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L’appuntamento del venerdì » Corriere del Ticino laRegioneTicino Giornale del Popolo Tessiner Zeitung CHF. 2.90 con Teleradio dal 21 al 27 dicembre Agorà Le vie della Bibbia all’economia Arti Edoardo Berta. Funerale d’inverno Animalia Il pesce combattente tailandese Quello che mangerei ogni giorno 52 numero 19 XII 08 Reportage
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Ticino7

Mar 30, 2016

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Numero 52 - Settimanale della Svizzera italiana
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L’appuntamento del venerdì»

Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung • CHF. 2.90 • con Teleradio dal 21 al 27 dicembre

Agorà Le vie della Bibbia all’economiaArti Edoardo Berta. Funerale d’inverno

Animalia Il pesce combattente tailandese

Quello che mangerei ogni giorno

52numero

19XII08

Reportage

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Pur chocolat, pure emotion.Pur chocolat, pure emotion.

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Agorà Le vie della Bibbia all’economia DI SILVANO TOPPI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Arti Edoardo Berta. Funerale d’inverno DI GIANCARLO FORNASIER . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Media Pubblicità. Seduzioni mascherate DI NICOLETTA BARAZZONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Kalendae L’albero di Natale DI FRANCESCA RIGOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

Vitae Meinrad Perler DI FABIO MARTINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Reportage Quello che mangerei ogni giorno DI FEDERICA BAJ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Animalia Il pesce combattente tailandese. Un racconto DI PIERO SCANZIANI . . . . . . . . . . . . 48

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

Libero pensiero

Cari lettori,neve, presepi, alberelli… il Natale è ormai alleporte e offre l’occasione per rivolgere a tuttivoi un ringraziamento doveroso e caloroso.Il 2008 è stato un anno di cambiamenti perTicinosette (ma sono in molti a chiamarloancora Teleradio) che oggi si presenta comeun settimanale profondamente rinnovatonell’aspetto e nei contenuti. A qualcuno lanovità non è piaciuta, molti altri l’hannoinvece gradita e così, dopo il primo e preve-dibile spaesamento, sono inziati a crescere isegni di attenzione e di coinvolgimento daparte di lettori di ogni età: dai giovanissimi achi invece qualche capello bianco sulla testalo porta ormai da tempo. Con le vostre lettereavete contribuito alla riflessione e allo svilup-po di parecchie idee all’interno della reda-zione. Grazie. Forse è un atto di presunzionema crediamo di essere riusciti a esprimere e araccontare quanto di importante, e a volte dimeno piacevole, il cantone ci riserva. Certo,il momento non è dei più propizi, il 2009sarà un anno duro, da affrontare con sensodi responsabilità e con la consapevolezzache le scelte da compiere ricadranno a lungosulle future generazioni. Un bel dilemma.

Serviranno coraggio e saggezza, equilibrio eal contempo intraprendenza. Ma la Storia èquesta… esige impegno, sudore e fatica. Restala sospensione temporale offerta da questigiorni di festa, una breve tregua prima dellaprobabile tempesta. Cerchiamo di godercelanel tepore degli affetti familiari e delle nostrepiù care amicizie, ricordando le parole di spe-ranza del poeta giapponese Hirokazu Ogura:“Perché dappertutto ci sono cosi tanti recinti?In fondo tutto il mondo è un grande recinto.Perché la gente parla lingue diverse? In fondotutti diciamo le stesse cose. Perché il coloredella pelle non è indifferente? In fondo sia-mo tutti diversi. Perché gli adulti fanno laguerra? Dio certamente non lo vuole. Perchéavvelenano la terra? Abbiamo solo quella. ANatale – un giorno – gli uomini andrannod’accordo in tutto il mondo. Allora ci saràun enorme albero di Natale con milioni dicandele. Ognuno ne terrà una in mano, enessuno riuscirà a vedere l’enorme alberofino alla punta. Allora tutti si augurerannoBuon Natale! a Natale, un giorno”.E allora, davvero Buon Natale e Buone Festea tutti.

La redazione

numero 5219 dicembre 2008

Tiratura controllata90’606 copie

Chiusura redazionaleVenerdì 12 dicembre

EditoreTeleradio 7 SAMuzzano

Direttore editorialePeter Keller

Capo progetto,art director,photo editor

Adriano Heitmann

Redattore responsabileFabio Martini

CoredattoreGiancarlo Fornasier

Concetto editorialeIMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazionevia San Gottardo 506900 Massagnotel. 091 922 38 00fax 091 922 38 12

Direzione, redazione,composizione e stampa

Società Editrice CdT SAvia IndustriaCH - 6933 Muzzanotel. 091 960 31 31fax 091 968 27 [email protected]

Stampa(carta patinata)Salvioni arti grafiche SABellinzonaTBS, La Buona Stampa SAPregassona

PubblicitàPublicitas Publimag AGMürtschenstrasse 39Postfach8010 ZürichTel. +41 44 250 31 31Fax +41 44 250 31 [email protected]

Annunci localiPublicitas Luganotel. 091 910 35 65fax 091 910 35 [email protected]

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In copertinaSotto una coltre colorataFotografia di Adriano Heitmann

Impressum

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spitata negli studi televisivi allastregua di un prodotto che fa ascol-

to, letta in pubblico da attori e persinoda politici, riproposta alla maniera didramma medievale, la Bibbia ritornaprotagonista.Non sto a chiedermi il mo-tivo di questo revival. Giro la domandasull’attualità. Ad esempio: si può pensarea un approccio biblico, supponiamo unapproccio curioso e laico, che aiuti agiudicare da un altro angolo di vista lasituazione economica attuale?Il sogno del Faraone – in cui si incappanel primo libro, la Genesi, al cap. 41:le sette vacche grasse e le sette vacchemagre, le sette spighe gonfie di grano ele sette spighe striminzite e vuote, arsedal vento – e l’interpretazione che nedà Giuseppe, il giovane schiavo ebreovenduto al funzionario Potifar dai fratelligelosi, può già essere un buon puntodi partenza. Anche perché fa parte delnostro bagaglio immaginario ed è unalezione entrata nel senso comune. Chinon si ricorda o non ha citato quella sto-ria delle vacche?Giuseppe, superiore aglisprovveduti sapienti organici del Faraone(che potrebbero essere l’equivalente dimolti previsionisti o istituti di analisieconomica attuali) appare come il primoideatore della teoria dei cicli economicie il primo governante che applica unapolitica anticiclica, di cui oggi si staproclamando ai quatttro punti cardinalil’urgenza. Persino in Svizzera.

Modelli virtuosiPer dirla in termini semplici: l’economiaha periodi di espansione, seguiti da fasi dirallentamento, di recessione, quindi tor-na a risalire e così via come in un cerchiocontinuo. Bisogna quindi creare riserve(accantonare, risparmiare, non sprecare)nei periodi di crescita, per poter spende-re (investire e consumare) nei periodidi crisi. Giuseppe, divenuto vicerè peraver fornito questa semplice spiegazione,diede ad essa persino un criterio di ma-tematicità stabilendo una norma precisa:occorre prelevare e stoccare durante laprima fase del ciclo (vacche grasse) il 20per cento dei raccolti inmodo da poternedisporre nella seconda fase negativa delciclo (vacchemagre).Operazione riuscita.La Bibbia aggiunge, più avanti: “E da tuttii paesi venivano in Egitto per acquistaregrano da Giuseppe, perché la carestiainfieriva su tutta la terra”.Il riferimento di questo episodio bibli-co alla situazione economica attualeo all’attualità politica, è evidente peralmeno due motivi, il primo legato allanozione di tempo, il secondo all’eticadell’economia.

La sapienza del tempoIl tempo, nella narrazione biblica, pro-prio come fenomeno ciclico, appareiscritto nella natura, nell’ordine dell’uni-verso, in quella Sapienza rappresentatada Giuseppe. Bisognerà attendere ilXIXsecolo, quindi più di tremila anni e lecrisi frumentarie europee, per vedereapparire le prime analisi scientifiche suicicli economici. Caso singolare, da que-ste analisi storico-economiche, il ciclomedio viene proprio individuato attor-no ai sette anni. Le sette vacche magre,le sette vacche grasse. Sarà dimostratoscientificamente anche un ciclo eco-nomico lungo 50 anni (il famoso ciclodell’economista russo Kontradieff, finitonel gulag) che è pure una scoperta assai

singolare se teniamo presente quellache uno studioso ha definito la pirami-de temporale dello Shabbat: sette giornie riposo, sette anni e anno sabbatico,cinquant’anni anni e anno giubilare(vedi André Neher nel suo celebratosaggio nell’Enciclopedia francese su “Ilruolo del profetismo nel movimentodell’economia del XX secolo”). L’episo-dio biblico fa pensare che nella nostraeconomia abbiamo invece cercato di

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annullare la sapienza del tempo, abbia-mo tentato di cancellare, ritenendolaobsoleta e superata, la nozione stessa diciclo economico e con essa la nozione dirischio insita nella natura e nel tempo.Nell’economia attuale sembrano infattiprevalere solo due concetti: il breve ter-mine o il cortoterminismo (vedere solo abreve scadenza, realizzare tutto subito,mercificazione immediata di ogni cosa)e la performance (il massimo risultato o la

massima reddività istantanea, brucian-do, anticipando o divinando il tempo, ilfuturo). Gli stessi bilanci statali, che perloro natura dovrebbero essere proiettatisul lungo termine e su politiche antici-cliche, né più né meno come indicavaGiuseppe, hanno assunto quelle im-postazioni illogiche e innaturali: oggi,presi alla gola dalla crisi, si tenta di ri-mediare. Una delle cause maggiori dellacrisi finanziaria è stata attribuita allacertezza che il tempo e il rischio fosseroinscatolabili in formulette matematiche,un approccio di cui oggi sono evidentile disastrose conseguenze.

Etica ed economiaPuò sembrare difficile o ardito trarredall’episodio di Giuseppe la nozionedi un’economia normativa, sinonimodi etica dell’economia. Giuseppe si dàdelle precise norme economiche e delledisposizioni con il potere di applicaresanzioni per i trasgressori. Norme cheriguardano i comportamenti individua-li o collettivi di produzione, di scambio,di prezzo, di consumo. Con una finalitàben presente, che muove ogni azione eche è quindi etica: poter nutrire tutti– anche gli stranieri: venivano da tuttii paesi – con continuità, secondo i lorobisogni, evitando la fame e la miseria.Anche gli scambi o le compravenditeche sono descritti in seguito nella nar-razione non sono una speculazione,sono un atto economico che contieneperò in se stesso la preoccupazione diridistribuzione del bene nell’interessedi tutti.Noi, con la nostra economia, agiamo insenso opposto. L’economia normativa,che stabilisce delle regole, è stata ritenu-ta un intralcio perché non lascia libero

gioco al nuovo Moloch, il dio mercato.Ne deriva che le finalità morali nonrientrano fra i compiti dell’economiaproduttivistica e, tutt’al più, l’etica puòvalere solo in quanto risponde a unbisogno di immagine e risulta utile eproficua per il mercato (hanno così in-ventato la businessethics, lamarkethicse il detto: ethic pays, l’etica è pagante).Anche qui la devianza da quella sapien-za biblica ci mostra, quotidianamente,gli effetti nefasti. Tanto è vero – è per-sino alquanto comico – che nella crisiattuale tutti i capi di stato e di governosono tornati a parlare con insistenza dietica, di necessità di norme, di “nuove”regole, di opportuni codici di compor-tamento.

Un libro di sapienzaA questo punto, speranzosi, vale la penacitare il saggio della biblista AnneMariePelletier (“Pour que la Bible reste unlivre dangereux”, Etudes, t.397; www.cairn.info) secondo cui “La Bibbia è pa-rola fatta per disturbare, per smuoverei pensieri costituiti, le certezze, fosseropure quelle agnostiche. Chiunque è ap-pena un poco familiare con la Bibbia, diuna familiarità attenta alla singolaritàdel testo, sa che questo libro non è ac-qua cheta o una parola spenta. È invecebruciante, coinvolgente, pericoloso…Non c’è dubbio che la Bibbia possiedaun temibile potere di contestazione…un formidabile potere critico sulle so-cietà che la leggono.Un libro pericolosoné più né meno come lo era già nel VIsecolo prima della nostra era, per il rediGiuda, Joiakim, quando lacerò i rotolidelle profezie di Geremia e li buttò sulbraciere”. Fosse così… Ma l’avrannoripresa in mano per questo motivo?

Vacche grasse e vacche magre, vigne e greggi,riserve e consumi… La Bibbia offre esempidi modalità economiche ispirate ad atteggia-menti pragmatici e di profondo buon senso.Alla luce dell’attuale crisi economica,la rilettura di questi episodi rimanda a queicomportamenti virtuosi che molti, in nefastoritardo, paiono oggi a gran voce invocare

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In un paesaggio innevato, cinque coppie difanciulle bianco vestite, il capo protetto daun velo, camminano davanti a un muro diconci lapidei. È un corteo funebre, nel qualea dominare è il freddo. Bianchi, toni scuri,grigi sono i colori che prevalgono, oltre agliazzurri che Edoardo Berta utilizza per i gio-chi di luce sulla neve e il cielo. Il taglio deldipinto riconduce alla visione orizzontaledella scena rappresentata, particolarità ac-centuata dalla linea definita dalle montagneposte sullo sfondo e dalla neve che ricopre laparte superiore del muro di cinta provvistodi aperture: quest’ultime sono le uniche apermetterci una visione, almeno parziale,del cimitero. Fanno da contraltare alcuni ele-menti verticali: le fanciulle – che dominanola parte sinistra della scena – e le due pianteposte in primo piano. Sono quest’ultime glielementi simbolici più forti, private di unapropria vita, presenze scure e inquietanti cherafforzano la rappresentazione di una scenatetra e funerea.Terminato nel 1901, Funerale bianco ricon-duce ad almeno altre due opere di artistidell’epoca: la prima è certamente Fiore reciso(1896-1906) di Giuseppe Pellizza da Volpe-do, anche se una vicinanza ancor maggiorela si sente con Fanciulle che si recano allaprocessione (1888) di Jules Breton. Il taglioalto dell’orizzonte sopra il muro presente inFunerale bianco riconduce a un’altra opera delBerta, il suggestivo trittico L’estate di SanMar-tino (1911). Provvisto originariamente di unacornice liberty a fiori appassiti in rilievo (oggipurtroppo perduta), questo grande dipintoè l’opera che a parere degli storici dell’arte“libera” definitivamente Berta. Dagli ultimianni dell’Ottocento l’artista di Giubiasco,infatti, intraprenderà alcuni viaggi in Europa:in particolare nel 1899 si recherà in Italia –che visita grazie a una borsa di studio dellaConfederazione –, esperienza che gli permet-te di venire a contatto con la pittura del XVsecolo. Questa evasione dalla realtà ticinese(e da una certa “tranquillità economica”) loporteranno alla realizzazione di quest’operaa lungo “studiata e pensata”, che mostra ildefinitivo distacco dal precedente stile diimpronta accademica. Dal ritratto e dallo

studio dal vero, Berta sposa così l’interpreta-zione della natura caratteristica dei divisio-nisti e la poetica simbolista liberty: proprioFunerale bianco se ne fa portatore, anche sesarà la sua produzione quale illustratore amostrare il suo avvicinamento a Segantinie all’influenza delle stampe giapponesi che

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La neve: elemento dominante nellapiù evocativa opera di EdoardoBerta,figura di riferimento del panoramaculturale cantonale di inizio Novecento

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LibriM. Bianchi et al.Edoardo BertaVilla dei Cedri, 2000Unamonografia dedicata a Berta,catalogo della mostra tenutasi aBellinzona nel corso del 2000.Tra gli artisti della collezione per-manente della Villa ricordiamoSegantini, Franzoni, Feragutti-Visconti e Vela.

AA.VV.Arte in Ticino 1803–2003.Vol. 2 - L’affermazionedi un’identità 1870–1914SalvioniEdizioni, 2002Il secondo di quattro volumidi un’opera che propone unavisione completa della realtàartistica cantonale, ricchissimain contributi critici, iconograficie bibliografici.

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stava permeando in quel periodo l’arte delVecchio Continente.Nel divisionismo – che secondo la storicadell’arte Giovanna Ginex non può essereconsiderato un vero movimento artistico –sono le tecniche che danno maggior risaltoalla luce a prevalere.Un’operazione che ma-tura attraverso l’uso di colori puri accostati inmodo inusuale, con l’assenza del disegno ve-ro e proprio, sostituito dai giochi volumetricicreati dalla stessa luce. È proprio questa a da-re i contorni agli elementi rappresentati, unacaratteristica che segna anche Funerale bianco.Sono “insegnamenti” che diverranno preziosianche al nascente movimento futurista – ela sua volontà rivoluzionaria – che mirava asommergere tutto ciò che lo aveva preceduto.Proprio lo studio delle proprietà della luce– anticipando la diffusione dell’elettricità,simbolo della modernità e della crescenteindustrializzazione –, la sua resa e i suoi gio-chi sul paesaggio saranno fondamentali neidivisionisti, tanto che il vero “godimento”di queste tele non può che avvenire solo unavolta giunti davanti all’opera: lì si che se neè definitivamente catturati.Funerale bianco verrà esposto per la primavolta a Vevey (ENSBA, 1901) e in seguitoa Torino (Quadriennale, 1902), in con-comitanza con l’esordio de Il quarto stato

(1898–1901), la più nota ope-ra del Pellizza. Berta esegui-rà in totale tre versioni delquadro, differenti per resapittorica e tonalità di luce:una di queste è parte deifondi del Museo Civico diBelle Arti di Lugano, un’altraè presso l’Ambasciata svizzeraa Buenos Aires, in Argentina.Solitamente visibile presso lasala del Consiglio comunaledella città di Locarno, la terzatela è oggi alla Kunsthausdi Zurigo, ospite della retro-spettiva Rivoluzione! dedicataai divisionisti italiani. Unamostra che rappresenta unaperfetta continuazione de Lapittura dal vero tra Lombardiae Canton Ticino (1865–1910),esposizione da poco conclu-sasi presso la Pinacoteca Züstdi Rancate e che ospitava– non a caso – Paesaggio inver-nale (1900–1905), un’opera diBerta strettamente legata aFunerale bianco per la tecnicautilizzata e, non da ultimo,per il paesaggio innevato.

BiografiaEdoardo Berta (1867–1931), inizia la sua formazioneartistica alla Scuola di disegno di Bellinzona e dal 1881frequenta l’Accademia di Brera. Conosce a Milano Giusep-pe Pellizza da Volpedo e stringe forti legami con FilippoFranzoni. Berta ha inciso sulla realtà culturale cantonale,sia come artista sia attraverso il suo operato presso la na-scente Commissione per la conservazione dei monumentistorici e artistici del Canton Ticino (1909). Abbandoneràcosì la pittura per impegnarsi nella valorizzazione delpatrimonio artistico, divenendo una voce decisiva per lanascita di una vera coscienza cantonale.

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Le leggi federali e le ordi-nanze svizzere legiferano perproteggerci dalla pubblicitàocculta e dalla sponsorizza-zione di bevande distillate,medicamenti e sigarette. Lagiurisprudenza, che in alcuniambiti lascia libertà d’azioneai cantoni, si incarica infattidi tutelare i comportamen-ti dei consumatori affinchénon vengano influenzati damessaggi pubblicitari rite-nuti pericolosi per la salutepubblica. Naturalmente c’èchi si oppone alle leggi innome della libera economiadi mercato, argomentandoche i divieti imposti allapubblicità di prodotti co-me l’alcol o il fumo, nonriducono affatto il consumodegli stessi, né modificanolo stile di vita e i compor-tamenti dei cittadini. Mase è vero che impedire lapubblicità di questi prodotti,classificati come dannosi,lede i diritti fondamentalie nuoce all’economia, cosaaccade quando i messaggipubblicitari non sono espli-citi e non ci permettono didecodificare il contenuto cheveicolano?Stiamo parlando dei messag-gi subliminali che invadonola cinematografia, lamusica,la politica e la pubblicità. Sitratta di forme di comunica-zione che non riconosciamoimmediatamente ma che ilnostro cervello percepisceattraverso il subconscio el’inconscio, tramite un mec-canismo sostanzialmenteanalogo a quello delle tec-niche di ipnosi. È in questaterra di conquista imper-cettibile al tatto e invisibilealla vista che ci vengonosomministrati i messaggi piùsubdoli, con i quali si attiva

una reazione non mediatadalla volontà, che passa aldisotto della soglia della co-scienza, in cui si registranoframmenti e sensazioni chedurano frazioni di secondo.Non sono molti gli studiscientifici e di psicologiadedicati a questa materia ealla diffusione esponenzialedella pubblicità subliminaleanche se, nel corso del nel2007 un team di studiosiha monitorato gli effetti diquesto tipo di comunicazio-ne sul cervello. La neuro-scienza visiva ha cercato pertanto tempo di stabilire inche misura le attività che ri-chiamano degli stimoli nellacorteccia visiva dipendonodall’attenzione e dalla con-sapevolezza delle persone.Alcune teorie sostengonoche la ripartizione dell’at-tenzione risulta limitata allerappresentazioni consapevo-li, quelle cioè di cui si ha co-scienza. È tuttavia risaputoche in molti film (Fight Clubè forse il più noto perché an-novera numerosi inserimen-ti subliminali), negli spote nella musica sono spessopresenti dei conduttori na-scosti, studiati per diffonde-re informazioni senza che lospettatore ne sia consapevo-

le, allo scopo di influenza-re e manipolare il pensierocollettivo orientando così inostri comportamenti. Cer-to, non mancano a propositole leggende metropolitane,come quella concernente

Stairway to heaven, la celebre canzone deiLed Zeppelin che se ascoltata al contrarioconterrebbe messaggi occulti. Così come èdimostrato che nel cartone animato Biancae Bernie, e in molti altri della Walt Disney,compare la figura di una donna nuda conla faccia del demonio.Ma al di là di questi esempi bizzarri, è im-possibile non riconoscere che la pubblicitàutilizza tecniche intelligenti, attraverso l’af-finamento e lo studio dei suoi mezzi e dellasua retorica: la persuasione diviene infattilo strumento elettivo per l’affermazionedell’egemonia economica. Elaborando unsuo linguaggio particolare e una sua sintas-si, tesi alla fidelizzazione dell’acquirente,

la pubblicità ha assi-milato le teorie dellasemiotica, la scienzache studia i segni e lacomunicazione, affi-nando i rapporti trasignificato e signifi-cante e avvalendosi

di teorie sempre più prone agli obiettivicommerciali.Sono stati necessari libri, convegni, simposiper aprire il varco, anzi la voragine, peravviare una riflessione critica a riguardo.In riferimento alle regole deontologichefissate sulla carta dalle associazioni in

LibriPercy Larry et al.Pubblicità e psicologiadel consumatoreFranco Angeli, 2004La psicologia è tradizional-mente la scienza da cui lapubblicità e la ricerca sulconsumatore hanno mutua-to i maggiori contributi.

Daniela BrancatiSpot a doppio taglio.I bambini e la pubblicitàFranco Angeli, 2005Ricco di consigli per gliaddetti ai lavori, genitoricompresi, il volume è unariflessione con alcuni uomi-ni-chiave del settore pubbli-citario italiano sulla relazioneinfanzia-media.

Messaggi occulti, immagini che durano unafrazione di secondo, frammenti che in modosubdolo penetrano nella coscienza: obiettivodella pubblicità subliminale è quello di plagia-re, trasformandoci in acquirenti inconsapevoli

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difesa dei consumatori, la pubblicitàdovrebbe essere per principio veritiera eleale evitando messaggi aggressivi o tesialla creazione inconsapevole di bisognie opinioni. Così come non dovrebbenuocere agli individui, incitandoli acomportamenti sbagliati o diffonden-

do argomenti socialmente discutibilie senza un controllo. Fino a quandoavremo la possibilità di verificare ciòche ci viene propinato avremo ancoraa disposizione la fondamentale facoltàdi decidere e dunque di scegliere. Ilproblema sorge invece quando questi

passaggi sono in un modo o nell’altronegati e occultati tramite il sublimi-nale. Ecco allora che la situazione sicomplica perché la nostra capacità didiscernimento viene meno e la possibi-lità di decidere liberamente, gravemen-te minacciata.

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Abbiamo letto per voi»

Vito MancusoL’anima e il suo destinoRaffaello Cortina, 2007

Forse, ai più, ma non me loauguro, può apparire anacro-nistico parlare di anima nelmondo di oggi, così intriso ditelematica e ipertecnologie. Aprima vista, l’argomento puòpoi sembrare di quelli adattia pochi iniziati, teologi, filo-sofi oppure poeti e scrittori.In tal senso, Vito Mancuso,docente di Teologiamodernae contemporanea all’Univer-sità San Raffaele di Milano,lancia una sfida assai piùardita: quella di interrogarsisu argomenti “alti”, comel’anima appunto, ma ancheil rapporto tra fede, scienza efilosofia, la morte e il signifi-cato dell’esistenza, partendodal presupposto che questetematiche non sono pernulla estranee all’uomo mo-derno, e non appartengonoforzatamente al mondo dellaspiritualità e del sovrannatu-rale. Anzi, l’anima prima ditutto è qualcosa di naturale,che può essere intesa comeparte del mondo fisico checi circonda, e naturalmentedell’uomo. Il terreno di unadiscussione di questo tipo èimpervio, a cavallo tra filo-sofia, spiritualità, religione,

teologia, ma Mancuso sceglieun linguaggio accessibile edi immediata comprensione.Soprattutto l’autore si sforzadi agire come un vero docen-te e di condurre il proprioragionamento quasi condu-cendo il lettore per mano,con gradualità.Così, pagina dopo pagina, cisi trova a seguire il filo deiragionamenti senza eccessidi difficoltà. Si tratta di unlibro pensato per laici, comespiega espressamente l’au-tore: “Il mio vero interlocu-tore è la coscienza laica, ladimensione della coscienzache ricerca la verità per sestessa, rifiutando di legarsiaprioristicamente a qualun-que catechismo”. Ecco allorauna serie di domande spessoostiche rivolte in particolareagli uomini di religione, conl’obiettivo di costringerli ainterrogarsi sui dogmi dellafede e sulle certezze assodatee intoccabili.In questo senso, L’anima e ilsuo destino assume valenza diripensamento del Cristianesi-mo, un percorso alla ricercadi una sorta di rifondazionedella fede sulla base di prin-

cipi nuovi. Primo fra tutti ilrinnovato rapporto con lascienza e con la ragione, nonpiù vissute come elementiineluttabilmente contrappo-sti alla religione, ma riaf-fermando, come sostenevaTommaso D’Aquino più disette secoli fa, l’impossibilitàche “una verità di fede possaessere contraria a quei prin-cipi che la ragione conosceper natura”. In questo Man-cuso è chiaro: “Non esisteun mondo peculiare dellareligione, nel quale valgonoleggi e possono avvenire cosedel tutto differenti rispetto almondo reale. Non c’è che ununico mondo”.Il risultato finale è un libroche esprime un modo di in-tendere la vita e di essereuomini profondamente po-sitivo, attraverso un accesoconfronto con i grandi temidell’esistenza, interrogando-si, cercando, ragionando esperimentando, perché “Dionon ci ha creati per credere,ma per essere.Meglio nudi difronte all’essere e al suo mi-stero, piuttosto che vittimerivestite di ignoranza, super-stizione e servilismo”.

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Recensioni

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Fa freddo. È tempo di fondue.

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Racconto

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Un bel sasso»diKurt Sghei

Stimolate i consumi o si blocca la produzione: consumategente, soprattutto voi bambini e piccoli consumatori, tirate lagiacchetta di papà e provate con quella dei padroni, che sennò,che le produciamo a fare tante cosucce inutili?Perdonate la domanda, forse un po’ retorica, ma a questopunto chi serve a chi, in questa logica? È il mercato a essereal nostro servizio o siamo noi che serviamo Lui...? E poi: chicavolo è Lui? Chi è il mezzo e chi è il fine, questo è il dilemma.Viene prima il prodotto o il consumatore? Io sono squattrinatoragazzi, e mi sa che la logicami ha tagliato fuori. Peccato, avreivoluto aiutare... non so che fare, canterò più forte a messa…E così il Re Mercato se ne va a spasso nudo per la città mendi-cando un poco d’attenzione, e allora, pazzia per pazzia, sotto lefeste vediamo almeno di folleggiare come ci pare, o no? Io, peresempio, questo Natale regalerò sassi, alberi e nuvole. Che ca-volo, i regali bisogna pur farli! Chiamalo disturbo compulsivo,coazione sociale, tradizione, è il vogliamoci bene, ci tocca.Ecco di seguito alcune idee alternative: si dice sempre “la na-tura è un dono di Dio” be’, per quest’anno sarà un dono mio.Vi regalerò le stelle, amori miei, prendetele, prendetene anchedue, su, ce n’è per tutti.A mia sorella regalerò un bel sasso.Non uno qualunque, badate bene. Tre ore sono stato giù alfiume. Ne avrò fatti passare mille, mica è facile trovare quellogiusto. Continuavo a scusarmi “le sto disordinando tutto ilbordo...” e lui “ma no, si figuri... sono agitato di mio”. Co-munque, alla fine l’ho trovato, il sasso perfetto: liscio comeun uovo, cangiante come una trota, viola e argento. “Guar-di... – m’ha detto il fiume – se non dovesse piacerle, non sipreoccupi, dica a sua sorella che può tornare quando vuole…la vede quella foglia staccarsi? Ecco, è lo scontrino, lo prenda,mi raccomando...”.Per mia madre pensavo a un albero. Una bella pianta adulta,un castagno, una betulla, magari un sempreverde, enorme, cheda camera sua lo possa vedere e ogni mattina la saluti con la

cropolina aguzza che svetta mossa gratuitamente dal vento.Amio padre, invece, regalerò il gatto dei vicini, tanto è semprequi da noi. Ufficializzo solo la cosa, un fiocchetto e via.Sono passati tre anni. Da quella crisi non ci siamo più ripresicome coppia, tanta freddezza e silenzio tra noi…ma quest’an-no, un po’ alternativo, che la crisi si è spalmata più in generale,alla mia ex ho preparato una sorpresina niente male che lescaldi il cuore. Un caro ricordo, qualcosa di molto personalee vissuto: le spedirò una ciocca di miei capelli a forma di pa-pillon. Carino vero?Ne vengono altre mille, di idee simili, a pensarci bene. Provateanche voi da casa.Di gran moda quest’anno è poi scambiarsi i regali di quellopassato. Soprattutto se sono libri. Così, se faceva schifo loscopri e ti vergogni, giustamente.Qui al mio comune niente albero in piazza, così s’è detto su inmunicipio qualche settimana fa, quando tutti ne abbiamo fattoquestione di principio.C’è la crisi, vediamo di essere un po’ piùsobri, una volta tanto. Ma poi si sa, la soffice neve che cade, ibiscottini della nonna, le slitte e i bambini... no dai, l’albero lopiazziamo, per i bambini, poverini, non è giusto che la paghinoloro la crisi... Solo, magari, non ci mettiamo le bocce (che tral’altro l’anno scorso i soliti teppisti le hanno prese a sassate) enemmeno le lucine elettriche, che così risparmiamo... “la crisilascia nudo l’albero” scriveranno i giornali, forte no?Io, il solito rompiscatole, rappresentate del Partito FuturoMeno Precario (Grazie), ho detto la mia: perché allora nonfare una cosa anche più forte, più simbolica, alla Duchamp:l’albero (che tra l’altro, è un regalo permiamadre) lo lasciamolà dov’è, nel bosco e invece in piazza ci mettiamo un palettocon inchiodato un cartello: “Buona Sobrietà a tutti”.“Ma che tristezza infinita! – ha urlato la Signora Pandori –provvederò io alle spese, su, popolo, andate a tagliare l’albe-ro”. Gioia! miei cari, che siamo una civiltà allegra. Vai, conle motoseghe!

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12Kalendae

L’albero diNatale»

Nonmolti anni fa il grande storico inglese Eric J.Hobsbawn –colui che inventò per ilNovecento la geniale denominazione di“secolo breve” – pubblicò una raccolta di saggi dal titolo L’in-venzione della tradizione (2002). Spiega questo testo che moltetradizioni le cui origini paiono perdersi nella notte dei tempihanno in realtà una storia recente e talvolta sono inventatedi sana pianta. Abbiamo in tal caso la cosiddetta “tradizioneinventata”, con la quale si intende – scriveHobsbawn – un in-sieme di pratiche, dotate di naturarituale e simbolica, nelle quali èimplicita la continuità col passato.Ora, proprio questa continuità conun remoto passato non esiste nelcaso dell’usanza di agghindare inoccasione delle feste natalizie unalbero dell’ordine delle conifere(abete o pino): si tratta, infatti,di una tradizione relativamen-te recente, nel senso che la suadiffusione in Europa è attestataintorno alla metà dell’Ottocento.E centocinquant’anni non sonocerto tanti per una tradizione,tanto più se si pensa che essadovrebbe celebrare la nascita delmessia dei cristiani, evento re-ligioso di ben più antica data.Talvolta, ci dicono ancora storicie antropologi, le tradizioni ven-gono inventate ad arte e con scopiprecisi, per esempio per nobilitareeventi, attribuendo ad essi originiantichissime: non ci sembra il caso per quanto riguarda latradizione dell’albero di Natale, che si diffuse dai paesi ger-manici, ove nacque, all’Inghilterra, alla Francia, alla Russiae poi pian piano a tanti altri paesi del mondo, più che altroperché considerata bella, calda, significativa. L’albero dellecase tedesche addobbato con ornamenti, nastri e dolciumi,e illuminato dalla calda luce delle candeline colpì addirittural’immaginazione di principi e sovrani che lo vollero nei loropalazzi. Un altro fascino di questa usanza è dato dal fatto chel’oggetto albero e le pratiche decorative, non vincolati all’usopratico, si sottraggono a qualsiasi forma di utilità, conceden-dosi con piena disposizione all’impiego simbolico e rituale.Giacché, a che cosa “serve” l’albero di Natale? A niente. E per

fortuna, soprattutto se uno l’albero se lo potesse procurar da sée ornare con decorazioni naturali o fatte amano, come alcunisaggiamente fanno. Altrimenti, l’usanza serve sì, a consuma-re, a far acquistare palline e ghirlande, pupazzetti e lustrini.Oltre che gli alberi medesimi, con la conseguente – quandosono veri e non di plastica – “strage degli innocenti”, se con-sideriamo i milioni di giovani abeti e pini la cui vita vienerecisa in tenera età. A parte l’uso consumistico, comunque,

gli alberi di Natale servono a benpoco d’altro che a dare gioia agliocchi e calore al cuore; servono – aessere precisi – ancora meno delpresepe, che almeno un’utilitàdidattica ce l’ha in quanto evoca,rappresenta, ricostruisce la scenadella natività: l’albero invece nonevoca né rappresenta e neppurericostruisce altro che se stesso.Tuttavia, il rappresentare se stessodell’albero non è certo poca cosa,giacché esso è uno dei simboli piùpotenti e antichi (questa voltadavvero) che esistano. Anzi, forseil simbolo più antico e più poten-te e più universalmente diffuso.Fu Carl Gustav Jung – Simbolidella trasformazione (1966) – a ri-conoscere la ricorrenza del simbolodell’albero in tutte le culture e adefinirlo di conseguenza un arche-tipo – ovvero immagine originariae universale –, anzi l’archetipo

centrale dell’umanità. Secondo Jung l’albero è soprattutto unsimbolo materno, come mostrano i miti di nascita di bam-bini dagli alberi. Il più famoso di questi è il mito di Adone,concepito dall’incesto della madre Mirra col proprio padreCìnira. Per punizione la madre subì la metamorfosi nellapianta di mirra, la cui corteccia dopo nove mesi si squarciò– racconta Ovidio nelle Metamorfosi – per dare alla luce il fan-ciullo più bello che si fosse mai visto, un “adone” appunto.L’albero della nascita e della crescita, l’albero della conoscenza,l’albero della croce e tanti altri alberi fanno insomma da sfondoculturale, teologico, antropologico, all’albero diNatale che ten-de a noi a guisa di braccia i suoi rami inanellati, inghirlandati,adornati e simbolicamente elevati a portatori di regali.

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Durante le festività natalizie unapianta domina le case, i terrazzi ei giardini. Da simbolo forte e an-tichissimo a bandiera del consu-mismo più sfrenato, l’albero con-tinua a donarci misteriosi regali

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Abbiamo letto per voi»

L. Napoleoni e R.J. BeeI numeri del terrore.Perché non dobbiamoavere oauraIl Saggiatore, 2008

Qual è il terrore richiamatodal titolo di questo libro? Inprimo luogo quello di un at-tentato, magari compiuto conun ordigno nucleare oppureun agente batteriologico. Benalimentato dai mezzi d’infor-mazione e sfruttato per i pro-pri fini dalla classe politica, il“terrore per il terrorismo” do-mina l’immaginario collettivopost 11 settembre senza che siriesca (o voglia) trovare unavia di uscita da questa spiraleansiosa e ansiogena. Eppu-re il solo modo per usciredall’incubo è non avere pau-ra, facendo proprie le parolepronunciate nel gennaio 1932da Franklin Delano Roosevelt:“L’unica cosa di cui dobbiamoavere paura è la paura”. Ilpresidente americano parlavaa un paese sconvolto dalla

crisi economica del ’29 e ilsuo messaggio di speranzadiventa l’assunto di questo li-bro – non a caso sottotitolato“Perché non dobbiamo averepaura” – scritto da due esper-ti di terrorismo che, numerie dati statistici alla mano,dimostrano come una delleconvinzioni più diffuse a li-vello globale – un mondo in-sicuro e terroristi sempre piùefficienti e pericolosi – sia unagrande menzogna. Le statisti-che confermano che attentatie vittime del terrorismo sonoin netto calo rispetto al pas-sato. Come sono ben lontanedalla realtà le storie che vo-gliono i terroristi in grado diprocurarsi facilmente armi didistruzione di massa. Certo,ragionamenti e statistiche po-co possono contro il martel-

lamento mediatico e politicoche alimenta la paura. Maproprio attraverso il recupe-ro della capacità di analisipassa la strada per invertirela rotta; la paura ha portatofasce della popolazione adappoggiare guerre costosis-sime che hanno impoveritol’Occidente, devastato l’Asiacentrale, rinfocolato gli oditra le religioni e le etnie, efatto aumentare a dismisurail costo dell’energia.Gli esiti sono sotto gli occhi ditutti e la grande crisi econo-mica che ci sta sconvolgendoè la prova della validità delleanalisi degli autori quandoaffermano che i governi, di-stratti dal nemico terrorista,hanno dimenticato il vero ereale pericolo dei nostri gior-ni: la follia speculativa.

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Vitae

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a perdita di mio figlioMarco ha segnato pro-

fondamente lamia vita. Forseè banale e lo si sente direspesso, ma c’è qualcosa diprofondamente innaturale,di incongruo nella morte diun figlio. Certo, il rimpiantomaggiore è proprio quellodi non aver trascorso abba-stanza tempo con lui, di nonaverlo ascoltato abbastanza.In quel momento ero moltoimpegnato professionalmentee non era facile trovare il mo-mento per stare insieme. Loso, suona strano, ma è così…Il suo sogno era di finire glistudi e venire a lavorare conme… allora avevo un’azien-da che produceva tetti solari.Non gli piacevamolto studia-re e così avevamo iniziato afare dei progetti per il futuro.Studiava pianoforte al conser-vatorio di Como, lamusica loappassionavama non era cosìdotato per poter affrontarela professione musicale delpianista. La separazione damia moglie, proprio in quelperiodo non semplificò le co-se. Jacques e Marco vivevanocon lei e naturalmente subi-vano la sua influenza. Sonosituazioni in cui mantenerel’obiettività è estremamentedifficile, anche se i figli sonogià grandi, come è accaduto ame. E non sono d’accordo conchi sostiene che separarsi coni figli di un’età maggiore siapiù semplice. Per loro non fuaffatto facile comprendere lasituazione.Ci fu però un annodurante il quale si era trasferi-to a Losanna per seguire unostage presso un ufficio tecnicoe dato che per lavoro ognisettimana ero in città, avevopreso un appartamento pernoi due. La sera uscivamo in-sieme, cenavamo, parlavamodi vini. Ecco, in quel periodoabbiamo trascorso dei bellis-simi momenti. Purtroppo poile cose sono andate diversa-mente. Con Jacques, l’altromio figlio, che ha un caratterediverso, più duro, più critico,il rapporto è andato via viamigliorando. Adesso è padredi una bambina e credo chequesta condizione, a parte

l’immensa soddisfazione perme di avere una nipotina,abbia favorito un progressivoriavvicinamento fra di noi.Come produttore di vini, mioccupo di terra, di agricoltu-ra, che in fondo era la cosache volevo fare da ragazzo,l’ingegnere agronomo. Ma imiei, che erano agricoltori,ebbero bisogno di me e cosìpassai alle scuole commercialie quindi alla rapida carrierain banca, segnata dal coin-volgimento nell’affare Texoncome testimone. L’economiami appassiona ancora, an-che e soprattutto in relazioneall’agricoltura. Perché dobbia-mo cambiare radicalmente ilmodo di produrre, sviluppan-do soprattutto l’agricolturadi prossimità. In Africa, inAmerica meridionale ci sonofamiglie che muoiono di fa-me solo perché non lasciamoloro la possibilità di produrresecondo i lorometodi e impo-niamo le nostre colture. An-che la Svizzera è sempre stataproduttrice di patate ma oramancano, le importiamo…Lo stesso per i cereali… il lat-te. L’errore sta nella gestioneindustriale dell’agricoltura. Seuno produce bulloni in ecces-

so, ferma una macchina, lopuò fare rapidamente… main agricoltura per sostituire lecoltivazioni ci possono volereanni.Chi decide politicamen-te ed economicamente nonha capito nulla, perché ten-de a ragionare in termini diraggiungimento immediatodei profitti. Per questa gente,il lungo termine sono dueanni… non è concepibile…Ma i risultati, l’instabilità,sono sotto gli occhi di tutti.Questa attuale non è solouna crisi, è l’occasione, se la sisaprà cogliere, per una svoltaepocale. Se chi ha le leve nonimporrà regole e una menta-lità davvero innovativa sottoil profilo economico, socialee ambientale, non avremoun ulteriore appello: la pros-sima volta, ed è questione dipochi anni, sarà fatale. Certo,la forza dell’Occidente, deigoverni democratici, è il cetomedio che vuole vivere nella

tranquillità, vuole pace, sicurezza, educa-zione per i figli e un po’ di divertimento.Ora si sta impoverendo a vantaggio di unasorta di oligarchia di potenti e di ricchissimi.Quando parlo di rivoluzione nonmi riferiscocerto alla rivoluzione bolscevica ma a unrivolgimento sociale che vedrà grandi massereagire allo strapotere delle oligarchie. È lalegge dei numeri a spingere in questo senso.A meno che non si abbia sufficiente energia“intelligente”. Il problema sarà poi vedere dache parte stanno gli eserciti. I popoli la guer-ra non l’hanno mai voluta, sono la grandefinanza, gli industriali e i politici a volerla,è sempre stato così. I conflitti messi in attodagli StatiUniti negli ultimi decenni –Corea,Vietnam,Afghanistan, Iraq – sono tutti basatisull’interesse dell’industria degli armamentie dell’energia. Anche i nuovi accordi sullalibera circolazione delle persone e dei beni, esull’abolizione dei dazi doganali non hannosenso. Creiamo disoccupazione da noi, conricaduta sullo stato, sfruttando dei ragazziniche lavorano per un franco al giorno perprodurre beni che le nostre multinazionaliacquistano senza porre domande, arricchen-dosi. Assurdo, no? D’altra parte nei paesidove lo sfruttamento è sistematico i redditibassi non consentono di trasformare questapovera gente in consumatori. Se vogliamo fargirare l’economia globale dobbiamo rinun-ciare a qualcosa, abituarci a vivere più sem-plicemente in modo da consentire agli altridi esistere. Solo così potremo scongiurare unarivoluzione sociale. Ma non mi fraintenda:non sono un pessimista, davvero…

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Ex funzionario di banca, testimone nel-lo scandalo Texon, oggi imprenditore eviticoltore. Ci racconta della perdita delfiglio Marco, della miopia in ambito poli-tico ed economico, degli scenari futuri

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Il cibo: elemento che ci accompagnanellamaggior parte dei momenti impor-tanti della vita, ci avvicina alla naturae ci mette in contatto con le persone anoi care. Attraverso il cibo affermiamola nostra identità ed entriamo in comu-nione con la nostra essenza più intima.Da questi presupposti nascono i piatti diPietro Leemann, “proposte di viaggio”che si ripetono ogni giorno, dal 1989,nel ristorante considerato un “tempiodella cucina naturale”

fotografie di Adriano Heitmann,Francesca Brambilla e Serena Serranitesto di Federica Bajpiatti e didascalie di Pietro Leemann

Quello che mangereiogni giorno

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ossiedo un taccuino blu su cui annotoquegli avvenimenti che non voglio siperdano nei pochi attimi in cui acca-dono. Ho deciso di tenere un diario il17 maggio del 2007. Più di un anno fa.Stavo strappando le erbe infestanti dalmio orto e sulla mia testa ronzavano leapi. Era da tempo che non le sentivo.Così – mani e ginocchia sporche diterra – sono andata dal più vicino car-tolaio, ho acquistato un quaderno e unamatita e ho scritto poche parole sulleapi e sulle loro intense conversazionisopra la mia testa. In diciannove mesi,solo cinque pagine hanno custodito iflashback della mia vita che sentivo divoler ricordare. L’ultimo foglio scritto

risale al 18 novembre scorso. Sette righe:“Oggi ho pranzato nel ristorante di PietroLeemann. È stata un’esperienza unica chemi ha sorpreso, spiazzato, divertito. Forse,penso, proprio da qui inizierò a considera-re il cibo in modo più consapevole”. Nonimmaginavo, prima di varcare la sogliadi quello che è considerato “il tempiodell’alta cucina naturale” a che cosasarei andata incontro. Definire “vege-tariana” la cucina dello chef di originilocarnesi mi è sembrato, fin dal primoboccone assaporato, riduttivo, anche sequi non vengono servite pietanze a basedi carne. Perciò, in questo scritto nonleggerete mai più il termine “vegetaria-no”. Ho iniziato a scrivere il mio diario

per un forte impulso che avevo ricevutodalla “Madre di tutte le madri” che crea,che offre generosamente i suoi frutti achi li sa cogliere e apprezzare. L’ho con-cluso scrivendo di Natura: quella che hotrovato, a tracce ben visibili, sotto formadi ingredienti e ancor prima di pensieried emozioni, nei piatti di Leemann.Prima fonte di ispirazione, motore chetrasforma un’intuizione in un piatto dialta gastronomia, è il denominatore co-mune di tutte le creazioni dello chef pa-tron del ristorante milanese Joia (si vedaTicinosette n. 46). È il “filo di Arianna”che, dai labirinti intricati dellamente incui si forma un’idea, conduce all’uscita,alla chiara luce del sole, alla creazione

pagina 40 Quello che mangerei ogni giornoUn piatto sul tema della vitalità, creata grazie alla combinazione degli ingredienti e ai ger-mogli che prepariamo quotidianamente. Sotto, l'estetica rigorosa, caratterizzata da formegeometriche, è resa armoniosa dalla pioggia di petali che la coprono. La golosità del piatto èamplificata da un olio d'oliva del Garda straordinario. Sotto due paté: uno di fagioli cannellinie l'altro di ceci. Sopra un pesto di zucca mostardato.

fotografia di Adriano Heitmann

pagina 42 Un sasso cade/Un sasso rotolaUna ricerca sul movimento. Il piatto è nato inizialmente col nome di “Un sasso cade”: cadendol'impatto disegna un'esplosione dall'interno verso l'esterno che acquisisce una forza e un’esteticastraordinaria legata alla casualità. Questa casualità fa si che poi ogni piatto diventi totalmentediverso dall'altro. Il piatto ha avuto due evoluzioni: la prima, “gong”, in cui la forma e il gustosono accompagnate dal suono di un gong che suoniamo davanti all'ospite. La seconda, “Unsasso rotola”, in cui il movimento del sasso rotolante avviene davanti allo spettatore che poi lomangerà. I piatti di solito sono statici, contrariamente a quanto avviene in natura, che è invecein continuo movimento. Un cambio di rotta dunque verso la dinamicità e contro la staticità. Unmovimento risolto facilmente inclinando il piatto sul quale si muove la sfera. Il sasso è una sferacroccante di grano saraceno con all'interno una fonduta di grano saraceno; la salsa è allo zaffe-rano, le cucchiaiate che fermano la sua corsa sono a base di finocchi e pomodori essiccati.

fotografia di Adriano Heitmann

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45Reportage

di un piatto perfetto, come era statopensato in origine. Il cibo assume i con-notati della sacralità e proprio attraversol’elemento naturale arriva a sfiorare ilsoprannaturale. “Nel mio lavoro – spiegaLeemann – la natura e la sua rappresen-tazione sono un punto di riferimentoe di partenza per la ricerca della salutee del piacere, in ogni passaggio: dallascelta degli ingredienti, che sono semprestagionali, all’accostamento dei colori,fino alla loro trasformazione. Il gustodell’alimento deve rimanere tale, devemantenere la sua autenticità e non deveessere mascherato da cotture che non glisi addicono o da salse che ne annullanoil sapore”. La mia “iniziazione” alla cu-cina del ristorante “stellato” milaneseavviene con Appunti di viaggio, una cre-azione del 2003, ormai un “classico” dellocale. Da una parte del tavolo blocco epenna per le annotazioni (quelle per l’ar-ticolo che state leggendo), dall’altra unpiatto lungo, di forma rettangolare, sucui sono appoggiati cinque cucchiainie una piccola tazza di porcellana biancaricoperta da una schiuma soffice e im-palpabile. Rimango a osservare i colori,l’essenzialità delle forme, il rigore dellacomposizione che si fa, nel suo insieme,

poesia. Ogni cucchiaino contiene unagoccia di aceto balsamico, aromatizzatoe di differenti stagionature: simboleggia-no, ciascuno, una penna per prendereappunti da aggiungere alla memoria.Il viaggio è un percorso nel mondodell’aceto balsamico e avviene attraversouna fonduta di parmigiano e una schiu-ma di latte. Intingo ogni cucchiainofino nel fondo della piccola tazza. “Staròfacendo la cosa giusta?” mi chiedo, conun po’ di apprensione. Di fronte a unpiatto così si deve pensare prima di agire,si deve osservare attentamente, ci si deveaccostare senza troppa fretta. Lo portoalla bocca e penso “sì, è la cosa giusta”.I sapori si fondonoma non si confondo-no. Avverto l’armonia nei gusti. La vedonella presentazione. Pietromi spiega cheogni suo piatto è “costruito” secondo unmetodo usato inGiappone, un paese cheha segnato profondamente la sua carrieraprofessionale: le forme geometriche deglialimenti si alternano ad altre più casuali.Le prime trasmettono rigore, le secondearmonia. “A volte però – precisa lo chef– il porre senza troppo controllo gli ele-menti sul piatto porta al raggiungimentodel risultato desiderato”. Insomma, mipare di capire che a volte la casualità

sia più rigorosa del rigore, più perfettadella perfezione. Così, anche dal puntodi vista estetico, la concezione tradizio-nale – che prevede sempre un elementocentrale attorno al quale ne ruotano altridi supporto – è sostituita, nella filosofiaculinaria di Leemann, dallo “svolgersi diun’idea”. Il piatto diventa una superficiesu cui si dipanano i pensieri-ingredientisecondo una logica ben definita. Tuttoil piatto diviene centralità, come accadein Sotto una coltre colorata: una passeg-giata in un bosco, petali di fiori, unaschiuma candida e un sottobosco tuttoda scoprire. Altra portata, altro stupore.L’uovo apparente e il suo gusto è simboloallo stato puro. A partire dalla perfezionedella forma e della sua superficie che pa-re di alabastro. Solo la forma è dell’uovo:il colore arancione è ricostruito sapien-temente con una gelatina di carote epeperoni e all’interno, il tuorlo altro nonè che una spessa rondella di carota. Ilsapore dell’uovo è racchiuso, lì accanto,dentro un cubo di zucca. Assaggio e cercodi sentire la consistenza del cibo, poi neassaporo il gusto. Leemann mi spiegache nella cultura orientale il primoimpatto con il cibo avviene attraversol’organo del tatto – in questo caso sono

pagina a fianco L’uovo apparente e il suo gustoL'uovo ha una forma simbolica e universalmente riconoscibile che rappresenta la nascita, la vita,la forma perfetta. È stato creato dunque un “uovo non uovo” (apparente) che ne mantiene laforma ovale e che lo rende ancora più sorprendente proprio perché non è l’ingrediente che ci siaspetta. In ogni stagione è preparato con ingredienti diversi: il peperone in estate, il broccolo inautunno, il topinambur in inverno, una gelatina trasparente con le prime verdure in primavera.L’uovo invece è nascosto in un cubo caldo che racchiude all'interno un morbido tuorlo.

fotografia di Francesca Brambilla e Serena Serrani

sottoMelodia di baseLa forma, il colore e il gusto delle sette note. Forse il piatto più elaborato mai preparato al Joia.Do: color marrone rosso, cipolla al ginepro; Re: carota grattugiata e cappero; Mi: verza bra-sata; Fa: cavolo rosso leggermente piccante; Sol: mela agrodolce allo zafferano; La: mochicon cuore di carciofo e timo; Si: gelatina di topinambur con argento.

fotografia di Francesca Brambilla e Serena Serrani

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46Reportage

considerati tali lingua e palato – mentrein quella occidentale attraverso il sensodel gusto. I suoi piatti sono pensati afondo. A volte nascono da idee folgo-ranti a volte richiedono tempo e “studi”laboriosi per essere portati a termine. Lecucine del locale sono la fucina in cui lamateria si fa concetto e viceversa. Qui,il piatto “scorre”. È un qualche cosa diconcreto e di effimero al tempo stesso.“Per questo – precisa Leemann – dietroogni mia preparazione culinaria si celal’elemento concettuale. Il cibo vienemangiato, quindi svanisce, ma il concet-to rimane. Insomma, chi mangia assag-gia un’opera e ogni opera d’arte poggiasu fondamenta concettuali e simboliche

che persistono nel tempo”. L’ospite,volente o nolente, deve riflettere sulgesto che sta compiendo. Nutrirsi è unatto di consapevolezza. Anche quando,davanti a un piatto di sottili fili di granosaraceno serviti su una fonduta di Bittoe petali di verza, riconosco immediata-mente, per la prima volta, una pietanzafamiliare: i pizzoccheri della Valtellina.In ogni portata che ho assaporato hointuito lo studio, il lavoro, l’ingegno, lafatica, il rigore impiegati per metterlaa punto. In quest’ultima ho sentitobattere il cuore di chi ha saputo fare delsuo mestiere un’arte. Di chi ha saputoconferire al cibo una precisa identità:quella dell’alimento che appaga e che

infonde benessere perché nutre. Di chipensa che l’alimentazione non sia soloun freddo calcolo di calorie, carboidratie proteine ma sia un insieme di gesti e diemozioni: predisporsi al piatto, entrarcidentro, con la ragione, con i sensi e conlo spirito.All’uscita del locale, la prima cosa chepenso è “Sarà dura, questa sera, tornarealla «pastina» della nonna”. Poi, però, mitornano allamente le parole di Leemann,la sua filosofia, la sua capacità di guarda-re “oltre” il piatto di alta gastronomia.Insomma, anche la pietanza più sem-plice, se cucinata con affetto pensandoai propri cari, diventa un prezioso veico-lo di sentimenti e di calore umano

sopra Pane di NataleUn’idea rivoluzionaria. Il panettone andrebbe mangiato sempre caldo. Ho pensato allora discaldarlo nel tostapane, tagliato in belle fette rigorose e uguali. È biologico in tutti i suoi in-gredienti; è preparato con Farina Italiana – per ovvi motivi ecologici – senza far uso della purfamosa “manitoba”, una farina con una tale percentuale di glutine da essere probabilmentealla base di allergie e intolleranze. Il mio panettone non contiene uova, sempre presenti ineccesso nella nostra alimentazione. Le sostituisco con del glutine di frumento che realizziamoartigianalmente al Joia.

fotografia di Adriano Heitmann

pagina a fianco Conserva musicaleQualche tempo fa è stato creato “Melodia di base” (pagina 45): in questo piatto viene presa ingiro la ricerca inerente i gusti abbinati alle sette note musicali, a volte troppo seria e che, talora,allontana dalla realtà del cibo e della cucina. In “Conserva musicale”, una melodia risuonafino a quando il cliente non solleva il recipiente; allora, come per magia torna il silenzio. Unamusica meno di qualità rispetto al piatto precedente, per un risultato però più leggero.

fotografia di Francesca Brambilla e Serena Serrani

Joia. I nuovi confinidella cucina vegetarianadi Pietro LeemannGiunti, 2008

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47Reportage

prima di reportage (p.39) Appunti di viaggioIl viaggio è verso l’aceto balsamico e avviene attraverso il Parmigiano. I cucchiai simboleggia-no la penna per prendere appunti da aggiungere alla memoria. Memoria che esplora luoghiconosciuti e luoghi che conosciuti diventeranno.

fotografia di Francesca Brambilla e Serena SerraniPietro Leemann è ritratto da Adriano Heitmann

in copertina Sotto una coltre colorataCamminando nel bosco si è stimolati sotto molti aspetti. Dai colori che continuamente cam-biano, dalle luci che appena filtrano dalle fronde, dalla consistenza del terreno morbido checalpestiamo, dai profumi ogni volta diversi.Questo piatto è una passeggiata in un bosco visitatoin stagioni diverse, che ogni volta cambia. Sotto una coltre schiumosa e delicata si scopronogli elementi che rappresentano il bosco. Un piatto completamente nuovo e che non poggiasu alcun preconcetto, a parte il fatto che questi luoghi fanno parte di ognuno di noi.

fotografia di Adriano Heitmann

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Il pesce combattente tailandese»

Animalia

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un racconto inedito di Piero Scanziani

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Il più poetico dei pesci d’acquario è il Betta splendens, un pe-sciolino lungo cinque centimetri e dall’abito bellissimo: rossicardinalizi, verdi smeraldo, azzurri vellutati. Abita le paludidella Thailandia, dov’è popolare come nella Spagna i gallida combattimento. Il Betta splendens infatti non sopporta lavista d’un altro maschio e, se lo incontra, tra i due cominciauna lottamortale. Da prima i competitori allargano le pinne,che hanno bellissime elunghissime, simili a velicolorati: si sfidano, rivali,accendono le tinte, tuttispiegati, simili a pavoni.Poi è la zuffa, violenta, esi strappano le pinne esi riducono a brandelli,feroci e mortali. Infinesi lasciano ed entrambisalgono a galla per farprovvista d’aria (giacchésono di quei pesci che aogni minuto hanno biso-gno di respirare). Quindi,colmi d’ossigeno e rinfre-scati d’odio, si ributtanol’uno contro l’altro, boccaa bocca, crudeli e si spin-gono sul fondo dell’ac-quario, tra la sabbia lepiante le rocce, senza la-sciarsi, interminabilmen-te, finché il più debole,ormai assetato d’aria,sente crescere la smaniadi risalire alla superfi-cie, ma l’altro lo trattieneinesorabile, nonostante isuoi guizzi disperati, négli può sfuggire e così annega e si rilascia. Allora il vincito-re, tutto strappato e moribondo anch’esso, con un guizzosuperstite rimonta a galla per aspirare finalmente un lungosorso d’aria salvatrice. Il vinto, cadavere, sta fluttuando conla pancia in su.Ma com’è maschio feroce, il Betta è padre stupefacente. Sesi porta il suo acquario a venticinque gradi e se vi si metteuna femmina, allora s’assiste al miracolo della paternità tra ipesci. Il Betta per ore e ore ininterrottamente s’affanna a for-mare a galla un grande nido di bolle bianche e lo aggiusta

e lo sistema e lo perfeziona. Quand’ha terminato, la femmi-na (che da una roccia lo stava a osservare) gli s’avvicina edegli l’abbraccia, avvinghiandola strettamente: quella strettafa uscire una decina d’uova che i due innamorati s’affrettanoa raccogliere con la bocca e a trasportare nel nido galleg-giante. La stretta si ripete alcune volte finché, bruscamente,l’amante caccia l’amata, tornato feroce. Da quel momento

il Betta non pensa più cheai figli: non mangia, nondorme, non s’allontana,sta fermo sotto il nido,gli occhi levati in alto,raccogliendo le uova checascano, aggiustando leparti che si disfano, im-pedendo a ogni estraneod’avvicinarsi, prodigan-dosi padre esemplare. Fin-ché, dopo quattro ore,le uova cominciano aschiudersi e ne spuntanogli avanotti, che ancoranon sanno nuotare e fi-nirebbero tutti sul fondo,morendovi permancanzad’ossigeno. Ma il padre èlì e, se li vede cadere oallontanarsi, li va a rac-cogliere con la bocca, lirimette delicatamente aposto, con una solleci-tudine che nulla spiega,se non una parola: istin-to, parola che non spieganulla. Ma al terzo giorno,quando gli avanotti sonoormai capaci di nuotare

da soli e scappano da tutte le parti intorno al povero padreche ancora si dispera a rimetterli nel nido, ecco improvvisa-mente il Betta dimenticarsi di tutto quanto ha fatto e, similea Saturno, divorarsi la propria prole. Egli, che fino all’istanteprima li voleva vivi, ora li vuole morti.Mistero la sua ansiosapaternità, mistero il suo brusco cannibalismo.Tutto mistero fuori di noi, tutto mistero dentro di noi.Poveri uomini che siamo, costretti a misurare la natura conil breve metro della nostra mente, bambina nella vastitàdel mondo.

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Astri

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Il Sole transita nel segnodel Capricornodal 23 dicembreal 22 gennaio

Elemento: Terra - cardinalePianeta governante: SaturnoRelazioni con il corpo: apparatoscheletricoMetallo: piomboParole chiave: introversione, perseve-ranza, disciplina interiore

Il segno del Capricorno si colloca all’iniziodella stagione invernale e rappresenta la fasedel seme che, sepolto nel terreno, si avviaa una certa e progressiva maturazione checondurrà a breve, nella sua metamorfosi,alla nascita della pianta a primavera. IlCapricorno è quindi riconducibile alla “pro-fonda notte del mondo”, quando il buio e ilfreddo nascondono nuove vite. Segno satur-nino della culminazione zodiacale, zenithdella vita individuale, inerente il solstizioinvernale, esso si cinge di nuove energie,gelosamente conservate. E proprio un certoconservatorismo e la concentrazione sul sésono caratteristiche prevalenti dei nati nelsegno che non di rado riescono a completarel’opera di sublimazione verso il suo verticespirituale. Due sono le principali formegrafiche del Capricorno: la prima richiamauna “V” aperta con una voluta che ripiegasu se stessa; in essa si intravvede il simbolodel ritorno e della ciclicità della natura e delcosmo. L’altro simbolo, è invece la stilizza-zione di un animale teriomorfo, costituitodalla parte superiore del corpo di una caprae dalla parte posteriore simboleggiata dallacoda di un pesce attorcigliata. L’immaginesottolinea il senso di ambivalenza e di op-posizione che il Capricorno, come del restoaltri segni – si pensi ai vicini Scorpione eSagittario –, tendono ad esprimere. Vettee abissi, terra e acqua, inconscio e con-scio, corpo e spirito sono opposizioni chenell’ambito del segno trovano una loro di-rezione: è il tempo del mondo interiore, siaspirituale sia razionale, a cui si può accederesenza limitazioni e mediazioni.

Capricorno

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Natale si presenta tinto di rosa. At-mosfere romantiche in compagniadel partner. Possibili disaccordi pro-fessionali per i nati nella terza deca-de, da tempo sottoposti all’azione diGiove e Mercurio. Cercate di tenerea freno la lingua.

bilancia

Momento romantico per i nati nellaterza decade. Grazie ai transiti diVenere e Marte qualunque cosafarete insieme al vostro partner saràbaciata dalla fortuna. Viaggi coloratida intense atmosfere sensuali. Evitatedi irritarvi per questioni di lavoro.

vergine

L’opposizione di Urano con Saturnocontinua a esercitare una certa in-fluenza sulla vostra vita. Date ampiospazio a tutta la vostra creatività.Se riuscirete ad assemblare vecchielementi della vostra vita in manieradel tutto innovativa potrete fare“Bingo”.

pesci

Anche a Natale, Saturno e Urano,non cesseranno di stimolare la vo-stra voglia di libertà e di novità. Seriuscirete a dare ascolto alle esigenzepiù profonde del vostro io potretetrascorrere momenti molto piacevoli.Buone notizie per i nati nella terzadecade.

toro

Grazie al transito di Venere in Acqua-rio, durante questo Natale, diversa-mente dagli anni passati, avvertiretel’esigenza di arredare la vostra casa inmaniera del tutto originale. Possibiliviaggi e/o rapporti con parenti lonta-ni per i nativi della terza decade.

scorpione

Natale segnato dai transiti di Uranoe Venere. Mentre il primo tende astimolare la vostra creatività e la vo-glia di libertà dagli schemi, Venere vispinge ad allargare la sfera di cono-scenze, affettive e non, anche versole persone più anticonformiste.

gemelli

Natale movimentato per i nati nellaterza decade ormai sollecitati daltransito di Marte in opposizione.Questo passaggio potrebbe indurvia calcare un po’ toppo la mano neiconfronti del partner. Consideratesempre anche le ragioni dell’altro.

sagittario

Grazie al transito diGiove eMercurionella vostra seconda casa solare pre-sto riceverete un’importante notizia.Se riuscirete a sintonizzarvi con iltransito di Venere in Acquario, potre-te passare delle ore indimenticabili incompagnia del vostro partner.

cancro

Piccoli disguidi telefonici provoca-ti dall’opposizione con Mercurio.Calibrate con attenzione le vostreparole, soprattutto quando parlatecon il partner o con i vostri più stretticollaboratori. Mali di stagione per inati nella terza decade.

capricorno

Momento di svolta per i nati nellaprima decade. Il ritorno di Plutone inCapricorno (1778) avviene in conco-mitanza del solstizio d’inverno e delcompleanno. La vostra vita sta persubire una profonda metamorfosi.Possibili incontri legati al karma.

leone

Grazie a una calda Luna in Sagittario,tra il 24 e il 26 dicembre, potretepassare momenti indimenticabili incompagnia della persona amata. Ve-nere di transito in Acquario stimoleràsoprattutto i rapporti più originali eanticonvenzionali.

acquario

Grazie ai transiti armonici di Veneree Marte avrete la possibilità di tra-scorrere un Natale veramente pia-cevole, carico di atmosfere sensualiin compagnia dei vostri affetti piùcari. Possibile e imprevisto viaggioall’estero.

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» Soluzioni n. 501. Sparlare, insinuare • 10.Bella località grigionese •11. Il noto Ramazzotti • 12.Città svizzera • 13. Conso-nante in siepe • 14. Pari in

borgo • 15. Due nullità • 16.Sono taglienti • 17. Il nomedi Pinkerton • 19. Il maritodella reine • 20. In mezzo almare • 21. Imitatori, seguaci• 23. Sono sei nel milione •24. La cerca il poeta • 25.Pari in verza • 26. Dittongoin pietra • 27. Utilizzata • 29.Così firma l’anonimo • 30. Lanota più lunga • 32. Altra bellalocalità grigionese • 34. Formageometrica • 37. Orribile • 39.Cattive • 40. Conosciuto • 42.Anno Domini • 43. Diverbio •45. Articolo romanesco • 46.Limpido • 48. Lussemburgo eSvezia • 49. Ha un canto melo-dioso • 52. Paladino • 53. Notofilm di Ridley Scott.

1. Una carrozza con i tavoli •2. L’arte orientale di piegarela carta • 3. Prep. semplice •4. Bel paese malcantonese •

5. Piaceri • 6. Attuazione • 7.In mezzo al mare • 8. Arbustoaromatico • 9. Non l’ha il prin-cipiante • 18. Seppellire • 22.Precede Vegas • 25. L’alieno diSpielberg • 28. Ostruiscono lacavità nasale • 31. Burroni •33. Mezzo uovo • 35. Mezzogranello di pepe • 36. Zambiae Germania - 38. Astri • 41. Ilnoto Welles • 43. Consunte •44. La indossa il giudice • 47.Né mio, né suo • 50. Paesi Bassi• 51. Dittongo in Coira.

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Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 2.

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L’avevate visto?In quale numero di Ticinosette è apparsa l’immagine di cui forniamo quiil particolare? Al vincitore andrà in premio La prossima settimana, forse diAlberto Nessi, Edizioni Casagrande, 2008.

EpigoniA quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzioneneln. 2. Alvincitoreandrà inpremio“SantaMariadelBigorio”di Fra R. Quadri e P.G. Pozzi, fotografie di Ely Riva,Fontana Edizioni, 2008. Fatevi aiutare dal particolaredel volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 11dicembre a [email protected] oppure su cartolina postale aTicinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

“Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, madegli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo es’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto oveil suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosioneenorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma dinebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.

La soluzione a L’avevate visto? sitrova sul numero 42. Il vincitore è:L.B., Chiasso.

La soluzione a Epigoni è: La paga deisoldati di William Faulkner (Adelphi),2008. Nessun lettore ha indovinato.

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Offerte valide fino a sabato 3 gennaio 2009, fino ad esaurimento delle scorte.In vendita nei grandi supermercati Coop.

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Salmone affumicato bioCoop Naturaplan, diallevamento, Irlanda, 200 g,14.90 invece di 19.90

Fondue di pesce,al banco, a liberacomposizione

Capesante, senza corallo,di cattura, USA, 100 g, 6.85

Filetti di salmone,di allevamento,Norvegia, 100 g,2.70 invece di 3.25

Ostriche Marenne calibron. 3, di allevamento,Francia, al banco,al pezzo, 1.10 invece di 1.30

Terrina di storione siberianoCoop Fine Food, di allevamento,Germania, 125 g, 15.90

Blini per cocktail Blini,16 pezzi, 135 g, 6.30

Caviale di storionebianco Coop Fine Food,di allevamento, Italia,20 g, 47.50

Filetti d’acciuga sott’olio,marinati, di cattura, MarMediterraneo, 130 g, 7.95

Code di gamberetti cottiTail on Coop Naturaplan,calibro 21/25, diallevamento, Vietnam,al banco, 100 g, 5.90

Per un maredi bontà.