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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA
Il raffreddamento delle pale di turbina;
modello di calcolo mediante le funzioni di Bessel
Relatore: Tesi di laurea di: Prof. Francesco Floris Fabrizio Pau
Anno Accademico 2003-2004
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I
Si desidera sentitamente ringraziare:
il Prof. Francesco Floris, per aver reso possibile la
realizzazione di questa tesi, per il fondamentale
apporto, la costante presenza, l’assoluta
disponibilità e competenza;
la dottoressa Monica Marras, per i preziosi
suggerimenti forniti nella risoluzione del modello
matematico e per la fattiva collaborazione;
l’ingegnere Pier Francesco Orrù, per le utili
indicazioni sul lavoro da svolgere.
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I
INDICE
Premessa Introduzione
Capitolo 1: Perché refrigerare?
1.1 Introduzione
1.2 Espressione del rendimento reale del ciclo joule della turbina a gas
1.3 Problematiche relative all’aumento della temperatura
1.3.1 Problemi connessi con la resistenza termica e meccanica dei
materiali
1.3.2 Scorrimento viscoso
1.3.3 Problemi di natura corrosiva
1.3.4 Materiali utilizzati nelle palettature
1.3.5 Utilizzo di materiali ceramici
1.3.6 Rivestimenti particolari
1.4 Modalità di scambio termico sulla pala
1.4.1 Modalità di scambio termico
1.4.2 Trasmissione del calore per conduzione
1.4.3 Trasmissione del calore per convezione
1.4.4 Irraggiamento
1.4.5 Descrizione dello scambio termico
1.5 Modalità di refrigerazione delle palettature
1.6 Sistemi di refrigerazione a liquido
1.7 Refrigerazione ad aria
1.7.1 Refrigerazione per convezione interna
1.7.2 Impingement
1.7.3 Film cooling
1.7.4 Raffreddamento per traspirazione
1.8 Soluzioni realizzative
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II
Capitolo 2: Modello matematico quasi 2-D sulla trasmissione del calore su
una pala di turbina a gas
2.1 Ipotesi di partenza e condizioni al contorno
Capitolo 3: Soluzione analitica del modello
3.1 Risoluzione
Capitolo 4: soluzione esatta del modello
4.1 Soluzione numerica
4.2 Conclusioni
Bibliografia
NOTA REDAZIONALE: Questa tesi si compone di 108 pagine
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Premessa
Nello studio dei problemi fisici, i modelli matematici garantiscono un’indubbia
eleganza formale nella presentazione delle soluzioni. Inoltre danno la possibilità di
studiare un fenomeno senza la necessità di avere a disposizione costose
apparecchiature sperimentali, con i vantaggi economici che ne conseguono.
D’altro canto, essendo affetti da imprecisioni causate dalle semplificazioni
indispensabili, per la risoluzione, e dall’utilizzo di costanti numeriche empiriche,
necessitano del supporto della ricerca sperimentale.
Nondimeno, l’utilizzo di tali strumenti, affiancati alla ricerca sperimentale, assume
una notevole rilevanza, al fine di una chiara comprensione ed interpretazione dei
fenomeni.
Il lavoro di tesi che segue, completato con l’ausilio del software MATLAB, si
colloca in quest’ottica, nella speranza di essere utile agli eventuali approfondimenti
che seguiranno.
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Introduzione
La turbina a gas riveste attualmente un ruolo sempre più importante nell’ambito
della produzione d’energia, mentre nella propulsione aerea il suo impiego perdura
incontrastato già da parecchio tempo. Sebbene il principio di funzionamento fosse
noto da moltissimo tempo (risale, infatti, al XVII secolo una prima proposta di John
Barber), solo in tempi relativamente recenti (si parla degli anni ’20) si sono riuscite
ad ottenere installazioni effettivamente funzionanti. Da allora gli sviluppi sono stati
continui ed incessanti, sia per le turbine aeronautiche che per gli impianti terrestri per
la produzione di energia elettrica (impianti heavy duty), con molteplici innovazioni,
dapprima studiate e successivamente introdotte nel campo dell’aeronautica militare
per essere poi estese all’aviazione civile ed infine agli impianti per la generazione di
potenza e agli altri molteplici settori, quali la trazione navale, in cui si trovano ad
operare tali apparecchiature.
Una delle problematiche di maggiore interesse ed al contempo difficile soluzione
per i progettisti, nel campo delle turbine a gas è stata e rimane quella inerente al
raffreddamento delle pale, in special modo quelle del primo stadio che "vedono" la
camera di combustione. La ricerca sempre più esasperata di elevati valori del
rendimento del ciclo Joule-Brayton della turbina a gas, ha spinto i costruttori ad
innalzare sempre di più i valori di temperatura in camera di combustione e di
conseguenza di ingresso in turbina, incrementando cioè la temperatura del gas che
viene elaborato dalle palette.
Tali temperature, al giorno d’oggi ormai raggiungono e talvolta superano i
1650÷1700 K, e le moderne superleghe che costituiscono le pale non riescono da
sole a resistere al terribile cimento termico e meccanico che si viene a creare
all’interno dello stadio di turbina. Sono stati ideati a tal guisa vari metodi di
raffreddamento per le pale, più o meno complessi tra i quali possiamo citare il
raffreddamento per “film cooling”, per impingement, per traspirazione. Accanto a
tali tecniche, le quali adottano l’aria come fluido refrigerante, si possono annoverare
anche delle metodologie che fanno uso di vapore o miscele liquide ma il loro
impiego non è frequente. Per le moderne turbine a gas è ormai invalso l’uso dei
sopraccitati sistemi di raffreddamento in cui il fluido refrigerante è costituito da aria.
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Tali tecniche ne prevedono lo spillamento di una certa portata (nell’ordine del
5÷8%) dal compressore e il conseguente inoltro all’interno delle pale della turbina
(che, infatti, presentano una struttura cava), le quali provvedono poi ad espellerla
attraverso dei minuscoli fori praticati sul mantello. Al termine del suo utilizzo come
refrigerante l’aria stessa viene miscelata con la portata di gas combusti. E’ evidente
però che il processo di miscelazione dà luogo a perdite, che tuttavia possono essere
ridotte minimizzando il quantitativo d’aria richiesta. Appare chiaro, allora che per
ottenere impianti sempre più efficienti occorre realizzare efficaci sistemi di
refrigerazione per le turbine. In tal senso diventano essenziali per i progettisti, una
previsione accurata dello scambio di calore e del campo di temperatura che vengono
ad instaurarsi per i già citati componenti, i quali si trovano ad operare in condizioni
di funzionamento estremamente rigide.
Il presente lavoro si prefigge di esaminare tali particolari condizioni, ossia si
propone di ricavare una forma analitica capace di descrivere, pur con molta
approssimazione, il fenomeno di trasmissione del calore nel caso che un flusso
termico vada ad investire una singola pala di turbina. Pertanto, esso si articola nella
maniera seguente: dapprima nel capitolo 1, vengono analizzate le motivazioni che
impongono la refrigerazione nei gruppi turbogas, a cui segue un esame sulle
modalità di trasmissione del calore sulle palette, quindi si mostrano e vengono
analizzate le più diffuse tecniche di raffreddamento dei gruppi palari. Nel capitolo 2
viene presentata e discussa la proposta di trattazione analitica, relativa al campo di
temperatura che viene ad agire su una singola pala di turbina; mentre nei capitoli 3 e
4 si presentano le soluzioni e i grafici ottenuti dallo sviluppo del modello succitato.
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CCAAPPIITTOOLLOO 11
PERCHÉ REFRIGERARE?
1.1 Introduzione
In senso lato viene generalmente chiamato turbina a gas l’intero impianto di
produzione d’energia meccanica che utilizza il calore comunicato a masse gassose,
impianto di cui fanno parte con funzioni essenziali compressori, camere di
combustione, scambiatori di calore, mentre a rigore il nome di turbina a gas
dovrebbe competere alla sola motrice. Nelle moderne installazioni di turbine a gas si
raggiungono valori del rendimento globale che oscilla tra 0.36÷0.39 (un discorso a
parte meritano gli impianti combinati in cui il rendimento si attesta su valori di
0.50÷0.55 ed è ormai prossimo a 0.60). È indubbio che dalla loro introduzione siano
stati fatti dei giganteschi passi in avanti, considerando che nei primi esemplari
d’impianto tale valore era circa pari al 2%. Ci si chiede ora, quali siano i parametri
significativi per il rendimento delle TG. Per poter rispondere al quesito dobbiamo
entrare brevemente nel dettaglio sul funzionamento di un impianto, sia esso per uso
terrestre, atto cioè alla generazione di potenza, sia nel caso di turbina aeronautica.
Cominciamo con l’esaminare il ciclo termodinamico di un impianto con turbina a
gas per applicazioni terrestri, nella sua accezione attualmente più consueta,
l’allestimento a combustione interna, vale a dire a circuito aperto. Beninteso, il
processo termodinamico analizzato non è ciclico. Onde evitare complicazioni ci
limitiamo ad esaminare il circuito elementare (in altre parole privo di dispositivi
scambiatori di calore atti alla rigenerazione termica), costituito da un compressore
(solitamente assiale, in maniera tale da garantire elevate portate d’aria), da una
turbina, sede del processo d’espansione e da una camera di combustione.
Compressore e turbina sono collegati tra loro meccanicamente tramite un albero.
Inoltre la turbina è connessa ad un utilizzatore solitamente preposto alla generazione
d’energia elettrica, Ci si interroga ora, su come sia possibile incrementare il valore
del rendimento dell’impianto.
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C.C.
1
2
4
3
turbinacompressore
Lc Lu
fig. 1.1 schema funzionale del circuito elementare TG.
Facendo riferimento al piano h-s, consideriamo lo pseudociclo termodinamico 1-2-
3-4. Il compressore aspira una certa portata d’aria alla pressione atmosferica
dall’esterno (1), e la comprime pressoché adiabaticamente fino alla pressione p2, tale
trasformazione viene messa in atto mediante la spesa del lavoro di compressione Lc.
L’aria compressa viene quindi inviata alla camera di combustione, in cui viene
introdotto del combustibile (in fase liquida, gassosa o solida) in opportuno rapporto
con la portata d’aria e dove si realizza un processo di combustione pressoché isobaro
(2-3) (in realtà si hanno delle perdite di carico tra ingresso ed uscita). Il prodotto
della combustione è gas ad elevata pressione e temperatura, pronto per subire
un’espansione adiabatica (3-4) in turbina, da cui verrà infine espulso in atmosfera,
con una pressione all’incirca uguale alla pressione iniziale. Durante l’espansione si
ha la produzione del lavoro Lt, ovviamente maggiore del lavoro richiesto dal fluido
per essere compresso, pertanto avremo del lavoro utile Lu disponibile all’albero
dell’utilizzatore.
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1.2 Espressione del rendimento reale del ciclo joule della turbina a gas
Come noto l’espressione del rendimento reale del ciclo TG si può scrivere nella
maniera sotto riportata
11 QLL
QL ctu
r−
==η
se si desiderano, come vorrebbe la logica elevati valori del rendimento, il lavoro
fornito dalla turbina dovrà essere di molto superiore al lavoro da spendere in fase di
compressione, dovrà altresì valere:
ct LL >
h
s
p2
p1
2
3
4
LT
Lc
1
4s2s
fig. 1.2 ciclo Joule sul piano h-s per impianto TG con andamenti reali
dei processi di compressione(1-2) ed espansione(3-4).
È utile aver presente che uno dei limiti principali del ciclo turbogas (semplice o
rigenerato) è il lavoro specifico relativamente ridotto (difficilmente superiore a 200
kJ/kg di fluido di lavoro). Ciò risulta principalmente dovuto al fatto che (a differenza
di quanto avviene nei cicli a vapore nei quali il lavoro specifico supera facilmente i
1200 kJ/kg) il lavoro di compressione costituisce una parte rilevante del lavoro
d’espansione della turbina (tipicamente nell’ordine del 30÷60%), di modo che il
lavoro utile Lu è ridotto. È per questo che non è stato possibile realizzare un impianto
turbogas funzionante, finché non si sono sviluppati compressori dinamici ad elevato
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rendimento (assiali o centrifughi), anche se il principio operativo del ciclo era noto
dal 1800.
In ogni modo, vediamo ora come esprimere in maniera più comoda tali quantità.
Siano: ηt rendimento della turbina, ηc rendimento del compressore, ∆ht,is salto
entalpico isoentropico in turbina, ∆hc,is salto entalpico isoentropico di compressione.
Allora, come noto potremo scrivere:
tistt hL η⋅∆= , e ⋅∆
=c
iscc
hL
η,
per cui con semplici passaggi
c
isctist
hh
ηη ,
,
∆>⋅∆
( )( )
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−
=−
−=
∆∆
>⋅
3
43
1
21
43
12
,
,
1
1
TTT
TTT
TTcTTc
hh
p
p
ist
iscct ηη
ricordando la relazione che lega pressione e temperatura lungo una trasformazione
adiabatica (in cui viene indicato con k l’esponente della trasformazione)
εβ=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛==
−k
k
pp
TT
TT
1
1
2
4
3
1
2
e definendo il rapporto τ tra le temperature estreme del ciclo T1 e T3 , mentre con β
viene indicato il rapporto di compressione
τβηη
ε
>⋅ ct
Analizziamo ora separatamente i termini a primo e secondo membro: il rendimento
di espansione ηt si è ormai da tempo attestato su valori prossimi all’unità, difatti si ha
ηt=0.90÷0.95. Inoltre le cadute entalpiche (di modesta entità se confrontate con
quelle a cui deve far fronte una turbina a vapore) che devono essere elaborate dalla
turbina, consentono di realizzare macchine aventi pochi stadi, talvolta appena due o
tre. Si hanno allora delle macchine abbastanza compatte, e ciò contribuisce
senz’altro a limitare le perdite. Ben altro discorso si dovrebbe fare per quanto
riguarda il rendimento di compressione ηc, che per un lungo periodo è stato il reale
freno allo sviluppo delle TG. Come noto la realizzazione di efficienti condotti
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diffusori, che a differenza dei condotti acceleranti presentano elevate perdite di
carattere fluidodinamico, è molto complicata, per due principali motivi. Innanzitutto
il fenomeno del controrecupero nella compressione ostacola il raggiungimento di
elevati valori di ηc, ed inoltre come poco anzi accennato, nei vani palari di un
compressore dinamico ha luogo la diffusione del fluido, caratterizzata da strati limite
(sedi di rilevanti fenomeni dissipativi) di notevole spessore. D’altra parte i continui
progressi tecnologici e scientifici hanno permesso la realizzazione di compressori
capaci di garantire rendimenti e portate adeguatamente elevati e al giorno d’oggi il
rendimento di compressione raggiunge valori pari a circa ηt=0.90÷0.91.
Da quanto detto si deduce allora che, essendo sia il rendimento di espansione che
di compressione ormai prossimi all’unità, ulteriori incrementi del rendimento
dell’impianto vanno ricercati attraverso la variazione degli altri parametri che
influenzano il rendimento del ciclo, a tal fine si riprende in esame la relazione
ricavata in precedenza
τβηη
ε
>⋅ ct
Risulta che nel caso del ciclo reale, esiste per il rendimento una condizione di
rapporto di compressione ottimale, che andrà determinata caso per caso in funzione
degli altri parametri, ed in special modo il rapporto tra le temperature estreme τ.
E' possibile inoltre dimostrare che -nel caso di ciclo semplice- il valore ottimale
del rapporto di compressione, βmax(η) per il rendimento risulta superiore al valore
βmax(Lu) per il lavoro specifico (Ciò spiega perché oggi i propulsori aeronautici più
moderni presentano rapporti di compressione fino a 30, sacrificando il lavoro
specifico per ottenere un rendimento più elevato nel funzionamento a ciclo semplice,
e quindi consumi più bassi). Si comprende allora che nuovi progressi del rendimento
si possono ottenere mediante l’aumento del rapporto tra le temperature estreme del
ciclo, di conseguenza spingendosi verso temperature T3 d’ingresso in turbina sempre
più elevate. Più precisamente con l'aumento di tale temperatura, il lavoro specifico
aumenta in maniera considerevole, in virtù del fatto che le isobare sono curve a
pendenza crescente (l'intercetta verticale tra due isobare sul piano h-s aumenta
spostandosi verso le alte temperature od entropie; a tale proprietà si fa
impropriamente riferimento con il termine "divergenza delle isobare").
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È possibile sviluppare il discorso in maniera analoga per le turbine aeronautiche,
tenendo ben presente la differente impostazione concettuale ed il diverso peso che
hanno i vari parametri, quali possono essere ad esempio la necessità di minor
consumo di carburante e di maggiore leggerezza per i componenti nel caso delle
turbine aeronautiche, o un tempo di vita utile dei componenti accettabile per i gruppi
turbogas adibiti alla generazione di potenza. Se ci si riferisce per semplicità, come
fatto in precedenza ad uno schema funzionale di massima si vede che, a differenza
degli impianti terrestri, è presente a monte del compressore un diffusore D che
costituisce la presa dinamica dell’apparecchio, sede di una prima compressione
dinamica dell’aria. In tale maniera si ottiene uno sgravio di lavoro del compressore e
di conseguenza della turbina.
C.C.
1'
2
4*
3
TC 4D U1
fig. 1.3 schema funzionale di un turbogetto.
La turbina aeronautica non possiede un generatore, inoltre essa non porta a termine
l’espansione, bensì come viene mostrato nella figura sottostante, l’ammontare
rimanente di entalpia viene adoperato ai fini della propulsione del mezzo. In effetti,
la caduta entalpica nel tratto dell’espansione adiabatica (3-4*) conferisce alla turbina
soltanto la potenza necessaria per azionare il compressore e per sopperire alle perdite
meccaniche, mentre la cospicua caduta entalpica del tratto (4*-4) è in grado di
accelerare il fluido di scarico ad elevatissima velocità nell’ugello U.
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h
s
p2
p1
1
2
3
4
Lt
Lc
4*
Lc
fig. 1.4 ciclo Joule sul piano h-s per turbogetto, nel tratto 4*-4,
il gas espande permettendo la propulsione.
Le turbine per jet lavorano a temperature maggiori di quelle per impieghi terrestri,
che al giorno d’oggi operano alla stessa temperatura massima con cui operavano i jet
militari vent’anni fa. Un ulteriore aspetto di netta differenziazione, strettamente
correlato con quanto appena affermato, per le turbine aeronautiche consiste nella
durata: un impianto turbogas per generazione di potenza viene progettato con
l’intento di avere una vita utile di 100000 ore, vale a dire circa 11÷15 anni, mentre
per una turbina aeronautica è possibile che la vita prevista dei componenti possa
essere anche di 100÷500 ore. Inoltre per gli impianti terrestri si opta per un β di
massimo lavoro utile, in quanto a parità di potenza è possibile ottenere una macchina
avente dimensioni più compatte, come si desume, infatti, dalla relazione
uLmP ⋅=
ovvero, se si massimizza il lavoro utile a parità di potenza, è possibile lavorare con
portate massiche inferiori. A sua volta, la turbina a gas di tipo aeronautico lavora in
condizioni di massimo rendimento, ed essendo
)max()max( uLββ η >
si ha quindi un rapporto di compressione di ottimizzazione molto maggiore,
nell’ordine di 25÷30, difatti nel caso della turbina aeronautica è conveniente
ottimizzare il consumo di carburante.
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1.3 Problematiche relative all’aumento della temperatura
Come ribadito in precedenza, è possibile ottenere un incremento del lavoro
specifico, a parità di ogni altra condizione, tramite l’aumento della temperatura di
ingresso in turbina (TIT turbine inlet temperature). Per effetto di tale aumento però,
si presentano problemi legati alla resistenza dei materiali che vanno a costituire i vari
componenti della turbina, in special modo per le palette dei primi stadi. Siffatti
problemi possono essere suddivisi in due grandi aree:
• Problemi di natura termica e meccanica, di cui fanno parte i fenomeni di
plasticizzazione del materiale, quelli di scorrimento a caldo e di fatica
termica del materiale, elevati carichi termici causati da rapidi cambiamenti di
temperatura e da elevatissimi gradienti, nonché elevati stress meccanici
impatti puntuali, stress da contatto e carichi vibrazionali a bassa ed alta
frequenza
• Problemi di natura corrosiva, dovuti soprattutto alle rigide condizioni
termiche a cui si trovano ad operare le schiere palari, nonché alle condizioni
chimico fisiche dell’ambiente, spesso soggetto a forte presenza di solfuri e
nitrati dovuti ai processi che hanno luogo in camera di combustione.
Questa situazione ha indotto progettisti e costruttori del settore a studiare possibili
sistemi che consentissero il raggiungimento di elevate prestazioni delle turbine
(aumentandone la vita utile e riducendone il consumo di combustibile), a fronte della
conservazione delle caratteristiche strutturali dei materiali, ed in tal senso la sfida è
considerevole.
1.3.1 Problemi connessi con la resistenza termica e meccanica dei materiali
Le particolarità operative dei gruppi turbogas hanno posto sin dalle loro prime
costruzioni una serie di problemi fino ad allora sconosciuti all’ingegneria meccanica,
in quanto si trattava di macchine il cui funzionamento era fortemente condizionato
dalle caratteristiche del ciclo termico utilizzato, che comportavano sollecitazioni
termomeccaniche estremamente elevate in molti dei suoi componenti, nonostante
l’utilizzo non presentasse limiti particolari ad ingombri e pesi. Nacque pertanto
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l’esigenza dell’introduzione del concetto di durata, da affiancare a quello di
resistenza funzionale degli organi della macchina. L’idea di durata e strettamente
connessa con la temperatura alla quale i gas combusti attraversano la turbina, tale
valore di temperatura, per esigenze legate al rendimento deve necessariamente
superare il limite oltre il quale sia gli acciai legati che le superleghe a base di Ni e Co
non sopportano le sollecitazioni connesse alle velocità di rotazione cui sono
sottoposti i componenti del rotore, se non per un breve lasso di tempo.
1.3.2 Scorrimento viscoso
Il grosso problema che si presenta nella turbina è il cosiddetto scorrimento viscoso
a caldo o creep.
zona di max sollecitazione ω
fig. 1.5 zona di maggior sforzo, all’attacco della paletta con il disco.
Come esemplificato in maniera drastica nella figura suesposta, all’attacco della
pala sussiste uno sforzo dovuto alle forze centrifughe, che si vengono a creare a
causa delle elevate velocità di rotazione, inoltre come più volte ribadito il gas
elaborato dalla turbina si trova ad una temperatura molto elevata, per cui la
deformazione della paletta non è elastica bensì plastica. È opportuno allora ricordare
gli aspetti fondamentali riguardo il comportamento dei materiali che vengono a
trovarsi nelle condizioni sopraccitate. È noto che un provino di materiale metallico a
temperatura ambiente, sottoposto ad un carico di trazione entro i limiti della
deformazione elastica dopo un iniziale allungamento, mantiene invariata la propria
lunghezza anche con il protrarsi nel tempo del carico. Tuttavia per ogni dato
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materiale esiste una temperatura al di sopra della quale il prolungarsi del tempo di un
carico anche non particolarmente elevato, non soltanto provoca una deformazione
plastica iniziale, ma comporta un continuo allungamento che inevitabilmente
conduce alla rottura del provino. Il fenomeno del creep può essere suddiviso in tre
fasi: nella prima (creep primario) la velocità di deformazione inizialmente molto
elevata, diminuisce nel tempo, se la temperatura non è eccessivamente alta, la
deformazione si arresta e la curva relativa assume un andamento sostanzialmente
parallelo con l’asse dei tempi. Se tuttavia la temperatura (o la sollecitazione) supera
un certo valore, dipendente dalla natura del materiale in esame, subentra la fase del
cosiddetto creep secondario, in cui velocità di incrudimento e velocità di riassetto
delle dislocazioni si mantengono in equilibrio, da cui ne consegue una velocità di
deformazione costante nel tempo, che si definisce come velocità minima del creep.
La fase di creep secondario può anche protrarsi per un periodo di tempo molto lungo
se la velocità minima del creep si mantiene entro un limite sufficientemente basso.
Tuttavia dopo un periodo di tempo più o meno prolungato, dipendente dalla
temperatura e dal carico applicato, si ha un forte aumento della velocità di
deformazione in cui il materiale giunge rapidamente al punto di rottura (creep
terziario).
Il fenomeno è rappresentato qualitativamente nel diagramma che riporta le
deformazioni a carico σ costante in funzione del tempo ed al variare della
temperatura.
t
ll∆
tr
T3
vita utile
costante=σ
fig. 1.6 andamento della deformazione nello scorrimento viscoso a caldo.
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In sintesi, se ci riferiamo alle condizioni presenti nel primo stadio della turbina, si
nota chiaramente che esiste una correlazione tra l’aumento della temperatura T3 di
ingresso in turbina e la vita del componente tr, che tende a ridursi, mentre viceversa
aumenta la velocità di deformazione. Ciò può essere riassunto dalla relazione
seguente:
( ) ( )σftT r =+ 20log3
si comprende che i valori più elevati di T3 come quelli raggiunti in campo
aeronautico compromettono la vita dei componenti e richiedono una costosa
manutenzione programmata e la sostituzione frequente delle parti calde (anche ogni
500 ore). Alle temperatura massime di funzionamento a regime di un turbogas, i
materiali impiegati per la realizzazione delle parti mobili della turbina operano in
regime plastico; a differenza di quanto avviene per la progettazione di organi
operanti a temperatura ambiente, si deve quindi necessariamente considerare come
parametro la deformazione massima compatibile con un regolare funzionamento
dell’apparecchiatura in questione. In altre parole si ha la necessità di prevedere una
durata della palettatura, equivalente al tempo necessario al recupero dei giochi che
ne impediscano l’interferenza con la cassa.
Inoltre, si capisce chiaramente che nasce pure un freno alla potenza massima
ottenibile, dovuta alla necessità di limitare gli sforzi σ, e di conseguenza le velocità
ru ⋅= ω . Da ciò risulta quindi una restrizione al diametro della turbina e dunque alla
portata massica.
1.3.3 Problemi di natura corrosiva
L’altra seria questione per lo sviluppo dei turbogas riguarda la corrosione, difatti le
condizioni termiche estremamente rigide in cui si trovano ad operare gli elementi
della turbina, in concomitanza con l’ambiente chimicamente molto aggressivo, che
viene di conseguenza ad instaurarsi possono comportare un rapido deterioramento
dei componenti. Si noti che la resistenza alla corrosione è richiesta in maggiore
misura per i distributori perché in essi la temperatura è più elevata, mentre per la
palettatura mobile ha prevalente importanza la resistenza meccanica. La corrosione è
in primo luogo dovuta al tipo ed alla qualità del combustibile, difatti tra i prodotti
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della combustione, i residui del combustibile sono responsabili delle polverosità che
si accumulano sulla superficie degli organi investiti dal flusso dei gas combusti,
quale può essere il bordo d’attacco della paletta. L’impatto di tali gas porta alla
formazione di depositi corrosivi, in quanto conduttori di correnti galvaniche.
É possibile osservare che, con l’incremento della temperatura varia anche la
tipologia dei vari agenti aggressivi per le palettature. Nel momento in cui si
raggiungono temperature dell’ordine di 600 °C, cominciano a sorgere i primi
problemi. Difatti i combustibili fossili contengono vanadio, presente in termini di
concentrazione nell’ordine di 50÷100 ppm (in pratica un tenore tra 0.0005÷0.001%)
per i greggi africani, per arrivare nei greggi americani fino a 200 ppm. Durante la
reazione di combustione, il vanadio va a reagire con la molecola organica R di
combustibile, provocando la formazione dei prodotti della combustione P come
segue
PORV ⎯→⎯++ 2
si ha, in cotale maniera la formazione degli ossidi V2O3 e V2O4, inerti, la cui
temperatura di fusione vale 1971 °C. Nell’eventualità in cui, disgraziatamente il
vanadio, ossidandosi formi il pentossido V2O5 altresì detto vanadina, emergono i
problemi. Trattasi difatti di un composto fortemente corrosivo per i materiali, in
quanto si ha la formazione di composti chimici aggressivi in fase liquida, oltretutto i
sali vanadil vanadati presenti in fase solida che si vengono a produrre secondo le
reazioni
5242252 / OVOVONaOVNaCl ⋅⋅⎯→⎯+
524225242 115/ OVOVONaOVSONa ⋅⋅⎯→⎯+
aventi rispettivamente le temperature di fusione Tf=625 °C e Tf=535 °C, aderiscono
alla superficie del materiale delle pale in maniera tale da formare dei depositi
incrostanti di natura coibente, e nella pratica non asportabili, che vanno a modificare
il profilo della palettatura stessa compromettendo le prestazioni ed in ultima istanza
la funzionalità stessa dell’impianto.
La temperatura del pentossido di vanadio vale Tf=690 °C; occorre tenere presente
difatti, che l’effetto corrosivo è preponderante quando l’agente si trova in fase
liquida (in tale circostanza la vanadina che va ad ossidare i componenti metallici è
una “pompa d’ossigeno”), purtuttavia le basi sodio e potassio sempre presenti nelle
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ceneri che contribuiscono alla formazione dei sali doppi succitati, agiscono da
fondenti portando di fatto la temperatura di fusione delle ceneri a 600 °C.
Tale temperatura massima ha costituito per anni un limite allo sviluppo dei gruppi
turbogas heavy duty, difatti con siffatte condizioni di esercizio non si poteva
garantire una vita utile adeguata. Una possibile soluzione consiste nell’impiego di
combustibili poveri di vanadio, è inoltre possibile intervenire mediante degli
additivi, che abbiano la capacità di neutralizzare i sali di vanadio. Adatti allo scopo
sono l’ossido di magnesio MgO e l’ossido di calcio CaO, aggiunti in quantità
dell’ordine delle decine di ppm. Per il pentossido di vanadio è possibile adoperare
sali a base di idrazina che portano il vanadio ad uno stato di ossidazione inferiore.
Infine si possono alimentare le TG con frazioni bassobollenti del combustibile,
quindi naturalmente devanadizzate in fase di distillazione, quali gasolio o kerosene.
È frequente inoltre il ricorso a combustibili più pregiati come il gas naturale.
I meccanismi di corrosione sono in ogni modo molto complessi, solitamente
coinvolgono lo zolfo, il sodio ed il potassio, che sono gli elementi più dannosi. Si
hanno ad esempio reazioni del tipo −−−− +⎯→⎯+ SOFeSOFe 434
3
HClSONaOHOSONaCl 2212 42222 +⎯→⎯+++
Tra i 600 °C e gli 800 °C il fenomeno viene denominato corrosione a bassa
temperatura o di tipo 2 e si caratterizza per essere abbastanza uniforme , mentre
nell’intervallo tra gli 800 °C ed i 1000 °C, i solfati di sodio e calcio, per effetto della
combustione condensano nei componenti della turbina, aggredendo rapidamente il
metallo; questo fenomeno viene denominato corrosione a caldo o di tipo 1. Il danno
causato da questi sali liquefatti appare sotto forma di cavità ben definite e
localizzate. Intorno alla temperatura di 1000 °C lo zolfo evapora con formazione di
placche ossidanti che corrodono i materiali. In queste condizioni, lo "sfagliamento"
dovuto all’azione dell’ossigeno aumenta rapidamente, inducendo ulteriori cricche e
rotture, aumentando ancor più la fragilità della struttura metallica del componente.
Per limitare la corrosione ad alta temperatura è da evitare la presenza di metalli
alcalini, Na e K in quanto responsabili della formazione di ceneri appiccicose.
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17
1.3.4 Materiali utilizzati nelle palettature
Le pale della parte ad alta pressione della turbina sono gli elementi maggiormente
sollecitati dei gruppi turbogas in quanto, come precedentemente asserito, oltre ad
essere sottoposte alla temperatura massima del ciclo termico, risentono
contemporaneamente di alti carichi centrifughi, di vibrazioni meccaniche, di
sollecitazioni a fatica di natura fluidodinamica e di azioni erosive e di corrosione da
parte dei gas combusti.
Poiché il carico centrifugo σ agente sulle pale della girante dipende dalla densità ρm
del materiale con cui vengono costruite, il confronto tra materiali che possono essere
impiegati deve essere attuato a parità del rapporto tra sollecitazione e densità. È
difatti possibile esprimere la sollecitazione σ in funzione della densità del materiale,
assimilando la paletta ad un corpo prismatico, tramite la relazione
Dlum
22ρσ =
in cui compaiono anche l’altezza della paletta l, la velocità periferica u, il diametro
della girante D. Appare di conseguenza chiaro che il parametro densità del materiale
assume fondamentale importanza per la scelta del materiale medesimo.
Le superleghe a base di Ni e Co sono tra le più conosciute tipologie di materiali
adoperati nella costruzione dei componenti dei turbogas e sono stati tra i primi
materiali, in ordine di tempo, ad essere adoperati, invero permane l’interesse della
ricerca verso di esse, in quanto permettono la realizzazione di materiali di pregevole
fattura e ragguardevole resistenza. Vengono riportate in tabella 1.1 le composizioni
di alcune di queste leghe, mentre in tabella 1.2 si riportano i valori di resistenza ad
alta temperatura di superleghe ampiamente adoperate.
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18
C Cr Ti Al Co Mo Fe Ni Zr Nb V B W Ta ρ [kg/dm3]
nimonic 90 0,10 20,0 2,4 1,2 16,0 - - q.b - - - - - - 8,2 nimonic
105 0,20 13,5-16,0 0,9-1,5
4,2-4,8 18,22 4,5-5,5 1,0 q.b - - - - - - 8,0
nimonic 115 0,15 15,0 4,0 5,0 15,0 3,5 - q.b - - - - - - 7,9
udimet 700 0,07 15,0 3,2 4,3 17,0 5,3 - q.b 0,04 - - 0,02 - - 7,9
G 70 0,15 13-17 3,4 3,5 17,5-20,5 - q.b - - - tr. - - 8,0
G 64 0,12 11,0 6,0 6,0 - 3,0 - q.b - 2,0 - 0,250 4,0 - 8,1
713 LC 0,05 2,0 5,9 5,9 - 4,5 - q.b 0,100 2,0 - 0,012 - 8,0
IN 100 0,18 10,0 5,5 5,5 15,0 3,0 - q.b 0,06 - 0,9 0,014 - - 7,8
M 228 0,13 5,7 6,3 6,3 - 2,0 - q.b 0,5 - - 0,02 11,0 3,0 8,6
MM 200 0,08 9,0 5,5 5,5 10,0 - - q.b 0,050 1,0 - 0,025 12,5 - 8,5
G 104 0,08 5,0 6,0 6,0 15,0 3,5 - q.b 0,050 - - 0,1 8,0 8,0 9,0
M 313 - 30,0 0,9 0,9 - - - q.b 0,050 - - 0,003 - - 8,1
IN 738 0,17 16,0 3,4 3,4 8,5 1,75 - q.b 0,1 0,9 - 0,01 2,6 1,75 8,1
MM 322 1,0 21,5 - - q.b - - - 2,25 - - - 9,0 4,5 8,9
Tabella 1.1 composizione (% in massa) di leghe per palettature
di turbine a gas (da Acton-Caputo).
per forgiatura per fusione T [°C] tempo [h] Ni 90 Ni 105 Ni 115 713 NC IN 100
1·103 434,5 531,1 - - - 650 1·104 335,2 409,7 - - -
1·103 310,4 424,9 - - - 700 1·104 195,9 300,7 - - -
1·103 205,5 302,1 - - - 750 1·104 111 211,1 - - -
1·103 92,4 180,7 - - 317,3 815 1·104 37,2 93,1 - - -
rottura 1·103 458,7 618 - - - 650
1·104 347,6 471,8 - - - 1·103 333,8 463,5 - - - 700
1·104 206,9 370,4 - - - 1·103 234,5 364,6 448,3 455,2 542,2 750
1·104 134,5 262,8 275,9 372,4 400 1·103 117,3 217,9 293,1 331,1 379,3 815
1·104 52,4 134,5 165,5 248,3 234,5
Tabella 1.2 resistenza alla trazione di superleghe per palettature.
(N/mm2) (da Acton-Caputo).
%5.0=∆l
l
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19
Da tempo si sperimentano sulle anzidette leghe a base di nichel nuove tecniche di
fabbricazione, in maniera tale da incrementarne la resistenza, tuttavia il fatto che la
loro temperatura di fusione sia attorno ai 1200÷1300 °C costituisce in limite
obbiettivo al loro utilizzo in costruzioni che raggiungano altissime temperature.
Anche le leghe a base di Co (data l’elevata resistenza alle altissime temperature del
cobalto), continuano a rimanere oggetto di ricerca, sebbene le loro caratteristiche
non si discostino dai materiali a base di nichel.
Sono inoltre allo studio leghe a base di cromo che potrebbero permettere, almeno
in teoria una maggiore resistenza alla corrosione. Oggetto di indagine sono anche le
leghe basate sul niobio (che dovrebbero consentire un incremento della temperatura
massima tollerabile di circa 150÷200 K rispetto alle leghe a base di Ni e Co), che
però presentano il duplice svantaggio di avere la necessita di un adeguato
rivestimento che eviti l’azione corrosiva dei gas combusti, e avere una densità
maggiore rispetto ai materiali già citati. Per gli elementi che costituiscono gli ugelli
distributori della turbina di alta pressione i materiali prescelti devono presentare una
più elevate resistenza alla corrosione ad alta temperatura (la quale può superare di
100 K la temperatura di ingresso nel rotore della turbina), a fronte di minori
sollecitazioni meccaniche.
La tendenza è di adoperare leghe di Ni e Co, le quali sebbene più costose
forniscono prestazioni superiori. È possibile utilizzare allora leghe resistenti anche a
1300 °C, tenendo presente la necessità di appositi rivestimenti atti a proteggere dalla
corrosione.
Il campo di utilizzo di tali superleghe viene naturalmente esteso ai componenti
strutturali più sollecitati delle macchine in cui il peso è un fattore determinante,
quali i propulsori aerei.
Nella tabella che segue si riportano le temperature di fusione e la densità di
materiali frequentemente utilizzati nei turbomotori a gas.
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20
materiale punto di fusione [°C] densità [kg/dm3] magnesio 850 1,75 allumino 660 2,7 titanio 1668 4,52 berillio 1277 1,86 ferro 1536 7,95 nichel 1455 8,92
nimonic 75 1390 8,1 nimonic 115 1210 7,89
EPK 24 1295 7,79 TD nichel 1455 8,92
cobalto 1492 8,71 cromo 1850 7,2 niobio 2468 8,62
molibdeno 2610 10,42 tantalio 2996 16,7
tungsteno 3410 19,3 fibre
boro 2030 2,59 carburo di silicio 2690 3,19
carbonio 3730 1,99 Si fuso 1660 2,2 vetro 840 2,5
whiskers allumina - 3,96
nitruro di Si 1900 3,24
Tabella 1.3 temperatura di fusione e densità di materiali e sostanze
utilizzati nelle turbine a gas (da Acton-Caputo).
Un altro settore di ricerca è quello relativo ai materiali compositi, per i quali sono
oggetto di esperimenti fibre di tungsteno e di molibdeno, che consentono un
significativo incremento di resistenza della matrice a base di nichel, mentre fibre di
carbonio e carbonato di silicio non sono adatte a causa della loro reattività con il
nichel. In sostanza si tenta tramite l’inserimento in una matrice a base di nichel di
fibre di tungsteno e molibdeno di ottenere pale resistenti ad una temperatura
superiore di 80 K a quella massima tollerabile dalla lega base.
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21
1.3.5 Utilizzo di materiali ceramici
In prospettiva un'altra tipologia di materiali di notevole interesse fa riferimento ai
materiali ceramici anche se storicamente, sin dagli anni '40÷'50, furono oggetto di
valutazione per il loro potenziale impiego nei componenti delle turbine. Composti
non metallici di varia natura (carburi, nitruri, ossidi) godono infatti di un complesso
di favorevoli proprietà alle alte temperature che le rendono atti ad un utilizzo nei
gruppi turbogas. Il carburo o il nitruro di silicio, ad esempio, hanno una resistenza
alla trazione, alla compressione, allo scorrimento a caldo, all'ossidazione, alla
corrosione e all'erosione superiore a quella delle superleghe; hanno costi intrinseci
modestissimi, e potrebbero consentire la realizzazione di turbine non raffreddate a
temperature massime del ciclo di 1500÷1800 K. Il loro impiego inoltre,
scongiurerebbe la paventata carenza di metalli strategici cui si andrà inevitabilmente
incontro con la diffusione di turbine in superlega . A fronte di tanti aspetti positivi i
materiali ceramici sono caratterizzati da una rottura fragile: non si manifestano in
essi quei processi di plasticizzazione localizzata che, nei metalli, attenuano gli effetti
negativi dei fenomeni di intaglio. Gli inevitabili difetti interni, a livello
microscopico, possono condurre ad una rottura catastrofica molto al di sotto delle
sollecitazioni che, mediamente, il materiale è in grado di sopportare. Alcuni
ceramici hanno una buona resistenza meccanica e all’ossidazione, ma non resistono
agli shock termici imposti dai motori ed in tal senso suscitarono un notevole
interesse i nuovi materiali della famiglia dei nitruri e carburi di silicio sviluppati
negli anni '60: questi materiali hanno una migliore resistenza agli shock termici
dovuta alla combinazione di bassa espansione termica, elevata resistenza meccanica
e moderata conducibilità termica. I primi promettenti nitruri e carburi di silicio
furono fabbricati mediante il processo di sinterizzazione. Maggiori sforzi sono stati
profusi fin dai primi anni '70 per migliorare le proprietà ad alta temperatura del
nitruro di silicio. Il primo obiettivo è stato sviluppare un processo che riuscisse a
produrre a bassi costi complessi componenti delle turbine con il minimo di
lavorazione meccanica in maniera tale da ridurre gli sprechi. I carburi e nitruri di
silicio diventarono i principali candidati per le turbine perché hanno delle resistenze
intermedie, ma possono essere fabbricati con poche lavorazioni e quindi a costi
competitivi. Attualmente la nuova frontiera è costituita dai materiali ceramici
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22
strutturali avanzati (MCSA), i quali mostrano di avere i requisiti tecnologici
fondamentali per essere impiegati in componenti ad alta temperatura. Se l’alto
coefficiente di dilatazione termica ed il basso coefficiente di conducibilità termica
rendono i ceramici ossidi (allumina e zirconia) inadatti in applicazioni strutturali
quali parti calde di turbine a gas, le condizioni di progetto ed operative sono invece
soddisfatte dalle caratteristiche dei ceramici non ossidi, quali SiC e Si3N4 pressato a
caldo. Infine, se la tenacità e l’affidabilità ad altissime temperature sono i requisiti
fondamentali richiesti, bisogna scegliere i costosissimi compositi ceramici-ceramici
quali C-C, C-SiC, SiC-SiC.
1.3.6 Rivestimenti particolari
Siffatta metodologia consiste nell’applicare dei sottili strati protettivi costituiti da
materiali aventi ridotta conduttività termica, ai componenti soggetti al flusso di gas
caldi in maniera tale da proteggere la superficie dei materiali dai fumi aggressivi che
si sviluppano per combustione ad alta temperatura. Tali rivestimenti sono a base di
metalli nobili, quali cobalto, nickel ed alluminio, tra loro mescolati e ricoperti da uno
strato finale ceramico. L’applicazione di questi strati consente di raggiungere
temperature più elevate dei gas, senza un contestuale aumento della temperatura
superficiale del componente.
Si comprende che tali rivestimenti provocano un aumento dei gradienti di
temperatura attorno allo strato di isolante, ed al contempo provocano l’incremento
della massa delle pale e delle sollecitazioni agenti su di esse, ed inoltre comportano
una maggiore fragilità delle stesse palette.
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23
1.4 Modalità di scambio termico sulla pala
Nel caso di pseudociclo a combustione interna, lo scambio termico superiore
risulta realizzato da una reazione di combustione tra l'aria compressa alla mandata
del compressore, ed una opportuna portata di combustibile (tipicamente gas naturale,
gasolio, kerosene; ma anche olio pesante, gas d'altoforno). Tale reazione avviene
nella camera di combustione, che è al solito un sistema aperto (a pressione costante)
ma viene anche considerato approssimativamente adiabatico, in quanto le uniche
perdite di calore sono quelle radiative verso l'esterno (che sono molto contenute in
virtù delle piccole dimensioni e delle elevate portate coinvolte).
Come noto la reazione di combustione è esotermica, si ha in altre parole una forte
generazione di calore. Le particelle che bruciano infatti, vibrano violentemente ed
emettono una radiazione molto forte nel campo del visibile. Ogni generica reazione
di combustione coinvolge un generico combustibile F e l’ossigeno, dando luogo ai
prodotti della combustione P.
raturaalta Tempe
POXF↓
⎯→⎯+
Più precisamente un qualsiasi combustibile è costituito da carbonio ed idrogeno,
come sotto riportato
24 222 OHnmCOOnmHC nm +⎯→⎯⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ ++
la combustione tende ad essere completa in quanto i suoi prodotti sono stabili,
mentre risulta più difficile trasformare in calore tutta l’energia chimica contenuta nel
combustibile, e veicolarla attraverso i gas combusti in modo da ottenere la potenza
richiesta. Lo scambio termico nelle turbine risulta dal passaggio dei gas combusti ad
elevata pressione e temperatura che abbandonano il bruciatore e attraversano la
turbina. La temperatura dei fumi di combustione dipende dal tipo di combustibile
adottato. Tali gas sono composti da una miscela di CO2, H2O, CO, NO, N2, O2,
particolato solido. Pertanto, a causa dei forti gradienti termici presenti si ha una
notevole propagazione del calore per scambio convettivo, ed al contempo si ha
passaggio di calore per irraggiamento gassoso. L’irraggiamento delle sostanze
succitate è dovuto alle asimmetrie delle molecole, poste in vibrazione. Pertanto la
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24
distribuzione di temperatura sulla paletta risulta dagli effetti combinati dello scambio
termico convettivo, esterno da parte dei gas combusti e interno da parte del fluido
refrigerante, dallo scambio di radiazione ad opera della fiamma e dei gas di
combustione, ed infine dalla conduzione attraverso il materiale costituente la paletta.
Di seguito vengono presentate le principali prerogative dei suddetti fenomeni.
1.4.1 Modalità di scambio termico
Lo scambio termico può essere definito come la trasmissione di energia da una
regione all’altra in seguito ad una differenza di temperatura; tale fenomeno non è
regolato da una sola relazione, bensì da una combinazione di diverse leggi fisiche. In
letteratura si distingue tra tre modalità di scambio termico
1. conduzione
2. convezione
3. irraggiamento
mentre la conduzione e l’irraggiamento dipendono esclusivamente da una differenza
di temperatura, per la conduzione si ha l’influenza del trasporto di materia. Nella
maggior parte dei fenomeni naturali, lo scambio termico è frutto della combinazione
di tali meccanismi, che agiscono contemporaneamente. Si riporta di seguito la
descrizione delle tre modalità di scambio termico.
1.4.2 Trasmissione del calore per conduzione
La conduzione è un processo mediante il quale fluisce da una area a temperatura
maggiore verso una superficie a temperatura minore attraverso uno o più mezzi posti
a contatto fisico diretto, il quale permette la trasmissione di energia senza che le
molecole si spostino sensibilmente. Secondo la teoria cinetica la temperatura di un
elemento materiale risulta proporzionale alla propria energia interna. Quando le
molecole di una regione acquistano una energia cinetica media maggiore (e quindi
una temperatura più elevata) di quella delle molecole di una regione ad essa
adiacente, esse cedono parte di tale energia alle molecole della regione a temperatura
minore. Lo scambio di energia può avvenire per urto elastico (nei fluidi) o per
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25
diffusione di elettroni (nei metalli). La conduzione è il solo meccanismo mediante il
quale può aversi propagazione del calore nei solidi opachi, mentre nei fluidi è
associato alla convezione ed all’irraggiamento. Il fenomeno della conduzione agisce
in accordo con la legge di Fourier, la quale indica che se tra due corpi esiste un
gradiente di temperatura, si verifica un flusso di calore.
y
x
L k A
0T
1T
fig 1.7 conduzione in regime monodimensionale.
Nel caso di conduzione monodimensionale in regime permanente si ha con
riferimento alla figura, che la potenza termica per unità di superficie, trasferita dalla
parete a temperatura a temperatura T1 maggiore, verso la parete a temperatura
T0 <T1, tra cui è interposto un materiale di spessore L e conducibilità termica k, vale:
( )yTkTT
Lkq
∂∂
−=−−= 10
in cui il segno meno sta ad indicare che, in accordo con il secondo principio della
termodinamica il flusso termico passa spontaneamente da punti a temperatura
maggiore verso punti a temperatura meno elevata, per cui la potenza termica è
positiva quando il gradiente termico è negativo. La conducibilità termica è una
proprietà del materiale e rappresenta la potenza termica che passa attraverso un
superficie di area unitaria con un gradiente di temperatura unitario. Tale grandezza
viene espressa in accordo con il SI in [W/m·K]. Di seguito viene riportato l’ordine di
grandezza della conducibilità per diversi materiali. I materiali aventi una elevata
conducibilità, quali i metalli vengono detti conduttori, viceversa vengono chiamati
isolanti quei materiali con basso valore di conducibilità.
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26
fig 1.8 ordini di grandezza della conducibilità termica per vari materiali.
In generale la conducibilità varia con la temperatura, ma in molti casi di interesse
ingegneristico essa può essere considerata, con ragionevole approssimazione,
costante. Nella tabella sottostante vengono riportati i valori della conducibilità k per
alcune sostanze.
sostanza T [°C] k [W/mK] Acciaio 20 52
Alluminio 20 220 Argento 20 420 Ghisa 20 50 Oro 40 296
Piombo 20 35 Platino 20 70 Rame 20 380
Mercurio 10 8 Potassio 500 37
Sodio 500 66 Amianto sfuso 0 0,15
Ghiaccio 0 2,2 Lana di vetro 0 0,035
Acqua 0 0,57 Ammoniaca 0 0,57
Aria 0 0,024 Azoto 0 0,024
Idrogeno 0 0,16 Ossigeno 0 0,025
Vapor d'acqua saturo 200 0,034
Tabella 1.4 conducibilità termica per varie sostanze.
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27
Per molti casi di interesse pratico, quando il contorno di un sistema non è regolare,
o la temperatura lungo il contorno non è uniforme, spesso la trattazione
monodimensionale non è sufficiente, in tali casi la temperatura risulta funzione di
due o più coordinate. Occorre allora fare ricorso ad altri metodi di analisi. Di seguito
si riporta un metodo di analisi per un caso semplice.
dx
dz
dyx
z
y
dxxqq x
x ∂∂
+
xq
dzz
qq y
y ∂
∂+
dzzqq z
z ∂∂
+
yq
zq
fig 1.9 conduzione per un elementino di volume infinitesimo.
Facendo riferimento alla figura suesposta, si consideri un piccolo elementino di
materiale appartenente ad un corpo solido, di spigoli infinitesimi, paralleli agli assi
coordinati. Per un sistema semplice come quello rappresentato in figura, è possibile
dedurre dal bilancio di energia interna e dei flussi termici entranti e uscenti
nell’elementino, che vale l’equazione generale della conduzione, nella forma
tT
akq
zT
yT
xT
∂∂
=+∂∂
+∂∂
+∂∂ 1
2
2
2
2
2
2
in cui la costante a è chiamata diffusività termica. Tale equazione governa la
distribuzione di temperatura ed il flusso termico di conduzione in un solido con
proprietà fisiche uniformi. Se nel sistema non sono presenti sorgenti di calore, si
ricava l’equazione di Fourier
Page 32
28
tT
azT
yT
xT
∂∂
=∂∂
+∂∂
+∂∂ 1
2
2
2
2
2
2
mentre se il sistema si trova a regime permanente si ottiene l’equazione di Poisson
02
2
2
2
2
2
=+∂∂
+∂∂
+∂∂
kq
zT
yT
xT
se poi valgono entrambe le condizioni, cioè sistema in assenza di sorgenti di calore e
regime permanente, si ottiene l’equazione di Laplace
02
2
2
2
2
2
=∂∂
+∂∂
+∂∂
zT
yT
xT
si comprende chiaramente che il caso di conduzione monodimensionale a regime sia
un caso particolare di tale equazione.
1.4.3 Trasmissione del calore per convezione
Nella trasmissione del calore per convezione, al contributo della diffusione
(movimento casuale delle molecole), che è sempre presente, si sovrappone quello
dovuto al movimento macroscopico di aggregati molecolari. Questo ultimo può
essere imposto da un agente meccanico esterno (come nel caso dei gas combusti in
ingresso nella turbina) o derivare dalle forze di galleggiamento (convezione
naturale).
∞Tw ,A
dA
fig 1.10 corpo investito da una corrente fluida.
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29
Si consideri la situazione in figura in cui un fluido a velocità w e temperatura T∞
investe un corpo (quale può essere una paletta di turbina) di area A e temperatura T.
Il flusso termico locale unitario qc scambiato per convezione può essere espresso in
accordo con la legge di Newton
( )∞∞ −= TThqc
dove h∞ è il coefficiente di convezione locale, il quale dipende da vari fattori, quali
le proprietà del fluido scambiante, e come si vedrà meglio in seguito, essenzialmente
dalla turbolenza:
( )∞∞ = TwkLfh ,,,,, µρ
Tale grandezza viene espressa in accordo con il SI in [W/m2·K]. Per fissare le idee,
di seguito si riporta l’ordine di grandezza del coefficiente di scambio termico
convettivo per gas, liquidi e sostanze durante il cambio di fase.
fig 1.11 ordini di grandezza coefficiente di scambio convettivo.
Poiché le condizioni di moto cambiano da punto a punto anche qc e h∞ assumono
valori variabili lungo la superficie. Il flusso totale si ottiene integrando sull’intera
superficie:
( ) ( )∞∞∞∞ −=−== ∫∫ TTAhdATThdAqqAA c
con
∫ ∞∞ =A
dAhA
h 1
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30
fig 1.12 strato limite su lastra piana.
Si introduce ora il concetto di strato limite prendendo in considerazione il deflusso
parallelo su una lastra piana. All’interfaccia solido-fluido le particelle, per effetto
delle forze di adesione e di attrito, non scivolano sulla piastra, ma sono immobili,
( ) 00,0 =u In conseguenza dell’attrito interno del fluido, che si manifesta attraverso
degli sforzi resistenti di taglio τ, la velocità delle particelle sovrastanti tende ad
aumentare con gradualità fino a raggiungere asintoticamente la velocità della
corrente u∞. Un valore prossimo a, convenzionalmente 0.99 u∞, ad una distanza finita
δ=y che dipende da x. La curva δ(x) individua lo spessore dello strato limite di
velocità e divide il campo di velocità in due regioni:
• lo strato limite di velocità caratterizzato dalla presenza di forti gradienti della
velocità e degli sforzi viscosi
• il campo di moto potenziale caratterizzato da velocità e sforzi trascurabili.
Man mano si procede verso l’interno della piastra gli effetti della viscosità
interessano sempre di più la corrente di fluido con conseguente aumento di.
Lo sforzo tangenziale viscoso è dato, per i fluidi newtoniani, dalla seguente
relazione:
yu
∂∂
= µτ
dove µ è la viscosità dinamica, la quale si misura in Pa·s.
Lo sforzo all’interfaccia solido-fluido assume il suo massimo valore:
0max
=∂∂
==y
s yuµττ
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31
Nella pratica corrente si usa introdurre un coefficiente di attrito definito come:
2
2∞
=u
C sf
ρ
τ
Come si forma uno strato limite di velocità così si forma anche uno strato limite
termico se tra superficie e fluido sussiste una differenza di temperatura. Al bordo
della piastra il profilo di temperatura è uniforme ( ) ∞= TyT ,0 ; mentre all’interfaccia,
per l’equilibrio termico ( ) sTxT =0, . In conseguenza dello scambio termico con le
particelle sovrastanti, che si trovano a temperatura inferiore, si formano dei gradienti
termici che tendono asintoticamente a zero a distanza infinita. Indicando con:
∞−−
=ΘTTTT
s
s
ad una distanza finita la temperatura adimensionale assume il valore convenzionale
di 0.99. Penetrando all’interno della piastra gli effetti termici s’intensificano e δt(x)
cresce. Tale profilo individua lo strato limite termico, che divide il campo termico in
una regione adiacente alla piastra ( )xy δ< , in cui i gradienti termici risultano
significativi, e la seconda sovrastante lo strato limite in cui risultano trascurabili.
Il bilancio energetico relativo all’interfaccia solido fluido fornisce:
( )∞∞=
−=∂∂
− TThxTk s
y 0
da cui risolvendo rispetto a h∞ :
( )∞
=∞ −
∂∂
−=
TTxTk
hs
y 0
Poiché cresce con x il gradiente all’interfaccia diminuisce nella direzione del moto
e quindi sia il flusso convettivo qc sia il coefficiente h∞ diminuiscono al crescere di x.
Il potenziamento della convezione rispetto allo scambio conduttivo viene espresso
dal rapporto tra lo scambio convettivo
( )∞∞ −= TThq sc
ed uno scambio puramente conduttivo riferito convenzionalmente ad uno spessore L
di fluido supposto immobile
Page 36
32
( )L
TTkq s ∞−
=
Tale rapporto adimensionale è noto come numero di Nusselt
( )L
TTkyT
kLhNu
s
y
∞
=∞
−
∂∂
−
== 0
ed esprime anche il rapporto tra il gradiente di temperatura all’interfaccia solido
fluido e gradiente termico di riferimento.
Il problema della convezione è quello di trovare delle relazioni che consentono
caso per caso di determinare il coefficiente di convezione e quindi il flusso termico.
Un passaggio preliminare ed essenziale per trattare quantitativamente il problema è
di stabilire se il regime di moto è laminare o turbolento. Sempre con riferimento al
caso del moto su lastra piana, si ha moto laminare, quando le particelle di fluido
mantengono la velocità parallela alla piastra, w=u, mentre in regime turbolento è
presente anche la componente trasversale v, responsabile del rimescolamento delle
particelle. Nel regime laminare il moto del fluido si mantiene ordinato con le
particelle che si muovono senza rimescolamenti secondo linee di corrente
chiaramente individuabili, mentre il regime turbolento pur mantenendo il suo moto
d’insieme è caratterizzato da moti caotici (vortici) responsabili del rimescolamento
del fluido. La presenza di fluttuazioni causate dall’irregolarità del moto potenzia il
trasferimento di quantità di moto e di energia nella direzione normale alla piastra.
Piccoli disturbi sempre presenti nella corrente fluida vengono smorzati dalle forze
viscose, mentre penetrando nella piastra da un certo punto in poi le forze d’inerzia
prevalgono sulle forze viscose amplificando i disturbi fino a rompere la regolarità
del moto laminare. Si crea dunque una regione di transizione tra regime laminare e
regime turbolento, altamente instabile, al di là della quale s’instaura un regime
completamente turbolento. Nelle immediate vicinanze della piastra si forma sempre
un sottostrato laminare anche nel regime turbolento dove il trasporto è regolato da
processi diffusivi che comportano profili delle velocità quasi lineari.
Page 37
33
fig 1.13 variazione del coefficiente di scambio convettivo in relazione al flusso.
Tra il sottostrato laminare e la zona turbolenta sovrastante si forma una zona
intermedia in cui diffusione e turbolenza producono effetti comparabili. Nella
regione completamente turbolenta crescono significativamente gli spessori degli
strati limite e quindi i coefficienti di attrito e di convezione come mostra la figura.
La transizione tra regime laminare e turbolento è controllata da un parametro
adimensionale noto come numero di Reynolds
νµρ xuxu ∞∞ ==Re
dove x è la distanza dal bordo di attacco e ν è la viscosità cinematica. Al crescere di
x aumenta Rex fino a raggiungere un valore critico che segna la transizione. Per una
piastra il valore critico varia tra 105 e 3·106
in relazione alla scabrosità della
superficie e all’entità delle fluttuazioni preesistenti nella corrente libera. Un valore
rappresentativo è:
5, 105Re ⋅== ∞
νxu
cx
Il numero di Reynolds può essere interpretato come rapporto tra le forze d’inerzia e
le forze di attrito viscoso. Gli strati limite sono diversi ma tra loro legati da un
secondo parametro adimensionale noto come numero di Prandtl (Pr):
aν
=Pr
L’interpretazione fisica di Pr è immediata partendo dalla sua definizione: la
viscosità cinematica esprime un’attitudine al trasporto diffusivo nello strato limite di
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34
velocità della quantità di moto, la diffusività termica un’attitudine al trasporto
diffusivo nello strato limite termico dell’energia. Ne segue che:
n
t
Pr=δδ
Per i metalli liquidi Pr << 1 per cui δ<< δt, mentre, al contrario, per il liquidi
Pr>>1. Per i gas Pr varia tra 0.67÷1 per cui gli strati limite sono tra loro
paragonabili. In definitiva Pr lega tra loro gli strati limite. Le equazioni che
descrivono il moto del fluido ed il trasporto di energia mettono in evidenza che per
sistemi geometricamente simili in convezione forzata, l’uguaglianza dei numeri di
Reynolds (uguali rapporti tra forze d’inerzia e forze viscose) implica profili di
velocità simili. L’ulteriore uguaglianza dei numeri Prandtl implica similitudine dei
profili della temperatura adimensionale Θ in quanto Pr lega tra loro i campi di
velocità a quelli di temperatura. Infine, se esiste similitudine termica anche i
rispettivi numeri di Nusselt saranno uguali tra loro in quanto Nu esprime il rapporto
tra gradienti d’interfaccia e gradienti di riferimento. E’ lecito dunque concludere che:
( )PrRe,fNu =
che è possibile porre nella forma
cbakLhNu PrRe== ∞
1.4.4 Irraggiamento
La propagazione di calore, da un corpo a temperatura più alta ad un corpo a
temperatura più bassa per irraggiamento ha caratteristiche notevolmente diverse
rispetto alle due modalità precedenti: si tratta, infatti, di un fenomeno essenzialmente
elettromagnetico, senza l’intervento di mezzi materiali, che lo conducano o lo
trasportino con moto convettivo, non richiede il contatto diretto tra i corpi e può
avvenire anche nel vuoto. In tal caso la trasmissione del calore sotto forma di onde
elettromagnetiche, ciò mediante radiazioni emesse dalla sorgente termica. Per il solo
fatto di trovarsi ad una temperatura superiore a 0 K tutti i corpi emettono verso lo
spazio che li circonda energia in forma di onde elettromagnetiche in modo
proporzionale alla quarta potenza della temperatura a cui si trovano Se le radiazioni
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35
elettromagnetiche incidono sulla superficie esterna di un corpo materiale l’energia
che trasportano può essere parzialmente assorbita determinando conseguenze che
sono del tutto analoghe a quelle che si avrebbero se fosse fornita una pari quantità di
energia termica per conduzione o convezione. In questo senso si parla di trasporto di
calore per irraggiamento. Poiché tutti i corpi si trovano a temperature superiori a 0 K,
ne consegue che se sono affacciati in una posizione opportuna nello spazio, tra di
essi si ha un reciproco scambio di energia nella forma di onde elettromagnetiche.
La legge di Stefan-Boltzmann afferma, come poco anzi accennato, che l'energia
totale irradiata da un radiatore perfetto, altresì detto corpo nero (in altre parole un
corpo ideale che assorbe completamente la radiazione incidente sulla sua superficie)
è direttamente proporzionale alla superficie del corpo e alla quarta potenza della sua
temperatura assoluta. Se ci si riferisce ad un corpo di superficie A, avente
temperatura assoluta T
][ 4 WATqirr σ=
quindi il poter emissivo totale unità di superficie vale:
⎥⎦⎤
⎢⎣⎡= 2
4 mW T
Aqirr σ
in cui σ è una costante dimensionale che, in accordo con il SI vale 5.67·10-8
[W/m2K4], chiamata costante di Stefan-Boltzmann. Mentre l’intensità di emissione
non dipende dall’ambiente circostante, lo scambio termico netto richiede una
differenza tra le temperature superficiali dei corpi tra i quali avviene lo scambio. Se
il corpo nero avente temperatura T1, irraggia in una cavità chiusa anch’essa nera che
lo circonda completamente e avente la temperatura T2, la potenza termica scambiata
è
( ) 42
411 TTAqirr −= σ
I corpi reali emettono in misura minore dei corpi neri, e vengono detti grigi
quando, trovandosi ad una certa temperatura, emettono per ogni lunghezza d’onda
una frazione costante dell’energia emessa dal corpo nero alla stessa temperatura. La
potenza termica scambiata tra un corpo grigio ed un radiatore perfetto che lo
circonda, rispettivamente alle temperature T1 e T2 è
( ) 42
4111 TTAqirr −= σε
in cui ε1 è l'emittenza della superficie grigia, definita dalla relazione
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36
0
0
∫∫
∞
∞
=λε
λεε
λ
λλ
d
dE
essendo il poter emissivo totale
4
0TdE σλλ =∫
∞
1.4.5 Descrizione dello scambio termico
L’entità dello scambio termico all’esterno della superficie della paletta individua le
condizioni al contorno, relative al problema della refrigerazione. Inoltre assume
notevole rilevanza, la determinazione dell’entità dello scambio nelle regioni della
paletta sottoposte alle maggiori sollecitazioni, ovverosia le pareti e l’apice. Si
comprende chiaramente allora, l’importanza fondamentale che rivestono gli studi
riguardo le modalità di trasmissione del calore per i profili palari delle turbine a gas.
Come si vede dall’ampia letteratura a riguardo, gli sforzi per comprendere i
fenomeni di scambio termico nei profili palari delle turbine spesso sono stati
subordinati a studi di carattere fluidodinamico. Questo è dovuto alla difficoltà
intrinseca nel problema di scambio termico, che diventa un fattore spesso
eccessivamente complicato, al crescere della temperatura di ingresso in turbina. Gli
odierni modelli fisici per lo scambio termico tridimensionale, di un moderno profilo
palare richiedono significativamente più informazioni di quante ne siano richieste
per un modello di calcolo aerodinamico, ed al contempo richiedono calcoli
maggiormente complessi. Al pari dei calcoli aerodinamici, necessitano della
definizione dei parametri relativi al flusso in ingresso ed in uscita oltre alle
caratteristiche del flusso ed al grado di turbolenza. Un’ulteriore condizione al
contorno per i problemi di scambio termico riguarda la conoscenza della
distribuzione delle pressioni sulla superficie del profilo palare. L’approssimazione
dello strato limite presuppone una pressione costante all’interno dello strato limite
stesso, ma la temperatura nello strato limite non rimane costante. Per questo, fino a
quando di recente, non si sono raggiunte precisioni di ordine apprezzabile per la
distribuzione delle pressioni sulla superficie del profilo palare, è stato molto difficile
calcolare lo scambio termico.
Page 41
37
Molti dei modelli di calcolo di cambio termico si basano su delle relazioni
puramente empiriche, da cui è pratica comune riportare i risultati sotto forma dei
numeri di Nusselt o di Stanton. Il numero di Nusselt (Nu) può essere inteso come il
rapporto tra lo scambio termico convettivo e quello conduttivo in una porzione di
fluido di spessore L, e generalmente viene riportato nella forma che segue
kLhNuL
∞= .
mentre il rapporto adimensionale
PrReNuSt =
è noto come numero di Stanton, identificato dal simbolo St, e si può esprimere come
∞
∞==u
hNuStL
LL ρPrRe
Per il calcolo dei coefficienti di scambio tra pala, refrigerante e fumi sono presenti
in letteratura molti studi. Per il coefficiente di scambio interno tra pala e refrigerante,
facendo riferimento con Tmr e Tmp alle temperature massiche medie del refrigerante e
della paletta, si riporta la correlazione proposta da Humble: 55.0
8.01.0
4.0 RePr034.0 ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛==
−
mp
mrr
ir
irmr T
TDl
kDh
Nu
con l lunghezza della pala
rr
ir
r
irrmr A
DmDuµµ
ρ==Re
e
r
ri S
AD 4=
nelle quali Ar è la sezione dei condotti di passaggio del refrigerante, aventi perimetro
Sr, mentre µr, ur, kr si riferiscono sempre al refrigerante. Per condotti di
refrigerazione abbastanza lunghi (rapporto 10025 ÷=iD
l ) la relazione precedente
può essere scritta nella forma: 55.0
8.0Re02.0 ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛=
mp
mrrmr T
TNu
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38
Per il coefficiente di scambio lato gas, di determinazione certamente molto più
complicata, è stata proposta (Ainley) la correlazione che segue 14.0
Re ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛==
mp
gxmg
g
gmg T
TK
kLh
Nu
in cui
( )xmg
NuK
5102 ⋅=
∗
∗mg
Nu rappresenta il numero di Nusselt medio per un numero di Reynolds di 2·105 e
1>mpG TT , valori tutti riferiti alla corda L del profilo palare.
Il problema relativo al computo dello scambio termico va di pari passo con i
calcoli fluidodinamici, poiché quantificare la distribuzione delle pressioni sui profili
palari è essenziale per calcolare la corrispondente distribuzione di temperatura.
Tuttavia il problema rimane complesso in quanto le condizioni al contorno,
specialmente quelle del gas in uscita dal bruciatore non sono note con accuratezza.
Invero, la descrizione delle condizioni dinamiche dei gas combusti che fuoriescono
dalla camera di combustione ed attraversano la turbina di alta pressione, è tutto
fuorché semplice, in quanto il flusso all’ingresso in turbina include profili di
temperatura radiali e circonferenziali non uniformi, nonché moti turbolenti alquanto
irregolari, inoltre tali fenomeni sono correlati tra loro. I risultati utilizzati per i
codici di calcolo derivano da modelli sperimentali basati su studi su lastra piana, per
cui non è stato dimostrato che i risultati siano coerenti con le condizioni presenti
all’interno dello stadio di una turbina. Comunque tali modelli sperimentali sono stati
recentemente sostituiti con dei modelli di prova di stadi completi di turbina, in
maniera tale da ottenere dati molto più rappresentativi delle reali condizioni di
lavoro della macchina. Difatti all’interno della turbina il flusso è completamente
tridimensionale, può essere transonico e soggetto a forze molto intense e non è mai
stazionario.
Per ciò che concerne lo scambio di radiazione da parte dei fumi di combustione
con gli organi della turbina quali le palette, è noto che i gas non seguono il
comportamento dei corpi grigi. La superficie dei profili palari invece è un corpo
grigio, vale a dire si ha emittenza ed assorbanza. I fumi cedono la potenza termica
Page 43
39
4GGW
WGirr TAQ εεσ=
→
con GW εε , rispettivamente emittenza della superficie della paletta ed emittenza dei
fumi, A area della paletta a contatto con i fumi, TG temperatura dei fumi. A sua volta
la parete irraggia la potenza termica 4
WGWGW
irr TAQ αεσ=→
essendo ( )TGG αα = l’assorbanza del gas alla temperatura TW della parete che
irradia. Pertanto la potenza termica scambiata per irraggiamento tra i fumi e la
superficie della paletta vale
( )4,
4WWGGGW
WGirr TTAQ αεεσ −=
↔
come accennato in precedenza l’irraggiamento dei gas, causato dalle asimmetrie
delle molecole che vibrano, è dovuto principalmente CO2, H2O e particolato solido.
I relativi spettri di emissione sono di seguito riportati
spettro di emissione [µm]
CO2 2,64 2,84 4,13 4,5 13,17 -
H2O 2,55 2,84 5,6 7,6 12 25
Tabella 1.5 spettri di emissioni di CO2 e H2O.
L’emittenza globale del gas si trova tramite la relazione:
( ) ( ) ..22 spOHCOG TT εεεε ++=
oppure si possono utilizzare valori empirici dell’emittenza come 95.0=Gε per l’olio
combustibile, o 4.0=Gε per il gas naturale.
Page 44
40
1.5 Modalità di refrigerazione delle palettature
Le prestazioni delle turbine a gas, come gia ribadito precedentemente, in generale
vengono incrementate con l’aumento della temperatura d’ingresso in turbina. Nei
moderni impianti di potenza, le temperature che si raggiungono in ingresso alla
turbina d’alta pressione sono spesso superiori ai 1500 K. In ogni modo la continua
ricerca di innalzare i valori delle massime temperature tollerabili dai componenti
strutturali ed in special modo le palette ed i vani palari dei primi stadi delle turbine
va a scontrarsi con la resistenza alle elevatissime sollecitazioni termiche e
meccaniche cui sono sottoposti i materiali di tali elementi, in tal senso la
refrigerazione è stata il metodo fondamentale sin dagli anni ’60, per poter sviluppare
impianti efficienti.
Attraverso l’utilizzo dei combustibili fossili correntemente adoperati è
teoricamente possibile una TIT massima nell’ordine di circa 2500 K, mentre le
attuali temperature di ingresso sono
• per gli impianti atti alla generazione di potenza, TIT vale circa 1650 K
• per l’aviazione civile TIT nell’ordine di 1650÷1750 K
• per l’aviazione militare TIT supera i 1800 K
La tendenza odierna confermata è di salire di circa 12 K ogni anno, sicché nell’arco
di una decina d’anni dovrebbero aversi macchine con una TIT superiore di circa
100÷120 K, un trend che ha portato le attuali turbogas che lavorano negli impianti
industriali ad operare alla stessa TIT di esercizio dei jet militari di vent’anni or sono.
fig. 1.14 incremento della TIT con o senza refrigerazione.
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41
La figura mostra come la temperatura massima del ciclo abbia subito un maggiore
aumento per la soluzione refrigerata, a fronte di un aumento molto più contenuto in
assenza di refrigerazione. Tale aumento, come viene mostrato nel diagramma che
segue, è stato difatti reso possibile in questi ultimi anni soltanto in virtù di tecniche
sempre più sofisticate di raffreddamento delle pale della turbina, in quanto i
materiali adoperabili nonostante i continui miglioramenti con il passare del tempo,
hanno goduto un incremento limitato per quanto riguarda la loro resistenza alle
elevate temperature.
fig. 1.15 incremento della TIT mediante le tecniche di refrigerazione.
Attualmente, mediante l’utilizzo delle più evolute soluzioni di raffreddamento è
possibile raggiungere, nel caso di gruppo turbogas a ciclo semplice, per la
palettatura del primo stadio di turbina una temperatura media superficiale della
paletta dell’ordine di circa 1300 K, ben oltre il limite metallurgico dei materiali
comuni da costruzione. Le strategie mediante cui progettisti e costruttori hanno la
possibilità di ottenere tali risultati seguono due direttrici principali: da un lato si
tenta sempre di individuare nuovi materiali atti a resistere a temperature sempre
maggiori e trattamenti superficiali di tipo avanzato (come esposto in precedenza,
superleghe a base Nichel, coperture in alluminio e/o metalli nobili depositate per
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42
plasma-spray o diffusione oppure rivestimenti ceramici a bassa conduttività, in
maniera da avere una sorta di barriera termica), dall’altro si studiano efficaci
sistemi di raffreddamento in maniera tale da
• ridurre la temperatura media degli organi della macchina
• ridurre i gradienti termici all’interno dei condotti palari
• mantenere entro valori accettabili la temperatura del mantello delle pale
• cercare di usare la minima portata di fluido refrigerante
Ad ogni modo, oltre agli organi più sollecitati dagli stress termici e meccanici
(palettamento mobile e dischi) occorre refrigerare adeguatamente ogni componente
della turbina nel primo stadio, ossia palette statoriche, dispositivi di tenuta e così via.
Si comprende che tale operazione comporta delle complicazioni nello schema
d’impianto della macchina, causate dalla presenza di un complesso sistema di
veicolazione del flusso di refrigerante. Il raffreddamento della turbina diventa allora
la parte maggiormente sofisticata nonché complessa del sistema meccanico del
gruppo turbogas.
In linea di principio i vari organi possono essere refrigerati mediante diverse
modalità, e difatti negli anni sono state proposte molteplici tecniche di
raffreddamento: Possiamo darne una prima catalogazione in base in base al fluido
refrigerante adottato:
• liquido
• aria
• vapore
La prima tipologia, che è stata anche la prima in ordine di tempo ad essere
adottata, consiste nel far circolare un’emulsione d’aria e olio dentro le pale; questo
metodo è oggi in disuso, giacché necessita di tutto un circuito dedicato che porta il
fluido nelle pale, con relativa pompa di circolazione. Successivamente è stata
proposto l’utilizzo dell’acqua, in virtù della sua elevata capacità refrigerativa, ma le
anche in questa evenienza, le complicazioni impiantistiche ne limitano fortemente
l’impiego, inoltre l’installazione è possibile solo per gli impianti terrestri. La
refrigerazione facente uso di vapore come fluido di lavoro per il ciclo di
refrigerazione, risulta essere l’ultima proposta in ordine di tempo; si tratta ancora di
una metodologia sperimentale, che infatti abbisogna di ulteriori ricerche, adottata in
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43
genere per le moderne turbomacchine dei cicli combinati. Parte del fluido elaborato
dalla turbina a vapore viene spillato per la refrigerazione delle pale e quindi
recuperato; avendo già a disposizione –come nel caso dei cicli combinati- una
notevole quantità di vapore, questo metodo risulta più semplice dei due suesposti,
inoltre. Mediante l’uso di vapore, si ha la possibilità di aumentare notevolmente la
capacità di asportare calore, ma presenta degli inconvenienti; difatti tale tecnologia
comporta l’eventuale insorgere di problemi durante i transitori (avvio e
spegnimento), problemi di natura corrosiva, e per le tenute. Inoltre presenta lo
svantaggio di poter essere adottato solo per la refrigerazione interna.
Ovviamente tale sistema (oggetto di studio da parte di GE, Siemens/Westinghouse)
è di scarso interesse per quanto riguarda le turbomacchine aeronautiche.
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44
1.6 Sistemi di refrigerazione a liquido
Tali metodi sono stati i primi in ordine di tempo, in special modo quelli che
adoperavano acqua come fluido refrigerante. Come noto i liquidi e molti gas godono
rispetto all’aria, di una maggiore conducibilità termica, superiore calore specifico e
densità più elevata, malgrado spesso a fronte di una maggior viscosità. Inoltre, a
quanto detto si aggiunge il fatto che i liquidi possiedano un valore molto elevato del
calore latente di vaporizzazione. Tuttavia la semplicità costruttiva nella
refrigerazione ad aria spesso basta per bilanciare tali vantaggi. I benefici
nell’utilizzo di sistemi alternativi di refrigerazione per le turbine a gas ad alta
temperatura sono:
• conseguimento di valori molto elevati del coefficiente di scambio convettivo
senza la necessità di ricorrere a sistemi addizionali di pompaggio
• una vasta possibilità di scelta di potenziali fluidi refrigeranti, in special modo
per sistemi di raffreddamento a ciclo chiuso
• controllo indipendente dello stato termodinamico del fluido refrigerante
• maggiore libertà nella lavorazione delle superfici preposte allo scambio
termico
• assenza di perdite di carattere aerodinamico causate dal miscelamento
dell’aria refrigerante con il flusso dei gas di combustione, tipiche del
raffreddamento per film e per traspirazione
i principali svantaggi si possono riassumere nei seguenti:
• considerevoli sollecitazioni termiche cui sono sottoposte le palette. Tali
stress sono dovuti agli elevati gradienti termici necessari per ottenere una
efficace asportazione del calore dalla superficie della paletta
• la necessità per alcune configurazioni, di un scambiatore secondario,
possibilmente avente una superficie di scambio minore della paletta stessa, a
cui trasferire il calore che viene asportato dalla pala
• la diffusione del liquido all’interno della macchina in caso di rottura,
problema che non sussiste nel caso di refrigerazione ad aria
Esistono vari metodi di refrigerazione, sia a ciclo aperto che chiuso, che utilizzano
processi con fluidi sia monofase che bifase. Solitamente i sistemi caratterizzati dalle
forze di galleggiamento vengono detti a termosifone; quelli facenti uso di fluidi
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45
bifase vengono chiamati sistemi a heat pipe, mentre quelli che adoperano sistemi di
circolazione esterna sono semplicemente chiamati sistemi a convezione forzata.
outq
inq
campo diaccelerazione
riserva
0T
1T
1
3
2
4
g
ciclo aperto ciclo chiuso
fig. 1.16 principio del sistema a termosifone.
Nel sistema a termosifone il fluido viene veicolato all’interno di un canale radiale
attraverso il nucleo, procede fino ad un passaggio cieco ed infine sale lungo una
regione anulare adiacente alla parete, a causa delle forze di galleggiamento. Anche la
tecnica degli heat pipe può essere applicata ai canali radiali come mostrato in figura.
evaporatore
condensatore
capillare
outq
inq
d
fig. 1.17 schema di heat pipe.
Page 50
46
Infine nel sistema di convezione mista a ciclo chiuso, la circolazione del fluido può
essere indotta dalla convezione naturale e dai gradienti di pressione che ne derivano,
fornendo così un adeguato scambio termico.
Page 51
47
1.7 Refrigerazione ad aria
La tecnica di refrigerazione delle pale mediante aria compressa si è ormai
affermata da tempo specialmente nel campo delle turbine aeronautiche, e risulta al
giorno d’oggi, la soluzione costruttivamente più facile e pertanto più diffusa. Il
raffreddamento é attuato al giorno d'oggi attraverso la derivazione di una portata di
aria che viene prelevata dal compressore, come mostrato nello schema sottostante.
fig. 1.18 schema di impianto di raffreddamento mediante aria.
Gli organi del primo stadio della turbina si trovano ad una pressione analoga a
quella presente in camera di combustione, quindi l’aria refrigerante dovrà come
minimo possedere un valore simile della pressione. La portata di refrigerante per il
primo stadio viene dunque spillata all'uscita del compressore prima dell'ingresso in
camera combustione. L’aria viene quindi inviata, mediante un circuito indipendente
sia all’interno del combustore, che all’interno del disco rotorico del primo stadio
della macchina, il quale e certamente l’organo sottoposto alle maggiori sollecitazioni
termiche. La portata é in genere limitata al 5÷8% (anche se può raggiungere il 20%
nelle più spinte e sofisticate applicazioni aeronautiche), mentre per il raffreddamento
degli stadi a bassa pressione, occorre aria refrigerante ad una pressione inferiore, che
viene di conseguenza spillata da uno stadio intermedio del compressore. Al termine
del suo utilizzo come refrigerante - dopo uno o più passaggi in organi da raffreddare
- l'aria stessa viene miscelata con la portata di gas combusti, recuperando così,
almeno in modo parziale, sia l'energia di compressione che quella termica sottratta
Page 52
48
nelle parti più calde. E' evidente però che il processo di miscelazione dà luogo a
perdite di carattere sia fluidodinamico che termodinamico: il recupero non può
perciò essere che parziale. La differenza di temperatura tra gas caldi e refrigerante é
in genere compresa tra i 600 ed i 1000 K; un tale gradiente di temperatura consente
la realizzazione di diversi schemi di refrigerazione.
Il raffreddamento ad aria può essere classificato come segue suddividendolo in due
categorie principali, distinguendo tra sistemi che non prevedono la miscelazione del
refrigerante esausto con lì flusso dei gas combusti e quelli che invece la
contemplano, sa parla allora di:
• refrigerazione interna (per temperature del flusso esterno dei gas combusti
del valore di circa 1300÷1600 K): per convezione e urto (impingement)
• raffreddamento esterno (per temperature superiori a 1600 K): refrigerazione
per convezione con fessure praticate in corrispondenza del bordo di fuga,
refrigerazione per film cooling e traspirazione.
fig. 1.19 schemi concettuali delle principali modalità di raffreddamento.
La refrigerazione interna non è efficiente come quella esterna, così il suo utilizzo
viene limitato ad un range di temperatura di 1300÷1600 K.
Page 53
49
1.7.1 Refrigerazione per convezione interna
Il metodo più semplice ed economico per adoperare l’aria estratta dal compressore,
consiste nello sfruttare la convezione fra il fluido refrigerante ed il metallo sulla
faccia interna della pala. La refrigerazione per semplice convezione è un sistema
privo di miscelazione, o tuttalpiù essa si realizza in prossimità del bordo d’uscita
della pala. Le prime applicazioni di tale sistema prevedevano l’utilizzo di canali
radiali praticati all’interno della paletta. Tuttavia tale soluzione presenta una limitata
efficienza a fronte di elevate portate di aria refrigerante.
direzioneradiale
ingressorefrigerante
fig. 1.20 schema di refrigerazione mediante canali radiali.
Sono state allora introdotte innovazioni per potere migliorare l’efficacia del
metodo a canali radiali: si tenta di aumentare la lunghezza del percorso del fluido
refrigerante, veicolandolo attraverso un circuito a serpentina, passante dal mozzo
dell’albero della turbina e formato da canali sagomati in maniera opportuna, in
modo da aumentarne la turbolenza, fino all’apice della pala e quindi espulso dal
bordo di fuga (trailing edge) della stessa ma a causa del moderato coefficiente di
scambio per convezione, l'effetto refrigerante si mantiene sempre modesto. Per
ovviare a tale inconveniente, i percorsi all’interno delle pale sono molto tortuosi, in
maniera tale da incrementare ulteriormente il coefficiente di scambio, e di accrescere
nello stesso tempo la superficie interna di scambio. Un’altra possibilità verso cui
Page 54
50
propende attualmente la tecnologia, consiste nell’incrementare il numero dei canali
di refrigerazione.
Altri accorgimenti adoperati sono i cosiddetti pin fin ovvero, come si capisce dal
nome delle vere e proprie alettature a spillo, che vengono disposte lungo file. Le
schiere di pin fin costituiscono un metodo comune per incrementare il coefficiente di
scambio termico relativo al refrigerante all’interno delle pale, in quanto tali sistemi
permettono l’aumento della turbolenza del flusso di refrigerante.
fig. 1.21 principio di funzionamento della refrigerazione per convezione, con l’utilizzo di pin fin.
Chiaramente la superficie -investita dal flusso del refrigerante- capace di scambiare
calore, aumenta con l’altezza dell’aletta. Inoltre tali alette fungono da supporto
strutturale tra superficie della paletta in depressione (suction side) ed in pressione
(pressure side), e vengono utilizzate in special modo lungo la stretta sezione del
bordo di fuga, in cui a causa di ostacoli costruttivi non trovano spazio altri sistemi di
refrigerazione, che verranno illustrati dinnanzi, chiamati turbolatori e canali di
impingement .
A causa delle attuali limitazioni dovute alla metodologia costruttiva per fusione,
possono esser utilizzate solamente schiere di pin fin aventi un’altezza molto limitata
(tali cioè da avere un rapporto tra altezza e diametro compreso tra ½ e 4) ciò è
dovuto al fatto che le alette possono solamente essere costruite con un diametro
massimo di 1mm. In ogni modo, continuano ad essere oggetto di studio gli effetti
dell’altezza, della forma, della disposizione di tali dispositivi sul coefficiente di
scambio.
Sempre al fine di aumentare la turbolenza, vengono anche utilizzate delle altre
particolari alettature, dette turbolatori.
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51
fig. 1.22 schema di turbolatore.
Questa soluzione è adottata solo negli ultimi stadi refrigerati, in quanto presenta
un’efficienza relativamente scarsa e, soprattutto, non consente di proteggere le
palette dalle bruciature superficiali dovute al contatto diretto con i gas caldi,
provenienti dalla camera di combustione. È inoltre previsto l’utilizzo, nella quasi
totalità dei casi per le pale rotoriche del primo stadio, di promotori di turbolenza
detti ribs, posti nelle cavità interne del naso della pala, zona maggiormente
sottoposta a forti ed improvvisi stress termici, essendo la prima regione che viene a
contatto con il flusso caldo dei gas combusti.
Nei moderni profili palari sono collocati promotori di turbolenza ripetuti sulle due
facce opposte dei canali refrigeranti per incrementare lo scambio termico. I
summenzionati canali interni assumono perlopiù una forma quadrata o rettangolare.
La capacità refrigerativa di tali condotti dipende da rapporto di forma del canale,
dalla disposizione dei ribs, dal numero di Reynolds relativo al flusso. generalmente,
i ribs sono di sezione quadrata are con una altezza pari al 10% del diametro idraulico
del canale, e una spaziatura variabile tra 5 e 15 volte l’altezza. Attualmente
comunque, i profili palari dispongono di ribs aventi configurazioni maggiormente
complesse.
fig. 1.23 schema di pala, con promotori di turbolenza e turbolatori.
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52
1.7.2 Impingement
Si ottiene una maggiore efficacia mediante la refrigerazione per urto
(impingement), la quale fra tutti i metodi di raffreddamento per convezione interna,
fornisce il coefficiente locale di scambio termico significativamente più elevato.
Questa tecnica può essere impiegata direttamente sulla superficie da refrigerare
mediante un modello molto semplice, in cui l’aria "fresca" proveniente da una
schiera o più schiere di getti va ad impattare in direzione normale alla superficie
sulla parete interna della pala, aumentando così lo scambio termico, e riducendone di
conseguenza la temperatura. In tale applicazione il refrigerante oltre che essere
scaricato al bordo di fuga della pala, viene convogliato anche al bordo d’ingresso
(leading edge), dove va a formare una sorta di film all’interno della paletta,
sicuramente più efficace della semplice refrigerazione convettiva. Sono possibili vari
allestimenti, e sono da considerare svariati aspetti per poter ottenere una
refrigerazione efficace. Alla base della refrigerazione per impingement sta un
meccanismo molto efficace. Il termine "impingement" significa propriamente
"collisione", in altre parole l’urto del getto di fluido refrigerante che va ad impattare
con la parete a cui deve essere asportato calore. Tale getto garantisce un sottile velo
di fluido refrigerante a contatto con la superficie calda della paletta capace di
garantire un elevato coefficiente di scambio termico. La figura sottostante mostra
che il coefficiente convettivo decresce con l’aumentare del diametro del getto
fig. 1.24 meccanismo del raffreddamento per urto.
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53
Come mostrato in figura per un singolo getto, il flusso d'aria del refrigerante scorre
attraverso un diffusore e urta direttamente la parete che deve essere refrigerata. La
velocità del flusso d'aria del getto è molto elevata, con conseguente flusso turbolento
non appena si ha l’urto. Prima dell’urto, il flusso è libero, mentre dopo, il flusso
segue il profilo della parete. Il relativo profilo di velocità decade velocemente vicino
alla parete. Il flusso è estremamente turbolento, con notevoli fluttuazioni di velocità,
in maniera tale da aumentare considerevolmente la miscelazione locale. Di
conseguenza il coefficiente di scambio convettivo risulta incrementare
significativamente. Il più alto coefficiente di scambio convettivo h lo si ha all’interno
della zona di ristagno e diminuisce oltre il punto di ristagno stesso. Tuttavia, quando
il getto è molto vicino alla parete, si ha la presenza di un secondo picco nel
coefficiente di scambio termico. Un altro fattore rilevante è quello relativo alla
disposizione geometrica dei getti, che viene descritta da dei parametri adimensionali,
dati dal rapporto tra una dimensione caratteristica xn, yn, zn,ed il diametro del
diffusore D. In tal senso sono state presentate molteplici correlazioni, che
rappresentano gli effetti dei tre parametri geometrici per differenti configurazioni di
allineamento dei getti, in special modo per allineamenti normali. Un altro parametro
importante oltre questi tre fattori è quello relativo al flusso incrociato, cioè flusso
controcorrente che si viene a creare dopo l’urto sulla superficie. Questo ultimo
fenomeno che non si può evitare, è indesiderato, in quanto contrasta la corrente d'aria
stemperando in tal modo l'intensità del getto. Tuttavia, per bassi valori di velocità del
flusso incrociato l’efficacia dello scambio termico aumenta. Oltre all’influenza del
flusso incrociato sullo scambio termico sono inoltre oggetto di studio altri fattori
quali, l'effetto della direzione del flusso principale, o la presenza di fori sulla parete
della pala in maniera tale da ridurre l'effetto del flusso incrociato ed incrementare di
conseguenza lo scambio termico. È ragionevolmente evidente che i parametri
geometrici adimensionali non sono sufficienti per esprimere le disposizioni
complicate dei fori realmente presenti nella paletta di una turbina a gas. In tal senso
l'industria sarebbe molto avvantaggiata se esistessero correlazioni per geometrie
complesse. Poiché queste correlazioni non esistono e gli esperimenti sono molto
costosi, i progettisti si avvalgono delle correlazioni relative alle disposizioni
geometriche semplici presenti in letteratura. Di conseguenza, si tende ad usare più
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54
refrigerante ed a praticare più fori di quanto sia realmente necessario, oppure a
limitare le condizioni di progetto.
fig. 1.25 schema di refrigerazione per impingement applicata al bordo d’attacco della paletta.
Nella refrigerazione della turbina a gas, il metodo di raffreddamento per urto ben si
adatta alla refrigerazione del bordo d’attacco delle palette del rotore, in cui il carico
termico è più alto e una sezione trasversale più spessa permette una agevole
configurazione e sistemazione dei getti attraverso cui viene eiettata l’aria
refrigerante. Questa tecnica viene inoltre impiegata per il raffreddamento delle
palette del distributore, caso in cui si rivela più adatta.
fig .1.26 Schema di refrigerazione per impingement per il distributore del primo stadio.
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55
La figura illustra la maniera in cui viene impiegato il raffreddamento per urto nel
profilo alare della paletta del distributore di una turbina a gas. Questa, costituita da
due vani separati da una parete perforata può essere considerata una configurazione
tipica. Si nota che un alloggiamento è pressurizzato con l'aria del refrigerante.
Attraverso la parete perforata, la parete opposta all'altro vano avverte l'effetto
refrigerante. Tipicamente tale metodo viene adoperato nei profili palari per
proteggerli dal surriscaldamento. Un’altra possibile situazione in cui viene applicata
la tecnica di raffreddamento per impingement è nella camera di combustione.
Come precedentemente affermato, si tratta di una tecnologia che ben si presta alla
refrigerazione in corrispondenza del bordo d’attacco, dove si rivela molto efficace.
Questa metodologia, come la precedente per convezione, tuttavia, consente solo di
refrigerare la zona interna della pala, il che comporta delle bruciature sulla superficie
esterna della stessa ed inoltre si presentano rilevanti perdite d’energia connesse alla
notevole compressione richiesta per il fluido refrigerante. Per questo, si è sentita la
necessità di un nuovo sistema di refrigerazione che consenta la protezione anche
delle zone della pala esposte direttamente al contatto con i gas combusti; si adotta
pertanto il metodo del cosiddetto "film cooling".
1.7.3 Film cooling
Ideato da Weigart intorno agli anni '40, inizialmente come metodo atto ad impedire
la formazione di ghiaccio sulle ali degli aerei ed adoperato gia dagli anni ’60 nel
settore delle turbogas, si è immediatamente imposto quale tecnologia chiave per la
refrigerazione, in virtù della sua elevata efficienza. Tale sistema sfrutta la
convezione fra il fluido refrigerante, il metallo della pala e i gas caldi che
lambiscono la superficie esterna. Le tecniche di raffreddamento del tipo "film
cooling" prevedono l’iniezione attraverso file di piccolissimi fori o fessure, di un
sottile strato di aria relativamente fresca (beninteso , si parla sempre di temperature
nell’ordine di 300÷450 °C a seconda del rapporto di compressione), che aderisce
uniformemente alla parete della paletta, isolandola dal flusso dei gas caldi in special
modo in prossimità del bordo d’attacco dove si hanno le temperature più elevate. In
tal modo lo strato limite termico costituisce una efficace barriera allo scambio
Page 60
56
termico per convezione tra gas e parete proteggendo in siffatta maniera la superficie
esterna della paletta dall’azione diretta dei gas combusti. Una tecnica efficace in
misura ancora maggiore è il cosiddetto raffreddamento a film esteso (full-coverage
film cooling), il quale utilizza un numero ancora maggiore di cavità disposte a
distanza molto ravvicinata. Il campo di temperatura in cui viene impiegata tale
tecnica è di 1560÷1800 K. Le aperture per la refrigerazione sono praticate soprattutto
nelle regioni ove essa è più difficoltosa, come nelle zone d’attacco delle palette al
rotore. Il foro sul bordo d’uscita della pala, risulta essere sempre presente, giacché la
zona terminale è impossibile a refrigerarsi internamente tramite convezione, a causa
delle ridotte dimensioni che la sezione trasversale che la pala assume in quella zona.
Al giorno d’oggi i condotti per la refrigerazione vengono realizzati attraverso l’uso
di tecniche molto precise, quali la foratura tramite laser. Affinché l’aria di
raffreddamento generi una pellicola che si frapponga fra il metallo e i gas combusti,
l’inclinazione dei fori sulla superficie della pala dovrà essere tale da permettere al
refrigerante di poter fuoriuscire tangente al bordo della paletta.
fig. 1.27 raffreddamento per film cooling.
Allo stato attuale della tecnica il film cooling è il sistema più funzionale, in virtù di
una elevata efficienza refrigerativa associata ad una considerevole riduzione del
fabbisogno di aria refrigerante, la portata d’aria necessaria è difatti circa il 30%
inferiore rispetto alle soluzioni precedentemente esaminate.
Notiamo che, in generale, si cercano di adottare contemporaneamente in sinergia
le varie tecniche menzionate. Difatti un tipico allestimento di una moderna paletta
rotorica prevede l’utilizzo della refrigerazione per impingement nel bordo d’attacco,
Page 61
57
mentre il sistema di raffreddamento con pin-fin viene adoperato per il bordo di fuga
ed infine si raffredda la sezione mediana tramite l’utilizzo di ribs. È possibile inoltre
adoperare contemporaneamente tutti i sistemi di refrigerazione dianzi indicati, in
modo da ottenere la maggiore efficienza possibile dal sistema, come nei sistemi
misti convezione-film cooling mostrati in figura.
fig. 1.28 esempi di pale raffreddate per convezione e film.
Bisogna inoltre sottolineare un aspetto estremamente importante che riguarda i
profili palari dei gruppi rotorici, in cui sono presenti dei moti non stazionari. Difatti
lo scambio termico all’interno di canali refrigeranti posti in rotazione è alquanto
differente da quello dei canali in regime stazionario, in quanto si ha la formazione di
correnti tridimensionali molto complesse. Sia la forza di Coriolis che le forze di
galleggiamento possono alterare significativamente il flusso ed il profilo di
temperatura nei canali refrigeranti, in special modo nella regione della pala avente
curvatura maggiore, e di conseguenza influire sulla distribuzione di temperatura sui
gruppi palari. Riveste allora importanza fondamentale la determinazione dello
scambio termico locale all’interno dei summenzionati condotti.
Una ulteriore questione di notevole rilevanza, è costituita dalla scelta dei
combustibili usati per alimentare le macchine, difatti l’impiego di un combustibile di
un certo tipo, va direttamente ad influire sulle opzioni delle metodologie di
raffreddamento. Ad esempio l’utilizzo un combustibile scadente impedisce di usare
una tecnica quale il film cooling.
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58
1.7.4 Raffreddamento per traspirazione
Riportiamo inoltre il sistema potenzialmente più efficace -in quanto consente
l'iniezione teoricamente uniforme del fluido refrigerante attraverso la superficie- ma
ancora ad uno stadio embrionale, la refrigerazione per traspirazione, nella quale uno
strato di aria fresca si deposita sulla superficie della pala, costituita da materiale
poroso. Tale tecnica consiste in sostanza, nel trasformare la pala in una membrana
traspirante (ovvero con un numero di fori molto elevato). Siffatta metodologia si
rivela molto utile per temperature di ingresso in turbina superiori ai 1800 K. I
problemi tecnologici di realizzazione di una pala porosa sono però rilevanti, e le
caratteristiche aerodinamiche meno favorevoli rispetto al caso del film cooling. Le
soluzione più utilizzate per mettere in atto il raffreddamento per traspirazione sono:
formatura della pala per sovrapposizione di numerosi strati di rete fine metallica, e
stampaggio ad alta pressione. I limiti sono costituiti dai requisiti di tolleranza
dimensionale sulla forma della palettatura. L’altra soluzione adottata consta
nell’utilizzo di materiali ceramici sinterizzati naturalmente porosi. Questi materiali
sono però fragili e di difficile lavorazione.
fig. 1.29 riepilogo delle principali tecniche di refrigerazione mediante aria.
Per ciascuna delle tecniche di refrigerazione suddette, è possibile definire
un'efficienza di raffreddamento nella forma: 0TT
TT−−
=∞
∞ε
Page 63
59
dove T∞ è la temperatura del gas caldo, T la temperatura della superficie metallica e
T0 la temperatura di ingresso del refrigerante. ε è definito in analogia con gli
scambiatori di calore convenzionali in termini di rapporto tra calore scambiato e
calore massimo potenzialmente trasferibile ed inoltre risulta funzione del metodo di
raffreddamento prescelto, nonché di un parametro adimensionale B, detto parametro
di portata massica, cosi definito
Ahcm
B p
∞
= 00
in cui 0m e cp0 sono la portata ed il calore specifico del refrigerante, mentre A è l'area
investita dal gas ed h∞ il coefficiente di scambio.
fig. 1.30 efficienza di refrigerazione per le tecniche suesposte, in funzione del parametro B.
Mediante la stima di ε, è possibile confrontare le prestazioni dei turbogas non più
a parità di temperatura massima T3, bensì a parità di temperatura T delle parti calde
(che rappresenta il vero limite tecnologico). Occorre però includere nel calcolo del
ciclo reale le perdite fluidodinamiche conseguenti al raffreddamento della turbina.
La refrigerazione per convezione, per impingement e per film cooling sono le
soluzioni attualmente più diffuse, mentre il metodo di raffreddamento per
Page 64
60
traspirazione rappresenta il limite verso cui si orienta principalmente la ricerca. Si
comprende chiaramente che l’introduzione di un sistema di refrigerazione ha delle
implicazioni sul comportamento globale della turbina, difatti tutte le sopraindicate
tecniche di raffreddamento causano un aumento delle perdite di natura aerodinamica,
che vanno a detrimento dell’efficienza del ciclo. Le perdite associate alla
refrigerazione della turbina includono: il lavoro perso del flusso di refrigerante,
accresciute perdite di profilo, interazione del film di refrigerante con lo strato limite
della pala, perdite di miscelamento tra i flussi principale ed il flusso di refrigerante.
Sono inoltre da considerare maggiori costi di produzione per palette, vani palari e
per il combustore.
Come già ribadito in precedenza, la portata del refrigerante può costituire una
frazione considerevole (fino al 20÷25%) del flusso principale della macchina,
quindi nell’ottica di limitare tale portata e conseguentemente le perdite
summenzionate occorre:
• limitare le superfici da raffreddare, ovvero realizzare palettature aventi un
elevato carico aerodinamico, in maniera tale da ottenere l’espansione nel
minor numero possibile di stadi
• realizzare condotti di raffreddamento atti a garantire un elevato scambio
termico in modo da realizzare sistemi di refrigerazione efficienti.
Alla luce di quanto appena esposto, appare chiaro che le tecniche di refrigerazione
anzidette non si rendono in genere necessarie a valle del primo stadio (ugelli di
distribuzione e primo rotore), essendo in genere, per i motivi suesposti, le turbine a
gas realizzate in 2÷3 stadi. Di conseguenza, un notevole raffreddamento per cessione
di lavoro si ha già dopo il primo di essi.
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61
1.8 Soluzioni realizzative
Nella configurazione più semplice, la turbina a gas si presenta monoalbero e senza
geometria variabile per compressore e turbina. Secondo tale allestimento, si
realizzano motori di peso molto contenuto, idonei in particolar modo per la
propulsione aeronautica (propulsione a getto, turboelica con ingranaggio di
riduzione, motori per elicotteri). A seconda della taglia, si può avere per i turbogas di
piccola potenza un compressore centrifugo, solitamente realizzato con uno o due
stadi, altrimenti un compressore assiale, adatto per elaborare portate più rilevanti e
mantenere ridotti ingombri frontali.
fig. 1.31 Piccolo turbogas aeronautico con compressore centrifugo.
fig. 1.32 Turbogetto monoalbero per propulsione aeronautica con compressore assiale.
Per ottenere un migliore accoppiamento tra compressore e turbina mantenendo
velocità periferiche relativamente ridotte anche con grandi diametri degli stadi del
compressore, è pratica comune nelle applicazioni aeronautiche ricorrere a soluzioni
con alberi multipli concentrici. In particolare si realizzano in tal modo i motori
cosiddetti turbofan ,nei quali una parte considerevole della portata al primo stadio
del compressore (che è di grandi dimensioni e viene esercito a velocità di rotazione
relativamente bassa) non attraversa gli stadi successivi e la camera di combustione,
Page 66
62
ma lambisce esternamente il gruppo turbina-camera di combustione-compressore,
per miscelarsi poi con i gas caldi allo scarico della turbina.
Con la soluzione turbofan è possibile realizzare una spinta molto elevata alle
velocità di crociera caratteristiche della navigazione aerea subsonica ad alta quota,
conseguendo la massima economia di carburante.
fig. 1.33 motore turbofan per propulsione aerea (Rolls Royce).
La soluzione turbofan ha sostituito in gran parte i motori turboelica, caratterizzati
da un costoso ingranaggio di potenza e da limiti di esercizio più bassi.
fig. 1.34 motore turbogetto con postcombustione.
Sempre nel campo della propulsione aerea, la navigazione supersonica richiede
l'adozione di un motore turbogas con post combustione; tale seconda combustione
viene direttamente effettuata in un ugello di scarico, utilizzando l'energia cinetica dei
gas a fini propulsivi.
Le macchine di derivazione terrestre hanno una tipologia costruttiva diversa,
legata alla tradizione mutuata dalle turbine a vapore e meno condizionata dal fattore
peso rispetto al caso della propulsione aeronautica.
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63
fig. 1.35 turbogas industriale (GE).
fig. 1.36 turbogas industriale (Siemens).
Si comprende chiaramente che vi sono differenze anche per ciò che concerne la
refrigerazione. Paragonando difatti le caratteristiche costruttive dei sistemi di
raffreddamento delle pale per le turbine per la produzione di potenza con quelle dei
motori aerei, si vede che differiscono per alcuni aspetti. Forse la differenze più
importanti consistono nel fatto che in primo luogo le palette delle turbine terrestri, a
causa delle loro maggiori dimensioni, sono soggette a valori più elevati del numero
di Reynolds, all’interno dei canali di raffreddamento. Inoltre la maggior taglia delle
palette, e di conseguenza dei canali di refrigerazione consente una più ampia libertà
nel realizzare di efficaci sistemi di raffreddamento all’interno delle palette. D’altro
canto, la vita utile delle turbine heavy-duty dell’ordine di 50000÷100000 ore di
esercizio, richiede una progettazione accurata che permetta una corrispondente vita
dei gruppi palari. Viene spesso utilizzato per i vani palari, il raffreddamento per
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64
impingement con l’ausilio di alette e turbolatori, mentre per le pale rotoriche, si
predilige l’utilizzo di turbolatori, in modo da ottenere una più efficiente
refrigerazione. Entrambi i sistemi prevedono in aggiunta l’utilizzo del film cooling
se la temperatura dei gas combusti è troppo elevata per poter refrigerare la pala
tramite la sola convezione interna.
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65
CCAAPPIITTOOLLOO 22
MODELLO MATEMATICO QUASI 2-D SULLA
TRASMISSIONE DEL CALORE SU UNA PALA DI
TURBINA A GAS 2.1.Ipotesi di partenza e condizioni al contorno
Ci proponiamo ora di analizzare le modalità di trasmissione del calore all’interno
di una singola pala di turbina, ossia tenteremo di ottenere una espressione analitica
del campo di temperatura presente nella paletta investita dal flusso dei gas combusti.
Il modello fisico in considerazione è per forza di cose semplificato in maniera
drastica, sia nella descrizione della geometria (altezza e spessore) della pala che
nell’ipotesi che i vari coefficienti rimangano costanti in ogni punto della paletta
stessa.
Verranno adoperate le seguenti ipotesi esemplificative:
1. si suppone che la paletta sia costituita da materiale omogeneo e isotropo, vale
a dire che le sue proprietà fisiche si mantengono costanti in tutte le direzioni
2. quasi-bidimensionalità del campo termico. Tale presupposto risulta
accettabile e giustificato se le dimensioni relative allo spessore della paletta
siano trascurabili rispetto alle altre due.
3. condizioni stazionarie: il campo di temperatura non dipende dal tempo,
vengono trascurati gli eventuali transitori.
4. si considera uniforme su tutta la superficie della pala il coefficiente di
scambio termico convettivo
5. si presume uniforme e costante la conducibilità termica del materiale
costituente la paletta.
6. Si suppone la paletta assimilabile ad un corpo prismatico – sebbene in realtà
le pale presentino una rastremazione dalla radice verso l’apice – e che lo
spessore in corrispondenza del bordo di fuga sia nullo, anche se chiaramente
ciò non trova riscontro nella pratica.
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66
Si ipotizza inoltre che la pala sia raffreddata (per convezione, adoperando acqua
come fluido refrigerante) alla base e riceva dai gas di combustione caldi un flusso
radiativo e uno convettivo, mentre la parete superiore all’apice della paletta è isolata,
più precisamente non scambia calore essendo l’apice della pala praticamente a
contatto con la cassa, tranne che per un piccolo gioco tale da permetterne la
rotazione e la dilatazione termica. Si schematizza inoltre la paletta assimilandola ad
un corpo prismatico, come mostrato nella figura 1.
l
y
zx
b
L
∞∞ Th ,
∞∞ Th ,
∞∞ Th ,
00 ,Th
"2q
"2q
"1q
fig. 2.1 schematizzazione della paletta.
Considerando un riferimento cartesiano all’apice della pala, si osserva come già
accennato,che la dimensione z è piccola rispetto a x,y. Indicata ora con )(xgg = la
variazione dello spessore del bordo della pala al variare di x, si ammette che )(xg
sia funzione quadratica di x, espressa come segue: 2
)( ⎟⎠⎞
⎜⎝⎛⋅=
Lxbxg
si tratta dunque la direzione z come nel caso di superfici estese nelle quali è presente
un gradiente di temperatura trascurabile attraverso lo spessore ristretto )(xg .
Page 71
67
Pertanto in virtù di questa ulteriore semplificazione si ha che al bordo di attacco
della pala la profondità vale b, mentre la lunghezza viene espressa dall’arco di
lunghezza L e l’altezza vale l.
b
L
fig. 2.2 distribuzione di spessore g(x) della paletta.
Innanzitutto occorre impostare un’equazione di bilancio dell’energia per un
elementino di volume all’interno della pala. Lo scambio termico avviene secondo le
modalità sotto riportate
1. conduzione secondo la legge di Fourier: nTkqn ∂
∂⋅−=
2. radiazione termica: "1q e "
2q
3. convezione in accordo con la legge di Newton: Thqc ∆⋅=
nella presente trattazione "1q e "
2q si presentano rispettivamente come
l’irraggiamento luminoso della fiamma proveniente dalla camera di combustione, e
l’irraggiamento gassoso dei gas combusti. Come noto, l’irraggiamento gassoso è
inferiore a quello luminoso: in altre parole vale "2
"1 qq >
Assunto ora che T, temperatura agente sulla pala non dipenda dalla coordinata z
ma solamente da x e y, in altre parole si suppone che T sia esprimibile nella forma
T=T(x,y). Si ipotizza cioè che la temperatura non vari attraverso lo spessore b
(b<<L,l) ma dipenda solamente dall’altezza della paletta e dalla posizione lungo la
corda. Si può sostenere di essere di fronte ad un problema di scambio termico quasi
bidimensionale, anche se in realtà tale problema è schiettamente tridimensionale.
Non possiamo usare il laplaciano, vale a dire l’equazione che regge la distribuzione
di temperatura in un sistema bidimensionale senza generazione di calore. Non vale
dunque la scrittura:
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02
2
2
2
=∂∂
+∂∂
yT
xT
non essendo quello in esame un problema di scambio termico propriamente 2D,
inoltre occorre considerare i contributi dovuti alla convezione ed all’irraggiamento.
Si considera pertanto un elementino di volume g(x)dxdy come riportato nella figura
che segue:
g(x)
dy
dx yx
z
fig. 2.3 elementino di volume.
attraverso di esso si calcolano le variazioni del flusso di Fourier qn e la convezione
qc, nonché il flusso radiativo, occorre allora un’equazione di bilancio di energia per
l’elemento. I flussi termici in questione vengono di seguito riportati:
• flusso termico conduttivo entrante attraverso l’area g(x)dy dell’elemento
( )dyxgxTk
∂∂
−
• flusso termico conduttivo uscente attraverso l’area g(x+dx)dy
( ) ( ) dxdyxgxTk
xdyxg
xTk ⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
∂∂
−∂∂
−
• flusso termico conduttivo entrante attraverso l’area g(x)dx dell’elemento
( )dxxgyTk
∂∂
−
• flusso termico conduttivo uscente attraverso l’area g(x+dx)dx
( ) ( ) dydxxgyTk
ydxxg
yTk ⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
∂∂
−∂∂
−
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69
• abbiamo così che il flusso netto di conduzione è pari a
dxdyLxb
yTk
ydxdy
xT
Lxkb
x ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
∂∂
−⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
∂∂
− 2
2
2
2
con k si è indicata la conducibilità termica del materiale costituente la paletta
• mentre il flusso convettivo netto in uscita dalle due facce di area dxdy
dell’elementino vale
( )dxdyTTh ∞∞ −2
• altresì il flusso di radiazione in ingresso sulle due facce vale
dxdyq"22
dx
dy
g(x)
yq
dxxq +
xq
dyyq +
fig. 2.4 flusso di conduzione attraverso l’elementino di volume g(x)dxdy.
Con riferimento all’elementino di volume rappresentato in figura si ha che,
applicando il primo principio della termodinamica e considerando i contributi sopra
citati si ricava, in forma più generale
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) 022 "2 =+−−−+− ∞∞++ dxdyqdxdyTThdyxgqdyxgqdxxgqdxxgq dxxxdyyy
( ) ( ) ( )( ) ( )
( ) ( )( ) ( ) 022 "2 =+−−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
+−
++⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
+−
∞∞ dxdyqdxdyTThdxdyxqx
dyxgq
dyxqdxdyxqy
dxxqdxxq
xx
xyyy
da cui si ottiene la seguente espressione
( )( ) ( )( ) ( ) 022 "2 =+−−
∂∂
−∂∂
− ∞∞ dxdyqdxdyTThdxdyxgqx
dxdyxgqy xy
Page 74
70
ossia
( ) 022 "22
2
2
2
=+−−⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
−∂∂
−⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
−∂∂
− ∞∞ dxdyqdxdyTThdxdyLxb
xTk
xdxdy
Lxb
yTk
y
in altre parole, fatte le debite semplificazioni, otteniamo
( ) 022 "2
222
22
2 =+−−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
∂∂
+∂∂
∞∞ qTThxTx
xLbk
yTx
Lbk
avendo stabilito con ∞T e ∞h rispettivamente la temperatura e il coefficiente di
scambio convettivo dei gas che investono la paletta.
Si definisce ora l’escursione termica Θ tra la paletta ed il gas come ∞−=Θ TT ,
arrivando così alla forma seguente:
nmx
xxy
x −=Θ−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂Θ∂
∂∂
+∂
Θ∂ 222
22 (1)
avendo la cura di porre
bkLhm
22 2 ∞= e
bkLqn
2"22=
Vediamo ora le condizioni al contorno;
• L’escursione termica sul bordo di fuga della pala vale
( ) finito valore,0 =Θ y (c.c. 1)
essendo infatti 0,0
=∂Θ∂
yx. Questa è una condizione al contorno omogenea.
• Sul bordo d’attacco sono presenti convezione da parte dei gas combusti ed
irraggiamento luminoso da parte della fiamma in camera di combustione, in
conseguenza delle convenzioni dei segni sulla trasmissione del calore si ha la
condizione 0"1 =−+ cn qqq che permette di scrivere:
LL
LL
hqx
khx
kq Θ−=∂Θ∂
⇒=Θ−∂Θ∂
− ∞∞"1
"1 0 (c.c. 2)
avendo indicato con la quantità ΘL l’escursione ( )∞−=Θ TTLL
• Per 0=y la pala non scambia calore, giacché per evitare trafilamenti di gas
l’apice della pala si trova quasi a contatto con la cassa, distanziata da essa
Page 75
71
solamente da un piccolo gioco; la paletta è allora sostanzialmente isolata. Si
può esprimere tale condizione nella forma:
( ) 00, =∂Θ∂ xy
(c.c. 3)
• Alla radice della pala (in altre parole, per ly = ) si ha solamente convezione
da parte del fluido preposto alla refrigerazione della paletta, che in questa
sede si suppone sia acqua ad una temperatura T0=100 °C, avente
h0=5000÷10000 [W/m2·K]. In altre parole, la potenza termica scambiata per
conduzione deve uguagliare quella trasferita mediante convezione; quindi la
condizione 0=− cn qq , che porta a scrivere
( ) ( ) 0, 00 =−−∂Θ∂
− TThlxy
k l
da cui si ottiene
( )00 Θ−Θ=∂Θ∂
− ll
hy
k (c.c. 4)
avendo posto
∞−=Θ TT00 ; ∞−=Θ TTll
come già detto, si è indicato con h0 il coefficiente di scambio convettivo dell’acqua
refrigerante, mentre T∞ e T0 sono rispettivamente la temperatura dei gas combusti e
del fluido refrigerante, e ovviamente Tl indica la temperatura della paletta alla radice.
Page 76
72
y
x
( ) 1,0 ccy Θ=Θ
y
x
y
x
y
x
( ) 00, =∂Θ∂ xy
c.c.3 y=0, tutti gli x c.c.4 y=l tutti gli x
( )00 Θ−Θ=∂Θ∂
− ll
hy
k
LL
hqx
k Θ−=∂Θ∂
∞"1
c.c.1 x=0, tutti gli y c.c.2 x=L tutti gli y
fig. 2.5 riepilogo delle condizioni al contorno.
Page 77
73
CCAAPPIITTOOLLOO 33
SOLUZIONE ANALITICA DEL MODELLO
3.1 Risoluzione
Dopo avere esaminato le condizioni al contorno si passa alla risoluzione
dell’equazione (1), che si ricorda essere della forma sotto indicata.
nmx
xxy
x −=Θ−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂Θ∂
∂∂
+∂
Θ∂ 222
22
L’equazione (1) non è omogenea, ci si appresta di conseguenza a risolverla sotto
le condizioni (c.c. 1), (c.c. 2), (c.c. 3) e (c.c. 4) tramite un artificio consistente nello
scomporre l’escursione ( )yx,Θ=Θ nella somma delle due funzioni siffatte:
( ) ( ) ( )xyxyx φψ +=Θ ,,
ossia si assorbe il termine non omogeneo in una soluzione 1D nel modo che segue:
( ) ( ) ( ) nmx
xxy
x −=+−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂+∂
∂∂
+∂
+∂ φψφψφψ 222
22
ovvero
nmmxx
xxy
x −=−−⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
+∂∂
∂∂
+∂∂ φψφψψ 222
2
22
ottenendo infine
nmmx
xxx
xxy
x −=−−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
∂∂
+⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
∂∂
+∂∂ φψφψψ 2222
2
22 (1')
ammettiamo pertanto, come detto dianzi che il termine non omogeneo sia relativo
alla sola x
nmdxdx
dxd
−=−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ φφ 22 (2)
in modo che la restante parte dei termini a primo membro nella (1') si annulli come
sotto riportato:
0222
22 =−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
∂∂
+∂∂ ψψψ m
xx
xyx (3)
Page 78
74
(si è sostituito il simbolo di derivata parziale con quello di derivata ordinaria
nell’equazione inφ , in quanto dipendente solamente da x ).
Dobbiamo ancora considerare le condizioni al contorno per le nuove variabili φ e ψ
• Sul bordo in ( )y,0 è possibile scrivere la relazione ( ) 00,0 ψφ +=Θ y i cui due
termini a secondo membro diventano rispettivamente le condizioni (c.c. 1') e
(c.c. 1").
• Sul bordo d’attacco vale la condizione (c.c. 2)
( )φψφψ+−=⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ +
∂∂
∞hqdxd
xk "
1
da cui si deducono le condizioni seguenti in ( )yL,
φφ∞+−=− hq
dxdk
L
"1 (c.c. 2') e ψψ
∞=∂∂
− hx
kL
(c.c. 2").
• Come già affermato in precedenza, per 0=y la pala non scambia calore.
Dalla condizione (c.c. 3) si conclude allora
00,
=∂∂
xyψ (c.c. 3")
• Per la condizione (c.c. 4), valida alla radice della pala:
( )00 Θ−+=∂∂
− φψψ hy
kl
(c.c. 4")
Passiamo ora a risolvere separatamente le due equazioni in φ e ψ , iniziando con
l’integrare la relazione in φ (equazione differenziale del secondo ordine a
coefficienti costanti) per la quale è necessario cercare la soluzione come somma
dell’integrale generale dell’omogenea associata, più un integrale particolare, come
sotto riportato
ph φφφ += .
Si è dunque tenuti ad integrare l’equazione:
nmdxdx
dxd
−=−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ φφ 22 (2)
con le seguenti condizioni al contorno:
• (c.c. 1') ( ) 00 φφ = valore finito
Page 79
75
• (c.c. 2') φφ⋅−=⋅ ∞hq
dxdk
L
"1 per Lx = , tutti gli y
Un integrale particolare sarà
∞
==hq
mn
p
"2
2φ in tal caso, infatti 0=dxdφ .
Mentre per l’integrale generale dell’omogenea associata:
02 22
22 =−+ h
hh mdx
dx
dxd
x φφφ
esiste la famiglia di equazioni differenziali della forma
02 =+⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ yx
dxdyx
dxd βα γ
che per 02 =+− αβ hanno soluzioni del tipo ( ) rBxxy = , con
( ) 01 22 =+−+ γα rr . Per il problema in esame si osserva che, essendo:
⎪⎩
⎪⎨
⎧
==
−=
02
22
βαγ m
si ricade nella situazione di cui sopra, vale a dire una soluzione omogenea della
forma ( ) rBxxy = . Nel caso in considerazione si ha che 022 =−+ mrr , di cui si è
in grado di calcolare le radici dall’equazione algebrica:
2411 2
2,1mr +±−
=
da cui si ricava:
⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
++−=
+−−=
2411
2411
2
2
2
1
mr
mr
si è tenuti a scartare il valore negativo di r, in quanto farebbe pervenire ad una
forma indeterminata del tipo
( )⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢
⎣
⎡=
⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜
⎝
⎛ +−−2
411 2m
Bxxy
Page 80
76
che non ha validità per x=0, essendo r1 negativo.
È possibile dunque concludere che l’integrale generale dell’omogenea associata
vale:
( ) ⎥⎦⎤
⎢⎣⎡ −+
=114
21 5.02m
h Bxφ
per cui
( ) ⎥⎦⎤
⎢⎣⎡ −+
+=114
21
2
5.02mBx
mnφ (2')
si passa ora alla determinazione della costante di integrazione B, tramite la
condizione al contorno (c.c. 2') sul bordo d’attacco della pala:
LL
hqdxdk φφ
∞+−=− "1 (c.c. 2')
posto
( ) 5.02 14 += ma
si riscrive
( )121
2
−+=
aBx
mnφ
che in (L,0) varrà
( )121
2
−+=
a
L BLmnφ
si procede ora nel derivare in (L,0):
( )( ) ⎥⎦
⎤⎢⎣⎡ −−
−=11
21
121 a
Bxadxdφ ( )
( ) ⎥⎦⎤
⎢⎣⎡ −−
−=⇒11
21
121 a
L
BLadxdφ
sostituendo ora i valori trovati di Lφ e Ldx
dφ nella condizione al contorno (c.c. 2')
come sotto riportato
( )( ) ( )
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛++−=
⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡−−
−
∞
⎥⎦⎤
⎢⎣⎡ −− 1
21
2"1
1121
121 aa
BLmnhqBLak
Page 81
77
( ) ( ) ( )2
"1
1211
21
21
mnhqBLhL
Lak aa
∞
−
∞
−+−=⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡+
−−
( ) ( )2
"11
21
12
1mn
hq
BLLhak a
−=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+
−
∞
−
∞
si ottiene in definitiva:
( ) ( )⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+
−
−=
∞
−⋅
∞
12
1121
2
"1
LhakL
mn
hq
Ba
conoscendo il valore di B, si è in grado di rappresentare la soluzione completa
della (2):
( ) ( )( ) ⎥⎦
⎤⎢⎣⎡ −+
∞
−
∞
⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+
−
−+=
11421
121
2
"1
2
5.02
12
1
m
ax
LhakL
mn
hq
mnφ (2")
inoltre se ricordando le assunzioni fatte prima per m2, n e a:
bkLhm
22 2 ∞= ,
bkLqn
2"22= , ( ) 5.02 14 += ma
se ne ricava
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡−⎟
⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+
∞
∞
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡−⎟
⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+
∞∞
∞
∞
∞
⎪⎪⎪
⎭
⎪⎪⎪
⎬
⎫
⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
+⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡−⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+
−+=
11821
5.02
11821
"2
"1
"2
5.02
5.02
12
118
bkLh
bkLh
x
Lh
bkLhk
L
hq
hq
hqφ
è altresì possibile notare che nel caso particolare in cui il valore dell’irraggiamento
luminoso "1q uguagli il valore dell’irraggiamento gassoso "
2q l’equazione precedente
si riduce a
Page 82
78
∞
=hq"
1φ
viene di seguito mostrato a titolo indicativo l’andamento grafico della funzione
( )xφ .
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.1200
250
300
350
coordinata x della pala [m]
soluzione φ(x) escursione termica [K]
fig. 3.1 grafico della soluzione 1D.
Si è risolta solamente una parte della (1'), mentre bisogna ancora ricavare la
soluzione in ψ della:
0222
22 =−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
⋅∂∂
+∂∂ ψψψ m
xx
xyx (3)
con le seguenti condizioni al contorno:
• (c.c. 1") ( ) 0,0 ψψ =y valore finito
• (c.c. 2") ψψ∞=
∂∂
− hx
kL
• (c.c. 3") 00,
=∂∂
xyψ
• (c.c. 4") ( )00.
Θ−+=∂∂
− φψψ hy
klx
in maniera tale da arrivare ad ottenere la soluzione cercata nella forma:
( ) ( ) ( )xyxyx φψ +=Θ ,,
Page 83
79
si procede dunque nella ricerca delle soluzioni della (3), svolgendo innanzitutto le
derivate parziali:
02 22
22
2
22 =−
∂∂
+∂∂
+∂∂ ψψψψ m
yx
xx
xx
proseguendo poi, mediante la separazione delle variabili
( ) ( )yYxX ⋅=ψ
pervenendo così all’espressione:
02 2"2"2' =−++ XYmXYxYXxYxX
dividendo ora per XY e successivamente per x2 si ottiene
0202 2"
2'"
22"
2"
2'
=−++⇒=−++ mYYx
XXx
XXx
XYXYm
XYXYx
XYYXx
XYYXx
022
2"'"
=−++xm
YY
XX
xXX (3')
Esiste una direzione omogenea e una non omogenea; la si individua attraverso le
condizioni al contorno.
• La y è direzione non omogenea
( )
( )⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
Θ−+=∂∂
−
=
00,
potenzialenon finito valore,
φψψ
ψ
hy
k
lx
lx
• La x invece è una direzione omogenea, infatti si ha finito, valore),0( =Θ y in
altre parole 0,0 =∂Θ∂
yx, oppure 0),0( ≅Θ y cioè 0),0( =− ∞TyT , da cui si
trova che vale 0finito valore),0(,0
=∂∂
⇒=yx
y ψψ .
Riprendendo in esame l’equazione (3'), se ora si pone
2"
λ=YY 02" =−⇒ YY λ
è possibile esprimere la relazione anzidetta nella maniera seguente:
22
2'" 2 λ−=−+xm
XX
xXX
Page 84
80
per cui si perviene ad un ulteriore sistema di due equazioni da risolvere
separatamente
( )
( )⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
−=−+
=−
5 2
4 0
22
2'"
2"
λ
λ
xm
XX
xXX
YY
si ha la possibilità di elaborare per la (4) delle soluzioni del tipo
( ) ( )yCyCY λλ coshsinh 21 +=
facendo riferimento alle condizioni al contorno sopra riportate per Y si ottiene la
forma
( )yCY λcosh=
infatti si può osservare dalla (c.c. 3") della (3) che vale
00,
=∂∂
xyψ
per cui
( ) ( )[ ]yCyCxXyYxX
yλλψ sinhcosh)()( 21 +⋅=
∂∂
⋅=∂∂
( ) ( )[ ] 00)(0sinh0cosh)( 11210,
=⇒=⋅=+⋅=∂∂ CCxXCCxX
y x
λλλψ
da cui si ottiene la soluzione sopra riportata.
Rimane da cercare una soluzione per la (5), che possiamo scrivere sotto un’altra
forma, ossia
02 222'"2 =+−+ XxXmxXXx λ ( ) 02 222'"2 =−++⇒ XmxxXXx λ
assumendo poi
( )xXxX 5.0* = da cui 5.0**
−== xXx
XX
si eseguono le derivate prima e seconda
23**
21
23
**
2211 −−−
−=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+= xX
dxdXxxX
dxdX
xdxdX
Page 85
81
*25*
23
2
*221
25**
23
2
*221*
23
2
2
43
23
221
21 Xx
dxdXx
dxXdxxX
dxdXx
dxXdx
dxdXx
dxXd −−−−−−−
+−=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+−+−=
sostituendo ora i rispettivi termini e procedendo alle debite semplificazioni
( ) ( ) ( ) ( ) 02
243 *2
1222*
23
'*21
*25
'*23
"*21
2 =⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+
⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢
⎣
⎡−+⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡+−
−−
−−−−XxmxXxXxxXxXxXxx λ
( ) ( ) ( ) ( ) 0243 *2
1222*2
1'*2
1*2
1'*2
1"*2
3
=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+−++−
−−−XxmxXxXxXxXxXx λ
( ) ( ) 041 *2222
1'*2
1"*2
3
=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−++
−XmxxXxXx λ
041 *222
*
2
*222
1
=⎭⎬⎫
⎩⎨⎧
⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−++
−Xmx
dxdXx
dxXdxx λ
pervenendo ad una ulteriore equazione differenziale alla derivate ordinarie:
041 *222
*
2
*22 =⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−++ Xmx
dxdXx
dxXdx λ (6)
appartenente alla famiglia delle equazioni di Bessel.
Nel caso da noi preso in considerazione, come in molti altri problemi fisici, spesso
le soluzioni matematiche non possono essere espresse in termini di funzioni
elementari, è allora necessario definire un’altra categoria di funzioni, che vengono
chiamate funzioni speciali, definite sotto forma di integrale (come nel caso della
funzione Γ) oppure come soluzioni di una particolare equazione differenziale, caso
nel quale rientrano le funzioni di Bessel, le quali si presentano spesso nei problemi
relativi alla trasmissione del calore.
Le equazioni di Bessel di ordine ν a coefficienti costanti, sono equazioni
differenziali esprimibili nella maniera seguente, che ne rappresenta la forma
standard.
( ) 02222
22 =−+⋅+⋅ yx
dxdyx
dxydx νλ
le equazioni anzidette presentano una soluzione del tipo:
( ) ( )xJCxJCy λλ νν −⋅+⋅= 43
con Jν funzione di Bessel di ordine ν, che si ricorda godere delle seguenti proprietà
Page 86
82
• J0(0) = 1, J1 (0) = J2 (0)= …= Jn (0)= 0
• Jν(x)→ 0 se x→∞
• Jν(x), ha un numero infinito di zeri positivi ζ, così definiti:
0 < ζ1 < ζ2 < …< ζn
Tanto per fissare le idee, nel diagramma sottostante si rappresentano alcune
funzioni di Bessel.
0 5 10-1
-0.5
0
0.5
1
x
J n(x)
J0(x)J1(x)
0 5 10-1
-0.5
0
0.5
1
x
J ν(x)
J0.5(x)J1.5(x)
0 5 10-1
-0.5
0
0.5
1
x
Yn(x
)
Y0(x)Y1(x)
0 5 10-1
-0.5
0
0.5
1
x
Yν
(x)
funzioni di Bessel di prima e seconda specie
Y0.5(x)Y1.5(x)
fig. 3.2 funzioni di Bessel di prima e seconda specie.
Nel caso in esame si è dinnanzi ad una equazione di Bessel di ordine ν non intero,
essendo difatti definito come:
21
2
41
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ += mν
Dalla letteratura a riguardo, si trova che quando ν è un numero reale si perviene
alla soluzione della forma sotto riportata
)()(21
221
2
41
4
41
3* xJCxJCX
mm
λλ⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ +
+=
dove Jν (x) può essere definito dalla serie seguente:
( ) ( ) ( )( ) ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+
++⋅+
+−
+Γ= ...
4222422221
12)(
42
ννννν
ν
νxxxxJ
Page 87
83
oppure nella forma più generale
( )( )( )∑
∞
=
+
++Γ−=
0
2
1!21)(
r
r
r
rr
xxJ
ν
ν
ν
mentre si definisce la funzione fattoriale generalizzata (o di Eulero), Γ nella maniera
che segue
( ) dxxe x νν ∫∞
−=+Γ0
1
esprimibile anche come
( ) ( )ννν Γ⋅=+Γ 1
con ν reale, ν>-1 per la convergenza dell’integrale in (0,∞). Nel nostro caso ν>0,
numero frazionario. L’andamento della funzione Γ è riportato in figura.
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 100
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
ν
y
Γ(ν)
fig. 3.3 grafico della funzione Γ.
Poiché per x=0, si ha che )()( yYxX ⋅=ψ ha un valore finito, la funzione J-ν (0)
sarebbe indeterminata, di conseguenza deve essere C4=0. Pertanto la soluzione della
(6) si presenta nella forma seguente:
)(21
2
41
* xCJXm
λ⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +
=
da cui avendo presente le assunzioni precedenti si deduce
Page 88
84
)(1)(21
2
41
21 xJC
xxX
m
λ⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +
⋅= (7)
e tenendo a mente che la soluzione completa dell’equazione (3) si presenta come
)()( yYxX ⋅=ψ , con )cosh()( yyY λ=
si giunge alla soluzione anzidetta, esprimibile tramite la relazione che segue
)cosh()(121
2
41
21 yxJC
x m
λλψ ⋅⋅=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +
(8).
È necessario ricavare ancora gli autovalori λ e la costante di integrazione C. Gli
autovalori si trovano dalla (c.c. 2") della (3)
ψψk
hx yL
∞−=∂∂
,
richiamando le regole di derivazione delle funzioni di Bessel:
( )[ ] ( ) ( )xJx
xJxJdxd λνλλλ ννν +−= +1 .
Si tenti ora di derivare la (7) secondo la (c.c. 2"), tenendo presente che 5.0
2
41
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ += mν
( ) ( )LxLx
xCJx
kh
xCJx
dxd
=
∞
=
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡−=
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡λλ νν
21
21
11
( ) ( ) ( ) ( )⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡−=⎥⎦
⎤⎢⎣⎡ +−+− ∞
+
−−LCJ
Lk
hLJ
LLJCLLJCL λλνλλλ νννν
211
21
23 1
21
si semplifica dividendo per C e 21
−L , in maniera tale da ottenere
( ) ( ) ( ) ( )LJk
hLJL
LJLJL
λλνλλλ νννν∞
+ −=+−− 121
( ) ( )LJk
hLL
LJ λλνλ νν 121
+∞ −=⎥⎦
⎤⎢⎣⎡ −−
si rileva che λ compare anche come argomento della funzione Jν, non è dunque
possibile esplicitarlo in maniera diretta, bensì è necessario ricavare tutti i valori di λ
che soddisfino l’equazione sopra riportata, esprimibile anche nella forma che segue:
Page 89
85
( )( ) p
LJLJ
=+
λλλ
ν
ν 1 (9)
dove Lk
hL
p21
−+= ∞ν
si ottengono di conseguenza infiniti lambda, λ1, λ2,……tali che ( )
( ) pLJ
LJ
n
nn =+
λλλ
ν
ν 1 .
La relazione sopra riportata può anche essere espressa nella forma che segue
( )( ) 0
1
=−+
nn
n
LJLJp λ
λλ
ν
ν
Si osserva che per descrivere la soluzione ψ sono necessarie ancora le infinite
costanti Cn che vanno a formare l’equazione indicata
( ) ( ) ( )yxJx
CXY nnnnn λλψ ν cosh1
21==
Mediante l’analisi di Fourier si cerca ora di ottenere i coefficienti di Fourier Cn,
sfruttando l’ortogonalità delle funzioni di Bessel Jν, e la condizione al contorno
(c.c. 4") che si ricorda essere:
( )00.
Θ−+=∂∂
− φψψ hy
klx
da cui, sostituendo i valori di precedentemente desunti è possibile ricavare
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡Θ−++=
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡− ∑∑
∞
=
−
∞
∞
= 00
121"
2
210
0 21 cosh1sinh
n
a
nnnn
nnn
n Bxhq
lxJx
ChlxJx
Ck λλλλλ
νν
pertanto si procede come segue: si moltiplica la sommatoria per ( )xJ mλν al primo
ed al secondo membro, in seguito si integra tra gli estremi di esistenza della
coordinata x, vale a dire nell’intervallo [ ]L,0
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡Θ−++
=−
∑
∑∞
=
−
∞
∞
=
00
121"
2
210
0 21
cosh1
sinh
nmm
a
mnmnn
nnmn
nn
xJxJBxxJhqlxJxJ
xCh
lxJxJx
Ck
λλλλλλ
λλλλ
ννννν
νν
ricordando la proprietà di ortogonalità delle funzioni di Bessel, secondo la quale
Page 90
86
( ) ( )( )
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
=
≠
=
∫∫
mndxxJx
mn
dxxJxJxn
Lmn
L
per
per 0
2
0
0 λλλ
ν
νν
e moltiplicando per 23
x al primo ed al secondo membro, in maniera tale da
ricondurci alla forma mostrata
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( ) ⎥⎥⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢⎢⎢
⎣
⎡
Θ−++
+⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
=−
∫∫∫
∑ ∫
∑ ∫
−
∞
∞
=
∞
=
dxxJxdxxJxxBdxxJxhq
dxxJxJxx
lCh
dxxJxJxx
lCk
m
L
m
L a
m
L
nmn
L
nn
mnn
L
nnn
λλλ
λλλ
λλλλ
ννν
νν
νν
0
23
023
0
121
0
23"
2
0
23
0 21
0
23
0 0 21
1cosh
1sinh
tenendo presente che 5.0
2
41
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ += mν e di conseguenza ( ) ν214 5.02 =+= ma , si ha
che vale
( ) ( ) 12312
21
231
21
+=+−=+− ννa
è possibile di conseguenza scrivere
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛Θ−+=
=−
∑ ∫∫∫
∑ ∫∞
=
+
∞
∞
=
0 0
1
0
23
0
"2
00
0 0
cosh
sinh
n
L
mm
LL
mnnn
n
L
mnnnn
dxxJxBdxxJxhqdxxJxxJlCh
dxxJxxJlCk
λλλλλ
λλλλ
νν
ννν
νν
e avendo presente la summenzionata proprietà di ortogonalità, si osserva che
scompaiono i termini di sommatoria, in quanto sopravvivono solamente quelli per
cui mn = :
( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( ) ⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛Θ−+=
=−
∫∫∫
∫+
∞
L
nn
LL
nnn
L
nnnn
dxxJxBdxxJxhqdxxxJlCh
dxxxJlkC
0
1
0
23
0
"2
0
20
0
2
cosh
sinh
λλλλ
λλλ
νν
νν
ν
procedendo infine
Page 91
87
( ) ( )[ ] ( ) ( ) ( )⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡−⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−Θ=+ ∫∫∫ +
∞
L
nn
LL
nnnnn dxxJxBdxxJxhq
hdxxxJlhlkC0
1
0
23"
200
0
20 coshsinh λλλλλλ ν
ννν
si perviene alla costante Cn esprimibile mediante la relazione
( ) ( )
( ) ( )[ ] ( )∫
∫∫
+
⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡−⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−Θ
=
+
∞
L
nnnn
L
nn
L
n
dxxxJlhlk
dxxJxBdxxJxhq
hC
0
20
0
1
0
23"
20
0
coshsinh λλλλ
λλ
ν
νν
ν
(10)
si è certamente in grado di esplicitare gli integrali presenti nella (10), infatti dalla
letteratura riguardo le funzioni di Bessel si trova che gli integrali di cui sopra sono
riconducibili alle due forme di seguito riportate:
• ( ) ( )[ ] ( )[ ]22
22'
1
0
2 121
21
nn
nn JJdxxxJ λλνλλ ννν ⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+=∫ (11)
• ( )
( ) ( ) ( )
( ) ( )
⎥⎥⎥⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢⎢⎢⎢
⎣
⎡
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−Γ
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ ++Γ
+−
++−+
=−
−−
−−∫ν
νλλλ
λλλαν
λλ αναν
ναν
αν
α
21α
21
21
21α
21
21
2
1
,1
1,1
11
0 nnn
nnn
nn SJ
SJ
dxxJx (12)
con
( )[ ]1Re 0 −>+> ναλ e
( )( )
( )pp
mm
m
zOm
z
mzzS 2
1
0
1,
21α
21
21
21α
21
21
21α
21
21
2
21α
21
211
−−
=
− +⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ −−Γ
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−−Γ
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−Γ⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ ++−Γ−
= ∑ αανα
ν
ν
ν
ν
si procede analizzando uno per volta ciascun degli integrali definiti summenzionati:
dunque si inizia con lo svolgere l’integrale definito
( )∫L
n dxxxJ0
2 λν
che deve essere ricondotto alla forma (11) tramite la sostituzione e derivazione
seguenti
Lxt = con 10 ≤≤ t e ,
Ldxdt =
Page 92
88
difatti si osserva che
⎩⎨⎧
=⇒=
=⇒=
1
00
tLx
tx
è pertanto possibile ottenere la relazione cercata
( ) ( )
( ) ( )[ ]( )
( )[ ]⎪⎭
⎪⎬⎫
⎪⎩
⎪⎨⎧
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+==
==
∫
∫∫2
2
22'
21
0
22
1
0
2
0
2
12
LJL
LJLdtLttJL
LdtLtLtJdxxxJ
nn
nn
n
L
n
λλνλλ
λλ
ννν
νν
(11')
che può essere ulteriormente semplificata ricordando la relazione
( )[ ] ( ) ( )xJx
xJxJdxd λνλλλ ννν +−= +1
per cui
( ) ( )[ ]( )
( )[ ]
( )[ ]( )
( )[ ]
( ) ( )( )
( )[ ]
( )[ ] ( )[ ] ( ) ( ) ALJLJL
LJLJL
LJL
LJLJL
LJL
LJL
LJL
LJLdxxxJ
nnn
nnn
nn
nnn
nn
nn
nn
n
L
n
=⎭⎬⎫
⎩⎨⎧
−+=
=
⎪⎪⎪
⎭
⎪⎪⎪
⎬
⎫
⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+−
++
=
=⎪⎭
⎪⎬⎫
⎪⎩
⎪⎨⎧
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−+=
++
+
+
∫
λλλ
νλλλ
λλνλλ
λν
λλνλλ
λλνλλ
νννν
ννν
νν
ννν
122
12
2
22
2
1
22
22
12
2
22
22'
2
0
2
22
122
12
Ci si comporta in maniera analoga per i due integrali presenti al numeratore nella
(10), entrambi riconducibili alla forma (12); si osserva che per l’integrale espresso
come:
( )dxxJx n
L
λν∫0
23
tramite la sostituzione vista in precedenza, si ricava
( ) ( ) ( ) ( )∫∫∫ ==1
0
23
251
0
23
0
23
dtLtJtLLdtLtJLtdxxJx nn
L
n λλλ ννν
per cui, si giunge all’espressione riportata di seguito
Page 93
89
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢
⎣
⎡
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−Γ
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +Γ
+−
++⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +
=
==
−
−
−
∫∫
ν
νλλλ
λλλν
λ
λλ
νν
νν
νν
21
41
21
45
2
21
23
,231
1,21
25
1
0
23
25
0
23
LSLLJ
LSLLJ
dtLtJtLdxxJx
nnn
nnn
n
nn
L
(12')
ed analogamente per l’integrale
( )∫ +L
n dxxJx0
1 λνν
si trova
( ) ( )
( )( ) ( )( ) ( ) ( )
( ) ⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡
Γ+Γ
+−
++=
==
++−
−+−
+++ ∫∫
012
21
,11
1,2
1
0
12
0
1
νλλλ
λλνλλ
λλ
νννν
νννν
ννν
νν
LSLLJ
LSLLJ
dtLtJtLdxxJx
nnn
nnn
n
nn
L
(12")
in definitiva si è adesso in possesso di tutti gli elementi necessari alla descrizione
quantitativa del campo di temperatura T presente sulla paletta, con
( ) ( ) ( )xyxyx φψ +=Θ ,,
( ) ∑∞
=
=1 2
1 )cosh()(1,n
nnn yxJCx
yx λλψ ν (8')
( ) ( )1221"
2 −
∞
+=ν
φ Bxhqx (2')
essendo ∞−=Θ TT
Page 94
90
CCAAPPIITTOOLLOO 44
SOLUZIONE ESATTA DEL MODELLO
4.1 Soluzione numerica
Allo scopo di ricavare la soluzione esatta si è fatto uso del software della
Mathworks MATLAB 5.2, un potente linguaggio di programmazione per il calcolo
tecnico, che integra all’interno del proprio ambiente di lavoro, gli strumenti atti sia al
calcolo che alla visualizzazione grafica dei risultati. Per arrivare alla soluzione su
procede nella maniera sottoesposta: innanzitutto si riprende in esame l’equazione
(9), espressa come segue:
( )( ) 0
1
=−+
nn
n
LJLJ
p λλλ
ν
ν
rappresentando la relazione precedente nella forma ( ) ( )LJLpJf nnnn λλλλ νν 1)( +−=
0 50 100 150 200 250 300 350-100
-80
-60
-40
-20
0
20
40
60
80
100
λn
f(λn)
fig. 4.1 grafico della funzione f(λn).
quindi si studia la funzione )( nf λ , di cui è mostrato il grafico. Si deduce che una
soluzione è certamente quella banale 0=λ (essendo infatti ( ) 00 =νJ ). Ma questa
Page 95
91
non è l’unica soluzione, bensì esistono infiniti λn che annullano l’equazione (9),
occorre dunque ricavare tali autovalori λn. Dallo studio di tale relazione, si ha la
chiara conferma che gli autovalori λn sono in numero infinito, e che la loro
periodicità è variabile. Si riportano di seguito i grafici relativi a tali autovalori ed il
loro valore numerico, relativi a dei parametri di input di tentativo.
0 100 200 300-100
0
100
f(λn)
λ0
0 100 200 300-100
0
100
f(λn)
λ1
0 100 200 300-100
0
100
f(λn)
λ2
0 100 200 300-100
0
100
f(λn)
λ3
0 100 200 300-100
0
100
λn
f(λn)
λ4
0 100 200 300-100
0
100
λn
f(λn)
λ5
fig. 4.2 autovalori λn della funzione f(λn).
i valori numerici di tali autovalori e dei rispettivi coefficienti di Fourier sono
mostrati in tabella
n λn Cn
0 0 non definito
1 24,8445 -183,2815
2 62,0224 0,3857
3 94,0662 -0,0253
4 126,5617 6,9163·10-4
5 158,2985 -4,8168·10-4
Tabella 4.1 autovalori e corrispondenti coefficienti di Fourier.
Si è ora in grado di scrivere la soluzione completa in quanto, si sfrutta il fatto che
solo i primi termini sono significativi. Difatti incrementando il valore di λn, il
Page 96
92
corrispondente coefficiente di Fourier Cn decresce rapidamente, ed al contempo si
ha l’effetto sinergico del fatto che elevati valori di λn appiattiscono la curva ψ verso
valori nulli. Si ha pertanto la possibilità di troncare lo sviluppo in serie ai primi
termini, senza incorrere in gravi imprecisioni, anche se in questa sede si prosegue lo
sviluppo a i primi 5 termini. Operando in questo modo si ottiene una espressione del
tipo
( ) ∑=
=5
121 )cosh()(1,
nnnn yxJC
xyx λλψ ν
con le costanti Cn espresse come:
( ) ( )
( ) ( )[ ] ( )∫
∫∫
+
⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡−⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−Θ
=
+
∞
L
nnnn
L
nn
L
n
dxxxJlhlk
dxxJxBdxxJxhq
hC
0
20
0
1
0
23"
20
0
coshsinh λλλλ
λλ
ν
νν
ν
in cui B vale
( ) ( )⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+
−
−=
∞
−⋅
∞∞
12
121221
"2
"1
LhkL
hq
hq
Bνν
per cui si ottiene
( )
( )( ) ( )
( )
( ) ( )[ ] ( )∑
∫
∫∫
=
+
∞
−⋅
∞∞
∞
+
⎥⎥⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢⎢⎢
⎣
⎡
⎪⎪⎭
⎪⎪⎬
⎫
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+
−
−+⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛Θ−
−=5
1
0
20
0
1
1221
"2
"1
0
23
0
"2
021 )cosh()(
coshsinh
12
121,
nnnL
nnn
L
nn
L
yxJdxxxJlhlk
dxxJx
LhkL
hq
hq
dxxJxhq
hx
yx λλλλλλ
λν
λ
ψ ν
ν
νν
νν
come dati di input di default, cui si riferiscono i diagrammi sotto riportati, sono stati
utilizzati:
• k=40 ⎥⎦⎤
⎢⎣⎡
⋅ KmW ; h∞=100, h0=5000 ⎥⎦
⎤⎢⎣⎡
⋅ KmW2 ;
• q1”=100000, q2
”=20000 ⎥⎦⎤
⎢⎣⎡
2mW Θ0=-1000 [K].
Page 97
93
Mentre per quanto riguarda le dimensioni della paletta si considera un rapporto lL
pari a
Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4
lL 0.9 1.0 1.1 1.2
Fissato L=0.1, e b=0.02 [m]. In base a tale sviluppo si ha una soluzione ψ(x,y) con
il corrispondente grafico delle curve di livello isoterme, come riportato di seguito:
fig. 4.3 grafico 3D e curve isoterme della soluzione ψ(x,y) caso 1.
mentre la soluzione completa Θ(x,y), e le corrispondenti curve di livello isoterme
sono come mostrato in figura:
fig. 4.4 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 1.
Page 98
94
Supponendo ora che, in corrispondenza del bordo d’attacco la paletta, invece di
ricevere un flusso radiativo luminoso, venga raffreddata per convezione mediante
acqua, con una sottrazione di calore pari a q1”=-100000 [W/m2], si ottiene:
fig. 4.5 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 1
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
In maniera analoga per come fatto sopra si opera variando i parametri geometrici
d’ingresso, ed in particolare il rapporto L/l, ricavando così la tabella seguente:
Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 0,9 1,0 1,1 1,2
n λn Cn Cn Cn Cn 1 24,8445 -183,2815 -143,3873 -112,0468 -87,4945 2 62,0224 0,3857 0,2074 0,1116 0,0600 3 94,0662 -0,0253 -0,0098 -0,0038 -0,0015 4 126,5617 6,9163·10-4 1,9509·10-4 5,5027·10-5 1,5521·10-5 5 158,2985 -4,8168·10-4 -9,8919·10-6 -2,0314·10-6 -4,1717·10-7
Tabella 4.2 autovalori e coefficienti di Fourier per i casi considerati.
Di seguito si riportano le soluzioni relative ai casi succitati, in presenza
rispettivamente di irraggiamento luminoso sul bordo d’attacco, o di refrigerazione,
localizzata sempre sul bordo d’attacco.
lL
Page 99
95
fig. 4.6 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 2.
fig. 4.7 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 2
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
Page 100
96
fig. 4.8 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 3.
fig. 4.9 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 3
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
Page 101
97
fig. 4.10 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 4.
fig. 4.11 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 4
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
di seguito si riporta una ulteriore serie di prove, ottenute dimezzando i flussi termici radiativi.
Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 0,9 1,0 1,1 1,2
n λn Cn Cn Cn Cn 1 24,8445 -167,5562 -131,0849 -102,4333 -79,9876 2 62,0224 0,3499 0,1882 0,1012 0,0544 3 94,0662 -0,0231 -0,0090 -0,0035 -0,0014 4 126,5617 6,3114·10-4 1.7802·10-4 5.0214·10-5 1.4164·10-5 5 158,2985 -4,4052·10-5 -9,0465·10-6 -1,8578·10-6 -3,8152·10-7
Tabella 4.3 autovalori e coefficienti di Fourier per i casi considerati.
lL
Page 102
98
inoltre si riportano, come fatto in precedenza, le soluzioni relative all’irraggiamento
luminoso, ed alla refrigerazione sempre sul bordo d’attacco.
fig. 4.12 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 1.
fig. 4.13 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 1
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
Page 103
99
fig. 4.14 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 2.
fig. 4.15 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 2
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
Page 104
100
fig. 4.16 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 3.
fig. 4.17 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 3
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
Page 105
101
fig. 4.18 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 4.
fig. 4.19 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 4
nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.
Page 106
102
4.2 Conclusioni
La tendenza, da parte dei costruttori, di innalzare la temperatura estrema del ciclo
joule di turbina a gas, ha portato ad esasperare le già estremamente severe condizioni
in cui si trovano ad operare le palette di turbina.
Nell’ottica dello studio di tali particolari condizioni, s’inserisce l’elaborato di tesi,
incentrato sullo studio del campo di temperatura nelle palette di turbogas.
1. È stata individuata una soluzione esatta del campo di temperatura nelle palette
di turbogas, ricorrendo solamente a minori semplificazioni quasi 2-D.
2. È stato realizzato un codice di calcolo semplice con il software MATLAB,
che consente di valutare T(x,y) assegnate diverse geometrie e condizioni al
contorno di flusso termico radiativo e convettivo.
3. l’approccio seguito consente uno studio preliminare della T della lega
metallica qualora si voglia ricorrere a soluzioni costruttive di barriera termica
del tipo:
barriera termica
fig. 4.20 possibili soluzioni costruttive di barriera termica.
4. se il ∆T all’interno della pala supera i 50 °C, o la geometria delle soluzioni
studiate per il raffreddamento (canalizzazioni interne) è molto complessa, è
necessario ricorrere a soluzioni ottenute mediante codici di calcolo
approssimati agli elementi finiti o alle differenze finite.
Per la sua stessa natura di "work in progress", il lavoro di tesi in oggetto è dunque
passibile di notevoli sviluppi, miglioramenti e/o complicazioni.
Page 107
103
Bibliografia
[1] O. Acton, C. Caputo: "Macchine a Fluido – 2.1, Impianti Motori"; Torino:
UTET, 1992.
[2] C. Caputo: "Gli Impianti Convertitori d’Energia"; Milano: Masson, 1997.
[3] F. Kreith: "Principi di trasmissione del calore"; Napoli: Liguori, 1975.
[4] von Karman Institute: "Lecture Serie 83 – Turbine Blade Cooling" ; Rhode Saint
Genese Belgium, 12-16 gennaio 1976.
[5] R.S. Abhari: " Turbine Cooling " ; Politecnico Federale Svizzero di Zurigo. www.lsm.ethz.ch/d/teaching/Downloads/ss2002/aerospaceW6.pdf
[6] Fabrizio Cecconi: " La Refrigerazione Palare dei Turbogruppi a Gas"; Facoltà di
Ingegneria, Latina 2003. dma.ing.uniroma1.it/STAFF/corsini/FCecconi-TG.pdf
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