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1 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE Ricorso Per - il COMUNE DI ACQUI TERME (p. iva 00430560060), con sede in Acqui Terme (AL), piazza Levi 12, in persona del Sindaco in carica, dott. Enrico Silvio Bertero, elettivamente domiciliato in Torino, corso Galileo Ferraris n. 120, presso il prof. avv. Vittorio Barosio (c.f. BRS VTR 39C08 L219D - pec: [email protected] fax 011.50.12.53), che lo rappresenta e lo difende, sia congiuntamente sia disgiuntamente, con l’avv. Mariagrazia Cirio (c.f. CRIMGR74H44A052R, pec: [email protected], fax: 0144.57.627) e con l’avv. Serena Dentico (c.f. DNTSRN84P46L219A, pec: [email protected], fax: 011.50.12.53) per delega in calce al presente atto, in base alla delibera di incarico che si produce come all. A; nonchè per - il COMUNE DI ALICE BEL COLLE (p. iva 00971610068), con sede in Alice Bel Colle (AL), piazza Guacchione 1 , in persona del Sindaco in carica, sig. Franco Garrone; - il COMUNE DI BISTAGNO (p. iva 00469220065), con sede in Bistagno (AL), via Saracco 31, in persona del Sindaco in carica, sig.ra Celeste Malerba;
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Feb 15, 2019

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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE

Ricorso

Per

- il COMUNE DI ACQUI TERME (p. iva 00430560060), con sede in

Acqui Terme (AL), piazza Levi 12, in persona del Sindaco in carica, dott.

Enrico Silvio Bertero, elettivamente domiciliato in Torino, corso Galileo

Ferraris n. 120, presso il prof. avv. Vittorio Barosio (c.f. BRS VTR 39C08

L219D - pec: [email protected] – fax

011.50.12.53), che lo rappresenta e lo difende, sia congiuntamente sia

disgiuntamente, con l’avv. Mariagrazia Cirio (c.f. CRIMGR74H44A052R,

pec: [email protected], fax:

0144.57.627) e con l’avv. Serena Dentico (c.f. DNTSRN84P46L219A, pec:

[email protected], fax: 011.50.12.53) per delega in

calce al presente atto, in base alla delibera di incarico che si produce come

all. A;

nonchè per

- il COMUNE DI ALICE BEL COLLE (p. iva 00971610068), con sede

in Alice Bel Colle (AL), piazza Guacchione 1 , in persona del Sindaco in

carica, sig. Franco Garrone;

- il COMUNE DI BISTAGNO (p. iva 00469220065), con sede in Bistagno

(AL), via Saracco 31, in persona del Sindaco in carica, sig.ra Celeste

Malerba;

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- il COMUNE DI CARTOSIO (p. iva 00455640060), con sede in Cartosio

(AL), viale Papa Giovanni XXIII 8, in persona del Sindaco in carica, sig.

Mario Morena;

- il COMUNE DI CASSINASCO (p. iva 00192230050), con sede in

Cassinasco (AT), via Umberto I n. 3, in persona del Sindaco in carica, sig.

Sergio Primosig;

- il COMUNE DI CASSINE (p. iva 00229010061), con sede in Cassine

(AL), piazza Vittorio Veneto 1, in persona del Sindaco in carica, sig.

Gianfranco Baldi;

- il COMUNE DI CASTEL BOGLIONE (p. iva 0019215050), con sede

in Castel Boglione (AT), via Roma 8, in persona del Sindaco in carica, sig.

Claudio Gatti;

- il COMUNE DI CASTEL ROCCHERO (p. iva 00192140051), con

sede in Castel Rocchero (AT), piazza Italia 3, in persona del Sindaco in

carica, sig. Luigi Iuppa;

- il COMUNE DI CASTELLETTO D’ERRO (p. iva 00469230064), con

sede in Castelletto d’Erro (AL), via Roma 10, in persona del Sindaco in

carica, sig. Giuseppe Panaro;

- il COMUNE DI CASTELLETTO MOLINA (p. iva 00861920056), con

sede in Castelletto Molina (AT), piazza IV Novembre 4, in persona del

Sindaco in carica, sig. Massimiliano Caruso;

- il COMUNE DI CASTELNUOVO BORMIDA (p. iva 00441090065),

con sede in Castelnuovo Bormida (AL), piazza Marconi 4, in persona del

Sindaco in carica sig. Giovanni Roggero;

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- il COMUNE DI CESSOLE, con sede in Cessole (AT), via Roma 49 (p.

iva 00191920057), in persona del Sindaco in carica, sig. Alessandro

Degemi;

- il COMUNE DI DENICE (p. iva 90002690064), con sede in Denice

(AL), piazza San Lorenzo 5, in persona del Sindaco in carica, sig. Nicola

Papa;

- il COMUNE DI FONTANILE (p. iva 00621890052), con sede in

Fontanile (AT), piazza San Giovanni Battista 1, in persona del Sindaco in

carica, sig.ra Sandra Balbo;

- il COMUNE DI GROGNARDO (p. iva 00445950066), con sede in

Grognardo (AL), piazza della Chiesa 1, in persona del Sindaco in carica,

sig. Luca Roggero;

- il COMUNE DI LOAZZOLO (p. iva 00191880053), con sede in

Loazzolo (AT), via Umberto I n. 1, in persona del Sindaco in carica sig.

Oscar Girea;

- il COMUNE DI MALVICINO (p. iva 00547020065), con sede in

Malvicino (AL), piazza Castello 6, in persona del Sindaco in carica, sig.

Francesco Nicolotti;

- il COMUNE DI MARANZANA (p. iva 00825020050), con sede in

Maranzana (AT), via Bove 36, in persona del Sindaco in carica, sig.ra

Marilena Ciravegna;

- il COMUNE DI MELAZZO (p. iva 00434300067), con sede in Melazzo

(AL), piazza XX Settembre 1, in persona del Sindaco in carica, sig. Piero

Luigi Pagliano;

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- il COMUNE DI MERANA (p. iva 00858620065), con sede in Merana

(AL), via Chies Nuova 2, in persona del Sindaco in carica, sig.ra Silvana

Sicco;

- il COMUNE DI MOMBARUZZO (p. iva 00182890053), con sede in

Mombaruzzo (AT), piazza Marconi 1, in persona del Sindaco in carica, sig.

Giovanni Spandonaro;

- il COMUNE DI MONASTERO BORMIDA (p. iva 00189710056), con

sede in Monastero Bormida (AT), piazza Castello 1, in persona del Sindaco

in carica, sig. Ambrogio Spiota;

- il COMUNE DI MONTABONE (p. iva 00209680057), con sede in

Montabone (AT), via G. Ferraris 25, in persona del Sindaco in carica, sig.

Giovanni Giuseppe Gallo;

- il COMUNE DI MONTECHIARO D’ACQUI (p. iva 00444150064),

con sede in Montechiaro D’Acqui (AL), piazza Cesare Battisti 1, in persona

del Sindaco in carica, sig. Angelo Cagno;

- il COMUNE DI MORBELLO (p. iva 00447460064), con sede in

Morbello (AL), via Roma 1, in persona del Sindaco in carica sig. Gianguido

Pesce;

- il COMUNE DI OLMO GENTILE (p. iva 00182610055 ), con sede in

Olmo Gentile (AT), via Piave 1, in persona del Sindaco in carica sig.ra

Maria Grazia Aramini;

- il COMUNE DI ORSARA BORMIDA (p. iva 00385210067), con sede

in Orsara Bormida (AL), via Repubblica Argentina 3, in persona del

Sindaco in carica, sig. Stefano Rossi;

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- il COMUNE DI PARETO (p. iva 00460570062), con sede in Pareto

(AL), via Mioglia 24, in persona del Sindaco in carica, sig. Walter Borreani;

- il COMUNE DI PONTI (p. iva 00459630067), con sede in Ponti (AL),

piazza XX settembre 1, in persona del Sindaco in carica sig. Claudio

Paroldi;

- il COMUNE DI PONZONE (p. iva 00414550061), con sede in Ponzone

(AL), via Gratarola 14, in persona del Sindaco in carica, sig. Fabrizio Ivaldi;

- il COMUNE DI QUARANTI (p. iva 00624710059), con sede in Quaranti

(AT), via Roma 14, in persona del Sindaco in carica sig. Alessandro

Gabutto;

- il COMUNE DI RICALDONE (p. iva 00474770062), con sede in

Ricaldone (AL), via Roma 6, in persona del Sindaco in carica, sig. Massimo

Lovisolo;

- il COMUNE DI RIVALTA BORMIDA (p. iva 00415510064), con sede

in Rivalta Bormida (AL), via Vittorio Emanuele II n. 2, in persona del

Sindaco in carica, sig. Claudio Pronzato;

- il COMUNE DI ROCCAVERANO (p. iva 00182620054), con sede in

Roccaverano (AT), via Bruno 18, in persona del Sindaco in carica, sig.

Fabio Vergellato;

- il COMUNE DI SAN GIORGIO SCARAMPI (p. iva 00191930056),

con sede in Scarampi (AT), piazza Roma 2, in persona del Sindaco in carica

sig. Marco Listello;

- il COMUNE DI SEROLE (p. iva 00207350059), con sede in Serole

(AT), via Roma 11, in persona del Sindaco in carica sig.ra Lorena Avramo;

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- il COMUNE DI SESSAME (p. iva 00189590052), con sede in Sessame

(AT), piazza Martiri della Liberazione 6, in persona del Sindaco in carica

sig. Carlo Paolo Milano;

- il COMUNE DI SPIGNO MONFERRATO (p. iva 00405270067), con

sede in Spigno Monferrato (AL), piazza Garibaldi 18, in persona del

Sindaco in carica sig. Mauro Garbarino;

- il COMUNE DI STREVI (p. iva 00432270064), con sede in Strevi (AL),

piazza Matteotti 8, in persona del Sindaco in carica, sig. Alessio Monti;

- il COMUNE DI TERZO (p. iva 00432280063), con sede in Terzo (AL),

via Gallaretto 11, in persona del Sindaco in carica, sig. Vittorio Grillo;

- il COMUNE DI TRISOBBIO (p. iva 00385200068), con sede in

Trisobbio (AL), via De Rossi 20, in persona del Sindaco in carica, sig.

Marco Comaschi;

- e il COMUNE DI VISONE (p. iva 00438970063), con sede in Visone

(AL), via Pittavino 9, in persona del Sindaco in carica, sig. Marco Cazzulli;

tutti questi elettivamente domiciliati in Torino, corso Galileo Ferraris

n. 120, presso il prof. avv. Vittorio Barosio (c.f. BRS VTR 39C08 L219D -

pec: [email protected] – fax 011.50.12.53), che li

rappresenta e li difende, per deleghe in calce al presente atto, in base alle

delibere di incarico che si producono come all. B;

e infine per

- il COMUNE DI MORSASCO (p. iva 00385220066), con sede in

Morsasco (AL), via G. Matteotti 10, in persona del Sindaco in carica, sig.

Luigi Barbero;

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- e il COMUNE DI VESIME (p. iva 00191060052), con sede in Vesime

(AT), piazza Vittorio Emanuele II n. 16, in persona del Sindaco in carica

sig.ra Pierangela Tealdo;

elettivamente domiciliati in Torino, corso Galileo Ferraris n. 120,

presso il prof. avv. Vittorio Barosio (c.f. BRS VTR 39C08 L219D - pec:

[email protected] – fax 011.50.12.53), che li

rappresenta e li difende, sia congiuntamente sia disgiuntamente, con l’avv.

Serena Dentico (c.f. DNTSRN84P46L219A, pec:

[email protected], fax: 011.50.12.53) per deleghe

in calce al presente atto, in base alle delibere di incarico che si producono

come all. C;

(i suddetti avvocati prof. Vittorio Barosio, Mariagrazia Cirio e Serena

Dentico dichiarano di voler ricevere gli avvisi di Segreteria esclusivamente

all’indirizzo pec: [email protected], comunicato

all’Ordine degli Avvocati a norma della legge n. 2/2009),

contro

- la REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente della Giunta

regionale in carica;

- il MINISTERO della SALUTE , in persona del Ministro in carica;

- il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE , in persona del

Ministro in carica;

- il MINISTERO degli AFFARI REGIONALI, in persona del Ministro in

carica;

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- la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI , in persona del

Presidente del Consiglio dei Ministri in carica;

- la CONFERENZA PERMANENTE per i Rapporti tra lo Stato, le

Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, in persona del

legale rappresentante in carica;

- e (ove occorra) l’AZIENDA SANITARIA LOCALE ASL AL, in persona

del legale rappresentante in carica;

per l’annullamento

-I ) della deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte

19.11.2014, n. 1-600 (doc. 2), recante “Adeguamento della rete ospedaliera

agli standard della legge 135/2012 e del Patto per la salute 2014/2016 e

linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale” , e relativi allegati;

-II ) di ogni altro atto antecedente, preparatorio, presupposto,

consequenziale o comunque connesso, con particolare riferimento:

-a) alla deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte 4.8.2014,

n. 46-233 (doc. 11), recante “Sospensione, revoca e disapplicazione di atti

relativi alla revisione della rete ospedaliera, appropriatezza, attribuzione di

incarichi di struttura nelle ASR, regolamentazione dei rapporti con gli

erogatori privati”, e relativi allegati;

-b) all’Intesa della Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato,

le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano in data 5.8.2014,

n. 98/ CSR (doc. 1);

-c) (ove occorra): al verbale di riunione congiunta del Tavolo tecnico e

del Comitato permanente LEA del 29.7.2014; ai pareri resi dal Ministero

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dell’Economia e delle Finanze e dal Ministero della Salute, tra cui quelli n.

PIEMONTE-DGPROG-20/06/2014-0000120-P, n. PIEMONTE-DGPROG-

20/06/2014-0000119-P, n. PIEMONTE-010-13/01/2014-0000008-A, n.

PIEMONTE-DGPROG-16/01/2014-0000009-P, citati nella d.G.R. n. 46-

233/2014 e nella d.G.R. n. 1-600/2014.

- Con le spese di giudizio.

- - -

Esposizione dei fatti

1. In data 5.8.2014 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha “sancito

intesa sullo schema di decreto del Ministro della Salute, di concerto con il

Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il regolamento recante

‘Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi

relativi all’assistenza ospedaliera” (in realtà, come si vedrà meglio oltre,

questa intesa sullo schema di regolamento non parrebbe affatto essere stata

raggiunta) (doc. 1).

2. Lo scorso 27.11.2014 è stata pubblicata sul B.U.R. Piemonte la

d.G.R. 19.11.2014, n. 1-600 (d’ora in avanti “d.G.R. 1-600”), recante

“Adeguamento della rete ospedaliera agli standard della legge 135/2012 e

del Patto per la salute 2014/2016 e linee di indirizzo per lo sviluppo della

rete territoriale” (doc. 2).

Con questa delibera la Giunta regionale – in attuazione del sopra

citato schema di regolamento (asseritamente) approvato dalla Conferenza

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Stato-Regioni, e con l’obiettivo di conseguire una riduzione della spesa

sanitaria regionale – ha deciso:

- “di approvare il programma di adeguamento della rete ospedaliera

regionale piemontese e le linee di indirizzo per lo sviluppo della rete

territoriale descritti negli allegati A e B, parti integranti e sostanziali del

presente provvedimento”;

- e “di revocare la d.G.R. n. 28-7588 del 12.5.2014 [ossia la delibera

con cui era stata in precedenza ridefinita la rete ospedaliera piemontese per

periodo 2013-2015: doc. 3], disponendo altresì che le previsioni contenute

in ulteriori provvedimenti regionali inerenti l’individuazione della

quantificazione e tipologia dei posti letto e del fabbisogno di strutture

organizzative della rete ospedaliera siano disapplicate in quanto

incompatibili con le disposizioni della presente deliberazione”.

3. La nuova organizzazione della rete ospedaliera, così come risultante

dagli allegati alla d.G.R. 1-600, prevede (in sintesi):

- “ la riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed

effettivamente a carico del servizio sanitario regionale” (doc. 2, pag. 1);

- e “la classificazione delle strutture piemontesi in tre livelli a

complessità crescente (presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza

compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, prevedendo il mantenimento di

presidi con funzioni ridotte di pronto soccorso per zone particolarmente

disagiate ovvero distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di

riferimento o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso; presidi ospedalieri

di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti;

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presidi ospedalieri di II livello, con bacino di utenza compreso tra 600.000

e 1.200.000 abitanti)” (doc. 2, pag. 3).

Nell’ambito di questa nuova classificazione della rete ospedaliera,

all’ospedale “Mons. Giovanni Galliano” di Acqui Terme è stata attribuita la

qualifica di “ospedale di base con pronto soccorso” (v. l’allegato A alla

medesima d.G.R., pag. 26). Ciò significa che:

-a) mentre sino ad oggi l’ospedale di Acqui Terme ha potuto garantire

l’erogazione delle prestazioni sanitarie relative alle numerose (24) discipline

elencate nel doc. 3-bis (ivi comprese in particolare Cardiologia, Urologia,

ORL, Oculistica);

-b) a partire dal triennio 2014-2016, secondo quanto stabilito dalla

d.G.R. 1-600, lo stesso ospedale potrà garantire soltanto più le discipline di

Medicina Generale, Chirurgia Generale, Ortopedia, Terapia Intensiva e

Radiologia. Le prestazioni relative alle altre specialità sino ad oggi presenti

presso l’ospedale di Acqui (e sopra elencate alla lettera a) non verranno

invece più erogate (v., dall’allegato B al doc. 2, la tabella riportata

nell’ultima pagina).

4. La suddetta d.G.R. n. 1-600/2014, unitamente agli altri atti e

provvedimenti complessivamente indicati in epigrafe, nella misura in cui

prevedono di privare l’ospedale di Acqui Terme della maggior parte delle

discipline mediche corrispondenti ai servizi sanitari dallo stesso sino ad ora

erogati, sono fortemente lesivi dell’interesse dei cittadini residenti nei

Comuni compresi nel bacino di utenza dell’ospedale medesimo a vedersi

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garantita una pianificazione (ed un’assistenza) sanitaria completa, efficiente

e adeguata alle specificità del loro territorio.

I Comuni elencati in epigrafe (nella loro qualità di enti esponenziali

delle comunità locali incise dai provvedimenti di ri-organizzazione della

rete ospedaliera regionale) hanno quindi interesse a far accertare

l’illegittimità di questi provvedimenti, che essi impugnano per i seguenti

motivi

Premessa.

Per comodità di lettura si anticipa quello che sarà lo schema del

ricorso.

- Al paragrafo “A” saranno esposte le censure relative ai vizi del

procedimento di adozione della d.G.R. 1-600, e in particolare al vizio di

incompetenza relativa.

- Al paragrafo “B” saranno esposte le censure relative allo schema di

regolamento oggetto della (asserita) intesa Stato-Regioni, la cui illegittimità

si riverbera sulla d.G.R. 1-600 impugnata (della quale lo stesso schema di

regolamento costituisce atto presupposto).

- Al paragrafo “C” saranno esposte le censure relative ai vizi che

inficiano in via diretta la d.G.R. 1-600.

- A –

Vizi del procedimento di adozione della d.G.R. 1-600.

Incompetenza relativa.

-I -

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Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2 del d.lgs.

502/1992, all’art. 108 della l.r. 44/2000, agli artt. 1-3-4-7-8-9-10-11-12-13

della l.r. 18/2007, nonché ai principi di correttezza, trasparenza e buon

andamento dell’azione amministrativa, anche a norma dell’art. 97 Cost.

Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, per difetto dei presupposti, per

erronea valutazione e travisamento dei fatti. Difetto di motivazione.

Incompetenza. Sviamento di potere.

1. Con la d.G.R. n. 1-600 impugnata la Regione Piemonte ha

proceduto alla “rivalutazione dei fabbisogni assistenziali regionali e alla

conseguente rideterminazione delle strutture organizzative e dei relativi

posti letto, definendo un nuovo programma della rete ospedaliera

regionale” (doc. 2, pag. 3). In sostanza si tratta – com’è del resto evidente

anche dal contenuto dell’allegato A alla delibera in questione, avente per

oggetto, tra l’altro, la disciplina del percorso di “Adeguamento della rete

ospedaliera agli standard della legge 135/2012 e del Patto per la Salute

2014-2016” – di un vero e proprio atto di programmazione socio-sanitaria

regionale.

2. L’attività di programmazione socio-sanitaria regionale piemontese

è disciplinata dalla l.r. 18/2007, che – per quanto qui interessa – così

stabilisce (gli articoli che seguono non sono riportati nell’ordine numerico,

ma secondo l’ordine che agevola il ragionamento):

- art . 1 comma 3: “La programmazione socio-sanitaria regionale è

basata sui seguenti principi: ... -c) ruolo primario dei soggetti individuali e

collettivi del territorio nell'identificazione dei bisogni di salute e delle

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azioni finalizzate al raggiungimento e mantenimento del benessere sociale;

... -e) partecipazione degli enti locali, dei cittadini e degli operatori pubblici

e privati del servizio socio-sanitario regionale, attraverso le loro

rappresentanze, alla definizione delle linee programmatiche”;

- art. 10 comma 1: “La Regione prevede, nella fase di elaborazione

degli atti di programmazione, la partecipazione degli utenti, delle

organizzazioni sindacali, delle organizzazioni di volontariato, delle

associazioni di tutela e di promozione sociale, della cooperazione sociale e

degli altri soggetti del terzo settore al processo di programmazione socio-

sanitaria in ambito regionale e locale, avvalendosi del contributo tecnico

degli operatori, delle associazioni professionali e delle società scientifiche

accreditate”;

- art . 3: “1. Il Consiglio regionale approva con deliberazione il

piano socio-sanitario regionale, di cui definisce la durata e gli

aggiornamenti. 2. La Giunta regionale esercita le funzioni di indirizzo

tecnico-amministrativo e di coordinamento delle attività delle aziende

sanitarie, in conformità alle disposizioni del piano socio-sanitario

regionale. 3. La Giunta regionale esercita attività di controllo, vigilanza,

promozione e supporto nei confronti delle aziende sanitarie”;

- art. 11: “1. Il piano socio-sanitario regionale è lo strumento di

programmazione con il quale la Regione, nell'ambito del piano regionale di

sviluppo e delle relative politiche economico-finanziarie, definisce gli

obiettivi di salute e di politica sanitaria regionale ed adegua

l'organizzazione dei servizi socio-sanitari in relazione ai bisogni

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assistenziali della popolazione, rilevati attraverso gli strumenti di cui

all'articolo 2 nonché attraverso idonei indicatori dello stato di salute della

popolazione medesima. 2. Il piano socio-sanitario regionale è approvato

dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale e previo parere

della Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria,

nell'anno di inizio del periodo al quale si riferisce la programmazione” [v.

al riguardo anche l’art. 2 comma 2-ter del d.lgs. 502/1992, il quale prevede

che: “Il progetto del Piano sanitario regionale è sottoposto alla Conferenza

di cui al comma 2- bis (ossia, appunto, alla Conferenza permanente per la

programmazione socio-sanitaria: nota nostra) ed è approvato previo esame

delle osservazioni eventualmente formulate dalla Conferenza” ];

- art. 12 comma 1: “1. Il piano socio-sanitario regionale individua

gli obiettivi generali di salute e di benessere da assumere per la

programmazione locale, le strategie di sviluppo e le linee di governo dei

servizi socio-sanitari regionali, definendo in particolare: ... a) lo stato di

salute della popolazione piemontese e i principali problemi cui attribuire

priorità nella programmazione; b) le eventuali criticità presenti nel sistema;

c) i criteri per il dimensionamento ottimale, per la distribuzione territoriale

e per l'articolazione in rete dei servizi, ivi compresi quelli sovrazonali; ... e)

i criteri generali per l'organizzazione dei servizi e delle aziende sanitarie

regionali ...”;

- art. 13 comma 4: “Il Consiglio regionale ... formula indirizzi alla

Giunta regionale anche per adeguare gli strumenti di programmazione

socio-sanitaria, da approvarsi da parte del Consiglio medesimo”.

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3. Dall’esame della normativa appena riportata è possibile delineare

la disciplina dell’attività di programmazione socio-sanitaria regionale

piemontese nei seguenti termini:

- l’attività stessa è basata sulla partecipazione e sul coinvolgimento

degli enti esponenziali locali, delle associazioni di categoria e, più in

generale, di tutti i soggetti che vengono “incisi” dalla programmazione

sanitaria, e il cui contributo - proprio perciò – deve essere acquisito nel

corso dell’istruttoria preordinata all’adozione dell’atto di programmazione

(artt. 1 e 10 comma 3 della l.r. 18/2007);

- tutti gli atti di programmazione socio-sanitaria regionale (ivi

compreso il piano socio sanitario regionale) sono approvati dal Consiglio

regionale (artt. 3, 11 e 13 della l.r. 18/2007); la Giunta regionale esercita al

riguardo solo funzioni di indirizzo, coordinamento, controllo, vigilanza e

promozione;

- e, in particolare, il piano socio-sanitario regionale (che ha per

oggetto le strategie di sviluppo, le linee di governo dei servizi socio-sanitari

regionali e l’organizzazione dei servizi stessi) è approvato dal Consiglio

regionale previo parere della Conferenza permanente per la

programmazione socio-sanitaria (ossia dell’organo attraverso cui gli enti

locali concorrono alla definizione e alla valutazione delle politiche regionali

in materia sanitaria e socio sanitaria1) (artt. 11 e 12 della l.r. 18/2007).

1 Riportiamo il testo integrale dell’art. 108 della l.r. 44/2000 (rubricato “La Conferenza permanente per la programmazione socio sanitaria”):

“1. La Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria, di cui all'articolo 2, comma 2-bis del d. lgs. 502/1992, è l'organo attraverso cui gli enti locali

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4. Alla luce delle norme che regolano la materia è possibile

affermare che la d.G.R. 1-600 impugnata (la quale, come si è visto sopra,

“ ridetermina le strutture organizzative e i relativi posti letto, definendo un

nuovo programma della rete ospedaliera regionale” ) reca un atto di

programmazione sanitaria dal contenuto corrispondente a quello di un piano

socio-sanitario regionale (e comunque esprime le “politiche regionali in

materia sanitaria e socio-sanitaria” nei termini di cui all’art. 108 della l.r.

44/2000). Ciò posto, la d.G.R. 1-600 in questione appare illegittima sotto

più profili.

territoriali concorrono alla definizione e alla valutazione delle politiche regionali in materia sanitaria e socio-sanitaria.

2. La Conferenza esprime parere, entro sessanta giorni dalla richiesta: a) sulla proposta di piano socio-sanitario regionale; b) sulla proposta di piano regionale degli interventi e dei servizi sociali; c) sulla relazione socio-sanitaria regionale. 3. La Conferenza può formulare proposte sui documenti di cui al comma 2, lettere

a) e b). 4. La Conferenza valuta lo stato dell'organizzazione e l'efficacia dei servizi; a

questo fine, la Giunta regionale trasmette alla Conferenza i documenti di verifica sullo stato di attuazione della programmazione regionale.

5. La Conferenza, istituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, è presieduta dal medesimo o da suo delegato ed è così composta:

a) dal sindaco della città di Torino, o un suo delegato, nella sua qualità di Presidente delle conferenze dei presidenti di circoscrizione di cui all'articolo 15, comma 5, della legge regionale 24 gennaio 1995, n. 10 (Ordinamento, organizzazione e funzionamento delle Aziende sanitarie regionali);

b) dai presidenti delle conferenze dei sindaci delle ASL; c) dai presidenti delle province piemontesi; d) da tre rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani; e) da due rappresentanti della Lega delle autonomie locali; f) da un rappresentante della Associazione nazionale piccoli comuni d'Italia; g) da un rappresentante dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani; h) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali confederali maggiormente

rappresentative a livello regionale; i) da un rappresentante del terzo settore. 6. I componenti di cui al comma 5, lettere d), e), f), g), h) e i) sono designati dalle

rispettive organizzazioni di appartenenza. 7. Le modalità di funzionamento della Conferenza e delle sue eventuali

articolazioni sono disciplinate da apposito regolamento, approvato con deliberazione della Giunta regionale, informata la commissione consiliare competente. Il medesimo provvedimento definisce altresì le modalità di raccordo della stessa con la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali di cui all'articolo 6 della legge regionale 20

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-a) Intanto, perché esso, in quanto atto di programmazione sanitaria,

avrebbe dovuto essere adottato (non già dalla Giunta, bensì) dal Consiglio

regionale. La d.G.R. n. 1-600/2014 impugnata è quindi illegittima per

incompetenza, oltre che per violazione degli articoli 3 e 4 della l.r. 18/2007.

-b) Inoltre la stessa d.G.R. n. 1-600/2014, nella misura in cui reca un

contenuto corrispondente a quello di un piano socio-sanitario regionale e

comunque interviene in materia disciplinata dall’art. 108 della l.r. 44/2000,

avrebbe dovuto essere preceduta dal parere della Conferenza permanente

per la programmazione socio-sanitaria, ossia dell’organo esponenziale delle

istanze e delle esigenze delle realtà locali (così come stabilito dal sopra

riportato art. 11 della l.r. 18/2007 e dall’art. 108 della l.r. 44/2000, riportato

nella nota “ ¹ ”). Per contro, nel caso di specie nessun parere è stato

acquisito. Il che è particolarmente grave, se si considera che con il

provvedimento impugnato la Regione Piemonte ha interamente

riconfigurato la rete ospedaliera regionale, sopprimendo – tra l’altro –

numerosi reparti negli ospedali più periferici, e ha previsto una consistente

riduzione del numero dei posti letto assegnati alle strutture sanitarie

pubbliche e a quelle private e ai Presidi equiparati, a scapito dei cittadini

residenti nei rispettivi ambiti territoriali e degli enti locali esponenziali dei

cittadini stessi (che quindi certamente avrebbero avuto interesse a

partecipare al procedimento di riorganizzazione della rete ospedaliera,

unitamente alle strutture sanitarie private e alle rispettive Associazioni di

categoria). Per questa ragione la d.G.R. impugnata è viziata non solo da

novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e

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violazione dell’art. 2 del d.lgs. 502/1992, dell’art. 108 della l.r. 44/2000 e

dell’art. 11 della l.r. 18/2007, ma anche da violazione dei principi di

trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, oltre che da eccesso di

potere per difetto di istruttoria.

-c) Infine, la suddetta d.G.R. n. 1-600/2014 è stata adottata dalla

Giunta senza il previo coinvolgimento di tutti quei soggetti che la l.r.

18/2007 prevede abbiano un ruolo nella definizione della programmazione

socio sanitaria, quali:

- gli utenti, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni di

volontariato e tutti gli altri soggetti individuati dall’art. 10 comma 1 della l.r.

18/2007;

- il CORESA (Consiglio Regionale di Sanità e Assistenza), il quale

“partecipa al processo di programmazione socio sanitaria con funzioni di

parere e consulenza nei confronti della Giunta regionale e della Conferenza

permanente per la programmazione socio sanitaria” ed è “sentito

obbligatoriamente in ordine ... alla formazione del piano socio sanitario

regionale e relativi aggiornamenti” (art. 4 della l.r. 18/2007);

- la Conferenza dei sindaci di ASL e le Conferenze dei presidenti di

circoscrizione per la Città di Torino (le quali – a norma dell’art. 7 della l.r.

18/2007 – “concorrono alla definizione degli indirizzi generali di

programmazione socio sanitaria”);

degli enti locali)".

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- il Comitato dei sindaci di distretto (ossia “l’organo di

partecipazione alla programmazione socio sanitaria a livello distrettuale”:

art. 8 della l.r. 18/2007);

- e gli Atenei piemontesi (art. 9 della l.r. 18/2007).

Tuttavia, nessuno di questi soggetti è stato coinvolto nel

procedimento di riorganizzazione della rete ospedaliera avviato dalla

Regione Piemonte. E, pure in questo caso, non si può fare a meno di

sottolineare la gravità della pretermissione di tali soggetti, il cui contributo

istruttorio era (ed è) fondamentale al fine di attuare una riorganizzazione

della rete ospedaliera realmente “tarata” sui fabbisogni locali e sulle

peculiarità di ciascun territorio e di ciascuna comunità di cittadini. Ne deriva

la violazione anche degli articoli 4, 7, 9 e 10 della l.r. 18/2007, nonchè

(anche qui) dei principi di trasparenza e correttezza dell’azione

amministrativa, oltre al vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria.

5. Inoltre, il fatto che la Regione Piemonte abbia stabilito di procedere

alla riorganizzazione della rete ospedaliera senza seguire il procedimento

all’uopo fissato dalla normativa di riferimento (e abbia cioè adottato il

provvedimento di programmazione con un atto della Giunta, anziché del

Consiglio, senza alcuna discussione in assemblea e senza la previa

acquisizione dei pareri espressi dai soggetti sopra citati) induce a ritenere

che essa abbia posto in essere tale violazione procedurale appositamente: e,

cioè, proprio allo scopo di evitare il “passaggio” in Consiglio e,

conseguentemente, di scongiurare il rischio del parere negativo dei soggetti

coinvolti nell’istruttoria (e in particolare degli enti locali interessati: v.

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quanto detto sopra al punto 4). Da ciò il vizio di sviamento di potere

lamentato in rubrica.

6. Ancora un’osservazione. Come si è già visto, la d.G.R. 1-600 e gli

altri atti qui impugnati revocano / disapplicano le delibere di

programmazione sanitaria regionale assunte dalla precedente Giunta

Regionale in applicazione ed attuazione della delibera C.R. n. 167-

14087/2012 (ossia in applicazione del Piano Socio Sanitario Regionale

2012-2015). Cosicchè i medesimi atti impugnati appaiono illegittimi anche

perché incidono su questo Piano Socio Sanitario, modificandolo senza il

previo coinvolgimento dell’organo titolare del relativo potere di

programmazione sanitaria, ossia - appunto - il Consiglio regionale che, solo,

potrebbe modificare i propri indirizzi. Di qui i vizi (e, in particolare,

l’incompetenza) di cui in rubrica.

-II-

Violazione di legge, con riferimento all’art. 7 della legge n. 241/1990, agli

artt. 21-quater e 21-quinquies della legge 241/1990, ai principi di

correttezza, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa,

nonché ai principi di efficienza e tipicità dei provvedimenti amministrativi.

Difetto di motivazione. Sviamento di potere. Incompetenza relativa.

Con la d.G.R. n. 1-600 la Regione Piemonte ha (tra l’altro) revocato

/disapplicato una serie di provvedimenti inerenti all’organizzazione della

rete ospedaliera e alla quantificazione dei posti letto a carico del servizio

sanitario regionale per il periodo 2014-2015. Precisamente:

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- è stata revocata la d.G.R. 12.5.2014, n. 28-7588 (doc. 3), relativa

alla quantificazione dei posti letto da assegnare a ciascuna struttura sanitaria

per il periodo 2013-2015;

- e sono stati disapplicati i provvedimenti relativi “all’individuazione

della quantificazione e tipologia dei posti letto e del fabbisogno di strutture

organizzative della rete ospedaliera” (doc. 2, pag. 5).

1. La revoca della d.G.R. 28-7588 determina (come si è già detto in

narrativa e come si vedrà meglio in prosieguo) un grave pregiudizio per le

comunità locali di cui sono esponenti gli odierni ricorrenti, in quanto esse –

proprio in conseguenza della riduzione dei posti letto e della soppressione di

numerosi reparti dell’ospedale di Acqui Terme – vedranno drasticamente

diminuire le prestazioni sanitarie ad esse erogate in condizioni di prossimità.

Ciò detto, e considerato altresì che le comunità locali di cui sono

esponenti gli odierni ricorrenti erano facilmente individuabili dalla Regione

quali soggetti destinatari della (e lesi dalla) revoca di cui alla d.G.R. 1-600,

se ne deve concludere che la stessa Regione avesse l’obbligo di comunicare

ai medesimi enti esponenziali l’avvio del relativo procedimento, a norma

dell’art. 7 della legge 241/1990. La partecipazione al procedimento degli

enti locali ricorrenti avrebbe infatti consentito a questi ultimi di fornire sin

da subito il loro contributo nell’ambito dell’attività di programmazione del

servizio sanitario regionale. E ciò esponendo all’Amministrazione quelle

motivazioni, di cui si dirà nei successivi motivi di ricorso, da cui risulta che

la nuova definizione della rete ospedaliera non tiene conto delle peculiarità,

delle esigenze e del fabbisogno di ciascun territorio, ed è avvenuta a seguito

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di un percorso istruttorio superficiale e non in linea con le previsioni

normative di riferimento. Peraltro, la suddetta comunicazione di avvio del

procedimento di revoca non è stata trasmessa ad alcuno degli odierni

ricorrenti.

I provvedimenti qui impugnati sono dunque viziati da violazione

dell’art. 7 della legge 241/1990, nonché dei principi di correttezza,

trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa.

2. Quanto alla disapplicazione dei provvedimenti relativi

“all’individuazione della quantificazione e tipologia dei posti letto e del

fabbisogno di strutture organizzative della rete ospedaliera” (doc. 2, pag.

5), resta da aggiungere e precisare:

- che la P.A. non ha alcun potere di “disapplicare” i propri

provvedimenti (v., per quanto mai possa occorrere, T.A.R. Lombardia,

Milano, sez. II, 4.12.2012, n. 2893); di qui la violazione di legge, con

riferimento ai principi di efficienza, di buon andamento e, soprattutto, di

tipicità dei provvedimenti amministrativi;

- che comunque tale “disapplicazione” è del tutto generica e

indeterminata, non essendo dato di sapere quali siano gli specifici

provvedimenti regionali oggetto di disapplicazione;

- e, infine, che la Giunta regionale, laddove - con la d.G.R. n. 1-600

impugnata – pretende di disapplicare tutti “i provvedimenti regionali”

relativi alla quantificazione dei posti letto e alla definizione della rete

ospedaliera, incide anche su provvedimenti che essa non ha emanato, e sui

quali essa non ha alcun potere di intervenire in secondo grado (tanto meno

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mediante “disapplicazione” degli stessi. Anche da ciò deriva il vizio di

incompetenza lamentato in rubrica.

- B -

Censure relative allo schema di regolamento oggetto dell’intesa Stato-

Regioni del 5.8.2014 (presupposto alla d.G.R. 1-600 impugnata).

-III -

Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 17 della legge n.

400/1988, all’art. 1 comma 169 della legge n. 311/2004, all’art. 15 comma

13 del d.l. n. 95/2012, all’art. 1 comma 796 della legge n. 296/2006, all’art.

2 comma 95 della legge 191/2009, nonché ai principi di correttezza,

trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa, anche a norma

dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, per difetto

d’istruttoria, per erronea valutazione e per travisamento dei fatti, per

irrazionalità.

1. La d.G.R. n. 1-600 afferma di aver voluto dar seguito “alla

rivalutazione dei fabbisogni assistenziali regionali e alla conseguente

rideterminazione delle strutture organizzative e dei relativi posti letto

definendo un nuovo programma di revisione della rete ospedaliera

regionale”; e ciò “in coerenza con il quadro normativo nazionale e

regionale” (doc. 2, pag. 3). In particolare, la medesima d.G.R. 1-600

dichiara di voler fare applicazione dei criteri previsti dallo schema di

decreto interministeriale, recante il regolamento per la “Definizione degli

standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi

all’assistenza ospedaliera”, su cui sarebbe stata sancita l’intesa della

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Conferenza Stato-Regioni (per brevità, “ C.S.R.”) nella seduta del 5.8.2014,

n. 98 (doc. 1).

Peraltro, il suddetto schema di regolamento (che la d.G.R. impugnata

richiama espressamente quale atto presupposto) ad oggi non risulta

approvato secondo i termini previsti dall’art. 17 della legge n. 400/1988, e il

relativo procedimento - per il vero - non si è neppure perfezionato a livello

di intesa con la C.S.R. (Conferenza Stato-Regioni). Infatti, richiesto del

proprio parere sul suddetto schema di regolamento, il Consiglio di Stato,

sez. cons. atti norm., nell’Adunanza del 23.10.2014 (v., per tutto ciò, il

parere del medesimo Cons. Stato, 6.11.2014, n. 3453, al doc. 4):

- per un verso, ha espresso “il dubbio sul fatto che l’Intesa con la

Conferenza Stato-Regioni – prevista come obbligatoria – sia stata

raggiunta. Infatti, nel corso della seduta del 5.8.2014, nella quale è stata

adottata la deliberazione n. 98/CSR, le Regioni hanno consegnato un

documento, classificato allegato B, cui la deliberazione stessa fa specifico

riferimento e contenente proposte emendative alla bozza di regolamento

presentato dal Governo. Tali proposte, alcune delle quali espressamente

indicate come ‘irrinunciabili’, o non risultavano accolte (emendamenti 2, 3,

5, 6, 8, 9, 11, 12) o non è chiaro se lo siano state (4, 7 e 10). In tale

situazione, la Sezione non può che invitare l’Amministrazione a chiarire la

sussistenza o no dell’Intesa e subordinare a tale sussistenza il proprio

parere favorevole”;

- per altro verso, non ha comunque espresso parere favorevole, in

quanto ha ravvisato nel medesimo suddetto schema di regolamento

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interministeriale non solo una generale scarsa perspicuità (e dunque la non

chiarezza e l’inintelligibilità di gran parte dei suoi enunciati), ma anche vere

e proprie illegittimità. E ciò, segnatamente, in relazione:

- all’art. 1 comma 1, che richiama quale propria “parte integrante”

l’Allegato 1 (ossia la relazione istruttoria concernente l’individuazione degli

standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi

all’assistenza ospedaliera) e che così “tende a trasformare in cogenti una

serie di disposizioni, che spesso non hanno un contenuto prescrittivo, ma si

risolvono in mere motivazioni di scelte adottate o da adottare, in

manifestazioni di intenti, in richiami alla letteratura scientifica, in meri

programmi, in disquisizioni socio-sanitarie, in digressioni sui percorsi più

opportuni, in veri e propri consigli”;

- all’art. 1 comma 2 e all’art. 1 comma 3, lett. b), n. 4, che

impongono alle Regioni di adattarsi “nel corso del triennio 2014-2106” agli

standard posti dal medesimo schema di regolamento per raggiungere la

dotazione standard di posti letto previsti dall’art. 15 comma 13 lett. c) del

d.l. 95/2012 2, mentre “si dovrebbe tenere conto che, del triennio 2014-

2016, il primo anno è ormai interamente trascorso, sicchè, se si vuole

concedere alle Regioni un triennio per attuare il programma di riduzione

della dotazione di posti letto, il triennio stesso dovrebbe essere quello 2015-

2 Come si vedrà tra breve, il suddetto art. 15 comma 13 lett c) del d.l. 95/2012 prevede la “ riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post acuzie”.

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2017 (anche per questa eventuale modifica dovrebbe tener conto della

durata 2014-2016 del Patto della salute)”;

- e al punto 1.4 secondo comma dell’Allegato 1, in quanto vi è “una

sostanziale attribuzione di poteri normativi (vincolanti, fra l’altro, i soggetti

che dovranno adottare i criteri) ad un tavolo tecnico: il che non appare

conforme al sistema delle fonti del nostro ordinamento” (identiche censure

sono mosse dal Consiglio di Stato anche in relazione al punto 5.2.

dell’Allegato 1, che del pari illegittimamente “demanda ad un tavolo

tecnico l’elaborazione di un atto di indirizzo avente contenuto normativo”).

2. In ragione di ciò la d.G.R. 1-600 (di cui il regolamento in esame

costituisce atto presupposto) risulta illegittima:

-a) per violazione di legge, in relazione all’art. 15 comma 13, lett. c),

del d.l. 95/2012, secondo cui i provvedimenti di riduzione dello standard dei

posti letto ospedalieri a carico del servizio sanitario regionale devono essere

adottati dalla Regione “sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi,

strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera

fissati … con regolamento approvato … previa intesa della Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di

Trento e di Bolzano”. Per contro, nella nostra fattispecie, la Regione

Piemonte ha adottato la d.G.R. 1-600 (che prevede, appunto, la suddetta

riduzione dello standard dei posti letto a carico del servizio sanitario

regionale) senza che vi fosse (e senza che vi sia a tutt’oggi) il suddetto

regolamento interministeriale (non approvato secondo l’art. 17 della legge n.

400/1988); e, anzi, senza che neppure sia stata raggiunta l’Intesa (prescritta

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dal medesimo d.l. 95/2012, nonché dall’art. 1 comma 169 della legge n.

311/20143, parimenti violato) sullo schema del suddetto medesimo

regolamento;

-b) per eccesso di potere, sotto il profilo del difetto dei presupposti,

nonché del difetto d’istruttoria, dell’erronea valutazione e del travisamento

dei fatti. E ciò perché la medesima d.G.R. 1-600 ha applicato

pedissequamente le (pur non definitive, e anzi ancora in fieri) prescrizioni

contenute nel suddetto schema di regolamento interministeriale, ancorchè

tali prescrizioni non abbiano ottenuto il parere favorevole del Consiglio di

Stato, sez. cons. atti norm., 23.10.2014-6.11.2014, n. 3453. E tutto questo

senza che la Regione Piemonte si sia premurata di indicare le ragioni per cui

essa ha ritenuto di poter ignorare i rilievi del Consiglio di Stato, donde

anche il difetto di motivazione della stessa d.G.R. 1-600.

3 Si riporta il testo dell’art. 1 comma 169 della legge 311/2004: “Al fine di garantire che l'obiettivo del raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario da parte delle regioni sia conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute, ferma restando la disciplina dettata dall'articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le prestazioni già definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, anche al fine di garantire che le modalità di erogazione delle stesse siano uniformi sul territorio nazionale, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro della salute, che si avvale della commissione di cui all'articolo 4-bis, comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale. In fase di prima applicazione gli standard sono fissati entro il 30 giugno 2005”. La Corte costituzionale, con sentenza 31 marzo 2006, n. 134, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che il regolamento del Ministro della salute ivi contemplato, con cui sono fissati gli standard e sono individuate le tipologie di assistenza e i servizi, sia adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano», anziche'

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29

- IV –

Violazione di legge, con riferimento ai principi di efficienza e buon

andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di

istruttoria. Difetto di motivazione (violazione dell’art. 3 della legge

241/1990).

Fermo quanto sopra (circa il fatto che il regolamento su cui si basa la

d.G.R. impugnata non è nemmeno ancora venuto ad esistenza), va

comunque sin d’ora osservato che taluni criteri individuati dallo schema di

regolamento ai fini dell’individuazione degli standard relativi all’assistenza

ospedaliera sembrerebbero essere stati adottati senza una specifica e

puntuale istruttoria in ordine al concreto fabbisogno di prestazioni sanitarie

della popolazione.

1. All’art. 1 comma 3, lett. b, n. 3, non si comprende perché nel

calcolo della dotazione dei posti letto siano stati introdotti coefficienti di

riduzione “di 0,80 … ridotto a 0,65 a decorrere dall’anno 2016” (doc. 1,

pag. 3). Si tratta di un criterio che sembra derivare soltanto dall’esigenza di

“taglio” della spesa e che non è motivato – come pur dovrebbe essere – da

evidenze scientifiche, cliniche, organizzative, epidemiologiche, territoriali,

statistiche, di appropriatezza o di altra natura. Senza contare che appare del

tutto irrazionale la fissazione di un coefficiente di riduzione uguale per tutte

le Regioni (che pure presentano realtà territoriali e fabbisogno della

popolazione del tutto disomogenei tra loro). Di qui l’illegittimità (se

esistesse) dello schema di regolamento e della stessa d.G.R. n. 1-600, che fa

«previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

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applicazione di questo coefficiente di riduzione (v. doc. 2 pag. 17) e che

infatti – come si vedrà al paragrafo C - non è idonea a soddisfare il

fabbisogno di prestazioni sanitarie individuato come obiettivo dalla stessa

Regione Piemonte nella medesima d.G.R. n. 1-600.

2. Ancora, in relazione all’Allegato 1 allo schema di regolamento,

punti 2 e 3, non si comprende sulla base di quali criteri (scientifici, clinici,

organizzativi, epidemiologici, territoriali, statistici, di appropriatezza o di

altra natura) siano stati individuati i bacini di utenza ottimali sia con

riferimento alle diverse tipologie di presidi ospedalieri (di base, di I livello,

di II livello), sia con riferimento alle singole discipline o specialità cliniche

(v. sempre dal doc. 1, All. 1, pagine 9-17). Anche questa illegittimità (per

difetto di istruttoria e di motivazione) dello schema di regolamento si riflette

sulla d.G.R. n. 1-600 qui impugnata.

- C -

Censure relative alla d.G.R. 1-600.

-V-

Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 27 del d.lgs. n.

68/2011, al Patto per la salute 2014-2016, all’art. 15 del d.l. 95/2012,

all’art. 17 del d.l. 98/2011. Eccesso di potere per difetto dei presupposti,

per difetto di istruttoria, per erronea valutazione e per travisamento dei

fatti. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per irrazionalità, per difetto

di proporzionalità, per contraddittorietà intrinseca tra provvedimenti e atti

inerenti alla medesima sequenza procedimentale, anche rispetto agli atti

Province autonome di Trento e Bolzano».

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programmatici presupposti (quali il verbale C.S.R. n. 98/2014, recante lo

schema di regolamento interm.; l’Intesa Stato Regioni del 3.12.2009 e

quella del 10.7.2014; la d.G.R. 1-415/2010; la d.G.R. 28.1.2011, n. 13-

1439; la d.G.R. 29.4.2011, n. 49-1985; la d.G.R. 18.12.2012, n. 37-5091; il

P.S.S.R. 2012-2015 - approvato con la d.C.R. 167-14087/2012; la d.C.R. n.

616/2000). Violazione dei principi di buon andamento e d'imparzialità della

P.A., anche a norma dell'art. 97 Cost.

Qualora si ritenesse che lo schema di regolamento discusso nella

seduta della C.S.R. del 5.8.2014 (che pure non sembrerebbe essere venuto

nemmeno ad esistenza) possa essere assunto legittimamente come

parametro di riferimento per l’emanazione della d.G.R. n. 1-600, in ogni

caso quest’ultima sarebbe viziata sotto altri profili.

1. L’art. 1 comma 3, lett. a), del suddetto schema di regolamento, ai

fini del calcolo della dotazione ottimale di posti letto di ciascuna Regione,

assume come base di riferimento la popolazione “pesata”: esso tiene cioè

conto – secondo quanto previsto dall’art. 27 del d.lgs. n. 68/2011, citato nel

medesimo schema di regolamento – del “peso” della popolazione in base

alle “classi di età”. Il che consentirebbe di valorizzare, nell’ambito della

quantificazione del fabbisogno di posti letto, uno degli elementi che più

differenziano tra loro le varie realtà territoriali e che più sono suscettibili di

incidere sulla pianificazione della rete ospedaliera, ossia – appunto – l’età

della popolazione.

Per contro, la d.G.R. n. 1-600 assume come parametro di riferimento

per il calcolo della dotazione di posti letto (non già la popolazione “pesata”,

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32

secondo quanto previsto dallo schema di regolamento e dall’art. 27 del

d.lgs. 68/2011, bensì) la popolazione residente nella Regione Piemonte al

1°.1.2014 secondo fonti ISTAT (v. dal doc. 2, All. A, pag. 5).

Questo difetto istruttorio appare particolarmente grave per quanto

riguarda la popolazione dei Comuni odierni ricorrenti. La provincia di

Alessandria è infatti al primo posto nella classifica regionale dell'età media

della popolazione, con un indice di vecchiaia di 50 punti percentuali al di

sopra della media regionale. In particolare, la popolazione del territorio

acquese (e degli altri Comuni compresi nel bacino di utenza dell’ospedale di

Acqui Terme) è tra quelle con l'età media più elevata del Piemonte (v. per

tutto ciò dal doc. 5). Di tale peculiarità la Regione avrebbe dovuto tenere

conto nella propria istruttoria finalizzata ad individuare il fabbisogno di

posti letto della rete ospedaliera regionale. In difetto, la d.G.R. 1-600 appare

viziata da violazione di legge (con riferimento all’art. 27 del d.lgs. 68/2011),

nonché da eccesso di potere per difetto di istruttoria e per travisamento dei

fatti.

2. In secondo luogo la d.G.R. 1-600 – sulla base di quanto previsto

dall’art. 1 comma 3 lett. b), n. 3, dello schema di regolamento (doc. 1, pag.

3) – applica il coefficiente di riduzione dei posti letto dello 0,80 per gli anni

2014 e 2015, e dello 0,65 per l’anno 2016 (v. ancora dal doc. 2, All. A, pag.

17).

Sull’arbitrarietà di tale coefficiente fissato dallo schema di

regolamento si è già detto al precedente paragrafo B, al motivo IV . In questa

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sede aggiungiamo un’osservazione relativa all’applicazione di questo

coefficiente operata dalla Regione Piemonte.

Dall’Allegato B al medesimo schema di regolamento si apprende che,

in sede di Conferenza Stato-Regioni, le Regioni hanno proposto un

emendamento (il n. 1) al suddetto art. 1 comma 3 lett. b), n. 3, dello schema

stesso. Precisamente, esse hanno proposto che il suddetto criterio di

decurtazione (e, quindi, il coefficiente dello 0,80 e quello dello 0,65) “si

applica solo alle Regioni non in piano di rientro” (v. dal doc. 1, all. B).

Questo emendamento pare essere stato accolto dai Ministeri della Salute e

dell’Economia e Finanze, come si legge nel preambolo dell’Intesa 5.8.2014,

perché esso, “a seguito di chiarimenti, (è stato) considerato ricompreso nel

comma 4” (v. sempre dal doc. 1, pag. 3). Per effetto di ciò, essendo la

Regione Piemonte soggetta a Piano di rientro, essa non avrebbe dovuto

applicare i coefficienti di riduzione dello 0,80 e dello 0,65. Dal momento

che, invece, tali coefficienti di decurtazione sono stati applicati, la d.G.R. 1-

600 è viziata da eccesso di potere per difetto di istruttoria e per difetto dei

presupposti.

3. L’art. 1 comma 4 dello schema di regolamento stabilisce che i

provvedimenti regionali di adeguamento allo standard di posti letto a carico

del servizio sanitario regionale previsto dall’art. 15 comma 13, lett. c), del

d.l. 95/2012 “sono adottati in modo da: - … - perseguire gli standard per

disciplina indicati nel paragrafo 3 dell’Allegato 1 [al medesimo schema di

regolamento, n.d.r. ], tenendo conto di eventuali specificità del territorio

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regionale, documentate sulla base di criteri epidemiologici e di accessibilità

attraverso compensazioni tra discipline” (v. dal doc. 1).

Nulla di tutto ciò si rinviene nella d.G.R. n. 1-600 e negli altri atti

indicati in epigrafe.

3.1. Invero, fermo quanto abbiamo già osservato nei precedenti

motivi di ricorso, gli atti qui impugnati dispongono il taglio dei posti letto e

la ri-classificazione delle strutture ospedaliere (ivi compreso l’ospedale di

Acqui Terme), ma non contengono alcuna valutazione, né alcuna istruttoria,

né alcuna motivazione o dimostrazione circa la “congruità” di questi tagli

con i principi programmatici degli atti presupposti, con le specificità del

territorio regionale quali emergenti dai dati epidemiologici e dai criteri di

accessibilità riguardanti le singole discipline, con l’organizzazione

dell’integrazione ospedale/territorio, e non considerano in alcun modo gli

effetti di questi “tagli” sull’equilibrio delle strutture sanitarie (e, quindi,

sulla possibilità che esse continuino ad erogare le prestazioni stesse nelle

necessarie condizioni di appropriatezza clinica, organizzativa e gestionale).

In particolare, difetta negli atti qui impugnati una valutazione circa:

-a) la congruità della riduzione dei posti letto rispetto al fabbisogno

effettivo di prestazioni nell’area territoriale di pertinenza e nell’intero

territorio regionale e, in particolare, rispetto all'equa e “idonea ripartizione

dei vari setting riabilitativi nelle diverse aree” e alla necessità di assicurare

"la disponibilità di setting riabilitativi completi di tutte le fasi ospedaliere e

territoriali a livello di ambito territoriale interaziendale” (secondo la

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prospettiva del Piano Socio Sanitario Regionale 2012-2015, che quindi

viene disatteso);

-b) il reale fabbisogno di prestazioni sanitarie nell’area territoriale di

pertinenza;

-c) l’analisi degli effetti della riduzione del numero dei posti letto di

ciascuna disciplina rispetto all’efficacia, all’efficienza, all’appropriatezza, al

livello qualitativo e quantitativo delle relative prestazioni sanitarie e, quindi,

alla tutela della salute dei cittadini in conformità ai livelli essenziali di

assistenza (sia in generale, sia con specifico riferimento a ciascuna

disciplina).

3.2. Il vizio di istruttoria in questione è particolarmente grave per

quanto riguarda specificamente la classificazione dell’ospedale di Acqui

Terme come semplice “ospedale di base” (con conseguente pregiudizio

delle comunità località di cui sono esponenti i Comuni elencati in epigrafe).

-a) Innanzitutto, l’Allegato A alla delibera impugnata, in merito alla

“Rimodulazione della rete ospedaliera” si limita:

- ad affermare che “la base di calcolo prevista dal regolamento

risulta essere la popolazione residente ed il numero di passaggi

appropriati”;

- e a riportare, a pag. 26, una tabella dalla quale risulta la

classificazione dell’ospedale di Acqui Terme come ospedale di base (doc.

2).

Per intanto quello della popolazione residente non è – come si è visto

sopra, al punto 1 – un criterio appropriato al fine di stabilire il fabbisogno di

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prestazioni sanitarie locali (tanto che è proprio la legge - e segnatamente

l’art. 27 del d.lgs. 68/2011 - a stabilire che debba trovare applicazione in

questo caso il criterio della popolazione “pesata”, ossia il criterio che tiene

conto dell’età media della popolazione).

Fermo ciò, non è comunque chiaro quale sia il bacino di

“popolazione residente” stimato dalla Regione Piemonte con riferimento

all’ospedale di Acqui Terme. Né sono chiare le modalità mediante le quali

la stessa Regione sia giunta (se è giunta) ad effettuare tale stima. In

sostanza, non è dato di sapere quale sia stato il percorso logico ed istruttorio

in esito al quale la Regione Piemonte, sulla base dei criteri da essa enunciati

(e comunque appena contestati), ha potuto stilare la tabella riportata a pag.

26 dell’Allegato A alla delibera impugnata e, nello specifico, classificare

l’ospedale di Acqui Terme come semplice ospedale di base. Il che pare

sufficiente a viziare la delibera stessa per difetto di istruttoria.

-b) Il vizio di istruttoria è ancora più grave se si tiene conto che il

bacino di utenza dell’ospedale di Acqui Terme non si limita affatto a quella

che la Regione definisce come “popolazione residente”. In proposito va

osservato che – come si legge nella relazione di cui al doc. 5 – l’ospedale di

Acqui Terme è storicamente l’ospedale di riferimento (non solo del “basso

alessandrino”, ma anche) di numerosi Comuni della Langa astigiana (tra cui

alcuni degli odierni ricorrenti), che sono più vicini ad esso che non

all’ospedale di Asti. Senza contare che lo stesso ospedale di Acqui Terme è,

per molti Comuni del circondario (fra cui tutti gli odierni ricorrenti),

decisamente più “accessibile” (in termini di raggiungibilità e tempi di

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percorrenza) rispetto agli altri ospedali della zona (segnatamente, l’ospedale

di Novi Ligure, quello di Alessandria e quello di Tortona: v. sempre la

relazione di cui al doc. 5). Cosicchè il bacino di utenza dell’ospedale stesso

risulta essere ben più ampio rispetto a quello che la Regione parrebbe aver

individuato sulla base del criterio della popolazione residente (tenuto altresì

conto del fatto che la zona di riferimento, e in particolare il Comune di

Acqui Terme, attirano numerosi turisti durante tutto il corso dell’anno: il

che influisce ovviamente sul bacino di utenza della struttura ospedaliera,

ulteriormente incrementandolo: v. sempre dal doc. 5). Anche di tutti questi

aspetti la delibera impugnata non ha tenuto alcun conto.

-c) Nel classificare l’ospedale di Acqui Terme come ospedale di

base, e nel privarlo perciò del DEA, la Regione Piemonte ha ritenuto che il

servizio DEA potrà essere erogato ai cittadini compresi nel bacino di Acqui

Terme dall’ospedale di Novi Ligure (v. la tabella riportata a pag. 7

dell’Allegato B alla delibera impugnata, in cui si legge, in corrispondenza

dei tre asterischi riferiti all’ospedale di Acqui Terme, “con prioritario

riferimento allo spoke di Novi Ligure”: doc. 2). Peraltro, anche tale

previsione comprova il difetto di istruttoria in cui è incorsa

l’Amministrazione. La Regione non ha infatti considerato che il tempo

necessario per gli abitanti di molti Comuni della zona (fra cui gli odierni

ricorrenti) per raggiungere l’ospedale di Novi Ligure (così come del resto

anche l’ospedale di Alessandria) è il triplo rispetto a quello occorrente per

raggiungere l’ospedale di Acqui Terme. E ciò in ragione del fatto che il

territorio dei Comuni ricorrenti non è percorso da alcuna arteria autostradale

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e, a differenza dei Comuni di Novi Ligure, Tortona e Alessandria, non ha

nemmeno un casello nelle vicinanze (v. per tutto ciò dal doc. 5).

Pertanto la soppressione del DEA dell’ospedale di Acqui Terme

porterà come conseguenza un aumento esponenziale del rischio per la salute

del paziente che, nei casi di emergenza (quali sono di solito quelli per i quali

è necessario il DEA), non potrà contare su un intervento sanitario

tempestivo (proprio a causa degli elevati tempi di percorrenza di cui si è

appena detto). Il tutto aggravato dal fatto che molti fra i ricorrenti sono

Comuni collinari (taluni anche montani) e che pertanto i tempi di

percorrenza delle strade nella stagione invernale (con neve e maltempo)

sono suscettibili di aumentare ulteriormente.

In ragione di quanto precede gli atti qui impugnati appaiono viziati

da eccesso di potere sotto i molteplici profili indicati in rubrica, oltre che per

irrazionalità e per difetto di proporzionalità (in quanto l’Amministrazione

non ha valutato la possibilità di perseguire i propri obiettivi in maniera

meno afflittiva per le popolazioni locali e con equo contemperamento degli

interessi dei diversi soggetti coinvolti dai “tagli” di spesa).

4. Ad ulteriore conforto del lamentato vizio di eccesso di potere

militano anche le seguenti considerazioni.

-a) L’Allegato “A” alla d.G.R. n. 1-600:

- determina il numero dei posti letto, sulla base dello standard previsto

dall’art. 15 comma 13 lett c), del d.l. 95/2012 (peraltro, come si è detto,

assumendo erroneamente come base di riferimento la popolazione residente

secondo l’ISTAT, non adeguatamente “pesata”);

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- applica sui valori numerici come sopra determinati i criteri di

“normalizzazione” previsti dallo schema di regolamento interministeriale (di

cui alla C.S.R. n. 98 del 5.8.2014), individuando come “obiettivo regionale

di programmazione” un tasso di occupazione dei posti letto di post-acuzie

pari all’85% (apoditticamente determinato e comunque erroneo e

sottostimato, in quanto il tasso medio di utilizzo dei posti letto di post-

acuzie in base ai dati delle SDO 2013 risulta pari all’87%: v. dal doc. 2,

All., pag. 8). Sulla base di tali criteri di normalizzazione, ipotizzando un

utilizzo di ciascun posto letto per ricoveri ordinari in ragione di 365 gg.

l’anno e un utilizzo di 1,5 posti letto di day hospital per 250 giorni l’anno,

perviene ad individuare un fabbisogno ottimale di 4.691 posti letto di post-

acuzie (v. dal doc. 2, All. A, pag. 31), maggiore rispetto ai 4.615 posti letto

esistenti (v. dal doc. 2, All. A, pag. 9);

- applica ai suddetti valori ulteriori criteri di normalizzazione sia in

base ai (contestati) coefficienti di riduzione (0,80 e 0,65) previsti dallo

schema di regolamento solo per le Regioni non interessate dai Piani di

rientro, sia in considerazione della mobilità interregionale, sia considerando

bacini di utenza apoditticamente determinati sui valori medi rispetto ai

valori minimi e massimi previsti dal suddetto schema di regolamento;

- e, sulla base di tutti i suddetti calcoli, determina un fabbisogno di

4.026 posti letto di post-acuzie (v. dal doc. 2, All. A, pag. 21 e 37), inidoneo

a conseguire l’obiettivo regionale (di 4.691 posti letto) risultante dal tasso

programmato di occupazione di questa tipologia di posti letto (v. dal doc. 2,

All. A, pag. 13).

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Già questa incongruenza tra - da un lato - le premesse e gli obiettivi

programmatici enunciati dalla d.G.R. n. 1-600 e - dall’altro lato - le

conseguenze e la stima dei fabbisogni da essa stessa individuati dimostra

che i criteri astratti dettati dallo schema di regolamento, ancor più per come

applicati dalla medesima d.G.R. n. 1-600, non sono in grado di soddisfare le

esigenze di prestazioni sanitarie (nella specie, segnatamente, di post acuzie)

della Regione Piemonte. E ciò conferma l’irrazionalità dei suddetti

medesimi criteri, se essi non siano “calati” nella specifica realtà di ciascuna

Regione, considerata sulla base della popolazione “pesata” e di un’attenta

analisi istruttoria dei dati epidemiologici, scientifici, clinici, organizzativi,

gestionali e di appropriatezza. Con conseguente vizio di eccesso di potere

degli atti qui impugnati, sotto il profilo dell’irrazionalità, del difetto

d’istruttoria, dell’erronea valutazione e del travisamento dei fatti.

-b) A ciò si aggiunga un’ulteriore intrinseca irrazionalità della d.G.R.

1-600 e del suo Allegato “A”. Invero, questa stessa d.G.R. n. 1-600:

- da un lato, all’All. “A”, riduce i posti letto di acuzie dagli attuali n.

13.087 ai n. 11.438 programmati, inferiori rispetto ai n. 11.572

“normalizzati” in base agli obiettivi programmatici sul tasso di occupazione

ottimale (in questo caso, stimato pari all’80%);

- dall’altro lato, nella parte motiva prevede un “parziale recupero”

della mobilità interregionale “stimato nella quota del 20%, favorendone la

distribuzione in linea con il fabbisogno di utenza di ogni area omogenea e

prevedendo un utilizzo più efficace dei posti letto” (v. dal doc. 2, pag. 4).

Tuttavia non è chiaro come possa avvenire questo recupero della

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mobilità, che a pag. 35 dell’Allegato “A” si chiarisce essere la mobilità

“passiva” (doc. 2). Infatti tale mobilità riguarda le prestazioni di acuzie e il

recupero dovrebbe avvenire tramite l’assegnazione di tali discipline alle

strutture private (v. pag. 35 dell’All. “A”), alle quali però la d.G.R. n. 1-600

“taglia” ben 665 posti letto di acuzie. Di qui l’ulteriore illegittimità della

d.G.R. n. 1-600 per difetto di motivazione, nonché per eccesso di potere

sotto i profili dell’intrinseca irrazionalità, del difetto d’istruttoria,

dell’erronea valutazione e del travisamento dei fatti, non avendo la Regione

effettuato alcuna indagine volta ad appurare come il taglio dei suddetti posti

letto di acuzie (sia delle strutture pubbliche, sia di quelle private) possa mai

essere compatibile con l’incremento di tali prestazioni, necessario per

perseguire l’obiettivo della riduzione della mobilità passiva (nella misura

stimata, apoditticamente, al 20%).

-c) Da ultimo su questo punto, la d.G.R. impugnata appare ancor più

intrinsecamente contraddittoria e immotivata nella misura in cui assume sic

et simpliciter come bacino d’utenza ottimale di ciascuna disciplina sempre

il valore medio tra il bacino massimo e quello minimo stabilito dallo schema

di regolamento oggetto della (presunta) intesa in sede di C.S.R., senza che

questa scelta del bacino “medio” sia dettata o giustificata dalla specifica

considerazione dell’effettivo fabbisogno di prestazioni sanitarie (di ciascuna

disciplina) nella Regione Piemonte (v. la tabella di cui al doc. 2, all. A,

pagine 31-32). Di qui un ulteriore difetto di motivazione, nonché l’eccesso

di potere per difetto d’istruttoria, per erronea valutazione e per travisamento

dei fatti.

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5. I vizi di cui si è ora detto - e, segnatamente, il difetto di una

specifica istruttoria (basata sui reali fabbisogni sanitari della popolazione

piemontese, “pesata” e analizzata nel contesto degli effettivi dati

epidemiologici, scientifici, clinici, organizzativi, strutturali, gestionali, di

appropriatezza) - riguardano, peraltro, tutti i criteri per la programmazione

della rete ospedaliera e delle linee di sviluppo della rete territoriale indicati a

pag. 3 della medesima d.G.R. n. 1-600 e nei relativi Allegati “A” e “B”, e in

particolare:

- l’individuazione e la classificazione delle strutture ospedalieri

piemontesi pubbliche;

- la definizione delle dotazioni di strutture organizzative pubbliche e

private per disciplina sulla base dei criteri dello schema di regolamento

(erronei in sé, e ancor più erronei per come essi sono stati applicati “a

freddo” al territorio piemontese: v. supra);

- il rinvio dell’allocazione definitiva delle discipline non connesse

all’emergenza/urgenza ad una non meglio precisata futura “definizione da

parte della Direzione sanità, su proposta del Direttore generale dell’ASR,

… in relazione alla disponibilità di spazi idonei, in funzione degli

investimenti strutturali effettuati e della necessità di valorizzare il ruolo dei

presidi ospedalieri di base” (v. dal doc. 2, pag. 3 e pag. 34 dell’All. “A”). E

ciò conferma anche l’irrazionalità della d.G.R. n. 1-600, che è frutto di

un’inversione, da parte della Regione, del modulo procedimentale che

avrebbe dovuto essere razionalmente seguito e che è stato invece disatteso.

Invero, l’Amministrazione ha individuato la dotazione dei posti letto e ha

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43

dettato le linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale prima di

avere acquisito i (e quindi del tutto indipendentemente dai) dati

sull’effettivo fabbisogno di prestazioni sanitarie di ciascuna singola

disciplina. E ciò senza neppure tenere conto dell’idoneità - in funzione della

disponibilità di spazi adeguati e degli investimenti strutturali effettuati -

delle strutture pubbliche esistenti (ma anche delle strutture private, per

quanto si è detto sopra nelle diverse articolazioni del punto 4. del presente

motivo di ricorso) a soddisfare (nelle necessarie condizioni di efficienza e di

appropriatezza) gli obiettivi come sopra apoditticamente fissati;

- l’individuazione della dotazione di posti letto pubblici e privati e

delle sue conseguenze (anche in termini di recupero della mobilità passiva,

di cui si è già detto). Riguardo a tali dotazioni (apoditticamente

determinate), si evidenzia inoltre che non risultano in alcun modo

giustificate (nonostante l’evidente importanza dei profili economici,

strutturali e organizzativi connessi alle relative prestazioni) le mere

affermazioni che si rinvengono a pag. 32 dell’All. “A” alla d.G.R. n. 1-600

ora in esame, secondo cui “è stato considerato un adeguato e coerente

rafforzamento della rete 118 e della diffusione delle elisuperfici ad uso

notturno, in modo da garantire l’accesso dei cittadini alla rete

dell’emergenza ospedaliera secondo una modalità sempre più corretta e

tempestiva”;

- l’individuazione delle linee di indirizzo per lo sviluppo della rete

territoriale. Al riguardo, in aggiunta a quanto si è detto fin qui, si evidenzia

che le indicazioni che si rinvengono al punto 4. dell’Allegato “A” alla

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d.G.R. n. 1-600 sono estremamente generiche e non risultano supportate (né

suffragate) da alcuna specifica istruttoria.

Di qui i vizi (di violazione di legge e di eccesso di potere) indicati in

rubrica.

6. Inoltre, il Patto per la Salute 2014-2016 oggetto dell’Intesa in

C.S.R. del 10.7.2014 (e che è richiamato dalla stessa d.G.R. n. 1-600),

all’art. 3 prevede:

- al comma 1, l’emanazione del regolamento sugli standard

(qualitativi, strutturali, ecc…), di cui si è detto ai precedenti punti di questo

stesso motivo;

- al comma 2, la stipula di un’Intesa Stato-Regioni sugli “indirizzi

per realizzare la continuità assistenziale dall’ospedale al domicilio del

cittadino-paziente”;

- al comma 3, l’emanazione di un “documento di indirizzo che

individui criteri di appropriatezza di utilizzo dei vari setting riabilitativi, per

garantire alla persona con disabilità un percorso riabilitativo integrato

all’interno della rete riabilitativa” (v. per tutto ciò dal doc. 10).

Ad oggi, nessuno dei suddetti tre testi risulta emanato.

L’art. 1 comma 169 della legge n. 311/2004 stabilisce che, “al fine

di garantire che il raggiungimento dell’equilibrio economico da parte delle

Regioni sia conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute ..

con regolamento adottato ai sensi dell’art. 17 comma 3 della legge n.

400/1988 … sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di

processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di

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assistenza [si tratta del regolamento, a tutt’oggi non approvato, di cui

abbiamo parlato ai punti 2 e 3 di questo stesso motivo di ricorso: n.d.r.] … .

Con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i

servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario

nazionale” .

Orbene, affinchè non si abbia una minore tutela del diritto alla salute

del cittadino, i provvedimenti regionali di adeguamento agli standard di

dotazione di posti letto a carico del S.S.R. devono dunque essere emanati

sulla base e nel rispetto degli standard, degli indirizzi e dei criteri di

appropriatezza definiti dal complesso dei regolamenti e dei documenti di cui

all’art. 3 del Patto per la Salute 2014-2016 e all’art. 1 comma 169 della

legge n. 311/2004 (quest’ultimo, richiamato dallo stesso art. 15 comma 13

lett. c, del d.l. 95/2012). E infatti, a conferma di ciò, lo stesso schema di

regolamento su cui si è espressa la C.S.R. 5.8.2014, n. 98 (pur ancora in

fieri, come si è detto): - all’art. 1 comma 3, lett. d), precisa che “con

successivi provvedimenti programmatici saranno adottate disposizioni

dirette ad assicurare, nell’ulteriore processo di riassetto delle reti

ospedaliere, il raggiungimento di 3,7 posti letto per mille abitanti in

ciascuna regione, fermo restando il rispetto di tale parametro a livello

nazionale”; - e all’Allegato 1, punto 10, penultimo comma, chiarisce che

“le Regioni, al fine di agevolare il processo di definizione della rete

ospedaliera, devono procedere contestualmente al riassetto dell’assistenza

primaria, dell’assistenza domiciliare e di quella residenziale, in coerenza

con quanto previsto dal vigente quadro normativo in materia di livelli

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essenziali di assistenza e con gli obiettivi economico finanziari nazionali

fissati per il Servizio sanitario nazionale”.

In conclusione, nella d.G.R. n. 1-600 manca qualsivoglia

approfondimento sotto ciascuno dei profili sopra indicati e, in assenza dei

regolamenti, delle Intese e degli atti in indirizzo previsti dalla normativa

sopra indicata, manca altresì la programmazione in una visione integrata e

complessiva del servizio sanitario regionale. Di qui l’illegittimità degli atti

impugnati, sia per violazione di legge (con riferimento all’art. 15 comma 13

lett. c, del d.l. 95/2012, all’art. 1 comma 169 della legge n. 311/2004, all’art.

3 del Patto per la Salute 2014-2016); sia per eccesso di potere (sotto il

profilo del difetto d’istruttoria, dell’erronea valutazione e del travisamento

dei fatti); sia, infine, per difetto di motivazione.

-VI-

Violazione di legge, con riferimento all’art. 27 del d.lgs. 68/2011 (nonché

all’art. 1 comma 3 lett. a, dell’Intesa C.S.R. n. 98/2014), al P.S.S.R. 2012-

2015, nonché ai principi di correttezza, trasparenza e buon andamento

dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, per

difetto dei presupposti, per erronea valutazione e travisamento dei fatti, per

contraddittorietà rispetto agli atti presupposti (tra cui la d.G.R. n. 25-

6992/2013 e la d.G.R. n. 23-6990/2013). Difetto di motivazione.

1. La d.G.R. n. 1-600 afferma di aver voluto adeguare la disciplina

regionale (quanto alla “rimodulazione della rete ospedaliera con

riferimento al numero dei posti letto e all’articolazione delle discipline

ospedaliere e relative strutture complesse”) all’evoluzione del contesto

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normativo nazionale “in corso di perfezionamento”, anche al fine di

“aggiornare i fabbisogni assistenziali regionali, accogliendo le

sollecitazioni provenienti in tal senso dai competenti tavoli ministeriali” (v.

dal doc. 18, pag. 3, e Allegato “A”, pag. 4).

In particolare, dalla medesima d.G.R. n. 1-600 apprendiamo:

-a) che i Ministeri dell’Economia e della Salute avrebbero contestato

la correttezza della metodologia di ridefinizione della rete ospedaliera

adottata nelle precedenti deliberazioni della Giunta regionale n. 6-

5519/2013 e n. 28-7588/2014 in relazione al calcolo dei posti letto, che fa

riferimento agli abitanti “pesati”, invece che al criterio (che sarebbe stato

stabilito dai Comitati LEA) della popolazione residente (v. doc. 2, pag. 2);

-b) e che il Tavolo tecnico e il Comitato permanente LEA avrebbero

criticato la d.G.R. 28-7588/2014, perché essa: - da un lato, non evidenzia

quali modifiche del fabbisogno assistenziale abbiano originato la modifica

da essa attuata rispetto alla precedente articolazione della rete ospedaliera

disegnata con la d.G.R. n. 6-5519/2013; - e, dall’altro lato, sembra aver

voluto unicamente recepire le modifiche delle dotazioni di posti letto

conseguenti agli Accordi conclusi con le strutture private e con le rispettive

Associazioni di categoria, senza però dar conto di avere approfondito tutte

le tematiche sottese alla suddetta d.G.R. n. 6-5519/2013 e, in particolare,

quelle riguardanti la ri-articolazione della rete ospedaliera pubblica quanto

al “ruolo dei singoli presidi nelle reti assistenziali e nella rete

dell’emergenza-urgenza” e al “numero di unità operative previste a regime

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nei presidi ospedalieri pubblici” nel rispetto degli standard stabiliti dal

Comitato LEA (v. sempre dal doc. 2, pag. 2).

La Regione Piemonte, con la d.G.R. n. 1-600 per cui è causa,

afferma di avere voluto superare le suddette “criticità”, ridisegnando la rete

ospedaliera regionale in asserita maggiore coerenza con il quadro normativo

nazionale e regionale.

Queste argomentazioni non sembrano condivisibili.

2. E’ vero che la d.G.R. n. 28-7588/2014 (d’ora in avanti “d.G.R. 28-

7588”) ha determinato l’articolazione dei posti letti della rete ospedaliera

regionale con riferimento agli abitanti “pesati”. Ma è altresì vero che questo

criterio non solo è del tutto razionale (perché consente di cogliere con

maggiore precisione e puntualità i fabbisogni assistenziali in relazione alla

concreta composizione della popolazione residente nel territorio regionale),

ma è altresì imposto (e recepito) dalla stessa normativa nazionale (ossia

dall’art. 27 del d.lgs. 68/2011, oltre che dallo stesso schema di regolamento

di cui si è detto al precedente motivo V). Ed è fondamentale evidenziare

che, applicando il parametro della popolazione “pesata”, “il numero dei

posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio

sanitario regionale … corrisponde a 17.102 unità (pari a 3,63 posti letto

per mille abitanti pesati), ovvero ad un livello non superiore a 3,7 posti letto

per mille abitanti pesati, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti

pesati per la riabilitazione e la lungodegenza post acuzie, … così come

previsto dall’art. 15, comma 13, lett. c., del d.l. 6.7.2012, n. 95, conv. nella

legge 7.8.2012, n. 135” (v. il testo della d.G.R. 28-7588: doc. 3, pag. 5).

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Ne deriva l’illegittimità della d.G.R. n. 1-600 e degli altri atti qui

impugnati (e meglio precisati in epigrafe): - sia per violazione di legge, con

riferimento all’art. 27 del d.lgs. n. 68/2011 e allo schema di regolamento

oggetto dell’Intesa Stato-Regioni n. 98/2014; - sia per eccesso di potere,

sotto il profilo del difetto d’istruttoria, del difetto dei presupposti,

dell’erronea valutazione e del travisamento dei fatti.

3. Non appare fondata neppure l’ulteriore obbiezione che si rinviene

negli atti qui impugnati, secondo cui la d.G.R. n. 28-7588 farebbe seguito ad

un’istruttoria carente su taluno dei profili rilevanti per la definizione della

complessiva rete ospedaliera regionale, quali definiti dalla d.G.R. n. 6-

5519/2013.

A confutazione di ciò osserviamo che la suddetta d.G.R. n. 28-7588

fa parte di un disegno complessivo tradottosi nell’emanazione di una

pluralità di atti, che devono essere esaminati congiuntamente e dai quali

emerge che la Regione Piemonte, con gli atti oggi censurati dalla d.G.R. n.

1-600, ha in effetti affrontato tutte le tematiche poste dalla d.G.R n. 6-

5519/2013, così come successivamente aggiornata e modificata in funzione

degli effettivi fabbisogni del territorio.

4. Invero, la lettura del testo integrale della d.G.R 12.5.2014 n. 28-

7588, e degli atti prodromici richiamati (tra cui le dd.G.R. n. 14-7070/2014

e n. 44-7346/2014, ai docc. 6 e 7), dimostra che essa non è viziata sotto

alcuno dei profili (apoditticamente) ipotizzati dall’Amministrazione con gli

atti qui impugnati. E ciò perché la medesima d.G.R 12.5.2014 n. 28-7588,

come abbiamo già detto, si basa su un’attenta e puntuale istruttoria del

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50

fabbisogno reale di prestazioni sanitarie nelle diverse aree territoriali e, in

particolare, tiene conto (v. dal doc. 3):

-a) delle modifiche dei fabbisogni di prestazioni sanitarie derivanti

dalla soppressione delle Aree Sovrazonali (prese in considerazione dalla

d.G.R. n. 6-5519/2013) e dalla loro sostituzione con le Aree Interaziendali

di Coordinamento - A.I.C. (di cui alla sopravvenuta d.G.R. 9.12.2013, n. 43-

6861);

-b) della riconversione di una parte dei posti letto di post-acuzie in

posti letto di continuità assistenziale a valenza sanitaria - “c.a.v.s.”,

programmata con molteplici provvedimenti attuativi della d.G.R. n. 6-

5519/2013 (tra cui, in particolare, la d.G.R. 4.2.2014, n. 14-7070 e la d.G.R.

31.3.2014, n. 44-7346, richiamate espressamente dalla d.G.R 12.5.2014 n.

28-7588) 4, al cui avvio – previsto fin dal 1°.7.2014 – le strutture sanitarie

hanno dovuto prepararsi (con i necessari mutamenti organizzativi e

funzionali);

4 La d.G.R. 4.2.2014, n. 14-7070 e la d.G.R. 31.3.2014, n. 44-7346, citate supra nel testo, sono particolarmente importanti perché dimostrano che l’individuazione della dotazione di posti letto delle strutture sanitarie pubbliche, equiparate al pubblico e private, per i profili ora in rilievo, è avvenuta sulla base delle reali, effettive esigenze del territorio. Segnatamente, nella d.G.R. n. 14-7070/2014 si legge: - che ciascuna Azienda Sanitaria Locale “ha formulato specifiche proposte (relative sia alla distribuzione dei posti letto, ordinari e a ciclo diurno, per presidio e per disciplina, sia all’individuazione, per presidio delle Strutture complesse e delle Strutture semplici) che sono state esaminate dall’Assessorato per le necessarie valutazioni di coerenza … e rispetto ai valori standard Lea” ; - e che, proprio “al fine di continuare a garantire alla popolazione piemontese i livelli essenziali di assistenza, si rende necessario allineare la riconversione dei posti letto di post acuzie al fabbisogno di posti letto di continuità assistenziale a valenza sanitaria segnalato dalle singole ASL” (v. dal doc. 6, pagg. 2-3).

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-c) del raccordo tra le suddette prestazioni e i posti letto

convenzionati ex art. 26 della legge 833/1878 o le prestazioni delle strutture

RSA (v. sempre dalla citata d.G.R. 4.2.2014, n. 14-7070, al doc. 6);

-d) dei “Programmi Operativi per il triennio 2013-2015 …

approvati [con la d.G.R. n. 25-6992/2013, al nostro doc. 8, n.d.r.] in esito

alle valutazioni emerse in sede di tavolo ministeriale sull’attuazione del

Piano di rientro 2010-2012 ” , la cui esecuzione “costituisce condizione

necessaria per non compromettere l’attribuzione, in via definitiva, delle

risorse finanziarie … condizionate alla piena attuazione dello stesso PRR”

(v. la stessa d.G.R. 28-7588, al doc. 3, pag. 4).

E, tutto ciò, sulla base delle esigenze manifestate dalle Aziende

Sanitarie Locali di riferimento, anche al fine di realizzare l’organizzazione

delle aree ospedaliere per intensità di cura ed assistenza come previsto dal

punto 5.3.2. del Piano socio-sanitario regionale 2012-2015 [cfr., al riguardo,

in particolare la già citata d.G.R. n. 44-7346/2014, richiamata espressamente

dalla d.G.R n. 28-7558, dove si legge che, successivamente ai primi

provvedimenti attuativi della d.G.R. n. 6-5519/2013, “in occasione di una

serie di incontri con le ASL finalizzati a condividere azioni e interventi su

particolari aree tematiche in attuazione dei Programmi operativi per il

triennio 2013-2015 approvati con d.G.R. n. 25-6992 del 30.12.2013 è

emersa una modifica dell’Allegato A al provvedimento regionale n. 14-

7070/2014” (v. dal doc. 7, pag. 1). In esito a ciò, la Regione ha condiviso

con le AA.SS.LL. un documento sulla programmazione dei posti di c.a.v.s.,

effettuando “di concerto con le ASL … ulteriori approfondimenti che hanno

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52

visto una particolare analisi delle attività degenziali assicurate dagli

ospedali cittadini, al fine di rilevare più puntualmente il fabbisogno di posti

letto di continuità assistenziale a valenza sanitaria necessarie per gli

assistiti” delle medesime AA.SS.LL.: v. sempre dal doc. 7)].

5.1. In ragione di (e in esito a) tutto quanto precede, la d.G.R

12.5.2014 n. 28-7588 per cui è causa aggiorna dunque il sistema delineato

dalla precedente d.G.R. n. 6-5519/2013, che essa provvede a modificare e

integrare, superando altresì quanto disposto provvisoriamente con le

determine del Direttore regionale alla sanità 4.7.2013, n. 532 e 29.8.2013, n.

651. 5 E quindi, a differenza di quanto si legge (sia pure dubitativamente)

nella dGR n. 1-600/2014 qui impugnata (v. doc. 2, pag. 2), la suddetta d.G.R

n. 28-7588 non può, in radice, essere afflitta dai medesimi vizi che, in

ipotesi, inficiassero la precedente d.G.R. n. 6-5519/2013.

5.2. Inoltre, il peculiare percorso (ricordato al precedente punto 4)

che ha condotto all’emanazione della medesima suddetta d.G.R n. 28-7588

consente di confutare anche le ulteriori (mere e generiche) affermazioni

contenute nella d.G.R. n. 1-600 circa ipotetici vizi istruttori della stessa

d.G.R. n. 28-7588.

Invero, dal complesso degli atti sopra ricordati (nel cui contesto si

colloca anche, ma non solo, la d.G.R. n. 28-7588) risulta che la

programmazione della rete ospedaliera è avvenuta: - con il coinvolgimento

delle AA.S.S.LL., che hanno rappresentato le esigenze attuali del territorio

5 A conferma di ciò, le suddette determine direttoriali (provvisorie) n. 532/2013 e n. 651/2013 sono state anche espressamente revocate dalla successiva determina direttoriale19.5.2014, n. 479 (al doc. 9).

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53

(v., ad es., quanto si è detto supra in relazione alla d.G.R. 4.2.2014, n. 14-

7070 e alla d.G.R. 31.3.2014, n. 44-7346, richiamate espressamente dalla

d.G.R 12.5.2014 n. 28-7588 e ad essa prodromiche); - e in coerenza con le

indicazioni sia del P.S.S.R. 2012-2015, sia dei Programmi Operativi

approvati con la d.G.R. 30.12.2013. n. 25/6992 e condivisi dai Ministeri,

perché in linea con le prescrizioni del Piano di rientro (cfr. ancora il testo

della medesima d.G.R. n. 28-7588, al doc. 3, pag. 3).

Da ciò l’eccesso di potere della d.G.R. n. 1-600 e degli altri atti qui

impugnati (e meglio specificati in epigrafe), per difetto dei presupposti,

difetto d’istruttoria, erronea valutazione e travisamento dei fatti, con

particolare riferimento a quelle specifiche circostanze (“tutti gli elementi

trattati dall’Allegato B della d.G.R. n. 6-5519/2013 … indicazioni sul

numero di unità operative … al fine di dare evidenza al rispetto degli

standard”: v. dal doc. 2, pag. 2), che la d.G.R. n. 1-600 assume

(apoditticamente) essere poco chiare.

- VII –

Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione,

travisamento dei fatti e contraddittorietà. Sviamento di potere.

1. La d.G.R. n. 1-600 porta a compimento le conclusioni assunte

nella prima seduta della nuova Giunta regionale del 20.6.2014, nel corso

della quale: - si era già decisa la sospensione della d.G.R. 28-7588 “relativa

alla revisione della rete ospedaliera, che non ha ancora avuto pratica

attuazione in modo da verificare, anche attraverso un confronto con le

aziende sanitarie, se le disposizioni adottate dalla Giunta precedente siano

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54

coerenti con gli obiettivi imposti dai Programmi Operativi 2013-2015” ; - e

si era dichiarato di voler analizzare le “reali ricadute dei provvedimenti

relativi ai rapporti con gli erogatori privati” (v. dal doc. 11, pag. 8), quasi

che queste “ricadute” non emergessero già dal rispetto dei limiti di spesa

fissati come obiettivi programmatici dell’Amministrazione nella d.G.R. 25-

6992.

2. Questi “intenti programmatici” subito dichiarati, all’atto del suo

insediamento, dalla Giunta regionale confermano i vizi della d.G.R. n. 1-600

e degli altri atti qui impugnati. In sostanza, nella sua prima seduta, appena

insediatasi, la nuova Giunta ha deciso di sospendere i provvedimenti di

revisione della rete ospedaliera adottati dalla precedente Giunta, prima

ancora di conoscerne il merito, senza neppure avere approfondito

l’istruttoria (pluriennale) che ne è alla base, e ipotizzando che essi non

avessero avuto ancora pratica attuazione. Per contro, come abbiamo visto

nei precedenti motivi di ricorso, tali provvedimenti sono stati, in effetti,

attuati:

- sia con riferimento alle modifiche organizzative e strutturali

necessarie alla riconversione dei posti letto di post acuzie in posti letto di

c.a.v.s., che ha richiesto un processo di adeguamento delle strutture - in

corso fin dal luglio 2013 - a nuovi, peculiari requisiti strutturali e

organizzativi;

- sia con riferimento alla produzione realizzata sulla dotazione di

posti letto, che forma oggetto di Accordi sottoscritti dall’Assessorato alla

sanità fin dal gennaio 2014).

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55

La suddetta decisione di sospensione è stata assunta, il 20.6.2014,

dalla nuova Giunta regionale al fine di valutare l’eventuale non conformità

degli atti adottati dalla precedente Amministrazione con i Programmi

operativi approvati con la d.G.R. 25-6992, senza neppure precisare però

quali (e se vi) fossero “sospetti” o elementi sintomatici di un’ipotetica non

conformità.

Con la d.G.R. 46-233, poi, è stata disposta in concreto la sospensione

della d.G.R. 28-7588 e la “disapplicazione” di altri atti e provvedimenti,

ancora una volta senza precisare quali fossero le loro eventuali difformità

rispetto ai Programmi Operativi approvati con la d.G.R. 25-6992 (e, anzi,

sussistendo - come si è detto sopra - la conformità degli atti della precedente

Giunta rispetto a tale d.G.R.), ma accennando ad una ancora più generica

“esigenza di verificare eventuali … difformità rispetto alla normativa di

riferimento”.

Infine, con la d.G.R. n. 1-600 è stata definitivamente revocata la

d.G.R. n. 28-7588, con disapplicazione degli altri provvedimenti regionali

aventi consimile contenuto. E ciò senza avere attivato alcun “confronto con

le aziende sanitarie” (come invece era stato dichiarato nella seduta del

20.6.2014) e sebbene i suddetti provvedimenti della precedente Giunta

regionale, come si è già dimostrato nei precedenti motivi di ricorso, siano

perfettamente coerenti con la normativa nazionale, con il P.S.S.R. 2012-

2015, con il Piano di rientro, con i Programmi operativi 2012-2015, con le

linee di indirizzo nazionali e regionali, con il Patto per la salute.

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3. Da quanto esposto deriva la conferma del difetto di motivazione e

dell’eccesso di potere della d.G.R. 1-600 e degli altri atti qui impugnati (ivi

compresi, occorrendo, i provvedimenti e le conclusioni assunte nella prima

seduta della nuova Giunta regionale del 20.6.2014):

- sia sotto il profilo del difetto d’istruttoria, dell’erronea valutazione

e del travisamento dei fatti, nonché della contraddittorietà tra atti;

- sia sotto il profilo dello sviamento, in quanto la Giunta regionale

pare avere esercitato i propri poteri non già per provvedere agli effettivi

fabbisogni sanitari della collettività, bensì al fine di superare in ogni caso gli

atti della precedente Amministrazione e, con la d.G.R. 1-600, ha infine

deciso di revocare / disapplicare tali atti, pur avendone verificato (o

potendone verificare, se l’istruttoria fosse stata davvero analitica) la piena

legittimità.

- VIII –

Violazione ed erronea applicazione dell’art. 1 comma 796 della legge n.

296/2006 e dell’art. 2 comma 95 della legge 191/2009. Eccesso di potere

per difetto dei presupposti, erronea valutazione e travisamento dei fatti.

Da ultimo, non sembra condivisibile l’affermazione della d.G.R. n 1-

600 secondo cui gli interventi da essa previsti sarebbero adottati “in

attuazione del Piano di rientro e dei Programmi operativi 2012-2015” e

dunque si imporrebbero “coattivamente”, giusta la particolare tutela prevista

al riguardo dall’art. 1 comma 796 della legge n. 296/2006 e dall’art. 2

comma 95 della legge n. 191/2009.

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E’ vero che le suddette norme prevedono che “gli interventi

individuati nei programmi operativi” e “nel Piano di rientro sono

vincolanti per la Regione”, che è obbligata ad apportare le conseguenti

variazioni (anche mediante rimozione) di provvedimenti normativi ed

amministrativi già adottati e in contrasto con essi. Ma è altresì vero che, a

parte la mera affermazione apodittica che si rinviene nella stessa d.G.R. n.

1-600, non è dimostrato e non risulta che questa stessa d.G.R. costituisca

davvero un “intervento individuato” dal Piano di rientro o dai Programmi

operativi, e neppure che essa sia attuativa di essi, laddove l’effetto

“vincolante” previsto dalla suddetta normativa riguarda solo gli interventi

effettivamente “individuati” , nel senso che la Regione è obbligata ad

eliminare i provvedimenti che fossero in contrasto con singoli, specifici

interventi precisamente e analiticamente individuati dai Programmi

operativi e dal Piano di rientro. Al riguardo, non ci risulta che il contenuto

della d.G.R. 1-600 e degli altri atti ad essa connessi e qui impugnati sia

precisamente, analiticamente individuato dal Piano di rientro o dai

Programmi operativi 2012-2105. Per contro, il Piano di rientro e i

Programmi operativi individuano solo degli obiettivi, senza vincolare il

raggiungimento di essi ad una particolare modalità operativa (e,

segnatamente, a quelle particolari modalità operative concretate dalla d.G.R.

n. 1-600). E infatti la d.G.R. n. 28-7578/2014, la d.G.R. n. 83-7673/2014 e

gli altri provvedimenti ad esse connessi adottati dalla precedente Giunta

regionale danno atto e dimostrano di essere perfettamente coerenti con gli

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obiettivi posti dal suddetto Piano di rientro e dai Programmi operativi 2012-

2015.

Lungi dall’essere attuativa del Piano di rientro o dei Programmi

operativi, con i quali invece è in contrasto, la d.G.R. 1-600 – come si è visto

– vìola pure la normativa nazionale (e lo stesso Patto per la Salute 2014-

2016). In ogni caso, quand’anche (in ipotesi) fosse coerente con il Piano di

rientro e con i Programmi operativi, la d.G.R. 1-600 non si potrebbe

comunque, per ciò solo, sottrarre al rispetto delle norme che presiedono alla

legittimità dell’azione amministrativa e, quindi, al presente sindacato

giurisdizionale.

Di qui l’illegittimità della d.G.R. 1-600 e degli altri atti indicati in

epigrafe e qui impugnati, anche per violazione ed erronea applicazione

dell’art. 1 comma 796 della legge n. 296/2006 e dell’art. 2 comma 95 della

legge 191/2009, nonché per eccesso di potere (per difetto dei presupposti,

erronea valutazione e travisamento dei fatti) anche sotto i profili ora in

esame, oltre che per quelli indicati in rubrica e in tutti i motivi del presente

ricorso.

- - -

P.Q.M.

si chiede l’accoglimento del presente ricorso.

Con il favore delle spese.

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- - -

A norma del d.P.R. 115/2002, si dichiara che il contributo unificato

dovuto è di Euro 650,00.

- - -

Si producono i seguenti documenti:

1. verbale C.S.R. n. 98 del 5.8.2014;

2. deliberazione G.R. Piemonte 19.11.2014, n. 1-600;

3. deliberazione G.R. Piemonte 12.5.2014, n. 28-7588;

3-bis. pagina web dell’Ospedale di Acqui Terme;

4. Cons. Stato, Sez. cons. atti norm., parere 23.10.2014-6.11.2014, n.

3453;

5. relazione del Dirigente dei Servizi Demografici del Comune di

Acqui Terme in data 22.1.2015;

6. deliberazione G.R. 4.2.2014, n. 14-7070;

7. deliberazione G.R. 31.3.2014, n. 44-7346;

8. delibera GR Piemonte 25-6992/2013 (stralcio);

9. determina direttore Sanità Regione Piemonte 19.5.2014, n. 479;

10. Patto per la Salute 2014-2016;

11. deliberazione G.R. Piemonte 4.8.2014, n. 46-233.

- - -

Torino, 26 gennaio 2015

prof. avv. Vittorio Barosio

avv. Mariagrazia Cirio

avv. Serena Dentico

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Relata di notifica

Addì gennaio 2015, su istanza dei Comuni di Acqui Terme,

Alice Bel Colle, Bistagno, Cartosio, Cassinasco, Cassine, Castel Boglione,

Castel Rocchero, Castelletto D’Erro, Castelletto Molina, Castelnuovo

Bormida, Cessole, Denice, Fontanile, Grognardo, Loazzolo, Malvicino,

Maranzana, Melazzo, Merana, Mombaruzzo, Monastero Bormida,

Montabone, Montechiaro d’Acqui, Morsasco, Olmo Gentile, Orsara

Bormida, Pareto, Ponti, Ponzone, Quaranti, Ricaldone, Rivalta Bormida,

Roccaverano, San Giorgio Scarampi, Serole, Sessame, Spigno Monferrato,

Strevi, Terzo, Trisobbio, Vesime e Visone, e per essi del prof. avv. Vittorio

Barosio, dell’avv. Mariagrazia Cirio e dell’avv. Serena Dentico, io

sottoscritto Ufficiale Giudiziario, addetto all’Ufficio notifiche presso la

Corte d’Appello di Torino, ho notificato il suesteso ricorso al T.A.R.

Piemonte, consegnandone copia conforme all’originale, unitamente a copia

di questa mia relazione:

-1) alla Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta

regionale in carica, presso la sua sede in Torino, piazza Castello n. 165, ed

ivi a mani di

-2) al MINISTERO della SALUTE , in persona del Ministro in

carica, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in Torino, corso Stati

Uniti n. 45, e ivi a mani di

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-3) al MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in

persona del Ministro in carica, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato

in Torino, corso Stati Uniti n. 45, e ivi a mani di

-4) al MINISTERO degli AFFARI REGIONALI, in persona del

Ministro in carica, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in Torino,

corso Stati Uniti n. 45, e ivi a mani di

-5) alla PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI , in

persona del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, presso

l’Avvocatura distrettuale dello Stato in Torino, corso Stati Uniti n. 45, e ivi

a mani di

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-6) alla CONFERENZA PERMANENTE per i Rapporti tra lo

Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, in

persona del legale rappresentante in carica, presso l’Avvocatura distrettuale

dello Stato in Torino, corso Stati Uniti n. 45, e ivi a mani di

-7) all’AZIENDA SANITARIA LOCALE ASL AL , in persona del

legale rappresentante in carica, presso la sua sede in Casale Monferrato

(AL), via Giolitti 2, (CAP 15033), ed ivi a mezzo del servizio postale