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L’appuntamento del venerdì Corriere del Ticino laRegioneTicino Tessiner Zeitung CHF 3.– con Teleradio dal 10 al 16 gennaio 08 I 10 02 numero REPORTAGE Oltre il Po AGORÀ Assistenza e abusi MEDIA Campagne antifumo TENDENZE Corto Maltese
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Ticino7

Mar 29, 2016

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Numero 2 - Settimanale della Svizzera italiana
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L’appuntamento del venerdì

Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Tessiner Zeitung • CHF 3.– • con Teleradio dal 10 al 16 gennaio

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02numero

REPORTAGE

Oltre il PoAGORÀ

Assistenza e abusi

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Campagne antifumo

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Corto Maltese

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Agorà Assistenza, abusi e cattivi poveri DI STEFANO GUERRA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Media Comunicazione. Il fumatore assediato DI NICOLETTA BARAZZONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Domus La sala e il salotto DI FRANCESCA RIGOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Vitae Stefano Knuchel DI KERI GONZATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Reportage Oltre il Po DI ALESSANDRO TABACCHI; FOTOGRAFIE DI GIOSANNA CRIVELLI . . . . . . . . . . . . 33

Tendenze Corto Maltese, la Svizzera e l’immortalità DI ROBERTO ROVEDA . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Stato o governo canaglia?

Tutti ricordiamo la definizione di “asse delmale” introdotta dall’ex presidente degli StatiUniti George W. Bush nel corso del celebrediscorso sullo stato dell’Unione del 2002, apochi mesi dalla tragedia dell’11 settembre.Si introduceva allora uno sviluppo al con-cetto di rogue state (appunto, Stato canaglia),espressione che durante l’era Clinton erastata ricondotta alla più diplomatica formadi state of concern (Stato da seguire con parti-colare attenzione). L’Iran, a prescindere dallefluttuazioni linguistiche e semantiche, è datempo inserito in questa lista nera insiemea Corea del Nord, Iraq (pre conflitto, perchéora va tutto bene…), Afghanistan, Pakistan,Siria, Libia ecc. Anzi, da un punto di vistastorico, vanta una permanenza pluridecen-nale, visto che durante la guerra Iran-Iraql’intero occidente era schierato a sostenere ilfido Saddam. Ma questa è acqua passata. Daalcuni mesi accade invece che nello “statocanaglia” centinaia di migliaia di personestanno mettendo a repentaglio la vita peraffermare i propri diritti personali e politici,cancellati da trent’anni di dominio di un’oli-garchia affaristico-religiosa che ha saputoaffermarsi grazie alla creazione dell’esercitoparallelo dei pasdaran (una sorta di Guardianazionale sciita), alla soppressione dellelibertà di espressione e a un gioco diploma-tico complesso e articolato. Ma, alla luce diquanto sta accadendo nelle piazze e delleprofonde divisioni nelle stesse strutture pub-

bliche – testimonianze di lunedì 28 dicembreparlano di poliziotti che si sono rifiutati disparare sulla folla –, sorge spontanea unadomanda: stato canaglia o governo canaglia?Sì, perché un regime teocratico che decidedi sparare contro i propri cittadini inerti (fral’altro proprio nel giorno sacro dell’Ashura)o di incarcerarli solo perché aspirano a unavita regolata da leggi civili e democratiche, ènon solo un governo debole ma un governocanaglia. Ce ne sono ancora tanti nel mondo,Cina in testa. Perché a costituire il concettodi Stato non concorre infatti solo l’apparato,il potere centrale sovrano, ma anche lo Stato-nazione inteso come comunità popolare ecome società civile.Che Cosa accadrà in Iran è oggi difficile dirlo.L’oligarchia clericale ha rafforzato nel tempole sue radici, gli stessi pasdaran usufruisconodi importanti risorse economiche grazie allenumerose concessioni petrolifere ottenute. Lapartita sarà dunque tutta giocata all’internodell’apparato, nello scontro fra conservatori eriformisti. Al di là di tutto, per noi occidentali,c’è qualcosa di assolutamente imperscrutabilein questa situazione. Valgono allora, sopraogni considerazione, le parole dello scrittorePhilip K. Dick: “Questo per me è, in ultimaanalisi, il tratto eroico della gente comune:dicono di no al tiranno e con calma accettanole conseguenze di questa resistenza”.

Cordialmente, Fabio Martini

numero 28 gennaio 2010

Tiratura controllata89’345 copie(72’303 dal 4.9.2009)

Chiusura redazionaleGiovedì 31 dicembre

EditoreTeleradio 7 SAMuzzano

Direttore editorialePeter Keller

Redattore responsabileFabio Martini

CoredattoreGiancarlo Fornasier

Photo editorReza Khatir

Amministrazionevia Industria6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 960 31 55

Direzione, redazione,composizione e stampa

Società Editrice CdT SAvia IndustriaCH - 6933 Muzzanotel. 091 960 31 31fax 091 968 27 [email protected]

Stampa(carta patinata)Salvioni arti grafiche SABellinzonaTBS, La Buona Stampa SAPregassona

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In copertinaIl fiume Po all’altezzadi Cascina CrocedueFotografia di Giosanna Crivelli

Impressum

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Siamo in piena guerra agli “abu-si”. Dalla disoccupazione all’in-validità, dall’asilo all’assistenzapubblica, l’ossessione per i “fal-si invalidi asilanti disoccupatiassistiti” ha ormai invaso tutti gliambiti della politica sociale. Lastretta repressiva colpisce duronel settore dell’assistenza, ulti-ma rete di salvataggio statale adisposizione di chi non raggiun-ge il minimo vitale. Com’è statacostruita,che formeassumeoggi equali conseguenzeha l’arma reto-rica dell’abuso in quest’ambito?

Ovunque in Svizzera, Ticino compre-so, gli abusi accertati nell’assisten-

za pubblica rappresentano una piccolapercentuale sia del totale dei casi, siadell’ammontare complessivo delle pre-stazioni versate*. Eppure, oggi la “lottaagli abusi” è sulla bocca, o nelle orecchiedi tutti. Da argomento quasi scandaloso,proprio di una certa retorica populista,nel giro di un ventennio si è trasformatain una questione degna della massimaconsiderazione per politici (di sinistracome di destra) a caccia di consensi,responsabili amministrativi e anche pernon pochi assistenti sociali. Certo, poitutti (o quasi) si affrettano a relativizzare(“è solo una piccola minoranza”) o a giu-stificare (“se non facciamo nulla ci vannodi mezzo gli assistiti onesti”). Ma intantola logica del sospetto sta comunque giàproducendo i suoi effetti.

L’intervistaPer capirne i meccanismi, ci siamo rivoltia Carola Togni, collaboratrice scientificaall’Ecole d’études sociales et pédagogi-ques di Losanna e co-autrice di Tempsd’assistance (Ed. Antipodes, 2008), un’in-dagine storico-sociologica sulle politiched’assistenza in Romandia.

Signora Togni, il discorso sugli “abusi”nell’assistenza è una novità degli ultimianni?“No. Lo troviamo già quando vennero varatele prime leggi sull’assistenza, alla fine del19esimo secolo. Da allora la volontà dichia-rata di lottare contro gli abusi ha sempreavuto lo scopo di limitare l’aiuto ai poveri.Il discorso, infatti, permette di operare unaselezione tra “buoni” e “cattivi” poveri, equindi di escludere dall’assistenza chi è pre-sentato come non (o meno) meritevole. Laretorica sugli abusi riacquista poi vigore allametà degli anni Novanta, con la crisi econo-mica e l’impennata della disoccupazione chemettono a dura prova l’assistenza e le altreprestazioni sociali”.

Perché il discorso sugli abusi torna inauge proprio in questo contesto?“In Svizzera come altrove, la risposta politicaalla crisi non è stata quella di rafforzare loStato sociale, bensì di applicarvi i precettidell’ideologia neoliberale. In nome di “inevi-tabili” tagli di bilancio, sono state messe indiscussione le prestazioni sociali. Il discorsoanti-abuso è funzionale a questa logica: de-legittimando i beneficiari, si finisce col giusti-ficare la riduzione delle prestazioni. Alla finedegli anni Novanta, inoltre, emerge un discor-

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so politico-scientifico che presenta la povertàcome un problema individuale, con causee soluzioni individuali. La responsabilitàstrutturale, della società, passa in secondopiano. Diventa così molto meno scandalosoaccusare i più poveri di approfittare dell’aiutopubblico. Infine, nel 1999 l’assistenza vienericonosciuta come un diritto costituzionale,e molti cantoni abbandonano l’obbligo delrimborso. Il discorso attuale sugli abusi na-sce anche dal timore che questo diritto vengaesercitato con disinvoltura”.

In che modo negli ultimi anni inSvizzera è stata estesa la definizionedi “abuso”?“Quando si parla di assistenza la parola«abuso» è usata in modo molto ampio. Spes-so le cifre riportate dai mass-media o avan-zate dai politici sono vaghe: non viene quasimai precisato se si tratta di casi accertati, disemplici sospetti, di verifiche in corso o altro.Nella nostra ricerca abbiamo constatatocome verso la fine degli anni Novanta il cla-more suscitato dalla copertura giornalisticadi alcuni casi d’abuso abbia alimentato durecritiche alle istituzioni, ai servizi sociali e ailoro dipendenti, accusati di lassismo. Da quilo sviluppo di nuovi strumenti di controllo erepressione («ispettori sociali» eccetera), in

genere salutati positivamente da politici emass-media. Negli ultimi 4-5 anni, infine, leaccuse si sono focalizzate nuovamente sullepersone assistite”.

Lei sostiene che “attorno alla questionedegli abusi all’assistenza sociale si giocal’ossessione della selezione dei poveri”.Si spieghi.“Negli ultimi anni, come dicevo, nei mass-media, nei discorsi dei politici, dei respon-sabili amministrativi dell’assistenza e infineanche nei testi della Conferenza svizzeradelle istituzioni dell’azione sociale (Cosas),ritroviamo le due figure «classiche» delbeneficiario abusivo di prestazioni assisten-ziali: l’indigente «simulatore» (colui chele ottiene in modo fraudolento grazie a di-chiarazioni false o incomplete) e l’indigente«moralmente incompetente» nell’impiegodell’aiuto statale (colui che, per esempio,destina ad altri usi i soldi ricevuti per pagarel’affitto). Ma accanto a queste due tipologiedi «truffatori», emerge con forza una figurainedita di indigente non degno di ricevere unaiuto: la persona «inattiva», colui che non fanulla per uscire dall’assistenza. Con questaestensione della parola «abuso», la logicasecolare di selezione tra «buoni» e «cattivi»poveri fa un altro passo avanti”.

Come vivono i beneficiari questa “mo-rale dell’attivazione” che impregnale riforme dell’assistenza avviate indiversi cantoni dagli anni Novanta?“Spesso la interiorizzano. Dalle nostre inter-viste emerge la ricerca di riconoscimento, lavolontà di apparire come un «buon» povero.Gran parte dei beneficiari si sforza di mo-strarsi conforme all’esigenza di attivazione,partecipando a misure d’integrazione cheperaltro sono lungi dal garantire uno sbocconel mercato del lavoro. Molte persone, però,semplicemente non dispongono delle risorsenecessarie. Così i «progetti» che in alcunicantoni sono tenuti a elaborare diventanospesso un’esigenza supplementare, dal pesoinsopportabile. Il fatto è che queste misurenon sono un diritto per il beneficiario, bensìun obbligo. Nella pratica, si rivelano deglistrumenti che, attraverso l’imposizione dellamorale dell’attivazione, rendono meno at-trattiva l’assistenza”.

* A fine maggio 2009 in Ticino gli abusi accertati erano18, lo 0,64% delle circa 2.800 richieste d’assistenza.Nella migliore delle ipotesi, il loro impatto annuo èdi 294mila franchi, lo 0,5% circa del totale delle pre-stazioni versate nel 2008 (Ufficio del sostegno socialee dell’inserimento, 1. Rapporto ispettore sociale Ussi,27 luglio 2009).

Allevia il mal di gola e disinfetta

Leggere i foglietti illustrativi.

Qua... Qua...Combina Mebucaïne

e Mebucaspray

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»La pubblicità della compa-gnia telefonica italianaWindrisalente a quest’estate avràlasciato a bocca aperta chiconfida nella maestosità delmessaggio religioso. Il grandemarchio arancione era infattiposto su un lenzuolo biancoche, ricoprendo il colonna-to del Bernini, si erigeva asponsor ufficiale dei lavori direstauro della Basilica di SanPietro. L’ambiguità, in questocaso, è dovuta alla strategiadell’azienda che mal si sposacon la sacralità dei luoghi va-ticani.Ma quale collegamentoci può essere tra la pubblicitàdell’operatore italiano dellatelefonia mobile e le misureanti tabacco avviate in GranBretagna ed estese, da inizioottobre, in tutta Europa? Ap-parentemente nessuno.Eppure è evidente come, inentrambi i casi, siano le im-magini a giocare un effettopsicologico sui nostri pro-cessi mentali. Se prima sulretro dei pacchetti di sigarettespiccavano solo le avverten-ze scritte, da qualche mesei rischi e pericoli del fumovengono amplificati da una

sorta di “elettroshoc” visivo.Lo scopo delle immagini evo-cative è quello di scuotere eimpaurire i fumatori. “I fuma-tori muoiono prima” e “Il fumoprovoca il cancro” sono alcunidei messaggi intimidatori ecoercitivi. Ormai l’ideologiaigienista, quella evocata daMarc Bonhomme nel suo stu-dio Democrazia, propaganda eretorica (vedi Apparati) impo-ne all’industria del tabaccola diffusione di rappresenta-zioni terrificanti sul retro deipacchetti di sigarette: unabocca deturpata dal cancro,un bambino con la mascherad’ossigeno, un polmone de-vastato dal fumo sono alcuniframmenti di realtà a colori,

riprodotti in serie sulle con-fezioni. Il rischio d’impoten-za sessuale, dovuta al fumo,non è però stato tradotto inimmagini per evidenti motividi decoro. Ciò avrebbe perlo-meno sconfessato una nota

marca di sigarette che pubblicizza la virilitàdel tenebroso cowboy.È scientificamente provato che il fumo dellasigaretta contiene benzene, nitrosamine,formaldeide e cianuro d’idrogeno e che lesigarette sono fonte di numerosi batteri, re-sistenti alla combustione, in grado di causareinfezioni e malattie. Le cifre dell’Accademiadi medicina sul tabagismo, pubblicate inFrancia nel 1999, parlano di 1,2 miliardidi fumatori, 5 milioni di morti su scalaplanetaria e di 4,5 bilioni di mozziconi cheinquinano l’ambiente. Sullo stesso pacchet-to sono iscritte due comunicazioni: quellapromozionale della marca e quella dissua-siva del Ministero della salute. Il messaggiosoggiacente è l’emblema del paradosso. MarcBonhomme sottolinea che lemisure, oltre adalimentare il marketing sociale e le strategiedel capitalismo, simboleggiano il crescentecontrollo dello Stato sulle condotte perso-nali dei cittadini, in nome di una politicache tende a diventare il credo delle societàmoderne. Uno studio condotto in Francianel 2004, su un campione di 1047 fuma-

tori, conferma che trequarti degli interrogatiritengono pertinentel’iscrizione delle av-vertenze sui pacchetti,il 19% di loro dice di

avere rinunciato alla sigaretta, il 79% sostie-ne che le misure anti tabacco servono alladiscussione, mentre il 68% afferma che laloro presenza contribuisce all’informazionesulle conseguenze nefaste del fumo. Senzacontare che ci sarà pure un’assuefazione alleimmagini di morte.

LibriMarc Bonhomme et al.Communication del’Etat et gouvernementdu socialPresses Universitairesde Grenoble, 2009Il volume in francese, racco-glie, oltre a quello di Bon-homme, contributi di altriautori come EmmanuelleDanblon, Philippe Breton ePatrick Charaudeau.

Annalisa CattaniPubblicità e retorica.Meccanismiargomentativi dellapersuasioneLupetti, 2009Il saggio propone un’appli-cazione della retorica allapubblicità “come analisi del-le strategie che mirano allapersuasione”, ripercorrendole varie tappe di ideazione,disposizione, espressione emessa in scena del messag-gio pubblicitario.

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La comunicazione pubblicitaria si avvale spes-so di un linguaggio caratterizzato da una forteambiguità e da un contenuto marcatamentepersuasivo. Il caso delle campagne antifumo

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Iniziamo questa volta con una citazione della grande pen-satrice ebrea tedesca che ci fornisce l’occasione per partiredalla tavola e costruirvi attorno, per così dire, l’intera sala dapranzo. È su questa tavola, asse di legno o di altri materiali,che s’apparecchia la mensa per la consumazione del pasto, siache si ci trovi in una apposita sala o salone, sia che si pranzipiù semplicemente in cuci-na, o in un angolo del sog-giorno, se non addiritturadel tinello (magari marròn,come quello che il padronedel Mocambo condivide conuna fantomatica austriacanell’insuperabile canzonedi Paolo Conte). La tavola/mensa è così importante ecentrale che Arendt la para-gona addirittura al mondo,quel mondo fatto e abitatodall’uomo che come tavo-la unisce e separa e mettein relazione i commensalistabilendo tra loro la giustaintimità ma anche l’oppor-tuna distanza; la tavola in-somma ci riunisce insiemee tuttavia ci impedisce – conl’essere tra noi frapposta – di“caderci addosso a vicenda”.Intorno, sopra e sotto e ai lati della tavola – termine compostosu una radice ta – che significa stendere ed essere steso (da cuianche estensione) – si trova la sala vera e propria, stanza ovesi apparecchiano le mense o anche il locale meglio ornatodella casa, nel quale si accolgono le persone che vengono afare visita. “Sala” non è una parola derivata dal latino o dalgreco, le lingue che più massicciamente impregnano il nostrovocabolario; viene invece dall’antico tedesco sal, termine cheindicava originariamente la struttura organizzativa dellapiccola proprietà terriera e che a noi portarono, diffonden-dolo anche nel meridione d’Europa, i guerrieri dalle lunghealabarde o longobardi, che depositarono qua e là questo topo-nimo testimoniando linguisticamente la loro discesa verso ilcentro-sud della penisola italica, giù giù fino a Sala Consilinanell’odierna Campania.Dalla sfarzosa sala passiamo ora al più modesto salotto, cheinvece è, della casa, l’ambiente dove si riceve e si conversa, in

teoria; in pratica, oggi, dove si guarda la televisione, che hasostituito, nel mondo postmoderno il fuoco del camino: infat-ti, posti davanti al fuoco, non possiamo fare a meno di fissareincantati la fiamma che si muove, ondeggia, danza, oscilla,analogamente alla visione del mare del quale non possiamonon contemplare, immersi nella meditazione, nel sogno, nella

fantasticheria, il moto delleonde. Oggi non riusciamo asottrarci dal gettare almenouno sguardo verso lo scher-mo del televisore acceso, sesi trova nelle nostre vici-nanze. Abbiamo sostituitolo spettacolo del movimen-to del fuoco del camino odella fiamma della candelacon il monitor – sempre piùgrande – e le sue immagi-ni mobili e fredde, ma ilprincipio resta il medesimo:subiamo il fascino della luceondeggiante che attrae losguardo e invita a rilassarsi.Con o senza fuochi e caminii salotti furono comunque,per secoli, luoghi nei qualisi esercitava l’arte della con-versazione, talvolta “civile”,allorché i convitati educata-

mente discutevano di tematiche interessanti i cittadini, civilidunque (noi diremmo civiche); talvolta “incivile”, senza maicomunque toccare i vertici di maleducazione, sopraffazionee volgarità che caratterizzano oggi i salotti televisivi italiani.Esortiamo dunque i partecipanti a tali dibattiti a riprenderein mano testi del Cinquecento come La civil conversazione diStefano Guazzo o magari Il galateo di Giovanni Della Casa,invece di frequentare apposite scuole di conversazione inciviledove viene insegnata, pare, l’arte di interrompere, intimidiree sopraffare con le urla l’avversario.Auspichiamo insomma che si conversi e si guardino spettacolitelevisivi civilmente seduti su divani e poltrone, che insiemeformano il mobilio detto a sua volta “salotto” (abbiamo com-prato “un Luigi XV”), nel salotto o soggiorno, che dall’attodi dimorare (soggiornare) in una data località è diventatol’ambiente in cui si sta “sotto il giorno”, per poi recarsi incamera da letto a dormire, “sotto la notte”.

La sala e il salotto»

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“Vivere insieme nel mondo significa essen-zialmente che esiste un mondo di cose tra co-loro che lo hanno in comune, come una tavo-la è posta tra coloro che vi siedono intorno; ilmondo, come ogni in-fra, mette in relazionee separa gli uomini allo stesso tempo”

(HANNAH ARENDT)

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Iprimi cinque anni dellamia vita li ho passati in

Ticino e forse è per questoche, pur essendo uno spiritolibero, ho un certo attacca-mento a questo luogo. Inseguito la mia vita ha presouna piega nomade. Mio padreha trascinato la famiglia in unviaggio in bilico tra il reale el’assurdo attraverso l’Europa.Siamo stati in oltre una cin-quantina di posti. Era unavita estremamente eccitante,ma non sempre facile, soprat-tutto quando il viaggio si ètrasformato in una fuga dallapolizia a causa degli “affari” dimio padre. Questa libertà misi è impressa dentro. Fatico adaccettare le strutture chiusee le etichette. In compensosono estremamente metodicoe detesto il disordine. Le stra-de che ho percorso seguonouna linea eccentrica. In tuttoho frequentato non più di 3anni di scuola. Non ho alcundiploma da vantare, trannequelli di Tip Tap, ottenuto aMontpellier, e di arrangiato-re per Big Bands (al Conser-vatorio di Friborgo). La miaspinta all’apprendimento è lacuriosità. Sorprendo spesso gliamici perché riesco a essere inpiù posti allo stesso tempo, adassorbire grandi quantità diinformazioni e a ricordarmitutto. Questa è sicuramen-te una delle mie qualità piùspiccate. Da autodidatta hosempre il timore che la scuolaspenga la fiamma dell’indivi-dualità. Cerco di insegnarea mia figlia che non deveaspettare che siano i diplomiscolastici a dirle chi è o cosapuò fare ma che deve rita-gliarsi il suo spazio da sé. Orasta curando un sito e sonofiero di vedere che si esprimea modo suo. Nella giungla diimpegni lo spazio dedicato alei è intoccabile.Sono affascinato in ugual mi-sura dalla cultura alta e daquella bassa, adoro le oppo-sizioni e le incoerenze. Chisi contraddice, dubita e simuove, comincia ad essereinteressante. Detesto chi sirifugia dietro un modellocollaudato. Insomma, nella

vita ci vuole passione, peròmi è capitato spesso di farmiguidare unicamente dalla ra-gione per prendere la sceltapiù consona al mio percorsodi uomo. Nel 1998, dopo die-ci anni trascorsi felicementeai microfoni di Rete Tre, misono posto l’obiettivo di di-ventare un regista documen-tarista e di riuscire, entro diecianni, ad arrivare a un festivalinternazionale con un film.Se avessi seguito il mio spiritoonnivoro e bulimico mi sareiperso in mille rivoli. Invecemi sono fissato uno scopo,l’ho perseguito con disciplinae ce l’ho fatta (con il docu-mentario Hugo in Africa havinto il Premio della critica2009 per la regia al Festivaldi Venezia, ndr.).Adoro la complessità del ci-nema. Per essere regista nonbasta avere il cappellino allaSpielberg ed essere sempre allaricerca della “Santa Inquadra-tura”. Bisogna saper reggere lacoerenza del progetto dall’ini-zio alla fine, in tutti i suoiaspetti. C’è indubbiamentemolta tecnica ma è la visioned’insieme a essere cruciale.Infatti dedico molto tempo

alla preparazione, riuscendospesso a esasperare i miei col-laboratori. Nel mio lavoro digiornalista per le rubricheculturali della RSI, anche peruna breve intervista, divoroarticoli e libri per conoscereal meglio la persona che hodavanti. Le sue risposte sonoquello che arriva al pubblico,la preparazione è quello cherimane a me!Per poter lavorare in modoindipendente nel 2004, hofondato la mia casa di produ-zione cinematografica “Venusand beyond” con l’amico IvanNurchis. Il nostro primo pro-getto fu Nocaut un documen-tario sul valore simbolico delpugilato nella Cuba socialista.In quell’occasione ci siamolanciati parecchie sfide: girarein pellicola nonostante fossela prima regia, usare unica-mente la lingua spagnola chenessuno dei due maneggiavacon facilità, confrontarsi contutti gli stereotipi che som-

mergono Cuba e vivere a stretto contattocon le persone del luogo. A distanza di annimi rendo conto che tutti i documentari cheho vissuto così intensamente, specialmenteper l’aspetto umano, mi hanno profonda-mente cambiato. Entrare nel profondo dialtri mondi è un’esperienza sconvolgente, siache questo avvenga nelle montagne etiopio nel centro di Lugano. Vorrei che la gentequi da noi fosse più curiosa e aperta. Miaffligge il poco interesse che suscita la cul-tura, a favore invece di un intrattenimentosempre più demenziale. Non si tratta solo dimoltiplicare le cosiddette attività culturali,parlo del valore di dignità e consapevolezzache la cultura porta nella vita di ognuno.Manca la “fame” di cultura. Mi ricordo deigiovani di Timor Est che avevo incontratoper un documentario su una loro scuola diBelle Arti, nata per miracolo da un vecchioospedale bruciato, in un paese ridotto allafame. Passavano la giornata a perfezionarele loro tecniche e la sera dormivano vicinialle loro opere, per terra o negli armadi!Ricordo anche il volto pieno di gioia di unbambino etiope al quale avevo regalato unapenna dall’inchiostro rosso, che subito avevausato per realizzare splendidi disegnini arzi-gogolati. Era l’ultimo giorno di tre settimanedi riprese in zone poco popolate. Il giornodopo, 24 dicembre 2007, mi ritrovai a Luga-no nel caos assurdo degli acquisti natalizi.Una doccia fredda. È un mestiere che spessoti mette in crisi, ma adoro il suo modo dientrare a gamba tesa nella mia vita.

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Un percorso formativo controcorrente haforgiato uno spirito assetato di libertà.La curiosità ha alimentato una vita fattadi viaggi e scoperte professionali. Com-positore, giornalista, regista… interpretail ritmo dell’esistenza, a modo suo

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Oltre il PodiAlessandro Tabacchi; fotografie diGiosanna Crivelli

Noto per i suoi vini, i castelli e la dolcezzadel paesaggio, l$Oltrepò pavese, areadi cui fanno parte ben %# comuni dellaprovincia di Pavia, si incunea lungol$asse nord-sud quasi a lambire il confinecon la vicina Liguria. Ci siamo mossilungo le sue strade alla ricerca di realtàormai scomparse, ma le cui tracce restanovive tra i filari, luoghi di operosità e difatica, e nei centri abitati, la cui storiaaffonda nei secoli

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sopra: l’aspetto spoglio e un po’ spettrale della vigna in pieno inverno; nell’area dell’Oltrepò la produzione vinicola rappresenta la principale risorsa economica

prima di reportage: il tetto di una cascina oltre l’argine maestro del Po. Il corso del fiume segna un confine netto all’interno della provincia pavese

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Cos’è un confine? Una linea immaginaria che divideculture, paesaggi, linguaggi, tempi? O forse una astrattacostruzione intellettuale che ci permette di giustificare

diversità altrimenti poco catalogabili? L’esperienza di questoultimo reportage in compagnia di Giosanna Crivelli mi hafatto riflettere molto su questo termine. L’Oltrepò possiedeuna morfologia particolare: ampie e generose colline, chepoco per volta diventano montagne dalle forme bonarie,si innalzano dall’estremo lembodella Pianura padana subito a suddel Po, generando un paesaggioagricolo forgiato nei secoli dallamano dell’uomo, con ampie por-zioni collinari fasciate da splendidivigneti, che, con la loro armonicaripetitività, mi fanno sempre pensa-re a una partituramusicale impressafra i boschi e i casolari.Percorrere la Valle Staffora da Vo-ghera fino al passo del Penice signi-fica lasciare alle spalle una pianuraresa ormai anonima dall’onnipresenza delle costruzioni pre-fabbricate, delle squallide stazioni di servizio, dei megacentricommerciali e dei concessionari d’auto, per inoltrarsi in unmondo che, all’apparenza, poco sembra essere cambiato negliultimi cento anni, animato da antichi borghi dalle cui cantineesalano ancora i sapori della tradizione.Eppure anche qui le cose non stanno proprio come appaiono:prova ne sia la nostra disperata ricerca di un’osteria autentica,quella coi vecchietti che giocano a carte attorno a una bottigliadi vino rosso senza etichetta, per intenderci, tavoli di formicae atmosfera calda e fumosa, quelle che venivano chiamate “lesocietà” solo pochi anni fa. Pensavamo di fare di queste imma-gini il perno del reportage, per metterle in relazione ai paesaggi

incontrati lungo il cammino. Orbene, di siffatte osterie nonne abbiamo trovate! Non che manchino i bei locali: ma sonoidentici a quelli che ci siamo lasciati alle spalle nella pianuraspersonalizzata, e, qualora vogliano apparire autentici (mattonie travi di legno a vista, per intenderci), appaiono forse ancorapiù posticci dei mille irish pub che hanno sterminato i nostribeneamati baretti di periferia.Per fortuna la nostra ricerca di autenticità è stata appagata. Nel

paese di Varzi abbiamo scovato,complice l’aiuto di un neosindacocoscienzioso e di belle speranze,un negozio autentico, che sembraessere uscito dagli anni quaranta,dove sulla porta si può leggere“suonate ma datemi il tempo discendere”, dove a servirti è unameravigliosa nonnina piena divigore anche se un po’ dura diorecchio, la cui cantina stipata disalami meravigliosi emana ancoraodori che paiono giungerci da chis-

sà quanti anni fa. Salendo poi verso il passo del Penice (ormai inpiena montagna) siamo stati sorpresi dalla bellezza dei boschidi pini che hanno offerto scatti molto suggestivi: orbene, hoscoperto che non sono autoctoni, ma sono stati impiantatiartificialmente alcuni decenni fa, e che gli ambientalisti liconsiderano una sorta di oltraggio alla flora autentica dell’Ap-pennino. Belli, ma artificiali, quindi? O semplicemente belli ebasta? Proprio osservando questi boschi splendidi, e rimuginan-do sulla scomparsa di ciò che fino a pochi anni fa era scontato,ho meditato su cosa sia un “confine”: una convenzione che cipermette di mettere in relazione ciò che c’è e ciò che non esistepiù. Un esercizio di nostalgia. Il prezzo pagato per il semplicefatto di “esserci”, e avere qualcosa da ricordare.

sopra: il mare di nubi nasconde le colline dell’Oltrepò osservate dalle pendici del monte Penice

al centro: la signora Maria Chiappano ritratta con il nipotino nella sua salumeria di Varzi, luogo di produzione del mitico salame

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sopra: la produzione vinicola dell’Oltrepò ha nella Bonarda, nel Barbera e nei diversi Pinot i suoi punti di forza

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Nel 1987 Corto Maltese com-pie vent’anni dal suo esor-dio a fumetti e Hugo Prattper festeggiare la ricorrenza

scrive e disegna una nuova avventuradel suo eroe più conosciuto. Immedia-tamente, pensando a questo marina-io, avventuriero e pirata immaginiamoun’ambientazione tipica del mondo diPratt, i mari tra Polinesia e Melanesia,l’Argentina oppure l’Africa. Niente ditutto questo: il creatore di CortoMaltesesceglie a sorpresa la Svizzera e realizzauna storia intitolata “Le elvetiche”. “InSvizzera dovevo mandare Corto, per far-gli trovare il regalo che ho preparato peril suo ventesimo compleanno: non farloinvecchiare grazie al Sangue Reale, l’elisirdi lunga vita che rende immortali e che luibeve. Così gli ho garantito l’immortalità!”.Ambientare questa nuova avventura diCortoMaltese in terra elvetica era ancheun modo per proseguire sulla stradadell’identificazione tra il personaggio eil suo creatore. Le peregrinazioni per ilmondo del nostro marinaio, infatti, era-no sempre coincise con gli spostamentidi Pratt, eterno vagabondo, che però, dal1983 risiedeva stabilmente vicino a Lo-sanna e che aveva trovato nella Svizzerail luogo adatto dove riordinare una vitadi esperienze e viaggi.

Così CortoMaltese nel 1924 si ritro-va ad accompagnare un vecchio amico,il professor Jeremiah Steiner dell’Univer-sità di Praga, a Casa Camuzzi, residenzaticinese dello scrittore Hermann Hesse.Come avviene sempre nel mondo di

Corto Maltese, ben presto realtà, storia,sogno e leggenda cominciano a me-scolarsi e il marinaio di Pratt si ritrovaa viaggiare in una Svizzera che non èquella dei luoghi comuni più triti, delcioccolato, delle banche e delle placidevallate con vette sullo sfondo. Pratt – èsempre lui a dircelo – prepara per il suoeroe un viaggio nella terra del mito edell’esoterismo, un viaggio in cui sognoe realtà diventano indistinguibili: “C’èuna Svizzera misteriosa, che si tende aignorare. Da quelle parti viene Paracelso,medico, mago, alchimista. Lì la letteraturamedievale trova il suo punto di raccordo trai cavalieri di re Artù e Sigfrido che va allaricerca dell’oro alle sorgenti del Reno. […]In Svizzera tutto il mondo pagano, legatoa Merlino e alla Fata Morgana, si uniscealla letteratura del Sacro Graal, che è poiil Sangue Reale”… l’elisir che dona l’im-mortalità, appunto.

Forse grazie all’avventura in terraelvetica oppure, più probabilmente allamagia creativa di Hugo Pratt, CortoMaltese è diventato veramente un im-mortale, un personaggio totalmenteslegato da mode o stagioni: fatalmenteuniversale ed eterno. Non invecchia,o meglio invecchia bene come certivini e le oltre mille tavole realizzate daPratt dal 1967 al 1988, continuamenteripubblicate dalle edizioni Lizard (www.lizardedizioni.com).

È il fascino di un eroe estraneo altempo e alle convenzioni, eppure per-cepito dai lettori come “vicino”. Anchequando compie imprese al di fuori della

portata della maggior parte di noi, CortoMaltese rimane, infatti, profondamenteumano: con la sua sigaretta in bocca,l’orecchino all’orecchio sinistro e ladivisa da ufficiale della marina mercan-tile – un eroe anarchico come quellodi Pratt mai indosserebbe una divisamilitare! – è l’uomo che tutti gli uominivorrebbero un poco essere e che tutte ledonne vorrebbero incontrare almenouna volta nella vita.

Senza poteri da supereroe, Cortodomina la scena con la consapevolezzadi conoscere il mondo e le sue regole...sapendo di essere comunque un pocomeglio del mondo che lo circonda.Corto Maltese è l’ultimo degli avventu-rieri e si muove in un’epoca – il primotrentennio del Novecento – non ancoradel tutto modernizzata e tecnologica,in un mondo dove gli spazi terrestri ele distese marine possono concedere aun “gentiluomo di ventura” di dare ilmeglio di sé, agendo liberamente, conforza e vigore, ironia e distacco. “Non so-no nessuno per giudicare, so soltanto che houn’antipatia innata per i censori, i probivi-ri… ma, soprattutto, sono i redentori coloroche mi disturbano di più”: ecco in pocheparole Corto Maltese, la sua filosofia divita. Semplice, schietta ed eterna comepuò essere quella di un eroe letterario.Anche in Svizzera, bevuto l’elisir dell’im-mortalità, incontrato Hesse, Corto se neriparte come nulla fosse da Montagnolain compagnia della pittrice Tamara DeLempicka verso Zurigo. La sua avventuracontinua e così la nostra con lui ■

La prima vignetta mostra un paesaggio collinare,con un cartello che indica 4 km a Montagnola.Tre vignette ancora e scopriamo che a percorrerele lande del Canton Ticino è l’eroe dei fumetti piùinatteso in terra elvetica, Corto Maltese. A portarloin Svizzera è il suo creatore, Hugo Pratt, per donarglinientemeno che l’immortalità!

| Tendenze, p. 38 | di Roberto Roveda |

Corto Maltese,la Svizzerae l’immortalità

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Lasoluzion

everràpu

bblicatasuln

umero4 Orizzontali 1. Scultore greco

• 9. Intacca la vite • 10. Lubri-ficano • 11. Fu tramutata incigno • 12. Esperimento, ten-tativo • 14. Profondo • 15. Uncolore • 16. Lamentarsi, patire• 18. Dittongo in giada • 19.Vendono monili • 21. Germaniae Malta • 23. Nostro in breve •24. Pubblicano libri • 25. Il pro-nome dell’egoista • 26. Gianni,poeta del dolce Stilnovo • 27.Ultimo Scorso • 28. Diverbi •29. Oriente • 30. Intelligenti,edotti • 33. Tiro centrale • 34.Gioco... inglese • 35. Occhiello• 36. Danno un punto a scopa •37. Pari in Marzia • 38. Le iniz.di un Luttazzi • 39. Il noto Banfi• 40. Frulla in testa • 42. Pari inmastro • 43. Un obiettivo delfotografo • 45. Capo etiope •46. Il nome di Papi • 48. La casadell’ape • 49. Nord-Est.

Verticali 1. Hanno tutti gliangoli e i lati uguali • 2. Tor-nato a galla • 3. La parte deltronco fra torace e bacino • 4.Chiude la preghiera • 5. I con-fini di Sonvico • 6. S’infuriano

quando vedono rosso • 7. Lodi• 8. La madre di Tiberio • 12.Temporali, violenti scrosci • 13.Dittongo in Paolo • 15. Urlati •17. Lentiggine • 20. Andato inpoesia • 22. Poeta provenzale• 28. Lucente, splendente (f) •31. La perla del collezionista •32. Il nome della Duncan • 41.Sta per “metà” • 43. Scuolabuddhista • 44. Gavitelli • 47.Cuba e Norvegia.

Soluzione n. 53»

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N E O T T O L E M O

O R M A I E R O S

T R O T T O I N

T O T O R O N T O

E R M O M I N A

A I A I E I G L

S T A N G O N E

A M U R G A L E E

M E S I I S A R

A L A P O I R O T

R A L L I I C E

C E E F U O C O

A R M A D I O I R

N O M O P O I

D U E T T O E S C

A X C E R U L E I

bilancia

Dal 10 gennaio i nati nella primadecade dovranno stare attenti a nonistaurare un clima di polemiche coni membri della propria famiglia diorigine. Momenti di gloria per i natidella terza decade.

vergine

Tra il 14 e il 15 gennaio Luna con-giunta a Mercurio e Plutone. Questoaspetto, unitamente al trigono conVenere, potrebbe spronarvi alla de-cisione di concepire un figlio. Nuoveforme di comunicazione in casa.

pesci

Grazie agli aspetti con Venere e Ura-no si delineano costantemente nuoviscenari. State comunque attenti tra il11 e il 13 a non farvi travolgere daltroppo lavoro. Ottimi momenti incompagnia del partner.

toro

Grazie a Mercurio e Venere la set-timana si presenta positivamente.Curate di più la vostra forma fisica.La Luna in Capricorno tra il 14 e il15 gennaio potrà favorire il sorgeredi atmosfere romantiche.

scorpione

Cercate di canalizzarvi maggiormen-te verso il raggiungimento di unobiettivo preciso. Amori alla grandeper i nati nella terza decade. Irascibi-lità per i nati della seconda decade,sempre strattonati da Marte.

gemelli

Grazie a Marte di transito nella vostraterza casa solare, incredibile intensi-ficazione delle attività sociali oltreche intellettuali. Attenti a rispettarele idee altrui. Vita sociale e lavorativain fermento.

sagittario

Novità professionali per i nati nellaterza decade favorite dal transitodi Giove e Nettuno nella terza casasolare. Particolarmente protette lepubbliche relazioni e così le attivitàcreative. Nuove passionalità.

cancro

State attenti a non istaurare con ilpartner un ciclo di critiche autodi-struttive. Credete di più nel futuro.A breve Giove inizierà a stare dallavostra parte portandovi una seriedi benefici.

capricorno

Grazie a una concomitante Lunapositiva, tra il 14 e il 15 potretevivere atmosfere particolari di forteintensità emotiva. Amori per i natinella prima e terza decade, sorrettidai transiti di Mercurio e Venere.

leone

State attenti a non sopravvalutareuna situazione. Oltretutto in questafase dell’anno correte il rischio diidealizzare troppo il partner. Giove eNettuno in opposizione potrebberofalsare le vostre capacità di giudizio.

acquario

Affari e ottime possibilità di guada-gno nel commercio, nei media enell’informatica. Sentimenti e ten-tazioni tenderanno a sovrapporsi im-provvisamente. Momenti di frenesiaper i nati nella seconda decade.

orno

» Astri

»acu

radiElisa

betta

ariete

Periodo ottimale per risolvere unvecchio affare insieme a un amicoimportante. I nati nella terza decadedevono stare attenti a non cedere auna momentanea pigrizia perché èvenuto il momento di darsi da fare.

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LA SALUTE MATERNAÉ UN DIRITTO

P R E T E N D I D I G N I T À P R E T E N D I D I G N I T À P R E T E N D I D I G N I T ÀP R E T E N D I D I G N I T À

AMNESTY INTERNATIONAL Centro regionale della Svizzera italiana . Via Besso 28 . 6900 LuganoT: 091 966 34 74 . E: [email protected] . www.amnesty.ch/dignite

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