ACQUI TERME, BIBLIOTECA DEL SEMINARIO, MS I
197«Musica e storia», XI/2 (2003)
Leandra Scappaticci – Rodobaldo Tibaldi
UNA NUOVA FONTE PER LO STUDIODELLA SEQUENZA E DELLA
POLIFONIA LITURGICA ‘ARCAICA’ACQUI TERME, BIBLIOTECA DEL SEMINARIO, MS I
1. Appunti sull’origine del Graduale – Tropario – Sequenziario –Kyriale di Acqui Terme
Il Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale di Acqui Terme èuno degli esemplari spesso ignorati e sepolti tra i numerosi repertilibrari conservati in biblioteche ed archivi pubblici, privati edecclesiastici. Il manoscritto, infatti, non è mai stato menzionato ininventari o cataloghi specifici e, dopo il suo rinvenimento, è stato
Il lavoro, effettuato comunque in costante e continua collaborazione, è statocosì ripartito: Leandra Scappaticci è autrice dei paragrafi 1-2, Rodobaldo Tibaldiè autore del paragrafo 3. Si avverte inoltre che nel corso del testo i manoscrittiverranno citati utilizzando le seguenti abbreviazioni:Acq 1: Acqui Terme, Biblioteca del Seminario, Ms. IAs 5: Assisi, Archivio della Cattedrale, Cod. 5Ben 33: Benevento, Biblioteca Capitolare, 33Ben 37: Benevento, Biblioteca Capitolare, 37Ben 38: Benevento, Biblioteca Capitolare, 38Ben 39: Benevento, Biblioteca Capitolare, 39Ben 40: Benevento, Biblioteca Capitolare, 40Bo 11: Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale, Q 11Bo 1549: Bologna, Biblioteca Universitaria, Cod. 1549Bo 2748: Bologna, Biblioteca Universitaria, Cod. 2748Gu O: Gubbio, Archivio di Stato, Fondo dell’ex-Convento di San Domenico,
Corale OIn 5: Intra, Archivio Capitolare, 5Iv 60: Ivrea, Biblioteca Capitolare, Cod. LXIv 68: Ivrea, Biblioteca Capitolare, Cod. LXVIIILu 603: Lucca, Biblioteca Capitolare Feliniana, Cod. 603Mi 84: Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 84 inf (S.P. 10/27 bis)Mo 7: Modena, Archivio Capitolare, O.I.7Mo 16: Modena, Archivio Capitolare, O.I.16Mü 14843: München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 14843Pc 65: Piacenza, Archivio Capitolare del Duomo, Cod. 65Ro 8: Roma, Biblioteca Vallicelliana, B 8To 16: Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, G V 16To 18: Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, F IV 18To 20: Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, G V 20Vc 161: Vercelli, Biblioteca Capitolare, Cod. CLXIVe 107: Verona, Biblioteca Capitolare, Cod. CVIIVol 39 : Volterra, Biblioteca Guarnacci, L III 39
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oggetto di una prima trattazione che ne ha rilevato le caratteristi-che codicologiche, paleografiche e testuali con particolare atten-zione al repertorio di tropi e sequenze1. Successivamente, conl’intento di scandagliare i possibili indizi per una localizzazionedel codice, sono stati approfonditi alcuni aspetti che delineanol’ossatura di questo studio.
La ricerca che coinvolge l’origine e/o provenienza di un codicein molti casi viene a scontrarsi con una realtà tacita: il manoscrittoè portatore di un testo ma spesso non è apertamente testimone dise stesso, di chi lo ha vergato, in quale luogo e in quale tempo. Idati storici, in casi sporadici, sono tramandati nella sottoscrizioneapposta dal copista che, intenzionalmente, può svelare il suo ano-nimato, dire quando e dove ha terminato il suo lavoro. Le sotto-scrizioni iniziano a comparire nei codici latini dal XII secolo esoprattutto dal XIII, dapprima nelle aree geografiche francesi etedesche, successivamente in quelle italiane. Nel periodo traccia-to sono frequenti le indicazioni cronologiche e meno attestatequelle riguardanti la localizzazione e l’identità dello scriba2. Gene-ralmente più circoscritto appare l’uso dei colofoni nei codici liturgi-ci dove il tempo e le persone sono sottomessi alla funzione prima-ria del libro, portatore e conservatore della sacralità della Parola.
Lo studio dei libri liturgici, seppur ‘anonimi’, deve saper for-nire ipotesi o certezze di localizzazione mediante una sinergiacomplessa di dottrine: la paleografia con particolare attenzionealle notazioni musicali, la codicologia, la storia delle liturgie, l’agio-logia, la filologia testuale e musicale. Di importanza primariarisultano gli elementi testuali, caratteristici e specifici di usi litur-gici locali diffusi almeno fino al XIII secolo.
Successivamente le liturgie localmente diversificate risentonodell’intervento di universalizzazione attuato dalla Chiesa, per cuivengono bandite e conformate alla versione ufficiale.
L’origine spesso sconosciuta dei manoscritti liturgici può, ta-lora e casualmente, coincidere con la città o con le zone limitrofein cui oggi si trovano conservati: ma la normalità, scandita dalle
1 L. Scappaticci, Tropi e sequenze di un manoscritto sconosciuto, in «RivistaInternazionale di Musica Sacra», XXII/2, 2000, pp. 149-165.
2 La tipologia, la frequenza e l’identificazione dei colofoni può trovareriscontro nel repertorio compilato dai Bénédictins du Bouveret, Colophons desmanuscrits occidentaux des origines au XVIe siècle, 6 voll., Fribourg, ÉditionsUniversitaire, 1965-1982. Un quadro di tempi e modi della diffusione, in arealatina, del colophon è tracciato da P. Supino Martini, Il libro e il tempo, in Scribie colofoni. Le sottoscrizioni di copisti dalle origini all’avvento della stampa, Attidel seminario di Erice (23-28 ottobre 1993), a cura di E. Condello e G. DeGregorio, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 1995, pp. 3-33.
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ragioni della storia, è la circolazione dei codici, a causa di unapluralità di percorsi che possono essere ricondotti a rapporti dicommittenza, esigenze di scambio, viaggi di monaci e di libri,legami tra monasteri e chiese, vendite, saccheggi di guerra… Nelcaso dei codici liturgici, i rapporti instaurati tra fautori e fruitori,tra cui letterati, celebranti, cantori, sono legati da una serie dipassaggi, da una storia spesso estranea al lettore moderno3.
In un quadro di tale complessità, seppur introdotto in modoesemplificativo, si inserisce il caso del Graduale-Tropario-Sequen-ziario-Kyriale di Acqui Terme (AL), attribuibile alla prima metàdel XIII secolo, per il quale risulta difficile stabilire una sicuraorigine e specifica collocazione geografica.
2. Le sequenze «Rex nostras Christe» e «In honore Marie virginisque nos lavet»
Il codice di Acqui, circoscritto alla tradizione delle sequenze ecollazionato con i Sequenziari di origine italiana, rivela la suaspecificità poiché comprende venticinque composizioni, moltedelle quali attestate anche in altri manoscritti e così distribuitenumericamente: ventuno in Pc 65 e in Ve 107, proveniente daMantova; venti in Vc 161 e in Mo 16; diciannove in To 18, prove-niente da Bobbio, in In 5, di Intra-Novara, e in Mo 7, da Ravenna;diciotto in Ben 33; diciassette in Iv 60, in Bo 2748 e in area aqui-leiese. Le cifre regrediscono progressivamente in tutti gli altrimanoscritti non citati e permettono di instaurare strette relazionicon l’area emiliana, dove l’uso delle sequenze risulta variamentediffuso4.
Delle venticinque composizioni contenute nel codice di Acquidue, Rex nostras Christe e In honore Marie virginis que nos lavet,meritano uno studio approfondito per la peculiarità di testi emelodie, la cui tradizione manoscritta è limitata a pochi testimoniitaliani.
La sequenza Rex nostras Christe è dedicata a s. Michele (cc.189r-190r) ed è compresa all’interno del Sequenziario (cc. 171r-194r), una sezione distinta che segue quella più ampia del Gra-duale (cc. 1r-168r) e quella destinata ai Gloria (cc. 168v-171r). Lascrittura del brano, sia il testo che la notazione musicale, è attri-
3 Vedi G. Baroffio, Frammenti liturgico-musicali negli archivi italiani, in La«Genizah italiana», a cura di M. Perani, Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 227-238.
4 Ringrazio il prof. Baroffio che mi ha fornito la banca-dati del suo CorpusSequentiarum Italicum.
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buibile alla mano principale del manoscritto, al copista che vergale cc. 41r-194r e 196rv.
L’origine della composizione è da ricondurre alla Francia oc-cidentale5, dove sarebbe localizzato il testimone più antico chetramanda la sequenza, Mü 14843, manoscritto composito attribuitoal X secolo6. L’origine del codice monacense, ipotizzata tra l’altroda Crocker, è suffragata da un elemento agiologico insito nellastessa sequenza, una variante significativa a strofa 3a dove si trovail nome del patrono di Toul, «Aper» invece di «Petre»7.
Dal ceppo originario la composizione si è successivamentediffusa in area italiana dove risulta attestata in manoscritti di certaorigine e/o provenienza. Dei testimoni rintracciati è stato possibi-le delineare due diverse recensioni di Rex nostras Christe, quellabobbiese rappresentata dai codici To 18 e To 20, e quella bene-ventana dei codici Ben 38, Ben 39 e Ben 40. Se ne descrivonobrevemente le singole caratteristiche per poter intrecciare relazio-ni con Acq 1.
Nel codice To 18, Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale delsec. XII1 ed originario del monastero di Bobbio, la sequenza èincorporata nel Graduale, nella Messa dedicata a s. Michele (cc.132rv). Il testo è sostanzialmente quello tramandato dal codiceanteriore, To 20 (cc. 128r-129r), Graduale-Tropario-Sequenzia-rio-Processionale dell’XI2 con notazione musicale adiastematicadi tipo sangallese. Differente è invece il formulario liturgico diTo 20, l’unico che assegna la sequenza alla festa di s. Pietro8.
I manoscritti Ben 38, Ben 39 e Ben 40, originari di Benevento,sono tutti Graduali-Tropari-Sequenziari dell’XI secolo, per i qua-li risultano più circoscritte le datazioni di Ben 38 e Ben 39, rispet-
5 Vedi L. Brunner, Catalogo delle sequenze in manoscritti di origine italianaanteriori al 1200, in «Rivista Italiana di Musicologia», XX, 1985, pp. 191-276:258. Un ottimo commento al testo, con riferimenti alle varie fonti in esso presenti,si legge in R. Crocker, The Early Medieval Sequence, Berkeley-Los Angeles, Uni-versity of California Press, 1977, pp. 163-165 e soprattutto 178-181.
6 Cfr. Crocker, The Early cit., p. 163. Mü 14843, manoscritto composito,costituito soprattutto di testi patristici, contiene al suo interno alcune carte (94v-101v) con sequenze; tale sezione, secondo Crocker (ed altri anche prima, comevon der Steinen), dovrebbe provenire da Toul, località nei pressi di Metz.
7 Crocker, The Early cit., p. 438 (apparato al testo).8 Sulle sequenze tramandate da manoscritti di Bobbio vedi P. Damilano,
Sequenze bobbiesi, in «Rivista Italiana di Musicologia», II, 1967, pp. 3-35: 15; eId., La sequenza musicale a Bobbio. Dipendenze e analogie con la produzionesangallese e limosina, in La sequenza medievale, Atti del Convegno internazionale(Milano 7-8 aprile 1984), a cura di A. Ziino, Lucca, LIM, 1992 (Quaderni di SanMaurizio, 3), pp. 71-79. Alle pp. 74-75 tuttavia l’elenco delle sequenze di To 18e To 20 non comprende Rex nostras Christe.
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tivamente dell’XI1 e dell’XIex. La sequenza tramandata nei trecodici (Ben 38: cc. 81v-82v; Ben 39: cc. 77r-78r e Ben 40: cc. 59v-60r) è comune ad una stessa recensione (cfr. tavola 1) ed è inseritaall’interno del Graduale, per la festa di s. Michele9.
Ad una diversa destinazione liturgica, alla Purificazione diMaria, è assegnato lo stesso brano edito dagli Analecta Hymnicacon apparato critico in cui sono segnalate le varianti di To 18 e diMü 1484310. Il formulario, certamente frutto di una congetturabasata su un’analisi testuale ed essenzialmente circoscritta allastrofa 5a dove è esplicita l’invocazione a Maria, non coincide conle rubriche dei testimoni contemplati dall’edizione stessa.
In relazione alle fonti rintracciate e descritte, la tradizionetestuale di Rex nostras Christe attestata da Acq 1 è assai prossimaalla recensione beneventana della quale si rilevano le varianti inapparato (cfr. tavola 1). La recensione bobbiese risulta prossima aquella di Acq 1 per successione e consistenza delle strofe anche sele varianti sono spesso divergenti. Per questo motivo si è ritenutoopportuno isolare l’edizione di To 18 con le varianti di To 20 inapparato (cfr. tavola 2).
In particolare, la dossologia conclusiva di Acq 1 è uguale aquella tràdita dai testimoni beneventani, mentre si discosta daquella bobbiese, articolata in due strofe.
Per quanto riguarda il codice Mü 14843 si notano alcuni puntidi contatto con Acq 1 anche se la lezione attestata è differente perl’assenza delle strofe 7b e 8b11.
La melodia utilizzata in tutti i manoscritti sopra descritti –presumibilmente anche in To 20 – è la stessa adoperata per lasequenza notkeriana Congaudent angelorum chori e per diversialtri testi, come Christi hodierna pangimini omnes, con gli oppor-tuni adattamenti12. Si fornisce la trascrizione della melodia di Acq1 (Appendice n. 1) dove la presenza del bemolle nelle strofe 4asulla sillaba magistro e in 4b su iniqua è indicata, oltre che dal
9 Cfr. L. Brunner, Catalogo delle sequenze cit., 258. Di Ben 40 è statopubblicato il fac-simile: Benevento Biblioteca Capitolare 40. Graduale, a cura diN. Albarosa e A. Turco, Padova, La Linea Editrice, 1991 (Codices Gregoriani, 1).
10 In molti punti le varianti di To 18 non corrispondono a ciò che è realmen-te tràdito dal testo, cfr. Sequentiae ineditae. Liturgische Prosen des Mittelalters ausHandschriften und Frühdruken, hrsg. Von C. Blume, Leipzig, Reisland, 1901(Analecta Hymnica Medii Aevi, 37), pp. 61-62.
11 Per l’edizione del testo tràdito dal manoscritto monacense si rimanda aCrocker, The Early cit., pp. 178-179 e 438 (apparato).
12 Cfr. Crocker, The Early cit., pp. 160-188. La trascrizione di Congaudentangelorum chori è alle pp. 162-163, quella di Christi hodierna pangimini omnesalle pp. 184-185.
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TAVOLA 1: Rex nostras Christe (Acq 1)
1. Rex nostras Christ<e> laudes vultu nunc sereno sumito.
2a. Impius ne nobis hostis ut optat noceat.2b. Pectora sed casta spiritus almus conservet.
3a. Tu princeps populum pastorum hunc Petre serva benignum.3b. Laxando cui datum est nexus celo terreque solvere.
4a. Gressus quod per cerulam voluisti magistro presul tuo.4b. Obtentu sic pondere mereamur iniqua efficia.
5a. Ave Maria virgo virginum valde colenda Facta fulgida lucis omniumporta creantis nosque redimentis potenter.
5b. Et nostri memor esto poscimus talia prestat Exutis rebus inde corporiscarminis novi odas roboantes ovanter.
6a. Nam Michaelis sunt suffragia magna nobis requirenda per evum.6b. Spiritus hac omnis Christo famulati in arce polorum beate.
7a. Pulsis iam torporibus Christe sancte deposcimus hostem fugacemvincere posse dato de super triumpho.
7b. Debellans insidiantis maligni molimina dira potenter protege clemenstibi famulant<e>s in evum.
8a. Hiesu terge cura medicinali vulnera adunate plebis.8b. Pellans nubila tibi supplici cantu atque canentes tuos gloriosos
triumphos.
9. Nunc gloria patri natoque ac spiritui almo sit per cuncta secula. Amen.
1. nostras] nostra Ben 38, Ben 39, Ben 40; Christ<e>] Christi Acq 12b. Pectora] Pectoras Ben 40; sed] et Ben 40; almus] almi Ben 39, almis Ben 403a. benignum] benigne Ben 38, Ben 39, Ben 403b. terreque] terraque Ben 38, Ben 39, Ben 404a. quod per cerulam] qui per cerulas Ben 38, Ben 39, Ben 404b. Obtentu sic] Optenti iam Ben 38, Ben 39, Ben 40; iniqua efficia] iniqui efficiBen 38, Ben 39, Ben 405a. omnium] omnia Ben 38, Ben 39, Ben 405b. prestat] presta Ben 38, Ben 39, Ben 40; Exutis] Exuti Ben 38, Ben 39, Ben 40;novi odas roboantes] novo odax reboantis Ben 38, Ben 39;novo odas roboantis Ben 406a. Michaelis] Michahelis Ben 39, Ben 406b. hac omnis] hac hominis Ben 38, hanc hominis Ben 39; ac hominis Ben 40;famulati] famulantis Ben 38, Ben 39, Ben 407a. deposcimus] te poscimus Ben 38, Ben 39, Ben 407b. Debellans] Dellans Ben 38 ; dira] diri Ben 38, Ben 39, Ben 40; famulant<e>s]famulantis Acq 18b. Pellans] Pollens Ben 38, Ben 39, Pellens Ben 40; supplici cantu] supplican-tum Ben 38, Ben 39, Ben 40; canentes] canentum Ben 38,Ben 39, Ben 40; tuos] tuo Ben 38; gloriosos] gloriosa Ben 399. almo sit] almo et sit Ben 38, Ben 39, Ben 40; per] semper corr Acq 1.
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segno b, anche da una riga in inchiostro rosso (Fa), segnale del-l’uso dell’esacordo di bemolle.
La seconda sequenza, In honore Marie, sembra a tutt’oggiinedita13 ed è tramandata, oltre che da Acq 1 (cc. 198rv)14, da un
13 Il testo non è compreso negli Analecta Hymnica; la melodia è già statapubblicata dalla scrivente in Tropi e sequenze cit., pp. 155-157. Viene qui ripro-posta insieme all’edizione del testo, con l’indicazione delle varianti melodichepresenti in To 18 poste nella trascrizione in notazione alfabetica.
14 La numerazione del manoscritto di Acqui rispecchia la successione attua-
TAVOLA 2: Rex nostras Christe (To 18)
1. Rex nostra<s> Christe laudes vultu nunc sereno submitto.
2a. Impius ne nobis hostis ut optat insidietur.2b. Pectora sed casta spiritus almus servet ubique.
3a. Tu princeps populum pastorum hunc Petre serva corde benigno.3b. Laxando cui data est nexus celo terreque solver humano.
4a. Gressus quos per cerula voluisti magistro hec ora regi.4b. Obtentu sic pondere neruamur inique effice presul.
5a. Ave Maria virgo virginum valde colenda Facta fulgida lucis omniaporta creantis nosque redimentis potenter.
5b. Et nostri memor esto poscimus talia presta Exutis rebus inde corporiscarminis novi odas reboantis ovanter.
6a. Nam Michaelis sunt suffragia magna nobis requirenda per evum.6b. Spiritus hec omnis Christo famulanti in arce polorum beatis.
7a. Pulsis iam torporibtas Christe sancte deposcimus hostem fugacemvincere posse dato perituris ab hoste.
7b. Debellans insidiatoris maligni molimina dira potenter protege cle-mens tibi famulantes in evum.
8a. Hiesu tergere cura medicina vulnera vera adunate plebis opime.8b. Pellens nubila tibi supplicantum atque canentum tuos gloriosos trium-
phos.
9a. Nunc gloria laus et honor tibi semper Christe redemptor rex seculorum9b. Cum patre simul eque potestas cum sancto spiritu in gloria. Amen.
1a. nostras] nostra To 18; submitto] sumito To 202a. Impius] Alleluia impius To 204a. ora] cora To 205b. nostri] nostris To 207a. torporibtas] torporibus To 20; perituris] periturus To 208a. Hiesu] Ihesu To 209b. in gloria. Amen] in secula To 20.
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solo testimone, To 18 (cc. 177rv)15 con una melodia che ricalca lanota sequenza Victimæ paschali laudes (cfr. tavola 3 e appendicen. 2). In entrambi i testimoni la composizione risulta essere un’ag-giunta vergata da uno scriba estraneo all’intero manoscritto esicuramente posteriore rispetto alla confezione dei due codici. InAcq 1 si trova nelle ultime carte del codice, nell’ultimo fascicolo,un ternione (cc. 194-199) originariamente predisposto, pertantoforato e rigato come le carte che precedono. La mano risulta didifficile datazione, ed è probabilmente attribuibile al XIV secolo.In To 18 l’aggiunta è tale non solo dal punto di vista paleograficoma anche codicologico, poiché si tratta di un foglio aggiunto allafine del codice e vergato in una gotica databile al XIII secolo16.
* * *
Il manoscritto di Acqui è localizzabile, in base a diversi ele-menti concorrenti, tra cui il tipo di notazione musicale e la tradi-zione delle sequenze, nell’area geografica italiana nord-occidenta-le, mentre risulta di difficile identificazione il centro di copiatura,chiaramente non periferico ma altamente specializzato, in cui col-laborano copisti abili e miniatori esperti, dal disegno elegante,finemente elaborato17.
Di poco aiuto, in questo caso, è il contenuto dell’intero mano-scritto che si snoda secondo una successione mista di Temporalee Santorale sulla falsariga dell’Antiphonale Missarum tradiziona-le18, senza comprendere particolari usi liturgici. L’unico formula-rio da menzionare sembrerebbe quello di s. Colombano (cc. 148v-149r), anche se la messa non incorpora brani peculiari, ma tratti
le delle carte, senza tener conto del VI quaternione perduto, originariamentecostituito dalle cc. 41-48.
15 La sequenza è compresa nell’elenco fornito da Damilano dove però noncorrisponde il rimando al volume degli Analecta Hymnica. Cfr. Damilano, Lasequenza cit., p. 75.
16 Ad un altro scrivente, sempre coevo, è attribuibile la scriptio superiordelle due carte di guardia e palinseste poste all’inizio del codice dove si rintracciaun Alleluia dedicato a Maria, Virga Iesse floruit virgo, tramandato anche da Acq1, c. 199r e comune ad una stessa recensione testuale e musicale. Sulla scriptioinferior vedi E. A. Lowe, Codices Latini Antiquiores, vol. XII: Supplement, 1971,n. 1810, p. 40.
17 La decorazione richiederebbe uno studio particolareggiato per poter sta-bilire nuovi legami con la produzione coeva. Per la descrizione delle iniziali cfr.Scappaticci, Tropi e sequenze cit., pp. 151-153.
18 R.-J. Hesbert, Antiphonale Missarum Sextuplex d’après le graduel de Mon-za et les antiphonaires de Rheinau, du Mont-Blandin, de Compiègne, de Corbie etde Senlis, Bruxelles, Vromant & Co, 1935.
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dal Comune dei Confessori. Solo l’offertorio, Veritas mea, è atte-stato in altri due codici bobbiesi: Mi 84 (c. 333v) e To 16 (c.148r), rispettivamente del IX e del XIV secolo19.
19 Elenco i brani della messa di s. Colombano riportati dai tre manoscritti:To 18: Intr Os iusti; P Noli emulari; Grd Domine prevenisti eum; V Vitam petiit;Alleluia Amavit eum; Of Veritas mea; Co Beatus servus. Mi 84: cc. 333v-334r: GrdSacerdotes eius; V Illuc producam; All Iusti epulerunt; Of Veritas mea; Co Fidelisservus. To 16: Intr Gaudeamus omnes; P Exultate iusti; Grd Iustus ut palma; V Adannuntiandum; Alleluia Hodie pastor; Of Veritas mea; Co Amen dico vobis.
TAVOLA 3: In honore Marie (Acq 1)
1a. In honore Marie virginisque nos lavet a labe criminiscelebratur hodiedies hec letitie.
2a. Stella nova noviter oriturcuius ortu mors nostra moriturEve lapsus iam restituiturper Mariam.
3a. Virgo mater et virgo unicavirga fumi sed aromaticain te celi mundique fabricaglorietur.
4a. Condoluit humano generivirginalis filius uteriaccingantur sene<s> et pueriad laudem virginis.
5a. O Maria dulce commerciumintra tuum celasti gremiumquo salutis regis remediumindulgetur.
1a. lavet] lavit To 182a. moritur] tollitur To 18; per] in To 183a. Designatur ora prophetica/canticorum Salomon cantica/tibi canit te voxangelica/protestatus add. To 18 come strofa 3b.3b. nos a nexu funesti pignoris eripuit] in te totum et totum de foris simul fuit To18. Add. strofa 4b in To 18:Fructus virens arentis arboris/Christus gigans in mensi roboris/nos a nexu fune-sti pignoris/eripuit4a. sene<s>] senex, ms. senes To 184b. hominis] hominum To 185a. celasti] celeste To 185b. ut optatum in celis] obtatum ms; in celis optatum To 18.
1b. De radice Iesse propaginishanc eduxit sol veri luminismanu sapientiesue templum gratie.
2b. Ut aurora surgens progreditursicut luna pulcra describitursuper cuncta ut sol erigiturvirgo pia.
3b. Verbum patris processu temporisintra tuum secretum corporisnos a nexu funesti pignoriseripuit.
4b. Qui poterat de nobis conqueripro peccato parentum veterimediator voluit fieridei et hominis.
5b. O vera spes et verum gaudiumfac post vite presentis tediumut optatum in celis braviumnobis detur. Amen.
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Maggiormente interessanti risultano i rapporti stabiliti con imanoscritti liturgici individuati per lo studio delle due sequenze.Per Rex nostras Christe la parentela individuata con i codici diBenevento, Ben 38, Ben 39 e Ben 40, sembrerebbe poco concilia-bile con la probabile origine di Acq 1, ma in realtà giustificatadall’apertura della liturgia beneventana nei confronti di usi atte-stati in area francese, ed in particolare in quella aquitana. Perquesto ed altri motivi, tra cui quelli storici, occorre postulare unamigrazione di repertorio musicale – che investe in modo partico-lare quello delle sequenze – dalla fascia geografica francese occi-dentale a quella beneventana, dove l’assorbimento dei nuovi cantisi consolida come «neo-gregoriano»20.
Più ovvio risulta invece il legame tra Acq 1 ed il monastero diBobbio, il solo dove era cantata la sequenza In honore Marie,finora inedita. L’imprescindibile trait d’union parrebbe contrad-dittorio per il secolo intercorso tra i due manoscritti – To 18 eAcq 1 – ma occorre tener presente che il lasso di tempo è condi-zionato dalla mancanza o perdita di codici musicali bobbiesi dellaprima metà del XIII secolo.
3. Il «Sanctus Omniparens» a due voci
Alla c. 197r, inserito alla fine del gruppo dei Sanctus (cc. 196r-197r), si trova il tropo Omniparens utilizzato per una composizio-ne a due voci. Si tratta di un tropo di probabile provenienzafrancese, appartenente al numeroso gruppo di testi di tematicatrinitaria21, che risulta però assai poco diffuso, almeno da quantopossiamo verificare nei repertori consueti. Thannabaur, indivi-duandolo come tropo alla melodia 32 (corrispondente al diffusis-simo Sanctus XVII dell’editio vaticana), segnala alcuni pochi ma-noscritti22:
20 Cfr. G. Baroffio, Reperti liturgico musicali nell’Italia meridionale e fontibeneventane, in Tradizione manoscritta e pratica musicale. I codici di Puglia, a curadi D. Fabris e A. Susca, Firenze, Olschki, 1990, pp. 1-21: 10, 11-12 e W. Brunner,A Perspective on the Southern Italian Sequence: The Second Thonary of the Manu-script Monte Cassino 318, in «Early Music History», I, 1981, pp. 117-164. Sullesequenze beneventane è in preparazione un volume curato da J. Boe e A. Plan-chart che sarà edito da A-R Editions, Recent Researches in the Music of theMiddle Ages and Early Renaissance.
21 Cfr. G. Iversen, Sur la géographie des tropes du Sanctus, in La tradizionedei tropi liturgici, Atti del convegno sui tropi liturgici (Parigi, 15-19 ottobre 1985,Perugia, 2-5 settembre 1987), organizzato dal Corpus Troporum sotto l’egidadell’European Science Foundation, a cura di C. Leonardi ed E. Menestò, Spoleto,Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 1990, pp. 39-62: 47-52 e 61.
22 P. J. Thannabaur, Das einstimmige Sanctus der römischen Messe in der
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Pa 3549 Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 3549, sec. XII,proveniente dall’Aquitania (Thannabaur 280 F);
SG 383 Sankt-Gallen, Stiftsbibliothek, ms. 383, secc. XIII-XIV, prove-niente dalla Svizzera francese (Thannabaur 379 F). La melodiaè trasportata alla quinta superiore;
Ba 199 Barcelona, Archivo de la Corona dAragón, Ripoll 199, secc. XI-XII e XIII, proveniente da Ripoll, Aquitania (Thannabaur 22 S)
SG 546 Sankt-Gallen, Stiftsbibliothek, ms. 546 (già Codex Brander),1507, San Gallo (Thannabaur 381 D).
Nel Corpus Troporum viene segnalato soltanto il manoscrittoparigino, di cui viene data l’edizione, per probabili motivi crono-logici23. A questi va ovviamente aggiunto Acq 1.
Un primo confronto tra i testi di Pa 3549 e di SG 383 mostral’esistenza di alcune differenze, come nel «Dominus Deus Sabaoth»,e soprattutto nella prosa aggiunta al secondo Osanna.
Pa 3549, Ba 199 SG 383Sanctus
Omniparens, fons luminis, vitae dator,sanctus
sol oriens, speculum lucis, mens dei,sanctus
flagrans amor, amborum consimilis,dominus deus sabaoth.
Pleni sunt celi et terra gloria tua.Osanna in excelsis.
Sit rex isteBenedictus qui venit
per olivarum frondosa nemorain nomine domini
obtinere sedem paternam Davitici regniOsanna
Te precamur voce laetaCuius regni non est metaSic tibi ad olivetaPlausus dedit plebs facetaCum te rex ad olivetaConlaudaret plebs faceta
in excelsis
SanctusOmniparens, fons numinis, vitae dator,
sanctussol oriens, speculum lucis, mens dei,
sanctusflagrans amor, amborum consimilis,
dominus deus sabaothforti moderamine cuncta regens.
Pleni sunt celi et terra gloria tua.Osanna in excelsis.
Sit rex Israel.Benedictus qui venit
per olivarum frondosa nemorain nomine domini
obtinere sedem paternam Davitici regniOsanna
Illa nobilis dietaDe qua cecinit prophetaCum te rex per olivetaCollaudaret plebs facetaInde fit laus consuetaInter sacra et secreta
in excelsis
handschriftlichen Überlieferung des 11. bis 16. Jahrhunderts, München, Ricke,1962 (Erlangen Arbeiten zur Musikwissenschaft, 1).
23 Tropes de l’ordinaire de la messe. Tropes du Sanctus, introduction etédition critique par G. Iversen, Stockholm, Almqvist & Wiksell International,1990 (Studia Latina Stockholmiensia, 34 = Corpus Troporum, 7), p. 140 n. 82.
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208
Lo stesso tropo all’Osanna si trova in Ba 199, non per nulla diprovenienza ispano-aquitana, mentre il più tardo SG 546 ripren-de, come è naturale attendersi, il tropo di SG 383.
Una situazione ancora diversa mostrano le farciture presentiin Acq 1, che danno origine al seguente testo:
SanctusOmniparens, fons luminis, vitae dator
Sanctussol oriens, speculum lucis, mens dei
sanctusflagrans amor, amborum consimilis.
dominus deus sabaothforti moderamine cuncta regens.
pleni sunt celi et terra gloria tua. Osanna in excelsis.Sit laus Israel.
Benedictus qui venitper olivarum frondosa nemora
In nomine domini.Osanna in excelsis
Come è facilmente osservabile nella tavola di confronto tra itre testi (tavola 4), Acq 1 impiega tutti gli elementi del tropo alSanctus presenti in SG 383, compresi quindi quello inserito nel«Dominus Deus sabaoth», e ugualmente più vicino al manoscrittosangallese è nella lezione del tropo al primo Osanna («Sit lausIsrael» rispetto a «Sit rex Israel»), con evidente citazione dalSalmo 21. Per il secondo Osanna, invece, non è prevista alcunatropatura, per lo meno testuale. Dal punto di vista melodico, i tremanoscritti sono abbastanza simili, eccezion fatta per il primoelemento, in cui Acq 1 si discosta in maniera piuttosto rilevante,almeno inizialmente; la versione tràdita in Pa 3549 è però in di-versi punti più semplice, meno ornata di SG 383, e solo per que-sto più simile a quanto si trova in Acq 1 (tavola 5).
L’interesse principale che questo Sanctus riveste in Acq 1 consi-ste nel suo presentarsi a due voci; si tratta di un brano sconosciu-to, il manoscritto diventa una nuova fonte per lo studio dellapolifonia italiana del XIII secolo, e anch’esso, come altri (tra cuiquelli segnalati in tempi diversi da Vecchi, Cattin, Schrade, Strohm,Ziino, Levy, Ciliberti, solo per ricordarne alcuni), va ad integrareil fondamentale atlante fotografico del 1968 curato da Gallo e daVecchi24, l’elenco redatto da Gallo per la relazione di base del-
24 F. A. Gallo – G. Vecchi, I più antichi monumenti sacri italiani, Bologna,AMIS, 1968 (Monumenta Lyrica Medii Aevi Italica. III. Mensurabilia, 1); d’ora inpoi sarà sempre citato come Gallo-Vecchi.
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l’importantissimo e giustamente sempre ricordato convegno diCividale del 198025, e il contributo di Susan Rankin presentato alseminario veneziano del 1996, dedicato alle fonti italiane del XIIIsecolo e alle loro diverse tipologie26. Merita pertanto una descri-zione il più possibile accurata, la trascrizione, e perlomeno untentativo di contestualizzazione; questo sarà condotto insiemeall’analisi delle varie caratteristiche del brano.
Il Sanctus Omniparens sembra essere stato copiato da unamano diversa dalle due principali alle quali si deve gran parte delmanoscritto27, probabilmente posteriore, ma con delle caratteri-stiche piuttosto particolari che indicano una sorta di aggiunta-integrazione. Redatto con molta cura ed eleganza, è stato scritto altermine dei Sanctus monodici utilizzando la rigatura già prece-dentemente tracciata, e le righe rosse per il Fa e gialle per il Dosono perfettamente allineate con quelle delle carte precedenti; lospazio a disposizione, pensato per la scrittura di una sola lineamusicale, è stato sfruttanto perfettamente mediante l’utilizzo diun corpo minore per le singole lettere e note di quello preceden-temente impiegato. Le due voci sono collocate l’una sull’altra, e lanotazione impiegata28 è del tutto identica a quella utilizzata intutto il resto del manoscritto, con la sola variazione dell’ultimanota, scritta in forma rettangolare anziché quadrata ad indicare,
25 F. A. Gallo, The Practise of cantus planus binatim in Italy from theBeginning of the 14th to the Beginning of the 16th Century, in Le polifonie primi-tive in Friuli e in Europa, Atti del congresso internazionale (Cividale del Friuli,22-24 agosto 1980), a cura di C. Corsi e P. Petrobelli, Roma, Torre d’Orfeo, 1989(Miscellanea musicologica, 4), pp. 13-30.
26 S. Rankin, Between Oral and Written: Thirteenth-Century Italian Sourcesof Poliphony, in Un millennio di polifonia liturgica tra oralità e scrittura, a cura diG. Cattin e F. A. Gallo, Bologna - Venezia, Fondazione Ugo e Olga Levi - IlMulino, 2002 (Quaderni di «Musica e Storia», 3), pp. 75-98. Si tratta di unvolume assai importante, ricchissimo di spunti e di nuove acquisizioni riguardantinon solo il repertorio italiano e per un periodo che arriva fino al XIX secolo; trai vari contributi segnalo la relazione di Baroffio che riassume le diverse problema-tiche esistenti ed enuclea una serie di punti fondamentali per ricerche successive:G. Baroffio, Le polifonie primitive nella tradizione manoscritta italiana. Appuntidi ricerca, pp. 201-205. Il costante interesse verso il repertorio polifonico cosid-detto semplice anche al di là dell’epoca medioevale, visto che le sue propagginiarrivano tranquillamente fino almeno al XIX secolo, è testimoniato da iniziativee pubblicazioni sempre più frequenti; tra esse segnalo il recentissimo volumePolifonie semplici, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Arezzo, 28-30dicembre 2001), a cura di F. Facchin, Arezzo, Centro Studi Guidoniani - Fonda-zione Guido d’Arezzo, 2003, destinato a sua volta a diventare un punto di riferi-mento come i convegni sopra citati, in cui sono state esaminate nuove fontiitaliane e non, aspetti legati alla teoria musicale, questioni di prassi esecutiva.
27 Cfr. Scappaticci, Tropi e sequenze cit., p. 151.28 Ivi, p. 153.
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probabilmente, nota lunga tenuta; la situazione merita una sotto-lineatura, poiché le altre aggiunte presenti in queste carte conclu-sive presentano una scrittura musicale sensibilmente diversa e,soprattutto, assai meno curata ed elegante. Sono inoltre presentidelle stanghette verticali poste come elemento di separazione trale singole frasi o singoli incisi o per precisare l’allineamento;alcune di esse sembrerebbero essere state collocate successiva-mente da altra mano, come avremo modo di vedere più avanti29.
La melodia liturgica (cantus) è posta nel sistema superiore, maquesto non deve trarre in inganno, inducendoci a pensare in ter-mini di composizione polifonica più arcaica, come avviene in Pc65; la voce di contrappunto (discantus) si incrocia costantementecon la principalis, e possiamo pensare ad una disposizione chevoglia semplicemente sottolineare la ‘priorità’ di quest’ultima af-fidandole, nell’organizzazione grafica, il primo posto senza nes-sun’altra implicazione (tanto è vero che il testo è collocato, comeè norma, sotto la voce inferiore). Bisogna però dire che, diversa-mente da quanto capita normalmente nella tradizione di questoSanctus, i due Osanna non sono identici, ma il secondo sembraessere una elaborazione melodica in senso ampiamente estensivodel primo, quasi una sorta di tropatura musicale che sostituiscequella testuale vista precedentemente (esempio 1). Segnalo co-munque il fatto che, nella sua veste monodica e senza tropatura,tale Sanctus compare alla carta precedente (196r); la melodiapresenta alcune varianti rispetto a quella usata nell’intonazionepolivocale, ma anche in questo caso i due Osanna non sono esat-tamente identici (esempio 2). Questa situazione, come vedremo,avrà una ricaduta non secondaria nella composizione polivocalenel suo insieme, poiché avremo una sorta di cauda finale condiversi rapporti numerici e intervallari tra le due voci.
Nella costruzione della struttura polifonica sono evidenti findal primo sguardo i due principi basilari della polifonia enunciatinei trattati relativi al nuovo organum post-guidoniano (soprattut-to il trattato versificato di Milano, il trattato di Montpellier e il Dearte musica di Johannes Cotto) e al discanto del XII-XIII secolo,ovvero l’impiego generalizzato del moto contrario e l’uso delleconsonanze perfette da parte di due voci che si muovono nelmedesimo registro e che procedono, tranne in pochissimi casi,quasi sempre nota contro nota anche in corrispondenza di meli-smi del canto. I due principi sono strettamente correlati, in ma-
29 Nell’edizione posta in Appendice (n. 3) ho indicato tutte le stanghette didivisione, mettendo tratteggiate quelle che sembrano essere di mano diversa e,forse, posteriore.
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Esempio 1
Esempio 2
niera tale che l’una, ovvero la scelta delle progressioni intervalla-ri, determina in maniera vincolante il percorso melodico; è inoltreimportante verificare la tipologia delle consonanze adoperate e ilruolo che un eventuale scontro dissonante viene ad assumere.Premetto subito che questa prima indagine esclude quasi comple-tamente il secondo Osanna, le cui particolarità consigliano unatrattazione separata; lo tiene in considerazione solo per ciò cheriguarda l’intervallo di fine composizione.
L’intervallo più importante è senza dubbio la quinta. Taleintervallo costituisce il punto di partenza di gran parte delle frasi,e, soprattutto, la chiusura di tutte le distinctiones, spesso conincrocio delle parti, tanto che anche il melisma conclusivo postosull’ultima sede ha come ultima nota il Do quinta della finalis Fa.La situazione può essere riepilogata nella Tavola 6, in cui sonoindicati: nota di inizio frase del canto con indicazione, tra paren-tesi, di quella del discanto se in posizione più grave, e intervallocreato dalle due voci (colonne II-III); nota di fine frase del cantocon indicazione, tra parentesi, di quella del discanto se in posizio-ne più grave, intervallo creato dalle due voci e progressione inter-vallare in cadenza (colonne IV-V)
Nelle successioni in cadenza la terza minore costituisce unamia interpretazione, poiché il supposto Sib non è mai indicato inalcun momento sia nel canto sia nel discanto. Nella melodia litur-gica, in quinto modo, sembra quasi sempre necessario: è presenzadirei naturale nel disegno melodico discendente Si-La-Sol-Fa, ri-
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corrente alla fine di molte frasi o di segmenti interni, e dovrebbequindi essere impiegato anche nel discanto per l’unisono sul Sibemollizato nel canto, per evitare quarte eccedenti e per evitarealternanze di Si naturale e di Si bemolle separati da troppo pochenote (a volte una sola come nel disegno Si-La-Si-Do, in cui ilprimo Si è bemolle). In questo modo avremmo in cadenza regolar-mente la successione terza minore – quinta.
La chiusura fissa sulla quinta mi sembra degno di sottolineatu-ra, dal momento che le fonti teoriche, parlando della copula, pre-vedono regolarmente la cadenza sull’unisono o sull’ottava rag-giunte per moto contrario (e solitamente proveniendo da unaconsonanza perfetta, anche se gli esempi musicali nei trattati stes-si utilizzano anche le consonanze imperfette di terza e di sesta), edi scarsa, per non dire di nessuna utilità sono i trattati di discantodel XII-XIII secolo, così lontani da una pur elementare realtàcompositiva nel loro insegnamento di semplici concatenazioniintervallari. Gran parte dei testimoni musicali di ambito italianodei secoli XII-XIVin, di varia provenienza geografica, presentanonormalmente in cadenza finale (e in diverse intermedie) la copula
TABELLA 6: Schema del «Sanctus Omniparens»
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delle due voci per moto contrario o obliquo sull’unisono o sull’ot-tava, raggiunta da una quinta o da una sesta. A tal riguardo sipotrebbero prendere in considerazione i brani tràditi da Lu 603(Regi regum glorioso, tropo al Benedicamus copiato alla metà delXII secolo, proveniente da Santa Maria di Pontetetto presso Luc-ca30), da As 5 (Virgo solamen desolatorum e Gloria Patri, cattedra-le di San Ruffino di Assisi, datazione oscillante tra fine XII e fineXIII secolo31), Ro 8 (probabilmente un Alleluia copiato intornoalla metà del XIII secolo, proveniente dall’abbazia benedettina diSant’Eutizio32), Vol 39 (Benedicamus Domino aggiunto all’iniziodel XIII secolo, Volterra33), Bo 1549 (Benedicamus Domino e AgnusDei copiati nel XIII secolo, Bologna, San Domenico34), Ben 37(Ad honorem Marie virginis aggiunto nel XIV secolo, monasterobenedettino dell’Italia meridionale35), tanto per fare qualche esem-pio più o meno coevo ad Acq 136; e persino nel più arcaico Gloriaconservato in Pc 65, che testimonia una continuità di teoria eprassi organale di origine guidoniana con il suo andamento preva-lentemente per quarte parallele rispetto al canto posto nella parte
30 Facsimile in Gallo-Vecchi, tav. XCVI. Trascrizione in M. S. Gushee,Romanesque Polyphony: a Study of the Fragmentary Sources, PhD diss., YaleUniversity, 1965, pp. 102-113; G. Vecchi, Teoresi e prassi del canto a due voci inItalia nel Duecento e nel primo Trecento, in L’Ars Nova italiana del Trecento, III,a cura di F. A. Gallo, Certaldo, Centro di Studi sull’Ars Nova Italiana del Trecen-to, 1970, pp. 203-214: 209; e S. Fuller, Early Polyphony, in The Early Middle Agesto 1300, ed. by R. Crocker and D. Hiley, Oxford, Oxford University Press, 19902
(The New Oxford History of Music), pp. 485-556: 509.31 Facsimile e trascrizione in A. Ziino, Polifonia ‘arcaica’ e ‘retrospettiva’ in
Italia centrale: nuove testimonianze, in «Acta Musicologica», L, 1978, pp. 193-207: 194-196, 201 e 203. Per la datazione del ms, oltre a Ziino, cfr. anche G.Ciliberti, Musica e liturgia nelle chiese e conventi dell’Umbria (secoli X-XV). Conun atlante-repertorio dei più antichi monumenti musicali umbri di polifonia sacra,Perugia, Università degli Studi di Perugia – Centro di Studi Musicali in Umbria,1994 (Quaderni di «Esercizi. Musica e spettacolo», 3), p. 132; e G. Baroffio, IterLiturgicum Italicum, Padova, CLEUP, 1999 p. 11.
32 Facsimile e trascrizione in K. Levy, Italian Duecento Polyphony: Observa-tions on an Umbrian Fragment, in «Rivista Italiana di Musicologia», X, 1975,pp. 10-19; cfr. anche Ciliberti, Musica e liturgia cit., p. 131.
33 Facsimile in Gallo-Vecchi, tav. CXLVIII; trascrizione in R. Strohm, EinZeugnis früher Mehrstimmigkeit in Italien, in Festschrift Bruno Stäblein zum 70.Geburtstag, hrsg. von M. Ruhnke, Kassel, Bärenreiter, 1967, pp. 239-249.
34 Facsimile in Gallo-Vecchi, tav. XXI. Cfr. Rankin, Between Oral andWritten cit., pp. 84-86 con trascrizione del Benedicamus.
35 Facsimile e trascrizione in A. Ziino, Polifonia «primitiva» nella BibliotecaCapitolare di Benevento, in «Analecta Musicologica», XV, 1975, pp. 1-14.
36 Per un elenco di manoscritti rimando a Gallo, The Practise of cantusplanus binatim in Italy cit., pp. 14-22; Rankin, Between Oral and Written cit., pp.93-95; e, più generalmente, ai due volumi Le polifonie primitive in Friuli e inEuropa e Un millennio di polifonia liturgica tra oralità e scrittura già citati.
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superiore, la clausola si trova spesso sull’unisono (come per altrol’occursus richiede)37.
Vi sono però altre composizioni in cui le cadenze avvengonodi preferenza sulla quinta, compresa quella finale, raggiunte permoto contrario; questo avviene nelle due letture Vidi supra mon-tem (dall’Apocalisse, per la messa della solennità dei Santi Inno-centi, 28 dicembre) e Surge illuminare Jerusalem (da Isaia, per lamessa dell’Epifania) e nel Benedicamus Domino contenuti in Ivr 68,della seconda metà del XIII secolo38, e in diversi brani presenti inBo 11, dell’inizio del XIV secolo, tra i quali degni di nota sono lacoppia Sanctus-Agnus alle cc. 5v-6r (il Sanctus è basato sullamelodia Thannabaur 32), il Credo a c. 6v-7r, il Salve virgo rubensrosa a c. 7v e il Benedicamus Domino a c. 8r39. In tutti questi casila quinta è l’elemento strutturalmente portante l’intero comples-so, oltre ad essere il normale intervallo di chiusura di frase, anchein caso di melisma in ultima sede, come si osserva nella conclusio-ne del Sanctus:
37 Il brano è trascritto e commentato in Rankin, Between Oral and Writtencit., pp. 96-98.
38 Facsimile in Gallo-Vecchi, tavv. XCIV-XCV. Trascrizione dei brani in L.Schrade, Ein neuer Fund früher Mehrstimmigkeit, in «Archiv für Musikwissen-schaft», III-IV, 1962-1963, pp. 239-256. Le due lectiones sono edite e commenta-te anche in Th. Göllner, Die mehrstimmigen liturgischen Lesungen, 2 voll., Tut-zing, Schneider, 1969 (Münchner Veröffentlichungen zur Musikgeschichte, 15),I, pp. 161-167 e II, pp. 93-97.
39 Facsimile in Gallo-Vecchi, tavv. XXIV-XXVI. Il Sanctus, l’Agnus e ilCredo sono stati discussi e commentati in M. Lütolf, Der mehrstimmigen Ordina-rium Missae-Sätze vom ausgehenden 11. bis zur Wende des 13. zum 14. Jahrhun-dert, 2 voll., Berne, Paul Haupt, 1970, I, pp. 113-132 e II, pp. 90, 153 e 209-210.Cfr. anche K. von Fischer, The Sacred Polyphony of the Italian Trecento, in«Proceedings of the Royal Music Association», C, 1973-74, pp. 143-157, cheipotizza Lodi come possibile luogo di origine del manoscritto, redatto comunquenell’Italia settentrionale.
Oltre ad essere l’intervallo di cadenza, la quinta è elementostrutturalmente portante e quantitativamente maggioritario dalpunto di vista quantitativo (92 su un totale di 242 intervalli,sempre con l’esclusione del secondo Osanna); in tredici casi vi
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sono due intervalli consecutivi (di cui però cinque relativi a parigrado)40, ed solo in due (di cui uno è nel secondo Osanna), allineatre quinte in occasione, però, di una semicesura interna che nonvuole essere evidenziata in modo particolare, pur subendo co-munque una sottolineatura:
In Bo 11 si riscontra qualcosa di analogo sia nel Sanctus (nelmedesimo punto) sia nell’Agnus:
Sembra evidente che siamo davanti ad uno dei casi descritti daJacobus di Liegi:
Diaphonia sive discantus multipliciter distinguitur: Uno modo exconsonantiis ex quibus discantus conficiuntur ut, quantum ad hoc, di-scantans, qui amplius, frequentius et quasi a domino utitur quintis, dia-pentizare vel quinthiare dicatur […]41.
A buon diritto il Sanctus di Acq 1 potrebbe benissimo rientra-re nella tipologia del «discantus quintizans» delineato con chia-rezza da Sarah Fuller nelle sue fonti teoriche e nel comportamentodi alcuni monumenti musicali42.
40 Non abbiamo ovviamente considerato le successioni risultanti tra la finedi una frase e l’inizio della successiva, costituite quasi sempre da due quinte.
41 Jacobus Leodiensis, Speculum musicae, Liber septimus, cap. X «Discantu-um distinctio»; ed. by R. Bragard, [Rome], American Institute of Musicology,1973 (Corpus scriptorum de musica, 3/7), p. 24.
42 S. Fuller, Discant and the Theory of Fifthing, in «Acta Musicologica», L,1978, pp. 241-275.
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Nella norma, le quinte indicano il rapporto verticale prevalen-te tra le due voci, e sono ottenute per moto contrario con incrociodelle parti, talmente frequente da divenire anch’esso elementostrutturale del Sanctus; per tale motivo è ovvio che gli altri inter-valli adoperati in gran numero sono l’unisono (75) e la terza (58).Per l’unisono, maggiori (rispetto alla quinta) sono i casi di succes-sioni parallele, che spesso servono a sottolineare situazioni parti-colari, come l’inizio della formula cadenzale Sib-La-Sol-Fa nelcanto contrappuntata regolarmente dalla formula Sib-La-Sib-Donel discanto. Le terze, tutte minori se si accetta l’ipotesi dellapresenza del Sib, nascono esclusivamente come intervallo di colle-gamento tra due consonanze di quinta o di unisono o nella conca-tenazione quinta-unisono e viceversa e solo in un caso, su «o-li-va-rum», come intervallo di passaggio su nota tenuta del canto co-munque risolto su una quinta, preceduto a sua volta da una secon-da minore pure di passaggio. Non si trovano quasi per niente casidi terze parallele; il primo consiste in una semplice redictio del Sib
del canto sulla parola «laus» ripetuta nel discanto alla terza infe-riore, il secondo ed ultimo si trova nella cadenza conclusiva pre-cedente l’ultimo Osanna, sulla parola «Domini», in cui vi sonodue terze minori consecutive, di cui la prima di passaggio. Sitratta, a mio avviso, di una situazione piuttosto interessante, inquanto abbiamo un ampliamento della struttura intervallare conaumento di consonanze imperfette in occasione di una clausolaimportante, anche se non conclusiva (e comunque il secondo Osannafa storia a sé).
L’intervallo di quarta non sembra avere alcun significato par-ticolare, sia per le pochissime volte in cui compare (tre in tutto),sia per il ruolo rivestito, che in tutti i tre casi è quello di collegaredue unisoni tra loro, come variante della progressione 1-3m-1; tral’altro, tutte le tre volte abbiamo la quarta Fa-Si, che fa ragione-volmente ipotizzare ancora una volta la presenza del Sib.
L’intervallo di ottava, presente un numero ridotto di volte(12), serve a delineare la distanza massima possibile tra le duevoci; la nota superiore si trova al discanto solo nella prima occor-renza dell’intervallo, mentre in tutti i casi successivi è il canto atenere la posizione più acuta. È normalmente preceduto e seguitoda una quinta, sempre con movimento contrario delle parti, e sitrova all’interno di frase (solo in un caso, su «sol (oriens)» èintervallo di inizio, e la quinta anteposta è la chiusura della fraseprecedente); in due occasioni, su «(gloria) tu-a» e su «Be-ne-di-ctus», l’ottava è collegata alla quinta successiva, costituente unacadenza o, almeno, una sorta di cesura, da una settima minore dipassaggio nel discanto. Questi due intervalli di settima, insieme
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alla seconda minore sopra menzionata, costituiscono le unichesituazioni dissonanti del Sanctus prima dell’Osanna conclusivo.Devo anche precisare che su «flagrans (amor)» vi è una situazionedecisamente anomala:
Molto simile, vorrei dire identico, è il ruolo assunto dagli altriintervalli: importanza dell’unisono, funzione di collegamento del-la terza minore (anche in questo Sanctus il Si è quasi certamentebemolle, anche se non è mai indicato come tale), delimitazione delmassimo spazio sonoro consentito l’ottava, piuttosto infrequente(e tra l’altro sempre relativa ai suoni Re e Fa, come nel Sanctus diAcq 1), uso delle seconde, delle seste e delle settime come inter-valli di passaggio, insieme all’unica quarta presente. Nell’uso del-le soluzioni intervallari Bo 11 si mostra più semplice, quasi piùschematico di Acq 1, soprattutto per il maggior parallelismo ado-perato, ma il pensiero di fondo sembra il medesimo43.
ritengo, però, per motivi di conduzione verticale basati su quantoho appena esposto e di strutture melodiche, di cui parlerò piùavanti, che si tratti di un errore del copista, e il passo vada correttocosì come propongo nell’edizione del Sanctus (Appendice n. 3).
Nell’uso dei rapporti intervallari tra le due voci il Sanctus diBo 11 ha molti elementi di affinità con il nostro, come l’uso strut-turale dell’intervallo di quinta anche all’interno delle frasi, conincrocio ma anche, più spesso e volentieri, mediante lunghe suc-cessioni parallele, come avviene, ad esempio, in buona parte delBenedictus.
43 Alla stessa modalità compositiva appartengono i brani di Ivr 68, e inparticolare il Benedicamus Domino, in cui l’intervallo maggiore è costituito dal-l’intervallo strutturale, ovvero la quinta, e manca totalmente la quarta.
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La forte coerenza verificata nella scelta degli intervalli e delleloro progressioni è presente in ugual misura, se non addiritturasuperiore, nell’organizzazione delle struttura melodica della vocediscantistica. La scelta del moto contrario come elemento priori-tario e di un numero ridotto di tipologie intervallari potrebbecondizionare fortemente la formazione del discanto; in realtà, ilrisultato è quello di ottenere una sorta di vero e proprio contro-canto, comunque non eterofono, che si armonizza perfettamenteal canto e ne sottolinea efficacemente le caratteristiche; insomma,un vero e proprio cantus planus binatim, non tanto nel senso diesecuzione a due voci, quanto nel risultato di una proiezionebivocale della melodia liturgica44. Cercherò di giustificare la miaaffermazione con alcuni pochi esempi.
Una delle soluzioni più adoperate nella polifonia ‘semplice’ èlo scambio del materiale melodico tra le due voci, il cosiddettoStimmtausch, sempre possibile quando entrambe le voci sono com-poste ex novo, non automatico quando esiste una melodia preesi-stente, quindi in tutti i brani più autenticamente liturgici. NelSanctus conservato in Bo 11 questo principio viene applicato piut-tosto di frequente, e fin dall’inizio, mediante la sovrapposizionedelle melodie relative alla prima (e terza) invocazione e alla secon-da. L’uso di tale tecnica provoca, però, degli urti dissonanti in
44 Si rimanda, naturalmente, a F. A. Gallo, Cantus planus binatim. Polifoniaprimitiva in fonti tardive. Firenze BN, II XI 18, Washington LC, ML 171 J 6,Firenze, BN Pal. 472, in «Quadrivium», VII, 1966, pp. 79-89.
terzultima e penultima sede con moto parallelo delle parti, checomunque, secondo l’opinione di Lütolf (per altro assolutamentecondivisibile), venivano risolti diversamente al momento dell’ese-cuzione. L’idea di base è presente nel Sanctus di Acq 1, ma risoltain maniera, per così dire, più raffinata; la voce discantistica con-trappunta il primo (e il terzo) Sanctus con materiale ricavato dallaseconda invocazione, ma opportunamente variato e adattato, purnell’applicazione di un principio elementare. Un altro buon esem-pio di scambio tra le voci non meccanico si ha confrontando«vitae dator» con «Sabaoth», o con il primo Osanna, o con «Quivenit», tra loro identici o quasi:
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E proprio l’idea di varietà sembra essere spesso tenuta presenteanche quando assistiamo, nel canto liturgico, prevalentemente incorrispondenza delle farciture testuali, alla riproposizione di frasiidentiche o minimamente differenti. La melodia del primo e terzoSanctus, ad esempio, è utilizzata identica per «speculum lucis» eaumentata di una nota iniziale per «fons luminis» (oltre che per«amborum consimilis», che prevede l’aggiunta di una formulaulteriore); la voce aggiunta è certo sempre la stessa, ma mai com-pletamente identica se non, ovviamente, per i due Sanctus. Anche
la formula cadenzale Sib-La-Sol-Fa, che conclude gran parte dellefrasi nel canto, e normalmente contrappuntata con il disegno Sib-La-Sib-Do, viene in un caso variata dal discanto con il disegnotutto ascendente Sol-La-Sib-Do. Al contrario, non mancano casiin cui si ha la ripetizione della medesima linea del discanto inoccasione di identiche frasi del canto, come in «Sabaoth» – «quivenit» o in «gloria tua» – «benedictus», oltre al terzo Sanctus.
Si noti, infine, come il moto contrario venga adoperato percreare delle vere e proprie melodie rigorosamente a specchio tracanto e discanto:
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Esempi di questo tipo sono presenti, ad esempio, nelle composi-zioni di Ivr 68, e nelle lectiones in modo particolare, che, insiemea quelle di Bo 11, rappresentano i modelli compositivi più vicinial Sanctus di Acq 1.
Come anticipato più volte, l’ultimo Osanna si differenzia dalresto della composizione per la sua particolare struttura composi-tiva. Sulla «O» di Osanna vi è un disegno di sette note compostoda tre distrofe discendenti per grado ed una nota isolata, ripetutotre volte su Fa, Mi e Re e chiuso da un melisma pure di sette noteche cadenza su Do; questo nel canto. Nella voce di contrappuntovi sono movimenti ornamentali procedenti per grado congiunto eper salto con un numero maggiore di note in rapporto al canto; èquindi ovvio che, in tale situazione, vi siano più situazioni disso-nanti di quanto fossero presenti precedentemente. L’allineamen-to, come sempre accade in situazioni del genere, è assai imperfet-to; per di più, le linee verticali sembrano aggiunte successivamen-te, e in qualche maniera, per separare tra di loro i gruppi di settenote del canto, il che crea necessariamente delle situazioni disso-nanti che paiono, francamente, ingiustificate in rapporto allo stiledel Sanctus:
la proposta presentata nell’edizione (Appendice n. 3) è, pertanto,assolutamente ipotetica nel suo tentativo di far corrispondere leconsonanze tra le due voci e di intendere le dissonanze solo comenote di passaggio, come nel resto della composizione. Sembraevidente che in questa prima parte dell’ultimo Osanna il Si debbaessere spesso naturale, anziché bemolle. Riprendendo le parole diEggebrecht, «si tratta di un sussidio, di una proposta d’interpre-tazione per l’esecutore, e questi, assumendosene la responsabilità,può sempre intervenire con ulteriori cambiamenti»45.
45 H. H. Eggebrecht, Musica in Occidente dal Medioevo a oggi (ed. or. Musikin Abendland. Prozesse und Stationen vom Mittelalter bis zur Gegenwart, München,Piper, 1991), Firenze, La Nuova Italia, 1996, p. 96.
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Nel seguito la situazione è meno confusa rispetto all’iniziale, ei margini di arbitrarietà sono meno evidenti; se la mia ipotesi disincronizzazione tra le due voci viene accettata, si noterà la con-clusione sull’ottava, raggiunta da una sesta maggiore, in rapportoall’ultima nota del canto, mentre il discanto esegue un’ampia fio-ritura melismatica che termina, ancora una volta, sulla quinta.Nulla impedisce che, in sede esecutiva, il discanto attacchi la suafioritura melodica insieme alla prima delle due note del canto, conla quale si pone di rapporto di tono, e attenda la risoluzionesull’unisono prima di proseguire:
Come abbiamo mostrato in precedenza, anche nel Sanctus diBo 11 vi è un melisma conclusivo, ma assai più semplice di questo.Tale modo di procedere in ultima sede ci riporta, ancora unavolta, ai trattati di discanto dei secoli XII e XIII (ma anche alquinto «modus organizandi» di Ad organum faciendum), in cui sidice talvolta che il rigido andamento nota contro nota può esseremitigato da un melisma in penultima o in ultima sede:
Et hoc etiam omni cura maximaque cautela cavendum est, ne discan-tus plures punctos habeat quam cantus, quia aequali punctorum numeroambo debent incidere. Sed si forte in fine clausulae in ultima aut penul-tima dictionis sillaba, ut discantus pulchrior et facetior habeatur et abauscultantibus libentius audiatur, aliquos organi modulos volueris admi-scere licet facere, quamvis natura hoc non velit auferre, aliud enim di-scantus aliud enim organum esse conoscitur46.
Nella polifonia di ambito francese settentrionale e aquitano ilmelisma finale, spesso assai ampio, si trova normalmente in penul-tima sede; bisognerebbe indagare se la sua collocazione sull’ulti-ma sillaba sia una caratteristica della polifonia italiana, derivataprobabilmente dalla prassi monodica.
46 Si tratta del cosiddetto ‘Trattato De La Fage’, cap. XIV «De discantusimplici»; ed. in A. Seay, An Anonymous Treatise from St. Martial, in «AnnalesMusicologiques», V, 1957, pp. 7-42. Su tale trattato cfr. S. Fuller, An AnonymousTreatise dictus de Sancto Martiale: A New Source for Cistercian Music Theory, in«Musica Disciplina», XXXI, 1977, pp. 5-30; H. H. Eggebrecht, Die Mehrstimmig-keitslehre bis zum 12. Jh., in Die Mittelalterliche Lehre von der Mehrstimmigkeit,Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1984 (Geschichte der Musik-theorie, 5), pp. 9-87: 58-62; Id., Musica in Occidente cit., pp. 51-55.
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La sostanziale assenza della melodia liturgica, o almeno la suanetta trasformazione, la varietà degli intervalli tra le due parti e lavivacità ritmica conseguente, data dal discanto in quanto presu-mibilmente subordinata all’andamento planus, tendenziamenteisocrono, del canto, fanno di questo secondo Osanna una vera epropria coda bivocale, in cui l’aspetto melodico sembra seconda-rio rispetto a quello ritmico-contrappuntistico, anche se non men-surale in senso stretto. Anche se scritte in rapporto alle questioniesecutive dell’organum duplum parigino, quanto mai opportune eadattabili al secondo Osanna del Sanctus di Acq 1, mi sembrano,ancora una volta, le considerazioni di Eggebrecht, che desideria-mo riportare integralmente:
Mi sembra che “lasciare aperto” il parametro tempo corrispondaottimamente a questo genere di musica; ad esso è ancora sostanzialmenteestranea – come mostrano, su altri livelli, le costanti rielaborazioni, ag-giunte, eliminazioni, sostituzioni – la notazione vincolante, “autentica”,legata al nome di un compositore. In quest’arte del melisma e della suanotazione ha poco senso cercare un concetto di ritmo caratterizzato dalladefinizione univoca e dai valori proporzionati, quanto cercarvi il piùtardo concetto di composizione in genere. L’esecutore del duplum, ilcantor, in quanto “solista”, plasma la linea fondamentale prescritta dal-l’organizator o dal notator in rapporto alle durate dei suoni, all’accelera-zione e al rallentamento del flusso, all’inizio e alla conclusione, ai modid’attacco, all’articolazione e alle pause, e lo fa ad hoc in base a proprievalutazioni, liberamente, come improvvisando, quasi componendo an-ch’egli. La “composizione” esiste solo nell’effetto congiunto del notatore del cantor, nell’atto dell’esecuzione47.
Non sono a conoscenza di altre composizioni liturgiche italia-ne dei secoli XII-XIV (ma anche successive) appartenenti allacosiddetta polifonia ‘semplice’ che presentino una tale situazione,meritevole di sottolineatura non tanto per i rapporti intervallaricreati tra le due voci, quanto per l’inserimento, nella strutturaoriginaria, di una sezione probabilmente nata fin da subito comepolifonica, la cui funzione sembra essere quella di un autentico
47 Eggebrecht, Musica in Occidente cit., p. 96. Per le questioni legate allaquestioni ritmo palese o latente, riguardante anche problemi di classificazione ditale repertorio, desidero rimandare a tre contributi contenuti nel volume piùvolte citato Le polifonie primitive in Friuli e in Europa che espongono punti divista diversi, anche se in qualche modo complementari, ovvero M. Bent, TheDefinition of simple Polyphony. Some Questions, pp. 33-42; R. Strohm, Polifoniepiù o meno primitive. Annotazioni alla relazione di base e nuove fonti, pp. 83-98,e L. Treitler, Cantus planus binatim in Italy and the Question of Oral and WrittenTradition in General, pp. 145-161. Si veda anche il recentissimo contributo di A.Rusconi, La polifonia semplice: alcune osservazioni, in «Musica e storia», XI,2003, pp. 7-50: 21-36 e 42-50.
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tropo di sostituzione solo e soltanto musicale, per di più a duevoci. Si potrebbe forse accostare l’«Amen» del Gloria conservatoin Gu O, fatto conoscere da Strohm48 ed edito da Gallo e vonFischer49, che comunque, oltre ad essere in notazione mensurale,si presenta sì ampio (18 misure) e ritmicamente vivace, ma menoelaborato nel rapporto che si crea tra le due voci (l’esempio è nellatrascrizione di Gallo-von Fischer)50:
48 R. Strohm, Neue Quellen zur liturgischen Mehrstimmigkeit des Mittelal-ters in Italien, in «Rivista Italiana di Musicologia», I, 1966, pp. 77-87. Facsimilein Gallo-Vecchi, tavv. XC-XCIII, e in Ciliberti, Musica e liturgia cit., tavv. 47-60.
49 Italian Sacred Music, ed. by K. von Fischer and F. A. Gallo, Monaco,Oiseau-Lyre, 1976 (Polyphonic Music of the Fourteenth Century, 12), pp. 2-4 e103.
50 Sui rapporti tra polifonia ‘d’arte’ e polifonia ‘semplice’ rimando soltantoal recentissimo contributo di F. Facchin, Polifonia d’arte: polifonisti del Trecentoitaliano e polifonia semplice, in Polifonie semplici cit., pp. 107-119; allo stessostudioso si deve un’utile rassegna bibliografica che si occupa anche di questiaspetti: Le fonti di polifonia trecentesca italiana alla luce degli ultimi ritrovamenti,in «Fonti Musicali Italiane», II, 1997, pp. 7-35.
51 Rankin, Between Oral and Written cit., p. 86.
Non credo assolutamente che si tratti di un caso isolato; inpaese così ricco di patrimonio musicale come il nostro, per quantotroppo spesso trascurato proprio da chi dovrebbe con maggiorcura conservarlo e renderlo fruibile ai ricercatori, prima o poirivedrà la luce qualche altro esempio analogo, magari sotto formadi frammento. Per il momento, sembra essere l’unico; e, alla con-clusione di questo contributo, desidero ricordare quanto SusanRankin scrive a proposito delle composizioni polifoniche conte-nute in As 5, sottoscrivendolo pienamente ed estendendolo ancheal Sanctus di Acq 1:
the writer must have perceived the piece as having sufficient value to beincluded within the main text of an antiphoner, and therefore wrote itdown as formally as he would a piece of Gregorian chant in the samebook51.
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Acqui Terme, Biblioteca del Seminario, ms I, c. 189r
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Acqui Terme, Biblioteca del Seminario, ms I, c. 190r
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Acqui Terme, Biblioteca del Seminario, ms I, c. 198r
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SUMMARY
The Gradual-Troparium-Sequentiarium-Kyrial preserved in AcquiTerme’s Biblioteca del Seminario with the signature Ms. I, till now al-most unknown, is a manuscript assigned to the first half of the XIIIthcentury and of an uncertain geographical origin; nevertheless the musicalnotation and the tradition at least of the twenty five sequences place it inthe North-western Italian area, while it is difficult to identify the scripto-rium, certainly not peripheric but very specialistic, with clever copystsand experienced illuminators.
At first the essay analyses two sequences of special interest for va-rious aspects concerning the textual and musical tradition. The sequenceRex nostras Christe, originally of western France with the melody of thenotkerian Congaudent angelorum chori and hand down by a Xth centuryMünich’s manuscript, appears also in the Italian area in two differentversions, the Bobbio’s one represented by codexes F IV 18 e G V 20 ofTurin’s Biblioteca Nazionale Universitaria, and the beneventan one, te-stified by codexes 38, 39 e 40 of Benevento’s Biblioteca Capitolare. Evenif the textual tradition of the Acqui Terme’s codex has some links withthe first version, it is much more near to the second one, as the variantsand particularly the doxology demonstrate.
The sequence In honore Marie, with the melody of Victimæ paschalilaudes, has only a textual concordance in the Turin’s codex F IV 18. Bothappears as a successive addition to the compilation of the manuscript. Inthis case much more obvious results the link between the Acqui Terme’ssource and the Bobbio’s monastery, the only one in which the sequenceIn honore Mariae was sung, anyway without forgetting the absence or themissing of Bobbio’s manuscripts of the first half of the XIIIth century.
Another interesting element is a later addition, presumibly of thesecond half of the XIIIth century, containing the trope of the SanctusOmniparens, probably Aquitanian, here testified in a little different tex-tual version and setting for two voices. It is an unknown composition,which comes to be a new witness of the XIIIth century Italian polyphony.Important details of the Sanctus are: the interval of fifth, which calls tomind the discantus quintizans; the structural use of the contrary motion;the unmechanical employment of the Stimmtausch, and the large finalcode on the last Osanna. The integration between the two voices createsa real cantus planus binatim, not intended as an execution of two voices,but as the result of a bivocal projection of the liturgical melody.
In spite of single elements in common with many compositions of theXIIth-XIIIth centuries Italian liturgical repertory in simple polyphony,as the Sanctus of Bologna’s Civico Museo Bibliografico Musicale ms. Q11, on the whole the result seems inedited and deserving to be moreinvestigated.