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Critica del testo, I / 3, 1998 1. Premessa. Il Codice Latino Zanetti 479 (= 1914), depositato presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (= M), contiene alcuni testi assai noti nel Medioevo: il De regimine principum di Egidio Colonna, l’Ethica abreviata detta alessandrina di Aristotele, il Se- cretum secretorum e il Liber de pomo pseudo-aristotelici (cfr. § 2. 6). Ad esso va attribuito particolare rilievo per due elementi: 1) il frammento di versi provenzali di N’At de Mons (c. 1 ra ) 1 ; e 2) la sottoscrizione dedicatoria presente a c. 152 vb : § Excellentissimo domino. A. dei gratia. regi romanorum. castelle. tolleti. regionis (pro legionis) gallicie. Sibilie. cordube. Murcie. gen. (pro Jahen) et algarb. § Karolus dei gratia. rex cecilie. ducatus apulie. principatus capue. alme. urbis senator. Andegavie prouincie. et folchacherii comes. (cfr. Tav. 5) È possibile stabilire, in base ai titoli regali citati, l’identità dei due re (A. e Karolus) e il periodo in cui la dedica fu scritta. Si * Ringrazio S. Asperti, H. O. Bizzarri, C. Bologna, E. Burgio, M. Careri, A. D’Agostino, M. Eusebi, S. Rapisarda e S. Zamponi per tutti i consigli che mi hanno dato durante la stesura del presente lavoro. Un particolare ringrazia- mento va a C. Zanatta che gentilmente mi ha segnalato il codice marciano, qui oggetto di studio. 1. «§ ni ia per nul plazer qi lialtat non a. gaug noli remandra. chom plus fai sos talenz. lo pecaires manenz. plus li torna a mal traich. car membra li son sorfaiz. El lials sofrachos dauer e daltres pros. refrena tot son mals qan pensa chels lials.»: N’At de Mons, Si tot non es enquistz, BdT 309, V (BdT = A. Pillet e H. Carstens, Bibliographie der Troubadours, Halle 1933), vv. 1229-1239 (cfr. § 2. 6 e Tav. 1). Ilaria Zamuner Una sottoscrizione dedicatoria di Carlo I d’Angiò ad Alfonso X di Castiglia*
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Una sottoscrizione dedicatoria di Carlo I d'Angiò ad Alfonso X di Castiglia

Jan 17, 2023

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Vasco La Salvia
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Critica del testo, I / 3, 1998

1. Premessa.

Il Codice Latino Zanetti 479 (= 1914), depositato presso laBiblioteca Nazionale Marciana di Venezia (= M), contiene alcunitesti assai noti nel Medioevo: il De regimine principum di EgidioColonna, l’Ethica abreviata detta alessandrina di Aristotele, il Se-cretum secretorum e il Liber de pomo pseudo-aristotelici (cfr. § 2. 6).Ad esso va attribuito particolare rilievo per due elementi: 1) ilframmento di versi provenzali di N’At de Mons (c. 1ra)1; e 2) lasottoscrizione dedicatoria presente a c. 152vb:

§ Excellentissimo domino. A. dei gratia. regi romanorum. castelle. tolleti.regionis (pro legionis) gallicie. Sibilie. cordube. Murcie. gen. (pro Jahen) etalgarb. § Karolus dei gratia. rex cecilie. ducatus apulie. principatus capue.alme. urbis senator. Andegavie prouincie. et folchacherii comes. (cfr. Tav. 5)

È possibile stabilire, in base ai titoli regali citati, l’identità deidue re (A. e Karolus) e il periodo in cui la dedica fu scritta. Si

* Ringrazio S. Asperti, H. O. Bizzarri, C. Bologna, E. Burgio, M. Careri,A. D’Agostino, M. Eusebi, S. Rapisarda e S. Zamponi per tutti i consigli chemi hanno dato durante la stesura del presente lavoro. Un particolare ringrazia-mento va a C. Zanatta che gentilmente mi ha segnalato il codice marciano, quioggetto di studio.

1. «§ ni ia per nul plazer qi lialtat non a. gaug noli remandra. chom plusfai sos talenz. lo pecaires manenz. plus li torna a mal traich. car membra li sonsorfaiz. El lials sofrachos dauer e daltres pros. refrena tot son mals qan pensachels lials.»: N’At de Mons, Si tot non es enquistz, BdT 309, V (BdT = A. Pillete H. Carstens, Bibliographie der Troubadours, Halle 1933), vv. 1229-1239(cfr. § 2. 6 e Tav. 1).

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tratta di Alfonso X (1222-1284) sovrano di Castiglia e di León(1256-1284), eletto re dei romani da una parte dei principi elettoritedeschi in base alla sua discendenza dalla famiglia Hohenstaufen(1257-1275)2; e di Carlo (1226-1285), fratello di Luigi IX il Santore di Francia, conte d’Angiò, di Provenza e di Forcalquier (1246),re di Sicilia (1265) e di Gerusalemme (1277)3. Nel 1267 Carlo

2. Cfr. la seguente iscrizione: «Alphonsus, Dei gratia, Romanorum rex sem-per augustus et Castelle, Toleti, Legionis, Gallecie, Sibilie, Cordube, Murcie,Gienne, et Algarbie rex», presente nel documento dell’archivio di Castel S. Ange-lo, Archivio Vaticano, I-XVIII, n° 167, datato 1° febbraio 1263 (trascrizione di I.Rodriguez R. De Lama in La documentación pontificia de Urbano IV (1261-1264), Istituto Español de Historia Eclesiástica, Roma 1981, p. 99). Si noti inoltreche nel codice vaticano Reg. lat. 271 (c. 104v) il nome di Alfonso X è abbreviato:«A. illustris regis Castelle» (cfr. ibid., p. 118). Per ulteriori notizie su AlfonsoX, vedi A. Ballesteros Beretta, Alfonso X el Sabio (1963), Barcelona 19842

(nuova ed. corredata da indici); C. de Ayala Martínez, Alfonso X: Beaucaire y elfin de la pretensión imperial, in «Hispania. Revista Española de Historia»,XLVII (1987), pp. 5-31; C. Segura Graiño, Semblanza humana de Alfonso el Sa-bio, in Aa.Vv., Alfonso X el Sabio, vida, obra y época, I, Actas del Congreso dela Sociedad Española de Estudios Medievales, Madrid 1989, pp. 11-29 e J. Val-deón, Alfonso X el Sabio: semblanza de su reinado, in Alfonso X y su época, in«Revista de Occidente», XLIII (1984), pp. 15-28. Si è inoltre consultato: L’artde vérifier les dates des faits historiques, des chartes, des chroniques et autresanciens monuments, depuis la Naissance de Notre-Seigneur, nouvelle éditionrevue, corrigée & augmentée par un Religieus Bénédictin de la Congrégationde S. Maur, Paris 1770.

3. Prima dell’ascesa al trono di Sicilia, Carlo d’Angiò si firmava come se-gue: «Karolus, filius regis Francie, comes Andegavie et Provincie et Forcalquerii,et marchio provincie» (questi titoli sono presenti in un atto del 17/18 luglio 1257relativo ad una transazione con Guigues Dauphin, conte di Vienne e d’Albon:Napoli, Registri angioini 2, ff. 130-131). Dopo la promulgazione della bollad’investitura del 28 giugno 1265, Carlo I aggiunse i nuovi titoli assunti ai titolifrancesi: «Carolus, Dei gratia rex Sicilie, ducatus Apulie et principatus Capue,Alme Urbis senator, Andegavie, Provincie et Forcalquerii comes» (questi titolisono presenti negli atti amministrativi datati dal 15 luglio al 5 agosto 1265[Napoli, Registri angioini 3, f. 9] e in una lettera del 2 febbraio 1266, conservatanell’Archivio Nazionale di Parigi, J. 171, n°11): Les archives angevines deNaples. Étude sur le Registres du roi Charles Ier (1265-1285), par P. Durrieu, Ier,Paris 1886, p. 187 (+ nn. 1-2) e p. 265. Si tenga conto del fatto che «a seguito divarii avvenimenti, i registri angioini non conservarono più l’ordinamento origina-le, ma molti andarono dispersi, altri furono divisi in varii frammenti, e queste partistaccate furono poi riunite ad altri registri cui originariamente non appartenevano,o se ne fecero registri miscellanei. Tutti gli studiosi che prima del 1943 hanno

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d’Angiò venne eletto podestà di Firenze, di Lucca e di Pistoia e nelfebbraio 1272 accettò la corona d’Albania; ma i due titoli, PotestasFlorencie e Rex Albanie, non vennero utilizzati con regolarità:

il a pris quelquefois tantôt l’un, tantôt l’autre, dans le préambule de certainsactes où il se trouve agir exclusivement en qualité de podestat de Florenceou en qualité de roi d’Albanie4.

Tra la metà di maggio 1266 e il 24 agosto 1268, il sovranoangioino fu costretto a rinunciare al titolo di senatore di Roma(ottenuto nel 1263) in favore del fratello di Alfonso X, l’infanteDon Enrico di Castiglia. La dedica fu quindi scritta o tra il 28 giu-gno del 1265, giorno in cui ufficialmente Carlo I d’Angiò assunseil titolo di re di Sicilia, e la metà di maggio del 1266 o tra il 24agosto del 1268 e il 1° novembre del 1275, giorno in cui AlfonsoX perse il titolo di re dei romani a causa della nomina imperiale diRodolfo d’Asburgo5.

Ben noti agli storici sono i rapporti di ostilità intercorsi tra ilsovrano angioino, di parte guelfa, e il re castigliano, di parte ghi-bellina6. Se quindi dal punto di vista letterario il manoscritto mar-ciano, qui oggetto d’analisi, non suscita particolare interesse, dal

utilizzato gli archivii angioini hanno quindi citato i registri in base a questo ordi-namento posteriore, che non corrispondeva affatto a quello originario»: S. Borsa-ri, La politica bizantina di Carlo I d’Angiò dal 1266 al 1271, in «Archivio Stori-co per le Provincie Napoletane», XXXV (1956), p. 319 n. L’ordinamento origina-le è stato ricostruito da R. Filangieri, I registri della cancelleria angioina. Testi edocumenti di storia napoletana pubblicati dall’Accademia Pontaniana, I-VI, Na-poli 1950-1954.

4. Les archives angevines cit., p. 191.5. Cfr. Ballesteros Beretta, Alfonso X el Sabio cit., pp. 706-732. Il sovrano

castigliano aveva definitivamente rinunciato alle pretese imperiali all’inizio delmese di ottobre dello stesso anno: cfr. de Ayala Martínez, Alfonso X: Beaucairecit., p. 31.

6. Cfr. Borsari, La politica bizantina di Carlo I d’Angiò cit., p. 342; S. Runci-man, The Sicilian Vespers. A History of the Mediterranean World in the laterThirteenth Century (1958), trad. it. I vespri siciliani, Bari 1971, pp. 162-163 epp. 200-205. Cfr. per i rapporti tra Carlo d’Angiò e papato: Runciman, I vesprisiciliani cit. e A. Barbero, Il mito angioino nella cultura italiana e provenzale fraduecento e trecento, Torino 1983, pp. 9-46; tra Alfonso X e papato: de AyalaMartínez, Alfonso X: Beaucaire cit. e Id., Las relaciones de Alfonso X con laSanta Sede durante el pontificado de Nicolas III (1277-1280), in Alfonso X elSabio, vida, obra y época cit., pp. 137-151.

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punto di vista storico-culturale si propone quale testimone di unevento diplomatico e anello di congiunzione di un complesso pro-cesso culturale che coinvolge figure storiche di particolare rilievo.

Nonostante sia evidente l’estraneità del colophon rispetto alresto del codice marciano7, ciò non toglie che possa essere real-mente esistito un manoscritto inviato da Carlo I d’Angiò ad Alfon-so X di Castiglia di cui è testimone la dedica trasmessa dal codiceveneziano. Come si vedrà nel § 3, l’inedito frammento di versiprovenzali di N’At de Mons, trascritto nella prima carta di M,permette di stabilire una relazione tra la dedica e il contenuto delmanoscritto8 utile a sostenere da un lato l’esistenza di un codiceoggi perduto, dall’altro un’indagine interna ad M latore forse dimateriale in stretta connessione con il manoscritto angioino9. Per-tanto in questo studio ci si propone di ricostruire la struttura e il

7. A c. 152v la rubrica De scorpione (riga 39), a differenza delle rubricheDe geminis (r. 2), De cancro (r. 10), De leone (r. 19), De uirgine (r. 28) e Delibra (r. 38) perfettamente inserite nella col. a, oltrepassa l’intercolumnio etermina nella col. b (cfr. Tav. 5). Mi pare quindi verosimile credere che durantela fase di rubricatura vi fosse uno spazio bianco in luogo del colophon. Ciò di-mostra l’esistenza di due fasi diverse e successive di scrittura dei testi contenutinell’ultima carta del manoscritto (De signis celestibus → fase b e colophon →fase c: cfr. § 2. 2), rivelando forse la presenza stratificata di più fonti utilizzatedal copista 1 nella «costruzione» del manoscritto marciano.

8. È utile, pertanto, ricordare il rapporto intercorso tra N’At de Mons e il so-vrano castigliano. A tal fine si leggano i seguenti versi (BdT 309, 1): «Al bon reyde Castela, / N’Anfos, car se capdela / Ab valor cabaloza, / N’Atz de Mons deTholoza, / Senhoriva lauzor / Ab creissemen d’onor / E de benignitat» (vv. 1-7), eancora «Anfos, per las vertutz / De dieu endevengutz / Augutz, tostemps creis-sens, / Reys dels Romas, regens / Lo regne de Castela, / Tolet’ e Compostela, /Sebeli’ e Leo, / Cordoa, la regio / De Murcia, le Yen, [ed. leyen] / L’Algarab, reysapen / Granad’ et Alamanha / E l’autr’ Andalucia. / Al savis daus totz latz, / Percuy nostre dictatz / Er vistz et entendutz, / Gracias e salutz / En nostra bevolensa»(vv. 1248-1264): W. Bernhardt (ed.), Die Werke des Trobadors N’At de Mons(1887), Wiesbaden 19682, p. 1 e p. 34. L’editore ha datato il componimento Albon rey de Castela tra il 1267 e il 1275 (ibid., p. viii).

9. Mi pare interessante sottolineare che il copista 1, principale compilato-re della silloge marciana, introduce delle varianti a partire dall’Ethica abrevia-ta ed integra alcune lacune presenti nel testo De planetis (cfr. § 2. 3). Ciò sug-gerisce l’esistenza di un codice, diverso da M, latore delle opere aristoteliche epseudo-aristoteliche e del trattatello astrologico, fonte delle varianti marginali eforse anche di alcuni testi vergati dal copista 1 nei binioni del manoscrittomarciano (fasc. I e XVIII).

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contenuto del manoscritto originariamente inviato ad Alfonso X (= a),“scavando” nella stratificazione dei progressivi interventi presentinel testimone veneziano; inoltre ci si propone di accertare se ilcodice sia mai giunto nella corte castigliana ad arricchire l’ingentepatrimonio librario del re spagnolo10.

È necessario pertanto esaminare il codice M allo scopo distabilirne la struttura, il contenuto, l’origine e la datazione. Ciòpermetterà di circoscrivere gli elementi utili all’individuazionestrutturale del codice perduto e di ricostruire, seppure in manieraparziale, il destino del manoscritto angioino.

10. È difficile poter stabilire l’occasione che spinse Carlo I d’Angiò adinviare un manoscritto ad Alfonso X. Mi pare comunque interessante segna-lare un episodio che potrebbe essere in relazione con l’evento storico quidescritto. In occasione delle negoziazioni castellano-pontificie, avvenute aBeaucaire nel luglio del 1275, Alfonso di Castiglia chiese a papa Gregorio Xla restituzione di un’ingente somma di denaro prestata in passato da lui stes-so a Carlo I d’Angiò. Non è possibile stabilire perché e quando tale prestitoavvenne: in merito purtroppo la documentazione tace. Ciò che però contasottolineare è che vi è stato un rapporto diplomatico tra i due sovrani nel pe-riodo che a noi interessa. Sull’incontro di Alfonso con il papa Gregorio X,cfr. Ballesteros Beretta, Alfonso X el Sabio cit., pp. 728-732; de Ayala Mar-tínez, Alfonso X: Beaucaire cit. e R. P. Kinkade, Alfonso X, Cantiga 235,and the Events of 1269-1278, in «Speculum», LXVII (1992), pp. 284-323, inpart. pp. 301-304. Si legga, a conferma di ciò che qui si sostiene, la nota diDe Bartholomeis ai vv. 43-45 di Al bon rey q’es reys de pretz car (BdT 154,1) di Folquet de Lunel («[E qui.l Papa pogues citar / a major de se, fora bo,/] quar del rey N’Anfos no vol far / e del rey Carle bon perdo; / e qu’om ren-des N’Enric, qu’ora seria»): «Poco dopo il supplizio di Corradino, mentredon Enrico era rinchiuso nel castello di Canosa, Alfonso X di Castiglia eGiacomo d’Aragona sollecitarono da Carlo d’Angiò, per mezzo diun’ambasceria, un’alleanza contro gl’infedeli e contro il ghibellinismo tede-sco, nonché la liberazione di don Enrico. Abbiamo il testo della risposta diCarlo (cfr. Codice diplomatico del regno di Carlo I. e Carlo II. d’Angiò, os-sia Collezione di leggi, statuti e privilegi, dal 1265 al 1309, a cura di G. DelGiudice, II (parte I), Napoli 1869, pp. 285-287), la quale è tutta una elenca-zione delle colpe dell’Infante verso di lui. Per quanto Carlo, sulla fine dellalettera, si dica disposto alla liberazione, (…), tuttavia le trattative non appro-darono a nulla. La risposta di Carlo è del 13 luglio 1269. Fu in seguito a talerifiuto che le corti di Spagna furono indotte a mettersi in relazione co’ Ghi-bellini d’Italia, fra cui il Marchese del Monferrato, perché Alfonso fosse unabuona volta riconosciuto imperatore»: V. De Bartholomaeis, Poesie proven-zali storiche, II, Roma 1931, pp. 277-281 (cit. pp. 279-280).

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2. Descrizione del codice marciano11.

Per quanto segue si tenga presente che: 1) il codice è parzial-mente palinsesto, per cui utilizzerò, quando necessario, la defini-zione «cod. 1» per il codice eraso e «cod. 2» per il codice scritto surasura; 2) le mani che intervengono nella trascrizione materiale delcodice sono due: mano 1 (a sua volta differenziata nelle fasi 1a, 1b

e 1c) e mano 2; 3) il manoscritto è composito. Risultano assemblatidue codici originariamente autonomi, vergati in epoche vicine: ms.1 (cc. 3r-118r), trascritto dalla mano 1a e ms. 2 (cc. 119r-150ra), tra-scritto dalla mano 2. Sono stati ad essi aggiunti, in un secondomomento, i bifoli iniziali e finali.

Il carattere composito del ms. può essere comprovato dal fatto che la nume-razione dei fasc. non include la seconda parte e la decorazione delle dueparti è differente. Tuttavia, poichè il binione iniziale e il binione finale sonostati scritti da una medesima mano [ossia la mano 1], è più opportuno con-siderare il ms. composto di due parti eseguite forse indipendentemente, maquasi subito unite a formare un unico manoscritto12

2.1 Composizione e decorazione.Il manoscritto veneziano, interamente membranaceo, comprende at-tualmente 152 carte, numerate in cifre arabiche a penna (XVI-XVIIsec. circa) nel margine superiore destro di ciascun recto (1-152)13. La

11. Per la descrizione del codice cfr. A. M. Zanetti, Latina et Italica D.Marci Bibliotheca codicum manu scriptorum per titulos digesta praeside etmoderatore Laurentio Theupolo equite ac D. Marci procuratore iussu Senatus,Venetiis, Apud Simonem Occhi Bibliopolam, 1741, p. 189; P. Zorzanello, Ca-talogo dei codici latini della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, I,Trezzano (To) 1980, pp. 81-83; F. Del Punta e C. Luna (a cura di), AegidiiRomani. Opera Omnia. I. Catalogo dei manoscritti (1001-1075). De regimineprincipum. 1/11 Città del Vaticano-Italia, Firenze 1993, n°1072, pp. 282-289;C. Zanatta, Astronomia e astrologia medievale latina nella Biblioteca NazionaleMarciana: Fondo Antico, Classi II, III, VI-VIII, XII e XIV, tesi di laurea discussapresso l’Università “Ca’ Foscari” di Venezia (relatore: Prof. P. Eleuteri), a. a.1995/96, pp. 167-185, in corso di pubblicazione. Per la descrizione del ms. ho tenutoconto delle indicazioni fornite da A. Petrucci, in La descrizione del manoscritto.Storia, problemi, modelli, Roma 1984 e da V. Jemolo e M. Morelli, in Guida ad unadescrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento, Roma 19902.

12. Del Punta e Luna, Aegidii Romani cit., p. 282.13. Vanno inoltre aggiunti i ff. I-II (cart., sec. XVIII) e f. III (cart., ant.)

posti all’inizio del codice e non inclusi nella foliazione (quest’ultima segue la

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pergamena, di colore bruno e di preparazione piuttosto rozza, pre-senta delle macchie di umidità, in particolar modo nei fogli iniziali efinali14. Lo spessore delle carte, variabile, si assottiglia in corrispon-denza dei fogli palinsesti (ff. 23 / 28, 32 / 37, 34 / 35, 41 / 47, 42 /45, 50 / 57, 51 / 56, 52 / 55, 60 / 67, 61 / 66, 62 / 65, 63 / 64, 71 /76). Questi ultimi, originari di uno stesso codice (di formato presso-ché doppio rispetto al cod. 2), vengono utilizzati in senso trasversaledal copista del ms. 1, in modo tale che da una carta del cod. 1 se neottengono due del cod. 2. In base alla foratura, ancora visibile nelmargine inferiore e laterale delle cc. 51 / 56, 52 / 55 e 61 / 66 si ot-tiene che: 1) il campo di scrittura del cod. 2 misura mediamente mm.298 x 170; 2) sono state tracciate 55 righe e 3) la rigatura è di tipoSautel e Leroy 20E2, Derolez 51 o Sautel e Leroy 20D215. Il testo delcod. 2 è disposto su due colonne, ciascuna in media di mm. 70 dilarghezza, affiancato nei margini da due colonnine di mm. 5.L’intercolumnio misura mm. 15.

Il codice – lacunoso – è costituito da 18 fascicoli regolari: unbinione: fasc. I4 (1-2); un quinione mancante del primo e del deci-mo foglio: fasc. II10-2 (3-10); due quinioni: fasc. III10 (11-20) e fasc.IIII10 (21-30); un quinione mancante del primo foglio: fasc. V10-1

(31-39); un quinione mancante del terzo foglio: fasc. VI10-1 (40-48); sette quinioni: fasc. VII10 (49-58), VIII10 (59-68), VIIII10 (69-78), X10 (79-88), XI10 (89-98), XII (99-108), XIII10 (109-118);quattro quaternioni: fasc. XIIII8 (119-126), XV8 (127-134), XVI8

perdita di quattro carte nei fascicoli II, V e VI) e i ff. IV-V (cart., sec. XVIII)posti alla fine del codice e anch’essi non inclusi nella foliazione. Secondo DelPunta e Luna, la numerazione risale al Settecento; cfr. Del Punta e Luna, Ae-gidii Romani cit., p. 283.

14. Sono inoltre presenti: occhi nelle cc. 6, 16, 26, 27, 52, 70, 103, 120,123, 132, 133, 140; lisières nelle cc. 18, 52, 70, 73, 83, 105, 106, 121, 138, 141;tagli e strappi nelle cc. 34, 43, 62, 147. Nelle cc. 75, 77 e 118 i tagli, originaria-mente cuciti, presentano attualmente i fori di passaggio del filo. A c. 119ra è statastrappata l’iniziale «O» con conseguenti danni per il testo.

15. Non si riesce a stabilire con certezza se le righe tracciate si interromponoo proseguono all’interno dell’intercolumnio; pertanto si propongono le rigature aseconda dei due casi corrispondenti: cfr. A. Derolez, Codicologie des manuscriptsen écriture humanistique sur parchemin, I, Turnhout 1984, p. 67 e J. H. Sautel eJ. Leroy, Répertoire de réglures dans les manuscripts grecs sur parchemin (1976),Turnhout 19952, p. 46.

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(135-142), XVII8 (143-150); un binione: fasc. XVIII4 (151-152).Viene rispettata in tutto il manoscritto la regola di Gregory(all’interno dei fascicoli e tra fascicoli si oppongono lati identicidella pergamena: pelo con pelo, carne con carne), tranne nei casidi caduta di fogli, ossia tra c. 2v (lato carne) e c. 3r (lato pelo), trac. 10v (lato pelo) e c. 11r (lato carne), tra la c. 30v (lato carne) e c.31r (lato pelo) e tra la c. 41v (lato carne) e c. 42r (lato pelo). Il co-dice è fornito di reclamantes nel margine inferiore destro del versodell’ultima carta di ciascun fascicolo, in posizione orizzontale: c.20v, c. 39v (parzialmente rifilato), c. 48v (quasi totalmente rifilato),c. 58v (quasi totalmente rifilato), c. 68v (rifilato), c. 78v, c. 88v, c.98v, c. 108v, c. 126v (il richiamo è amicos, ma a c. 127ra troviamoamicis), c. 134v, c. 142v, c. 150v 16.

Tutti i testi contenuti nel manoscritto sono disposti su duecolonne. L’in folio misura mm. 240 d’altezza e mm. 170 di larghezza.

Il binione iniziale (cc. 1v-2v) presenta una rigatura a secco ditipo Sautel e Leroy Xab 10C2n17. Lo specchio di scrittura misurain media mm. 200 x 125. Sono state tracciate 26 righe per 41 lineedi scrittura. L’interlinea misura mm. 9 circa, ma corrisponde a duelinee di scrittura. In media l’intercolumnio misura mm. 7 e ciascu-na colonna mm. 54. Non presenta alcuna decorazione, eccettol’iniziale in rosso a c. 1va.

Il ms. 1 (cc. 3r-118r) presenta una rigatura a secco di tipo Le-roy P2 00D2, Derolez 43. Il campo di scrittura misura circa mm.185 x 122. Sono state tracciate un numero variabile di righe: 42per 41 linee di scrittura (c. 31v), 45 per 44 linee (c. 20r), 47 per 46linee di scrittura (c. 26r); mediamente sono state tracciate 44 righeper 43 linee di scrittura. Ciascuna colonna misura circa mm. 57 dilarghezza e l’intercolumnio mm. 7. Le iniziali sono miniate e con-tenute nel campo di scrittura nelle cc. 36vb, 54va, 65ra, 74vb, 83va, 104ra:

16. Il copista del ms. 1 numera i fascicoli progressivamente utilizzando cifrearabiche e romane poste all’altezza dei reclamantes: 2 (fasc. III); 4-5 (fasc. V-VI);8-9 (fasc. IX-X); x-xi (fasc. XI-XII). Nel ms. 2, i richiami, non omogenei sia perscrittura sia per toni d’inchiostro, sembrano inseriti in una fase successiva (di ri-ordino?) rispetto alla fase di trascrizione.

17. La mano 1c ha modificato la rigatura originale nella c. 2v aggiungendotre linee, due rispettivamente in alto e a destra dello specchio di scrittura ed unanell’intercolumnio.

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ogni lettera è inserita in una forma mediamente quadrangolare dimm. 25 x 25 (mm. 25 x 30 a c. 74vb) dallo sfondo blu puntinato dibianco. Il corpo della lettera è rosato (all’infuori della «P» azzurra ac. 83va) con decorazioni a filettatura bianche e contorno ocra; l’internodella lettera è decorato con foglie d’acanto rosa, arancio, ocra e azzur-ro. Nelle restanti iniziali filigranate, di 3 linee d’altezza circa, e neiparaffi si alternano in maniera irregolare il rosso e l’azzurro.

Il ms. 2 (cc. 119r-150v) presenta una rigatura a secco di tipo Sautele Leroy P2 00D2, Derolez 43 e Sautel e Leroy P3c 00D2. È benvisibile la foratura (doppia nei ff. 119-126 [= fasc. XIIII], ma solo unacorrisponde alla rigatura realmente tracciata) sull’estremo destrodel recto della carta. Lo specchio di scrittura misura mediamentemm. 185 x 115. Sono state tracciate 41 righe per 40 linee di scrittura.In media ciascuna colonna misura mm. 54 e l’intercolumnio mm. 8.

Nei mss. 1 e 2 sono appena visibili le letterine guida in in-chiostro marrone nello spazio occupato dalle iniziali.

Il binione finale (cc. 151r-152v) presenta una rigatura a secco ditipo Sautel e Leroy P2 00D2, Derolez 43, visibile solo a c. 151v

(nessuna traccia della foratura). Lo specchio di scrittura misura mm.194 x 133 a c. 151r (colonna = mm. 63, intercolumnio = mm. 7) emm. 192 x 127 a c. 152v (colonna = mm. 60, intercolumnio = mm. 7).

2.2 Scrittura.Per quanto riguarda la trascrizione dei testi, si distinguono due

mani di epoca coeva: mano 1 (ff. 1r-118r) e mano 2 (ff. 119r-150ra).La mano 1 è a sua volta differenziata in tre fasi: 1a (ff. 1v-2va e ff.3r-118r), 1b (ff. 150rb-152vb) e 1c (f. 1ra-b, f. 2va-riga 13 e f. 2vb, f.152vb). Una terza mano (scrittura minuscola gotica corsiva contratti cancellereschi) del XIV sec. aggiunge gli ultimi tre versi neltesto «uersus de sigillis ciuitatum» (c. 2vb = Tav. 2)18.

La scrittura 1 (nelle distinte fasi 1a e 1b) è una minuscola gotica(inchiostro marrone per il testo) databile all’ultimo quarto del sec.XIII (o sec. XIV in.). L’aspetto della pagina, con il testo disposto sudue colonne, è abbastanza ordinato (va notato comunque che neiff. 1v-2va e nei ff. 150ra-152vb non vengono rispettati i margini lateralidello specchio: la scrittura fuoriesce di almeno mm. 10): il testo è

18. Cfr. infra § 2. 6.

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scritto di seguito; il copista va a capo solo a fine libro (anche a fineparagrafo nei ff. 150rb-152v). Per quanto riguarda le singole lettere:la a è semplificata; la d è di tipo onciale; il trattino di completamentodelle aste superiori è inclinato in basso a sinistra; la s presenta a volteuno svolazzo superiore a destra quando è in fine di parola, frequente-mente è presente nel testo con raddoppiamento dell’asta (cfr. c. 150rb

= Tav. 4)19. Tra le maiuscole sono caratteristiche la B con doppio oc-chiello e svolazzo superiore dopo la chiusura (cfr. c. 152rb - riga 12 =Tav. 5), la D con svolazzo superiore a destra (cfr. c. 2va - r.25 = Tav.2)20, la L con spigolo inferiore a sinistra e la I e la F con asta inf.estesa al di sotto del rigo di scrittura (cfr. c. 3rb - r. 7 = Tav. 3; c. 152vb

--r. 19); la V e la S presentano uno svolazzo a destra, l’una superior-mente (cfr. c. 3ra - r. 1) e l’altra inferiormente (cfr. c. 152vb - r. 40).

La mano 1c integra gli spazi originariamente lasciati bianchidalle mani 1a, 1b e 2. La tipologia della scrittura, più rapida e corsi-veggiante, è sensibilmente differente dalla mano 1a sia per mancanzadi omogeneità e sia per il cambio frequente di tono dell’inchiostro, atestimonianza di interventi diversi e successivi. La pagina, con il te-sto disposto su due colonne, si presenta piuttosto disordinata.

La scrittura 2 è una minuscola gotica rotondeggiante (inchio-stro bruno per il testo e modulo più piccolo), databile anch’essa al-l’ultimo quarto del sec. XIII (o sec. XIV in.). L’aspetto della pagi-na è generalmente ordinato: si va a capo ad ogni fine libro. Perquanto riguarda le singole lettere, sono caratteristiche le minuscole gcon ampia sezione inferiore, s con raddoppiamento piuttosto roton-deggiante dell’asta ed m, in fine rigo, di tipo cancelleresco con svolaz-zo inferiore a sinistra (cfr. c. 149rb - r. 13 e c. 150ra - r. 37 = Tav. 4).

In tutto il manoscritto le lettere sono ben caratterizzate, ad ec-cezione della t e della c. Quest’ultima, nei punti in cui si puòescludere incertezza nella lettura, è costituita da una curva traccia-ta in un solo tratto, la t, invece, si costituisce di due tratti, l’unosuperiore orizzontale, l’altro inferiore verticale. Sovente, però, la tviene tracciata come la c21.

19. Ciò avviene in particolare nei rimandi al rubricatore e nelle cc. 150rb-152v, ossia quando la scrittura si fa più rapida e corsiva.

20. In particolare nei testi vergati dalla mano 1c.21. L’imperfetta distinzione tra c e t è frequente nei manoscritti medievali:

sull’argomento cfr. L.-J. Bataillon O. P., Graphie et ponctuation chez quelques

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2.3 Correzioni e glosse marginali.Nel ms.1 si notano frequenti interventi (marginali o interli-

neari) introdotti dal segno «al’» (= aliter) di mano del copista 1a

(cfr. cc. 3rb-va, 4rb-va, 8va-b, 10rb, ecc.). Sono presenti inoltre dei ri-mandi al rubricatore della mano 1a, in minuscola gotica corsiva(tratto sottile), inseriti nei margini superiori e inferiori dello spec-chio di scrittura (lo spazio lasciato nel testo dal copista è general-mente insufficiente a contenere la rubrica).

Nelle cc. 119r-152v le mani marginali sono di difficile identifi-cazione. Mi limito a segnalare le più importanti. La mano 2 intervie-ne nei margini per introdurre doppie lezioni e correggere (cfr. cc.121vb, 122va, 125ra, 127rb, 132vb, 133rb-vb, 134ra-va, 135rb-vb, 136ra-va, ecc.),oppure per scrivere i titoli-guida per le rubriche e i segni di paragra-fo (il titolo è posto nella zona soprastante lo specchio di scrittura,mentre la segnalazione dei singoli libri, progressivamente numerati,e dei paraffi è posta a sinistra e a destra del campo)22.

maîtres universitaires du XIIIe siècle, in Grafia e interpunzione del latino nelMedioevo. Seminario internazionale (Roma 27-29 settembre 1984), a cura diA. Maierù, Roma 1987, pp. 153-165, in part. pp. 156-160 e G. Ouy, Orthographeet ponctuation dans les manuscrits autographes des humanistes français des XIVe

et XVe siècles, in Grafia e interpunzione cit., pp. 153-181, in part. p. 171.22. Secondo Del Punta e Luna le pre-rubriche sono opera di un’altra mano

(m1); i due studiosi, però, aggiungono: «Alcune analogie grafiche potrebbero forseindurre a credere che (m1) sia la mano del copista in un’esecuzione più rapida. Ètuttavia evidente che essa è intervenuta in una fase ulteriore rispetto a quella di copia,come è suggerito dalle due doppie lezioni a f. 135rb. In questo luogo, alla lin. 25, il“veniet” del testo è stato corredato di una doppia lezione dal copista: “al’ veniunt”,cui (m1) ha aggiunto una seconda doppia lezione: “vivent”»: Del Punta e Luna, Ae-gidii Romani cit., p. 284. È però vero che, nonostante sia il copista a scrivere «al’veniunt» e un’altra mano (m1) a scrivere «vivent», non ci sia alcuna rassomiglianzatra la mano che scrive la doppia lezione, con la mano che verga le pre-rubriche. DelPunta e Luna, ibid., segnalano altre due mani di glossa: «(m2): a questa mano, di ese-cuzione libraria, si devono le seguenti due note: “Moralis scientia aut est ethica, queest de regimine sui, aut est yconomica, que est de regimine domus, aut politica, queest de regimine civitatis et regni vel sic” (fol. 119rb); “Mathematica scientia est quetractat de quantitate, et hec quantitas est duplex, quia aut est continua aut discreta. Siest continua, tunc aut est absolute, et sic est geometria, aut respective, et sic estastrologia. Si vero est discreta, tunc aut est absolute, et sic est arismetrica, aut re-spective, et sic est musica, et sic mathematica est scientia sive phylosophia que trac-tat et determinat de quadruvio (sic)” (f. 120r, mg. inf.). (m3): questa mano, di difficileindividuazione, compare per la prima volta a f. 140vb (ultime quattro correzioni). Ad

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La mano 1 (forse nella fase 1c) ha aggiunto delle annotazioninei margini del ms. 2:

c. 119r, mg. inf.: «§ Moralis scientie partes sunt tres. Ethica siue consuetudi-nalis. cui subicitur homo et melioratio ipsius secundum se ipsum. §yconomica. cui subicitur domus et dispensatio familie. ut unicuiquetribuatur bonum secundum suam analogiam. § Pollitica siue ciuilis. cuisubicitur ciuitas. et ciuium et artificum gubernatio secundum rempublicam gentis et ciuitatis. (al. inchiostro) § Depotica est scientia queest in (est in interl.) usu (corr. ex: usura) seruorum. Depotes enimdicitur non in possidendo seruos set in utendo seruis. Po § Polithia estordo ciuitatis aliorum principatuum. et maxime dominantis omnium.Politeuma. autem polithia. Monarchia est principatus regni. Oligarchiaest principatus seniorum. Democrathia est principatus seruorumplebeiorum secundum conuiuia et aliam uitam ordinariam. Aristocrathiaest principatus uirtuosorum et sapientium»

c. 119va, mg.: «§ Ratio est causa que demonstrat ueorum esse id quod inten-dimus, breui subiectione»

c. 139rb, mg inf.: «§ hanc herbam gestando manu siqueris ab egro. § Dicfrater quid agis. bene si responderit eger. Viuet. si uero male. spesest nulla salutis. De Verbena (De Verbena add. lat.)»

c. 140rb, mg sup.: «§ Nam sicut dicit quidam sapiens quod in homine exnimia comestione accidunt infirmitates. quia propter crapulam multiperierunt et in multis escis erit infirmitas. ut dicitur Ecclesiastici.37.Corpora enim pinguia diu uiuere non possunt tum quia sunt modicisanguinis. qui est causa uite. tum quia calor naturalis sepe. pre nimiapinguidine suffocatur. tum quia uia spirituum sepe ad membra animia pinguedine impeditur et sic mors sequitur»

c. 141ra, mg inf.: «Ruta. Cruda comesta recens oculos caligine purgat. Idemde serpillo. Obstat potata nimis uel cruda comesta uenenis. prouocaturinas hec cruda comesta uel hausta. Illius su Hoc facit pulegiumsumptum cum uino. terenti. et compellit tussim»

c. 141rb, mg. inf.: «§ Denigrat crines cinis eius si bene mixtus Ceroto fueritet eo sit sepe per unctus. de absinthio. (de absinthio add. mg.) Acricum uino trita siquilibet ungens. Non metuet pulices. usteque fugan-tur odore. § Illius suco crines nigrescere dicunt. Si sint hoc uencticrebro sub sole calenti. de saluia. (de saluia add. mg.)»;

ha integrato:

essa sembrano potersi attribuire anche gli interventi ai ff. 141r (mg. sup.), 141ra-vb,142ra-b, 143rb (1°, 3° e 4° intervento dall’alto), 144ra, 145vb, i quali consistono in cor-rezioni, integrazioni e doppie lezioni».

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c. 149rb, mg. sin.: «Luna autem manet in unoquoque signo. per.2. dies etmede. et complet cursum suum p in.30. dies. siue per mensem»;

c. 150ra, rr. 27-28 e 30: «diuide per signa incipiendo ab ariete et ubi finitur.(…) ibi est signum tuum.» (cfr. Tav. 4);

ha corretto: cfr. c. 136vb, 137ra, 139rb (mg. sup.) e c. 145rb23.

2.4 Storia.Sul verso del foglio di guardia cartaceo si legge una notazione

di mano di Apostolo Zeno (inchiostro nero, sec. XVIII), che ci in-forma dell’avvenuto acquisto del manoscritto a Verona nel 1713,per mano del bibliofilo Giovanni Battista Recanati:

Aegidij Columne Romani Cardinalis Opus De Regimine Principum Quodfalso Pluribus in Editionibus Divo Thome Aquinati adscribitur JoannesBaptista recanatus N<obilis> V<ir> emit Verone unâ cum D<omino>Apostolo Zeno decimo nono Kalendas Augusti. anno 1713.

Il manoscritto arriva in Marciana il 10 aprile 1735, come lasci-to testamentario (datato 12 novembre 1734), assieme ad altri codi-ci appartenuti al Recanati24.

A c. IIIv si legge: «340 per Magister felipo contra bona (?)» (ma-no del sec. XV ex.)25. Sono presenti le seguenti antiche segnature: ac. Ir «XCVIII.6», a c.IIIv «dodici» e a c. 1r (mg. inf.) «dodeci». Nelcontropiatto anteriore, al centro, è incollato un cartiglio a stampa,con sopra scritto: «Codex / CCCCLXXIX / Arm. VG / Th. Sa. JJ(corr. ex.: II.3)» e nel mg. inf. l’ex libris di San Marco del 1900. In-fine Lorenzo Tiepolo, procuratore e bibliotecario della Libreria dal1735 al 1742, ne ordinò l’attuale rilegatura intorno al 174026.

23. Nei margini dell’Ethica abreviata sono presenti due varianti vergate for-se dalla mano 1: cfr. c. 128ra e c. 129va.

24. Cfr. Bibliotheca Manuscripta ad S. Marci Venetiarum. Digessit etcommentarium addidit J. Valentinelli, I, Venetiis, Ex typographia Commercii, 1868,pp. 74-77 e, in part., M. Zorzi, La libreria di San Marco. Libri, lettori, società nellaVenezia dei Dogi, Milano 1987, pp. 250-252. E inoltre cfr. il ms. marciano lat. XIII.77 (= 4541), cc. 35v-36r e le carte conservate nell’archivio di Stato di Venezia: ASV,Procuratori di S. Marco di supra, b. 68, fasc. 1, cc. 116r-120v (il nostro ms. compare ac. 118r come segue «Egidij Columne Romani de regimine Principum in 4°»).

25. Vi sono inoltre impressi dodici timbri circolari di piccole dimensioni.26. Cfr. Del Punta e Luna, Aegidii Romani cit., p. 282. «Piatti di cartone ri-

vestiti di cuoio. Su entrambi i piatti medesimo decoro impresso a freddo: un qua-dro a triplo filetto ornato da 4 ferri romboidali agli angoli. I medesimi ferri sono

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2.5 Origine e datazione.Il manoscritto marciano è stato vergato in Italia (forse in Veneto)

nell’ultimo quarto del XIII secolo o nei primissimi anni del XIV.La mano 3 aggiunge, intorno al 1330 (cfr. § 2. 6), i motti delle

città di Padova, Treviso e Vicenza ad integrazione del testo vergatodalla mano 1c, che citava soltanto la città di Verona. Da questo datosi deduce che il manoscritto, nel secondo quarto del 1300, si trovavain Veneto. La coincidenza fra il contenuto del manoscritto e gli inte-ressi degli ambienti scolastici padovani lascia supporre che il codicesia stato copiato, o assemblato, nella medesima regione27.

2.6 Contenuto28.c. 1ra (Interl.) Largiendi florem penitus deflorat. qui

per more morem, meritum minorat. / fugat (…)indu(…) cautus avium. <D>iuidit uia tenebris./ Inc. Diues inobs, iuuenisque senex. turpisspeciosus. / Doctus et insipiens, ignobilis etgenerosus. / In mortem tamquam torrens (corr.

ripetuti sul dorso, nello spazio fra 2 nervature. Al centro dei piatti stemma diS. Marco. 4 nervature. Sul dorso titolo in oro: “AEGID. / COLUMN.”», ibidem.

27. A sostegno di questa ipotesi si può aggiungere che Egidio Colonna, au-tore del De regimine principum (cc. 3r-118r), si trovava a Padova negli anni dipoco anteriori alla compilazione del manoscritto veneziano (cfr. § 2. 6). Sul neo-aristotelismo, cfr. B. Nardi, Saggi sull’aristotelismo padovano dal secolo XIV alXVI, Firenze 1958.

28. Di ciascuna opera viene dato incipit ed explicit e, nel caso siano presenti,iscrizioni e soscrizioni. Sono trascritte tutte le rubriche iniziali e finali e indicati, traparentesi tonde, le parti in cui è suddivisa strutturalmente l’opera (ep. ded.= epistoladedicatoria, proemio, tavola dei capitoli, testo, ecc.). Sono indicati (sempre tra pa-rentesi tonde) elementi di carattere paleografico (aggiunte marginali o interlineari,cambi di mano, spazi o carte bianchi, correzioni, ecc.); tra parentesi uncinate le inte-grazioni; tra parentesi quadre i luoghi di incerta lettura. La c. 1r è stata trascritta inte-ramente (i testi segnalati in corsivo sono stati parzialmente identificati; segue, traparentesi uncinate, la trad. mss. e/o le note bibliografiche). Si è scelto di dare unatrascrizione semidiplomatica dei testi, rispettando inoltre la punteggiatura (virgula [,]e punctus [.]) presente nel manoscritto: sull’interpunzione dei manoscritti latini me-dievali, cfr. P. Rafti, L’interpunzione nel libro manoscritto: mezzo secolo di studi, in«Scrittura e civiltà», XII (1988), pp. 239-298. Per ulteriori approfondimenti cfr. iseguenti strumenti informatici: In Principio. Incipitaire des textes latins, Institut deRecherche et d’Histoire des textes (CNRS), Brepols 1995 e Cetedoc Library ofChristian Latin Texts (CLCLT3), Turnhout 1996.

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ex: torrens tamquam) dilabitur eque. / Defi-ciunt crescendo quidem nascentia queque. / §Quid leuius fumo flamma. quid flamine uentus./ Quid uento mulier, quid muliere nichil. /Quid melius auro, iaspis, quid iaspide sensus. /Quid sensu ratio. quid ratione nichil. /

<Cfr. 1) Inc. Quid levius flamma? flumen; [quid] flumi-ne? ventus; quid vento? mulier; quid mulier? nichil;cod. Sankt Gallen, Stiftsbibl. 841, c. 10; cfr. J. Werner,Lateinische Sprichwörter und Sinnsprüche des Mittelal-ters aus Handschriften gesammelt, Heidelberg 1912, n°151, p. 80. 2) Inc. Quid levius fama? fulmen. Quidfulmine? ventus. Quid vento? Mulier. Quid muliere?michil [= nichil]. In muliere; cod. Madrid, Escorial (El),Bibl. del real mon. de S. Lorenzo, Q I 11, c. 102; cfr.G. Antolin, Catálogo de los códices latinos de la RealBiblioteca del Escorial, III, Madrid 1913, p. 361 eF. Novati, Carmina medii aevi, Bologna 1978, p. 24. 3)Auro quid melius? Iaspis. Iaspide quid? sS(en)us; cod.Trento, Bibl. cap. 78 (datato 1418 aprile 20, provenien-te da Hainburg a. d. Donau) c. 83va; cfr. I manoscrittidatati della provincia di Trento, a cura di M. A. Casa-grande Mazzoli, L. Dal Poz, D. Frioli, S. Groff,M. Hausbergher, M. Palma, C. Scalon e S. Zamponi, Fi-renze 1996, scheda n° 11, p. 35 e H. Walther, Initiacarminum ac versuum medii Aevi Posterioris Lati-norum. Alphabetisches Verzeichnis der Versanfängemittellateinischer Dichtungen, I, Göttingen, Vanden-hoeck-Ruprecht 1959, n° 1848, p. 94) Quals re ’s puslieu d’ardura? / —Lamps. —E de lamp, quê? —Vents. /—De vent? —Femna c’à ‘rdura. / —De femna, quê? —Niens; Guillem de Cervera, Versos proverbials, ediciócrítica i comentada a cura de J. Coromines, Barcelona1991, p. 18429.>

Luna rubens uentat, pallens pluit, alba serenat. /<Cfr. 1) Inc. Pallida luna pluit rubea ventum alba sere-nat; cod. Cambridge, Corpus Christi College 433, c.

29. Si tenga conto del fatto che Cerveri de Girona, identificato dalla criticacitata con Guillem de Cervera, fu attivo nelle medesime corti e contemporaneo diN’At de Mons: ciò suggerisce da un lato una particolare circolazione del prover-bio negli anni e nei luoghi in cui operarono i due trovatori citati, dall’altro unapossibile relazione tra i versi latini e il frammento provenzale (c. 1ra), già accomu-nati dalla medesima fase di trascrizione (1c).

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99sq.; cfr. M. R. James, A descriptive catalogue of ma-nuscripts in the Library of Corpus Christi College,Cambridge, II, Cambridge 1912, p. 343. 2) Inc. Pallidaluna pluit, rubiconda flat, alba serenat; cod. London,BL, Roy. 17 A. XXXII, c. 132; genere: versi per previ-sioni metereologiche.>

Quos anguis dirus tristi mulcedine pauit. / §Hos sanguis mirus Christi dulcedine plauit(corr. ex: pauit). /

<Cfr. 1) cod. Danzica, BPAN, F 3, c. 259b; cfr.O. Günther, Katalog der Handschriften der DanzigerStadtsbibliothek, IV, Danzig 1909, p. 1911. 2) cod.London, BL, Roy. 15 A. VII, c. 76; autore: Hugod’Orléans; genere: couplet. 3) cod. Oxford, Bodl. Libra-ry, Rowlinson C. 496 (sec. XIII), c. 25v; autore: HugoPrimas; genere: versus.>

Lac muliebre liquor rose, sanguisque columbe./ Obscuros oculos de tenebra (…) solent. / §Ter quinquagenos composuit ordine psalmos. /Versus Milenos bis centum septuagenos. /

<Cfr. 1) Inc. Per quinquagenos david canit ordine psal-mos; cod. Admont, Bibl. d. Benediktinerstifts, 42 (sec.XI), c. 16v; genere: versus de numero psalmorum eoru-mque versuum; cfr. il catalogo: Hill Monastic Manu-script Library: Unpublished, typewritten catalogue (ca.1975); H. Walther, Initia carminum ac versuum cit., I/IGöttingen 1963, n° 19209, p. 1007 (trad. manoscrittache va dal XIII al XV sec.). 2) Inc. Ter quinquagenoscecinit Dauid ordine psalmos / Versus bis mille biscen-tum sex dedit ille. Deo gratias semper; cod. Namur,Mus. archéol. de la prov. de Namur, Fonds de la ville160; genere: 2 vers à la suite de Miracula beate Virgi-nis Marie; cfr. P. Faider, Catalogue des manuscrits dela Bibliothèque publique de la ville de Mons, Gent1931, p. 230. 3) Inc. Ter quinquagenos cecinit Davidordine psalmos / Ostendit calvos opus hoc tot versibusalmos; cod. Cambridge, Corpus Christi College 156;genere: vers à la suite de Hucbald: de laude calvorum;cfr. James, A descriptive catalogue cit., I, p. 351; 4) Inc.Ter quinquagenos david canit in ordine psalmos, Expl.Versus bis mille sexcentos sex canit ille; cod. Schlégl,Stiftsbibl. 105 (453 a. 80), data 1438, c. 96v; genere:versos duo de numero psalmorum eorumque versuum;cfr. Hill Monastic Manuscript Library cit.; W. Watten-

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bach, Beschreibung einer Handschrift der Stadtbibliot-hek zu Reims, in «Neues Archiv der Gesellschaft für äl-tere deutsche Geschichtskunde», XVIII (1893), p. 525:cfr. c. 1rb (§ Qui mea fraude…).>

§ Si pater adam cunctis mater si cunctis et eua./ § Cur non sunt omnes nobilitate pares /S(…)egnarent homines fiunt uitiisque peiores.(corr. ex: minores) / Exaltat uirtus nobilitandogenus. / bianco / § ni ia per nul plazer qi lialtatnon a. / gauch noli remandra. chom plus fai /sos talenz. lo pecaires manenz. plus li / torna amal traich. car membra li son / sorfaiz. El lialssofrachos (o sofrachers) dauer e / daltres pros.refrena tot son mals / qan pensa chels lials./

<N’At de Mons, Si tot non es enquistz, BdT 309, V,vv. 1229-1239; altro ms. Paris, BN, f. fr. 22543 (= R) c.128vd; genere: ensenhamen; cfr. Bernhardt, Die Werkedes Trobadors N’At de Mons cit., pp. 55-96 (in part.p. 88).>

§ Imitatione dei gloriosus est iniuriam pacien-do / fugere quam respondendo superare. /

<Gregorio Magno, Homiliarum xl in Evangelia libriduo, cl. 1711, lib. 1, hom. 18, cap. 4, linea 25, in«Patrologia latina» 76, cc. 1075-1312; cfr. inoltre Sa-limbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, II, Bari1966, p. 834, linea 13 (ms. autografo Città del Vaticano,Vat. lat. 7260, fol. 449a), che cita i due versi all’internodell’opera storica.>

§ Auaricia cor in seruitutem redigit. hec / prodi-torem fecit iudam (…)iezi leprosum. et a / na-ruam tradidit moru. / § Non sequeris turbam adfaciendum malum nec / in iuditio plurimorumadquiesces (…) ut a uero deuies. (deuies in-terl.) /

<Cfr.: 1) Augustinus Hipponensis, Speculum, in CorpusScriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, XII, cl. 0272,cap. 1, p. 10, linea 8; 2) Biblia Sacra iuxta vulgatamuersionem (VT), Exodus (ab Hieronymo transl.) adiu-vantibus Bonifatio Fischer OSB, Iohanne GribomontOSB, H. F. D. Sparks, W. Thiele recensuit et brevi ap-paratu instruxit R. Weber, editio altera emendata, I-II,

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Stuttgart, Württembergische Bibelanstalt 1975, cap. 23versus 2.>

§ Non (…) dignus (…)s qui non / (…)g(…)grates de datis / § Aue michael sancte quesoquod te mediante. / Vincere me facias demonisinsidias. / hora qua mortis ueniet tribulatiofortis / Suscipias animam deprecor ipse meam.

<Cfr. Inc. O Michael sancte te deprecor ut mediante;cod. München, BSB, lat. 15772, sec. XV, c. 40; cfr.A. Sottili, I codici del Petrarca nella Germania Occi-dentale, in «Italia Medioevale e Umanistica», XIII(1970), p. 424.>

c. 1rb (Interl.) Aurora est expulsio uelenus / sitatisinuaporibus eleua(…)s / Inc. Ad puncturamscorpionis. Sucus herbe que uocatur genciana./ puncture superperditur supra omnia ualet.(mg. destro) aliter obscuritatis. / § Qui meafraude sua bona detrahit abrogat ille / Qui sibidat quod ei non competit arrogat ille / Qui suapauperibus conitat errogat ille / Quod deusullius dissoluit derogat ille / Qui meritis aliumprecellit, prerogat ille. / Qui penas aliis infer-re parat, irrogat ille. / Qui petit a multis re-leuam corrogat ille. / Qui sua seque cupitprotendere prorogat ille. / Qui sibi substituitalium dic subrogat ille. /

<Cfr.: 1) cod. Reims, Bibl. M. 1275, f. 191; genere:poème, rimes en «rogat ille»; cfr. Catalogue généraldes manuscrits des Bibliothèques publiques de Fran-ce, Département Paris, XXXIX, p. 435 e l’ed. a curadi Wattenbach, Beschreibung einer Handschrift derStadtbibliothek zu Reims cit., pp. 525-6. Il medesimoms. contiene anche a c. 101 l’opera pseudo-aristoteli-ca Secreta secretorum (versione tripolitana) e a c. 190invettiva contro la curia romana (Inc. Roma capudmundi tenet orbis frena rotundi), simile a quella chetroviamo nel nostro ms. a c. 2va. 2) Inc. Qui sibi datquod ei non competit arrogat ille; cod. Paris, BN, lat.714, sec. XII, c. 1v.>

§ Sint in amicitia uacui pro iure sedentes / Etcareant odio leges et iura regentes. / Non me-

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tuant uultum nec grandia uerba potentis. / Acer,et indomitus libertatisque magister. / § Plebstua, non tua res, uirtus non copia rerum /Scandere te fecit hoc decus eximium. / Conditiotua sit stabilis, nec tempore paruo / Viuere tefaciat hic deus omnipotens. /

<Cfr. Inc. Plebs tua non tua res uirtus non copia rerum;codd. Troyes, Bibl. M 1317, secc. XII-XIII, c. 175v

e Paris, BN, lat. 3343, sec. XIV, c. 99; genere: ver-sus.>

§ C(…)e locum legi. nam scripto codice legi. /Per legem regi, lex iubet ipsa regi. / In ipsa ca-tenari nequam iubet, exhonerari / Iustos, mu-leari non ratione pari. / § Voce sathan, pennacheruben, (corr. ex: pennaque cherub) colloquedraconem / Furtiuo gressu designat paruo la-tronem. (mg. destro) aliter femines /

<Cfr.: 1) Inc. Voce Satan, pluma seraphin, cervice dra-conem / Gressu furtiuo designat pauo latronem; cod.Zürich, Zentralbibl. C. 58, sec. XII, c. 36; cfr. H. Wer-ner, Beiträge zur Kunde der lateinischen Literatur desMittelalters, Aarau 1905, p. 77. 2) Inc. Voce Satan,pluma seraphim, ceruice draconem / Gressus [gressu]furtiuo designat pauo latronem; cod. id., c. 151va; cfr.Werner, Beiträge zur Kunde cit., pp. 136-7.>

§ Hospes eras mundo per mundum semper eundo./ Sed postrema dies fu(…) tibi prima quies. /

<Cfr. cod. Paris, BN lat. 152, sec. XIIIe, c. 35; genere:Carmen de Sanarico episcopo.>

§ Durat amor fratrum, quantum durat ipse da-tus. / § Si mundus fuit eternus et generatio fuiteterna. ergo unus hoc fuit / generatus ab alio ininfinitum. Sed pater est cum efficiens filii. / incuius efficientibus est procedere in infinitumquod in probacio (…) / secundo I methaphisice.ergo mundus incepit esse / Si mundus et gene-ratio (?) semper fuit infiniti homines preces(…)/ hominis est immortalis. ergo infinite anime(…), quod est in / possibile. ergo mundus in-cepit esse.

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<La questione intorno all’«eternità del mondo» è temaparticolarmente dibattuto nel XIII sec.: cfr. L. Bianchi,L’errore d’Aristotele. La polemica contro l’eternità delmondo nel XIII secolo, Firenze 1984 e R. C. Dales,Early Latin Discussions on the Eternity of the World inthe Thirteenth Century, in «Traditio. Studies in Ancientand Medieval History, Thought and Religion», XLIII(1987), pp. 171-197.>

cc. 1va-2ra (rubr. mg. sup.) Yeronimus de <…> deiInc. OMnipotens pater et filius et spiritussanctus. unus atque trinus. unus uidelicet extatin natura. trinus uero in personis. solus inuisibi-lis. immensus atque solus incomprehensibilis.Expl. et uniuersa illi sunt subiecta. ipso dicenteper ysaiam. prophetam. celum mihi sedes est.terra autem scabellum pedum meorum.

<Yeronimus, De membrorum Christi significatione; te-sto presente anche nel ms. Cambridge, Corpus ChristiCollege, ms. 526 (II), c. 157.>

c. 2va Inc. (Versus) Roma caput mundi est set nil capitmundum. / Quod pendet a capite totum est immun-dum. / Contrahit enim uitium, primum in secun-dum. / Et de fundo redolet iuxta quod est fundum.Expl. Redeunt a curia uertice cornuto. / Celum tenetiupiter, yma tenet pluto. / Et accedit dignitas animalibruto. / Tamquam gemma stercori, uel pictura luto.

<Cfr. München, UB, ms. 2° 731, c. 221v; cfr. il catalogoG. Kornrumpf e P. G. Völker, Die Handschriften derUniversitätsbibliothek, München Bd. 1, Wiesbaden 1968.>

c. 2vb (De nationibus) Anglicus inuidus est. set gallusmente superbus. / Iber uaniloqus. factis alaman-nus acerbus. / Lunbardus gestis sublimis. set tu-scus auarus. / Apullus apparet fidei muniminerarus. / Et iuga seruilia calabri conditio plorat. /Luxurie uitio, siculi natura laborat.

c. 2vb (r. 8) (rubr.) uersus de sigillis ciuitatum.Inc. Mantua te gratum genuit clarissime uatum./ Est iusti latrix urbs hec (scilicet verona. add.

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interl.) et laudis amatrix. / Brixia sum mitis,constans deus est michi basis.Expl. Plebs iani magnos reprimens est agnus inagnos. / Cernite uos certi signum generale tu-derti. / Caccus ibi pictus et illic ab hectore(interl. al’ ab hercule.) uictus.(la mano 3 add.) Muson mons atex mare certosdant michi fines / Monti musoni ponto domi-norque nooni (pro naoni). / urs (pro urbs) estfecunda uincencia pacis alumpna.

<Cfr. G. B. Cervellini, I leonini delle città italiane, in«Studi Medievali», II (1934), pp. 239-270 (in part. pp.240, 244 n. 1, 245 n. 7, 247, 249-255, 258-260, 262-265, 267; contiene una tavola che riproduce la c. 2v delms. marciano) e la bibliografia pregressa citata.I motti si riferiscono alle seguenti città italiane (traparentesi la datazione e/o la testimonianza più an-tica; ms. = manoscritto marciano; le ultime tre cittàsono in corsivo per indicare la diversa fonte):Mantova, Verona (sec. XIII in.), Brescia, Genova,(metà sec. XIII, cfr. suggello appeso ad una cartadel 13 novembre 1241, contenente un processoverbale), Parma (1247), Milano (ms.), Modena(ms.), Asti (cfr. suggello impresso in una carta del1230), Assisi (ms.), Gubbio (ms.), Orvieto (cfr.suggello impresso in una lettera del 7 luglio 1283del podestà di Orvieto diretta al podestà di Ceto-na), Todi (ms.), Perugia (ms.), Viterbo (cfr. suggel-lo rotondo in cera appeso ad una pergamena conte-nente un atto del 1255), Siena (sec. XII, cfr. l’im-pronta unita ad una pergamena del fondo Rifor-magioni del 28 maggio 1266), Pisa (1161), Lucca(cfr. suggello appeso ad una pergamena del 1181),Pistoia (post 1280), Rimini, Spoleto (ms.), Rieti(ms.), Fermo (cfr. iscrizione in versi leonini, datata1267, sulla porta del Castello di Fermo), Padova,Treviso (cfr. impronta del sigillo su cera verde inuna pergamena del 1330) e Vicenza (ms.).>

cc. 3ra- 41vb Inc. (ex abrupto, I, 1a, 2) Cum omnis doctrinaet omnis disciplina ex preexistenti fiat cogni-tione. ut dicitur primo posteriorum.

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Expl. Quicquid ergo laudabilitatis est in mori-bus singulorum. totum debet in ipsis. per am-plius et perfectius. REPERIRI. subscr. (rubr.)Explicit primus liber de regimine principum. inquo tractatur de regimine sui.

cc. 41vb-74va Lib. II (rubr.) Incipit liber secundus. in quotractatur de regimine domus. et primo incipiuntcapitula prime partis eiusdem libri.Inc. (tavola) Quod naturale homini uiuere insocietate.Expl. Inuisi eius auxilio. a quo omnis bonitas etsufficientia habet esse. subscr. (rubr.) Explicitsecundus liber. de regimine principum. in quotractatur de regimine domus.

cc. 74va-118ra Lib. III (rubr.) Et incipit.3. in quo tractatur deregimine ciuitatis et regni.Inc. (tavola) QuoD communitas ciuitatis estaliquo modo principalis. et alicuius boni graciaconstituta.Expl. Nam si intendant commune bonum et pa-cem ciuium. merebuntur pacem illam eternam.insumma qua est requies. quam deus ipse suispromisit fidelibus. Quam ipse nobis prestaredignetur qui est benedictus in secula SeculorumAMEN:-(subscr.) Facto fine pia laudetur uirgo Maria.(rubr.) Explicit liber de regimine principumeditus a fratre Egidio romano ordinis fratrumheremitarum Sancti augustini.

cc. 118rb (bianco)<Egidio Romano, De regimine principum. Il ms.marciano è acefalo e lacunoso; mancano: a) cc. 2v-3r

= ep. ded., I, 1a, tab. (intera), cap. 1; b) c. 10v-11r =I, 2a, 1-2; c) cc. 30v-31r = I, 3a, tab. (tit. 10-11),capp. 1-2; d) cc. 41v-42r = II, 1a, tab. (tit. 9-24),cap.1; cfr. Aegidii Columnae Romani, De regimineprincipum, Romae, apud Bartholomaeum Zannattul,1607, pp. 1-4, pp. 43-48, pp. 153-158 e pp. 214-218.

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Trad. ms. L’opera egidiana è trasmessa da circa 350manoscritti. Cfr. G. Bruni, Catalogo dei manoscrittiegidiani romani, in «Rivista di filosofia neo-platonica»,XXII (1930), pp. 230-249; ivi, XXIII (1931), pp. 410-441; Id., Il “De regimine principum” di Egidio Roma-no. Studio bibliografico, in «Aevum», VI (1932),pp. 339-372 (in part. pp. 346-354); Del Punta e Luna,Aegidii Romani cit. (il catalogo comprende solo mss.vaticani e italiani).Datazione e origine. Il ms. Dole, Bibl. de la Ville, 157,contenente la traduzione dal latino al francese del Deregimine, reca una data: 1282 (c. 1). È giocoforza cheEgidio abbia composto il suo trattato prima del 1282.Secondo G. Bruni l’opera fu scritta durante il soggiornoa Parigi del frate agostiniano, ossia tra il 1277 e il 1279,e dedicata a Filippo IV il Bello. «Questa ipotesi ci sem-bra confermata dall’ordine che hanno le parole nella se-guente frase tolta dal lib. I, pt. 2, c. 24 (p. 578 dell’ed.1607): Itaque cum naturae rerum sint eadem ubique,quia quod est ignis in uno loco, ut in Francia, est ignisin alio, ut in Italia… Quando abbandonò il suolo ospita-le? Un documento datato giugno 1279 [Capitulum pro-vinciale de perusio primum, in Analecta augustiniana,v. II, n. IX (28 nov. 1907), p. 230] ci fa sapere ch’eglifu designato quale definitore per la provincia romanaper il prossimo capitolo generale che ebbe luogo in Pa-dova nell’agosto del 1281. (…) Il conferimento di que-sta [carica] dovette avvenire alla presenza dell’interes-sato, cosicchè dovremmo riportare almeno all’agosto1279 il ritorno di Egidio nella penisola ove doveva di-morare sino al giugno del 1285»: Bruni, Il “De regimi-ne principum” cit., p. 345.]

c. 118v (add. mano sec.XVI in.) Si finis bonus cunctabona

cc. 119ra – 130vb (rubr.) <Liber primus ethi>ce abreviate.Aristotelis. capitulum primum. (add. altramano) et est liber tertius de ethica completa.aristotelis.Inc. <OM>NIS ars et omnis incessus et omnis<…>uersalis propositi sollicitudo et quelibetactio <…> et omnis electio ad bonum tedere ui-detur.

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Expl. Et que est causa bone uite in quibusdamciuitatum. Et que causa quarundam habenciumse econtrario. Et quare leges consuetudinibusSIMIlantuR.(subscr.) AMEN. Explicit ethica compillata abAristotele.

<Aristotele, Ethica abreviata detta alessandrina.Datazione e origine. L’opera è stata tradotta dall’araboin latino a Toledo nell’aprile 1243 o 1244; cfr. l’explicitdei due mss. di Oxford, Bodl. Libr., Admont, 608, eCanonicianus classic. lat. 271:«Explicit summa prima (Pal. prima pars) nichomachiearistotelis que se habet per modum theorice et restatsecunda pars que se habet per modum practice et estin libro politicorum Aristotelis et expleta est eiustranslatio ab Hermanno teutonico ex arabico in latinumex summa Alexandrinorum anno gratie MCCXLIIII[l’ultimo tratto sormontato da un punto nel ms. diAdmont; 1243 anche Pal.] et VIII die [omesso Ad-mont] Aprilis.»Altri mss.: Firenze, Bibl. Laurenziana, ms. 41 plut. 89inf.; Paris, BN, lat. 12954; München, BSB, lat. 8001;Città del Vaticano, BAV, Palat. lat. 31730. Cfr.Inc. Omnis ars et omnis incessus et omnis sollicitu-do uel propositum (u. p. omesso Pal. lat. 317) etquelibet actionum et omnis electio ad bonum ali-quod tendere uidetur. Optime ergo diffinierunt bo-num dicentes quod ipsum est quod intenditur exmodis omnibus.Expl. que (Et Pal.) est causa bone uite quarundam ciui-tatum et que causa quarundam habentium se e contrarioet quarum (quare Pal.) leges consuetudinibus similanturIncipiamus ergo et dicamus.Cfr. A. Pelzer, Les versions latines des ouvrages de mo-rale conservés sous le nom d’Aristote en usage au XIIIe

siècle, I, in «Revue néo-scolastique de philosophie»,XCI (1921), pp. 316-341 (in part. pp. 335-41); II, ibid.,XCII (1921), pp. 378-412 e A. Mansion, Quelques tra-vaux récents sur les versions latines des éthiques et

30. Il codice Pal. lat. 317 della Biblioteca Apostolica Vaticana contiene, ol-tre all’Ethica abreviata, il testo «Inc. Saturnus qui superior est omnibus plane-tis» (c. 114v): cfr. c. 149rb del manoscritto marciano.

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d’autres ouvrages d’Aristote, ibid., XXXIX (1936),pp. 78-9431.>

cc. 131ra-149rb (rubr., mg. sup.) R. de epistula quadam missacuidam pontifici per quedam Philippum nomi-ne quare liber iste compositus fuit ad postula-tionem regis alexandri.

cc. 131ra 131vaInc. (ep. ded.) DOMIno suo excellentis-simo et in cultu (corr. ex: cultus) Christianereligionis strenuissimo Guidoni uenerabili deualencia ciuitate tripolis. glorioso pontifici.philosophus (alias philippus add. interl.)Expl. et diuina clemencia uos diu custodiat sa-num et incolumen ad fidelium gloriam et hono-rem et post longissima temporis spacia conce-dat uobis ad eterne beatitudinis gaudia feliciterperuenire.

cc. 131va-131vb (tavola dei capitoli)cc. 131vb (proemio) DEus omnipotens custodiat regem

nostrum gloriam credentium, et confirmet re-gnum suum ad tuendam legem diuinam suam

c. 132rb Inc. (prologo) IOhannes qui transtulit librumistum filius patricii linguarum interpretatorperitissimus et fidelissimus inquid. non reliquilocumExpl. In primis igitur sicut inueni in ipso codicetranstuli librum pritissimi aristotelis in quo li-bro respondeat ad regis alexandri petitionem inhac forma.

cc. 132rb-149rb Inc. (testo) O fili gloriosissime iustissime im-perator, confirmet te deus in uia cognoscendiin semita uirtutis et ueritatis.

31. Cfr. L. Minio-Paluello, Aristotele dal mondo arabo a quello latino, inOpuscola. The Latin Aristotle, Amsterdam 1972, pp. 501-535 per le traduzionilatine dall’arabo di opere aristoteliche e pseudo-aristoteliche. Rimando inoltre aF. Márquez Villanueva, El mundo de las traducciónes, in El concepto culturalalfonsí, Madrid 1994, pp. 73-81 che si occupa dell’attività di traduzione mirataalla conoscenza della cultura araba in Spagna ed in particolare a Toledo.

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Expl. sed collige testimonia uniuersorum. etcum tibi dant diuersa et ad diuersa et declinasemper ad meliorem et probabiliorem partem.

<Pseudo-Aristotele, Secretum secretorum (traduzionelatina di Filippo di Tripoli).Trad. ms. L’opera pseudo-aristotelica è trasmessa daoltre 600 manoscritti (350 per la versione tripolitana);per un elenco cfr. R. Förster, Handschriften und Ausga-ben des pseudo-aristotelischen Secretum secretorum, in«Centralblatt für Bibliothekswesen», VI (1889), pp. 1-22(in part. pp. 3-19), 57-76 e 218-19 («This cataloguemust be used with caution, since no attempt was madeto examine the various manuscripts to determine whatversion they represented»: L. Kasten, “Poridat de lasPoridades”. A Spanish Form of the Western Text of theSecretum secretorum, in «Romance Philology», V(1951-1952), p. 181 n.) e C. B. Schmitt e D. Knox,Pseudo-Aristoteles Latinus. A Guide to latin Works fal-sely attributed to Aristotle before 1500, London 1985,pp. 54-75. L’edizione del Secretum secretorum è conte-nuta in Opera hactenus inedita Rogeri Baconi, V, edi-ted by R. Steel, Oxford 1920, pp. 155-266. L’operapseudo-aristotelica venne pubblicata, più o meno nellamedesima forma presente nel codice marciano, a Pariginel 1480: cfr. Gesamtkatalog der Wiegendrucke, he-rausgegeben von der Kommission für den Gesamtkata-log der Wiegendrucke, II, Leipzig 1926, pp. 663-664,n° 2486 (già segnalato da Zorzanello, Catalogo deicodici latini cit., p. 82).Datazione e origine. «The earliest known versions ofthis text is the Arabic kitab sirr al-asrâr, which incor-porates earlier Greek, Syriac and Arabic materials. Inthe Prologue of the work it is said to have been translat-ed from Greek into Syriac and from Syriac into Arabicby Yahya ibn al-bitriq, a well-known ninth-centurytranslator. (…) There are many different variants of thework, it circulated in Arabic in two main recension, onecommonly called the Long Form [SS/B], the other call-ed the Short Form [SS/A]. It was translated twice intoLatin at different times and places. The first Latin ver-sion, made by Johannes Hispanensis (or Hispalensis) inthe middle of the twelfth century, contains a rather ab-breviated recension of the work. The complete text wastranslated into Latin during the first half of the thir-teenth century [1220 circa] by Philippus Tripolitanus,

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working for Guy de Vere of Valence, Bishop of Tripoli(in Lebanon).»: Schmitt e Knox, Pseudo-AristotelesLatinus cit., p. 5532. Esistono due redazioni in lingua ca-stigliana del Sirr-al-’asrâr: 1) la Poridat de las porida-des → traduzione dall’arabo della redazione occidentaledel Sirr-al-’asrâr (SS/A), elaborata nella prima metà delXIII sec. (ossia alla fine del regno di Fernando III o du-rante i primi anni del regno di Alfonso X). La Poridat èstata tradotta in catalano (cfr. il Libre de la saviesa) pervolontà di Jaime I d’Aragon e prima del 1276 (data dimorte del re aragonese)33; 2) il Secreto de los Secretos→ traduzione dal latino in castigliano della versione tri-politana del Secretum (SS/B) elaborata intorno alla metàdel XIII sec. per volontà di Alfonso X di Castiglia34.>

32. Cfr. inoltre M. Grignaschi, L’origine et les métamorphoses du «Sirr-al-asrâr», in «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age» (=AHDLMA), XLIII (1976), pp. 7-112; Id., La diffusion du Secretum secretorum(Sirr-al-’asrar) dans l’Europe occidentale, in «AHDLMA», XLVII (1980), pp. 7-70;Id., Remarques sur la formation et l’interprétation du Sirr al-’asrâr, in Pseudo-Aristotle. The Secret of Secrets. Sources and Influences, ed. by W. F. Ryan e C. B.Schmitt, London 1982, pp. 3-33; A. I. Spitzer, The hebrew Translations of the Sôdha-sôdôt and its Place in the Transmission of the Sirr al-asrâr, in Pseudo-Aristotle.The Secret of Secrets cit., pp. 34-54; M. A. Manzalaoui, Philip of Tripoli and hisTextual Methods, in Pseudo-Aristotle. The Secret of Secrets cit., pp. 55-72 (l’autoretenta di identificare le figure di Filippo di Tripoli e di Guido Vere nelle pp. 56-57);C. B. Schmitt, Pseudo-Aristotle in the Latin Middle Ages, in Pseudo-Aristotle in theMiddle Ages. The “Theology” and other Texts, ed. by J. Kraye, W. F. Ryan andC. B. Schmitt, London 1986, pp. 3-14 e S. J. Williams, The Early Circulation of thePseudo-aristotelian Secret of Secrets in the West: the Papal and Imperial Courts, inLe scienze alla corte di Federico II, in «Micrologus», II (1994), pp. 127-144 (trad.it., Prima diffusione dello pseudo-aristotelico Secretum Secretorum in Occidente:corte papale e corte imperiale, in Federico II e le scienze, a cura di P. Toubert eA. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 459-474). Accenni anche in G. Cary, TheMedieval Alexander (1956), ed. by D. J. A. Ross, Cambridge 19672, pp. 21-22, 105-110, 250-251, 344-345 e in Secretum Secretorum. Nine English Versions, ed. byM. A. Mazalaoui, Oxford 1977, pp. xiv-xxii.

33. Il manoscritto 721 della Biblioteca Nacional di Madrid contieneun’altra traduzione in catalano (ancora inedita) del Secretum Secretorum.

34. Cfr. Kasten, “Poridat de las Poridades” cit., pp. 180-190 e Seudo Ari-stóteles, Poridat de las Poridades, edición de L. A. Kasten, Madrid 1957; Pseudo-Aristóteles, Secreto de los Secretos, edición, introducción y notas de H. O. Bizzarri,Buenos Aires 1991 (Incipit, Publicaciones 2), H. O. Bizzarri, El Secretum Secreto-rum Pseudo-Aristotelico en Castilla: Una Consecuencia de la Censura Parisina, IVJornadas Internacionales de Literatura Española, editoras R. E. Penna e M. A. Ro-

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c. 149rb Inc. (testo) Saturnus qui superior est omnibusplanetis manet inuno quoque signo per. 2. an-nos et dimide. et complet cursum suum. in. 30.annum.Expl. Luna autem manet inuno quoque signo.(add. interl. mano 1) per. 2. dies et medius. etcomplet cursum suum in. 30. dies. siue permensem.-

cc. 149rb-149va Inc. (De significatione lune) Cum luna est inariete bonum est minuere sanguinem de bra-chioExpl. et in omnibus predictis locis aer mutaturad pluuiam et tempore non disponitur. et marein his temporibus incipit ingrossari. et hoc designis dicta sufficiant.

cc. 149va-150ra Inc. (Fortuna dei segni) Fortuna arietis est i[n]militia et seruatio. aliorumExpl. PIscis in his que sagitarii. pars eius atrio.et hec sufficiant.

c. 150ra Inc. QUi est de uenere et pisce peribit in aqua.Expl. De sole et scorpione de caduco peribit.

c. 150ra Inc. Cvm uolueris inuenire signum tuum. com-puta nomen tuum et nomen matris tue.Expl. si autem unum fuerit aquaticum et aliudterreum. terreum uincit, sicut terra aquam co-hercet. terra uincit Ignem.

<De planetis, quomodo in quolibet signo maneant.Cfr. L. Thorndike e P. Kibre, A Catalogue of Incipitsof Mediaeval Scientific Writings in Latin, Cambridge,Mass. 1937, colonne 145, 269, e 641 (cfr. inoltre n.44). Altri mss.: Città del Vaticano, BAV, Pal. lat. 317,sec. XIV, c. 114v; Berlin, Deutsche Staatsbibl., Hamil-ton 630, c. 134 (contiene anche: Fortuna dei segni);

sarossa, Buenos Aires 1993, pp. 9-14 e Id., Difusión y abandono del SecretumSecretorum en la tradición sapiencial castellana de los siglos XIII y XIV, in«Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age», LXIII (1996),pp. 95-137.

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Wellwsley (MA), Coll. Libr. 23; München, BSB, Clm615, sec. XIII, cc. 39r-40v; cfr. inoltre S. De Ricci eW. J. Wilson, Census of Medieval and RenaissanceManuscripts: United States and Canada, New York1940, p. 2310 e T. Brandis e H. Maehler, Katalog derStaats- und Universitätsbibl. Hamburg, Band IV. DieHandschriften der S. Petri Kirche Hamburg. DieHss. der S. Jacobi K. H., Hamburg 1967, p. 227.Segue un elenco di mss. contenenti l’opera pseudo-aristotelica Secretum secretorum (vers. trip.) segui-ta dal trattato De planetis: Ann Arbor, Michigan,MUL, 202, ff. 1-48, sec. XIV; Bordeaux, BM1000, ff. 38-65v, sec. XIV; London, BL Add. 27,549, ff. 104-105, sec. XIV; Madrid, Biblioteca delPalacio II-914 (olim 1948), ff. 1-93, anno 1463(contiene inoltre versi astrologici alla fine: inc.Leo, Sagittarius, Aries arescunt); Milano, Bibl.Ambrosiana A. 86 sup., ff. 1-31, sec. XIV; Mün-chen, BSB C1m 2574b, ff. 42v-71v, sec. XIII (cfr. §3); Oxford, BL auct. C. 12, ff. 97-121, sec. XV(contiene inoltre: De qualitatibus gemmarum);Oxford, BL Canon. misc. 67, ff. 1-85v, sec. XV; Ox-ford, BL Canon. misc. 345, ff. 3-29, sec. XIV; Paris,BN, lat. 7416B, ff. 110v-?, sec. ? (contiene inoltre: Designificatione lune, inc. Cum luna est in ariete bonumest minuere); Pistoia, Archivio Capitolare C. 103, ff.34-66v, anno 1375 (contiene: De septem planetis, f.66v e De significationibus lune, ff. 66v-68, inc. Cumluna est in ariete, expl. Femina frigida veluti noctur-na); Roma, Bibl. Casanatense 860, C. IV. 33, ff. 1-83v, sec. XIV; Roma, BN, Fondo Vittorio Emanue-le 301, ff. 3-76vb, sec. XIV; Schaffhausen, Eisen-bibl. s. n., ff. 1-14vb, sec. XIII; Toulouse, BM 736(I 337), ff. 1-31, sec. XIV; Trento, Bibl. Capitolareperg. 70, ff. 187-205, sec. XIV; Venezia, BNMarciana, lat. Z. 238 (= 1722), ff. 1-36r, sec. XV(contiene inoltre versi astrologici alla fine); Wien,Nat. Bibl. 407, ff. 137-145, sec. XIV (contiene: Designificationibus lune); Wien, Nat. Bibl. 512, ff.15va-40vb, sec. XIV; Wien, Nat. Bibl. 2430, ff. 1-25v, sec. XIV; Wien, Nat. Bibl. 2476, ff. 1-47, sec.XV; Wien, Nat. Bibl. 4295, ff. 125-134v, sec. XV;Wolfenbüttel, HAB 622 Helmst. (671), ff. 235-277, sec. XV. Cfr. Schmitt e Knox, Pseudo-Aristoteles Latinus cit., pp. 57-75.>

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cc. 150rb-152rb (rubr.) De pomo sapientia et intelligenciasummi ARistotelis. et de infirmitate. et morteeius.Inc. FUIt in illo tempore quidam sapiens ma-gnus et famosus in omni scientia intelligens. eteius nomen Aristotiles.Expl. et dixerunt, ille qui recolegit philosopho-rum animas, recoligat tuam animam et reponateam in thesauris suis. sicut dignum est animamhominis et directi sicut tu es. Amen.

<Pseudo-Aristotele, Liber de pomo.Datazione e origine. «This work (…) may be partiallybased on a lost Greek original, but all known versionsderive from an Arabic version of the tenth century. The(…) Persian version comes directly from the Arabic.The Hebrew recension made in Barcelona about 1235by Abraham ben Chasdai differs significantly from theArabic. The Hebrew text was put into Latin in Sicilyabout 1255. The translation is attributed to Manfred,son of Emperor Frederick II [nel ms. Troyes, BM 1959troviamo la seguente rubrica: Manfredus, De morteAristotelis].»: Schmitt e Knox, Pseudo-Aristoteles Lati-nus cit., n° 75, p. 51.Trad. ms. Circa 86 mss. trasmettono il testo pseudo-aristotelico; per un elenco completo cfr. M. Plezia (ed.),Aristotelis qui ferebatur liber de pomo, Warsaw 1960,pp. 72-78 e Schmitt e Knox, Pseudo-Aristoteles Latinuscit., p. 52 (quest’ultimo contiene un elenco di mss. as-senti nell’edizione di Plezia)35.>

cc. 152rb-152vb (rubr.) De signis celestibusInc. SUnt enim signa celestia. XIJ. scilicet Aries.Taurus. Gemini. Carcer. (pro cancer) Leo. Vir-go. Libra. Scorpius. Sagitarius. Capricornius.Aquarius. Pisces. De quibus per ordinem di-cendum est. Et primo De ariete.

35. Cfr. inoltre B. Nardi e P. Mazzantini, Il canto di Manfredi e il Liber depomo sive de morte Aristotelis, Torino 1964 (contiene un’edizione dell’operapseudo-aristotelica: pp. 37-51); Schmitt, Pseudo-Aristotle in the Latin MiddleAges cit., p. 3-14; D. Gutas, The Spurious and the Authentic in the Arabic Lives ofAristotle, in Pseudo-Aristotle in the Middle Ages cit., pp. 15-36.

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Expl. Unde ouidius. Pisce uenus latuit, quia eratin litore maris. et salua facta est uenus. quareilli pisces translati sunt in celum. hoc dictumest quia dum sol hoc signum per graditur. aerhumidus est et mobilis sicut piscis qui semperest in motu.

c. 152vb (ded.) § Excellentissimo domino. A. dei gratia.(dei gratia interl.) regi romanorum. / castelle.tolleti. regionis (pro legionis) gallicie. Si / bi-lie. cordube. Murcie. gen. (pro Jahen) et / al-garb. / § Karolus dei gratia. rex cecili / e. duca-tus apulie. principatus capue. alme. / urbis se-nator. Andegauie prouincie. et / folchacheriicomes36.

3. Conclusioni.

Dall’ispezione del manoscritto marciano risulta evidente chela scelta dei testi è ben lontana dall’essere casuale. A prescinderedal binione iniziale37, l’insolita giustapposizione dell’opera egidia-na (cc. 3r-118r) alle opere aristoteliche e pseudo-aristoteliche (cc.119r-152r) trova spiegazione nell’opinione comune che il De re-

36. Cfr. supra § 1.37. Appartenente in origine ad un altro manoscritto (cfr. § 2), viene utiliz-

zato dal copista 1, principale compilatore del ms. M, quale foglio di guardiadella silloge veneziana. In esso sono ricostruibili almeno tre fonti: la prima dacui deriva il De membrorum Christi significatione (mano 1a); la seconda italia-na da cui derivano l’Invettiva contro il papato, il De nationibus e il Versus desigillis ciuitatum (mano 1c) e la terza probabilmente castigliana (cfr. oltre) dacui derivano il frammento provenzale e forse i versi latini (mano 1c). Standoalle differenti fasi di scrittura pare possibile ricostruire la seguente operazionedi trascrizione: il fascicolo 1, che già conteneva il De membrorum, vieneriempito in tutti i suoi spazi bianchi e aggiunto ai manoscritti originariamenteautonomi; si spiegherebbe la sostanziale estraneità dell’opera di Jeronimus siarispetto al resto del manoscritto, sia rispetto al codice (a) inviato da Carlo Id’Angiò ad Alfonso X di Castiglia. Infine, mentre i testi derivati da fonte ca-stigliana appaiono direttamente collegati al codice angioino, non mi pare pos-sibile spiegare la presenza, nel manoscritto marciano, dei testi derivati da fonteitaliana.

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gimine sia un valido commento all’Etica, all’Economia e alla Po-litica di Aristotele38. Ma l’attuale “funzione” del codice marciano –prodotto forse da ambienti scolastici di ispirazione neo-aristotelica(cfr. § 2. 5) – potrebbe celare il pregresso adattamento ad un diver-so fenomeno storico-culturale: quello che ha dato origine neglianni 1265-1275 al manoscritto angioino (a) inviato ad Alfonso Xdi Castiglia.

Nell’antologia marciana risulta notevole l’attenzione prestataalla figura di Aristotele in relazione a tematiche fisiognomiche eastrologiche (da un lato Ethica abreviata, Secretum secretorum,Liber de pomo, dall’altro De planetis, De signis celestibus). Appa-re quindi di particolare interesse la coincidenza tra il contenuto delmanoscritto e gli studi del sovrano castigliano. Durante gli annicitati Alfonso X attendeva alla principale opera di carattere astro-logico-astronomico da lui composta: le Tablas alfonsíes (1263-1272)39. Questa fase era stata preceduta da una serie di traduzioni,in lingua castigliana, di opere accomunate dalla medesima temati-ca: il Lapidario, il Libro conplido en los iudizios de las estrellas diAly Aben Ragel, il Libro de la ochava espera (o Libro de lasestrellas fixas), il Picatrix e il Libro de las cruzes, a loro volta fonti

38. Cfr. Del Punta e Luna, Aegidii Romani cit., p. xxviii.39. Si parla, in questa sede, di Alfonso X come «autore» delle opere tra-

smesse sotto il suo nome; in realtà il ruolo da lui svolto è quello di sovrinten-dente al lavoro di stesura, come dichiara lui stesso nella prima parte (libro XVI,cap. XIV) della General Estoria: cfr. ed. a cura di A. G. Solalinde, Madrid1930-1961, p. 477. Sulla questione cfr. Id., Intervención de Alfonso X en laredacción de sus obras, in «Revista de Filología Española», II (1915), pp. 283-288; F. Javier Diez de Ravenga, Alfonso X y su condición de autor literario: la«General Estoria», in La lengua y la literatura en tiempos de Alfonso X, Actasdel Congreso Internacional (Universidad de Murcia), Murcia 1985, pp. 159-167 e F. Márquez Villanueva, El rey escritor, in El concepto cultural alfonsícit., pp. 119-126; accenni anche in A. Punzi, Intertestualità o studio delle fon-ti? La sezione troiana della General Estoria di Alfonso X, in Prassi intertestua-le, a cura di S. Bianchini, Roma 1996, p. 170 (già apparso nella collana «Testi,studi e manuali. Seminario 2»: Ead., Sulla sezione troiana della General Esto-ria di Alfonso X, Roma 1995) e in Alfonso X el Sabio, Il libro dei giochi, a cu-ra di P. Canettieri, Roma 1996, pp. 8-9 e n. 4. Per una descrizione dei mano-scritti prodotti nella Cámera Real, cfr. M. Signorini, Il copista di testi volgari(secoli X-XIII). Un primo sondaggio delle fonti, in «Scrittura e civiltà», XIX(1995), pp. 155-159.

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delle tavole astronomiche40. Auctoritas principale appare sempre ilfilosofo stagirita:

Aristóteles es citado por todas partes con el máximo respeto y su nombre, sesobreentiende, basta para zanjar toda cuestión de orden no teológico. Elprólogo del Lapidario, a la vez que roza la doctrina de la unidad del univer-so, lo elogia como el “más complido delos otros filósofos, et el que más na-turalmente mostró todas las cosas por razón uerdadera, et las fizo entendercomplidamente segund son”. La General estoria lo proclama “el mayor fi-lósofo que de omne et de muger nasciesse”, y hasta se alarga a declararlo or-gullosamente natural “de España, de la occident et aun dizen algunos que detierra de Portugal”, de donde pasó a Grecia llevado de su deseo de saber. “Eotrosí porque los homes naturalmente cobdician oir, et saber, et ver cosasnuevas” (Partidas I, 1, 19) representa un principio que la General estoriainvoca también en su comienzo, conforme al axioma de la Metafísica deAristóteles sobre el natural deseo de saber en el hombre41.

Ma vediamo nel dettaglio quali opere, presenti nel ms. vene-ziano, potevano far parte del codice a. Riassumo brevemente ilcontenuto del ms. Zanetti 479 (= 1914) nella seguente tavola:

carte testi, localizzazione e datazione

1r (mano 1c) versi latini + frammento provenzale

2v (mano 1c) Invettiva contro il papato, De na-tionibus, Versus de sigillis ciuitatum

40. L’attività letteraria del re castigliano è stata distinta in tre fasi da D. Ro-mano, Le opere scientifiche di Alfonso X e l’intervento degli ebrei, in De historiajudía hispanica, Barcelona 1991, pp. 677-711, in part. pp. 695-706; tale periodiz-zazione è accolta da Alfonso D’Agostino in Alfonso X el Sabio, Astromagia, acura di A. D’Agostino, Napoli 1992, pp. 20-23. Vastissima è la bibliografia rela-tiva alle opere astrologiche di Alfonso X; segnalo qui solo alcuni studi, a cui ri-mando per ulteriori approfondimenti: J. H. Nunemaker, An Additional Chapter onMagic in Mediaeval Spanish Literature, in «Speculum», VII (1932), pp. 556-564;Id., In Pursuit of the Sources of the Alfonsine Lapidaries, in «Speculum», XIV(1939), pp. 483-489; Aly Aben Ragel, El libro conplido en los iudizios de lasestrellas, traducción hecha en la corte de Alfonso el Sabio, introducción y ediciónpor G. Hilty, Madrid 1954; A. R. Nykl, Libro conplido en los judizios de lasestrellas, in «Speculum», XXIX (1954), pp. 85-99; F. Márquez Villanueva,Astrología, magía y adivinación, in El concepto cultural alfonsí cit., pp. 195-202e J. Samsó, Tres reyes magos, in Alfonso X y su época cit., pp. 109-124.

41. Marquez Villanueva, Trasfondo filosófico de la obra alfonsí, in El con-cepto cultural alfonsí cit., p. 204.

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1v-2v (mano 1a) Jeronimus, De membrorum Christisignificatione, ?

3r-118r (mano 1a) Egidio Romano, De regimine prin-cipum, Parigi, 1277-1279;

119r-130v (mano 2) Aristotele, Etica abreviata dettaalessandrina, traduz. lat. Toledo,1243 o1244;

131r-149rb (mano 2) Pseudo-Aristotele, Secretum secre-torum, traduz. lat. Tripoli, primametà del XIII sec.;

149rb-150ra (mano 2) Anonimo, De planetis quomodo inquolibet signo maneant, ?;

150rb-152rb (mano 1b) Pseudo-Aristotele, Liber de pomo,traduz. lat. Sicilia, 1255;

152rb-152vb (mano 1b) Anonimo, De signis celestibus, ?.

Mi pare evidente che il codice angioino (a) non potesse inclu-dere il De regimine principum di Egidio Colonna, perché compo-sto in anni successivi alla datazione del colophon. Si aggiunga,inoltre, che l’Ethica abreviata detta alessandrina, prodottadall’ambiente culturale toledano, era forse già nota ad Alfonso X42

e pertanto verosimilmente estranea al codice inviato da Carlo Id’Angiò. Restano quindi da analizzare le due opere pseudo-aristo-teliche e i trattatelli di argomento astrologico.

Per quanto riguarda questi ultimi, è difficile stabilire se faces-sero parte del manoscritto angioino. In mancanza di dati relativiall’origine e alla datazione, un elemento che suggerisce una pos-sibile presenza dei trattatelli nel codice a perduto è la loro stretta

42. Sulla Scuola di Toledo cfr. S. M. Waxman, Chapters on Magic inSpanish Literature, in «Revue Hispanique», XXXVIII (1916), pp. 325-463, inpart. pp. 342-356; sull’attività della Scuola di Toledo sotto la direzione di Al-fonso X, cfr. N. Roth, Jewish Collaborators in Alfonso’s Scientific Work, inEmperor of Culture. Alfonso X the Learned of Castile and his Thirteenth-century Renaissance, ed. by R. I. Burns, University of Pennsylvania Press1990, pp. 59-71.

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relazione con argomenti astrologici, così vicini agli interessi lette-rari alfonsini43.

Si rivela, invece, confortante l’analisi storico-geografica deitrattati trasmessi sotto il nome di Aristotele. Tra il terzo e il quartodecennio del 1200 la versione latina dell’opera pseudo-aristotelicaSecretum secretorum – tradotta nel 1220 circa da Filippo di Tripoli(cfr. § 2. 6) – raggiunse, o per via diretta, o per tramite della curiapontificia, la corte di Federico II di Svevia. Almeno due elementici conducono nell’ambiente papale / imperiale: 1) il ms. München,Bayerische Staatsbibliothek Clm. 2574b di mano di un segretariodel funzionario papale Alberto di Behaim, contenente una copia(piuttosto corrotta) del Secretum (cc. 44r-71v), testi miscellanei,annotazioni personali, corrispondenza privata ed ufficiale (anni1245-1246). Alberto venne in possesso del Secretum tramitel’ambiente papale (o imperiale) negli anni di poco anteriori alledate delle lettere44; e 2) il De retardatione accidentium senectutis

43. È stato analizzato il Liber Razielis – traduzione latina del trattato dicabala pratica Libro de Raziel, composto nell’atelier di Alfonso el Sabio etràdito dal ms. Città del Vaticano, BAV, Reg. lat. 1300 – in rapporto ai tratta-telli astrologici veneziani. In mancanza di particolari riscontri intertestuali sipuò per ora escludere un collegamento fra le opere esaminate. La questionemerita comunque di essere ulteriormente approfondita. Sull’opera alfonsina,ancora inedita, cfr. A. D’Agostino, Capitoli di letteratura perduta: Alfonso X,il Libro de Raziel e la tradizione romanza, in El Girador. Studi di letteratureiberiche e ibero-americane offerti a Giuseppe Bellini, a cura di G. B. De Cesa-re e S. Serafin, Roma 1993, pp. 291-304.

44. Cfr. Williams, Prima diffusione cit., pp. 459-461. Il ms. contiene inoltre:«<Astrological notes> fol. 72, Cum luna est in Ariete bonum est minuere sangui-nem de brachio (…); fol. 72v, Quacumque hora nascitur quis eadem naturaliterdebet mori (…); fol. 73, Cum volueris invenire signum tuum computa nomentuum et nomen matris; fol. 73, Si scire volueris quis prius moriatur <the last threeitems are related to the “spheres of Apuleius or Pythagoras” discussed by E. Wic-kersheimer, “Figures médico-astrologiques des IXe, Xe et XIe siècles”, Janus 19(1914) 1-21>; fol. 73, Leo, Sagittarius, Aries arescunt / Sunt orientalia et sempercalescunt <verses, also in Vatican, Urb. lat. 505 and Paris, BN lat. 6584;Thorndike and Kibre [= L. Thorndike e P. Kibre, Incipits of Mediaeval ScientificWritings in Latin, ed. 2, London 1963] 816> (…) <Astrological notes> fol. 75v,Fortuna Arietis est in militia et in servicio aliorum, in hospitalitatibus, et in taber-na et in macello <also in (…) Munich, Clm. 615; Thorndike and Kibre 568>; fol.76, Qui est de Venere et Pisce, peribit de aqua.»: C. Burnett, An Apocryphal Let-ter from the Arabic Philosopher al-Kindi to Theodore, Frederick II’s Astrologer,

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di un certo «Dominus Castri Goet» in possesso, negli anni che pre-cedono la composizione dell’opera (1230-1240), di una copia delSecretum proveniente dall’Italia meridionale45. Ma una copia del-l’opera pseudo-aristotelica potrebbe essere pervenuta nelle mani diFederico II direttamente dal Medio Oriente:

Con le sue estese relazioni a Oriente è possibile che Federico sia riuscito aottenere una copia del Secretum Secretorum, senza che per questo la cortepapale facesse da tramite. (…) Federico (…) si recò in Oriente in crociatadal settembre del 1228 al maggio 1229, forse accompagnato da MicheleScoto, e ammesso che la traduzione di Filippo fosse già completa allora, Fe-derico potrebbe aver avuto là il Secretum Secretorum. È inoltre possibile chei molti collegamenti di Federico con la città di Antiochia abbiano procuratoall’imperatore una copia del Secretum Secretorum. Per esempio c’era il pa-triarca di Antiochia, Alberto (1226-1246): secondo le parole dello stessoFederico, “egli considerò per molto tempo [Alberto] come uno dei suoi piùcari amici”. In viaggio verso Levante, Federico incontrò Boemondo IV,principe di Antiochia e conte di Tripoli, nell’isola di Cipro; essi furono dinuovo insieme ad Acri l’anno successivo46.

Tra il 1228 e il 1235 il Secretum secretorum circolava nellacorte federiciana, come stanno a testimoniare: 1) i rapporti inter-testuali tra il Liber de phisionomia (terzo libro del Liber introduc-

Concerning Gog and Magog, the Enclosed Nations and the Scourge of the Mon-gols, in «Viator», XV (1984), pp. 151-167 (cit. p. 160). Mi pare pertanto interes-sante sottolineare che, già intorno alla metà del XIII sec., i versi astrologici, con-tenuti anche nel ms. marciano (cfr. § 2. 6), erano strettamente collegati al Secre-tum pseudo-aristotelico e all’ambiente culturale papale / imperiale.

45. Cfr. A. Paravicini Bagliani, Ruggero Bacone autore del De retardationeaccidentium senectutis?, in «Studi Medievali», XXVIII (1987), pp. 707-727 eAddendum, con S. J. Williams, ibid., pp. 727-728. L’opera fu poi inviata dall’au-tore a Federico II di Svevia, come sta a dimostrare l’inventario dei libri lasciati almonastero di Cluny dall’abate Ivo (1256/1257-1275), in cui l’opera in questionecompare come segue: «Item Epistola domini castri goet de accidentibus senectutismissa ad fredericum imperatorem» (cfr. ibid., p. 727). Paravicini Bagliani giungeinoltre alla conclusione che il primo destinatario del De retardatione possa esserestato proprio l’imperatore svevo (cfr. ibid., p. 728).

46. Williams, Prima diffusione cit., pp. 472-3. Mario Grignaschi e HugoBizzarri ritengono, invece, che sia stato Filippo di Tripoli, di lingua francese (suquest’ultimo aspetto cfr. Förster, Handschriften und Ausgaben cit., p. 2; ma ancheMazalaoui, Philip of Tripoli cit., p. 57), a portare, in un secondo momento, lapropria traduzione in Francia meridionale: Grignaschi, La difusión cit., p. 16 eBizzarri, Difusión y abandono cit., p. 101.

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torius) di Michele Scoto ed il Secretum47; e 2) la lettera inviata aFederico II dal magister Teodoro – contemporaneo e collega diMichele Scoto –:

Celsitudo vestra precepit ut de conseruanda sanitate certas scriberem vobisregulas, sed cicius ad manus vestras venit scriptum antiquissimum in secre-tis Aristotelis, quod ad Alexandrum imperatorem per epistolam inquirentemde sanitate corporis edoceri transmiserat [corsivo mio]48.

47. Cfr. Williams, Prima diffusione cit., pp. 464-465: lo studioso cita alcunipassi, tratti dal Liber de phisionomia, strettamente collegati al Secretum. Per ulte-riori approfondimenti cfr. L. Minio-Paluello, Michael Scot, in Dictionary ofScientific Biography, XI, New York 1974, pp. 361-365; A. Damiani, Il Liber dephisionomia di Michele Scoto e la cultura Siciliana tradizionale, in «Attidell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», CXXXII (1973-74), pp. 437-441; P. Morpurgo, Note in margine a un poemetto astrologico presente nei codicidel Liber particularis di Michele Scoto, in «Pluteus», II (1984), pp. 5-14; G. M.Edwards, The Two Redactions of Michael Scot’s “Liber Introductorius”, in«Traditio. Studies in Ancient and Medieval History, Thought and Religion», XLI(1985), pp. 329-340; D. Jacquart, La physiognomonie à l’époque de Frédéric II:le traité de Michel Scot, in Le scienze alla corte di Federico II cit., pp. 19-37(trad. it., La fisiognomica: il trattato di Michele Scoto, in Federico II e le scienzecit., pp. 338-353) e C. Burnett, Michael Scot and the Transmission of the Scienti-fic Culture from Toledo to Bologna via the Court of Frederick II Hohenstaufen,in Le scienze alla corte di Federico II cit., pp. 101-126 (trad. it., Michele Scoto ela diffusione della cultura, in Federico II e le scienze cit., pp. 371-394). CharlesBurnett ritiene che sia «necessario fare una grande attenzione nell’attribuire a Mi-chele ogni parte del Liber introductorius»: il trattato ha subìto una serie di rima-neggiamenti e interpolazioni per opera di Bartolomeo da Parma (Michele Scoto ela diffusione della cultura cit., pp. 380 ss., cit. p. 384). Nonostante ciò, S. J. Wil-liams (e con lui G. M. Edwards) conclude che i riferimenti al Secretum secreto-rum, contenuti nel Liber introductorius, si possano attribuire, quasi con certezza,alla mano di Michele Scoto: Prima diffusione cit., p. 468.

48. K. Sudhoff, Ein diätetischer Brief an Kaiser Friedrich II. von seinemHofphilosophen Magister Theodorus, in «Archiv für Geschichte der Medizin», IX(1915), pp. 1-9 e C. Burnett, Master Theodore, Frederick II’s Philosopher, in Fe-derico II e le nuove culture, Atti del XXXI Convegno storico internazionale (Todi9-12 ottobre 1994), Spoleto 1995, pp. 225-285 (cit. p. 267). Sudhoff ritenne cheil libro giunto nelle mani di Federico II fosse l’Epistola di Giovanni Ispanense(Ein diätetischer Brief cit., p. 7). Teodoro d’Antiochia, però, non poteva aver ap-preso dal De dieta servanda la notizia che Alessandro aveva domandato ad Ari-stotele per epistolam le norme sull’igiene. Questo dettaglio compare soltanto nellaversione tripolitana del Secretum (cfr. Grignaschi, La difusión cit., p. 22).

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A ciò si aggiunga che la lettera di Teodoro di Antiochia ètràdita da un solo ms.: Marburg, Universitäts-Bibliothek 9, cc. 98v-99r. Il valore storico-culturale del codice aumenta se si considerache, oltre ad essere testimone unico della lettera di Teodoro, tra-smette anche la versione tripolitana del Secretum (cc. 65-87) e ilLiber de pomo (cc.95-98)49. Quest’ultimo trattato, come si è dettonel § 2. 6, fu tradotto dall’arabo in latino nel 1255 circa per incari-co del figlio di Federico II di Svevia, Manfredi (1232-1266).

In base ai dati fin qui elencati, appare verosimile pensare chela corte sveva abbia avuto un ruolo centrale – durante la primametà del sec. XIII – nell’elaborazione e diffusione dei trattati pseu-do-aristotelici in lingua latina e che Carlo I d’Angiò, entrato inpossesso del patrimonio culturale e librario dei due celebri predeces-sori, abbia verosimilmente ritenuto di particolare interesse culturalele due opere pseudo-aristoteliche ereditate assieme alla corona diSicilia.

Numerosi elementi qui emersi sembrano suggerire una primavalutazione sulla struttura del codice a: ogni dato, relativo all’origi-ne, alla datazione e alla fortuna del Secretum e del Liber de pomo,lascia credere che le due opere pseudo-aristoteliche fossero presentinel codice inviato ad Alfonso X. In tal caso il fondatore della dina-stia angioina avrebbe saputo sfruttare vantaggiosamente gli “intrec-ci” che si stabilivano tra vicende politiche e fenomeni culturali in etàcoeva: se infatti esaminiamo la selezione letteraria, operata forse daCarlo I e qui parzialmente ricostruita, notiamo che, se da un latosoddisfaceva le curiosità intellettuali del sovrano castigliano, dall’al-tro associava la figura di Alfonso X a quella di Federico II, alluden-do alle ambizioni imperiali del discendente Hohenstaufen50.

49. Per il contenuto del ms., cfr. Sudhoff, Ein Diätetischer Brief cit., pp. 1-2e Burnett, An Apocryphal Letter cit., pp. 161-163.

50. Sulla politica imperialistica di Alfonso X, cfr. Ballesteros Beretta, Alfon-so X el Sabio cit., in part. cap. XIV ed inoltre de Ayala Martínez, Alfonso X:Beaucaire cit. Spesso gli storici hanno messo a confronto Alfonso X e FedericoII, cfr., ad esempio, R. Sabatino López, Entre el Medioevo y el Renacimiento. Al-fonso X y Federico II, in Alfonso y su época cit., pp. 7-14, F. Márquez-Villanueva, El rex magister, in El concepto cultural alfonsí cit., pp. 20-27 eA. Pérez Martín, Federico II (1194-1250) y Alfonso X el Sabio (1221-1284), inFederico II e le nuove culture cit., pp. 113-151. Da questo punto di vista parelecito credere che la presenza del Secretum nel manoscritto angioino avrebbe po-

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Allo stato attuale delle nostre informazioni, non è possibile af-fermare se in qualche luogo della vasta opera alfonsina sia statonominato il Liber de pomo; non altrettanto si può dire del Secre-tum secretorum, citato più volte nella Seconda Partida:

«(…) dixo Aristoteles en el libro que fabla del Regimiento de las Cibdades, ede los Reynos» (T.1, L.10); «E porende Aristoteles en el libro que fizo aAlexandre, de como auia de ordenar su casa e su señorio» (T.9, L.1); «Ca se-gund el consejo que dio Aristoteles a Alexandre sobre el Ordinamiento de sucasa» (T.9, L.2); «E sobre esto castigo Aristoteles al rey Alexandre (…)» (T.8,L.3); «(…) ca segund dixo Aristoteles a Alexandre (…)» (T.8, L.15); «(…) epor esto dixo Aristoteles a Alexandre como en manera de castigo» (T.9, L.5);«(…) porende consejo Aristoteles a Alexandre (…)» (T.9, L.6); etc.51.

È piuttosto difficile stabilire quante e quali versioni del Sirr-al-’asrâr Alfonso X e i suoi collaboratori avessero sul tavolo dilavoro durante l’elaborazione delle Siete Partidas. Tra il XII e ilXIII secolo si era diffusa in Castiglia la leggenda di AlessandroMagno attraverso la Disciplina clericalis, il Libro de los doze sa-bios, i Bocados de oro e il Libro de los buenos proverbios52. Inol-

tuto assolvere anche alla funzione di associare la figura di Alfonso X a quella diAlessandro Magno. Assai noto è l’interesse del sovrano castigliano per la figuradell’imperatore macedone, protagonista della quarta parte della General Estoria:Alfonso X el Sabio, La Historia novelada de Alejandro Magno, edición acom-pañada del original latino de la Historia de Preliis (recensión J2), a cura diT. Gonzáles Rolán y P. Saquero Suárez-Somonte, Madrid 1982. Mi pare interes-sante, inoltre, sottolineare ciò che afferma Hugo Bizzarri: «no nos parece extrañoque un texto como el Sirr-al-’asrâr, que exponía la teoría política que Aristótelesenseñaba a Alejandro, atrajera el interés de un rey preocupado en “acresçentar elsaber quanto pudo”, según palabras de don Juan Manuel. Estas lecturas usadas ensu formación, que presentan la imagen del emperador por excelencia, posiblemen-te debieron fertilizar en el monarca la idea imperial que lo llevó a buscar la coronadel sacro imperio»; Bizzarri, Difusión y abandono cit., p. 99.

51. Ibid., pp. 104-105.52. Cfr. Cary, The Medieval Alexander cit., pp. 22-23 e Bizzarri, Difusión y

abandono cit., pp. 98-99 e Id., La idea de reconquista en el Libro de los doze sa-bios, in «Revista de Filología Española», LXXVI (1996), pp. 5-29. Si aggiunga,inoltre, che, nella prima metà del XIII sec., venne elaborata una biografia detta-gliata dell’eroe greco (Libro de Alexandre), che si diffuse ben presto nella regionecastigliana: cfr. D. Carraroli, La leggenda di Alessandro Magno, Torino-Palermo1892, pp. 226-229; Cary, The Medieval Alexander cit., pp. 64-65, 179-180,187-188; M. R. Lida, La leyenda de Alejandro en la literatura medieval, in Latradicion clásica en España, Barcelona 1975, pp. 165-197 e Bizzarri, Difusión y

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tre, negli ambienti intellettuali di Toledo, circolava la traduzione inlatino della versione occidentale (SS/A) del Sirr-al-’asrâr, costi-tuita dal solo capitolo dedicato all’igiene e nota con il titolo diEpistola ad Alexandrum de dieta servanda (cfr. § 2. 6)53.

Dati più certi ci trasmette Hugo Bizzarri nel suo recente arti-colo sulla diffusione del Secretum secretorum in Castiglia. Lostudioso argentino ha dimostrato che in almeno due passi della Se-conda Partida — riportati qui di seguito — esistono delle interes-santi analogie con la traduzione castigliana della versione orientale(SS/B) del Sirr-al-’asrâr, ossia il Secreto de los Secretos:

Partida II, T. 8, L. 2 «(…) non conuiene al Rey de ser muy fablador,nin que dixesse a muy grandes bozes lo queouiesse dezir, fueras ende en logar, do conuenies-se: porquel vso de las muchas palabras, enuilece alque las dize, e otrosi las grandes bozes, sacandolede mesura, faziendole que non fable apuesto».

Secreto, cap. 8 «Avn conuiene al rrey ser bien fablado & de bue-na palabra & tener clara boz, porque la clara bozmucho aprouecha en el tienpo de las batallas.Avn, en verdat, deue el rrey quitarse de muchofablar, si neçessidat no la aya menester» (p. 33a).

Partida II, T. 9, L. 5 «E puso semejanza de los consejaros al ojo (…)»

Secreto, cap. 30 «(…) el consejo es el ojo de las cosas por venir(…)» (p. 68)54

Ulteriori osservazioni di Hugo Bizzarri meritano attenzione inquesto contesto: poiché nel T. 10, L. 3 della Seconda Partida vi è unpassaggio che non appare nella versione castigliana del Secretum,ma nella Poridat e nell’opera Bocados de oro, l’autore giunge alleseguenti conclusioni:

abandono cit., p. 98. Sulla figura di Alessandro Magno nella letteratura medievalesi veda Alessandro nel Medioevo Occidentale, a cura di P. Boitani, C. Bologna,A. Cipolla e M. Liborio, con introduzione di P. Dronke, Milano 1997.

53. Quest’ultima opera, però, pare non aver goduto di particolare fortuna seconsideriamo che la Poridat de las Poridades — traduzione in castigliano dellaversione breve del trattato pseudo-aristotelico (cfr. § 2. 6) — venne elaborata neiprimi decenni del XIII sec. sulla base di un testo arabo del Sirr: Seudo Aristóteles,Poridat de las Poridades cit., p. 11.

54. Bizzarri, Difusión y abandono cit., p. 105.

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la versión que se utilizó en la Partida II del Secretum es otra que la que senos tradujo en el Secreto. Parece ser que la misma posibilidad que tuvo Ro-ger Bacon de consultar varios manuscritos del Secretum para realizar su co-mentario la han tenido los colaboradores del rey Sabio. En consecuencia, laPartida II en las varias secciones en que se citan los consejos de Aristótelesnos permite saber que, en el momento de compilación del gran códigoespañol, el Secretum era conocido y manejado por sus colaboradores. Esposible que debamos situar en ese mismo período la traducción del Secreto.

E ancora:

Lo cierto es que en el momento de ponerse a trabajar en su gran código, loscolaboradores de Alfonso decidieron prescindir de Poridat y utilizar con fre-cuencia el Secretum. Tal vez aquí haya pesado el enorme prestigio de laversión latina del SS/B y haya seducido más a los colaboradores del Al-fonso que al fin y al cabo aspirarían a realizar una obra enraizada en unatradición europea55.

In relazione a quanto detto finora, mi pare possibile credereche, forse, uno dei codici utilizzati da Alfonso X56 sia stato proprioil manoscritto inviato da Carlo I d’Angiò nel medesimo torno dianni in cui il sovrano castigliano lavorava all’importante opera le-gislativa57. Appare quindi interessante la coincidenza tra la deci-

55. Ibid., pp. 106-107.56. Non è da escludere che il Secretum sia giunto in Spagna anche attraverso

altre vie culturali. Scrive, infatti, Hugo Bizzarri: «Comentada en Oxford por Ro-ger Bacon, es posible que haya entrado [SS] a España por la afluencia de estudian-tes españoles que asistían a sus clases»: Una consecuencia de la Censura Parisinacit., p. 13, ma cfr. anche Pseudo-Aristóteles, Secreto de los secretos cit., p. 6.

57. In base al Prologo della Prima Partida (versione 1P3/C: «E este librofue començado a componer e a fazer viespera de Sant Johan Baptista, quatroaños e veynte e tres dias andados del comienço de nuestro regnado, que co-menço quando andaua (…) la era de la encarnación en mill e dozientos e cin-quenta e un años romanos e ciento e cinquenta e dos días mas (…) E fue aca-bado a siete años complidos»; ma cfr. anche le versioni 1P1/A e 1P2/B) si riescea stabilire che l’opera legislativa fu composta tra il 23 giugno 1256 e il 28agosto 1265: J. R. Craddock, La cronología de las obras legislativas de Alfon-so X el Sabio, in «Anuario de historia del derecho español», LI (1981),pp. 365-418, in part. pp. 386 ss. Mentre Alfonso García Gallo propone che ilperiodo individuato dal prologo si debba riferire unicamente alla composizionedella Prima Partida (El «Libro de las leyes» de Alfonso el Sabio: del Espéculoa las Partidas, in «Anuario de historia del derecho español», XXI-XXII(1951/52), pp. 345-528, in part. p. 446), Jerry Craddock sostiene che l’interaopera sia stata composta tra il 1256 e il 1265 e che a partire dal 1272 siano

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sione di Alfonso X di abbandonare gradualmente la Poridat de lasPoridades in favore della versione tripolitana del Secretum e lapresenza di quest’ultima nel codice angioino.

A questo punto è importante stabilire se possediamo almeno unelemento che ci aiuti a verificare se il ms. a abbia mai fatto partedell’immensa biblioteca alfonsina. Il frammento di versi provenzalidel poeta N’At de Mons, trascritto nella c.1ra del codice marciano,suggerisce un possibile viaggio dei testi dall’Italia alla Spagna.

I numerosi riferimenti a personaggi ed avvenimenti storici,contenuti negli ensenhamens e nelle cansos di N’At de Mons (Albon rey de Castela BdT 309, I; Si tot non es enquistz BdT 309, V;Al noble rey aragones BdT 309, III; Al bon rey, senhor d’AragoBdT 309, II; Si N’At de Mons agues BdT 309, IV; La valors esgrans e l’onors, BdT 309,1 e Reis rics BdT 309, 2), permettono dilocalizzare e datare l’attività del poeta provenzale:

Wir können uns also dahin zusammenfassen: N’At de Mons stammte ausToulouse, er dichtete in der zweiten Hälfte des 13. Jahrhunderts und war einZeitgenosse der Könige Alphons X. von Castilien und Peter III. von Aragon;sein Tod erfolgte ca. 129058.

Gli unici due manoscritti, latori del corpus poetico di N’Atde Mons, sono i Canzonieri provenzali R (Paris, BN, f. fr.22543) e C (Paris, BN, f. fr. 856)59 provenienti dal sud dellaFrancia: rispettivamente da Toulouse60 e da Narbonne-Béziers61.

state avviate le successive rielaborazioni: La cronología de las obras legislati-vas cit., pp. 412 e 418. Cfr. inoltre J. R. Craddock, La nota cronológica insertaen el prólogo de las «Siete Partidas», in «Al-Andalus», XXXIX (1974),pp. 363-390 e Id., El Setenario: ultima e inconclusa refundición alfonsina de laprimera Partida, in «Anuario de historia del derecho español», LVI (1986),pp. 441-466 (in quest’ultimo articolo Craddock dimostra l’anteriorità della PrimaPartida rispetto al Setenario). Per poter stabilire con certezza quanto si affermanel presente studio, sarà necessario in futuro verificare (testi alla mano) se esi-stono delle variazioni in relazione alla fonte pseudo-aristotelica nel passaggioda una versione all’altra della Seconda Partida e se il Secretum tràdito dal mano-scritto marciano possa essere stato fonte del Secreto de los Secretos, tradotto incastigliano nello stesso periodo in cui Alfonso X lavorava alle Siete Partidas.

58. Bernhart, Die Werke des Trobadors N’At de Mons cit., p. x.59. Il canzoniere C trasmette solo BdT 309, 1.60. «La richesse des traits dialectaux relevés (…) nous permet aisément de préci-

ser la localisation proposée par Brunel (Bibl. [=Bibliographie des manuscrits littéraires

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Lo spazio temporale che intercorre tra la data di composizionedei testi di N’At de Mons (seconda metà del XIII sec.) e il mo-mento della loro copia nei canzonieri citati (XIV sec. in.) lasciasupporre una tradizione semplice e diretta, permettendo quindidi escludere un’eventuale mediazione italiana62. A maggior ra-gione anche per i versi provenzali, contenuti nel codice mar-ciano e copiati nel XIII sec. ex., si può ipotizzare la medesimalinea di trasmissione.

Mi pare pertanto possibile affermare che sia la coincidenza tra ildestinatario del codice angioino e il mecenate del poeta provenzale(= Alfonso X di Castiglia) e sia la tradizione manoscritta del corpuslirico di N’At de Mons permettono di concludere che il codice a,oggi perduto, possa essere pervenuto nel territorio spagnolo per poirientrare, integrato, in Italia (= ms. a1). Alla luce di quanto affermatomi pare inoltre verosimile che l’Ethica abreviata, il cui luogod’origine (ambiente toledano) coincide con il luogo di destinazionedel codice a, possa costituire parte delle integrazioni di a1.

Riassumo le mie osservazioni nel seguente schema:

Secretum secretorumLiber de pomo a

a = De planetis → a1 = versi di N’At de MonsDe signis celestibus versi latiniColophon Ethica abreviata

en ancien provençal, Paris 1935], n° 194) pour le chansonnier R: “Écrit au XIVe s. enLanguedoc.” Selon nous, c’est vraisemblablement dans le Toulousain que nôtre manu-scrit a été exécuté, dans le premier quart du XIVe siècle»; F. Zufferey, Recherches lin-guistiques sur les chansonniers provençaux, Genève 1987, pp. 105-133 (cit. p. 130).

61. «Le traitement du groupe C T, particulièrement devant voyelle, rend trèsprobable la conclusion qu’il [= C] a été écrit dans l’angle nord-est de ce quadrila-tére [Sigean et Quillan au sud, Alzonne et l’embouchure de l’Aude au nord],c’est-à-dire vers Narbonne»; J. Monfrin, Notes sur le chansonnier provençal C, inRecueil de travaux offerts à M. Clovis Brunel, II, Paris 1955, pp. 292-312 (cit.p. 309); cfr. inoltre Zufferey, Recherches linguistiques cit., pp. 134-152.

62. Per quanto riguarda il canzoniere R, cfr. F. Zufferey, La partie non-lyriquedu chansonnier d’Urfé, in «Revue de Langues Romanes», XCVIII (1994), pp. 1-29,in part. pp. 22-23.

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1. Venezia, BN Marciana, lat. Z. 479 (=1914), c. 1r.

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2. Venezia, BN Marciana, lat. Z. 479 (=1914), c. 2v.

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3. Venezia, BN Marciana, lat. Z. 479 (=1914), c. 3r.

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4. Venezia, BN Marciana, lat. Z. 479 (=1914), c. 150r.

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5. Venezia, BN Marciana, lat. Z. 479 (=1914), c. 152v.