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INCLUSIONE DELLE PERSONE CON DISABILITA’ NEL MONDO DEL LAVORO
ELABORATO SVOLTO DA:
Almina Ravmani
Riccardo Padoan
Adela Ravmani
INDICE
Introduzione ............................................................................................................................... 1
1. Sviluppo dei diritti sociali ……………………………………………………………………………3
2. Discriminazione ………………………………………………………………………………………5
3. Integrazione delle persone con disabilità nel lavoro in Italia …………………………………..10
4. Obbligo di assunzione per le categorie protette: le quote di riserva …………………………12
5. Da obbligo di legge a possibilità di sviluppo …………………………………………………….13
6. Inclusione e Integrazione ………………………………………………………………………….16
7. “Il lavoro ci rende liberi, il lavoro ci tutela, il lavoro è uguale per tutti” ………………………..18
8. Iniziative di integrazione di associazioni di volontariato in Italia ………………………………22
9. Progressi della Tecnologia ………………………………………………..……………………..26
10. La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) ………………………..…………………………..32
11. La Carta di Ginevra ………………………..………………………..……………………………34
12. Facilitazioni fornite alle persone con disabilità ………………………..………………….……36
13. Le azioni del Gruppo Carrefour in materia di disabilità ………………………..……………..37
14. Valutazione delle azioni dei membri del GBDN ………………………..……………………..31
15. Dow Chemical Industries e l’inclusione ………………………………………………….…….43
16. Punti deboli, limiti e le sfide delle imprese ………………………..……………………………45
17. L’importanza simbolica del Global Business and Disability Network ………………………48
18. Riunioni del Global Business and Disability Network ………………………..………………49
19. Bibliografia e Sitografia ………………………..………………………..……………………….50
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INTRODUZIONE
Conformemente alla Convenzione ONU, per persone con disabilità si intendono
coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o
sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la
loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con
gli altri individui.
Nel 2011, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la Banca Mondiale hanno
redatto un Report mondiale sulla disabilità secondo il quale più di un miliardo di
persone nel mondo (circa il 15% della popolazione mondiale) sono colpite da
qualche forma di disabilità e che questi numeri sono destinati a crescere a causa dei
cambiamenti demografici, in particolar modo a causa dell’invecchiamento della
popolazione.
Le persone con disabilità spesso vivono ai margini della società senza potervi
partecipare attivamente e talvolta questa emarginazione può portare, tra le altre
cose, ad un maggior rischio di povertà.
Ancora oggi, le istituzioni pubbliche fanno fatica a sostenere i costi di assistenza a
favore delle categorie più vulnerabili e ciò ci porta a sentire l’esigenza di promuovere
e sostenere politiche per la valorizzazione della diversità umana sino ad arrivare a
garantire ad ognuno una propria autonomia e realizzazione personale e
professionale.
Il ruolo che si ricopre nel mondo del lavoro contribuisce a definire l’identità sociale
della persona e per questo, quindi, l’inserimento lavorativo costituisce una fase
importante nella vita, non solo delle persone con disabilità, ma di ognuno di noi.
I bisogni delle persone con disabilità sono oggi riconosciuti ed espressi mediante il
linguaggio e lo strumento dei diritti umani, ovvero tramite diritti soggettivi dalla
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portata universale che spettano alla persona in quanto tale e sulla base di norme
internazionali.
Alla luce di quanto affermato in questa breve introduzione, il fine dell’elaborato è
quello di valutare le discriminazioni che possono subire le persone con disabilità e
di far riferimento a leggi e accordi internazionali e leggi italiane che tutelino e
permettano l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro in un’ottica
di integrazione.
Inoltre, attraverso l’analisi delle azioni delle multinazionali abbiamo voluto dimostrare
che è possibile diffondere la convinzione che le persone con disabilità hanno talenti
e competenze in grado di migliorare, non solo l’attività di grandi società, ma anche
di piccole-medie imprese.
SVILUPPO DEI DIRITTI SOCIALI
Negli Stati europei dell’Ottocento le classi popolari che si erano formate in seguito
alla rivoluzione industriale vivevano una forte condizione di insicurezza sociale e
marginalità culturale.
La formazione dei diritti sociali è direttamente connessa alla continua crescita delle
masse operaie i cui bisogni non potevano più sfuggire alle preoccupazioni del
governo; dalla popolazione operaia provenivano, innanzitutto, richieste di diritti legati
al lavoro e all’organizzazione collettiva: libertà di associazione, diritto di sciopero,
libertà sindacale.
Le prime conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici salariati sono state: la fissazione
di un orario di lavoro giornaliero, del riposo settimanale, di tutele particolari per le
donne, per i minori e assistenza pubblica per coloro che non erano più in grado di
lavorare e sussidi per pensionati e persone con disabilità.
Fu proprio durante questo periodo che la solidarietà sociale ricevette, tra gli esseri
umani, particolare attenzione.
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Dal punto di vista delle dichiarazioni dei diritti, il più ricorrente riferimento dei
movimenti dei lavoratori ottocenteschi è la Costituzione giacobina del 1793, secondo
la quale “i soccorsi pubblici sono un sacro dovere”.
Essa prevedeva l’obbligo sociale di procurare un lavoro a tutti i cittadini e di fornire i
mezzi di sussistenza a coloro che non erano più in grado di lavorare, ma fu
soprattutto durante i primi decenni del Novecento che i diritti sociali ebbero una forte
espansione.
Nell’ Europa occidentale la loro istituzionalizzazione avvenne attraverso leggi che
non segnarono la rottura con l’ordine sociale ma lo trasformarono progressivamente.
Il primo documento sociale che dispone di diritti sociali è la Costituzione di Weimar
del 1919, prodotto di una breve ma luminosa fase della storia tedesca durante la
quale si abbandona la visione individualistica e si recupera il valore sociale della
“fraternita’”, riconoscendo allo stato la funzione di garante e collante della solidarietà
sociale.
Viene dunque enunciato il diritto di tutti i cittadini ad avere un lavoro adeguato alle
proprie capacità e questo è ancora oggi uno dei diritti di più difficile realizzazione.
I diritti sociali sono uno dei pilasti sui quali si è costituita l’Europa nel corso del
Novecento ma, vi sono ancora ostacoli all’accesso di questi diritti, soprattutto per
gruppi vulnerabili come possono essere le persone con disabilità.
Per quanto riguarda il quadro italiano, nella Costituzione entrata in vigore il primo
gennaio 1948, vengono enunciati i principi che stanno alla base della nascita dello
stato sociale italiano tra cui: la pari dignità sociale riconosciuta a tutti i cittadini (art.2)
che implica un riconoscimento di uguaglianza ed il riconoscimento del diritto al lavoro
che è accompagnato dall’impegno da parte della Repubblica di promuovere le
condizioni che rendono effettivo questo diritto (art. 4);
viene, inoltre, sancito il diritto delle persone con disabilità all’educazione e
all’AVVIAMENTO PROFESSIONALE (art.38 comma 3).
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DISCRIMINAZIONE
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità stabilisce che per
discriminazione fondata sulla disabilità “si intende qualsivoglia distinzione,
esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di
pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio su base di
uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo
politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo”.
Il principio di non discriminazione è il cuore del paradigma dei diritti umani insieme
al valore della dignità, inerente all’essere umano.
Tra gli obiettivi del paradigma dei diritti umani vi sono, quindi, la lotta alla
discriminazione e la valorizzazione della diversità, talvolta, come analizzeremo,
anche nel contesto lavorativo delle imprese.
Vi può essere discriminazione diretta e discriminazione indiretta.
Si parla di discriminazione DIRETTA quando, per motivi connessi alla disabilità, una
persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata
un’altra persona in situazione analoga.
Ad esempio, una norma o un regolamento per l’accesso ai servizi che presenti
condizioni di partecipazione differenti tra persone con disabilità e senza.
Si parla, invece, di discriminazione INDIRETTA quando una disposizione, un atto o
un comportamento apparentemente neutri, si rivelino successivamente a svantaggio
della persona con disabilità.
Queste due distinzioni non sono sicuramente sufficienti a presentare tutte le difficoltà
affrontate, in diversi contesti, dalle persone con disabilità che sono spesso condotte
in situazioni di esclusione sociale, come per esempio l’esclusione dal mercato del
lavoro.
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La Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità, in particolare, sancisce
il divieto di discriminazione sulla base delle disabilità con riguardo a tutte le questioni
concernenti ogni forma di occupazione, incluse le condizioni di selezione,
assunzione e impiego, mantenimento di tale impiego, avanzamento di carriera e
condizioni lavorative sicure e salubri.
Vi possono essere, quindi, molteplici casi di esclusione e discriminazione nel mondo
del lavoro, sia durante la ricerca di un impiego, che durante la fase di selezione o
durante lo svolgimento di concorsi pubblici, fino ad arrivare alla discriminazione
durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.
Riferendoci nel caso specifico all’Italia, la normativa di riferimento alla non
discriminazione è il Decreto Legislativo 216/2003, il quale sancisce il divieto di
discriminazione sia nel settore privato che il quello pubblico e vengono anche
specificatamente individuate le aree di riferimento, ovvero:
l’accesso all’occupazione e le condizioni in cui si svolge un impiego, comprendendo
le retribuzioni, l’avanzamento di carriera ed il licenziamento;
l’accesso a tutti i tipi di formazione professionale e perfezionamento;
la sicurezza sociale.
Inoltre, sono considerate discriminazione anche le molestie, ovvero quei
comportamenti che hanno lo scopo di violare la dignità della persona con disabilità
o creare un clima intimidatorio, umiliante ed offensivo nei suoi confronti.
Le molestie nei confronti delle persone con disabilità sono incluse nel più ampio
contesto e fenomeno chiamato MOBBING.
Nelle sentenze dei giudici, il mobbing, viene solitamente definito come violenza
psicologica nell’ambito del rapporto di lavoro, caratterizzata da atteggiamenti
persecutori, esercitati direttamente dal datore di lavoro o indirettamente da terze
persone.
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Non esistono normative specifiche, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, per
andare incontro al fenomeno di mobbing; solamente a livello europeo, il Parlamento
nel 2001 ha approvato una risoluzione (2339/2001) per richiamare l’attenzione nei
confronti di questo fenomeno e agli effetti devastanti sulla salute fisica e psichica
della persona che ne è vittima.
In seguito a ciò, a livello regionale in Italia, si è tentato di colmare le lacune date
dalla mancanza di una disciplina a livello nazionale riguardante questo fenomeno
ma il percorso è sicuramente ancora lungo.
Inoltre, le persone con disabilità si trovano anche a dover combattere contro
stereotipi negativi che spesso influenzano le loro prospettive occupazionali in quanto
gli stereotipi sono la base su cui si sviluppa il pregiudizio, spesso anche da parte
degli ipotetici datori di lavoro.
Un pregiudizio comune è ad esempio che la disabilità sia un mondo incompatibile
con la produttività.
Il problema dei pregiudizi non riguarda l’andare a definire ciò che è vero o ciò che è
falso, quanto piuttosto l’incompletezza di frasi o pensieri, pertanto, in questo senso
è anche fondamentale l’importanza della formazione del personale accanto
all’attività di informazione.
Sulla base della discriminazione diretta o indiretta e degli stereotipi creati nei
confronti delle persone con disabilità, quindi, dal Terzo Rapporto Globale sulla
Discriminazione elaborato dalla Conferenza Internazionale del Lavoro, emerge
come la discriminazione e gli altri fenomeni analizzati siano dei fattori preoccupanti
e limitanti l’accesso all’occupazione delle persone con disabilità, ma in generale di
tutte le categorie delle fasce più deboli della società.
Nel contesto in cui ci troviamo a vivere ai giorni nostri, le logiche di mercato
sembrano prevalere sui diritti umani, pertanto è il sistema economico a dover dare
maggiori opportunità alle fasce più deboli, includendole nella società stessa e nel
mondo del lavoro.
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L’articolo 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con
disabilità afferma che “gli Stati Parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con
disabilità, su base di parità con gli altri; ciò include il diritto all’opportunità di
mantenersi attraverso il lavoro che essi scelgono o accettano liberamente in un
mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e
l’accessibilità delle persone con disabilità...”.
Il fine di attuare determinate iniziative è quello di:
- proibire la discriminazione fondata sulla disabilità in qualsiasi forma di
occupazione;
- proteggere i loro diritti e sancire la loro eguaglianza con gli altri;
- promuovere le opportunità di impiego delle persone con disabilità e
l’avanzamento di una carriera nel mercato del lavoro;
- promuovere la possibilità di esercitare un’attività in proprio e di
imprenditorialità;
- assumere le persone con disabilità nel settore pubblico.
Ma l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è, ad oggi, un diritto tutt’altro
che realizzato; secondo uno studio svolto dall’ufficio dell’ONU per i diritti delle
persone con disabilità, il 50-70 % delle persone con disabilità nel mondo non ha un
lavoro;
secondo i dati dell’Istat, in Italia, tale dato si aggira attorno all’80% ma non possiamo
avere dati certi in quanto, come evidenziato dallo stesso Istat, nel nostro paese
manca un’anagrafe delle persone con disabilità e quindi, ad esempio, non possiamo
neanche valutare dei dati sull’incidenza della povertà delle famiglie con all’interno
una persona con disabilità.
Ciò è ovviamente un problema in quanto, in assenza di dati, sarà difficile per gli stati
formulare e implementare politiche a sostegno delle persone con disabilità,
rimuovere le barriere che affrontano queste persone nell’esercizio dei propri diritti o
includerle nei contesti lavorativi.
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Cosa possiamo fare, quindi, affinché’ qualcosa si smuova?
“Problemi globali richiedono soluzioni globali” (Antonio Papisca).
Vi è in atto la “STRATEGIA EUROPEA SULLA DISABILITA’ 2010-2020: un
rinnovato impegno per un’Europa senza barriere” secondo la quale, gli Stati membri
e l’Unione Europea dispongono di un ampio mandato per migliorare la situazione
sociale ed economica delle persone con disabilità e la “Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti delle persone con disabilità” ne è un esempio.
Tale Convenzione ONU è il primo strumento giuridico vincolante nell’ambito dei diritti
umani al quale l’UE e gli Stati membri hanno aderito e che impone agli stati firmatari
di tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali delle persone con disabilità.
Inoltre, possiamo anche citare l’articolo 26 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea che stabilisce che “l’Unione riconosce e rispetta il diritto delle
persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia,
l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità;
o ancora l’articolo 34, che stabilisce che l’Unione, al fine di lottare contro l’esclusione
sociale e la povertà, riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale volta a
garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse
sufficienti.
La “Strategia Europea sulla disabilita” delinea un quadro d’azione a livello europeo
che dovrà necessariamente essere sostenuto a livello nazionale affinché si realizzi
e possa sostenere in modo concreto gli uomini e le donne con disabilità.
Si vuole, quindi, arrivare alla creazione di una società che includa tutti i cittadini,
all’eliminazione di barriere e discriminazioni, ma anche ad un maggior sostegno ai
finanziamenti, alla ricerca, alla sensibilizzazione, alle statistiche e alla raccolta di
dati.
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Tra gli ambiti d’azione di questa strategia vi è l’OCCUPAZIONE, ovvero la ricerca di
un impiego di qualità per le persone con disabilità che offra loro indipendenza
economica e tutela contro la povertà.
Si vuole, quindi, migliorare l’informazione relativa all’occupazione di donne e uomini
con disabilità, dedicando particolare attenzione ai giovani con disabilità nel momento
di passaggio dall’istruzione scolastica al mondo del lavoro.
Inoltre, l’UE sosterrà e completerà le azioni nazionali, innanzitutto mettendo a loro
disposizione analisi, orientamenti politici e informazioni e, in secondo luogo,
sostenendo gli Stati membri a far ricorso al Fondo sociale europeo (FSE) per aiutare
le persone con disabilità ad integrarsi nel mondo del lavoro
INTEGRAZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITA’ NEL LAVORO IN ITALIA
I diritti delle persone con disabilità sono espressi oggi, se consideriamo il quadro
italiano, da norme interne statali e regionali.
Vi sono, quindi, anche in Italia politiche per facilitare l’inserimento lavorativo delle
persone con disabilità; grazie alla Legge numero 68 del 1999 “Norme per il diritto al
lavoro dei disabili”, il lavoro delle persone con disabilità è diventato un diritto che
deve essere promosso e supportato attraverso servizi di aiuto e sostegno.
La legge 68/99, abrogando la Legge 482 del 1968, ha posto le basi per un
cambiamento culturale nell’inserimento lavorativo della persona con disabilità ed ha
lo scopo di promuovere il loro inserimento e la loro integrazione lavorativa attraverso
servizi di collocamento mirato e di sostegno, innovando profondamente la materia
del collocamento dei soggetti con disabilità.
Per “collocamento mirato” si intende la valutazione adeguata delle persone con
disabilità nelle loro capacità lavorative al fine di inserirle in un ambiente di lavoro
adatto a loro, attraverso l’analisi dei diversi posti di lavoro e la soluzione di problemi
connessi con determinati ambienti lavorativi.
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Un inserimento in azienda delle persone con disabilità non sufficientemente mirato
ed accompagnato provocherebbe, infatti, disorientamento e sfiducia di un particolare
soggetto in questione rispetto alle proprie possibilità.
Il principio del collocamento mirato è una novità volta a guardare, quindi, non solo
ad incrementare la quantità degli inserimenti nei contesti lavorativi ma soprattutto
mira alla qualità e adeguatezza del posto di lavoro.
Laddove lo si ritenga utile, ad esempio, ci si può affidare ad un tutor, ovvero una
persona inserita in una determinata impresa, alla quale viene affidato il compito di
accogliere e seguire il lavoratore.
Il tutor aziendale mette a disposizione non solo la propria esperienza tecnica, ma
anche e soprattutto la propria sensibilità, diventando punto di riferimento per la
persona che sta seguendo nel percorso di inserimento; si deve, quindi, instaurare
una relazione di fiducia tra i due per un’ efficace esperienza aziendale.
A chi è rivolto il collocamento mirato?
Ai sensi dell’articolo 1 della legge 68/99 i destinatari sono:
a) le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche, sensoriali
o intellettive, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore
al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni insediate presso le
A.S.L.;
b) le persone con invalidità da lavoro con un grado di invalidità superiore al 33
per cento (accertato dall’INAIL);
c) le persone non vedenti (coloro che sono colpiti da cecità assoluta o che hanno
un residuo visivo non superiore ad un decimo) ed i soggetti sordomuti.
d) le persone con invalidità di guerra, civili di guerra e con invalidità per servizio.
La legge 68/99, quindi, riconosce l’attività lavorativa delle persone con disabilità
come esercizio di un loro diritto di appartenenza sociale e riconduce le responsabilità
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di Enti ed Imprese ad un’attenzione specifica nei confronti di questo aspetto
attraverso un inserimento delle persone con disabilità nelle aziende che sia efficace
e importante anche numericamente, in quanto rappresenterebbero una componente
rilevante di ogni organizzazione.
Il requisito anagrafico ai fini dell’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio
è quello minimo di 15 anni di età e quello massimo dell’età pensionabile prevista
dall’ordinamento.
Come fare?
Le persone con disabilità devono, innanzitutto, assicurarsi di possedere una
certificazione di invalidità e successivamente recarsi nel Centro per l’impiego presso
il quale hanno il domicilio e richiedere l’iscrizione all’elenco della legge 68/99.
Inoltre, per agevolare le assunzioni delle persone con un grado di disabilità superiore
al 66%, lo Stato trasferisce alle Regioni le risorse del Fondo Nazionale per il diritto
al lavoro delle persone con disabilità; le aziende, in questo caso, prima di assumere
devono stipulare convenzioni con i Centri per l’impiego.
OBBLIGO DI ASSUNZIONE PER LE CATEGORIE PROTETTE:
LE QUOTE DI RISERVA
Le quote di riserva rappresentano l’obbligo di “riservare” ai lavoratori appartenenti
alle categorie protette una certa quota delle assunzioni, proporzionata alle
dimensioni dell’organico aziendale.
Vi sono delle quote minime di riserva che dipendono, quindi, dalle dimensioni
dell’azienda;
per le imprese con oltre 50 dipendenti, la quota di riserva corrisponde al 7% dei
lavoratori occupati;
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per le imprese che hanno dai 36 ai 50 dipendenti l’assunzione obbligatoria è di due
persone con disabilità;
le imprese che hanno fra i 15 e i 35 dipendenti devono assumere per legge una sola
persona con disabilità e solo in caso di nuove assunzioni;
solamente per le imprese con meno di 15 dipendenti non è richiesta assunzione
obbligatoria.
Le imprese private e gli enti pubblici economici che non adempiono agli obblighi
previsti dalla legge sono soggetti a sanzioni.
Vi è un percorso formale per adempiere a questo obbligo di legge, un percorso di
quattro distinte fasi:
la prima, computare l’organico aziendale secondo criteri previsti dalla legge;
la seconda, computare le quote di riserva;
la terza, comunicare il prospetto informativo entro il 31 gennaio di ogni anno al
competente servizio provinciale, ovvero una sorta di “fotografia” della situazione
aziendale alla data del precedente 3 dicembre;
la quarta, entro sessanta giorni dal momento in cui insorge l’obbligo, i datori di lavoro
devono presentare ai servizi per il collocamento obbligatorio le richieste di
assunzione dei lavoratori appartenenti alle categorie protette mancanti a coprire la
quota d’obbligo.
DA OBBLIGO DI LEGGE A POSSIBILITA’ DI SVILUPPO
A muoversi nella direzione del collocamento mirato e nella garanzia di
un’occupazione per le persone con disabilità sono anche le Regioni con varie
iniziative.
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Nel 2018, ad esempio, la Toscana ha stanziato oltre cinque milioni di euro sotto
forma di agevolazioni ed incentivi per le aziende private che intendono assumere
lavoratori con disabilità iscritti negli elenchi dei collocamenti mirati regionali.
La Liguria, invece, ha sottoscritto un protocollo d’intesa con “l’Associazione
nazionale mutilati e invalidi del lavoro” per il reinserimento delle persone con
disabilità da lavoro.
Questi sono solo alcuni esempi che evidenziano che si sta andando nella giusta
direzione e che nonostante gli stereotipi e le discriminazioni nei confronti delle
persone con disabilità molti dati dimostrano come queste barriere si possano
abbattere.
Secondo un’indagine condotta da AstraRicerche a Roma e promossa da Aism,
Prioritalia e Manageritalia, avente per oggetto “disabilità e lavoro, la sfida dei
manager”, emerge che, secondo il 65% dei manager intervistati, la presenza di
persone con disabilità nell’ambiente lavorativo determina ricadute positive su tutti i
dipendenti; prima di tutto grazie a nuove forme organizzative di svolgimento delle
attività (dal telelavoro allo smartworking) e all’organizzazione degli spazi in modo più
razionale.
Inoltre, l’88,2% del campione intervistato ritiene che avere personale con disabilità
produca un impatto positivo anche per le stesse capacità manageriali, in quanto la
loro presenza porterebbe i dirigenti a organizzare le attività in maniera più efficiente,
a semplificare i processi e a valutare meglio il personale.
Soffermandoci su altri dati si può affermare che l’82,5 % degli intervistati sostenga
di non aver osservato fenomeni di esclusione dalla vita aziendale, questo perché si
è cercato di andare oltre a stereotipi e pregiudizi.
Nonostante ciò, il 24,9 % del campione, invece, afferma che l’assunzione e la
presenza di persone con disabilità in azienda rappresenti semplicemente
l’adempimento di un obbligo e non un valore aggiunto (la restante parte del
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campione ritiene invece che le persone con disabilità siano parte integrante
dell’ambiente organizzativo e anche parte della crescita aziendale collettiva).
Tuttavia, dai dati analizzati, si sottolinea comunque una mancata integrazione in certi
contesti e in certe aziende; l’indagine afferma che tale mancanza si verifichi almeno
in un’azienda su cinque e tale responsabilità ricade sull’attività dei manager.
Nonostante ciò, rispetto agli anni che hanno susseguito la crisi economica più
recente, possiamo sicuramente affermare che la situazione è, ad oggi, meno critica
anche grazie all’aumento delle persone che si iscrivono alle liste del collocamento
mirato e che dunque cercano un lavoro (dati 2014/2015 dell’ottava Relazione sullo
stato di attuazione della legge per il diritto al lavoro delle persone con disabilità).
Secondo questa relazione sono state 78mila nel 2014 e 92mila nel 2015 le persone
con disabilità che si sono iscritte al collocamento mirato, ovvero un aumento del 35%
rispetto ai dati relativi agli anni della crisi. In media sono stati più uomini (57%) che
donne (43%).
In conclusione, se da una parte la legge 68/99 determina un obbligo per le aziende
di assumere persone con disabilità in una percentuale proporzionale al numero dei
propri dipendenti, abbiamo osservato dai dati che questo obbligo non determina
immediatamente anche un’opportunità; quindi, la parte di obbligo la si può subire
passivamente, la parte di integrazione va colta attivamente.
Se la legge viene percepita come ostacolo, l’assunzione non sarà a beneficio di
nessuno.
L’opportunità, quindi, deve costruirsi tra azienda e lavoratore per trarne beneficio
reciproco.
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INCLUSIONE E INTEGRAZIONE
“Se una persona con disabilità viene ammessa in un’organizzazione che non
procede a nessun cambiamento egli viene assimilato, se invece l’accoglimento
comporta adattamento tanto da parte della persona con disabilità, quanto da parte
dell’organizzazione, allora si parla di integrazione.” (Andrea Canevaro)
La disabilità deve cessare di essere vista come stato di menomazione per arrivare
ad essere intesa come una condizione meritevole di rispetto in un’ottica di piena
inclusione.
L’inclusione è dare supporti, favorire la solidarietà, personalizzare le nostre azioni,
stimolare atteggiamenti positivi e dare valore alle differenze.
Ma come possiamo realizzare l’inclusione?
L’inclusione delle persone con disabilità passa attraverso l’integrazione nel lavoro e
le imprese contemporanee adottano approcci sempre più evoluti nella gestione delle
persone e fanno dell’inclusione uno dei tratti qualificanti della loro strategia
competitiva.
L’inclusione, talvolta, la si applica anche perché’ l’esclusione ha dei costi che
fondamentalmente le imprese non sempre possono sostenere, conviene, quindi,
includere perché le persone con disabilità possono “generare valore” per le imprese.
Una persona con disabilità, proprio per la sua particolare condizione, può portare in
azienda punti di vista differenti ed ha la capacità di sorprendersi più di altri, di vedere
cose che spesso, banalmente, non si vedono e ciò aumenta il potenziale innovativo
e la performance dell’impresa.
Inoltre, le persone con disabilità che entrano in azienda in posizioni non residuali
hanno la capacità di resilienza, ovvero la “capacità di un’organizzazione o di una
persona rispetto ad un fenomeno distruttivo di assorbire lo shock e di riprendersi”.
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Una persona con disabilità è stata, infatti, “obbligata” a sviluppare questa capacità
durante la sua crescita, spesso più complicata rispetto ad altri individui della società,
e tale capacità è un valore aggiunto in un contesto competitivo come quello
aziendale nel quale gli shock esterni non controllabili possono essere di una certa
rilevanza.
Inoltre, sfruttando la tecnologia possiamo ridurre la disabilità percepita (non quella
reale) e si può, quindi, aumentare la probabilità che la persona con disabilità sia
inserita e retribuita per le sue conoscenze e per le sue abilità e non per la propria
condizione.
Per l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, quindi, abbiamo
da un lato l’inclusione per volontà di legge (68/99) e dall’altro l’inclusione per volontà
dei professionisti delle risorse umane che sono responsabili della realizzazione delle
politiche per l’inclusione, che devono essere sempre più efficaci per fare in modo
che queste persone non vengano accettate solamente per la loro condizione ma per
le loro capacità in specifici contesti.
Innanzitutto bisogna, quindi, gestire il processo di inserimento delle persone con
disabilità in azienda, in secondo luogo bisogna formare le “altre” persone, ovvero
educare la diversità per considerarla una condizione di normalità; inoltre, bisogna
aumentare il coinvolgimento emotivo delle persone con disabilità all’interno
dell’organizzazione tramite la distribuzione del lavoro secondo le loro competenze.
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi
sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido” (Albert Einstein).
Una cultura d’azienda adeguata, dove tutte le capacità vengono impiegate nel modo
corretto e senza pregiudizi e discriminazione, può portare benefici diretti all’interno
del clima organizzativo ma anche e soprattutto soddisfazione generale dei lavoratori
e sostenibilità economica, competitiva e sociale dell’impresa.
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Riccardo Padoan
“IL LAVORO CI RENDE LIBERI, IL LAVORO CI TUTELA, IL LAVORO È UGUALE
PER TUTTI”
Il lavoro è uno strumento fondamentale di costruzione del diritto di cittadinanza,
elemento cardine dell’identità adulta e fattore fondamentale di socializzazione delle
società complesse.
Ma, come abbiamo potuto analizzare in precedenza, l’inclusione lavorativa in Italia
risulta essere spesso complessa per le persone con disabilità.
Secondo l’Osservatorio nazionale della salute, solo il 18% delle persone con
disabilità tra i 45 e 64 anni ha un’occupazione, contro il 58,7% della popolazione
generale per la stessa fascia di età.
Una persona con disabilità che ha ottenuto una laurea è, inoltre, costretta ad
affrontare molti più ostacoli per trovare un lavoro rispetto a un coetaneo con pari
titolo di studio.
Ampliando i concetti di inclusione ed integrazione delle persone con disabilità
all’interno del contesto lavorativo, il fine del seguente contenuto è quello di
analizzare l’integrazione sociale, anche grazie e attraverso le nuove tecnologie e
analizzare anche l’emarginazione sociale e la discriminazione che vi può essere nei
contesti lavorativi, sino ad arrivare a citare alcune iniziative di Onlus in Italia che
stanno svolgendo un ruolo essenziale nell’ambito dell’inclusione lavorativa delle
persone con disabilità.
L’emarginazione sociale riguarda tutte quelle disparità sociali dovute a povertà, alle
stesse condizioni di menomazione, all’essere straniero o di un’altra religione
motivate da un senso di non appartenenza e lontananza.
L’integrazione sociale delle persone con disabilità passa anche attraverso
l’inclusione nel mondo del lavoro e dunque anche le stesse aziende e industrie
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devono essere in grado di trovare approcci sempre più evoluti nella gestione delle
persone, per due ragioni principali:
il primo, etico-morale;
il secondo, invece, economico, in quando, possono talvolta rendere l’inclusione una
leva qualificativa della loro strategia competitiva.
Con questa premessa, dunque, analizzeremo il ruolo delle persone con disabilità
all’interno del mondo del lavoro e del mercato libero e i diversi strumenti messi a
disposizione per quest’ultimi dai vari enti e dalle imprese.
Ma i concetti di INCLUSIONE, INTEGRAZIONE E INSERIMENTO non sono tra loro
sinonimi, quindi, prima di tutto analizziamo brevemente le differenze.
Il concetto di inclusione, oggi, è utilizzato in maniera ricorrente in ambito socio-
politico, di fatto non presuppone che la persona con disabilità interagisca in
modo complesso ed esaustivo con il progetto di vita creato ad hoc.
L’ inserimento, invece, offre la possibilità di una interazione monodirezionale
e non bidirezionale con i servizi predisposti per la persona con disabilità.
L’ultimo concetto, quello di integrazione è il solo che possa esprimere la
soddisfazione nel raggiungimento di una proficua interazione tra la persona
con disabilità e le diverse sfaccettature del mondo circostante che, da un punto
di vista psicologico, significa apprendimento, adattamento e maturazione.
Inoltre, il momento formativo pre-integrazione è fondamentale affinché
l’inserimento stesso avvenga in un contesto e con condizioni iniziali idonee alla
persona e all’azienda.
La formazione iniziale dovrà generalmente raggiungere i seguenti obiettivi:
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- operare un “modello orientativo” della persona con disabilità per poterne
comprendere gli aspetti motivazionali ed attitudinali, nonché per capire
l’incidenza della disabilità rispetto alla possibilità di assimilare capacità
professionali;
- attuare, una volta operata la scelta del percorso formativo, metodologie
didattiche personalizzate al fine di attenuare le difficoltà derivanti dalla
disabilità presente, prestando attenzione al mantenimento di un forte
grado di integrazione all’interno del gruppo;
- facilitare momenti di apprendimento pratico in situazioni di
affiancamento lavorativo per sviluppare non solo capacità lavorative, ma
anche potenzialità di socializzazione;
- incrementare la collaborazione fra gli attori dell’integrazione lavorativa.
Inoltre, ai fini dell’integrazione della persona con disabilità nell’ ambiente
lavorativo, evidenziamo anche l’importanza che la famiglia può svolgere in tal
senso.
Nell’ambiente familiare dovrebbero essere riscontrate le seguenti
caratteristiche:
- buona qualità della comunicazione fra i suoi componenti;
- coerenza nelle risposte emozionali agli eventi che riguardano il soggetto
con disabilità;
- apertura ai rapporti sociali, inclusa la conoscenza dell’ambiente
lavorativo del soggetto;
- ricerca di spazi all’interno della famiglia in cui il soggetto possa gestirsi
autonomamente;
- accettazione delle attitudini e dei limiti individuali di ciascun
componente;
- responsabilizzazione, fiducia e spazio decisionale per il soggetto con
disabilità.
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Si riscontra spesso, nel periodo successivo all’integrazione lavorativa,
l’orgoglio e la soddisfazione da parte della famiglia per i progressi ed i risultati
raggiunti dal familiare con disabilità, poiché non sempre il lavoro viene vissuto
dalla stessa come una conquista possibile.
La maggiore indipendenza acquisita attraverso il ruolo di lavoratore viene
fortemente generalizzata anche al contesto familiare, che a volte sostiene
questo processo di sviluppo;
I risultati del lavoro svolto per il raggiungimento dell’autonomia personale,
sociale ed economica, anche per questi ultimi, sono promettenti per un futuro
socialmente più gratificante e rispettoso della totalità della persona con
disabilità.
INIZIATIVE DI INTEGRAZIONE DI ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO IN
ITALIA
L’Art.3 della Costituzione Italiana recita: “è compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese”, definendo in maniera netta il compito dello Stato.
L’Art.38.3 ci interessa in particolar modo, in quanto stabilisce: “gli inabili ed i minorati
hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale”.
La legge 68/99 è un passo in avanti per il pieno riconoscimento e inclusione delle
persone con disabilità all’interno del contesto lavorativo ma l’obbligo di assunzione
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che predispone questa legge crea in questo caso un problema, in quanto spesso
rende le aziende più favorevoli a pagare delle sanzioni derivanti dalla legge 68/99
piuttosto che assumere delle persone con disabilità.
Questa problematica vi è stata per molto tempo, e ancora ad oggi tali situazioni sono
spesso presenti.
È necessario dunque tutelare le persone con disabilità con tutti i mezzi possibili e
l’aiuto da parte di qualsiasi ente o associazione, a partire dalle grandi associazioni
umanitarie internazionali, o ancora grazie a garanzie dell’ONU, dell’Unione Europea
fino ad arrivare alle leggi regionali, passando per i governi degli Stati.
Il ruolo degli enti non profit che si occupano di disabilità è fondamentale per
sensibilizzare le aziende e le istituzioni su questo tema.
Bisogna attuare iniziative per valorizzare la diversità e promuovere progetti che
rispondano alla necessità delle aziende e delle persone stesse;
la competenza e le esperienze di associazioni non profit che si occupano delle
persone con disabilità sono, quindi, fondamentali e possono contribuire ad una
maggiore conoscenza e informazione sulla gestione delle persone con disabilità in
azienda.
Durante la conferenza internazionale “Includere la disabilità nella Cooperazione
allo sviluppo: esperienze di collaborazione tra Governi, Ong e Organizzazioni di
persone con disabilità”, svolta a Roma, è infatti emersa la necessità di rafforzare
l’alleanza tra le Organizzazioni delle persone con disabilità, Ong e istituzioni per
promuovere l’inclusione della disabilità nei programmi di cooperazione.
Il convegno ha messo a confronto gli orientamenti di Italia, Germania, Spagna,
Finlandia e Unione Europea e le relative esperienze.
Ne è emerso un ruolo d’avanguardia della cooperazione italiana nel pianificare
indirizzi di politica di cooperazione con il lancio delle Linee guida seguite dal Piano
d’azione del 2013.
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Nel corso della conferenza è stata presentata una sintesi della mappatura delle 58
iniziative della Cooperazione italiana nel periodo 2009-2014 e frutto della
collaborazione tra il Ministero e la Rete italiana disabilità e sviluppo.
Inoltre, dalle differenti esperienze in campo internazionale è comparsa l’esigenza di
un coinvolgimento sempre più stretto delle organizzazioni delle persone con
disabilità, che hanno rivendicato il proprio ruolo.
Un esempio in Italia di aiuto sociale anche nei confronti delle persone con disabilità
proviene dalla Croce Rossa, un’associazione di promozione sociale che tra i suoi
obiettivi ha quello di promuovere lo sviluppo dell’individuo, ovvero garantire la
possibilità a ciascuno di raggiungere il massimo delle proprie potenzialità.
Viene perseguito questo obiettivo attraverso la prevenzione e la risposta ai
meccanismi di esclusione sociale fino ad arrivare a costruire comunità più forti ed
inclusive.
Viene promossa l'integrazione delle persone con disabilità attraverso l'attività di
volontariato e la partecipazione attiva alla vita dell'Associazione, oltre che attraverso
lo sport, e soprattutto attraverso il lavoro.
L’obiettivo generale della Croce Rossa è, quindi, quello di promuovere la dignità
delle persone in ogni luogo.
Inoltre, sempre nel contesto italiano, tra 78 progetti volti a incrementare le
opportunità di lavoro e di integrazione delle persone con disabilità, selezionati
dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il concorso nazionale previsto
dalla riforma del Terzo Settore, uscito nel novembre 2017, si è aggiudicato il primo
posto un progetto presentato dall’Unione italiana lotta alla distrofia
muscolare (Uildm).
Questo progetto viene chiamato “Plus” ed è finalizzato all’inclusione socio-lavorativa
di 80 persone con disabilità in 16 regioni italiane.
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“Il fatto che la nostra associazione si occupi di lavoro è un ulteriore impegno rispetto
al concetto della valorizzazione delle persone con disabilità, da considerare risorse
e non un peso per la società.
Il lavoro rappresenta un pezzo importante della nostra vita e lo consideriamo, oltre
ad un diritto come dice la nostra Costituzione, anche un dovere civico per contribuire
al benessere della collettività”, spiega il presidente della Uildm Marco Rasconi.
Il loro obiettivo è, quindi, quello di migliorare la qualità di vita delle persone con
disabilità favorendone l’inserimento professionale, sociale e territoriale.
Si offre alle persone con disabilità un percorso specializzato di orientamento,
formazione e job coaching.
Con questo progetto si vogliono promuovere le pari opportunità e si vuole contribuire
alla riduzione delle disuguaglianze affinché assumere una persona con disabilità
non rappresenti solo un obbligo di legge, troppo spesso neanche rispettato o come
già affermato in precedenza, rispettato solamente per “dovere”.
Il progetto Plus ha ricevuto, quindi, lo scorso anno dal Ministero del lavoro un
finanziamento di 579.600 euro per attivare borse di formazione lavoro, con una
durata di 18 mesi, in 16 regioni rivolgendosi a cinque persone con disabilità in età
lavorativa per ciascuna regione.
Sono state previste due attività principali:
nella prima i partecipanti hanno seguito un corso di formazione professionale della
durata di 40 ore attraverso cui sono stati offerti loro gli strumenti necessari per
promuovere l’autonomia personale e sociale e acquisire una modalità lavorativa e
relazionale adeguata;
in seguito a ciò si è svolta un’attività di tirocinio della durata di 30 ore, seguito
dall’inserimento lavorativo della durata di almeno sei mesi presso un’impresa,
una cooperativa un’organizzazione o un ente pubblico che ha dato adesione.
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Per ciascun beneficiario è stato rilevato il grado di capacità, autonomia e attitudine
personale al fine di creare un curriculum vitae e individuare la sede e il tipo di tirocinio
più opportuni.
La seconda attività ha previsto la creazione di uno sportello di accoglienza e ascolto
gestito autonomamente dalle persone con disabilità con l’obiettivo di fornire
assistenza all’inserimento nel mondo del lavoro.
Lo sportello offre anche consulenza in ambito lavorativo.
“Siamo consapevoli, e lo denunciamo da tempo, che ancora oggi troppe persone
con disabilità non hanno le stesse possibilità di trovare un impiego rispetto agli altri,
ma auspichiamo che a partire anche da questa premiazione qualcosa cambi
finalmente in positivo” afferma Rasconi e si augura che lo Stato si accorga del loro
lavoro come strumento per creare valore aggiunto e non come qualcosa di negativo
per il suo bilancio.
Nasce, quindi, un vero e proprio bisogno di coinvolgere le persone con disabilità,
superando l’obbligatorietà della legge riguardo le assunzioni di persone con
disabilità, rendendole partecipi ai processi lavorativi a seconda delle valutazioni delle
competenze e alla giusta posizione all’interno dell’impresa, dando un segnale di
accrescimento culturale al pubblico.
Altre possibilità per poter far fronte alla causa sono i corsi che determinate aziende
forniscono, riguardanti in particolar modo l’autodeterminazione e la focalizzazione
sulla crescita personale del lavoratore con disabilità, oppure attraverso la creazione
di gruppi destinati all’orientamento e all’integrazione di tipologie di persone “diverse”.
Seppur la percentuale di persone con disabilità disoccupate sia molto ancora alta in
molti stati d’ Europa, i primi spiragli di luce si intravedono in alcuni stati, dove
l’occupazione di questi soggetti comincia ad aumentare, spesso grazie ai progressi
della tecnologia.
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PROGRESSI DELLA TECNOLOGIA
Le nuove tecnologie sono parte integrante della vita quotidiana.
Hanno un impatto su molti aspetti della società, tra cui l’istruzione, la formazione e
l’occupazione, ma in particolare sono uno strumento prezioso per le persone con
disabilità e bisogni speciali.
Il potenziale delle nuove tecnologie per migliorare la qualità della vita, ridurre
l’esclusione sociale e aumentare la partecipazione è riconosciuto a livello
internazionale, così come sono note le barriere sociali, economiche e politiche che
il mancato accesso alle nuove tecnologie può generare (Vertice Mondiale sulla
Società dell’Informazione – WSIS, 2010).
La tecnologia stessa ha permesso la creazione di applicazioni per l’utilizzo di
comandi vocali, sintetizzatori vocali costituiti principalmente per agevolare gli
spostamenti e, inoltre, anche schermi touch screen e vari programmi basati sulla
semplificazione del dispositivo, facilitando l’interazione tra le persone.
Nella vita quotidiana, la tecnologia risulta indispensabile in ogni contesto, a partire
dall’informazione, alla comunicazione…
Nel mondo globalizzato in cui ci troviamo a vivere al giorno d’oggi, la tecnologia
innovativa è sempre più all’ordine del giorno.
Molto spesso la parola “tecnologia” rimanda ai brand dei grandi colossi di Microsoft,
Apple, Samsung ed altri sviluppatori di prodotti sempre più avanzati
tecnologicamente, ma esiste anche un'altra realtà, molto più utilitaria e
indispensabile per il miglioramento delle condizioni di vita, utilizzando degli strumenti
per garantire alle persone con disabilità una vita più accessibile in vari contesti, fra i
quali il contesto lavorativo.
La tecnologia stessa può intervenire in vari ambienti, ad esempio nella prevenzione
di malformazioni genetiche, nella riabilitazione e nel raggiungimento della piena
inclusione nella società.
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Il computer, attraverso l’uso di software dedicati, è uno degli strumenti che potrebbe
essere utilizzato per dissolvere le barriere architettoniche e di esclusione che spesso
si formano nei confronti delle persone con disabilità all’interno del contesto
lavorativo.
Gli strumenti in grado di poter aiutare le persone con disabilità ormai sono presenti
sul mercato, ma anche in strutture comuni che garantiscono l’accesso ai diritti sociali
alle persone come per esempio negli ospedali e sono sempre più specializzati sia
nel campo riabilitativo sia nelle modalità di accesso al computer.
I primi ausili erano primitivi e bisognosi di miglioramenti, ma ad oggi le
apparecchiature e i programmi sofisticati sono in grado di risolvere anche le
problematiche più complesse delle persone con disabilità.
Come accennato, le tipologie si distinguono in riabilitative e nel raggiungimento della
piena inclusione nella società: la prima, attraverso il computer, permette a chi assiste
la persona con disabilità mentali di migliorare l’interazione con l’assistito;
nella seconda, invece, nel caso di persona con disabilità fisica, il computer
garantisce una maggiore autonomia, svolgendo attività che prima non potevano
essere svolte.
L’avvento del computer ha permesso che numerose tipologie di persone con
disabilità migliorino il proprio status.
Alcuni strumenti, ad esempio, sono in grado di permettere ad un non vedente di
poter usare un pc con una certa autonomia e tali strumenti possono essere utilizzati
all’interno dell’ambiente lavorativo.
Ad esempio, i non vedenti possono percepire un testo dallo schermo attraverso:
lo schermo tattile, un dispositivo composto da celle di otto elementi che si
muovono in alto e in basso a seconda dei diversi caratteri braille, il sistema di
scrittura dei non vedenti;
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la tastiera braille, tastiera speciale con sei tasti corrispondenti alle 6 lettere di
questo alfabeto speciale;
il riconoscimento vocale che dà comandi al computer attraverso la voce
oppure riproducendo i testi presenti in suoni e parole.
Per chi, invece, trova la propria disabilità nell’uso delle articolazioni, in particolare
delle mani e delle braccia, esiste una proteggi tastiera in plastica che permette
all’utente, durante la scrittura, di premere più tasti contemporaneamente e rende più
facile individuare i caratteri.
Esistono, inoltre, dei supporti per i polsi, costituiti per coloro che hanno difficoltà a
sostenere il braccio per molto tempo, e supporti attraverso l’uso di aste applicate alla
bocca e al mento che permettono di digitare lettere e parole guidando la tastiera con
la bocca o con il movimento della testa.
Il computer, dopo decenni di sviluppi ed evoluzioni, ha fatto si che ogni persona
sappia usare questo apparecchio e che venga usato nelle situazioni varie.
Il caso in questione dà la possibilità alle persone con disabilità di poter ridurre, non
cancellare, le loro difficoltà, riuscendo ad usare con autonomia un computer.
Questa possibilità fa in modo che vi sia un aumento di persone che possono
affacciarsi ad una prospettiva lavorativa, capendo quale sia la mansione giusta da
poter assegnare in azienda a queste persone con disabilità.
Con le apparecchiature e gli strumenti giusti questi soggetti sono in grado di svolgere
perfettamente l’attività assegnata.
Importante è ricordare come la tecnologia stessa può creare delle barriere dovute al
fatto che i prodotti destinati ai grandi consumatori non tengono conto dei bisogni
specifici delle persone con disabilità, divenendo un grosso ostacolo per alcuni.
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Le nuove tecnologie non includono limitazioni e permettono di migliorare la qualità
della vita solo se le stesse rispettano tutti gli utenti, comprese le persone con
disabilità con le loro difficoltà.
L’esempio è la possibilità di utilizzare l’intera rete internet in funzione delle condizioni
delle persone, in questo caso destinata ad inglobare anche le persone con disabilità,
in un’ottica di piena inclusione.
A seconda del tipo di disabilità, esistono dei problemi di accessibilità e eventuali
soluzioni possibili.
Nel caso di persona con disabilità visiva, lo schermo del pc e i terminali come il
bancomat non hanno il giusto contrasto di colori per garantire alla persona con
questo disturbo di poter svolgere le proprie attività.
La soluzione adatta è l’adozione di un lettore di schermo che permetta a tutti di poter
usare questo servizio.
Nel caso di persona con disabilità uditiva, le più grandi difficoltà sono le compagnie
di telefonia fissa e mobile ed anche i sistemi di risposta vocale.
Per far fronte a questa problematica possono essere usati telefoni testuali, e-mail ed
apparecchi acustici in grado di amplificare il suono.
Nel caso di persona con disabilità motoria, possono nascere delle difficoltà
nell’utilizzo del mouse, nell’utilizzo di telefoni pubblici e carte intelligenti.
Programmi di controllo con particolari caratteristiche, comandi vocali o tastiere
speciali potrebbero fare la differenza.
Nel caso di persona con disabilità mentale, ogni azione e luogo che necessita di
comprendere istruzioni e l’abilità di esprimersi verbalmente, le soluzioni sono le più
varie, ad esempio l’utilizzo di interfacce utente basate su disegni, figure o
pittogrammi oppure fax, email, istruzioni audio-video.
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Da questo punto di vista, la robotica, l'ingegneria biomedica, le tecnologie legate alla
mobilità ci offrono un panorama di grandi opportunità.
Nella scorsa edizione di Maker Faire Rome - The European Edition, uno dei più
grandi appuntamenti riguardanti l’innovazione della tecnologia, sono stati presentati
dei progetti molto interessanti per le persone con disabilità che potrebbero avere un
vasto utilizzo all’interno dell’ambiente lavorativo.
Uno su tutti è “l’Adam’s hand”: una protesi mioelettrica della mano che sfrutta un
meccanismo innovativo che consente di mettere in movimento tutte le dita con un
solo motore invece dei cinque/sei convenzionalmente utilizzati nelle altre protesi.
Con questo prototipo c’è un alleggerimento del peso e delle difficoltà di utilizzo.
L’esterno è, inoltre, stampabile in 3D, permettendone una grande personalizzazione.
“L’Optical wheelchair” è una sedia a rotelle comandata da movimenti oculari ed
espressioni del viso.
Una particolare camera rileva il movimento delle pupille e le espressioni facciali per
poi mandare queste info, elaborate, al microcontrollore tramite Bluetooth.
Il microcontrollore, mediante un circuito elettronico, muove le ruote in base alle
informazioni ricevute.
“Orion”, invece, è un esoscheletro robotico comandato da impulsi muscolari.
Alla sua base vi è una scheda elettronica che permette di visualizzare e analizzare
sul computer i segnali muscolari raccolti tramite elettrodi applicati agli arti.
La scheda elettronica dialoga con l’esoscheletro controllato da un sistema
meccanico, che lo mette in movimento dando più forza all’arto quando gli arriva il
segnale che il muscolo si vuole muovere.
Il progetto prevede una sua applicazione futura anche agli arti inferiori, per attivare
un sistema di camminata assistita.
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“Waybration” è un sistema di supporto alla navigazione per atleti non vedenti e
consente ad atleti non vedenti o ipovedenti di praticare sport come il windsurf o la
vela senza la presenza di un accompagnatore oppure svolgere alcuni lavori
all’interno di una azienda.
Il progetto utilizza un software per la pianificazione del percorso eseguito su pc o
smartphone e del codice sviluppato ad hoc per il filtraggio del segnale e la
comunicazione radio con le cavigliere.
L’utente compone il percorso di regata o di allenamento fissandone i waypoint e,
una volta attivate le cavigliere, queste vibrano indicando all’atleta la direzione verso
cui dirigersi.
In conclusione, si è voluto, quindi, dimostrare che l’integrazione delle persone con
disabilità è possibile, prima di tutto grazie ad attività di onlus volte a realizzare tale
scopo e, inoltre, anche tramite il progresso della tecnologia sempre più d’impatto ed
efficiente che può essere sfruttata nei contesti più ampi.
Adela Ravmani
La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI)
Il paradigma della Responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social
Responsability) si può definire come “l’interazione, su base volontaria, da parte delle
imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali
e nei loro apporti con le parti interessate” (Libro Verde dell’UE del 2001, che si
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propone di promuovere la responsabilità sociale delle imprese e di incoraggiare
prassi innovative, trasparenti ed affidabili).
Questo approccio nasce nell’etica degli affari negli Stati Uniti degli anni ’70 ed in
quell’ambito comincia a svilupparsi la tendenza delle imprese a rispettare le leggi e
le normative giuridiche da un lato, ma di osservare obblighi morali dall’altro; le
imprese devono sicuramente fare profitto ma, nel farlo, devono osservare degli
obblighi morali.
L’impresa diventa dunque un “soggetto morale” e non semplicemente economico.
Iniziano a proporsi varie iniziative per incoraggiare le aziende di tutto il mondo ad
adottare politiche sostenibili ed andare nella direzione della responsabilità sociale
d’impresa;
fra queste vi è la “United Nations Global Compact”, messa in atto dalle Nazioni Unite
nel 2000, alla quale le imprese possono volontariamente aderire per perseguire i 10
principi sanciti dalla “Global Compact”.
I 10 principi enunciati rientrano in 4 macro sezioni, rispettivamente riguardanti i diritti
umani, il lavoro, la sostenibilità ambientale e l’anti-corruzione; in particolar modo,
secondo quanto previsto dal principio sesto, le imprese dovrebbero sostenere
l’eliminazione della discriminazione relativamente all’occupazione.
Inoltre, sempre per favorire la logica della responsabilizzazione delle imprese,
l’“Organizzazione per la cooperazione economica e per lo sviluppo” ha prodotto delle
linee guida per le imprese multinazionali fra le quali ritroviamo, anche in questo caso,
la lotta alla discriminazione nell’occupazione oltre che il rispetto dei diritti umani in
senso più ampio da parte delle imprese multinazionali.
Negli ultimi anni il sistema delle imprese ha dato una forte dimostrazione della
propria ‘’Corporate Social Responsability’’ con investimenti mirati all’incremento
occupazionale e ad uno sviluppo consapevole di mezzi e risorse nel rispetto della
società che sta orientando le proprie energie principalmente verso la tutela della
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privacy e della protezione dei dati dei consumatori ma anche nella direzione di ciò
che particolarmente ci riguarda, ovvero l’eliminazione delle disuguaglianze culturali,
linguistiche, di età, di orientamento sessuale, delle disabilità, per background ed
esperienze lavorative differenti.
Le imprese multinazionali in quanto tali sono una fonte importante per lo sviluppo ed
il progresso economico. Esse creano impiego e contribuiscono alla crescita
economica nei Paesi in cui operano, molto spesso anche in Paesi in via di sviluppo.
Alle multinazionali infatti viene sempre più richiesto di dimostrare, con azioni
concrete, comportamenti socialmente responsabili; infatti le istituzioni multilaterali
stanno sviluppando e promuovendo strumenti di RSI per incoraggiare a pratiche
responsabili le Grandi Compagnie.
Nella formulazione delle loro politiche sociali, le imprese tendono a fare riferimento
a strumenti che si basano su norme internazionali e a principi universalmente
accettati.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha partecipato alla fissazione di
direttive internazionali che regolano le attività delle imprese multinazionali, data la
loro importanza per il mondo del lavoro e per la politica sociale.
La Dichiarazione tripartita è uno strumento internazionale fondamentale per regolare
le azioni delle imprese e fornisce loro orientamenti precisi sul modo in cui
massimizzare il loro contributo sociale e sostenibile e, al contempo, ridurre al minimo
gli effetti negativi delle loro azioni.
La Carta di Ginevra
Un esempio importante di impegno e di responsabilità sociale verso l’intera comunità
e in particolare, verso le persone con disabilità, è la “Carta dell’Organizzazione
Internazionale del Lavoro per l’inclusione delle persone con disabilità”, che sigla la
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firma di undici multinazionali, le quali il 29 ottobre del 2015 si sono riunite a Ginevra
per favorire una sostanziosa crescita dell'occupazione delle persone con disabilità.
Quest’impegno non riguarda solo l’occupazione in sé ma si estende su vari fronti e
tematiche quali: rendere i luoghi di lavoro più accessibili alle persone con disabilità,
garantire un trattamento non discriminante e più favorevole sul fronte delle
opportunità di trovare lavoro ma anche dare una maggiore possibilità di apertura
verso le disabilità di tipo mentale, ovvero quelle per le quali le difficoltà sono maggiori
ma l’attenzione è minore.
Alcune di queste compagnie sono IBM, il Gruppo Carrefour, Dow Chemical, L'Oreal,
Michelin, Gruppo AXA, Gruppo Adecco ecc.
Le multinazionali facenti parte del cosiddetto “Global Business and Disability
Network” condividono una serie di principi che stanno alla base del loro impegno per
l’inclusione lavorativa.
I principi guida dei firmatari della Carta Internazionale sono i seguenti:
1. promozione e rispetto dei diritti delle persone con disabilità attraverso la
sensibilizzazione e la lotta contro gli stereotipi;
2. sviluppo di politiche di protezione contro le discriminazioni, di qualsiasi natura
esse siano;
3. garanzia di parità di trattamento e di pari opportunità per le persone con disabilità,
durante tutta la carriera lavorativa a cominciare dai primi approcci di inserimento
nell’azienda fino al mantenimento a lungo termine e allo sviluppo della carriera;
4. accessibilità alle pratiche e delle comunicazioni interne aziendali;
5. studio anticipato di misure appropriate per il mantenimento del posto di lavoro da
parte del lavoratore che diventa disabile;
6. rispetto della privacy delle informazioni personali e di quelle legate alla disabilità;
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7. considerazione approfondita di quelli che possono essere i bisogni delle persone
con disabilità e delle particolari difficoltà che incontrano nella ricerca e nell’entrata
nel mondo del lavoro, incluse le persone con disabilità intellettive o psicosociali;
8. promozione dell’occupazione delle persone con disabilità anche presso i propri
partner commerciali, le compagnie con le quali si collabora e la propria rete di
contatti, come pure con le organizzazioni che promuovono i diritti delle persone con
disabilità;
9. verifica con regolarità della reale efficacia delle politiche e delle pratiche di
inclusione delle disabilità adottate dall’azienda;
10. creazione di un report riguardante le azioni adottate dalla compagnia che
dimostrino concretamente le misure di promozione dell'occupazione delle persone
con disabilità e condivisione di tutte informazioni e delle esperienze maturate con i
membri dell'OIL Global Business and Disability Network.
L’”Organizzazione Internazionale del Lavoro” (OIL) presenta infatti una piattaforma
unica creata da un Network che non racchiude solo le imprese multinazionali ma
anche le organizzazioni di datori di lavoro, le reti di imprese e le organizzazioni di
persone con disabilità le quali condividono la convinzione comune che le persone
con disabilità abbiano talenti e competenze in grado di migliorare praticamente
qualsiasi attività commerciale.
Tutto ciò per far crescere e sviluppare le competenze aziendali ed avanzare verso
una visione più aperta sulla diversità nei posti di lavoro.
Il Global Business condivide le conoscenze con i membri del Network e identifica le
buone pratiche per sviluppare prodotti e servizi comuni non solo nelle compagnie
multinazionali ma anche per facilitare le assunzioni in aziende medio/piccole.
Rafforzando il lavoro delle organizzazioni dei datori di lavoro e delle reti di imprese,
le quali hanno una maggiore possibilità di accesso alle piccole e medie aziende, si
possono sviluppare le competenze tecniche acquisite in materia di disabilità anche
all’interno di queste ultime.
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Facilitazioni fornite alle persone con disabilità
La Carta stabilisce che i lavoratori con disabilità hanno l’opportunità di avvalersi di
programmi di formazione forniti dalle aziende per le quali lavorano oppure di avere
a disposizione lettori, interpreti e materiali adattati che dovrebbero facilitare il loro
lavoro.
Inoltre, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di
modificare gli orari, i luoghi e i programmi per semplificare e massimizzare la
partecipazione delle persone con disabilità alle misure previste per lo sviluppo della
loro carriera così come di tutti i dipendenti.
Nello sviluppo di opportunità di formazione, i datori di lavoro o i gruppi di datori di
lavoro dovrebbero garantire strumenti come manuali e materiali con formati
alternativi, ad esempio illustrazioni visive, che siano accessibili ai dipendenti con
problemi di comunicazione o di disabilità intellettive.
Le azioni del Gruppo Carrefour in materia di disabilità
Una delle imprese facente parte del “Global Business and Disability Network” e che
già da diversi anni si sta impegnando nei confronti delle persone con disabilità è la
multinazionale Carrefour.
Da umili origini come piccolo discount nel 1959, il gruppo Carrefour è cresciuto fino
ad aprire 12.300 negozi in tutto il mondo, fornendo occupazione in 34 Paesi.
Fornire un impiego dignitoso alle persone con disabilità è uno dei pilastri centrali
della filosofia e degli obiettivi del Gruppo.
Carrefour ha infatti dato via a numerose iniziative per andare incontro alle esigenze
delle persone con disabilità per entrare nel mondo del lavoro, già dal 1999.
I numeri dimostrano che il Gruppo ha registrato un aumento del 25% del tasso di
occupazione in Europa in cinque anni ed attualmente impiega oltre 12.000 persone
con disabilità, di cui oltre 8.600 solo in Europa. In Francia, ad esempio, è stato creato
un progetto chiamato "Mission Handicap Hypermarchés" grazie al quale gli
ipermercati Carrefour e i negozi del Carrefour Market hanno superato la soglia legale
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del 6% grazie agli sforzi per promuovere l'inclusione dei lavoratori con disabilità. Il
progetto è stato rinnovato nel Paese già sette volte.
Oltre alle azioni intraprese in Francia, Carrefour ha puntato l’attenzione anche in
Polonia dove ha stipulato delle partnership con l'”Associazione Disabili per
l'Ambiente” (EKON) sempre con il fine di assumere un numero maggiore di persone
con disabilità.
Carrefour Poland è stata premiata, infatti, con l’”Ice Breaker" nel 2013; un concorso
che elogia le persone e i datori di lavoro che si impegnano a risolvere i problemi
delle persone con disabilità e ad andare incontro alle loro esigenze.
Nel 2013, 854 persone con disabilità (6,5%) hanno lavorato in Carrefour Polonia.
Un altro esempio è l’azione svolta da Carrefour in Brasile, che è anche una delle
migliori dimostrazioni degli sforzi del Gruppo per includere e ospitare persone con
disabilità. Nel 1991 la legislazione nazionale brasiliana ha fornito delle “quote-
dipendente” all’azienda affinché’ si impegnasse a dare impiego alle persone con
disabilità.
Per Carrefour, questo corrispondeva al 5% dei dipendenti.
Nonostante la compagnia avesse già assunto persone con disabilità, la legislazione
ha fornito l'impulso necessario per focalizzare l'attività svolta fino ad allora e
aumentare l'attenzione sulla loro inclusione.
Mentre la legislazione nazionale rappresenta un minimo per tutta l'attività in Brasile,
Carrefour ha deciso di ampliare l’impegno intrapreso in ciascuno dei suoi 142 negozi
in tutto il Paese, implementando anche un programma specifico chiamato
“L’inclusione pratica”, che ha portato in particolare a raddoppiare il numero di
persone con disabilità assunte nell’anno 2013 rispetto al precedente, le quali sono
state successivamente integrate dalla campagna chiamata “Il mio amico è speciale”
per incoraggiare l’integrazione delle persone con disabilità.
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Naturalmente, la Società dovette affrontare molteplici ostacoli, in particolare in
termini di alti livelli di personale e turnover e per sollecitare le persone con disabilità
a richiedere le posizioni aperte. Principalmente, gli ostacoli ruotavano attorno alla
scarsa preparazione dei responsabili delle risorse umane che generalmente non
sono formati ad assumere persone con disabilità. Alcuni manager infatti mancano di
educazione e di consapevolezza su come accogliere e gestire al meglio le persone
con disabilità.
Questa difficoltà ha portato all’elaborazione di due iniziative a supporto dei HR.
Innanzitutto, sono stati creati una serie di manuali di orientamento per guidare i
responsabili delle assunzioni in materia di inclusione e accoglienza. In secondo
luogo, la società ha impiegato un significativo investimento finanziario creando nuovi
ruoli come l’“Assistente delle risorse umane” all'interno di ciascuno dei punti vendita
Carrefour di tutto il Brasile. Lo scopo di questo ruolo è di “Assistere i responsabili
delle assunzioni per educarli ad un atteggiamento positivo nei confronti delle
persone con disabilità che deve essere integrato nella cultura organizzativa” e “I
manager devono credere nel contributo che le persone con disabilità possono offrire”
spiega Roberta Rivaldo de Almeida Sousa, Direttrice della Attrazione e
Conservazione presso Carrefour Brasile.
Le buone pratiche di inclusione della disabilità sul posto di lavoro riguardano tutti gli
aspetti dell'assunzione, dalla formazione al mantenimento di personale con disabilità
a livello di negozio, oltre a facilitare il collegamento tra la sede centrale di Carrefour
e le squadre operative. Inoltre, nel 2012 Carrefour Brazil ha lanciato un programma
di diversità aziendale con l'obiettivo di promuovere il rispetto reciproco tra tutti i
dipendenti. Ogni direttore e manager riceve la formazione necessaria alla gestione
della diversità, al fine di cambiare progressivamente la cultura organizzativa. Gli
viene insegnato come creare un'atmosfera inclusiva, rispettosa e accessibile sul
luogo di lavoro e vengono fornite le indicazioni sulla corretta gestione della vita
lavorativa quotidiana con le persone con disabilità. L'implementazione di queste
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iniziative ha portato importanti risultati: ogni negozio affiliato con Carrefour in Brasile
attualmente impiega persone con disabilità.
Per Carrefour, il messaggio chiave per le aziende che iniziano questo viaggio è
duplice:
- in primo luogo, i manager devono credere nel contributo che le persone con
disabilità possono dare al business; senza questa convinzione e
concentrandosi esclusivamente sul rispetto delle quote organizzative, la
cultura lavorativa non avrà mai l'opportunità di cambiare. L'ambiente
aziendale sarà così più favorevole all'integrazione e al mantenimento delle
persone con disabilità come parte della forza lavoro;
- in secondo luogo, le soluzioni devono essere sviluppate e implementate in
collaborazione con i diretti interessati. Affidarsi alle persone con disabilità,
infatti, per comunicare e per comprendere al meglio i loro limiti e le loro
capacità può incrementare notevolmente il contributo potenziale ed una
migliore corrispondenza con le imprese.
È importante condividere le pratiche più costruttive e i risultati ottenuti nella rete di
aziende, le quali cercheranno il modo migliore per colmare il divario e creare pari
opportunità alle persone con disabilità, in modo da garantire a tutti i dipendenti il
raggiungimento del loro pieno potenziale.
“Non solo la cosa giusta da fare, ma ha anche un buon senso degli affari". Lo ha
dichiarato Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro, in occasione dell’accordo di Ginevra, ricordando anche che “la mancanza di
pari opportunità per le persone con disabilità spesso determina povertà ed
esclusione sociale”.
Carrefour Belgium DuoDay
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In Belgio il Gruppo Carrefour ha istituito un “Comitato per la diversità” composto dai
vertici dell'azienda e dai membri del sindacato. Il comitato tratta varie questioni
relative a giovani e anziani, sesso e disabilità.
Una delle iniziative del Comitato sul fronte della disabilità è il “DuoDay”. Questa
iniziativa porta i dipendenti di Carrefour e le persone con disabilità a formare insieme
una coppia lavorativa e ad imparare gli uni dagli altri.
Durante questi giorni, i manager e i dipendenti di Carrefour accolgono le persone
con disabilità in cerca di lavoro. Attraverso una partnership con le agenzie di
collocamento per le persone con disabilità, i profili dei richiedenti lavoro sono
abbinati a quelli dei dipendenti Carrefour che si offrono volontari per partecipare
all’attività. I dipendenti diventano mentori e guidano e lavorano con le loro controparti
durante la giornata lavorativa, condividendo tutte le attività quotidiane.
In seguito all’esperienza del DuoDay, secondo le indagini svolte per valutare
l’andamento di questa iniziativa, l'89% dei soggetti è disposto a partecipare di nuovo
e il 50% si offrirebbe per un periodo di formazione alle persone con disabilità con cui
ha condiviso questa esperienza. La sede centrale e 20 negozi Carrefour in Belgio
hanno preso parte al DuoDay 2015.
Come altre azioni del Gruppo, questa iniziativa ha lo scopo di aumentare la
consapevolezza collettiva all’interno dell’azienda e di far posto all'inclusione
significativa. Prima di accogliere le loro controparti, i dipendenti sono stati istruiti su
come preparare se stessi e il loro ambiente, tra cui informare i loro colleghi
sull'iniziativa e spiegare loro che la disabilità non è disabilitante. I dipendenti
dovevano adattarsi al loro spazio di lavoro in base alle esigenze dei loro ospiti,
prestare attenzione a renderlo accessibile per loro e pensare alle misure di sicurezza
che sarebbero potute essere necessarie.
Coinvolgendo le persone nelle reali situazioni lavorative quotidiane, le lezioni
apprese da questa esperienza sono concrete e i manager e i dipendenti di Carrefour
hanno potuto vedere i loro lavori da una nuova prospettiva.
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Per quanto riguarda le persone con disabilità in cerca di lavoro, hanno avuto
l'opportunità di scoprire una serie di requisiti di lavoro, un nuovo settore e come
lavorare in Carrefour. Questo ha permesso loro di capire meglio i loro punti di forza
e di debolezza, di identificare il loro orientamento professionale e, per alcuni, è stato
l’inizio di un'occasione di formazione e di una carriera.
Valutazione delle azioni dei membri del GBDN
Per guidare i datori di lavoro in materia, il “Global Business and Disability Network”
dell'OIL ha sviluppato anche uno strumento di autovalutazione per l'inclusione delle
persone con disabilità su richiesta dei suoi membri aziendali. Questo strumento ha
l’obiettivo di assistere le Società nella valutazione delle politiche adottate, dei piani
e delle pratiche relative all'inclusione della disabilità sul posto di lavoro.
Tale strumento è in grado di aiutare le aziende a identificare le specifiche lacune
gestionali e pratiche, nonché a capire i punti di forza che porteranno ad una migliore
inclusione delle persone con disabilità in quella compagnia.
Lo strumento contiene 21 domande divise in 4 parti:
- La politica adottata di inclusione della disabilità
- La strategia di inclusione della disabilità
- L’attuazione della strategia
- L’accessibilità alle informazioni
Questo strumento tratta una vasta gamma di argomenti e si basa principalmente sul
Codice di condotta OIL per la gestione della disabilità sul posto di lavoro, in cui la
gestione della disabilità viene descritta come "un processo volto a facilitare l'impiego
di persone con disabilità attraverso sforzi coordinati, tenendo conto delle esigenze
individuali, dell'ambiente di lavoro, delle esigenze aziendali e delle responsabilità
legali".
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Saper gestire efficacemente questi problemi è fondamentale per facilitare
l'inclusione delle persone con disabilità negli ambienti lavorativi.
Chi fa uso di questo strumento?
Questo strumento è destinato principalmente alle società multinazionali.
Idealmente, dovrebbe essere utilizzato sia a livello di sede centrale globale che a
livello di filiale all'interno dell'azienda. Usandolo a diversi livelli, l’azienda sarà quindi
in grado di confrontare in quale fase di sviluppo siano le singole filiali ed il quartier
generale. Questo esercizio consentirà all’azienda di avere una visione globale delle
sue pratiche correnti e aiuterà a identificare quali saranno i prossimi passi verso un
posto di lavoro multinazionale armonizzato e più inclusivo.
Chi dovrebbe usarlo?
Lo strumento dovrebbe essere completato dal referente che si occupa delle pratiche
aziendali relative all'inclusione della disabilità, sia presso la sede centrale sia presso
ogni filiale.
Tali persone potrebbero essere responsabili delle risorse umane, funzionari della
diversità, direttori della RSI o altri, ma è possibile coinvolgere diverse persone in
diversi dipartimenti, a seconda di come è strutturata l’impresa.
Dow Chemical Industries e l’inclusione
Un’altra multinazionale membro del Global Business and Disability Network, che si
impegna ad assumere, sviluppare e fidelizzare i migliori talenti, comprese le persone
con disabilità, è Dow Chemical Industries. Dow crede che le persone con disabilità
siano candidati qualificati ed una fonte di talento unica, la quale può offrire un valore
sostanziale all'azienda, ai suoi clienti e alla sua comunità.
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La Politica di Rispetto e di Responsabilità Globale di Dow stabilisce che "ai
dipendenti viene offerto un ambiente lavorativo rispettoso e libero da ogni forma di
comportamento inappropriato o poco professionale, come le molestie, comprese
molestie sessuali, bullismo e qualsiasi altra forma di discriminazione illegale basata
su differenze o pregiudizi individuali ingiustificati come il sesso, il genere, la razza,
l’orientamento sessuale, l’identità di genere, la disabilità e tutto ciò che è inerente
alle caratteristiche personali protette dalla legge ".
Dow Chemical si impegna a creare e mantenere un ambiente di lavoro positivo che
aiuti a promuovere la diversità e l’inclusione delle persone con disabilità anche a
livello mondiale.
Un programma di formazione sulla diversità e l'inclusione di 16 ore prepara i leader
di nuova nomina a coltivare un ambiente inclusivo e di supporto per i dipendenti con
disabilità.
L'allenamento equipaggia i leader della compagnia con molti strumenti e con
competenze specifiche affinché siano in grado di guidare efficacemente e migliorare
la crescita professionale, nonché di influire positivamente sul loro tasso di
fidelizzazione.
Un’altra iniziativa intrapresa da Dow è la “Dow's DisAbility Employee Network”
(DEN), una rete composta da dipendenti di Dow con disabilità, dipendenti che sono
genitori di bambini con disabilità, e altri sostenitori della visione “DEN”, la quale si
impegna a migliorare le percezioni comuni riguardanti le persone con disabilità e ad
aumentare la consapevolezza dei contributi che esse possono offrire sia dentro che
fuori dall’ambiente di lavoro.
Inoltre, il Network DEN promuove il successo professionale attraverso una varietà
di attività di formazione, rivolte a persone con disabilità e ai leader che si occupano
della loro gestione.
Per garantire una forza lavoro diversificata, Dow ha avviato anche un programma di
tirocinio per includere studenti qualificati con disabilità, che comprende la
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formazione del personale delle risorse umane nell'acquisizione di persone con
disabilità.
Dall'inizio del programma nel 2005, la società ha triplicato il numero di stagisti con
disabilità e le opportunità si sono estese in tutta l'azienda, comprese le posizioni a
tempo pieno, ai candidati con disabilità.
Punti deboli, limiti e le sfide delle imprese
Gli esperti che hanno analizzato il report comparato delle multinazionali selezionate
hanno indicato tre principali tipi di sfide che le imprese devono affrontare e che
spiegano perché alla disabilità non viene data alcuna o più attenzione nei report di
sostenibilità:
- la prima riguarda una visione obsoleta della RSI ancora legata al volontarismo
che non è stato in grado di integrare l'approccio umano promosso dall'UE e
dall'ONU;
- la seconda analizza le difficoltà tecniche nella raccolta e nella presentazione
delle informazioni;
- la terza sfida invece si riferisce alle aziende che non hanno identificato la
disabilità come un problema significativo o di rilevanza per la RSI.
Sulla base dell'analisi dei rapporti RSI delle imprese multinazionali, ci sono anche
una serie di raccomandazioni su come esse potrebbero migliorare il loro reporting
sulla disabilità.
Per quanto riguarda le raccomandazioni generali, al primo posto si posiziona il
riconoscimento della disabilità come un diritto umano e la necessità di prendere in
considerazione la molteplice natura della disabilità e la varietà dei livelli di essa, la
sua inclusione in tutte le aree di gestione dell'azienda e dell'intera filiera.
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Inoltre, il report fornisce anche raccomandazioni specifiche riguardanti la leadership
e la strategia, le politiche occupazionali, i dati sull'occupazione, l’accessibilità e i
fornitori.
La mancanza di conoscenza sulla gestione efficace della disabilità dal punto di vista
occupazionale fa in modo che le imprese continuino a seguire un approccio
commerciale e utilizzare iniziative autonome, premi, certificati, firme, piuttosto che
avvalersi di informazioni valide su come gestire l'inclusione.
Alcune volte le imprese percepiscono anche che l'integrazione della disabilità
diventa troppo costosa e che interferisce troppo con i loro affari.
Di conseguenza, gli esperti hanno identificato alcune delle debolezze nella fornitura
di informazioni dalle imprese: le relazioni mancano di descrizione, della modalità con
cui trattano i lavoratori con disabilità, di come viene costruita la consapevolezza di
come il posto di lavoro è adattato ai lavoratori con disabilità o di come le attività (ad
esempio corsi di formazione) sono adattate alle esigenze specifiche dei lavoratori
con disabilità e come questi strumenti assicurano che le pari opportunità siano
offerte equamente a tutti i lavoratori.
Mancano anche dati su “se” e “come” i meccanismi in atto affrontino la
discriminazione in occupazione. I dati sull'occupazione dei lavoratori con disabilità
sono generalmente scarsi e non ci sono informazioni sulla legislazione applicabile,
né sulla conformità.
Sono state riscontrate altre difficoltà, come quelle tecniche:
- la mancanza di un sistema capace di raccogliere informazioni accurate e
complete; in particolare, gli esperti delle multinazionali, hanno ammesso di
avere difficoltà nel prendere le informazioni dagli uffici con base, in particolar
modo, in alcuni dei Paesi terzi in cui l’impresa ha le sue filiali;
- la varietà dei quadri giuridici; le aziende tendono a segnalare da una
prospettiva di conformità e quindi sono vincolate da legislazioni differenti che
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stabiliscono differenti standard di rendiconto tra i Paesi, con il conseguente
impatto negativo quando viene a presentare informazioni complete e
consolidate;
- la mancanza di un'intesa comune su come viene definita la disabilità (anche
da parte delle legislazioni nazionali), su come sono percepite e trattate dalle
persone colpite e dalle società. Mentre in alcuni Paesi la disabilità potrebbe
essere socialmente accettata come una caratteristica normale di una cultura
del lavoro, in altri potrebbe essere un problema più grande da affrontare ed i
lavoratori potrebbero essere riluttanti a rivelare la propria disabilità.
Di conseguenza, le imprese lottano per raccogliere indicazioni reali e dati globali
sulla disabilità e questo ostacola le capacità dell'impresa di identificare ed affrontare
la sfida.
Alcune legislazioni nazionali impediscono alle imprese di diffondere le informazioni
sulla disabilità poiché potrebbero essere considerate “dati sensibili”, ovvero una
questione riservata e privata dell'individuo.
Come parte del processo per la progettazione e l'implementazione di una strategia
di RSI, l'impresa deve identificare quelle questioni che sono prioritarie per la
strategia dell'impresa rispetto alla sua responsabilità sociale. Collegate a questo
processo, alcuni esperti hanno identificato le seguenti debolezze che impediscono
alle imprese di affrontare la disabilità nelle loro relazioni e, spesso, nelle loro
strategie:
- la mancanza di norme nazionali o internazionali sulla segnalazione di
disabilità che colpiscono anche imprese conformi;
- una mancanza di conformità alle normative vigenti potrebbe anche spiegare
il motivo per cui alcune imprese preferiscono non riferire alcun dato sulla
disabilità. Le aziende potrebbero non sentirsi “a proprio agio” aggiungendo le
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informazioni sulla disabilità, perché o non rispettano i requisiti legali, oppure
la legislazione sulla disabilità è attuata debolmente;
- le imprese ritengono di non aver bisogno di riferire sulla disabilità perché, in
molti Paesi, affrontare la disabilità è un requisito legale e le imprese non lo
percepiscono come tale ma lo considerano una questione di risorse umane;
- la disabilità non è una priorità per il pubblico di destinazione. Gli esperti hanno
sottolineato che i destinatari dei resoconti sulla sostenibilità tendono ad
essere azionisti e investitori sociali.
L’importanza simbolica del Global Business and Disability Network
Le aziende firmatarie del Global Business and Disability Network hanno un ruolo
particolarmente importante su scala mondiale ed è per questo che la Carta firmata
a Ginevra ha soprattutto un’importanza simbolica.
L’organizzazione Internazionale del Lavoro afferma infatti che tale azione crea
indirettamente una catena di valore nei luoghi dove queste aziende operano ma non
solo.
L’influenza positiva delle azioni e delle politiche intraprese dalle Grandi Compagnie
contribuisce alla crescita di consapevolezza generale sul tema della disabilità e, in
particolar modo, sull’importanza di comprendere i valori che le persone con disabilità
possono apportare nel mondo del lavoro.
Alcuni degli obiettivi dell’OIL sono infatti la promozione del dialogo sociale, dove
vengono incoraggiate le buone relazioni e la sensibilizzazione dei futuri manager
sull’importanza della sostenibilità dell’etica d’impresa.
La Responsabilità sociale è ormai considerata una necessità ed un’opportunità per
le aziende sotto diversi punti di vista: ad esempio, la presenza di lavoratori con
disabilità può stimolare lo sviluppo di tecnologie che facilitano il lavoro di questa
categoria di lavoratori, e che possono poi essere proposte sul mercato per diventare
un nuovo business per l’impresa;
A questo proposito la multinazionale IBM, membro del GBDN, ha ideato, grazie
all’intelligenza artificiale, un’interfaccia Web chiamata “Content Clarifier”, dedicata
alle persone con disabilità cognitive, che agisce sfruttando l’elaborazione del
linguaggio naturale e il calcolo cognitivo per analizzare e trasformare il contenuto in
una forma semplificata in modo che le persone possano comprendere più facilmente
i concetti più importanti. Sostituisce le parole complesse con alternative più
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comprensibili, riordina le frasi e fornisce un contesto aggiuntivo sui concetti
pertinenti, come pronunce fonetiche, immagini, mappe o collegamenti a riferimenti
Web. È progettato per essere integrato in qualsiasi applicazione mobile, basata sul
Web o desktop per consentire agli utenti di migliorare la comprensione dei contenuti
in modo più efficiente.
Tale strumento potrebbe essere un modo per aiutare a connettere le persone con
disabilità cognitive a comunicare e relazionarsi in maniera più semplice con il mondo
che li circonda.
Riunioni del Global Business and Disability Network
Per supportare le aziende nella promozione dell’inclusione della disabilità a livello
globale, il Network si riunisce ogni anno e condivide i progressi fino ad allora
raggiunti.
La riunione del 23 ottobre 2017 a Ginevra ha discusso con i rappresentanti delle
aziende “smart”, argomenti riguardanti l’accessibilità digitale per colmare il divario di
competenze digitali e promuovere l’impiego di persone con disabilità nelle economie
emergenti, in particolare in Cina e in India.
L’incontro di quest’anno si terrà a Washington DC il 26 giugno e tratterà l’importanza
del digitale per il successo aziendale, mostrerà come si possono affrontare le
carenze di competenze promuovendo le pratiche inclusive di disabilità e offrirà
un’opportunità di scambiare le esperienze del settore privato.
L’OIL ritiene che partecipando a tale Network, le aziende beneficeranno di una forza
lavoro più diversificata, una maggiore produttività, un fatturato in crescita, ambienti
di lavoro più sicuri, un maggiore servizio clienti e fedeltà al Brand da parte della
comunità globale.
La missione del Network è dunque quella di sensibilizzare soprattutto l’opinione
pubblica sulla relazione positiva che coesiste tra l’inclusione delle persone con
disabilità sul posto di lavoro e il successo aziendale, incoraggiando la condivisione
di conoscenze e di attività congiunte, costruendo competenze in materia di disabilità,
facilitando lo sviluppo di reti nazionali e promuovendo i casi di business e di diritti
umani per l’inclusione della disabilità sul posto di lavoro.
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BIBLIOGRAFIA
- “I diritti umani: concetto, teoria, evouzione.”, Elena Pariotti
- “Breve storia dei diritti umani”
- “Collocamento disabili: dall’obbligo di legge all’opportunita’”, Simone Scerri
SITOGRAFIA
- http://nova.ilsole24ore.com/oid/programma/diritti-umani-e-inclusione/
- Testo 68/99
- https://www.disabili.com/
- http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---europe/---ro-geneva/---ilo-
rome/documents/publication/wcms_152553.pdf
- http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---europe/---ro-geneva/---ilo-
rome/documents/publication/wcms_205269.pdf
- http://www.businessanddisability.org/index.php/en/
- http://www.carrefour.com/content/solidarity-at-carrefour
https://www.dow.com/en-us/careers/working-at-dow/diversity-and-inclusion#
- http://www.businessanddisability.org/index.php/en/news-and-
events/featured-initiatives/575-ibm-s-technology-simplifies-content-for-
people-with-cognitive-disabilities