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56 Rivista Biellese Simone Riccardi Un dipinto in cerca d’autore L a pala cinquecentesca dell’altar maggiore della chiesa vecchia di San Germano a Tollegno, ora conservata alla Galleria Sabauda, pone alcuni problemi di attribuzione. L’in- treccio cronologico e stilistico con il Maestro di Ciriè La varietà e la complessità della pittura a Biella nei primi tre decenni del Cinquecento sono cose ormai note, così come la presenza, a partire dagli anni Quaranta, di Bernardino Lanino, di Boniforte Oldoni e, in minor mi- sura, di Giuseppe Giovenone il Giovane, rap- presenta una scelta stilistica ben chiara e di fatto definitiva da parte dei committenti. Tra le opere di sicura provenienza biellese vi è un polittico ora alla Galleria Sabauda di Torino (n. inv. 1062, cm. 262 x 207), un poco trascurato dalla critica, con al centro una Ma- donna col Bambino sotto un baldacchino ed ai lati rispettivamente a sinistra san Germano nell’atto di presentare il committente e a de- stra sant’Eusebio, come indicato anche dalle iscrizioni sulla cornice, mentre nel registro superiore, a mezza figura, sono raffigurati san Giovanni Battista e san Martino e il povero; infine nella predella sono rappresentate le sto- rie di un santo vescovo, che come vedremo va riconosciuto in san Germano. Il polittico proviene con certezza dall’al- tare maggiore della vecchia parrocchiale di San Germano a Tollegno e venne acquistato nel novembre 1870 da Federico Rosazza Pisto- let per la sua collezione privata, attraverso l’importante mediazione di Giuseppe Maffei, al prezzo di 1500 lire, cui si aggiunsero 600 lire per il restauro piuttosto pesante effettuato dal Buccinelli e 245 lire date all’indoratore e corniciaio Fagiani, oltre alla somma dovuta al Maffei stesso per la commissione. 1 Il polittico, dopo essere stato depositato presso il santua- rio di San Giovanni d’Andorno, nel 1880 fu collocato da Federico nella parrocchiale di Rosazza 2 insieme ad altri quattro dipinti «i quali continueranno ad essere di sua assoluta ed esclusiva proprietà con facoltà di poterli ritirare esso e suoi eredi a piacimento», con atto del 17 settembre 1880 rogato dal notaio Giovan Battista Jon Scotta. 3 Il 19 aprile 1974
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Un dipinto in cerca d’autore, in “Rivista Biellese”, anno XIV, n. 4, 2011, pp. 56-65

Mar 13, 2023

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Rivista Biellese

Simone Riccardi

Un dipinto in cerca d’autore

La pala cinquecentesca dell’altar maggiore della chiesa vecchia di San Germano a Tollegno, ora conservata alla Galleria Sabauda, pone alcuni problemi di attribuzione. L’in-treccio cronologico e stilistico con il Maestro di Ciriè

La varietà e la complessità della pittura a Biella nei primi tre decenni del Cinquecento sono cose ormai note, così come la presenza, a partire dagli anni Quaranta, di Bernardino Lanino, di Boniforte Oldoni e, in minor mi-sura, di Giuseppe Giovenone il Giovane, rap-presenta una scelta stilistica ben chiara e di fatto definitiva da parte dei committenti.

Tra le opere di sicura provenienza biellese vi è un polittico ora alla Galleria Sabauda di Torino (n. inv. 1062, cm. 262 x 207), un poco trascurato dalla critica, con al centro una Ma-donna col Bambino sotto un baldacchino ed ai lati rispettivamente a sinistra san Germano

nell’atto di presentare il committente e a de-stra sant’Eusebio, come indicato anche dalle iscrizioni sulla cornice, mentre nel registro superiore, a mezza figura, sono raffigurati san Giovanni Battista e san Martino e il povero; infine nella predella sono rappresentate le sto-rie di un santo vescovo, che come vedremo va riconosciuto in san Germano.

Il polittico proviene con certezza dall’al-tare maggiore della vecchia parrocchiale di San Germano a Tollegno e venne acquistato nel novembre 1870 da Federico Rosazza Pisto-let per la sua collezione privata, attraverso l’importante mediazione di Giuseppe Maffei, al prezzo di 1500 lire, cui si aggiunsero 600 lire per il restauro piuttosto pesante effettuato dal Buccinelli e 245 lire date all’indoratore e corniciaio Fagiani, oltre alla somma dovuta al Maffei stesso per la commissione.1 Il polittico, dopo essere stato depositato presso il santua-rio di San Giovanni d’Andorno, nel 1880 fu collocato da Federico nella parrocchiale di Rosazza2 insieme ad altri quattro dipinti «i quali continueranno ad essere di sua assoluta ed esclusiva proprietà con facoltà di poterli ritirare esso e suoi eredi a piacimento», con atto del 17 settembre 1880 rogato dal notaio Giovan Battista Jon Scotta.3 Il 19 aprile 1974

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ottobre 2011Pittore piemontese, Polittico di San Germano,

1535 ?, Torino, Galleria Sabauda(su concessione del Ministero per i Beni

e le Attività Culturali)

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gli eredi del senatore Rosazza chiesero il per-messo di ritirare il polittico, autorizzazione concessa dalla Soprintendenza il 20 maggio dello stesso anno.4 Nel frattempo, il 24 aprile veniva rogato dal notaio Roberto Pozzo di Biella il verbale di assenso alla rimozione dei dipinti «pur con rincrescimento» da parte della chiesa parrocchiale di Rosazza e del suo Consiglio di amministrazione.5 Gli eredi del senatore vendettero poi con atto del 21 otto-bre 1981, rogato presso lo Studio Notarile Mi-cheli di Parma, sia il polittico in questione per un valore di ottanta milioni di lire, sia quello di Defendente Ferrari, il cui valore fu stimato in duecento milioni, alla Banca del Monte di Parma; lo Stato italiano esercitò in entrambi i casi il diritto di prelazione secondo i termini di legge con un decreto del 27 novembre 1981, acquisendo quindi le due importanti opere, che vennero assegnate alla Galleria Sabauda il 9 febbraio 1982.6

Come detto, il polittico di San Germano non ha avuto una grande fortuna critica, e quando venne depositato nella parrocchiale di Rosazza alla fine dell’Ottocento godeva di una complessa attribuzione: la tavola centrale era assegnata a Cesare da Sesto, mentre le due laterali e la predella a Girolamo Giovenone e infine le due tavole del registro superiore a Bernardino Lanino. Tale opinione è registrata anche negli inventari della collezione di Fede-rico Rosazza,7 ed era sorprendentemente con-fermata anche dal Roccavilla (1905), che ne pubblicava anche la prima riproduzione foto-grafica nel volume l’arte nel Biellese.8 Il dipinto è citato da Lebole (1962) come opera di scuola vercellese9 e viene attribuito senza ulteriori motivazioni a Bernardino Lanino da Torrione e Crovella (1963).10 In seguito è stato a lungo

dimenticato, fino all’inizio degli anni Ottanta del Novecento, quando fu sottoposto ad un primo restauro a cura di Gianluigi Nicola. In tale occasione venne avanzato il nome di Giu-seppe Giovenone il Vecchio,11 ribadito in se-guito dalla Tardito Amerio (1984),12 ma non accettato da Santanera (1982),13 che propo-neva una identità di mano con il pittore cui si deve la pala in San Giacomo a Biella, con la Madonna col Bambino, un santo vescovo e san Girolamo, ora attribuita al Maestro della Incoronazione della Vergine, ma di cui non conosciamo con certezza la sua sede origina-ria.14 Nello stesso anno veniva pubblicato inol-tre il quarto volume delle Schede Vesme, in cui il polittico è ricordato come «Dipinto della scuola di Gaudenzio Ferrari».15 Successiva-mente Delmo Lebole (1989) ricorda che nel 1598-1599 furono pagati a «m.r Efraym depin-ctor che ha aconzato la detta anchona» set-tanta fiorini, dopo il ricollocamento della pala nel coro della chiesa di San Germano di Tol-legno riedificata in quegli anni, sottolineando il ruolo dei Bertodano come committenti della pala e accettando l’attribuzione a Giuseppe Giovenone il Vecchio,16 mentre Paola Astrua (2000), in seguito ad un secondo intervento di restauro a cura di Nicola Restauri srl nel 1996, giustamente evidenziava il problema posto dalla data apocrifa apposta ai piedi del trono della Vergine, forse da leggersi 1535, corretto in 1532, e sulla «reciproca familiarità» e sulle «coerenti seppur non del tutto omologhe in-tonazioni cromatiche» con il polittico dipinto da Fermo Stella per Domenico Provana collo-cato sull’altare di famiglia nella chiesa di Santa Chiara a Carignano.17 Il dipinto era poi elen-cato in un piccolo volume dedicato alle opere di scuola piemontese presenti alla Galleria

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Sabauda con l’attribuzione a Fermo Stella se-guito da un punto interrogativo,18 e oggi è esposto con questa seppur dubbia attribu-zione. Tale opinione non è stata condivisa da Giulia Ghisio (1999-2000), la quale riconosce il committente in Bartolomeo Bertodano.19 In tempi più recenti vanno ricordate le voci di Gianni Valz Blin (2006), che definisce il po-littico «di non risolta attribuzione»,20 e quella di Giovanni Romano (2008), che di fatto parla di una «attribuzione in sospeso, ma che meri-terà un approfondimento anche in funzione della fortuna stilistica tra Torino e Biella del Maestro del polittico di Ciriè».21

Prima di avventurarsi in una complessa analisi stilistica, mi pare utile soffermarsi sulla descrizione delle quattro storie della predella dedicate a san Germano:22 la prima scena è composta da due parti, il vescovo di Auxerre Amatore invita con un pretesto Germano in chiesa e nella seconda parte – quella princi-pale – lo tonsura e gli predice che sarebbe succeduto a lui come presule della città. Nel secondo scomparto Germano, seguito da va-rie persone, entra in una stanza in cui vi è una tavola apparecchiata dove i commensali sono donne e uomini dai piedi palmati e provvisti di corna. Si tratta dell’episodio in cui Ger-mano, ormai vescovo, ospite un giorno in una casa, notò che dopo la cena i proprietari appa-recchiavano la tavola una seconda volta, e stu-pito ne chiese il motivo. Gli ospiti risposero che stavano preparando per quelle buone si-gnore che giungevano di notte. Rimanendo egli sveglio tutta la notte vide arrivare una folla di demoni in forma umana che si avvici-narono a quella mensa; Germano quindi chiese ai proprietari chi fosse tutta quella gente, ed essi gli risposero che erano i vicini

di casa. Dopo essere andato a visitare le loro dimore, e trovandoli tutti addormentati nei loro letti, costrinse a questo punto i proprie-tari a confessare la verità, cioè che erano effet-tivamente dei demoni. Nella terza scena è raffigurata la vicenda della visita di Germano alla tomba di san Cassiano ad Autun: la vi-cenda narra come Germano rivolse a Cassiano una domanda sulle sue condizioni, e dalla tomba, al cospetto di tutti, Cassiano rispose di godere di un dolce riposo e di attendere solamente l’arrivo del Redentore. Nell’ultimo episodio, Germano pone sul capo di un uomo e di una donna una corona, mentre allontana una coppia vestita regalmente; in questo caso la scena rappresenta l’episodio in cui al ve-scovo, mentre predicava contro l’eresia in Bre-tagna, venne negata l’ospitalità dal re di quella terra; il guardiano dei porci del re, tornando dal palazzo dove aveva ritirato il suo salario, vide Germano e i suoi compagni affamati ed infreddoliti e li fece entrare nella sua casa e uccise per loro l’unico vitello che possedeva. Dopo aver fatto rivivere il vitello, il vescovo tornò dal re e gli chiese perché avesse negato loro ospitalità il giorno precedente, ma dal momento che non ricevette risposta gli ordinò di lasciare il paese e nominò re e regina di Bretagna il porcaio e sua moglie.

La provenienza certa del polittico dall’al-tare maggiore della antica chiesa di San Ger-mano a Tollegno e la presenza di un commit-tente hanno indotto giustamente la critica a collegare l’opera ad un probabile intervento della famiglia Bertodano, la quale con Pietro, conte palatino, ottenne in feudo nel 1422 Tol-legno e Miagliano.23 Lo stesso Pietro eresse anche una cappella nella chiesa di San Dome-nico al Piazzo di Biella intitolata a San Pietro

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Martire, che venne raffigurato, come ricorda il Coda nel Seicento, su una vetrata della cap-pella, e infine lasciò molti legati in beneficio a questa chiesa nel suo testamento del 1435.24 All’inizio del Cinquecento il diritto di patro-nato del capitolo di Santo Stefano di Biella sulla chiesa di San Germano a Tollegno si indebolì e nel 1524 il vescovo di Vercelli Ago-stino Ferrero conferì direttamente la parroc-chia a Nicolino de Bagliono di Mezzana Mor-tigliengo; tuttavia il reddito della chiesa era di soli 24 ducati d’oro annui, del tutto insuf-ficiente a mantenere un rettore. Per ovviare a questa situazione Bartolomeo Bertodano si offrì di raddoppiare il beneficio parrocchiale riservandosi però il diritto di patronato. Tale proposta venne di fatto accolta e resa manife-sta con una importante bolla pontificia di Clemente VII del 16 giugno 1531, nella quale appunto il pontefice concede il diritto di pa-tronato «tibi ac tuo Primogenito masculo, ac ipsius tui Primogenito filio et sic successive de primogenito masculo in primogenitum ma-sculum de tua agnatione de Bertodanis».25 Nel documento inoltre si precisa che i Berto-dano avevano anche il diritto di nominare il parroco di Tollegno, ed infatti nel 1531 fu nominato Giovannino Bertodano, canonico del capitolo di Santo Stefano di Biella, che resse la chiesa di San Germano per oltre trent’anni e vi rinunciò nel 1565; morì poi a Biella il 29 luglio del 1572.26 È del tutto plau-sibile che proprio in occasione di un episodio così importante come il conferimento dello juspatronato la chiesa abbia subito anche un ammodernamento ed è probabile che l’altare maggiore sia stato dotato del polittico in que-stione; ne consegue che il committente va ri-conosciuto con grande probabilità proprio in

Polittico di San Germano, particolare: san Germano presenta il committente(su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

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Bartolomeo di Ludovico Bertodano. Questo ragio-namento trova per altro una labile conferma nella data iscritta sul dipinto, sia essa da leggersi 1532 o 1535, la quale pur apocrifa potrebbe ricordarne una autentica ora perduta.

Dal punto di vista stili-stico va certamente riba-dita la omogeneità interna al polittico, che spetta in-teramente ad un unico pittore. La recente pubblicazione di una monografia dedicata a Fermo Stella e la esclusione del dipinto biel-lese dalle opere autografe del pittore lombardo inducono a qualche ulteriore considerazione. L’avvicinamento del polittico al pittore di Ca-ravaggio, a lungo anche attivo in Piemonte, è certamente dovuto alla pala di quest’ultimo datata 1533 e dipinta per la cappella di San Giovanni nella chiesa di Santa Chiara a Cari-gnano, di patronato dei Provana.27 In quest’opera infatti il pittore lombardo si allon-tana sensibilmente dalla sua produzione pre-cedente e, come ha esemplarmente ricono-sciuto Giovanni Romano, pare «simulare una pala defendentesca moderna, che in data 1533 significa piuttosto una pala del cosiddetto Pseudo-Giovenone».28 Le motivazioni di que-sto atteggiamento stilistico sono certamente molteplici, dalla volontà di Fermo di ritagliarsi uno spazio nel Piemonte occidentale, non toc-cato dalla maniera moderna gaudenziana e ancora ben radicato nella tradizione defen-dentesca o più generalmente di estrazione spanzottiana, alla volontà dei Provana, già le-gati allo stesso Defendente, se si accetta la

provenienza dell’Adorazione di Berlino dalla cappella di patronato di questa famiglia nel Duomo di Torino29. Tuttavia vanno sottoline-ate anche le differenze tra la pala Provana di Fermo Stella e il polittico di Tollegno: in primo luogo il pittore lombardo sceglie di di-pingere una pala a scena unica, mentre nel caso biellese viene impostato un più tradizio-nale polittico, analogo come schema a quello del Maestro della Incoronazione della Ver-gine, già in San Francesco a Biella e ora al Museo del Territorio,30 oppure a quello del Maestro del Polittico di Ciriè in San Giovanni a Ciriè.31 Alcune caratteristiche stilistiche poi appaiono piuttosto estranee a Fermo Stella, come ad esempio i piviali dei due vescovi ri-camati con ricche decorazioni floreali, i ferma-gli in pastiglia dorata a rilievo e le mitrie de-corate con pietre preziose incastonate che ri-tornano nel bordo del piviale di sant’Eusebio, ravvivato da piccole pennellate parallele di colore. Non è forse casuale che alcune di que-ste peculiarità ritornino nella figura di san Biagio in una pala di Fermo Stella datata 1536, proveniente dalla chiesa di San Giovanni a Carignano ed ora in deposito da parte della

Polittico di San Germano, particolare della predella:

san Germano e il banchetto dei demoni (su concessione del Ministero per i Beni

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Pinacoteca di Brera al Museo Valtellinese di Arte e Storia di Sondrio.32 Allo stesso modo la veste del committente con le lunghe e pro-fonde pieghe appare inamidata, quasi irrigi-dita, lontana dai più dolci panneggi dei perso-naggi del pittore caravaggino. Pur ipotizzando un estremo e per certi versi radicale tentativo di mimesi di questi, per altro in seguito mai più riproposto a tale livello, e quindi già di per sé dubbio, anche allo scrivente riesce difficile accettare in modo sereno la attribuzione del polittico proveniente da Tollegno a Fermo Stella, e invece appare più congruo valutare altre ipotesi in direzione più specificatamente piemontese. In attesa che si sciolga una volta per tutte il complesso rebus della tarda attività di Spanzotti, sta emergendo come protagoni-sta della pittura nei territori sabaudi del terzo e quarto decennio del Cinquecento una figura come il Maestro del polittico di Ciriè, le cui componenti culturali appaiono rivolte tutte verso il Piemonte occidentale e a cui non sono estranee talvolta influenze nordiche. La pre-senza di questo pittore nell’abbazia benedet-tina di Muleggio presso Vercelli con due ta-vole oggi conservate ai Musei Civici di Torino

(inv. n. 104; 459 D e 461 D), una con i santi Ge-rolamo e Giovanni Gualberto con devoto e l’altra con santa Elisa-betta e san Giovannino e una devota, datata 1535,33 amplia il raggio d’azione di questi anche al Vercellese, oltre che alla zona torinese con la Madonna e angeli della parrocchiale di Villar

Bagnolo,34 la Madonna e santi della parroc-chiale di Coassolo35 e la predella datata 2 mag-gio 1529 pubblicata dalla Griseri come opera di Pascale Oddone.36 Al catalogo del pittore appartiene anche un trittico ricostruito di re-cente con un san Tommaso, già al Metropoli-tan Museum di New York, una sant’Elena di collezione privata e santa Caterina d’Alessan-dria conservata allo Städelches Kunstinstitut di Francoforte.37 Grazie alla cortesia di Vitto-rio Natale, a queste opere posso aggiungere alcuni affreschi nella chiesa della Madonnina di Caselle con una Crocifissione, San France-sco, un santo vescovo, una Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Ber-nardo (?), e infine i santi Sebastiano, Antonio Abate e Cristoforo. Il polittico di Tollegno appare legato indubbiamente alla stessa tem-perie culturale del Maestro di Ciriè, tuttavia l’incerta data del polittico oggi alla Sabauda lascia aperti alcuni interrogativi; infatti, se si accetta una lettura 1535, tale data coincide-rebbe con quella inscritta su una delle tavole di Muleggio e con quella del polittico di Ciriè, opere che dal punto di vista stilistico si alline-ano con qualche difficoltà allo stesso anno.

Polittico di San Germano, particolare della predella: tonsura di san Germano(su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

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Per certi versi il polittico biellese pare meglio legarsi al trittico recentemente ricostruito e di ignota provenienza, databile alla fine del terzo decennio o all’inizio di quello successivo. Si confrontino i volti di san Tommaso o della sant’Elena con quello del san Giovanni Batti-sta proveniente da Tollegno. Ci sarà tempo comunque per mettere meglio a fuoco questo complesso intreccio di cronologia e stile, tut-tavia vale la pena di riflettere sul fatto che una scelta stilistica come questa operata dai Ber-todano si inserisce perfettamente nell’ambito delle committenze biellesi degli anni Venti e del primo lustro degli anni Trenta del Cinque-cento. Si pensi al coro dipinto per San Gero-lamo di Defendente Ferrari datato 1523,38 alla pala dello Pseudo Giovenone, già sull’altare di San Bonaventura in San Francesco a Biella,39 colla quale il polittico di San Germano sem-bra dialogare molto bene, fino ad arrivare agli affreschi di chiara impronta defendentesca, anche se non di altissima qualità, della cap-pella a sinistra dell’altare maggiore della par-rocchiale di Benna, dove è raffigurata una Trinità nella parte centrale, affiancata dalle sante Apollonia e Lucia nella parete sinistra e dai santi Antonio Abate e Pietro in quella di destra, mentre nella lunetta è dipinta una Ma-donna col Bambino e angeli che reca data 1535.40 Queste scelte figurative «strettamente filo-sabaude» nel giro di pochi anni verranno meno, superate dalla nuova corrente moderna di matrice gaudenziana, che avrà nel Gero-lamo Giovenone maturo e soprattutto in Ber-nardino Lanino i nuovi protagonisti.

Un particolare ringraziamento a Vittorio Natale, Gianni Valz Blin, Daniela Patrignani e Paola Astrua.

Abbreviazioni

AGSBASP Archivio Generale della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici del Piemonte

ASB Archivio di Stato di BiellaASV Archivio di Stato di VercelliAFFPP Archivio della Fondazione Famiglia

Piacenza a Pollone MGH Monumenta Germaniae Historica

Note

1 Si conserva una lettera di Federico Rosazza a Giuseppe Maffei del 22 novembre 1870, in cui scrive di aver spedito 1500 lire per l’acquisto del polittico (AFFPP, Fondo Federico Rosazza, Carteggio, m 27, f. 1); G. Valz Blin, Federico Rosazza Pistolet. Un filan-tropo biellese 1813-1899. Nel centenario della morte, Vigliano Biellese, 1999, p. 23.

2 Federico Rosazza si servì della collaborazione del fabbro ferraio Jacazio e del pittore Borrione; per queste notizie si veda A. Scalici, Federico Rosazza: collezionista e mecenate biellese, tesi di Laurea in Museologia e Storia del Collezionismo, Università di Parma, rel. Giuseppe Bertini, a.a. 1998-1999, pp. 50-51, 85.

3 ASB, Notarile, III versamento, notaio Gio Batta Jon Scotta, m. 346, anno 1880, ff. 434-435. Gli altri dipinti depositati sono una Vergine col Bambino di Guido Reni (1,83 x 1,51 cm.); una Madonna col Bambino e san Felice del Moncalvo (2,32 x 1,61 cm.); un san Sebastiano di Giulio Cesare Procaccini (1,84 x 2,35 cm.) e infine il trittico di Defendente Ferrari proveniente da Moncalieri ed ora pervenuto alla Galleria Sabauda (n. inv. 1061; 3,38 x 2,69 cm.). Si veda anche D. Lebole, Storia della Chiesa biellese. la Pieve di Biella, vol. V, Gaglianico, pp. 250, 253.

4 AGSBASP, faldone Eredità Rolla Rosazza.5 Archivio Privato.6 AGSBASP, faldone Eredità Rolla Rosazza.7 Il polittico compare al numero 18 e alla data del 31

dicembre 1870 dell’Inventario dei dipinti conservati nel castello di Rosazza e nell’alloggio di Torino, (AFFPP, Fondo Federico Rosazza, carte personali, mazzo 4, f. 4).

8 A. Roccavilla, l’arte nel Biellese, Biella 1905, p. 139 e fig. 203.

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9 D. Lebole, la Chiesa biellese nella Storia e nell’Arte, 2 voll., Biella, 1962, II, p. 121.

10 P. Torrione-V. Crovella, Il Biellese. Ambiente-Uomini-Opere, Biella 1963, p. 400.

11 Galleria Sabauda 150o anniversario (1832-1982): alcuni interventi di restauro, a cura di Rosalba Tardito Amerio, Torino 1982, pp. 56-59.

12 R. Tardito Amerio, la Galleria Sabauda, Torino 1984, p. 75.

13 O. Santanera, Il pittore Giuseppe Giovenone il Vecchio, in «Bollettino Storico Vercellese», XI, n. 18, 1982, p. 164.

14 Sull’argomento si veda V. Natale, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, a cura di Vittorio Natale, Biella 2003, pp. 41-47.

15 Schede Vesme. l’arte in Piemonte, vol. IV, Torino 1982, p. 1660.

16 D. Lebole, Storia della Chiesa biellese. la Pieve di Biella, vol. IV, Biella 1989, pp. 156, 180, 182. Per il momento non sappiamo nulla su chi sia il pittore che interviene nel 1598-1599; ricordo solo che un Efreym Oldoni è fratello del più noto Boniforte, ma di lui mancano notizie a partire dal 10 settembre 1569, tuttavia non conosciamo la data della sua morte. Essendo nato all’inizio degli anni Venti, non è impos-sibile che si tratti della stessa persona, ma per il momento si tratta solo di una labile ipotesi.

17 P. Astrua, Il riordinamento museale, in Galleria Sabauda, foglio giornale del 18 marzo 1997, s.i.p.; Ead., Scuole piemontesi dal XIV al XVI secolo, in P. Astrua-C. Spantigati, Galleria Sabauda. Guida breve, Milano 2000, p. 24.

18 la Galleria Sabauda. Scuole piemontesi dal XIV al XVI secolo, Torino 1997, p. 41.

19 G. Ghisio, la chiesa antica di San Germano a Tollegno: analisi per la conservazione. Indagine aperta sulla storia e sull’arte dell’edificio sacro dalle origini romaniche ai giorni nostri, tesi di Laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, rel. Laura Palmucci, a.a. 1999-2000, pp. 215-220.

20 G. Valz Blin, Rosazza: l’elevazione di un comune all’insegna dell’eclettismo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. l’Ottocento, a cura di Vittorio Natale, Biella 2006, p. 125.

21 G. Romano, Introduzione, in S. Facchinetti, Fermo Stella da Caravaggio, Caravaggio 2008, p. XI. Si veda inoltre M. Caldera, Fermo Stella, Bergamo 2009, p. 16.

22 Sulla figura di san Germano, P. Viard, Germano, in Bibliotheca Sanctorum, VI, Roma 1965, coll. 232-236. Per l’identificazione delle scene si veda J. da Varazze, legenda Aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Torino 1995, pp. 565-569. La vita di Germano d’Auxerre scritta da Costanzo di Lione è pubbl ica ta in MGH, Scr ip tores Rerum Merovingicarum, VII, p. I, Hannover-Leipzig 1919, pp. 247-283, ed è ripubblicata in Costance de Lyon, Vie de St. Germain d’Auxerre, par René Borius (Source Chretienne, vol. 112), Paris 1965.

23 Sui Bertodano si veda ASB, Centro Studi Torrione, Raccolta, m. 16, fasc. 17, G. A. Avogadro di Quaregna, Discorso Genealogico di casa Bertodano 1765; ASB, Centro Studi Torrione, Raccolta, m. 25, fasc. 6, Antichità di casa Bertodano, sec. XVII; ASB, Archivio Storico della Città di Biella, ser. I, m. 40, fasc. 65, Albero genealogico della famiglia Bertodano; ASB, Fondo Ferrero della Marmora, cass. XXII5, C.V. Ferrero della Marmora, Genealogie e memorie, sec. XVIII, vol. III, p. 18; ASV, T. Arborio Mella, Genealogie, vol. I, p. 338-339; G. Manno, Il Patriziato subalpino, vol. I, Firenze 1895, pp. 267-268; C. Poma, Un’antica ed ora estinta famiglia biellese. I Conti Bertodano di Tollegno, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», a. XII, f. 1, 1918, pp. 13-17; V. Sella, Origini della famiglia Bertodano, in «Rivista Biellese», a. IV, n. 5, 1950, pp. 16-19; può essere utile per comprendere i gusti letterari cinque-centeschi anche C. Poma, la libreria di un nobile biellese del 1596, in «Bollettino Storico Bibliografico Subalpino», a. XXXII, nn. III-IV, 1930, pp. 478-479.

24 C. A. Coda, Storia del Convento e della chiesa di San Domenico del Piazzo e delle famiglie nobili che ivi hanno sepoltura, 1649, in C. A. Coda, Il Ristretto e altre opere inedite di storia biellese, a cura di Pietro Torrione, Biella 1971, pp. 205-206; D. Lebole, Storia della Chiesa biellese. Ordini e congregazioni religiose, vol. II, Gaglianico 2004, p. 80.

25 D. Lebole, Storia della Chiesa biellese. la Pieve di Biella, vol. IV, op. cit., p. 150; D. Craveia-G. Ghisio, Tollegno: un affresco scomparso e un’antica formella, in «Studi e ricerche sul Biellese», bollettino DocBi 2002, p. 108.

26 D. Lebole, Storia della Chiesa biellese. la Pieve di Biella, vol. IV, op. cit., pp. 166-167; A. S. Bessone, I cinquecento canonici di Biella, Biella 2004, pp. 219-220.

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27 S. Facchinetti, Fermo Stella da Caravaggio, Caravaggio 2008, pp. 174-176.

28 G. Romano, Scheda 16, in Restauri in Piemonte 1968-1971, Torino 1971, pp. 52-53.

29 G. Romano, Sugli altari del Duomo nuovo, in Domenico della Rovere e il Duomo nuovo di Torino. Rinascimento a Roma e in Piemonte, a cura di Giovanni Romano, Torino 1990, p. 270; R. Contini, Scheda 30, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, a cura di Bruno Ciliento con Massimiliano Caldera, Savigliano 2005, p. 206.

30 Si veda in sintesi sul polittico di Biella V. Natale, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, op. cit., pp. 41-47.

31 G. Romano, Scheda 33, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, op. cit., p. 214.

32 S. Facchinetti, Fermo Stella da Caravaggio, op. cit., pp. 162-163; S. Sicoli, Un episodio di collezionismo: un dipinto di Fermo Stella in viaggio dal Piemonte alla lombardia, in Pulchrum: studi in onore di laura Meli Bassi, Sondrio 2009, pp. 59-68.

33 G. Romano, Scheda 33, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, op. cit., pp. 212-215.

34 O. Santanera, Il pittore Giuseppe Giovenone il Vecchio, op. cit., p. 147.

35 La si veda riprodotta in A. Cavallari Murat, lungo la Stura di lanzo, Torino 1972, p. 142.

36 A. Griseri, Una predella di Pascale Oddone, in «Studi Piemontesi», a. XXI, n. 1, 1992, pp. 131-132, ripor-tata poi nell’ambito del Maestro del polittico di Ciriè già da G. Romano, Scheda 33, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, op. cit., p. 214. Nella medesima scheda Romano ha giustamente attribuito allo stesso pittore anche la Madonna col Bambino già in San Silano a Romagnano Sesia e purtroppo

oggetto di un recente furto. Tale attribuzione è pie-namente condivisa da chi scrive in S. Riccardi, Scheda 2, in Divo Carolo. Carlo Borromeo pellegrino e santo tra Ticino e Sesia, a cura di Cinzia Lacchia e Francesco Gonzales, Novara 2010, p. 102.

37 Sulla ricostruzione di veda M. Natale, Un repertorio della pittura italiana dal ’300 al ’500. Istruzioni per l’uso, in Pittura italiana dal ’300 al ’500, a cura di Mauro Natale, Milano 1991, pp. 12-13; J. Sander, Italianische Gemälde im Städel 1300-1500. Oberitalien, die Marken und Rom, Mainz 2004, pp. 217-223; G. Romano, Scheda 34, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, op. cit., pp. 215-216.

38 Da ultimo V. Natale, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, op. cit., pp. 30-34.

39 P. Pivotto, la committenza artistica a Biella nella prima metà del Cinquecento, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», Antichità ed Arte nel Biellese, Atti del convegno a cura di Cinzia Ottino, Biella 14-15 ottobre 1989, n.s. XLIV, 1990-1991, pp. 255-256; V. Natale, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, op. cit., p. 44; una bella foto è ripro-dotta in F. Zeri, Giorno per giorno nella pittura. Scritti sull’arte dell’Italia settentrionale dal Trecento al primo Cinquecento, Torino 1988, fig. 289.

40 R. Tardito Amerio, Affreschi nella Chiesa parrocchiale di Benna, in «Biella», a. I, n. 6, 1963, s.i.p.; V. Natale, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, op. cit., p. 51; C. Ghiraldello, l’Arte a Benna. Nuove indagini tra sacro e profano, Biella 2008, pp. 41-47.