggetti è disposto a partecipare di nuovo

e il 50% si offrirebbe per un periodo di formazione alle persone con disabilità con cui

ha condiviso questa esperienza. La sede centrale e 20 negozi Carrefour in Belgio

hanno preso parte al DuoDay 2015.

Come altre azioni del Gruppo, questa iniziativa ha lo scopo di aumentare la

consapevolezza collettiva all’interno dell’azienda e di far posto all'inclusione

significativa. Prima di accogliere le loro controparti, i dipendenti sono stati istruiti su

come preparare se stessi e il loro ambiente, tra cui informare i loro colleghi

sull'iniziativa e spiegare loro che la disabilità non è disabilitante. I dipendenti

dovevano adattarsi al loro spazio di lavoro in base alle esigenze dei loro ospiti,

prestare attenzione a renderlo accessibile per loro e pensare alle misure di sicurezza

che sarebbero potute essere necessarie.

Coinvolgendo le persone nelle reali situazioni lavorative quotidiane, le lezioni

apprese da questa esperienza sono concrete e i manager e i dipendenti di Carrefour

hanno potuto vedere i loro lavori da una nuova prospettiva.

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Per quanto riguarda le persone con disabilità in cerca di lavoro, hanno avuto

l'opportunità di scoprire una serie di requisiti di lavoro, un nuovo settore e come

lavorare in Carrefour. Questo ha permesso loro di capire meglio i loro punti di forza

e di debolezza, di identificare il loro orientamento professionale e, per alcuni, è stato

l’inizio di un'occasione di formazione e di una carriera.

Valutazione delle azioni dei membri del GBDN

Per guidare i datori di lavoro in materia, il “Global Business and Disability Network”

dell'OIL ha sviluppato anche uno strumento di autovalutazione per l'inclusione delle

persone con disabilità su richiesta dei suoi membri aziendali. Questo strumento ha

l’obiettivo di assistere le Società nella valutazione delle politiche adottate, dei piani

e delle pratiche relative all'inclusione della disabilità sul posto di lavoro.

Tale strumento è in grado di aiutare le aziende a identificare le specifiche lacune

gestionali e pratiche, nonché a capire i punti di forza che porteranno ad una migliore

inclusione delle persone con disabilità in quella compagnia.

Lo strumento contiene 21 domande divise in 4 parti:

- La politica adottata di inclusione della disabilità

- La strategia di inclusione della disabilità

- L’attuazione della strategia

- L’accessibilità alle informazioni

Questo strumento tratta una vasta gamma di argomenti e si basa principalmente sul

Codice di condotta OIL per la gestione della disabilità sul posto di lavoro, in cui la

gestione della disabilità viene descritta come "un processo volto a facilitare l'impiego

di persone con disabilità attraverso sforzi coordinati, tenendo conto delle esigenze

individuali, dell'ambiente di lavoro, delle esigenze aziendali e delle responsabilità

legali".

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Saper gestire efficacemente questi problemi è fondamentale per facilitare

l'inclusione delle persone con disabilità negli ambienti lavorativi.

Chi fa uso di questo strumento?

Questo strumento è destinato principalmente alle società multinazionali.

Idealmente, dovrebbe essere utilizzato sia a livello di sede centrale globale che a

livello di filiale all'interno dell'azienda. Usandolo a diversi livelli, l’azienda sarà quindi

in grado di confrontare in quale fase di sviluppo siano le singole filiali ed il quartier

generale. Questo esercizio consentirà all’azienda di avere una visione globale delle

sue pratiche correnti e aiuterà a identificare quali saranno i prossimi passi verso un

posto di lavoro multinazionale armonizzato e più inclusivo.

Chi dovrebbe usarlo?

Lo strumento dovrebbe essere completato dal referente che si occupa delle pratiche

aziendali relative all'inclusione della disabilità, sia presso la sede centrale sia presso

ogni filiale.

Tali persone potrebbero essere responsabili delle risorse umane, funzionari della

diversità, direttori della RSI o altri, ma è possibile coinvolgere diverse persone in

diversi dipartimenti, a seconda di come è strutturata l’impresa.

Dow Chemical Industries e l’inclusione

Un’altra multinazionale membro del Global Business and Disability Network, che si

impegna ad assumere, sviluppare e fidelizzare i migliori talenti, comprese le persone

con disabilità, è Dow Chemical Industries. Dow crede che le persone con disabilità

siano candidati qualificati ed una fonte di talento unica, la quale può offrire un valore

sostanziale all'azienda, ai suoi clienti e alla sua comunità.

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La Politica di Rispetto e di Responsabilità Globale di Dow stabilisce che "ai

dipendenti viene offerto un ambiente lavorativo rispettoso e libero da ogni forma di

comportamento inappropriato o poco professionale, come le molestie, comprese

molestie sessuali, bullismo e qualsiasi altra forma di discriminazione illegale basata

su differenze o pregiudizi individuali ingiustificati come il sesso, il genere, la razza,

l’orientamento sessuale, l’identità di genere, la disabilità e tutto ciò che è inerente

alle caratteristiche personali protette dalla legge ".

Dow Chemical si impegna a creare e mantenere un ambiente di lavoro positivo che

aiuti a promuovere la diversità e l’inclusione delle persone con disabilità anche a

livello mondiale.

Un programma di formazione sulla diversità e l'inclusione di 16 ore prepara i leader

di nuova nomina a coltivare un ambiente inclusivo e di supporto per i dipendenti con

disabilità.

L'allenamento equipaggia i leader della compagnia con molti strumenti e con

competenze specifiche affinché siano in grado di guidare efficacemente e migliorare

la crescita professionale, nonché di influire positivamente sul loro tasso di

fidelizzazione.

Un’altra iniziativa intrapresa da Dow è la “Dow's DisAbility Employee Network”

(DEN), una rete composta da dipendenti di Dow con disabilità, dipendenti che sono

genitori di bambini con disabilità, e altri sostenitori della visione “DEN”, la quale si

impegna a migliorare le percezioni comuni riguardanti le persone con disabilità e ad

aumentare la consapevolezza dei contributi che esse possono offrire sia dentro che

fuori dall’ambiente di lavoro.

Inoltre, il Network DEN promuove il successo professionale attraverso una varietà

di attività di formazione, rivolte a persone con disabilità e ai leader che si occupano

della loro gestione.

Per garantire una forza lavoro diversificata, Dow ha avviato anche un programma di

tirocinio per includere studenti qualificati con disabilità, che comprende la

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formazione del personale delle risorse umane nell'acquisizione di persone con

disabilità.

Dall'inizio del programma nel 2005, la società ha triplicato il numero di stagisti con

disabilità e le opportunità si sono estese in tutta l'azienda, comprese le posizioni a

tempo pieno, ai candidati con disabilità.

Punti deboli, limiti e le sfide delle imprese

Gli esperti che hanno analizzato il report comparato delle multinazionali selezionate

hanno indicato tre principali tipi di sfide che le imprese devono affrontare e che

spiegano perché alla disabilità non viene data alcuna o più attenzione nei report di

sostenibilità:

- la prima riguarda una visione obsoleta della RSI ancora legata al volontarismo

che non è stato in grado di integrare l'approccio umano promosso dall'UE e

dall'ONU;

- la seconda analizza le difficoltà tecniche nella raccolta e nella presentazione

delle informazioni;

- la terza sfida invece si riferisce alle aziende che non hanno identificato la

disabilità come un problema significativo o di rilevanza per la RSI.

Sulla base dell'analisi dei rapporti RSI delle imprese multinazionali, ci sono anche

una serie di raccomandazioni su come esse potrebbero migliorare il loro reporting

sulla disabilità.

Per quanto riguarda le raccomandazioni generali, al primo posto si posiziona il

riconoscimento della disabilità come un diritto umano e la necessità di prendere in

considerazione la molteplice natura della disabilità e la varietà dei livelli di essa, la

sua inclusione in tutte le aree di gestione dell'azienda e dell'intera filiera.

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Inoltre, il report fornisce anche raccomandazioni specifiche riguardanti la leadership

e la strategia, le politiche occupazionali, i dati sull'occupazione, l’accessibilità e i

fornitori.

La mancanza di conoscenza sulla gestione efficace della disabilità dal punto di vista

occupazionale fa in modo che le imprese continuino a seguire un approccio

commerciale e utilizzare iniziative autonome, premi, certificati, firme, piuttosto che

avvalersi di informazioni valide su come gestire l'inclusione.

Alcune volte le imprese percepiscono anche che l'integrazione della disabilità

diventa troppo costosa e che interferisce troppo con i loro affari.

Di conseguenza, gli esperti hanno identificato alcune delle debolezze nella fornitura

di informazioni dalle imprese: le relazioni mancano di descrizione, della modalità con

cui trattano i lavoratori con disabilità, di come viene costruita la consapevolezza di

come il posto di lavoro è adattato ai lavoratori con disabilità o di come le attività (ad

esempio corsi di formazione) sono adattate alle esigenze specifiche dei lavoratori

con disabilità e come questi strumenti assicurano che le pari opportunità siano

offerte equamente a tutti i lavoratori.

Mancano anche dati su “se” e “come” i meccanismi in atto affrontino la

discriminazione in occupazione. I dati sull'occupazione dei lavoratori con disabilità

sono generalmente scarsi e non ci sono informazioni sulla legislazione applicabile,

né sulla conformità.

Sono state riscontrate altre difficoltà, come quelle tecniche:

- la mancanza di un sistema capace di raccogliere informazioni accurate e

complete; in particolare, gli esperti delle multinazionali, hanno ammesso di

avere difficoltà nel prendere le informazioni dagli uffici con base, in particolar

modo, in alcuni dei Paesi terzi in cui l’impresa ha le sue filiali;

- la varietà dei quadri giuridici; le aziende tendono a segnalare da una

prospettiva di conformità e quindi sono vincolate da legislazioni differenti che

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stabiliscono differenti standard di rendiconto tra i Paesi, con il conseguente

impatto negativo quando viene a presentare informazioni complete e

consolidate;

- la mancanza di un'intesa comune su come viene definita la disabilità (anche

da parte delle legislazioni nazionali), su come sono percepite e trattate dalle

persone colpite e dalle società. Mentre in alcuni Paesi la disabilità potrebbe

essere socialmente accettata come una caratteristica normale di una cultura

del lavoro, in altri potrebbe essere un problema più grande da affrontare ed i

lavoratori potrebbero essere riluttanti a rivelare la propria disabilità.

Di conseguenza, le imprese lottano per raccogliere indicazioni reali e dati globali

sulla disabilità e questo ostacola le capacità dell'impresa di identificare ed affrontare

la sfida.

Alcune legislazioni nazionali impediscono alle imprese di diffondere le informazioni

sulla disabilità poiché potrebbero essere considerate “dati sensibili”, ovvero una

questione riservata e privata dell'individuo.

Come parte del processo per la progettazione e l'implementazione di una strategia

di RSI, l'impresa deve identificare quelle questioni che sono prioritarie per la

strategia dell'impresa rispetto alla sua responsabilità sociale. Collegate a questo

processo, alcuni esperti hanno identificato le seguenti debolezze che impediscono

alle imprese di affrontare la disabilità nelle loro relazioni e, spesso, nelle loro

strategie:

- la mancanza di norme nazionali o internazionali sulla segnalazione di

disabilità che colpiscono anche imprese conformi;

- una mancanza di conformità alle normative vigenti potrebbe anche spiegare

il motivo per cui alcune imprese preferiscono non riferire alcun dato sulla

disabilità. Le aziende potrebbero non sentirsi “a proprio agio” aggiungendo le

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informazioni sulla disabilità, perché o non rispettano i requisiti legali, oppure

la legislazione sulla disabilità è attuata debolmente;

- le imprese ritengono di non aver bisogno di riferire sulla disabilità perché, in

molti Paesi, affrontare la disabilità è un requisito legale e le imprese non lo

percepiscono come tale ma lo considerano una questione di risorse umane;

- la disabilità non è una priorità per il pubblico di destinazione. Gli esperti hanno

sottolineato che i destinatari dei resoconti sulla sostenibilità tendono ad

essere azionisti e investitori sociali.

L’importanza simbolica del Global Business and Disability Network

Le aziende firmatarie del Global Business and Disability Network hanno un ruolo

particolarmente importante su scala mondiale ed è per questo che la Carta firmata

a Ginevra ha soprattutto un’importanza simbolica.

L’organizzazione Internazionale del Lavoro afferma infatti che tale azione crea

indirettamente una catena di valore nei luoghi dove queste aziende operano ma non

solo.

L’influenza positiva delle azioni e delle politiche intraprese dalle Grandi Compagnie

contribuisce alla crescita di consapevolezza generale sul tema della disabilità e, in

particolar modo, sull’importanza di comprendere i valori che le persone con disabilità

possono apportare nel mondo del lavoro.

Alcuni degli obiettivi dell’OIL sono infatti la promozione del dialogo sociale, dove

vengono incoraggiate le buone relazioni e la sensibilizzazione dei futuri manager

sull’importanza della sostenibilità dell’etica d’impresa.

La Responsabilità sociale è ormai considerata una necessità ed un’opportunità per

le aziende sotto diversi punti di vista: ad esempio, la presenza di lavoratori con

disabilità può stimolare lo sviluppo di tecnologie che facilitano il lavoro di questa

categoria di lavoratori, e che possono poi essere proposte sul mercato per diventare

un nuovo business per l’impresa;

A questo proposito la multinazionale IBM, membro del GBDN, ha ideato, grazie

all’intelligenza artificiale, un’interfaccia Web chiamata “Content Clarifier”, dedicata

alle persone con disabilità cognitive, che agisce sfruttando l’elaborazione del

linguaggio naturale e il calcolo cognitivo per analizzare e trasformare il contenuto in

una forma semplificata in modo che le persone possano comprendere più facilmente

i concetti più importanti. Sostituisce le parole complesse con alternative più

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comprensibili, riordina le frasi e fornisce un contesto aggiuntivo sui concetti

pertinenti, come pronunce fonetiche, immagini, mappe o collegamenti a riferimenti

Web. È progettato per essere integrato in qualsiasi applicazione mobile, basata sul

Web o desktop per consentire agli utenti di migliorare la comprensione dei contenuti

in modo più efficiente.

Tale strumento potrebbe essere un modo per aiutare a connettere le persone con

disabilità cognitive a comunicare e relazionarsi in maniera più semplice con il mondo

che li circonda.

Riunioni del Global Business and Disability Network

Per supportare le aziende nella promozione dell’inclusione della disabilità a livello

globale, il Network si riunisce ogni anno e condivide i progressi fino ad allora

raggiunti.

La riunione del 23 ottobre 2017 a Ginevra ha discusso con i rappresentanti delle

aziende “smart”, argomenti riguardanti l’accessibilità digitale per colmare il divario di

competenze digitali e promuovere l’impiego di persone con disabilità nelle economie

emergenti, in particolare in Cina e in India.

L’incontro di quest’anno si terrà a Washington DC il 26 giugno e tratterà l’importanza

del digitale per il successo aziendale, mostrerà come si possono affrontare le

carenze di competenze promuovendo le pratiche inclusive di disabilità e offrirà

un’opportunità di scambiare le esperienze del settore privato.

L’OIL ritiene che partecipando a tale Network, le aziende beneficeranno di una forza

lavoro più diversificata, una maggiore produttività, un fatturato in crescita, ambienti

di lavoro più sicuri, un maggiore servizio clienti e fedeltà al Brand da parte della

comunità globale.

La missione del Network è dunque quella di sensibilizzare soprattutto l’opinione

pubblica sulla relazione positiva che coesiste tra l’inclusione delle persone con

disabilità sul posto di lavoro e il successo aziendale, incoraggiando la condivisione

di conoscenze e di attività congiunte, costruendo competenze in materia di disabilità,

facilitando lo sviluppo di reti nazionali e promuovendo i casi di business e di diritti

umani per l’inclusione della disabilità sul posto di lavoro.

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BIBLIOGRAFIA

- “I diritti umani: concetto, teoria, evouzione.”, Elena Pariotti

- “Breve storia dei diritti umani”

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people-with-cognitive-disabilities