Top Banner
ESTRATTO ArNoS ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII del Centro Europeo di Studi Normanni Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries of Centro Europeo di Studi Normanni 4 2013/2014 a cura di Edoardo D’Angelo Fulvio Delle Donne Centro Europeo di Studi Normanni Ariano Irpino
24

Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Feb 04, 2023

Download

Documents

Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

estratto

ArNoSARCHIVIO NORMANNO-SVEVO

Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIIIdel Centro Europeo di Studi Normanni

Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries

of Centro Europeo di Studi Normanni

4

2013/2014

a cura di Edoardo D’AngeloFulvio Delle Donne

Centro Europeo di Studi NormanniAriano Irpino

Page 2: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

ArNoSARCHIVIO NORMANNO-SVEVO

Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII del Centro Europeo di Studi Normanni

COMITATO SCIENTIFICO

G. Arnaldi, Th. Asbridge, P. Bouet, M. Caravale, G. Coppola, F. Delle Donne, M. D’Onofrio, H. Enzensberger, S. Fodale, C.D. Fonseca,

J. France, G. Galasso, V. Gazeau, E.C. van Houts, Th. Kölzer, C. Leonardi (†), O. Limone, G.A. Loud, J.M. Martin, E. Mazzarese Fardella, F. Neveux,

M. Oldoni, F. Panarelli, A. Paravicini Bagliani, A. Romano, V. Sivo, W. Stürner, A.L. Trombetti, H. Takayama, S. Tramontana

SEGRETERIA DI REDAZIONEL. Russo, T. De Angelis

COMITATO DI DIREZIONEA. Cernigliaro, E. Cuozzo, E. D’Angelo, O. Zecchino

© 2014 Centro Europeo di Studi Normanni

I contributi scientifici sono sottoposti a doppia lettura anonima di esperti

ISSN: 2036-7759ISBN: 978-88-98028-07-8

Page 3: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

UNA POCO NOTA RACCOLTA DI DICTAMINA DI EPOCA ANGIOINA

Dario internullo

la storiografia sulla cultura epistolare del tardo medioevo ha ricevu-to un notevole impulso negli ultimi anni, soprattutto per merito di una rivalutazione complessiva di quelle testimonianze costituite dalle raccolte di dictamina, ovvero di modelli testuali in forma di lettera. Utilizzate un tempo come depositi cui attingere occasionalmente per estrarre docu-menti sui sovrani o pezzi di bravura letteraria, queste raccolte sono state più recentemente studiate nella loro struttura complessiva e con mag-gior attenzione al contesto storico-culturale di riferimento; così, scesi in campo una nuova ottica e nuovi metodi di studio, sono diventate un os-servatorio privilegiato per indagare le relazioni e le espressioni culturali che si manifestarono nel tempo e nello spazio in determinati ambienti socio-professionali. Su un piano più generale, tali raccolte hanno inoltre permesso una migliore conoscenza degli sviluppi della cultura epistolare nel tardo medioevo, a partire dal suo formalizzarsi in ars dictaminis nel corso dei secoli XII e XIII nei territori intorno a Montecassino fino a giungere al fenomeno di omogeneizzazione del linguaggio politico nelle più grandi cancellerie d’Europa fra Tre e Quattrocento1.

Con il presente contributo intendo cominciare a riflettere su una di queste sillogi rimasta finora completamente nell’ombra. Ho avuto modo

1 nicola da rocca, Epistolae, ed. F. Delle Donne, Firenze 2003 (Edizione nazionale dei testi mediolatini 9), pp. XI-LVI; Una silloge epistolare della seconda metà del XIII secolo, ed. F. Delle Donne., Firenze 2007 (Edizione nazionale dei testi mediolatini 19), pp. XIII-LIX; B. Grévin, De la collection épistolaire au formulaire de chancellerie (XIIIe-XVe siècle): enquêtes foncionnalistes, transitions typologiques et fractures disciplinaires, in Les regroupements textuels au Moyen Âge = «Cahiers électroniques d’histoire textuelle du LAMOP» 1, 2008 (1 ed. in linea 2011), pp. 24-50; id. Rhétorique du pouvoir médiéval. Les Lettres de Pierre de la Vigne et la formation du langage politique européen (XIIIe-XVe siècle), Roma 2008 (Bibliothèque des

Page 4: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo126

di individuarla studiando un complesso manoscritto della Biblioteca An-gelica, del quale ho proposto una prima presentazione e contestualizza-zione generale in altra sede2. In quest’occasione mi è sembrato oppor-tuno tornare in maniera più specifica soltanto su una sezione del codice, quella appunto contenente la raccolta, dal momento che essa offre una testimonianza culturale notevole sotto due punti di vista, particolare e generale. Da una parte, permette di ricostruire le attività e le reti cul-turali dei notai-funzionari di un determinato milieu, quello dei dictatores originari delle terre comprese fra Vicalvi e Flumeri e posti al servizio di grandi feudatari angioini; dall’altra, se considerata all’interno della più ampia storia del dictamen, offre alcuni spunti per riflettere sui mutamenti avvenuti in quei territori chiave, posti fra basso Lazio e alta Campania, nel periodo successivo alla disfatta degli Svevi.

Dopo una breve presentazione del codice, passerò alla struttura e ai contenuti della raccolta; mi soffermerò in seguito su luoghi e indi-vidui menzionati in essa e in altre sezioni del codice, con il fine di me-glio contestualizzarla, per concludere con una riflessione sul suo valore storico-culturale. In appendice verranno infine pubblicate alcune lettere significative, da considerarsi come anteprima a una futura e completa edizione di tutti i pezzi.

La sezione “angioina” del ms. Roma, Biblioteca Angelica, 514

L’inedita raccolta di dictamina in questione fa parte di una più ampia serie di testi contenuti nel manoscritto 514 della Biblioteca Angelica di Roma. Fattizio, con i fascicoli più e più volte rimaneggiati, il codice con-sta di due parti, entrambe databili alla prima metà del Trecento. La prima di queste, quella che qui interessa, rimanda a territori del Regno angioino, mentre la seconda ad ambienti romani.

Tralasciando la parte romana, su cui ho riflettuto in altra sede, mi sembra utile ai fini della comprensione illustrare brevemente quella an-

Écoles Françaises d’Athènes et de Rome 339), pp. 17-120; Le dictamen dans tous ses états. Perspectives de recherches sur la théorie et la pratique de l’ars dictaminis (XIe-XVe s.), Colloque international, Paris, 5-6 juillet 2012, cur. B. Grévin, A.-M. Turcan-Verkerk, in corso di stampa; ci si è soffermati sul tema anche durante l’atelier di ricerca L’écriture latine en rése-aux. Les conditions socio-stylistiques d’expansion de l’ars dictaminis (XIIe-XIVe siècle), tenutosi a Roma, presso l’École Française de Rome e l’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, i giorni 15-16 marzo 2013.

2 D. internullo, A proposito di dictamen fra Regno angioino e Roma nel primo Trecento, in Le dictamen dans tout ses états.

Page 5: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

127Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

gioina. Essa è composta da due grandi sezioni, le quali, nonostante il ri-maneggiamento dei fascicoli subìto dal manoscritto nel corso del tempo, sono ben distinguibili fra loro, tanto nelle scritture adoperate3, quanto nei contenuti: nella prima, oltre alla raccolta di lettere che ci interessa (ff. 1r-8v) è presente un gruppo di diciassette documenti, composto per lo più di quietanze emanate nel 1310 da tal Hugo Scoctus, miles, dominus Ba-ronie Vici et Flumari in favore dei propri funzionari (ff. 27v-30v, 61r-62r, 63r-64r), al quale si aggiungono alcuni estratti del sesto libro del Cande-labrum di Bene da Firenze (f. 63r)4; la seconda comprende invece un nu-trito gruppo di modelli di documenti, di argomento fiscale e giudiziario, correlati alla cancelleria di Roberto d’Angiò e in molti casi introdotti da rubriche (ff. 9r-26r, 31v-60r, 62r-62v, 64r-70r).

Osservando le due sezioni si può già stabilire una cronologia relativa: poiché i testi della seconda sezione si trovano sempre al di sotto di quelli della prima nei casi in cui coesistono nella pagina, la seconda sezione deve esser stata copiata in un momento successivo alla prima. Possiamo ora entrare nel merito della nostra raccolta.

La silloge: struttura e contenuti

La silloge che ci interessa è costituita in tutto da venti lettere pre-cedute, salvo un caso, ciascuna da una rubrica che ne identifica il con-tenuto. Ne fornisce un prospetto l’elenco che segue, nel quale gli item esplicitano, di ciascuna lettera, la rubrica, l’incipit e l’ultima parola, infine i fogli che essa occupa nel manoscritto:

1. Amicus amico cui novercatur fortuna, quod non turbetur de hoc = Etsi vobis de opum temporalium amissione - aliena: f. 1r.

2. De eadem materia = Moleste fertis fortunam - demergat: f. 1v3. Consolatorie directe fratri cuiusdam futuri generi de morte dicti generi sui = Novi

adepcio multas alacritatis - peroptabo: ff. 2r-2v4. Scribit sorori cuiusdam militis defuncti consolando eam = Adest nobis indubitata

credulitas - doctrinam: ff. 3r-3v.5. Scribitur cuidam prelato quod puniat quendam clericum insolentem = Tanto insolen-

cia clericorum - terrorem: ff. 3v-4r6. Responsiva = Sicut agricola diligens - gloriari: f. 4r.

3 Sulle scritture utilizzate vedi ibid.4 Si tratta, precisamente dei paragrafi 43, 2-6 e 19 del sesto libro. Edizione di riferi-

mento: Bene Florentinus, Candelabrum, ed. G.C. Alessio, Padova 1983.

Page 6: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo128

7. Quidam novus sacerdos scribit amicis suis quod intersint celebracioni nove misse = Etsi tenemur amicis - retributor: f. 4r.

8. De eadem materia per alia verba = Tanto miles Dei - cumque etc.: f. 4r.9. Amicus amico quod habeat recommendatum quendam amicum suum = Exigit mo-

rum regula veneranda - obligetis: f. 4v.10. Responsiva = Kara et nova dilecti - cognoscetur: f. 4v.11. Pater cuidam filio suo quod bene se gerat officio iudicatus = Iracundie vicio domi-

nante - inveniri: ff. 4v-5r.12. Responsiva = Rigor iusticie gravans - presumpserunt: f. 5r.13. Amicus amico quod mictat sibi unum leporarium = Morum regula veneranda -

teneamur: ff. 5r-5v.14. Responsiva = Licet honesta delectatio - postulatum: f. 5v.15. Iocose lictere describentes mores Aprutinorum: Sonat in proverbiis antiquorum -

Aprutinam: ff. 5v-7r.16. Lictere describentes proprietates et malicias hominum Flumari = Flumarum, flumen

amarum - anguis: ff. 7r-7v.17. Filius patri quod subveniat sibi degenti in studio = Satis constat esse notorium -

augeatur: f. 7v.18. Responsiva = Libenter inspectis licteris - hortamus: ff. 7v-8r.19. [Rubrica assente] = Vicalbum, vicus albus - terre: f. 8r.20. Cuidam amico suo quod sit favorabilis super assecucione cuiusdam peticionis aput

regiam maiestatem = Inducentibus nos benivolencie - completorem: f. 8v.

Come si evince già dagli incipit, ciò che contraddistingue in prima battuta i pezzi della silloge è la notevole elaborazione retorica, ma le rubriche, i contenuti e le serie di domanda e risposta permettono di af-fermare che chi allestì la raccolta aveva in mente di ordinarla sulla base di piccoli nuclei tematici, che vado illustrando più nel dettaglio.

Un primo nucleo è costituito da quattro epistole, anonime, di genere consolatorio (nr. 1-4). Le prime due sono esortazioni a un amico affin-ché non abbia turbamento dalle avversità della sorte, espresse attraverso una serie considerazioni generali sull’imprevedibilità della fortuna e sulla necessità di porsi di fronte a essa con animo saldo e virile; le altre corri-spondono invece a vere e proprie lettere di condoglianza, che i mittenti inviano ai parenti del defunto, in un caso al fratello di un futuro socer, del quale è tracciato un vero e proprio ritratto esemplare, nell’altro alla sorella di un cavaliere (miles). Quest’ultima risulta piuttosto interessante, in quanto è costruita attraverso un reimpiego massivo della prima lettera del IV libro della raccolta attribuita a Tommaso da Capua5, consolatoria

5 Die Briefsammlung des Thomas von Capua, edd. M. Thumser, J. Frohmann, München 2011 (MGH), p. 125.

Page 7: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

129Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

di Innocenzo III a Costanza di Sicilia per la morte di suo fratello, il re Pietro di Aragona. Lo mostra bene questo specimen:

Lettera nr. 4 TdC IV 1Adest nobis indubitata creduli-tas, quod, audita morte domini P. huiusmodi fratris nostri, doloris immensi et acerbe amaritudinis calicem recepistis. In receptione vero huiusmodi calicis nos minime prevenistis, quoniam ipsum gusta-vimus, antequam tanti doloris no-titiam haberetis. Transit per nos si-quidem dolor ipse, antequam ad vos tamquam ad terminum perveniret, fecitque in vestris intimis, quantum honeste licuit mesticie mansionem. Vere namque in vivo monstravi-mus, quantum in mortuo debeba-mus. In habito sincere dileccionis declaravit affectio, que secutura erat tristicia de amisso, et merito ipsum sincero amore dileximus, quoniam hoc sue probitatis merita exigebant, sue postulabant indicia bonitatis. (...)

Satis credimus et sine dubitatione tenemus, quod, audita morte clare memorie P., regis Aragonum, fratris tui, multi doloris multeque amari-tudinis calicem recepisti. Sed nec prima nec sola, quoniam, antequam scires, doluimus, et priusquam ad te dolor ille pervenerit, per nos transi-tum habuit fecitque in nobis, quan-tum secundum Deum licuit, statio-nem. Et quidem satis in vivo mon-stravimus, quantum in mortuo doleremus, et notavit affectus in habito, quanta sequeretur tristitia in amisso. Merito quoque dilexi-mus et inter alios principes seculares illum quidam speciali prerogativa pre-tulimus in eo, quod contra Saracene gentis perfidiam tamquam singularis Christianitatis athleta quasi proprium commune populi Christiani prosecu-tus est interesse. (...)

Fermo restando che la circolazione di queste lettere all’interno delle raccolte di dictamina le rende piuttosto mutevoli, mi sembra probabile che il dictator che compose questo testo avesse a disposizione un manoscritto di dictamina contenente il pezzo di Tommaso da Capua e fosse riuscito a rimaneggiarlo per i propri scopi, accentuando l’enfasi, trasformando il re in cavaliere ed eliminando riferimenti inutili, come quello relativo ai Saraceni.

Di un secondo nucleo fanno invece parte le due coppie di lettere successive (nr. 5-8), relative all’amministrazione e alla vita ecclesiastica. Nella prima coppia B. de Padulo, notaio, supplica P., vicario dell’arcivesco-vo di Benevento, affinché provveda alle malefatte del suddiacono Vitalis de Padulo; il notaio B. riceve una pronta lettera di risposta che, parago-nando le azioni del iustus rector a quelle del buon agricoltore di fronte alle erbacce, lo rassicura dell’imminente punizione. La seconda coppia con-

Page 8: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo130

tiene invece un invito, rivolto da un sacerdote ad alcuni amici affinché vengano ad assistere alla messa che egli celebrerà a Paduli di domenica, e un exordium di lettera che consiste in una sorta di variazione sul tema del primo testo, così come la stessa rubrica ci lascia intendere.

Segue una coppia di lettere di argomento commendatizio (nr. 9-10), nelle quali un anonimo mittente scrive a una persona cui è legato da rapporti di amicizia per raccomandare un suo amico, P. Rusellus, in un officium non meglio specificato; il tutto in nome della morum regula veneran-da secondo cui gli amici devono scambiarsi aiuto reciproco. Siccome ha ricevuto molto raramente richieste dall’amico, il destinatario risponde favorevolmente.

Le due lettere successive (nr. 11-12) riguardano il lavoro degli iudices. Nella prima il padre di un iudex scrive al proprio figlio di esser turbato perché ha saputo che egli svolge il suo incario non all’insegna dell’equità e della modestia, come dovrebbe, ma piuttosto accecato dal vizio dell’ira. Alla richiesta di tornare a seguire le virtù che si addicono alla sua fun-zione, il figlio, convinto, risponde nella seconda lettera che ha mutato proposito e metterà da parte l’ira.

Con i testi che seguono la raccolta assume toni più distesi, entrando nella sfera degli svaghi. Così, troviamo una coppia di epistole (nr. 13-14) in cui un anonimo mittente chiede a un amico un levriero (leporarius), cioè un cane adatto a cacciare le lepri, ottenendo risposta favorevole.

Altri tre pezzi (nr. 15-16, 19)6 sono accomunati dalla prassi di descri-vere, con toni ironici e scherzosi, determinate località e i rispettivi abitan-ti. Lasciandoci guidare dalle rubriche dei primi due, potremmo definirli litterae describentes. Nella prima lettera, la più densa del gruppo, un dictator pone in evidenza il contrasto tra la bellezza naturale della provincia d’A-bruzzo e i rozzi costumi (mores) dei suoi abitanti, gli Aprutini, le qualità e il nome dei quali sono fatte derivare con un gioco etimologico dall’aper, il cinghiale. A una lunga descrizione di queste qualità negative (impreve-dibilità, irsutismo, modus loquendi rude e distante dal latino, inospitalità), coronata per di più da una maledizione nel nome di Dio, segue un elogio del preses et rector della provincia d’Abruzzo, P. de Brayda, in tutte le sue

6 Di norma i nuclei tematici sono evidenti anche per la vicinanza materiale, nel manoscritto, tra lettere affini. In questo caso, la nr. 19 sembra esser stata aggiunta in un momento successivo rispetto a tutte le altre lettere, in un foglio rimasto bianco, da qual-cuno che certamente volle ispirasi alle nr. 15 e 16: si noterà che la scrittura, seppur affine a quella delle altre lettere nell’aspetto complessivo, presenta tuttavia un ductus più lento e incerto, oltre che una diversa forma di alcune lettere (es. l ed m). Alla stessa conclusione porta anche l’assenza di rubrica.

Page 9: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

131Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

doti politiche, belliche, oratorie, morali, e un augurio che egli riesca a mettere in riga questo popolo barbarico. Nella seconda lettera al centro dell’attenzione è invece la località di Flumarum. Qui l’autore del testo con-nette il carattere imprevedibile degli abitanti al significato del toponimo, inteso, ancora una volta con un gioco linguistico, come «fiume amaro» (flumen amarum), e mette in guardia chi leggerà la lettera dalla malicia di questo popolo. La terza lettera, del tutto in linea con le altre e speculare alla seconda, descrive la località di Vicalbum in provincia Cominorum. Il gio-co linguistico è stavolta più generoso e persino etimologicamente cor-retto7: Vicalbum significa «borgo candido» (vicus albus) e come il bianco è un colore dalle proprietà positive, così questo luogo luminoso spicca per la sua bellezza, il suo clima, la sua posizione e, dulcis in fundo, anche per il lago di nome Posta che si trova nei pressi, perfetto per pescare.

Un ulteriore nucleo riguarda la sfera scolastica (nr. 17-18). In esso un giovane scolaro (scolaris) segnala al padre la necessità di ricevere un sostegno economico, senza il quale non riuscirà a progredire negli studi, così come un uccellino senza piume non può sopravvivere senza l’op-portuno nutrimento. Toccato forse dalla similitudine, il padre risponde per confermargli l’invio di un’oncia d’oro.

La silloge si conclude con una richiesta (nr. 20) di un anonimo a un amico affinché presenti una sua petizione ad pedes regii culminis, cioè a un re. Apparentemente il testo sembra slegato rispetto agli altri della raccolta; non escludo pertanto che originariamente esso facesse piuttosto parte del gruppo di documenti di Hugo Scoctus, all’interno del quale vi sono due pe-tizioni molto simili (ff. 70r-70v). Tuttavia il tenore della rubrica, costruita attraverso l’esplicitazione di mittente, destinatario e oggetto della lettera, avvicina quest’ultima alle altre della silloge, e la menzione di una promotio del mittente ci riporta alle lettere commendatizie illustrate poc’anzi.

Vista nel suo complesso, questa silloge di dictamina, anche se molto contenuta di dimensioni, è molto vicina ad altre raccolte a noi note per tre aspetti: la struttura, i temi trattati, infine lo stile e le figure retoriche utilizzate. Per quanto riguarda il primo aspetto, la sistemazione delle let-tere secondo determinati temi è evidente in numerosissimi manoscritti contenenti dictamina; anche in codici con summae più corpose, come quel-le attribuite a Pier della Vigna e Tommaso da Capua, sebbene i sistemi di ordinamento appaiano più complessi (sono raccolte ordinate in libri), la prassi e la finalità sono esattamente le stesse: l’allestitore vuole creare un corpus di modelli di scrittura adatti ad ogni tipo di evenienza, e la di-

7 Sul toponimo cfr. infra, nota 23.

Page 10: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo132

visione in sezioni contrassegnate da titoli/rubriche non fa altro se non rendere più agevole il lavoro di ricerca del dictator che utilizza la raccolta8.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, anche i temi trattati conver-gono con quelli di numerose altre raccolte: ad esempio, le lettere con-solatorie fanno libro a sé nei vari manoscritti delle summae di Pier della Vigna e Tommaso da Capua, e non mancano certo in altre sillogi, ad esempio in quella del Paris, BNF, lat. 85679. Così, la richiesta di cani per la caccia alle lepri è presente sia nella silloge appena menzionata, sia nei dictamina di Guido Faba10. Quanto alle litterae describentes, il genere non è nuovo: descrizioni giocose di località, di norma le stesse in cui i dictatores si trovano o si sono trovati per un certo periodo, sono molto spesso l’oggetto scambi epistolari sfocianti a volte in vere e proprie gare (certamina), come quello tra Giordano di Terracina e Giovanni di Capua (su Subiaco e Anagni), o quello tra Pier della Vigna e Nicola da Rocca senior (su Rocca, Capua e Terra di Lavoro), ma anche di lettere singolari, come una di Enrico di Isernia su Napoli o un’altra, anonima, anch’essa su Subiaco11. Nelle nostre descrizioni, inoltre, la stigmatizzazione di un gruppo etnico attraverso giochi etimologici rimanda a quei motti che gli studiosi moderni hanno definito «blasoni popolari», diffusi nel tardo

8 Grévin, Les regroupements textuels, p. 31. Ci si può fare un’idea sull’ordinamento di questi manoscritti anche sfogliando il catalogo di H.M. schaller, Handschriftenverzeichnis zur Briefsammlung des Petrus de Vinea, Hannover 2002 (MGH Hilfsmittel 18).

9 Grévin, Les regrouupements textuels, pp. 26-30; esempi in nicola da rocca, Epistolae, nr. 4, 7, 58, 61-62, 75, 77; Una silloge epistolare, nr. 1, 3-5, 69, 75, 83, 92, 107, 110, 177. Un’analisi delle consolatorie attribuite a Pier della Vigna è proposta da F. delle donne, Le consolationes del IV libro dell’epistolario di Pier della Vigna, «Vichiana» n. s. 42, 1993, pp. 153-164, ora ripreso e rielaborato in L’epistolario di Pier della Vigna, cur. E. D’Angelo, Libro IV. Il nucleo retorico dell’Epistolario, ed. F. Delle Donne, Soveria Mannelli 2014, pp. 701-720.

10 Una silloge epistolare, nr. 214-217; Guido FaBa, Dictamina rhetorica, ed. A. Gaudenzi, «Il Propugnatore» 5, 28-29, 1892, pp. 58-109, nr. 211-212.

11 Un certame dettatorio tra due notai pontifici (1260). Lettere inedite di Giordano da Terracina e di Giovanni da Capua, ed. P. Sambin, Roma 1955, nr. 1-3, 6 ma anche passim; nicola da rocca, Epistolae, nr. 1, 15 e, per il certamen propriamente detto, pp. XXV-XL e nr. 16-23; Beiträge zur Geschichte der letzten Staufer. Ungedrückte Briefe aus der Sammlung des Magisters Heinrich von Isernia, ed. K. Hampe, Leipzig 1910, nr. 11, discussa in Grévin, Rhétorique du pouvoir, p. 392; Die Kampanische Briefsammlung (Paris lat. 11867), ed. S. Tuczek, Hannover 2010 (MGH Briefe des späteren Mittelalters 2), nr. 153. Ancora un paragone utile in G. De Luca, Un formulario di cancelleria francescana tra XIII e XIV secolo, «Archivio Italiano per la Storia della Pietà» 1, 1951, pp. 219-393, pp. 347-348.

Page 11: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

133Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

medioevo in tutta Italia ma soprattutto nel Meridione e in Puglia in par-ticolar modo12.

Il terzo aspetto richiederebbe un’analisi comparativa approfondita, ma qualche spunto lo si può già offrire rimanendo su un piano generale. Leggendo i testi della nostra raccolta si noterà che gli espedienti stilistici e retorici utilizzati corrispondono a quelli esplicitati e canonizzati nei manuali di ars dictaminis13. Anzitutto, pur mancando le salutationes (ecce-zion fatta per la lettera nr. 5), risulta evidente che gli autori dei testi han-no avuto ben chiara la divisione dell’epistola in parti14. Sono poi onnipre-senti le clausole ritmiche del cursus e la prassi di chiudere la frase con un velox sembra rispettata nella stragrande maggioranza dei casi15. Correlate all’effetto ritmico che si vuole ottenere sono inoltre le numerose perifra-si (circuitiones, amplificationes) utilizzate per esprimere determinati concet-ti. Ancora, più d’una lettera impreziosisce il dettato con l’inserzione di motti, sentenze e proverbi16. Infine, il rimaneggiamento intensivo della lettera di Tommaso da Capua mostra che i dictatores celati dietro a questa raccolta avevano buona dimestichezza con i dictamina a lui attribuiti.

Insomma, le venti lettere hanno alle spalle una tradizione culturale piuttosto consolidata e la struttura del corpus, i temi trattati, il tessuto retorico permettono di inserirle nel mondo dei dictatores tardomedievali. Giunti a questo punto, è necessario domandarsi quale fu, precisamente,

12 F. delle donne, Federico II: la condanna della memoria. Metamorfosi di un mito, Roma 2012, pp. 116-130.

13 Un’ampia illustrazione delle tecniche retoriche di composizione epistolare è proposta da Grévin, Rhétorique du pouvoir, pp. 151-229, sulla base del Candelabrum di Bene da Firenze.

14 Ad es., nella nr. 5: Reverendo - voluntatem = salutatio; Tanto - plurimorum = exordium; Ea propter - veretur = narratio; Quare - ad terrorem = petitio + conclusio. Nr. 6: Sicut - pacis = exordium; Qua de causa - gloriari = petitio/dispositio + conclusio; nella nr. 9: Exigit - devotorum = exordium; Cum igitur - finale = narratio; dilectionem vestram - obligetis = petitio.

15 Può servire da esempio l’analisi ritmica dell’apertura della prima lettera: Etsi vobis de òpum temporàlium (velox) amissiòne compàtimur (tardus), de turbaciòne sensus vèstros (velox) sicut intellèximus hebetànte (velox) et consequens de ammisione vestri pòcius condolèmus (velox). Per quanto riguarda la prassi di chiudere con un velox, si può fare una rapida verifica osservando la chiusura di ogni lettera della raccolta: tutte la rispettano (salvo forse la nr. 6, in cui ulterius gloriari potrebbe esser interpretato anche come trispondaicus; nella 20 è da leggere sollìcitus completòrem). L’uso di perifrasi è ben evidente nel confronto fra la lettera nr. 4 e TdC IV, 1 proposto supra.

16 Nr. 11, 15, 16. La prima e la terza sono edite infra, Appendice; la nr. 15 invece è edita in internullo, A proposito di dictamen.

dariointernullo
Highlight
dariointernullo
Highlight
dariointernullo
Highlight
dariointernullo
Sticky Note
Errata corrige: - «opum temporalium» non presenta cursus;- «turbaciòne sènsus vèstros» = trispondaicus.
Page 12: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo134

l’ambiente che generò questi testi. Cercherò di rispondere nel paragrafo che segue.

Per una ricostruzione del contesto

Per procedere a una corretta contestualizzazione della silloge, è bene riflettere su alcuni dati interni a essa e, in seguito, su quelli contenuti nelle altre sezioni del manoscritto angelicano.

Se guardiamo agli individui, i riferimenti a disposizione sono i se-guenti: B. de Padulo, notaio; P., vicario dell’arcivescovo di Benevento; Vi-talis de Padulo, suddiacono (nr. 5); P. Rusellus (nr. 10); P. de Brayda (nr. 15)17. Fra di essi, il riferimento più prezioso è sicuramente quello a P. de Brayda nella lettera nr. 15, quella sull’Abruzzo. Costui è infatti quasi certamente da identificare con Pietro de Brayda, nobile piemontese che fu giustiziere della provincia di Abruzzo Citeriore fra l’8 maggio e il 24 novembre del 1287, periodo cui deve essere datata la lettera in questione18. Tornando ai primi tre nomi, contenuti nella lettera nr. 5, ipotizzando che quest’ulti-ma sia databile a un periodo vicino a quello del de Brayda, come credo, il vicario in questione sarebbe un collaboratore del noto Giovanni da Ca-strocielo, arcivescovo di Benevento dai primi anni ‘80 del Duecento fino alla metà del decennio successivo e autore riconosciuto di dictamina, arco cronologico cui può allora essere ascritto il testo19; se Vitalis de Padulo rimane al momento ignoto, così come il P. Rusellus della lettera nr. 10, il notaio B. de Padulo è probabilmente identificabile con il notarius Bartho-lomeus de Padulo, auditor racionum officialium di Hugo Scoctus, menzionato in uno dei documenti del gruppo annesso alla raccolta datato esplicitamen-te al 9 agosto 1310 (f. 63v).

Osservando i luoghi, i riferimenti sono a: Paduli (nr. 7), Abruzzo (nr. 15), Flumarum (nr. 16), Vicalbum e Posta (nr. 19). Procedendo con ordine, cominciamo da Paduli: siccome nella raccolta il notaio B. de Paduli si ri-volge al vicario dell’arcivescovo di Benevento, il luogo in questione può essere identificato con l’attuale località di Paduli che si trova a soli 13

17 Il P. della lettera nr. 4 va escluso dalla lista, essendo veicolato anch’egli, come il resto della lettera, dal modello di Tommaso da Capua.

18 I. Walter, Brayda, Pietro de, in Dizionario Biografico degli Italiani, 14, Roma 1972, pp. 80-83; s. Morelli, Per conservare la pace. I giustizieri del regno di Sicilia da Carlo I a Carlo II d’Angiò, Napoli 2012, pp. 186-188.

19 Su di lui vedi Una silloge epistolare, pp. XXVI-XXXI.

Page 13: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

135Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

km dalla sede vescovile20. Quanto all’Abruzzo, giustizierato retto da fun-zionari angioini nel secondo Duecento e nel primo Trecento, si può ag-giungere che il dictator della lettera nr. 15 parla di territori iuxta Maritimam positis21: potrebbe darsi che egli abbia osservato alcune località poste nella zona sud-occidentale della regione, e in effetti ciò si combinerebbe bene con il giustizierato del de Brayda, svolto nell’Abruzzo Citeriore. Flumarum è poi da identificare con l’attuale Flumeri, situata in provincia di Avellino a poco meno di 40 km a est di Benevento e a circa 35 da Paduli22, men-tre Vicalbum corrisponde sicuramente all’odierna Vicalvi, in provincia di Frosinone, locata nella Valle del Comino tra Cassino e Sora e prossima al lago di Posta Fibreno: ne fa fede la menzione, nella lettera nr. 19, tanto della provincia Cominorum quanto di Posta23.

Questi dati, le località menzionate in particolar modo, sembrano ri-mandare ai medesimi territori da cui sorse e si sviluppò quella che un tempo era definita “scuola Capuana”, più di recente invece “tradizione retorica della Terra di Lavoro”, alla quale furono legati eminenti dicta-tores come Tommaso da Capua, Pier della Vigna, Tommaso da Gaeta, Pietro da Prezza, Giacomo da Capua, Taddeo da Sessa, Terrisio di Atina, Enrico d’Isernia, Nicola da Rocca e altri ancora24. Vicalvi, Flumeri, Paduli e la zona sud-occidentale dell’Abruzzo sono in effetti prossimi ai luoghi di provenienza di gran parte di questi dictatores. Se guardiamo al testo sull’Abruzzo come punto fermo con il quale orientarci e consi-deriamo l’epistola nr. 5 ascrivibile al periodo di Giovanni da Castrocielo (altro rappresentante della medesima tradizione), il periodo cui la raccol-ta si riferisce dovrebbe corrispondere all’ultimo ventennio del Duecento

20 Dizionario di Toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990, p. 466. Non escluderei però del tutto da questa identificazione la località di Paduli in provincia di Isernia, data la sua vicinanza con Castelpetroso, citato infra.

21 Sulla Marittima del periodo vedi in particolare M.-t. caciorGna, Marittima medie-vale. Territori, società, poteri, Roma 1996 (Pagine della memoria 4), pp. 3-35.

22 Dizionario di toponomastica, p. 276.23 Ibid., p. 699; B. BuonuoMo, Il castello di Vicalvi, «Castellum» 48, 2006, pp. 11-22,

p. 21.24 F. delle donne, La cultura e gli insegnamenti retorici latini nell’Alta Terra di Lavoro, in

‘Suavis terra, inexpugnabile castrum’. L’alta Terra di Lavoro dal dominio svevo alla conquista angioi-na, cur. F. Delle Donne, Arce 2007, pp. 133-157, pp. 143-144 e Id., Le dictamen capouan: écoles rhétoriques et conventions historiographiques, in Le dictamen dans tous ses états, dove si parla di “tradizione socio-stilistica”.

Page 14: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo136

e forse anche ai primi anni del secolo successivo, dato che B. de Padulo potrebbe essere attivo ancora nel 1310 al servizio di Hugo Scoctus.

Individuata una macroarea culturale di appartenenza, bisogna ora cercare di definire con più nitidezza il milieu sociale, istituzionale e pro-fessionale al quale il nostro corpus di lettere è legato. La probabile iden-tità tra B. de Padulo e il funzionario di Hugo Scoctus non è l’unico ponte che collega nei contenuti la silloge e il gruppo documentario relativo a quest’ultimo personaggio: dai testi lì trascritti si evince infatti che più di un funzionario di Scoctus proviene dai luoghi menzionati nelle lettere op-pure esercita un incarico presso uno di questi. Possiamo osservare tutto ciò nell’elenco che segue25:

1. Andreas de Flumaro, notarius: camerarius e magister hospicii presso Flumarum, 27 gen. 1295-dic. 1306.

2. Severinus de Castro Petroso, magister: camerarius, 1 giu. 1308-mar. 1310.3. Nicolaus Guillelmi: cellarius cellarii presso Castrum Petrosum, 17 set. 1308-24

set. 1309.4. Symon de Sancto Martino, iudex: vicarius generalis, 9 ag. 1310.5. Nicolaus de Andrea de Flumaro: massarius massarie campi presso Flumarum, 20

apr. 1306-ante ag. 1310.6. Jacobus Falcus: cabellotus baiulationis casalis et molendinorum presso Carifium, 1

set. 1307-31 ag. 1308.7. Riccardus Alfani Nicius: idem.8. Henricus de Ienvysio (?) de Carifio: idem.9. Matheus de Heustasio: credencerius baiulationis castelli presso Carifium (?), 1 set.

1308-31 ag. 1309.10. Petrus magistri Guillelmi de Flumaro: vaxallus, 1 set. 1304-31 ag. 1305 (?).11. Thomasius: camerarius.12. P.: vicarius.13. Riccardus domini Aymonis de Sora: camerarius presso Vicalbum et Posta, 23

lug. 1302-15 ag. 1304.14. Guillelmus de Rotomago Gallicus: camerarius et massarius presso Vicalbum et

Posta, 1 ap. 1306-27 feb. 1310.15. Bartholomeus de Padulo, notarius: auditor racionum officialium, 9 ag. 1310.

L’onomastica rivela che tre di questi funzionari provengono da Flu-meri e uno da Paduli, luoghi ben presenti nella nostra silloge26. Le al-tre provenienze rimandano comunque a località vicine, dato che Sora è

25 Gli item dell’elenco sono costituiti da: 1) nome e qualifica del personaggio; 2) incarico svolto e luogo di attività; 3) periodo di attività documentato.

26 Faccio notare che il massarius Nicolaus de Andrea de Flumaro è quasi certamente figlio del notaio Andreas de Flumaro.

Page 15: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

137Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

prossima a Vicalvi e Carifium (Carife) a Flumeri, mentre Castrum Petrosum (Castelpretoso) si trova a metà strada fra le due; soltanto uno di loro è francese e proviene da Rouen (Rotomagus)27. Nella stessa direzione por-tano i luoghi di attività (Flumeri, Carife, Vicalvi e Posta), corrispondenti quasi specularmente a quelli di provenienza dei funzionari; similmente la data topica di alcune quietanze, che rimanda a Flumeri in quattro casi e a Carife in un altro28. Il legame fra la raccolta e il gruppo di documenti è a questo punto evidente e mi sembra del tutto sensato pensare che i mi-steriosi dictatores responsabili della nostra silloge possano coincidere con alcuni dei funzionari di Scoctus. Non ci resta che soffermarci su quest’ulti-mo personaggio e sui rapporti che egli intrattiene con i luoghi descritti29.

Seguendo i registri della cancelleria angioina, si tratta molto proba-bilmente di un membro della famiglia nobile dei Lescot, di origini france-si, attestata nel Regno a partire dagli anni ‘70 del Duecento e partecipe di quel fenomeno di innesto di ultramontani nei quadri amministrativi angioini30. Suo padre, Jean Lescot, aveva intrapreso una brillante car-riera al servizio degli Angiò, ricoprendo incarichi piuttosto importanti: era stato giustiziere d’Abruzzo fra 1277 e 1288, capitaneus di Durazzo e dell’Albania fra 1279 e 1282, magister marescallie fra 1289 e 1293 e infine siniscalco del Regno fra 1293 e 1294, anno della sua morte. Poco prima di morire aveva ricevuto, a titolo di feudo, fra varie terre, Flumeri, ormai a noi nota, e (Tre)Vico, situata a 10 km dalla prima31. Una volta morto, le due terre passarono in eredità a suo figlio Hugolinus, menzionato nei registri a partire dal 1293. Pochi anni dopo, nel 1299, costui ottenne anche il castello di Vicalvi, che era stato prima dei d’Aquino. Il profilo di Hugolinus fornito dai registri angioini corrisponde molto bene a quello di Hugo Scoctus ricostruibile sulla base manoscritto angelicano: cavaliere, feudatario degli Angiò e signore di diverse terre (Vicalvi, Flumeri, Trevi-

27 S. Martino potrebbe corrispondere a San Martino Sannita (BN) oppure a San Martino Valle Caudina (AV): cfr. Dizionario di toponomastica, p. 584.

28 Roma, Biblioteca Angelica, 514, ff. 18v-29r, 29v-30r, 30r-30v (due doc.), 63v.29 Per i dati relativi all’identificazione di Scoctus rimando a internullo, A proposito di

dictamen. Essi sono stati reperiti dallo spoglio dei Registri della cancelleria angioina, ricostru-iti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, Napoli 1950-.

30 Il fenomeno è ben descritto da J.-M. Martin, L’ancienne et la nouvelle aristocratie féodale, in Le eredità normanno-sveve nell’età angioina: persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno, Atti delle quindicesime giornate normanno-sveve, Bari, 22-25 ottobre 2002, cur. G. Musca, Bari 2004, pp. 101-135.

31 Le altre terre terre corrispondevano ad Accadia, Acquatorta e Montemalo in Principato Ultra: Registri della cancelleria angioina, 45, pp. 47-51.

Page 16: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo138

co, cui si aggiungono Castelpetroso e Carife), per amministrare le quali si serve di funzionari qualificati e reclutati in buona parte su base locale. E se il manoscritto si ferma al 9 agosto 1310, la sua attività dovette svolger-si anche oltre quest’anno: secondo alcuni documenti, infatti, soltanto nel 1315 la sua seconda moglie, Margherita Galarda, risulta vedova32.

Possiamo ora venire al punto. Torniamo ad osservare, alla luce di questi dati e della loro discussione, la sezione del manoscritto angelicano costituita dalla raccolta di lettere, dagli estratti del Candelabrum di Bene e dal gruppo di documenti relativi a Ugo Lescot. Essa ci apparirà ora, in maniera più chiara, come prodotto e allo stesso tempo memoria delle attività culturali e professionali di una rete di dictatores originari della zona compresa fra Vicalvi e Flumeri, attivi negli anni 1280-1310 e in buoni rapporti con la corona angioina. Non sappiamo se già operassero negli anni ‘80 intorno a Jean Lescot, ma sicuramente alcuni di loro passaro-no al servizio di suo figlio Ugo nel corso dell’ultimo quinquennio del Duecento. A un certo punto, in un periodo di poco successivo all’estate del 1310 e probabilmente anteriore alla morte del Lescot, uno (o forse più d’uno) di questi dictatores volle farsi promotore di un determinato progetto editoriale: trascrisse insieme, su alcuni quaderni, una raccolta di lettere relative al gruppo cui sentiva di appartenere33, una serie di docu-menti estratti dagli archivi di Ugo Lescot34, di cui forse era responsabile, infine alcuni precetti teorici di ars dictaminis estrapolati dal manuale di Bene da Firenze35. Il risultato fu un manualetto pratico per comporre testi in forma di epistola su vari livelli, dai documenti pubblici fino allo svago letterario. Così, se questo manuale aveva da una parte finalità di-dattica pratica, dall’altra permetteva, tanto a chi l’aveva allestito quanto a

32 In prime nozze aveva sposato Margherita d’Aquino, figlia di Adenolfo IV conte di Acerra. Su tutto ciò vedi internullo, A proposito di dictamen.

33 Non sono al momento in grado di dire se l’allestitore (o gli allestitori) della racco-lta epistolare e quello dell’intero corpus tripartito siano stati la stessa persona. Certamente alcune di queste lettere, come quella sull’Abruzzo, rimandano a un periodo antecedente all’attività di Ugo Lescot, ma potrebbe ben darsi che esse facessero parte dell’archivio personale del dictator allestitore.

34 Il fatto che la maggior parte dei documenti di Lescot trascritti nel codice corris-ponda a quietanze (quietacionis apodixae) induce a pensare che a selezionarle fu un funzi-onario adibito alla stesura di questo tipo di documenti.

35 Gli estratti sono relativi alla definizione del dictamen, dell’epistula e della sua strut-tura, infine della salutatio. Dato il rimaneggiamento subito dal codice, non escludo che inizialmente questa sezione contenesse anche le definizioni delle altre parti dell’epistola.

Page 17: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

139Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

chi l’avrebbe utilizzato in seguito, di riconoscere, definire e affermare la propria identità culturale.

Rimane da capire la presenza, nel manoscritto, della serie di docu-menti correlati alla cancelleria di re Roberto, finora rimasta sullo sfondo. Probabilmente dopo la morte di Lescot uno degli utilizzatori di questa summa si trovò a lavorare nella cancelleria angioina e, seguendo gli inse-gnamenti e le pratiche tramandati dal suo manoscritto, decise di ampliar-lo con una nuova serie di modelli. Ma questa è un’altra storia e converrà approfondirla in occasioni future.

La silloge e il suo valore storico-culturale

La contestualizzazione da me proposta non risolve tutti i proble-mi sollevati dall’analisi della silloge. Soprattutto, rimane da individuare il momento esatto in cui le venti lettere vennero assemblate insieme e, soprattutto, da capire se questo momento coincida con quello dell’allesti-mento dell’intero corpus tripartito (lettere, gruppo di documenti, estratti di Bene). Si è però compreso che questa raccolta è fortemente legata a un gruppo di individui, i quali, in un determinato periodo (1295-1310 circa), si trovarono a lavorare per il nobile signore Lescot. Poiché una delle lettere è databile al 1287, i loro scambi epistolari dovevano esser cominciati prima che Ugo esercitasse il proprio dominio signorile sulle terre menzionate dalle lettere. Forse questi dictatores erano stati al servizio di suo padre Jean, forse di un altro signore; non lo sappiamo.

Nonostante le incertezze, è interessante notare come il nostro ma-nualetto di retorica sia l’incontro di una tradizione socio-culturale antica con una realtà socio-politica nuova: al suo interno, infatti, dictatores origi-nari della zona in cui si sviluppò nel periodo svevo la “tradizione retori-ca della Terra di Lavoro” convivono con un tipico neo-arrivato signore francese, membro di un gruppo sociale giunto in Italia a partire dagli anni 1268-1269 per occupare le terre di antichi partigiani degli Svevi, consi-derati traditori (proditores)36. È qui che risiede, a mio avviso, il valore della nostra silloge. Da un punto di vista culturale essa testimonia in effetti, nella tarda età angioina, la continuità di una tradizione consolidatasi in epoca sveva. Bisogna dire che il tema delle persistenze sveve (e norman-ne) in epoca angioina non è nuovo, dal momento che è stato l’oggetto

36 Martin, L’ancienne et la nouvelle aristocratie, p. 122.

Page 18: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo140

delle quindicesime Giornate normanno-sveve37; questo incontro, tuttavia, era incentrato soprattutto sull’età di Carlo I, per la quale ha peraltro rilevato molti elementi di continuità a livello politico e amministrativo, molti di meno invece a livello culturale e sociale, specie negli ambienti di corte38. D’altra parte, se guardiamo al mondo del dictamen e dei dictatores, è stato rilevato come nel secondo Duecento diversi esperti di retorica un tempo al servizio degli Svevi dovettero migrare e cercar fortuna fuori dal Regno, reinvestendo il proprio capitale simbolico e culturale anche in cancellerie piuttosto remote39. Al contrario, il manoscritto angelicano fotografa un gruppo, o meglio una rete di dictatores attivi in territori del Regno alla fine del Duecento e nel primo Trecento, al servizio di un rappresentante della nuova aristocrazia feudale angioina. Non si tratta di un unicum, in quanto traiettorie simili sono celate anche dietro ai dictamina del mano-scritto Paris, BNF, lat. 8567, intimamente connesso alla famiglia dei due Nicola da Rocca40, tuttavia nostra raccolta viene ad arricchire un quadro, quello delle persistenze socio-culturali nel Regno in tarda età angioina, che al momento appare piuttosto scarno. Da questo punto di vista, le venti lettere e il piccolo manuale cui appartengono mostrano che, nei territori in questione (nel nostro caso, fra Terra di Lavoro e Principato), le reti socio-culturali41 consolidatesi in età sveva e le pratiche connesse continuarono ad esistere, certamente riconfigurandosi intorno al potere dei nuovi arrivati42, fin oltre le soglie del Trecento.

37 Le eredità normanno-sveve nell’età angioina (cit. supra, nota 30).38 Si vedano, ivi, soprattutto il saggio di F. troncarelli, Manoscritti “angioini” e ma-

noscritti “svevi”, pp. 359-379 e le considerazioni generali di G. vitolo, Discorso di chiusura, pp. 407-416, p. 415.

39 Grévin, Rhétorique du pouvoir, pp. 370-415.40 Vedi soprattutto i profili di Stefano di San Giorgio, Leonardo di Benevento,

Giovanni da Capua notaio regio in Una silloge epistolare, pp. XIV-XXVI, XXXV-XXXVI, XL.

41 Seguendo l’atelier L’écriture latine en réseaux (sopra, nota 1), si potrebbe parlare anche di reti socio-stilistiche.

42 sotto questo aspetto sono esemplificativi i percorsi biografici dei due Nicola da Rocca, illustrati in nicola da rocca, Epistolae, pp. XII-XX; Grévin, Rhétorique du puvoir, pp. 370-415 descrive alcune strategie famigliari di riconfigurazione, soffermandosi però più sui rapporti con la Curia e con le cancellerie estere.

Page 19: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

141Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

APPENDICE

Viene qui di seguito proposta l’edizione di nove delle venti lette-re contenute nella raccolta del manoscritto Angelicano (un’altra lettera, quella sull’Abruzzo, nr. 15, è edita in appendice al già citato studio A proposito di dictamen). Ciascuna delle lettere è preceduta dal numero in cui compare nella seguente edizione; poi, fra parentesi, dal numero che essa occupa nella raccolta; infine da un breve regesto. I testi sono cor-redati di un duplice apparato: da una parte, i segni di richiamo alfabetici rimandano alle note di tipo filologico e diplomatistico; dall’altra, i segni di richiamo numerici esplicitano, ove rintracciate, le auctoritates citate nel testo. La punteggiatura è stata adeguata alle convenzioni moderne e gli scioglimenti di abbreviazione non sono segnalati.

I (nr. 4)Un anonimo scrive alla sorella di un defunto cavaliere, per consolarla della morte di

questi.

Scribit sorori cuiusdam militis defuncti consolando eam1. Adest nobis indubitata credulitas, quod, audita morte domini P.

huiusmodi fratris nostri, doloris immensi et acerbe amaritudinis calicem recepistis. In receptione vero huiusmodi calicis nos minime prevenistis, quoniam ipsum gustavimus, antequam tanti doloris notitiam habere-tis. Transit per nos siquidem dolor ipse, antequam ad vos tamquam ad terminum perveniret, fecitque in vestris intimis quantum honeste licuit mesticie mansionem. Vere namque in vivo monstravimus, quantum in mortuo debebamus. In habito sincere dileccionis declaravit affectio, que secutura erat tristicia de amisso, et merito ipsum sincero amore dilexi-mus, quoniam hoc sue probitatis merita exigebant, sue postulabant indi-cia bonitatis. Porroa satis est verisimile, quod summa liberalitas largitoris, retribucione condigna, suarum virtutum meritis respondebit, cum non sit in retribucione difficilis, qui de sola gratia supplicum merita maiori-

a perro ms. 1 La lettera è costruita attraverso un reimpiego di TdC IV, 1.

Page 20: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo142

bus quam meruerunt stipendiis recompensat, qui dat pro simplo centu-plum, pro luto aurum et pro largicione temporalium gloriam eternorum. Sane pius Deus nulli fecit iniuriam, si usus plenitudine sui iuris spiritum, quemb corpori commisit ad tempus, ad suo se tempore revocavit. Quis est enim homo, qui vivit et non videbit mortem? Nonne pulvis reverte-tur in pulverem, et sicut flos miser homo conteritur, fugiens velut umbra, et numquam in eodem statu permanet? Habet quidem fragilis humana condicio debita solvere morti, nescit tamen importune mortis exactio quicquam de huiusmodi debito humane relinquere sorti, sine differentia discretionis extorquens. Ceterum predictus frater vester, cuius anima re-quiescat, a vobis non videtur totaliter separatus. Post se industrisc indolis relinquens filium, presentaturum suum pro tempore genitorem, ut pro-pago respondeat pro radice. Restat igitur breviter consolacionis spiritus assumendus in eo, qui est merencium consolator, habendo memoriam constancie magni David, qui amare filium flevit egrotumd, sed mortuum non ploravit, ne divine voluntati contraire in aliquo videretur. Ut igitur non exacerbatis nomen domini Dei nostri, consolemini alios existentes in vobis presentibus in speculum et exemplar et posteris in doctrinam.

II (nr.5)Il notaio B. da Paduli supplica P., vicario dell’arcivescovo di Benevento, affinché prov-

veda alle malefatte del suddiacono Vitale da Paduli, che sta abusando dell’ordo clericalis. L’arcivescovo in questione potrebbe corrispondore a Giovanni di Castrocielo: in tal caso, la lettera andrebbe ascritta agli anni 1282-1294.

Scribitur cuidama prelato quod puniat quendam clericum insolentem.Reverendo in Christo patri domino P. domini Beneventani archiepi-

scopi vicario, notarius B. de Padulo salutem cum recomendacione, para-tam ad beneplacita voluntatem.

Tanto insolencia clericorum est penis severioribus punienda, quanto cedit in animarum suarum dispendium et scandalum plurimorum. Ea propter igitur paternitati vestre facio fore notum, quod subdiaconus Vitalis de Padulo, abutens ordine clericali, multa commisit facinora et addereb turpia turpibus et peiora peioribus non veretur. Quare pater-

b que ms., quem TdC. c Così ms, illustris TdC. d egretum ms.

a quendam ms. b ader con titulus sopra e ms.

Page 21: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

143Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

nitati vestre supplico sicut possum, quatenus contra eum, si placet, sic mediante iusticia procedatis, quod pena ipsius sibi cedat ad dolorem et aliis ad terrorem.

III (nr. 6)Il vicario dell’arcivescovo risponde a B. da Paduli che interverrà prontamente contro le

malefatte di Vitale.

Responsiva. Sicut agricola diligens de agro studet purgare filices et fructices re-

secare, ut segetes crescant in tempore et fructus pariant peroptatos, sic iustus rector debet punire maleficos et de terra vivencium cum falce iu-sticie amputare, ut bonis succedat per omnia quies pacis. Qua de causa vobis facimus fore notum, quod contra talem clericum insolentem, cuius insolentia publica fama refert, sic secundum iusticiam procedemus, quod de sua insolencia non poterit ulterius gloriari.

IV (nr. 11)Un padre ordina al proprio figlio, giudice, di deporre l’ira ed esercitare il suo ufficio

all’insegna dell’equità e della modestia.

Pater cuidam filio suo quod bene se gerat officio iudicatus.Iracundie vicio dominante, turbatur in singulis iudicium rationis, ni-

chilque rectum facit iratus, quia ira impedit animum ne possis cernere verum1. Propter quod dignum et consonum rationi, ut ira repudietur in rebus sin-gulis et omnino a iudiciis repellatur. Nam iudex vacuus debet esse ab ira, immo similis legibus, que non per iram, sed per equitatem rectissimam maleficos persecuntur. Intellecto igitur ex relatibus fidedignis, quod tu in exercitio tui officii hanc modestiam non observas, sed omnia facis iratus et exerces singula perturbatus, mirari tanto inde compellimur et turbari, quanto processus tuus huiusmodi cedit in fame tue dispendium et preiudicium plurimorum. Quare filiacioni tue mandamus, quatenus, motu ipso rationabiliter refrenato, serves in omnibus equitatem, iram abicias et turbacionem pellas, in quibus nulla potest mediocritas inveniri.

1 Dist. Cat. II, 4.

Page 22: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo144

V (nr. 12)Il figlio rassicura il padre sul fatto che eserciterà la sua funzione all’insegna delle virtù.

Responsiva.Rigor iustitie gravans maleficos aput eos crudelitas reputatur: vel-

lent etenim ipsum transgredi et de ipsorum malicia gloriari. Verumtamen iudex iustus et in iusticia severus sine personarum acceptione debet iu-sticiam exercere et tantum curare si comendaretur a turpibus, quantum si propter turpiaa laudaretur. Qua de causa, bone pater, noveritis, quod, assumpto iudicatus officio, decrevi, animo nostro mutando, iusticiam pe-tentibus facere, innocentes absolvere, nocentes dampnare et a via iuris nullatenus deviare, nec in talibus iracunde me gerere, sed omnem mode-stiam observare. Erubescere igitur poterunt detractores, qui de me falsa dicere presumpserunt.

a turbia ms.

VI (nr. 16)Un anonimo descrive, con toni scherzosi, il carattere imprevedibile degli abitanti di

Flumeri e avverte di tenersi lontani da questo popolo.

Lictere describentes proprietates et malicias hominum Flumari.Flumarum, flumen amarum ethimologia vocabuli representat.

Habitatores quidem ipsius prima fronte se dulces et amabiles offerunt, sed statim a cauda feriunt, mel in virus et dulcedinem in amaritudinem convertentes. Semper fluunt pariter, nec certos gradus sistunt alicubi, et quia terra est lubrica, ipsi lubrici et in stabilitate aliqua nullatenus perseverant. Modo et enim amant, nunc odiunt, nunc honorant, nunc spernunt, nunc laudant, nunc detrahunt, modo alliciunt, modo mordent, modo leniunt, modo pungunt, modo displicent, modo placent, fortune vestigia immitantes, in qua nulla stabilitas invenitur. Consulendum est igitur universis, ut talium malicia evitetur, quia nulla pestis efficacior ad nocendum quam familiaris inimicus. Nam latent sepe venena circumlita melle verborum1 et in herbis placidis latet anguis2.

1 Isid., Sent. II, 30, 5. 2 Cf. Verg., Ecl. 3, 93: frigidus – o pueri, fugite hinc – latet anguis in herba.

Page 23: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

145Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

VII (nr. 17)Uno scolaro supplica il proprio padre affinché gli fornisca aiuti economici per poter

proseguire negli studi.

Filius patri quod subveniat sibi degenti in studio.Satis constat esse notorium, satis singulis manifestum, quod pater

magis delectatur in filio quam se ipso. Potest ergo concludi probabili argumento, quod pater eo letatur de profectu filii circa sciencias et virtu-tes, quo hiis nullus thesaurusa comparabilis invenitur. Hec enim preciosa hereditas, que a parentibus traditur liberis et que nullo fure foditur, nulla tinea raditur, nulla rubigine offuscatur. Verum considerare debet paterna provisio, quod, sicut implumis avicula, nuda nido disposita, vite privatur comodis nisi abunde sibi proveniantb alimenta, sic scolaris deditus stu-dio nequit in doctrina proficere si careat subsidialibus fulcimentis. Ea propter igitur paternitati vestre humiliter supplico, quatenus, premissis actentis, filio indegenti velitis de necessariis victu, si complacet, subve-nire, ut studii mei profectum indigentia nulla impediat, sed de bono in melius augeatur.

a Segue comparabilis depennato. b La seconda a è frutto di lettura incerta.

VIII (nr. 18)Il padre risponde al figlio favorevolmente, allegando alla sua lettera un’oncia d’oro.

Responsiva.Libenter inspectis licteris, quas tua filiacio destinavit, ad significata

ipsarum taliter respondemus, quod cum inter cetera, que sollicitudines nostre curam cotidiana meditacione revolvunt, illud precipuum immi-neat cordi nostro, quod tu, nulla indigentia fatigatus, proficias in scientia et doctrina. Volentes ad presens tuam indigenciam resarcire, ecce tibi mittimus unciam auri unam per presencium portitorem. Verum, cum habeat sincera dilectio revolvere quod intendit eta exageracione sermonis flagranciam exprimere voluntatis, iterum et iterum te ad studium indu-cimus et hortamur.

a Segue qua depennato.

Page 24: Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina, «Archivio Normanno-Svevo» 4 (2013-3014)

Dario internullo146

IX (Nr. 19)Un anonimo descrive, con toni scherzosi, le amenità della località di Vicalvi.

Vicalbum, vicus albus per ethimologiam vocabuli designatur. Et non sine causa racionabili a prima imposicione nomen huiusmodi est sor-titum. Nam sicut albedo color optimus, color pulcherrimus, color pa-tentissimus iudicatur, sic Vicalbum in provincia Cominorum bonitatis, pulchritudinis et preheminentie optinet principatum. Est enim in situ preheminens, longos agros respiciens et hostium propugnacula non for-midans. Est ibi aher amenissimus, aher subtilissimus, morbos fugans et custodiens sanitatem. Est ibi boni vini fertilitas et aliorum comestibilium fertilis mediocritas et generaliter inhabitatoribus leta paupertas. Sibi pari-ter per miliaris unius spacium locusa quidam Posta nomine vicinatur, de cuius imo fontes aquarum prodeunt tructas et bruculos producentes, ibi piscaria nobilis, que delectationibus competeret principum orbis terre.

a Così ms.; forse, leggi lacus.

Abstract. The article discusses a collection of model letters, remained hith-erto little known to scholars. The collection is part of a small practical hand-book of dictamen, contained in the manuscript Rome, Biblioteca Angelica, 514. After the analysis of the structure and content of the collection, his context of production is reconstructed: the letters have been produced by a group of dic-tatores from lands ranging from Vicalvi (Vicalbum) to Flumeri (Flumarum), some of which were in the years 1295-1310 at the service of the lord of these lands, Hugo Scoctus. From the point of view of the history of dictamen, this new collec-tion offers evidence of the persistence, in the age of the Anjou, of the cultural tradition consolidated between Latium and Campania in the Swabian period. In the appendix nine of the twenty letters are published.

([email protected])