Top Banner
Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi documentati dalla storia di Gianfranco Perri Pur tralasciando qui ogni possibile approfondimento relativo alla fondazione di Brindisi, è comunque il caso di ricordare quanto meno le due classiche tradizioni leggendarie che la fanno risalire, l’una agli Etoli al seguito dell’eroe greco di Argo, Diomede figlio di Tideo, attestata da Pompeo Trogo, l’altra, attestata da Strabone, ai Cretesi partiti dalla Sicilia sotto la guida dell’eroe Iapige, figlio di Licaone e fratello di Dauno e Peucezio, o partiti da Cnosso con l’eroe ateniese Teseo figlio di Etra ed Egeo. Due tradizioni che va notato, pur se tra di esse chiaramente incompatibili, sono entrambe di derivazione greca, anche se sull’origine degli Iapigi va però segnalata la recentemente più accettata tradizione che li sostiene originari dell’Illiria, sostenuta e ampiamente sopportata etnograficamente da F. Ribezzo, 1906: “Una prova definitiva della pertinenza del messapico, genericamente al gruppo delle lingue balcaniche o slavo-baltiche e direttamente all’illirico-albanese, sarebbe la concordanza nel trattamento caratteristico delle gutturali palatali, che è la nota più differenziativa e specifica delle lingue di quel gruppo”. Lo stesso Ribezzo spiega anche il perché dell’indubbia presenza ellenistica nella civiltà messapica. Si tratterebbe in effetti non di ellenicità ma di ellenizzamento, conseguente a immigrazioni protostoriche in condizioni di civiltà e di cultura non molto superiori a quelle dei primitivi che vi si trovavano già stanziati e da questi assorbito e profondamente assimilato in tanti secoli di convivenza pacifica. L’idioma messapico del resto, al pari degli altri dell’Italia antica, non poté superare la concorrenza letteraria civile del greco e successivamente, e soprattutto, quella anche politica del latino che determinò, finalmente, la sua soppressione. Il caduceo bronzeo di Brindisi, al pari di vari altri reperti epigrafici anteriori alla romanizzazione, attesta quell’introduzione del greco come lingua nobile, ufficiale o interfederale. Mentre il messapico, anche in iscrizioni di carattere funerario, non giunse oltre l’ultimo secolo della Repubblica, giacché anche in esse subentrò prepotentemente il latino. Strabone, il già citato geografo-storico greco vissuto nell’era augustea, sempre a proposito di Brindisi scrisse che l’importante città messapica venne privata di gran parte del suo territorio ad opera degli Spartani che, guidati da Falanto, avevano fondato Taranto intorno all’VIII secolo a.C. e commentò come Brindisi - dal ferace territorio e dallo splendido porto - sul piano storico fosse stata un’antica città di nobilissime origini, nonché capitale regale del mondo messapico. Quindi, aggiunse che “tutto il territorio messapico fu un tempo ricco e popoloso con 13 città, ma di quelle solo sopravvivevano Taranto e Brindisi, mentre le altre erano ridotte a cittaduzze, avendo tutte subito grandi devastazioni e sofferenze” - no lo scrive ma, evidentemente, ad opera dei conquistatori Romani - “Sallentum” F. Sammarco, 2017 - “La penisola salentina nelle fonti narrative antiche” N. Valente, 2018 In quanto al territorio messapico citato da Strabone, la tradizione ormai consolidata lo ritiene facente parte della Iapigia - pressoché l’attuale Puglia - divisa appunto in - da Nordovest a Sudest - Daunia, Peucezia e Messapia, i cui confini a nordovest erano delimitati dall’istmo che collega Taranto a Ostuni ed il cui nome era legato a quello di Messapo, il comandante dell’esercito conquistatore della Iapigia giunto sulla costa adriatica con Iapige - o con suo padre Licaone - ed i cui abitanti (N. Valente, 2018) appartenevano a due etnie: i Salentinoi stanziati intorno
9

Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

Dec 20, 2021

Download

Documents

dariahiddleston
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi documentati dalla storia di Gianfranco Perri

Pur tralasciando qui ogni possibile approfondimento relativo alla fondazione di Brindisi, è comunque il caso di ricordare quanto meno le due classiche tradizioni leggendarie che la fanno risalire, l’una agli Etoli al seguito dell’eroe greco di Argo, Diomede figlio di Tideo, attestata da Pompeo Trogo, l’altra, attestata da Strabone, ai Cretesi partiti dalla Sicilia sotto la guida dell’eroe Iapige, figlio di Licaone e fratello di Dauno e Peucezio, o partiti da Cnosso con l’eroe ateniese Teseo figlio di Etra ed Egeo.

Due tradizioni che va notato, pur se tra di esse chiaramente incompatibili, sono entrambe di derivazione greca, anche se sull’origine degli Iapigi va però segnalata la recentemente più accettata tradizione che li sostiene originari dell’Illiria, sostenuta e ampiamente sopportata etnograficamente da F. Ribezzo, 1906: “Una prova definitiva della pertinenza del messapico, genericamente al gruppo delle lingue balcaniche o slavo-baltiche e direttamente all’illirico-albanese, sarebbe la concordanza nel trattamento caratteristico delle gutturali palatali, che è la nota più differenziativa e specifica delle lingue di quel gruppo”.

Lo stesso Ribezzo spiega anche il perché dell’indubbia presenza ellenistica nella civiltà messapica. Si tratterebbe in effetti non di ellenicità ma di ellenizzamento, conseguente a immigrazioni protostoriche in condizioni di civiltà e di cultura non molto superiori a quelle dei primitivi che vi si trovavano già stanziati e da questi assorbito e profondamente assimilato in tanti secoli di convivenza pacifica. L’idioma messapico del resto, al pari degli altri dell’Italia antica, non poté superare la concorrenza letteraria civile del greco e successivamente, e soprattutto, quella anche politica del latino che determinò, finalmente, la sua soppressione. Il caduceo bronzeo di Brindisi, al pari di vari altri reperti epigrafici anteriori alla romanizzazione, attesta quell’introduzione del greco come lingua nobile, ufficiale o interfederale. Mentre il messapico, anche in iscrizioni di carattere funerario, non giunse oltre l’ultimo secolo della Repubblica, giacché anche in esse subentrò prepotentemente il latino.

Strabone, il già citato geografo-storico greco vissuto nell’era augustea, sempre a proposito di Brindisi scrisse che l’importante città messapica venne privata di gran parte del suo territorio ad opera degli Spartani che, guidati da Falanto, avevano fondato Taranto intorno all’VIII secolo a.C. e commentò come Brindisi - dal ferace territorio e dallo splendido porto - sul piano storico fosse stata un’antica città di nobilissime origini, nonché capitale regale del mondo messapico. Quindi, aggiunse che “tutto il territorio messapico fu un tempo ricco e popoloso con 13 città, ma di quelle solo sopravvivevano Taranto e Brindisi, mentre le altre erano ridotte a cittaduzze, avendo tutte subito grandi devastazioni e sofferenze” - no lo scrive ma, evidentemente, ad opera dei conquistatori Romani -

     “Sallentum” F. Sammarco, 2017 - “La penisola salentina nelle fonti narrative antiche” N. Valente, 2018

In quanto al territorio messapico citato da Strabone, la tradizione ormai consolidata lo ritiene facente parte della Iapigia - pressoché l’attuale Puglia - divisa appunto in - da Nordovest a Sudest - Daunia, Peucezia e Messapia, i cui confini a nordovest erano delimitati dall’istmo che collega Taranto a Ostuni ed il cui nome era legato a quello di Messapo, il comandante dell’esercito conquistatore della Iapigia giunto sulla costa adriatica con Iapige - o con suo padre Licaone - ed i cui abitanti (N. Valente, 2018) appartenevano a due etnie: i Salentinoi stanziati intorno

Page 2: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

all’estremo promontorio peninsulare e, stanziati sul restante territorio e quindi su Brindisi, i Kalabroí, dai quali quel nome di origine epicoria ‘Calabria’ con cui i Romani presto sostituirono quello greco di ‘Messapia’.

Quella rivalità - tra la lacedemone Taranto e la messapica Brindisi - segnalata da Strabone, non cessò certo con l’insediamento spartano in Taranto, ma bensì perdurò endemicamente ed attivamente per i tanti secoli che intercorsero tra quella fondazione e la romanizzazione dell’intero territorio iapigio, e quindi messapico, avvenuta nella prima metà del III secolo a.C. Ma quella della secolare e spesso cruenta rivalità tra Taranto e Brindisi è tutta un’altra lunga storia, una storia che poi finì proprio con facilitare la conquista romana.

“Nel 272 a.C. i Romani, dopo la facile conclusione della guerra contro Taranto e il suo all’alleato Pirro, devono affrontare il problema delle popolazioni che durante il conflitto si erano schierate con il principe epirota. D’altra parte, i Messapi, che avevano ormai manifestato chiaramente la loro ostilità verso i Romani, costituivano un pericolo costante per quelle navi romane che seguivano la rotta del canale d’Otranto tra la Grecia e il golfo di Taranto. In questo contesto cresceva inevitabilmente l’interesse di Roma verso Brindisi, il cui porto avrebbe invece reso più rapidi e sicuri i collegamenti e i traffici commerciali con la Grecia. Nel 267 a.C. pertanto, i Romani intraprendono una prima campagna militare contro i Salentini col pretesto che essi avevano aiutato Pirro, aggiudicandosi facilmente il trionfo de Sallentineis al comando dei consoli Atilio Regolo e Giulio Libone e poi, nel 266, con una seconda e definitiva campagna, i consoli Fabio Pittore e Giunio Pera trionfarono de Sallentineis Messapieisque. Successivamente, dopo soli pochi anni, i Romani trasformano l’ager brinisinus in ager publicus e poi, il 5 di agosto del 244 a.C., sotto il consolato di Manlio Torquato e Sempronio Bleso, vi deducono la colonia di diritto latino di Brindisi, con 6000 coloni” (G. Laudizi, 1996).

I Romani (U. Laffi, 2015) distinguevano due tipi di colonie: di diritto romano e di diritto latino. Le prime, marittime e con funzione essenzialmente di difesa militare, erano piccole comunità fondate sull’ager romanus con 300 coloni i quali conservavano la cittadinanza romana, con tutti i diritti-doveri che ne derivavano. Le colonie di diritto latino come la brindisina, invece, costituivano una specie di stati sovrani per quanto riguardava i rapporti interni: avevano una cittadinanza propria, proprie leggi, magistrati, statuto, moneta, censo ed esercito. Ciò che non le rendeva stati veri e propri era il fatto che le relazioni estere erano delegate a Roma alla quale erano inoltre obbligati a fornire truppe. I coloni latini - ne venivano dedotti tra 2000 e 6000 - erano alleati privilegiati di Roma e possedevano particolari diritti, tra cui quelli al connubio e al commercio con i Romani.

Quei nostri concittadini ancestrali, si sommarono quindi a quelli autoctoni - messapi - sul finire della prima metà del III secolo a.C., quando la città fu romanizzata e divennero cittadini brindisini di diritto latino. Brindisi poté così conservare a lungo la sua pregevole autonomia, fino alla promulgazione - nel 90 a.C. - della legge Iulia de civitate latinis et sociis danda, con cui Roma concesse la cittadinanza romana agli abitanti di tutte le colonie latine e a tutti gli alleati italici.

Quali dunque i nomi e le specificità di quegli abitanti ancestrali di Brindisi che, circa 2250 anni fa, la storia cominciò finalmente a registrare? In realtà le fonti pervenute al riguardo, specialmente in relazione agli inizi di quel periodo storico, non sono numerosissime ed anche per questo spesso non risulta facile neanche il poter attribuire quei primi nomi a cittadini messapi o a cittadini latini. Tutto infatti fa supporre che la mescolanza e l’integrazione iniziò presto e fu presto destinata ad essere gradualmente ma inesorabilmente dominata dalla componente latina, sia sul piano culturale che su quello economico e, naturalmente, politico. D’altra parte, “mentre si sottolinea un ruolo indigeno attivo nelle situazioni coloniali successive all’avvento romano, l’urbanizzazione preromana dell’area brindisina si caratterizzò come un complesso processo dalle forti radici indigene, con grandi cambiamenti avvenuti anche nel corso dello stesso III secolo a.C. nel ridisegno complessivo della mappa territoriale e del popolamento,” (G. Carito, 2018).

Emblematica della segnalata integrazione è la figura del grande intellettuale Quinto Ennio da Rhudie (239-169 a.C.), zio materno del nostro celeberrimo concittadino Marco Pacuvio (220-130 a.C.). Ennio, al pari di molti personaggi brindisini dell’epoca, si dichiara essere greco tra i greci, romano tra i romani e messapico fra i suoi conterranei: di nascita apparteneva all’élite messapica, poi era greco per educazione, ma era romano per adozione e per scelta propria.

M. Silvestrini nel gennaio 1996 ha presentato al IV Convegno di studi sulla Puglia romana, un lavoro intitolato “Le gentes di Brindisi romana” con allegato l’elenco delle “gentes documentate a Brundisium”. Si tratta di 218 nomi familiari ‘nomina’ provenienti dall’intero patrimonio epigrafico e documentale brindisino disponibile alla data. Nell’elenco i nomi, che vanno dall’epoca coloniale a quella imperiale, sono ordinati alfabeticamente e sono opportunamente identificati quelli appartenenti a famiglie di rango senatorio, di rango equestre e di rango decurionale - 30 in totale - mentre i nomi da riferire alla colonia latina compaiono in corsivo e sono solamente 5: Hortensii, Pacuvii, Polfenii, Ramnii e Statorii.

Page 3: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

Le fonti ‘storiche’ più antiche rinvenute sugli abitanti di Brindisi fanno essenzialmente riferimento alla popolazione messapica, alla quale - a partire dalla metà del III secolo a.C. - si sommò quella romana. I Messapi, secondo le più recenti e accreditate ipotesi, erano di origine illirica e le più remote tracce della loro presenza sull’attuale territorio salentino, e quindi su quello brindisino, risalgono a ben prima della fondazione spartana di Taranto, avvenuta sul finire dell’VIII secolo a.C.

“In una cornice geografica come quella salentina, probabile teatro di continui spostamenti e sovrapposizioni, è comunque improbabile che si possa supporre una purezza etnica per la stirpe messapica, mentre più logico è invece ipotizzare la presenza di immissioni e infiltrazioni etniche allogene, elleniche o persino celtiche” (M. Leone, 1969). “L’urbanizzazione preromana dell’area brindisina si caratterizzò come un complesso processo dalle forti radici indigene, con grandi cambiamenti avvenuti anche nel corso dello stesso III secolo a.C. nel ridisegno complessivo della mappa territoriale e del popolamento… Le indagini sul campo indicherebbero che durante quel periodo - preromano - la società regionale nell’area brindisina sarebbe stata caratterizzata da processi di urbanizzazione e centralizzazione, prima che - a partire dalla metà del III secolo a.C. - si verificasse la graduale inevitabile integrazione nell’orbita romana” (G. Carito, 2018).

Nel 244 a.C. infatti, i Romani dedussero a Brindisium una colonia di diritto latino composta da seimila coloni. E nel 90 a.C., dopo la guerra sociale, con la promulgazione della legge Iulia de civitate latinis et sociis danda, Roma assegnò la cittadinanza romana agli abitanti di tutte le colonie latine e a tutti gli alleati italici. E anche Brindisi, quindi, in quell’ultimo secolo a.C. fu Municipium romano - i cittadini furono iscritti alla tribù Maecia - e con tale status entrò poi nel lungo periodo imperiale, durante il quale, già quasi del tutto romanizzata, raggiunse presto l’apice del suo splendore.

Il canonico Pasquale Camassa (1934) ci racconta che la maggior parte di quei seimila coloni romani dedotti a Brindisi provenivano dalla tribù Palatina, una delle quattro tribù urbane di Roma. Mentre A. Ferraro (2009) ci spiega che la maggior parte degli iscritti a quella tribù erano liberti e soprattutto ingenui figli di liberti, anche se numericamente consistente era il gruppo degli apparitores - funzionari ai quali era affidata l’esecuzione coattiva delle sentenze dei magistrati - con, inoltre, una buona rappresentanza di persone di rango elevato, magari discendenti di un liberto, giacché, cosa che poteva accadere anche tra senatori e personaggi di nobiltà recente, diversi membri dell’ordine equestre avevano un’umile origine.

Non è dato di sapere quanti fossero gli abitanti messapici di Brindisi, né la loro composizione sociale, quando giunsero i seimila coloni romani, ma è presumibile che il processo di integrazione sociale tra le due etnie non abbia tardato molto a svilupparsi. Ed è per questo che, in un contesto sociale come quello che si venne a stabilire a Brindisi in quei primi anni della colonia, risulta spesso difficile per i personaggi più antichi di cui si è trovata una qualche traccia storica, poter differenziare con precisione quelli appartenenti alla etnia messapica da quelli di provenienza romana.

M. Silvestrini (1996), su un totale di 218 nomina fino ad allora individuati nel patrimonio epigrafico e documentale brindisino, ne segnala solamente cinque come sicuramente appartenenti al periodo coloniale, mentre tutti i restanti sono da attribuire al periodo municipale, maggioritariamente imperiale. Questi, in ordine alfabetico, quei cinque più antichi cognomi brindisini, storicamente documentati: Hortensii, Pacuvii, Polfenii, Ramnii e Statorii, e tra loro, in ordine di importanza e notorietà, sono invece indubbiamente primi i Pacuvii e i Ramnii, rappresentati dai famosi Marco Pacuvio e Lucio Ramnio. Poi, tra i già più numerosi nomi del periodo municipale preimperiale, vanno segnalati i due ben conosciuti Laenii, Lenio Flacco - il mecenate che accolse più volte Cicerone, nonché uomo d’affari, negotiator, anche in Bitinia - e Lenio Strabone - il ricco cavaliere, eques, inventore delle voliere che ospitò Varrone - Quindi, a seguire, i tanti Brindisini, più o meno noti, vissuti durante i secoli del periodo imperiale, tra i quali Silvestrini risalta la presenza estremamente cospicua degli Iulii, quindi dei Claudii, eccetera.

Sul nostro celeberrimo concittadino Marco Pacuvio (220-130 a.C.) la bibliografia storica e letteraria è molto ricca, e allora basti qui solo ricordare che fu poeta e scrittore - nonché pittore - e fu indubbiamente uno dei principali tragediografi latini. Ma in questo contesto va anche detto che, mentre suo padre era un nobile brindisino, sua madre era sorella del famoso Quinto Ennio di Rhudiae, uno dei padri della letteratura latina, il quale vantava orgogliosamente la sua nobile ascendenza diretta dal re Messapo e proclamava insistentemente di possedere tre cuori: uno messapico, uno greco e uno romano.

Anche su Lucio Ramnio - pressoché contemporaneo di Pacuvio - ricco cavaliere brindisino con probabile ascendenza messapica e raffinato anfitrione di personalità militari romane e altri dignitari in transito a Brindisi, è disponibile una buona bibliografia e, recentemente (2018), Giacomo Carito ha pubblicato un dettagliato lavoro su questo personaggio, per certi versi un po’ enigmatico, vissuto a Brindisi nel periodo coloniale ed elevato alla

Page 4: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

notorietà storica perché protagonista della rivelazione del supposto complotto che il re macedone Perseo ordiva ai danni di Roma, in quel 172 a.C. quando Ramnio lo scoprì mentre era ospite alla corte di Perseo, che lo avrebbe invitato a partecipare attivamente in quel complotto contro Roma, dietro promessa di lauti compensi.

Grazie a quella rivelazione del leale Ramnio, Roma intraprese la terza guerra macedonica, vincendola con la battaglia di Pidna al comando del console Lucio Emilio Paolo (168 a.C.) e abolendo così la monarchia macedone. Ma Carito ci rivela che probabilmente si trattò - come si direbbe oggi - di una guerra preventiva, giacché non ci sono testimonianze realmente attendibili che Perseo stesse preparando una guerra contro Roma, mentre la propagandata denuncia di Ramnio fu eventualmente parte di un falso annalistico. E aggiunge - Carito - che la leale partecipazione dei maggiorenti brindisini alla politica romana di espansione verso Oriente può aver lasciato una forte traccia nella memoria collettiva, esaltando l’episodio - del Ramnio - reale o verosimile, in un gesto di patriottismo da tramandare nelle storie.

E per concludere, cosa aggiungere a proposito dei tre meno noti antichi brindisini: Statorio Hortensio e Polfenio?

È di nuovo Carito che, nel suo riferito articolo, scrive che nel santuario di Delfi un’iscrizione racconta che Gaius Statorius, brindisino figlio di Gaio, nel 191-190 a.C. era garantito da prossenia - protezione che un cittadino prominente, il prosseno, esercitava sugli appartenenti a un’altra città, tutelando gli interessi degli stranieri affidatigli, ricevendo e ospitando coloro che giungevano nella sua città con un incarico ufficiale - così come ne era garantito anche un altro brindisino, Lucius Ortensius, ricordato in altra iscrizione del 168-167 a.C. Se Delfi considerava un italico degno di prossenia, egli doveva essere ricco e influente, con buone reti di relazioni in Grecia e in Italia; un privilegio quello, che solo poche persone non greche ricevevano. Infatti, secondo le iscrizioni documentate, Delfi concesse la prossenia a pochissimi italici: un pugno di romani, un anconetano, un pugliese di Arpi e i due brindisini. Il mercante Pulfennius da Brindisi, figlio di Dazoupos, invece, lo si ritrova garantito da prossenia nel santuario di Dodona e, con un decreto del 175-170 a.C., sono concessi a lui e ai suoi discendenti vari altri diritti, incluso quello di poter acquistare terra e casa in Epiro. E conclude Carito che, eccetto Ortensio le cui origini non possono essere tracciate, gli altri parrebbero avere tutti ascendenza messapica.

I nostri concittadini atavici quindi, quanto meno quelli che le fonti storiche ci hanno permesso di identificare con il loro nome, furono - i più - risultato della naturale integrazione etnica e culturale, tra le autoctone popolazioni messapiche e le sopraggiunte genti romane, conseguente a quell’incontro epocale che proprio nell’ambito urbano di Brindisi si originò intorno al suo porto, militarmente e commercialmente strategico, a partire dalla seconda metà del terzo secolo a.C., per poi via via estendersi, nel periodo municipale e soprattutto imperiale, anche all’entroterra, all’ager (C. Marangio, 1975).

                           Marco Pacuvio: tra gli antichi brindisini ‘il nome più celebre’ Lucio Emilio Paolo: vincitore a Pidna nel 168 a.C.

(bronzo recuperato in mare a Punta del Serrone)

Page 5: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

il7 MAGAZINE 3 agosto 201828

pur tralasciando qui ogni possibile ap-profondimento relativo alla fonda-zione di Brindisi, è comunque il casodi ricordare quanto meno le due clas-siche tradizioni leggendarie che la

fanno risalire, l’una agli Etoli al seguito del-l’eroe greco di Argo, Diomede figlio di Tideo,attestata da Pompeo Trogo, l’altra, attestata daStrabone, ai Cretesi partiti dalla Sicilia sotto laguida dell’eroe Iapige, figlio di Licaone e fra-tello di Dauno e Peucezio, o partiti da Cnossocon l’eroe ateniese Teseo figlio di Etra ed Egeo. Due tradizioni che va notato, pur se tra di essechiaramente incompatibili, sono entrambe diderivazione greca, anche se sull’origine degliIapigi va però segnalata la recentemente più ac-cettata tradizione che li sostiene originari del-l’Illiria, sostenuta e ampiamente sopportataetnograficamente da F. Ribezzo, 1906: “Unaprova definitiva della pertinenza del messapico,genericamente al gruppo delle lingue balcani-che o slavo-baltiche e direttamente all’illirico-albanese, sarebbe la concordanza neltrattamento caratteristico delle gutturali pala-tali, che è la nota più differenziativa e specificadelle lingue di quel gruppo”.Lo stesso Ribezzo spiega anche il perché del-l’indubbia presenza ellenistica nella civiltàmessapica. Si tratterebbe in effetti non di elle-nicità ma di ellenizzamento, conseguente a im-migrazioni protostoriche in condizioni di civiltàe di cultura non molto superiori a quelle dei pri-mitivi che vi si trovavano già stanziati e da que-sti assorbito e profondamente assimilato in tantisecoli di convivenza pacifica. L’idioma messa-pico del resto, al pari degli altri dell’Italia an-tica, non poté superare la concorrenza letterariacivile del greco e successivamente, e soprat-tutto, quella anche politica del latino che deter-minò, finalmente, la sua soppressione. Ilcaduceo bronzeo di Brindisi, al pari di vari altrireperti epigrafici anteriori alla romanizzazione,attesta quell’introduzione del greco come lin-gua nobile, ufficiale o interfederale. Mentre il

messapico, anche in iscrizioni di carattere fu-nerario, non giunse oltre l’ultimo secolo dellaRepubblica, giacché anche in esse subentròprepotentemente il latino.Strabone, il già citato geografo-storico grecovissuto nell’era augustea, sempre a propositodi Brindisi scrisse che l’importante città mes-sapica venne privata di gran parte del suo terri-torio ad opera degli Spartani che, guidati daFalanto, avevano fondato Taranto intorno all’-VIII secolo a.C. e commentò come Brindisi -dal ferace territorio e dallo splendido porto - sulpiano storico fosse stata un’antica città di no-bilissime origini, nonché capitale regale delmondo messapico. Quindi, aggiunse che “tuttoil territorio messapico fu un tempo ricco e po-poloso con 13 città, ma di quelle solo soprav-vivevano Taranto e Brindisi, mentre le altreerano ridotte a cittaduzze, avendo tutte subitograndi devastazioni e sofferenze” - no lo scrivema, evidentemente, ad opera dei conquistatoriRomani - ...In quanto al territorio messapico citato da Stra-bone, la tradizione ormai consolidata lo ritienefacente parte della Iapigia - pressoché l’attualePuglia - divisa appunto in - da Nordovest a Su-dest - Daunia, Peucezia e Messapia, i cui con-fini a nordovest erano delimitati all’incircadall’istmo che collega Taranto a Ostuni ed il cuinome era legato a quello di Messapo, il coman-dante dell’esercito conquistatore della Iapigiagiunto sulla costa adriatica con Iapige - o consuo padre Licaone - ed i cui abitanti (N. Va-lente, 2018) appartenevano a due etnie: i Salen-tinoi stanziati intorno all’estremo promontoriopeninsulare e, stanziati sul restante territorio equindi su Brindisi, i Kalabroí, dai quali quelnome di origine epicoria ‘Calabria’ con cui iRomani presto sostituirono quello greco di‘Messapia’.Quella rivalità - tra la lacedemone Taranto e lamessapica Brindisi - segnalata da Strabone, non

cessò certo con l’insediamento spartano in Ta-ranto, ma bensì perdurò endemicamente ed at-tivamente per i tanti secoli che intercorsero traquella fondazione e la romanizzazione dell’in-tero territorio iapigio, e quindi messapico, av-venuta nella prima metà del III secolo a.C. Maquella della secolare e spesso cruenta rivalitàtra Taranto e Brindisi è tutta un’altra lunga sto-ria, una storia che poi finì proprio con facilitarela conquista romana.“Nel 272 a.C. i Romani, dopo la facile conclu-sione della guerra contro Taranto e il suo all’al-leato Pirro, devono affrontare il problema dellepopolazioni che durante il conflitto si eranoschierate con il principe epirota. D’altra parte,i Messapi, che avevano ormai manifestato chia-ramente la loro ostilità verso i Romani, costi-

Attraverso i documenti storiciproviamo a trovare i nostri avitra i Messapi e i coloni romani

REPORTAGE STORICO

di Gianfranco perri

Alla ricercadegli ancestrali abitanti di Brindisi

Page 6: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

il7 MAGAZINE 3 agosto 201829

tuivano un pericolo costante per quelle navi ro-mane che seguivano la rotta del canaled’Otranto tra la Grecia e il golfo di Taranto. Inquesto contesto cresceva inevitabilmente l’in-teresse di Roma verso Brindisi, il cui portoavrebbe invece reso più rapidi e sicuri i colle-gamenti e i traffici commerciali con la Grecia.Nel 267 a.C. pertanto, i Romani intraprendonouna prima campagna militare contro i Salentinicol pretesto che essi avevano aiutato Pirro, ag-giudicandosi facilmente il trionfo de Sallenti-neis al comando dei consoli Atilio Regolo eGiulio Libone e poi, nel 266, con una secondae definitiva campagna, i consoli Fabio Pittoree Giunio Pera trionfarono de Sallentineis Mes-sapieisque. Successivamente, dopo soli pochianni, i Romani trasformano l’ager brinisinus in

ager publicus e poi, il 5 di agosto del 244 a.C.,sotto il consolato di Manlio Torquato e Sem-pronio Bleso, vi deducono la colonia di dirittolatino di Brindisi, con 6000 coloni” (G. Lau-dizi, 1996).I Romani (U. Laffi, 2015) distinguevano duetipi di colonie: di diritto romano e di diritto la-tino. Le prime, marittime e con funzione essen-zialmente di difesa militare, erano piccolecomunità fondate sull’ager romanus con 300coloni i quali conservavano la cittadinanza ro-mana, con tutti i diritti-doveri che ne deriva-vano. Le colonie di diritto latino come labrindisina, invece, costituivano una specie distati sovrani per quanto riguardava i rapportiinterni: avevano una cittadinanza propria, pro-prie leggi, magistrati, statuto, moneta, censo edesercito. Ciò che non le rendeva stati veri e pro-pri era il fatto che le relazioni estere erano de-legate a Roma alla quale erano inoltre obbligatia fornire truppe. I coloni latini - ne venivanodedotti tra 2000 e 6000 - erano alleati privile-giati di Roma e possedevano particolari diritti,tra cui quelli al connubio e al commercio con iRomani.Quei nostri concittadini ancestrali, si somma-rono quindi a quelli autoctoni - messapi - sulfinire della prima metà del III secolo a.C.,quando la città fu romanizzata e divennero cit-

tadini brindisini di diritto latino. Brindisi potécosì conservare a lungo la sua pregevole auto-nomia, fino alla promulgazione - nel 90 a.C. -della legge Iulia de civitate latinis et sociisdanda, con cui Roma concesse la cittadinanzaromana agli abitanti di tutte le colonie latine ea tutti gli alleati italici.Quali dunque i nomi e le specificità di quegliabitanti ancestrali di Brindisi che, circa 2250anni fa, la storia cominciò finalmente a regi-strare? In realtà le fonti pervenute al riguardo,specialmente in relazione agli inizi di quel pe-riodo storico, non sono numerosissime edanche per questo spesso non risulta facile ne-anche il poter attribuire quei primi nomi a cit-tadini messapi o a cittadini latini. Tutto infattifa supporre che la mescolanza e l’integrazioneiniziò presto e fu presto destinata ad essere gra-dualmente ma inesorabilmente dominata dallacomponente latina, sia sul piano culturale chesu quello economico e, naturalmente, politico.D’altra parte, “mentre si sottolinea un ruolo in-digeno attivo nelle situazioni coloniali succes-sive all’avvento romano, l’urbanizzazionepreromana dell’area brindisina si caratterizzòcome un complesso processo dalle forti radiciindigene, con grandi cambiamenti avvenutianche nel corso dello stesso III secolo a.C. nelridisegno complessivo della mappa territorialee del popolamento,” (G. Carito, 2018).Emblematica della segnalata integrazione è lafigura del grande intellettuale Quinto Ennio daRhudie (239-169 a.C.), zio materno del nostroceleberrimo concittadino Marco Pacuvio (220-130 a.C.). Ennio, al pari di molti personaggibrindisini dell’epoca, si dichiara essere grecotra i greci, romano tra i romani e messapico frai suoi conterranei: di nascita apparteneva al-l’élite messapica, poi era greco per educazione,ma era romano per adozione e per scelta pro-pria.M. Silvestrini nel gennaio 1996 ha presentatoal IV Convegno di studi sulla Puglia romana,un lavoro intitolato “Le gentes di Brindisi ro-mana” con allegato l’elenco delle “gentes do-cumentate a Brundisium”. Si tratta di 218 nomifamiliari ‘nomina’ provenienti dall’intero patri-monio epigrafico e documentale brindisino di-sponibile alla data. Nell’elenco i nomi, chevanno dall’epoca coloniale a quella imperiale,sono ordinati alfabeticamente e sono opportu-namente identificati quelli appartenenti a fami-glie di rango senatorio, di rango equestre e dirango decurionale - 30 in totale - mentre i nomida riferire alla colonia latina compaiono in cor-sivo e sono solamente 5: Hortensii, Pacuvii,Polfenii, Ramnii e Satorii. Di questi 5 perso-naggi tratterà la seconda parte di questo arti-colo!

(1 - Continua)

Page 7: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

il7 MAGAZINE 10 agosto 201826

le fonti ‘storiche’ più antiche rinve-nute sugli abitanti di Brindisi, fannoessenzialmente riferimento alla popo-lazione messapica, alla quale - a par-tire dalla metà del III secolo a.C. - si

sommò quella romana. I Messapi, secondo lepiù recenti e accreditate ipotesi, erano di ori-gine illirica e le più remote tracce della loropresenza sull’attuale territorio salentino, equindi su quello brindisino, risalgono a benprima della fondazione spartana di Taranto,avvenuta sul finire dell’VIII secolo a.C. “In una cornice geografica come quella salen-tina, probabile teatro di continui spostamentie sovrapposizioni, è comunque improbabileche si possa supporre una purezza etnica perla stirpe messapica, mentre più logico è inveceipotizzare la presenza di immissioni e infiltra-zioni etniche allogene, elleniche o persino cel-tiche” (M. Leone, 1969). “L’urbanizzazionepreromana dell’area brindisina si caratterizzòcome un complesso processo dalle forti radiciindigene, con grandi cambiamenti avvenutianche nel corso dello stesso III secolo a.C. nelridisegno complessivo della mappa territorialee del popolamento… Le indagini sul campoindicherebbero che durante quel periodo - pre-romano - la società regionale nell’area brindi-sina sarebbe stata caratterizzata da processi diurbanizzazione e centralizzazione, prima che- a partire dalla metà del III secolo a.C. - si ve-rificasse la graduale inevitabile integrazionenell’orbita romana” (G. Carito, 2018).Nel 244 a.C. infatti, i Romani dedussero aBrindisium una colonia di diritto latino com-posta da seimila coloni. E nel 90 a.C., dopo laguerra sociale, con la promulgazione dellalegge Iulia de civitate latinis et sociis danda,Roma assegnò la cittadinanza romana agli abi-tanti di tutte le colonie latine e a tutti gli alleatiitalici. E anche Brindisi, quindi, in quell’ul-timo secolo a.C. fu Municipium romano - i cit-tadini furono iscritti alla tribù Maecia - e con

tale status entrò poi nel lungo periodo impe-riale, durante il quale, già quasi del tutto ro-manizzata, raggiunse presto l’apice del suosplendore.Il canonico Pasquale Camassa (1934) ci rac-conta che la maggior parte di quei seimila co-loni romani dedotti a Brindisi provenivanodalla tribù Palatina, una delle quattro tribù ur-bane di Roma. Mentre A. Ferraro (2009) cispiega che la maggior parte degli iscritti aquella tribù erano liberti e soprattutto ingenuifigli di liberti, anche se numericamente consi-stente era il gruppo degli apparitores - funzio-nari ai quali era affidata l’esecuzione coattivadelle sentenze dei magistrati - con, inoltre, unabuona rappresentanza di persone di rango ele-vato, magari discendenti di un liberto, giacché,cosa che poteva accadere anche tra senatori epersonaggi di nobiltà recente, diversi membridell’ordine equestre avevano un’umile ori- gine.

Non è dato di sapere quanti fossero gli abitantimessapici di Brindisi, né la loro composizionesociale, quando giunsero i seimila coloni ro-mani, ma è presumibile che il processo di in-tegrazione sociale tra le due etnie non abbiatardato molto a svilupparsi. Ed è per questoche, in un contesto sociale come quello che sivenne a stabilire a Brindisi in quei primi annidella colonia, risulta spesso difficile per i per-sonaggi più antichi di cui si è trovata una qual-che traccia storica, poter differenziare conprecisione quelli appartenenti alla etnia mes-sapica da quelli di provenienza romana.M. Silvestrini (1996), su un totale di 218 no-mina fino ad allora individuati nel patrimonioepigrafico e documentale brindisino, ne se-gnala solamente cinque come sicuramente ap-partenenti al periodo coloniale, mentre tutti irestanti sono da attribuire al periodo munici-pale, maggioritariamente imperiale. Questi, inordine alfabetico, quei cinque più antichi co-gnomi brindisini, storicamente documentati:Hortensii, Pacuvii, Polfenii, Ramnii e Statorii,e tra loro, in ordine di importanza e notorietà,sono invece indubbiamente primi i Pacuvii e iRamnii, rappresentati dai famosi Marco Pacu-

Alcuni discendevano dai coloni romanialtri dalle popolazioni messapiche

REPORTAGE STORICO

di Gianfranco perri

Ecco i nomidei primi brindisiniche la storiaha documentato

Qui sopra la statua bronzea di Lucio EmilioPaolo, sotto un ritratto di Marco Pacuvio. In altoa destra un’ara sepolcrale messapica

Page 8: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

il7 MAGAZINE 10 agosto 201827

vio e Lucio Ramnio. Poi, tra i già più nume-rosi nomi del periodo municipale preimpe-riale, vanno segnalati i due ben conosciutiLaenii, Lenio Flacco - il mecenate che accolsepiù volte Cicerone, nonché uomo d’affari, ne-gotiator, anche in Bitinia - e Lenio Strabone -il ricco cavaliere, eques, inventore delle vo-liere che ospitò Varrone - Quindi, a seguire, itanti Brindisini, più o meno noti, vissuti du-rante i secoli del periodo imperiale, tra i qualiSilvestrini risalta la presenza estremamentecospicua degli Iulii, quindi dei Claudii, ecce-tera.Sul nostro celeberrimo concittadino MarcoPacuvio (220-130 a.C.) la bibliografia storicae letteraria è molto ricca, e allora basti qui soloricordare che fu poeta e scrittore - nonché pit-tore - e fu indubbiamente uno dei principalitragediografi latini. Ma in questo contesto vaanche detto che, mentre suo padre era un no-bile brindisino, sua madre era sorella del fa-moso Quinto Ennio di Rhudiae, uno dei padridella letteratura latina, il quale vantava orgo-gliosamente la sua nobile ascendenza direttadal re Messapo e proclamava insistentementedi possedere tre cuori: uno messapico, unogreco e uno romano.Anche su Lucio Ramnio - pressoché contem-poraneo di Pacuvio - ricco cavaliere brindisinocon probabile ascendenza messapica e raffi-nato anfitrione di personalità militari romane

e altri dignitari in transito a Brindisi, è dispo-nibile una buona bibliografia e, recentemente(2018), Giacomo Carito ha pubblicato un det-tagliato lavoro su questo personaggio, per certiversi un po’ enigmatico, vissuto a Brindisi nelperiodo coloniale ed elevato alla notorietà sto-rica perché protagonista della rivelazione delsupposto complotto che il re macedone Perseoordiva ai danni di Roma, in quel 172 a.C.quando Ramnio lo scoprì mentre era ospitealla corte di Perseo, che lo avrebbe invitato apartecipare attivamente in quel complotto con-tro Roma, dietro promessa di lauti compensi.Grazie a quella rivelazione del leale Ramnio,Roma intraprese la terza guerra macedonica,vincendola con la battaglia di Pidna al co-mando del console Lucio Emilio Paolo (168a.C.) e abolendo così la monarchia macedone.Ma Carito ci rivela che probabilmente si trattò- come si direbbe oggi - di una guerra preven-tiva, giacché non ci sono testimonianze real-mente attendibili che Perseo stesse preparandouna guerra contro Roma, mentre la propagan-data denuncia di Ramnio fu eventualmenteparte di un falso annalistico. E aggiunge - Ca-rito - che la leale partecipazione dei maggio-renti brindisini alla politica romana diespansione verso Oriente può aver lasciatouna forte traccia nella memoria collettiva,esaltando l’episodio - del Ramnio - reale o ve-rosimile, in un gesto di patriottismo da tra-mandare nelle storie.E per concludere, cosa aggiungere a propositodei tre meno noti antichi brindisini: StatorioHortensio e Polfenio?È di nuovo Carito che, nel suo riferito articolo,scrive che nel santuario di Delfi un’iscrizioneracconta che Gaius Statorius, brindisino figliodi Gaio, nel 191-190 a.C. era garantito daprossenia - protezione che un cittadino promi-

nente, il prosseno, esercitava sugli apparte-nenti a un’altra città, tutelando gli interessidegli stranieri affidatigli, ricevendo e ospi-tando coloro che giungevano nella sua cittàcon un incarico ufficiale - così come ne era ga-rantito anche un altro brindisino, Lucius Or-tensius, ricordato in altra iscrizione del168-167 a.C. Se Delfi considerava un italicodegno di prossenia, egli doveva essere ricco einfluente, con buone reti di relazioni in Greciae in Italia; un privilegio quello, che solo pochepersone non greche ricevevano. Infatti, se-condo le iscrizioni documentate, Delfi con-cesse la prossenia a pochissimi italici: unpugno di romani, un anconetano, un pugliesedi Arpi e i due brindisini. Il mercante Pulfen-nius da Brindisi, figlio di Dazoupos, invece,lo si ritrova garantito da prossenia nel santua-rio di Dodona e, con un decreto del 175-170a.C., sono concessi a lui e ai suoi discendentivari altri diritti, incluso quello di poter acqui-stare terra e casa in Epiro. E conclude Caritoche, eccetto Ortensio le cui origini non pos-sono essere tracciate, gli altri parrebbero averetutti ascendenza messapica.I nostri concittadini atavici quindi, quantomeno quelli che le fonti storiche ci hanno per-messo di identificare con il loro nome, furono- i più - risultato della naturale integrazione et-nica e culturale, tra le autoctone popolazionimessapiche e le sopraggiunte genti romane,conseguente a quell’incontro epocale che pro-prio nell’ambito urbano di Brindisi si originòintorno al suo porto, militarmente e commer-cialmente strategico, a partire dalla secondametà del terzo secolo a.C., per poi via viaestendersi, nel periodo municipale e soprat-tutto imperiale, anche all’entroterra, all’ager(C. Marangio, 1975).

(2 - Fine)

Page 9: Tra Messapi e coloni Romani i primi abitanti di Brindisi ...

 Ara sepolcrale messapica di una fanciulla di nome Teodoridda con dedica a Afrodite (ritrovata a Ceglie M.)

 La viabilità preromana della Messapia – G. Uggeri, 1975

134