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1 Indice Tesi: Introduzione…………………………………………………………......2 Dalla subway alle gallerie………………………………………….........3 Roma 1979 e Bologna 1984……………………………………...……..27 - THE FABULOUS FIVE: calligraffiti di FREDerick Brathwaite e LEE George Quinones”…………………………………………………………………………………………………27 - ARTE DI FRONTIERA: New York Graffiti..……………………………………..………………………………………………………………………….37 Conclusioni...……………………………………………………………49 Glossario……………………………………………………………...…66 Bibliografia……………………………………………………………...68 Abstract………………………………………………………………….73
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"The Fabulous Five" e "Arte di Frontiera": l'ingresso del writing nelle gallerie d'arte

Feb 28, 2023

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Page 1: "The Fabulous Five" e "Arte di Frontiera": l'ingresso del writing nelle gallerie d'arte

1

Indice Tesi:

Introduzione…………………………………………………………......2

Dalla subway alle gallerie………………………………………….........3

Roma 1979 e Bologna 1984……………………………………...……..27

- “THE FABULOUS FIVE: calligraffiti di FREDerick Brathwaite e

LEE George Quinones”…………………………………………………………………………………………………27

- “ARTE DI FRONTIERA: New York

Graffiti”..……………………………………..………………………………………………………………………….37

Conclusioni...……………………………………………………………49

Glossario……………………………………………………………...…66

Bibliografia……………………………………………………………...68

Abstract………………………………………………………………….73

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2

Introduzione:

I "graffiti", termine originariamente spregiativo usato per identificare un movimento

che preferisce definirsi "aerosol art" o "writing"1, nascono a Philadelphia nella

seconda metà degli anni ’60 per stabilirsi ed evolversi in seguito a New York 2, dove

conosceranno il loro autentico sviluppo. Ancora oggi, nonostante siano passati ormai

più di 40 anni da quando Super Kool 223 dipinse nel 1972 il primo vero pezzo nella

subway di New York3, vedere una di queste eterogenee composizioni di colori e

lettere più o meno esasperate difficilmente lascia indifferenti, così come non ha

accennato ad affievolirsi il forte dibattito tra chi si ritiene a favore di una libera e

creativa espressione di strada e chi si ritiene contrario ad un insensato atto di

vandalismo. Nemmeno la sempre più stringente repressione legislativa e delle forze

dell'ordine è riuscita a fermare un fenomeno che nel suo animo è tanto metropolitano

e contemporaneo quanto arcaico e profondamente ancestrale, capace di comunicare

su tanti livelli differenti.

Voglio chiarire subito che non mi occuperò in questa sede di quella che è stata la

storia dei graffiti: sarebbe infatti impossibile pretendere di riuscire in un lavoro tanto

ambizioso quanto già ampiamente trattato. Quello che mi ripropongo di fare è di

circoscrivere in questa storia quello che fu il contatto che avvenne tra il mondo

dell'arte ufficiale e la realtà urbana del writing. Questa tendenza coinvolse presto sia

gli intellettuali ed i galleristi di New York, sia quelli che da tutto il mondo (in

particolar modo dall' Europa) tornavano dai loro soggiorni newyorkesi con gli occhi e

i rullini delle macchine fotografiche ancora pieni di ciò che era allora una novità

assoluta e circoscritta alla metropoli americana. L'aver scoperto, con mia grande

sorpresa, che la prima esposizione internazionale dedicata al movimento ebbe luogo

qui in Italia, alla Galleria “La Medusa” di Roma nel dicembre 1979, dovrebbe fornire

uno stimolo alla riflessione su che cos'è il writing e qual'è il suo rapporto con il

sistema dell'arte. Ripercorrere la mostra “Arte di Frontiera”, che ebbe luogo a

Bologna nel 1984, significa ripercorrere quello che fu senza dubbio l'evento più

importante e meglio organizzato nel nostro paese, in un periodo in cui il fenomeno

non era ancora maturato, ma durante il quale vennero piantati i semi di quello che si

svilupperà in seguito. Nelle conclusioni verranno considerati i lasciti di questa

contaminazione avvenuta oltre trent'anni fa, prendendo in esame l'evento “Frontier”,

organizzato a Bologna tra il 2012 e il 2013 con l’esplicito intento di celebrare la

seminale mostra dell'‘84.

1 Stampa Alternativa, IGTimes, Style: Writing From The Underground, Nuovi Equilibri, Viterbo, 1996, pp. 6-7

2 Caputo Andrea, All City Writers, Kitchen93, Bagnolet 2009, pp. 1

3Stampa Alternativa, IGTimes, Style: Writing From The Underground, Nuovi Equilibri, Viterbo, 1996, pp. 39-41

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Dalla Subway alle Gallerie

Nel 1971 per la prima volta il writing suscita un forte interesse mediatico: un giovane

fattorino greco di nome Demetrius durante i suoi turni di lavoro segna qualsiasi

superficie con la sua firma a pennarello, TAKI 183. Taki non è il primo (il primo,

tralasciando i primissimi writer di Philadelphia come Cornbread e Cool Earl, è Julio

204) ma decide di scrivere il più possibile e dappertutto, tanto da diventare famoso4 e

farsi intervistare dal quotidiano “New York Times”, nell’articolo “”Taki 183”

spawns pen pals”5. L’eco della notizia si sparge e molti ragazzi iniziano ad imitarlo. I

due anni successivi conoscono un vero e proprio boom del writing, con una costante

evoluzione: dalle semplici tag fatte a pennarello si passa ai pezzi veri e propri e

nascono i primi, fondamentali, archetipi stilistici. Si stabilisce inoltre la pratica di

dipingere sulle carrozze della subway, i supporti ideali per far conoscere il proprio

nome in tutta la città. La diffusione del fenomeno è ormai fuori controllo: durante

l’agosto 1972 l’allora sindaco di New York, John Lindsay, è costretto a prendere

posizione dando il via ad una campagna volta a ripulire la città, campagna che potrà

dirsi conclusa solo alla fine degli anni ’80, con un grande dispendio di mezzi, molto

spesso sperimentali ed inefficaci. Per l’opinione pubblica i graffiti diventano il

simbolo di tutto ciò che è sbagliato in una metropoli condannata alla decadenza.

Ma a questa reazione negativa non tarderanno a fare da contraltare alcune prese di

posizione che, al contrario, guardano con interesse al fenomeno. Nel dicembre 1972

un giovane studente di sociologia del City College, Hugo Martinez, fonda la UGA6

(United Graffiti Artists), un collettivo in cui entreranno a far parte alcuni tra i più noti

esponenti della prima generazione di writer, come Phase II e Coco 144.

Martinez riconosce le pulsioni ed il talento artistico dei ragazzi; il suo intento è quello

di educarli ad incanalare le loro energie in una direzione produttiva e legale. Dopo

una prima mostra all’interno del City College, l’UGA prende parte con successo allo

spettacolo “Deuce Coupe” di Thyla Tharp dove i writer partecipano alla performance

teatrale, dipingendo la scenografia durante la rappresentazione. L’evento più

significativo per il collettivo avviene nel settembre 1973, con la mostra inaugurata

alla “Razor Gallery”, accreditata come la prima vera rassegna a tema graffiti

realizzata in una galleria d’arte. Tutte le tele verranno messe in vendita con prezzi che

variano tra i 300 ed i 3000$ (c.a. 1200/12000€ al cambio attuale) mentre diverse

recensioni da parte di importanti giornali (persino da parte del “New York Times”,

storicamente contrario al fenomeno graffiti) sono favorevoli.

In questo periodo altri intellettuali di stampo liberale si schierano a difesa dei writer:

il 26 marzo 1973 Richard Goldstein pubblica un lungo articolo nella rivista

4 Nelli Andrea, Graffiti a New York, Whole Train Press, Roma 2012 ( I ed. Lerici, Cosenza 1978), pp. 17

5 “Taki 183” Spawns Pen Pals”, “New York Times”, 21/7/1971, pp. 37

6 Nelli Andrea, Graffiti a New York, Whole Train Press, Roma 2012 ( I ed. Lerici, Cosenza 1978), pp. 21

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settimanale “New York”7, dove denuncia il sostanziale fallimento della costosa

guerra che la municipalità ha dichiarato a quella che Goldstein identifica come la

prima cultura giovanile nata dalla strada, dopo quella che negli anni ’50 si era

espressa con il rock ‘n’ roll8. Sempre nello stesso numero viene presentata una

“Graffiti Hit Parade”, suddivisa in categorie, dove ai vincitori verrà consegnato il

“Taki Award”, mettendo in ridicolo il sindaco Lindsay ed il “New York Times” per il

loro atteggiamento reazionario verso la nuova forma d’arte. L’esponente della pop-art

Claes Oldenburg commenta in quelle pagine:

“avrei sempre voluto mandare una steel band con delle ballerine in giro per la subway…sei in una stazione

grigia e triste, quando improvvisamente un treno di graffiti sfreccia portando la luce di un mazzo di fiori

tropicali. Pensi: è l’anarchia, e ti chiedi se i treni funzioneranno ancora. Ma poi ti ci abitui”9

Nel 1974 Norman Mailer scrive il libro The Faith of Graffiti, documentando assieme

agli scatti del fotografo John Naar l’esperienza di quei ragazzini che la notte escono

di nascosto per lasciare i loro segni nelle stazioni e nelle carrozze della subway.

Riconoscendone la carica ideologica e le profonde motivazioni artistiche, Mailer

alterna cronache dalla strada ad una contrapposizione che individua tra lo spirito

vitale e primordiale del ghetto e la futilità di un’arte contemporanea che ha perso, a

suo parere, il proprio spirito:

“(…) se i graffiti della metropolitana non fossero mai esistiti, qualche artista avrebbe ritenuto necessario

inventarli, dato che si trovavano all’interno di quella catena evolutiva. Essendo la pittura moderna sempre

disponibile a essere descritta quale entropia delle forme rappresentative, si potrebbe anche supporre che gli

artisti abbiano rinunciato alla terza dimensione della prospettiva spaziale al fine di guadagnare la possibilità

di una visione della quarta, cosa che nel peggiore degli stati d’animo sarebbe anche un modo di poter

affermare che l’arte era rotolata lungo una linea di caduta da Cézanne a Frank Stella, da Gauguin a Mathieu.

Su una mappa del genere, i graffiti della metropolitana rappresentavano un delta alluvionale, l’imboccatura

incrostata di fango di un centinaio di corsi d’acqua pittorici. Se l’obiezione, ovvia, era che si potevano anche

intervistare migliaia di neri e portoricani che si precipitavano a scrivere il loro nome senza aver mai avuto in

mente, e addirittura aver mai visto, un dipinto di arte moderna, la risposta, senz’altro meno ovvia, era che le

piante parlano con le piante (…) In questo secolo si è liberato qualcosa di rabbioso. Magari non stiamo

convertendo l’arte nella comprensione di un processo sociale al fine di tappare il buco, stiamo piuttosto

servendoci dell’arte per intasare quel buco, come se la società fosse così priva di speranza, cioè così

attorcigliata in nodi di spaghetti ideologici senza fede, che la gioia consiste nello strangolare le vittime.

(…)”10

Il momento segna un radicale cambiamento di prospettiva per molti writer, che

iniziano a sentirsi qualcosa di più che semplici vandali: l’etichetta che viene utilizzata

da quel momento in poi da parte dei media è “graffiti artist”:

7 Goldstein Richard, “This Thing Has Gotten Completely Out of Hand”, “New York Magazine”, 26/3/1973, pp. 35-39

8 Nelli Andrea, Graffiti a New York, Whole Train Press, Roma 2012 ( I ed. Lerici, Cosenza 1978), pp. 23

9 Oldenburg Claes, cit. in “The Graffiti “Hit” Parade”, “New York Magazine”, 26/3/1973, pp. 64

10Mailer Norman, The Faith of Graffiti, Praeger Publishers, New York 1974 (trad. Italiana Andrea

Marti/Grandi&associati)

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“A lot of people don’t like it, man, but like it or not, we’ve made the biggest art movement ever to hit New

York City”11

Tuttavia questo contatto tra due diversi mondi fa presto emergere delle

incompatibilità: i writer che espongono alla “Razor” si dimostrano riluttanti

nell’accettare le regole ed i compromessi necessari per intraprendere una carriera

artistica e molti nella tranquillità di un atelier, davanti ad una tela bianca, si bloccano,

paralizzati nell’esprimere quella creatività che veniva loro naturale nelle rimesse dei

treni. Nel 1975, dopo un’ultima mostra all’”Artists Space” di SoHo, l’UGA si

scioglie, mentre la maggioranza degli esponenti di questa prima generazione viene

presto dimenticata.

Agli occhi della critica comincia a palesarsi la forte differenza in termini di

autenticità ed efficacia che esiste tra le opere che i writer eseguono per la strada e

quelle che vengono commissionate loro su tela. In un articolo pubblicato sulla rivista

settimanale “The Nation”12

l’influente critico di origine britannica Lawrence Alloway

nota come uno dei motivi di interesse del movimento del writing risieda in una

brillante contestualizzazione con l’ambiente circostante e si interroga circa l’interesse

che il mondo delle gallerie ha riservato al lavoro di questi giovani neri e latino-

americani. Alloway affronta l’argomento mettendo in relazione il fenomeno con

artisti come Paul Klee, influenzato dalla cosiddetta arte "primitiva", Brassai, che

fotografò le scritte sui muri di Parigi all'inizio del XX secolo, Cy Twombly e i suoi

segni grafici liberamente associati e, soprattutto, Jean Dubuffet, promotore di ciò che

definì Art Brut13

. Sulla scorta di tali affermazioni è possibile affermare come la

“gallerizzazione” dei graffiti non rappresenti altro che un ritorno a quel primitivismo

che già aveva segnato il corso della storia dell’arte da Gaugin in poi. Nel 1976 il

filosofo e sociologo francese Jean Baudrillard afferma in un saggio come il writing

funzioni come controparte rivoluzionaria ai mass media, “un attacco ai codici

dell’egemonia culturale”14

. Per Baudrillard è significativo il fatto che i graffiti non

contengano alcun contenuto o messaggio e distingue due distinti atteggiamenti volti

al loro recupero: quello dell’umanista borghese che impone loro il significato di

un’affermazione di identità e quello del mondo dell’arte che impone una “riduzione

estetica” del fenomeno che, di fatto, nega il potenziale rivoluzionario.

D’altro canto gli stessi writer cominciano a dibattere circa la differenza tra i graffiti

realizzati su tela per le gallerie e quelli che circolano per la città. Chi scrive nelle

11

Super Kool 223 cit. in Shirey L. David, “Semi-Retired Graffiti Scrawlers Paint Mural at C.C.N.Y. 133”, “New York

Times”, 8/12/1972, pp.49

12 Alloway Lawrence, “Art”, “The Nation”, 27/9/1975, pp. 285-286

13 produzioni artistiche realizzate da non professionisti che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali

(autodidatti, psicotici, prigionieri, persone completamente digiune di cultura artistica).

14 Baudrillard Jean, Kool Killer, ou l’insurrection par les signes, in Id., L’ echange symbolique et la mort, Gallimard,

Parigi 1976, pp. 118-128

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carrozze della subway critica pesantemente quelli che, intuendone un ritorno

economico e di immagine, entrano all’interno del mercato dell’arte spacciando come

autentica una forma espressiva che ha bisogno del confronto con la strada per potersi

giudicare davvero come tale. La tendenza segna per molti una perdita dell’innocenza

all’interno del movimento:

"The graffiti changed once that dollar figure came in...It took the purity out of the graffiti of us artists, of

what we were doing."15

Tuttavia sono molti anche quelli che ad un’attività illegale su strada ne affiancano

un’altra propriamente dedicata ad essere commercializzata ed esposta nelle gallerie:

“UGA was the first to organize graffiti art. The first to do collective work; to exhibit; and to work on canvas.

It just wasn't time for it to be accepted”16

Nella seconda metà degli anni ’70 verrà a crearsi una seconda, nuova, generazione di

writer, più consapevole del proprio lavoro in quanto espressione artistica. I graffiti

della subway si evolvono, passando dai masterpiece ai primi wildstyle, ai whole car e

ai whole train, diventando delle vere e proprie opere murali itineranti. Questi lavori

dimostrano un grado di complessità sempre crescente, che sottende un grande lavoro

di preparazione e pianificazione oltre che di abilità tecnica. Un writer che

simboleggia questa evoluzione è George “Lee” Quinones. Di origine portoricana, Lee

è il più giovane, nonché il più dotato, membro della crew Fabolous Five, assieme alla

quale dipingerà innumerevoli whole cars e, se non il primo, uno dei primissimi whole

train, nel periodo di Natale 1977. Il suo stile sembra essere radicato tanto nella

tradizione murale latino americana quanto in quella del writing. Le sue opere,

apocalittiche e arricchite da motti poetici e messaggi politici, si rivolgono ad un

pubblico ampio, piuttosto che solo ad una ristretta cerchia di writer. Nella primavera

del 1978 Lee sposta la sua attenzione dalle carrozze della subway, dipingendo i muri

abbandonati del cortile della sua vecchia scuola nel Lower East Side. Le murate di

Lee rappresentano un inedito per complessità formale e padronanza dei mezzi. Lo

scalpore che suscitano lo portano ad essere contattato dal gallerista italiano Claudio

Bruni il quale organizzerà una mostra a Roma presso la Galleria “La Medusa” nel

dicembre 1979, portando per la prima volta l’aerosol art al di fuori dei confini

americani. Nel novembre 1978 apre la galleria “Fashion Moda”, nel South Bronx. Il

proprietario, l’austriaco Stefan Eins, membro del collettivo newyorkese Colab17

, si

15

Mike 171 cit. in, Gastman Roger & Neelon Caleeb, The History of American Graffiti, HarperCollins Publishers, New

York, 2010, n.p.

16 Coco 144 cit. in "Interviews:Phase, Amrl, Coco, WG, TB, Stan, Vinnie, Livi, Sahara”, “International Graffiti Times”

n.2, 3/1984, n.p.

17 Colab, è un’abbreviazione comunemente usata per “Progetti Collaborativi” di gruppi di artisti della città di New

York, fu fondata dopo una serie di incontri aperti tra artisti di diverse discipline. Colab si trasformò in vera collettività

nel 1977 (fonte Wikipedia)

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ripropone di fornire uno spazio che possa divenire un “museo di scienze, arte,

tecnologia, invenzione e fantasia” con esibizioni di artisti, membri della comunità

locale, bambini, writers e altri creativi18

. La sfida è quella di creare un centro

culturale in un’area urbana segnata da forte degrado, criminalità e disparità

economiche, affrancato dalle logiche commerciali e chiuse del mondo dell’arte di

Manhattan. Il quartiere di South Bronx permette a “Fashion Moda” di esplorare con

molta libertà la questione su “Che cos’è l’arte” e “Come si può definire”,

incoraggiando una produzione artistica separata dal mercato e soprattutto dalla

formazione dell’arte accademica. L’inaugurazione che precede l’apertura è un

successo sorprendente e inaspettato considerando il difficile impatto con il luogo.

Tutte le notti si organizzano concerti e performance. Questa grande flessibilità ed

apertura da parte di Fashion Moda a svariati tipi di media, presentati da personalità

spesso agli antipodi tra loro, porta all’organizzazione dell’evento “Graffiti Art

Success for America”, nell’ottobre 1980. Curato da Crash19

, l’evento rappresenta la

prima grande mostra sulla graffiti art da quando l’UGA tenne la sua ultima

esposizione all’”Artists Space” cinque anni prima. Alla partecipazione dei nomi più

in vista della scena del writing come Lee, Fab 5 Freddy, Futura 2000, Zephyr, NOC

167 ed altri ancora, vengono affiancati i lavori di artisti bianchi provenienti dal

downtown newyorkese. Ciò rivela al pubblico che buona parte di questo movimento

non è composta esclusivamente da appartenenti di minoranze etniche; una mossa che

lo stesso Crash ammetterà come essenziale al successo dell’esposizione. Il successo

di questa mostra fa entrare in contatto il mondo dei writer delle subway con il

downtown newyorkese, in particolare con l’East Village, dove esiste una vitale scena

di club underground frequentati dai giovani artisti della città. E’ in questa

commistione che Jean Michel Basquiat, Keith Haring e Kenny Sharf fanno il loro

ingresso nel mondo dell’arte.

Nel febbraio 1981 Jean-Michel Basquiat è la rivelazione della mostra New York/New

Wave organizzata al “P.S.1”20

. Nella primavera dello stesso anno Fab 5 Freddy e

Keith Haring curano due esibizoni al “Mudd Club”21

, mentre durante l’estate Patti

Astor22

apre nell’ East Village lo spazio “Fun Gallery”, con lo scopo di dare

all’aerosol art la sua prima sede commerciale. La logica curatoriale che motiva

queste esposizioni si dimostra più sociale che fondata su basi estetiche: Basquiat,

Haring, Scharf espongono assieme ai writer della subway in quanto frequentano gli

18

Glueck Grace, “The New Collectives-Reaching for a Wider Audience”, “New York Times”, 1/2/1981, pp. 23

19 writer al tempo diciannovenne residente nella zona, entrato in contatto con Eins tramite Fab 5 Freddy (che l’ anno

precedente aveva esposto le proprie tele a Roma assieme a Lee)

20 attualmente MoMA P.S.1

21 The Mudd Club was a TriBeCa nightclub opened in October 1978 by Steve Mass, art curator Diego Cortez and

downtown punk scene figure Anya Phillips. Located at 77 White Street in downtown Manhattan, it quickly became a

major fixture in the city's underground music and counterculture scene until its 1983 closing. (fonte Wikipedia)

22 Attrice underground, promoter della scena dell’ East Village negli anni ‘80

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stessi luoghi di ritrovo del downtown23

. Nell’analizzare il processo che porta alla

nascita di queste realtà è necessario tornare indietro a qualche mese prima della

mostra “Graffiti Art Success for America”. Nel giugno 1980 apre l’esibizione “Times

Square Show” a cui prendono parte Lee e Fab 5 Freddy assieme ad artisti emersi

grazie ai loro lavori nelle strade, come Jenny Holzer, Christy Rupp, Kenny Scharf,

Keith Haring e Jean Michel Basquiat (SAMO). Organizzata dai membri del collettivo

Colab, con la collaborazione di Stefan Eins e Joe Lewis della galleria “Fashion

Moda”, la mostra ha luogo in un ex salone per massaggi abbandonato fra la Settima

Avenue e la Quarantunesima Strada. Lo spettacolo presenta installazioni disposte

disordinatamente e senza targhette identificative su tutti e quattro i piani dello stabile.

Il “Times Square Show” si ricollega a quegli stessi ideali di arte di protesta propri di

Colab, che vuole dare voce alle minoranze escluse. Questo primo ingresso dei graffiti

all’interno dell’estetica anti-estabilishment24

del neoespressionimo, dell’arte “punk” e

“new wave”25

, così come l’apertura di punti commerciali (in cui i visitatori possono

acquistare merce correlata alla produzione artistica esibita), fanno del “Times Square

Show” il primo evento a presentare le caratteristiche salienti dell’intera scena East

Village.

Sulla base del successo e della risonanza mediatica ottenuta da questi eventi,

all’inizio degli anni ’80 il writing diventa la nuova tendenza del mondo dell’arte

newyorkese, entrando a far parte di un sistema sempre più commerciale, in cui

diventa importante valutare un’opera come investimento. L’appartenenza alla linea

genealogica della storia dell’arte è ciò che stabilisce il valore al tempo stesso estetico

e monetario del lavoro di un artista. Nel breve periodo di massimo fulgore del

movimento East Village (1981-1983) si delineano due opposte visioni del fenomeno.

I fautori ravvedono nei graffiti artist i portavoce di una cultura del ghetto vivace ma

incompresa, la cui mancanza di preparazione formale equivale ad una freschezza ed

una spontaneità non contaminata da logiche di mercato, contrapposta al modernismo.

Gli oppositori, invece, sospettano che l’intera scena dell’East Village e dei graffiti

nelle gallerie non sia altro che una montatura commerciale, supportata da

un’influente macchina pubblicitaria e volta a far presa su un pubblico poco

sofisticato.

Nel 1982 il critico d’arte Hal Foster discute circa il recupero dei graffiti in quanto arte

assieme alle correnti post-moderne del periodo26

. Riprendendo in analisi le

considerazioni di Baudrillard27

, afferma come l’ingresso del writing nel sistema arte

23

Thompson Margo, American Graffiti, Parkstone Press, New York 2009, pp.87

24 Contro il sistema, in opposizione ai principi sociali, politici ed economici convenzionali

25 Che si rifanno alle culture giovanili “punk” e “new wave”, sorte attorno al club CBGB’S di New York nella seconda

metà degli anni ‘70

26 Foster Hal, “Subversive signs”, “Art in America”, 11/1982, pp.88

27 Baudrillard Jean, Kool Killer, ou l’insurrection par les signes, in Id., L’ echange symbolique et la mort, Gallimard,

Parigi 1976, pp. 118-128

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abbia privato il movimento del sua autentica carica rivoluzionaria. Al contrario, per

René Ricard28

il writing non possiede implicazioni rivoluzionarie, rimandando la sua

analisi del movimento alla cultura pop. Nell’articolo “The Radiant Child”, pubblicato

nel 1981 dalla rivista Artforum, Ricard illustra la connessione che si sta venendo a

creare tra writing e l’emergente cultura hip-hop:

“I remember the first Tags (where is Taki?), Breaking (where you spin on your head), Rapping (where I first

heard it). I know the names, but are the names important? Where is Taki? Perhaps because I have seen

graffiti, then seen something else, thrown myself on the dance floor, then gone on to dance another way, I

say that the reason for abandoning so much during the '70s was that each fad became an institution (…)”29

Ponendo la domanda ricorrente “Where is Taki?”, Ricard accetta la storia perduta

delle origini del writing come inevitabile, simile alla perdita delle origini del blues.

E’ emblematico notare come sia Foster che Ricard, nelle loro disamine, facciano

riferimento solo a Keith Haring e Jean Michel Basquiat. Entrambi adottano il graffito

come mezzo espressivo, ma il loro lavoro differisce notevolmente dai pezzi delle

subway. Nessuno dei due dipinge sui treni; Haring disegna figure a gessetto nelle

bacheche pubblicitarie delle stazioni, Basquiat si firma SAMO, ma il soggetto

primario sono le poesie e i motteggi che accompagnano quella tag, non la tag stessa.

Il motivo che porta Basquiat ed Haring ad emergere come uniche vere celebrità dal

mondo dei graffiti a quello dell’arte sembra avere a che fare con il loro retroterra

culturale. Nonostante abbiano iniziato il loro lavoro nella strada, entrambi

provengono da un ambiente artistico e il loro lavoro riflette una conoscenza della

storia dell’arte perlopiù sconosciuta ai writer, i quali lavorano secondo metri di

giudizio non necessariamente artistici, fondamentalmente autoreferenziali al writing

stesso:

“(…)Le gallerie hanno un ruolo importante su quello che viene presentato al pubblico, ma non si tratta di ciò

che facciamo. Quello che mettono in mostra non è mai la roba vera, hardcore, la roba mega che manda fuori

di testa i writer (…).”30

“(…) Hanno portato la gente a pensare che persone come Keith Haring che non è mai stato un writer e che

non appartiene né rientra nella nostra categoria era la punta trainante della creatività nel regno del

movimento dell’aerosol writing (…)”31

Nello stesso periodo, oltre alla rivelazione di nomi quali Haring e Basquiat, abbiamo

la testimonianza di molte mostre a cui partecipano con successo writer come Lee,

Futura 2000, Fab 5 Freddy, Zephyr, Lady Pink ed altri ancora. Il successo di pubblico

del movimento va ravvisato nella moda che riesce a creare attorno a se, radicata nella

28

Poeta, pittore e critico d’ arte americano. Talent scout di Jean Michel Basquiat.

29 Ricard, René, "The Radiant Child", “Artforum Magazine”, 12/1981, pp. 35-43

30 Vulcan cit. in Style: Writing From The Underground, Nuovi Equilibri, Viterbo, 1996, pp. 94

31 Phase II cit in. “Trap Magazine” n.0, 1992 pp. 4

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vita notturna newyorkese e nella diffusione della cultura hip-hop e della musica rap32

,

di cui il writing rappresenta la controparte visiva33

:

“The so-called elements that supposedly complete the cycle that “create” Hip Hop as a whole (Writing,

Breaking, Beats, MC-ing, Scratch DJ-ing), have always existed on separate, yet without a doubt, related

pleateaux, with neither being imperative to the life of the other and/or were birthed at different times. Upon

hitting the downtown scene in New York and making the jump to mainstream publicity, they simultaneously

came to be “one”. Prior to that, not many would claim this as so”34

Nel momento in cui la Graffiti Art arriva al successo i mercanti iniziano a reclamarla

all’interno del mondo delle belle arti. Nel 1° dicembre 1983 apre, alla “Sidney Janis

Gallery” della Cinquantasettesima Strada, la mostra “Post-Graffiti”. Con questa

esibizione l’aerosol art esce dalle gallerie alternative dell’East Village e del Lower

East Side per entrare nel prestigioso mondo dell’arte di Manhattan. A “Post Graffiti”

partecipano diciotto writer della subway come Crash, Toxic, Daze, Lee, Lady Pink

assieme a Basquiat, Haring e Scharf. La mostra viene ricordata come una delle

esibizioni a tema graffiti più controverse. Le recensioni si dimostrano generalmente

poco entusiaste. Imputando alle opere esibite quegli stessi difetti ravvisati in

precedenza nella graffiti art, la critica va oltre. Al contrario delle recensioni che i

writer ricevono nelle esibizioni di “Fashion Moda” e di “Fun Gallery”, pochi

ravvisano in questa mostra un’autenticità o una qualità primitiva che possa

compensare le lacune estetiche dei lavori. Le uniche opere che ottengono il consenso

unanime della critica sono quelle di Haring e Basquiat. Il problema della mostra

nasce apparentemente sin dal suo stesso nome: l’aggettivo “post” viene percepito

come uno stadio successivo ai graffiti. Essendo la definizione imposta da personalità

totalmente rimosse dalla realtà dei graffiti, la cosa fa indispettire più di un writer:

“All of a sudden, everyone starts jumpin' on the bandwagon claiming they've been writing for years and I

had never even heard of 'em! The Sidney Janis Gallery blows the whole art scene out of the water...[but]

collectors really didn't know their a** from their elbows; they would go by word of mouth as to who was

good and who wasn't...They would sit there and talk about who was great and who wasn't when they never

even rode a train, never even know how much dedication a writer actually had”35

Nonostante le recensioni contrastanti molti dei writer di “Post-Graffiti” continuano

ad esporre in gallerie di stampo commerciale a New York e all’estero. Dopo

l’esibizione la critica mostra un interesse mai riscontrato in precedenza verso i

graffiti. Molti continuano la loro carriera in Europa, accolti da musei che organizzano

32

Genere musicale nato nel Bronx attorno al 1973, per anni fenomeno underground circoscritto alla zona di origine. La

prima canzone registrata ascrivibile al genere è “Rapper’s Delight” degli Sugarhill Gang, 1979.

33 Vedi cult movie del 1982 Wildstyle, di Charlie Ahearn. Con la partecipazione di Lee, Fab 5 Freddy, Lady Pink,

Zephyr e Patti Astor

34 Phase II cit. in Austin Joe, Taking the Train, Columbia University Press, New York 2001, pp. 201

35 Duster cit. in Austin Joe, Taking the Train, Columbia University Press, New York 2001, pp. 194

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11

rassegne a tema graffiti, celebrando il vitalismo e la freschezza delle opere. Tuttavia

lo stesso momento che vede il massimo successo commerciale dei graffiti su tela ne

segna la decadenza. Assieme alle accuse di involontaria ingenuità ed opportunismo

mosse dalla critica, l’ingresso di nuove correnti in campo artistico decreta presto la

fine del movimento. A metà degli anni ’80 l’interesse del mondo dell’arte

newyorkese si sposta verso l’arte neo-pop e neo-concettuale di artisti come Jeff

Koons e Peter Halley. I writer che realizzano tele per le gallerie d’arte vengono

presto liquidati dai dealer e dai collezionisti per cui lavoravano. Il trattamento

riservato a Futura 2000, illustrato da Basquiat, è emblematico della situazione:

“Futura was at the Fun Gallery. Then Tony [Shafrazi] made him cut all his links to other galleries. Then,

after a year, he dropped him…Futura burned all his bridges behind him and he was abandoned. Now he’s

a bicycle messenger. I find that pretty sad. No? He just took the test to become a cop. There are other kids

who were prodded into being artists by dealers and collectors. These kids are only twenty years old and

they’re already washed up”36

Oltre alla frattura tra i vari membri del gruppo, che cominciano ad esporre in gallerie

diverse, e alle recensioni negative della critica, anche le differenze sociali e razziali

tra artisti e galleristi portano al declino della graffiti art. Giudicati inaffidabili e svelti

nello sperperare il denaro guadagnato, molti writer vengono messi dinanzi al fatto

che la loro provenienza etnica e sociale rappresenti un ostacolo per il proseguimento

di una carriera artistica. Lee ricorda come in una festa privata a casa di Carlo Bruni,

data in occasione della mostra alla Galleria La Medusa, venisse appellato dagli astanti

come “il ragazzino che fa i graffiti, venuto per pitturare i muri”, concludendo che i

dealer e i collezionisti erano affascinati dal concetto del writing ma che non avevano

alcuna voglia di studiarlo sul serio o di accettarlo come arte37

. La mancanza di figure

in grado di mediare tra il mondo delle gallerie e quello del writing si rivela alla base

delle frequenti speculazioni e fraintendimenti nell’ascesa della graffiti art38

:

“Pretty early on, we were under no illusion that these folks were just thrilled with the fact that they were

rubbng shoulders with outlaws”39

“The thing about graffiti, before we forced our way into the art-world or however we got into it, was that

there was already our own art-world. We had our own rules.”

- Futura 2000 -

36

Basquiat Jean Michel, cit. in, Haden-Guest Anthony True Colors, Atlantic Monthly Press, New York 1996, pp. 146

37 Thompson Margo, American Graffiti, Parkstone Press, New York 2009, pp. 233

38 Austin Joe, Taking the Train, Columbia University Press, New York 2001, pp. 194

39 Lady Pink cit. in Tanz Jason, Other People's Property: A Shadow History of Hip-Hop in White America,

Bloomsbury, New York 2007, pp. 40

Page 12: "The Fabulous Five" e "Arte di Frontiera": l'ingresso del writing nelle gallerie d'arte

12

Nel 1987 un articolo di Elizabeth Hess, pubblicato sul Village Voice e intitolato

“Graffiti R.I.P. How the Art World Loved’Em and Left’Em”40

, testimonia la fine del

movimento.

Pochi mesi dopo, il 12 agosto 1988, la morte di Jean Michel Basquiat a soli 27 anni

sconvolge l’opinione pubblica. L’esperienza dell’East Village, dopo 4 anni di

declino, è completamente finita.

Contemporaneamente alla decadenza in terra americana, i quattro anni antecedenti la

morte di Basquiat vedono uno spostamento della graffiti art verso i lidi europei. La

mostra di Lee e Fab 5 Freddy a Roma nel 1979 aveva già testimoniato l’interesse dei

collezionisti europei verso l’aerosol art. I writer in Europa vengono accolti con

entusiasmo, come autentiche voci dei ghetti americani. Questa apertura porta

all’inaugurazione di gallerie che presentano tele realizzate dai writer e

l’organizzazione di esibizioni che fanno conoscere la scena del writing newyorkese al

pubblico europeo. A Parigi e a Londra, nel 1982, sbarcano i primi “Hip Hop Tour”,

con artisti come Dondi, Futura 2000 e Phase II ad accompagnare le esibizioni dal

vivo di breaker41

ed MC42

, dipingendo sul palco. A partire dal 22 ottobre fino al 4

dicembre 1983 apre la mostra “Graffiti” al museo “Boymans-van Beuningen” di

Rotterdam, presentata successivamente in altre città dell’ Olanda e della Danimarca.

Nel 1984 è la volta di “Arte di Frontiera”, presentata dal 17 marzo fino all’aprile

successivo alla “Galleria Comunale di Arte Moderna” di Bologna. Lo stesso anno,

dal 5 aprile fino al 2 giugno, ha luogo “Classical American Graffiti Artists and High

Graffiti Writers” alla “Galerie Thomas” di Monaco di Baviera. Tutte queste mostre

presentano i lavori degli stessi writer che avevano esposto alla “Sidney Janis”, con

qualche differenza. La mostra di Rotterdam presenta il lavoro di artisti come Blade e

Futura 2000, appartenenti alla vecchia generazione degli anni ’70, mentre a Monaco

vengono esposti i più giovani A-One, Toxic, Rammellzee e Lady Pink, a

testimonianza della longevità del movimento. Arte di Frontiera a Bologna è invece

l’unica ad esporre i lavori di Basquiat, Haring e Scharf.

Entusiasti per il vitalismo delle tele realizzate dai writer (che risuona con le correnti

di “Figuration Libre” francese e “Die Neuen Wilden” tedesca), i curatori e i

collezionisti europei non sembrano avere gli stessi problemi dei colleghi americani

nel notare ed accettare l’aerosol art come una forma d’arte dalle forti connotazioni

politiche. Le commissioni inoltre si dimostrano molto più libere e portate a dare un

completo controllo creativo agli artisti rispetto a quanto non accadesse negli Stati

Uniti.

Diversi writer newyorkesi si stabiliscono definitivamente in Europa, come A-One in

Francia, Toxic in Italia e Quik in Olanda, continuando la loro produzione nel

decennio successivo. Altri come Lee e Futura 2000, rimasti nella città d’origine,

40

Hess Elizabeth, “Graffiti R.I.P. How the Art World Loved’Em and Left’Em”, “Village Voice”, 22/12/1987 pp. 37-41

41 Ballerini di breakdance

42 Acronimo di “Master of Ceremonies”, sinonimo di cantate rap

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13

alternano sporadiche mostre ad uno lavoro umile per mantenersi. La diffusione di

queste esibizioni, la traduzione di libri come Subway Art43

, di film e documentari

come Wild Style44

e Style Wars45

e la diffusione sempre più ampia della musica e

della cultura hip hop aprono la strada al writing fuori dalla sua città natale.

Diffondendosi come movimento di strada quale era sin dalle origini, in Europa e in

tutto il mondo migliaia di ragazzi si confrontano con questa forma espressiva, nata tra

gli anni ’60 e ’70 a Philadelphia e a New York.

43

Cooper Martha & Chalfant Henry, Subway Art, L’ Ippocampo, Milano 2009 (I ed. Holt, Rinehart and Winston, New

York 1984)

44 Wildstyle (USA, 1982) di Charlie Ahearn

45 Style Wars (USA, 1983) di Tony Silver

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Taki 183 “The New York Times”, 21/7/1971

Super Kool 223, carrozza della subway, New York 1972

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15

Phase II, carrozza della subway, New York 197?

LSD, carrozza della subway, New York 197?

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16

Tracy 168, carrozza della subway, New York 197?

Don-1, carrozza della subway, New York 197?

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“New York Magazine”, 26/3/1973

Writer nella subway, foto di John Naar, 1974

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Hugo Martinez (foto in alto, in basso a destra) e membri dell’UGA

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Writer dell’UGA durante la messa in scena dello spettacolo “Deuce Coupe” di Thyla Tharp, 1973

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20

Membri dell’UGA, 1974-75

Lee & The Fabulous Five, “Howard the Duck”, whole car, carrozza della subway, New York 1978

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Lee & The Fabulous Five, whole train, carrozze della subway, New York 1977

Dondi, “Children of the Grave, pt.3”, whole car, carrozza della subway, New York 1980

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CEY, “Southern Comfort Game Room”, murales, Queens (New York) 1982

Galleria “Fashion Moda”, South Bronx (New York), foto di Tommaso Tozzi, 1984

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Patti Astor alla “Fun Gallery” durante una mostra di Keith Haring. Foto di Eric Kroll, 1983

Mostra “Post-Graffiti” alla “Sidney Janis Gallery”. Rammellzee e Fab 5 Freddy intervistati (foto a destra), 1983

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Rammellzee, “Crime of Infinity”, spray su tappeto, 1986

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(sopra) Seen, “Graffiti Explosion”, spray su tela, 1983 (sotto) Futura 2000, senza titolo, spray su tela, 1984

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Dondi, “Modern Prophets”, spray su tela, 1983

Toxic, “Life, Liberty and the Pursuit of Happiness”, spray su tela, 1983

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Roma 1979 e Bologna 1984 THE FABULOUS FIVE: calligraffiti di FREDerick Brathwaite e

LEE George Quinones (Galleria La Medusa, Roma, Dicembre 1979)

A partire dal 30 Novembre, per tutto il mese di Dicembre 197946

, ha luogo presso la

Galleria “La Medusa”47

di Roma una personale dedicata ai due writer newyorkesi

George “Lee” Quinones e Frederick “Fab 5 Freddy” Brathwaite. Facendo riferimento

al catalogo originale48

, la mostra presenta 9 tele di grandi dimensioni (cm. 170-

177x127) realizzate a bomboletta spray e raffiguranti scritte variopinte, che si

identificano nelle tag dei loro autori. Come si può evincere dal frontespizio del

sopracitato catalogo, si tratta di una prima internazionale. Mai infatti l’aerosol art

aveva varcato, fino ad allora, i confini nazionali statunitensi e newyorkesi.

La storia di questa mostra può essere ricostruita a partire dalla primavera del 1978,

quando il writer di origine portoricana, Lee, dipinge i muri del cortile della sua

vecchia scuola media49

. Diventato uno degli esponenti di punta della comunità dei

writer grazie al suo spiccato talento nel dipingere le carrozze della subway (degne di

nota le dieci carrozze che dipinse assieme agli altri membri della sua crew, The

Fabulous Five, nel Natale 1977, uno dei primissimi esempi di whole train50

), Lee è in

cerca di una nuova sfida che possa affermare agli occhi della gente il suo essere

artista di talento:

“(…) I wanted to challenge myself with those walls. I was thinking that the general public would perceive

the walls as my arrival as an artist. The walls were reference points. People tell me they actually made

pilgrimages to go see them, whereas graffiti conceptually made trips to the people(…)”51

Oltre ad essere significative per aver spostato il supporto dei pezzi da mobile a

statico, le murate di Lee presentano quelle caratteristiche che già lo avevano reso

celebre nelle subway: lo spostamento del nome, da elemento unico e centrale del

progetto del pezzo a parte di una composizione più ampia52

, assieme all’inserimento 46

“I graffiti di New York dal subway ai quadri” , “L’ Unità”, 24/11/1979, pp. 10

Micacchi Dario, “Fred e Lee: su tela i graffiti americani della metropolitana”, “L’ Unità”, 13/12/1979, pp. 14

47 Galleria aperta nel 1955 da Claudio Bruni Sakraischik a Via del Babuino 124. Attualmente non esiste più.

48 Bruni Sakraischik Claudio & Buzzati Traverso Adriano, The Fabulous Five, Edizioni La Medusa, Roma 1979,

Catalogo n. 118

49 Corlears Junior High School #56, Lower East Side Manhattan, New York

50 Castleman Craig, Getting Up: subway graffiti in New York, MIT Press, Cambridge, Mass. 1982, pp. 3-17

51 Quinones “Lee” George cit. in Pape Chris, “Lee Quinones”, “Juxtapoz Magazine”, n.123, 4/2011, pp. 49

52 Mininno Alessandro, Graffiti Writing, Mondadori, Milano 2008, pp. 21

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28

di motti poetici ed istanze politiche (“graffiti is art, and if art is a crime let God

forgive us all”). La realizzazione è inoltre necessariamente molto più accurata

rispetto ai pezzi delle subway. Contattato un giorno da Frederick Brathwaite,

ventenne afroamericano aspirante writer ed impresario, Lee viene convinto a

realizzare opere su commissione, mentre Brathwaite ottiene il permesso di poter

utilizzare il nome della sua crew, Fabulous Five, facendosi chiamare da quel

momento in poi Fab 5 Freddy. In un articolo pubblicato il 12 febbraio 1979 nel

settimanale “The Village Voice”53

, Fab 5 Freddy si fa portavoce del rinnovato gruppo

dei Fabolous Five, affermando la loro disponibilità a dipingere murales a 5$ a piede

quadrato (c.a. 135€ per metro quadro al cambio attuale). In quello stesso articolo, che

presenta un servizio fotografico sui lavori di Lee alla scuola Corlears, Fab 5 Freddy

afferma come il writing sia la più pura espressione artistica mai originata da New

York. Dichiarando come i Fabolous Five fossero influenzati da artisti appartenenti

all’avanguardia e all’underground quali Andy Wahrol, Robert Crumb e Roy

Lichtenstein, Brathwaite sembra consapevole dell’importanza di collegarsi alla scena

artistica del downtown newyorkese. In seguito alla pubblicazione dell’articolo, Fab 5

Freddy viene contattato da molte persone interessate all’annuncio. In particolare tale

articolo arriva all’attenzione del gallerista Claudio Bruni54

. Affascinato

dall’esplosione del writing a New York e dai lavori di Lee presentati nella rivista,

contatta Brathwaite proponendo ai due una mostra nella sua galleria a Roma:

“(…) Italian art dealer, Claudio Bruni, had read about Lee and I in the “Village Voice”. He’d been noticing

graffiti develop on NYC trans and was curious, so from that article he looked us up, loved the work, bought a

couple of paintings, commissioned us to do more, then offered us a show at his gallery (…)”55

Le tele di Lee e Fab 5 Freddy oltre a celebrare il writing come mezzo e processo

creativo, utilizzano tecniche di composizione provenienti dalla subway. “Spray Can

Lee” di Lee mostra un personaggio a forma di bomboletta arancione che, spuntando

al lato inferiore destro della tela, indica con le mani la scritta “LEE”, dipinta come un

softie a lettere rosa. La scritta sta sopra ad una nuvola gialla che esce dal tappo della

bomboletta. L’elemento della nuvola nelle subway, oltre ad essere necessaria per far

risaltare il pezzo, rappresentava anche un espediente stilistico tramite il quale si

poteva dipingere sopra alle tag altrui evitando di crossare, mancando di rispetto ad

altri writer. Il tema della nuvola viene utilizzato nella maggior parte delle opere

esposte nella Galleria “La Medusa” per creare un’illusione spaziale: la scritta appare

sopra ad essa, mentre vengono affiancati elementi decorativi quali frecce, spirali,

stelle e motivi lineari che appaiono su un piano differente rispetto al resto della

composizione. Una delle due tele accreditate a Fab 5 Freddy, “Jungle Fred”,

53 Smith Howard ,“Brathwaite: There’s money in them there walls”, “The Village Voice” 12/2/1979 54

Propietario dello spazio La Medusa e curatore del catalogo dell’ opera di De Chirico della cui fondazione diventerà in

seguito direttore.

55 Brathwaite “Fab 5 Freddy” Frederick cit. in Papillon Michelle Joan, “Fab 5 Freddy”,” Juxtapoz Magazine”, n.123,

4/2011, pp. 92

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presenta delle lettere decorate con motivi zebrati e leopardati, mentre un paio di tele

realizzate a quattro mani da Quinones e Brathwaite rappresentano un omaggio ad

altrettanti membri della crew Fabulous Five, Mono e Doc. Su “Mono” la prima

lettera “o” viene rappresentata come quella che verosimilmente è una caricatura

dell’amico writer ed il gioco di illusione spaziale tra i vari elementi discusso sopra si

fa decisamente marcato. L’ultima opera raffigurata nel catalogo, “Je”, invece,

rappresenta la scritta “JE” ripetuta ossessivamente sull’intera superfice del quadro ed

è di più difficile interpretazione, non essendo l’iscrizione attribuibile ad alcun writer.

Si potrebbe forse ipotizzare che essa stia per “io”56

, un’affermazione d’identità

rappresentata su tela dai due writer.

L’intervento di Bruni nel catalogo della mostra rimarca l’importanza dei graffiti come

“autentico idioma visuale delle minoranze del ghetto”, inserendoli all’interno della

tradizione pittorica della storia dell’arte:

“Mai nessuna arte popolare è stata più rapidamente portata davanti agli occhi di tutti; l’idea di affidare a

delle carrozze viaggianti, per 24 ore al giorno sulle linee della sotterranea di una grande città, il proprio

messaggio visivo si deve ammettere è stata geniale (…) A chiunque, che si occupi di pittura e che abbia

sostato nel subway di New York, vedendo sfrecciare davanti agli occhi le carrozze dipinte, non possono non

essergli venuti in mente quadri come: “Stati d’ animo, gli adii” del 1911 di Boccioni; “Plasticità di luci +

velocità” del 1913 di Balla; “Dinamismo di un’automobile” del 1912-1913 di Russolo (…)”57

Indipendentemente da questa digressione, Bruni rimarca come l’aerosol art

rappresenti un fenomeno eminentemente americano, paragonando i graffiti al jazz e

al blues nel loro essere un’espressione artistica nata nei ghetti americani, con un

messaggio di protesta e di lamento da parte dei primi, sconosciuti, solisti ed

improvvisatori. La portata innovativa della mostra viene inoltre paragonata alla prima

personale di “Assemblage” di Rauschenberg e ai primi riconoscimenti ottenuti da Cy

Twombly, eventi accaduti a Roma, rispettivamente nel 1953 e nel 1957. Come egli

stesso dichiara, la citazione dei due maestri americani non è casuale, essendo

Rauschenberg un precursore dell’ immaginario “Pop”58

nel suo utilizzo di oggetti ed

immagini quotidiani e commerciali ed essendo Twombly fautore di un’arte spesso

accomunata al “graffito” nel suo utilizzo di scarabocchi, nomi e segni calligrafici.

Ma non sono solo i riferimenti culturali a rendere le tele di Lee e Fab 5 Freddy

inequivocabilmente americane. Affermando che l’arte dei Fabolous Five è il frutto

spontaneo dell’incontro tra la “Pop-Art” ed il bisogno ancestrale dell’uomo di

lasciare una traccia nell’ambiente circostante, Bruni osserva come l’utilizzo delle

bombolette spray possa ricordare il dripping59

di Jackson Pollock e la violenza dei

colori e delle immagini la “Pop-Art”:

56

Dal francese Je

57 Bruni Sakraischik Claudio, The Fabulous Five, Edizioni La Medusa, Roma 1979, Catalogo n. 118

58 Proprio della Pop-Art

59 tecnica pittorica caratteristica dell'Action Painting americana, elaborata nella sua forma più tipica alla fine degli anni

quaranta da Jackson Pollock. Il colore (smalto opaco o vernici industriali usate per la prima volta proprio da Pollock

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30

“(…) la freschezza, il vigore e la spontaneità della grafia sono prettamente americane e spaziano dal fumetto

alla Disney alle simbologie di Calder.”60

Il catalogo si conclude con il commento di Adriano Buzzati Traverso61

, il quale,

parlando come collezionista che ha acquistato le opere di Lee e Fab 5 Freddy, auspica

un ingresso del writing all’interno e all’esterno delle case, nei muri delle periferie e

su monumenti a suo parere di dubbio gusto che trarrebbero vantaggio da un eventuale

incontro con l’arte a bomboletta:

“Mi sono spesso chiesto come mai in questi tempi di opulenza, di gente che possiede un appartamento in

città, una villa al mare, una casa in montagna e magari una fattoria in campagna, non sia diffusa l’abitudine

di ingaggiare un buon pittore per farsi dipingere l’intera facciata o almeno qualche parete all’interno (…) Qui

in Roma, vediamo quel poco che è rimasto dei graffiti dipinti nel 1528 da Polidoro da Caravaggio sulla

facciata del Palazzetto Milesi in via della maschera d’oro. Oggi godiamo degli allegri “American graffiti” –

pieni di vita – dei Fabolous Five. Ma pensate che bello sarebbe se il sindaco della nostra città

commissionasse la copertura dell’ osceno monumento a Vittorio Emanuele II – il cosidetto Altare della

Patria – con i travolgenti colori di questi giovanotti americani !”62

E’ difficile non considerare le posizioni di Bruni e Buzzati come la rappresentazione

di una posizione ideologica e culturale alto borghese che non ha un contatto diretto

con i graffiti (nel 1979 non abbiamo testimonianze di writing in Italia). La società

italiana di allora, inoltre, è lontana dalle problematiche razziali e di classe presenti

negli Stati Uniti, che si riflettevano inevitabilmente sul giudizio che l’opinione

pubblica aveva del writing63

. In questo contesto le tele di Lee e Fab 5 Freddy

rappresentano verosimilmente un esotismo alla portata di pochi:

“(…)Lee and I thought the crowd that would come out to see our work in Rome would be underground, arty

and radical, but we were surprised to learn his friends and clients were the elite of Italian society and

business.”64

intorno al 1947) viene lasciato sgocciolare sulla tela distesa per terra da un contenitore bucherellato o schizzato

direttamente con le mani mediante l'uso di bastoni o pennelli. (fonte Wikipedia)

60 Bruni Sakraischik Claudio, The Fabulous Five, Edizioni La Medusa, Roma 1979, Catalogo n. 118

61 Importante scienziato e genetista, fratello dello scrittore Dino Buzzati

62 Buzzati Traverso Adriano, The Fabulous Five, Edizioni La Medusa, Roma 1979, Catalogo n. 118

63 Lo stereotipo era che il writing fosse prerogativa di vandali ispanici ed afroamericani, con bassa scolarizzazione e

provenienti dalle zone più degradate della città.

64 Brathwaite “Fab 5 Freddy” Frederick cit. in Papillon Michelle Joan, “Fab 5 Freddy”, “Juxtapoz Magazine”, n.123,

4/2011, pp. 92

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31

In una recensione il critico d’arte de “L’Unità” Dario Micacchi65

, oltre all’effetto

neofuturista di cui parlava Bruni, ravvisa una somiglianza tra i graffiti della subway e

i treni “agit-prop” sovietici66

. La sua disamina riconosce nel writing la volontà di

riappropriazione degli spazi da parte delle classi meno abbienti che abitano i ghetti e

le periferie delle città statunitensi, tramite un atto spontaneo di ribellione:

“(…) A noi sembra un tipo di pittura non di radice avanguardistica e colta, ma una pittura d’invenzione e

derivazione fumettistica (…) non ci troviamo di fronte a un fenomeno pittorico nuovo dello spessore e della

qualità urbana del pop Art ma certo Fred e Lee sono riusciti a portare il fumetto nella pittura con una vitalità

d’espressione popolare ed emarginata quale non ha mai avuto ad esempio, la pittura pop riportata dai fumetti

di un Lichtenstein. C’è ancora – speriamo che non svanisca nella produzione di galleria – in questa pittura

una qualità plebea, ironica e possessiva dello spazio, attraverso la quale si esprime un’immaginazione non

asservita che riesce a sventolare le sue coloratissime insegne che ripetono i nomi gridati come una

liberazione negli stadi (…)”67

Il successo della mostra, presentata come prima mondiale, ottiene eco in tutta

Europa68

, testimoniando un precoce interesse nei confronti della nuova arte di strada

americana da parte del pubblico straniero:

“(…) Fred and Lee were given an exhibition at Galleria Medusa in Rome in 1979. This show was the first

indication in writing as galleried art , and it introduced “graffiti art” to a European art audience for the first

time. (…)”69

Successivamente ad essa i due writer partecipano ad altre esibizioni. Nel 1980 Lee

debutta a New York con la mostra “Third Phase” alla “White Columns Gallery”,

riproposta lo stesso anno alla Galleria “Paolo Seno” di Milano70

. Nel giugno dello

stesso anno partecipa assieme a Fab 5 Freddy, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring,

Kenny Scharf ed altri artisti del downtown newyorkese al seminale evento “Times

Square Show”. Ad inizio anni ’80 i graffiti rappresentano ormai l’ultima tendenza in

campo artistico, parte di quel recupero post-moderno dell’arte pittorica che vede il

successo del neoespressionismo e della transavanguardia italiana.

65

Critico d’ arte dell’ Unità fino al 1992. Negli anni sessanta diede vita al gruppo di critici ed artisti “il pro e il contro”

66 Treni dipinti, con compagnie teatrali, film e distribuzione di pamphlet che successivamente alla Rivoluzione d’

Ottobre del 1917, giravano per le campagne russe allo scopo di far conoscere il comunismo alla popolazione

67 Micacchi Dario, “Fred e Lee: su tela i graffiti americani della metropolitana”, L’Unità, 13/12/1979, pp. 14

68 Mininno Alessandro, Graffiti Writing, Mondadori, Milano 2008, pp.31

69 Austin Joe, Taking the Train, Columbia University Press, New York 2001, pp. 188

70 http://www.cviscusi.com/TourdeLee/popup_pages/resume.htm, as it was 31/1/2014, h. 13:20

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Copertina del catalogo della mostra “THE FABULOUS FIVE: calligraffiti di FREDerick Brathwaite e

LEE George Quinones”, Roma 1979

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Lee, “Handball Court Murals”, Corlears Junior High School, Lower East Side Manhattan (New York), 1978

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(sopra)“L’Unità”, 13/12/1979 (sotto) Fab 5 Freddy e Lee a casa di Claudio Bruni Sakraischik, 1979

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IMMAGINI DAL CATALOGO:

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ARTE DI FRONTIERA: New York Graffiti (Galleria Comunale

d’Arte Moderna, Bologna, Marzo-Aprile 1984)

Il 17 Marzo 198471

viene inaugurata presso la “Galleria Comunale d’ Arte

Moderna“72

di Bologna, la mostra “Arte di Frontiera”, che dura fino al mese

successivo. Nata per volere di Francesca Alinovi73

, l’esibizione presenta i lavori di

diciotto tra gli esponenti più in vista della scena graffiti art newyorkese74

.

Nei quasi cinque anni che intercorrono fra “The Fabolous Five”75

e la mostra di

Bologna si ha la testimonianza di altre occasioni in cui il writing approda più o meno

sporadicamente in Italia: nel 1982 la stessa Alinovi durante la “VI Settimana

Internazionale della Performance” a Bologna, organizza l’evento “Telepazzia”, dove

vengono proiettati anche i video di Kenny Scharf e Keith Haring76

. Nel 1983 Haring

compie il suo primo viaggio in Italia, esponendo alla Galleria “Lucio Amelio” di

Napoli e dipingendo le pareti per un negozio Fiorucci77

a Milano. Nello stesso anno

A-One espone alla Galleria “Salvatore Ala” di Milano mentre Achille Bonito Oliva

presenta, in occasione dell’evento “La Scuola di Atene” ad Acireale, Keith Haring,

Jean-Michel Basquiat e Rammellzee. Quest’ultimo viene inoltre invitato a tenere una

conferenza al Politecnico di Milano il 26 maggio di quell’anno. Successivamente la

rivista di architettura “Domus” pubblica l’intervista scaturita dalle domande degli

studenti in occasione dell’evento, oltre ad un articolo riguardante la scena

newyorkese contemporanea ed una retrospettiva sulla figura della Alinovi, scomparsa

pochi mesi prima78

. Emergono le prime testimonianze di pezzi realizzati in Italia,

oltre che da writer americani di passaggio, da parte dei primi italiani che si

avvicinano alla disciplina, come Tritalo, Graffio e Atomo. Questi embrionali eventi

segnano un crescente interesse da parte del pubblico nei confronti del writing e della

cultura hip-hop in generale (che inizia in quel periodo ad avere una certa esposizione

mediatica), con la nascita delle primissime crew di b-boys in vari capoluoghi:

71

Melchionda Achille, Francesca Alinovi: 47 coltellate, Pendragon, Bologna 2007, pp.84

72 http://www.mambo-bologna.org/identitaestoria/lastoria/

73 critica d’ arte e curatrice che aveva dimostrato un forte interesse nei confronti della scena del writing newyorkese.

Muore assassinata in circostanze poco chiare il 12/6/1983, prima della mostra Arte di Frontiera.

74 Lee, A-One, Rammellzee, Futura 2000, Toxic, Keith Haring, John Ahearn, Lady Pink, Kenny Scharf, Jean Michel

Basquiat, Ronnie Cutrone, James Brown, Donald Baechler, Richard Hambleton, Jenny Holzer, Justen Ladda, Koor,

Daze

75 Galleria La Medusa, Roma dicembre 1979

76 Daolio Roberto&Pasquali Marilena, Regesto, in Id., Arte di Frontiera: New York Graffiti, Mazzotta, Milano 1984,

pp.114

77 http://www.fiorucci.it/

78 Domus n. 642, 9/1983, pp. 99-105

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“(…) all’età di 12 anni iniziai a bazzicare regolarmente Corso Vittorio Emanuele (Milano, ndA.). Muniti di

radio, con Avellano e mio fratello ci tenevamo aggiornati su ciò che succedeva nei quartieri newyorkesi

tramite alcune conoscenze, iniziando a ballare per strada. Era l’’83 e fondammo ciò che tutt’oggi viene

chiamato “Il Muretto”. (…)”79

Il writing deve tuttavia aspettare la fine del decennio per consolidarsi in quanto

movimento: le pochissime fotografie rimaste a documentare i primi pezzi realizzati da

italiani ne sono la riconferma. In questo contesto, “Arte di Frontiera” si rivela senza

dubbio il progetto più importante e meglio realizzato in ambito writing. L’esibizione

si pone sulla stessa linea di altri significativi eventi organizzati a livello europeo in

quegli anni, in particolare con la mostra “Graffiti” del museo “Boijmans-Van

Beuningen” a Rotterdam e “Classical American Graffiti Artists and High Graffiti

Writers” di Monaco, avvenute tra il 1983 e il 1984. Le mostre espongono i lavori

degli stessi artisti di “Post-Graffiti” alla Galleria “Sidney Janis” di New York. Tra

queste “Arte di Frontiera” ha la peculiarità di presentare le opere di Basquiat, Scharf

ed Haring, artisti che, come è già stato indicato precedentemente, emergono con il

movimento dell’East Village, ma che si discostano dal writing vero e proprio. Il

catalogo presenta circa 120 opere tra tele, sculture, fotografie ed interventi realizzati

in loco dagli stessi autori. Oltre alla vasta quantità di opere esposte risulta

interessante la scelta di dare spazio (attraverso fotografie e testimonianze scritte) ad

allora influenti gallerie underground quali “Fashion Moda” e “Fun Gallery”. Le

disamine sul fenomeno graffiti art presenti nel catalogo si dimostrano più puntuali ed

informate rispetto a quanto era stato espresso in occasione di “The Fabulous Five”. I

commenti degli operatori e dei curatori coinvolti nella mostra rimarcano come ci si

trovi dinanzi ad un fenomeno di rottura:

“(…) mentre in America come in Europa si celebra il trionfo, in arte, della tradizione e del bel quadro, ecco

riemergere come un geiser impetuoso e bollente la irruente corrente dell’underground.(…) L’attuale arte

d’avanguardia, più che sotterranea, è arte di frontiera; sia perché sorge, letteralmente, lungo le zone situate ai

margini geografici di Manhattan (Lower East Side, come ho detto, e South Bronx), sia perché, anche

metaforicamente, si pone entro uno spazio intermedio tra cultura e natura, massa ed élite, bianco e nero

(alludo al colore della pelle), aggressività e ironia, immondizie e raffinatezze squisite. (…)”80

“(…) Siamo testimoni di una straordinaria diversità di espressione che sembra aver rivoltato la storia

dell’arte da cima a fondo e nel far ciò ha rinnovato il piacere di sperimentare l’arte del presente così come

del passato. (…) Stiamo assistendo al lavoro di una generazione di artisti che, in età giovanissima e con

stupefacente sicurezza, hanno assunto la responsabilità di continuare la grande tradizione del nuovo. Il loro

approccio ha veramente il carattere dell’ avventura. Il loro piacere spontaneo nel fare arte è stato reimmesso

in ciò che era divenuto noioso e convenzionale in misura deprecabile. (…)”81

79

Sean Martin, cit in The All City Writers, Kitchen93, Bagnolet 2009, pp. 150

80 Alinovi Francesca, “Arte di Frontiera”, in id. Arte di Frontiera: New York Graffiti, Mazzotta, Milano 1984, pp. 12-

13

81 Shafrazi Tony, cit. in Arte di Frontiera: New York Graffiti, Mazzotta, Milano 1984, pp. 46-47

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“Arte di Frontiera” presenta le installazioni scultoree di John Ahearn82

nell’area del

South Bronx. I suoi calchi in gesso, raffiguranti membri della comunità ispanici ed

afroamericani, sembrano avvicinarsi alla scultura iperrealista degli anni ’70 di John

DeAndrea e Duane Hanson. In questo caso viene però accentuata la componente

razziale. Queste sculture colgono azioni quotidiane (come dei ragazzini che saltano

la corda in “Double Dutch”) cristallizzate nei muri del Bronx in cui sono appese, a

testimonianza del nascente fermento artistico. La scelta di esibire queste opere

attraverso le fotografie di Martha Cooper si rivela interessante, in quanto evita di

interrompere il discorso di contestualità con il luogo di installazione.

Martha Cooper ed Henry Chalfant83

sono inoltre presenti nel catalogo attraverso gli

scatti del libro Subway Art, uscito quello stesso anno84

. Ad oggi la loro rimane la

pubblicazione più famosa ed influente nell’ambito del writing.

Jean-Michel Basquiat viene presentato alla mostra con quattro sue tele: “Red Savoy”,

“Early Moses”, “Galileo Galilei” e “Prometheus Bound”. “Red Savoy” presenta

una figura umana stilizzata al centro di uno sfondo rosso con un reticolato bianco.

“Early Moses” raffigura una composizione su fondo giallo, avorio e verde brillante:

al centro si osserva una gamba a cui vengono affiancati un volto di profilo sulla

sinistra, una suola di scarpa, un orologio e un piede sulla destra, dal basso verso

l’alto. Tutte le opere presentano quella commistione tra parola scritta e pittura

volutamente brutale ed istintiva, di impronta neo-espressionista, che caratterizzano

l’intera produzione del pittore di origine haitiana.

Nella mostra sono presenti anche i lavori di Keith Haring. Tutte di grandi dimensioni,

le sue quattro tele si avvalgono di pittogrammi senza soluzione di continuità, suo vero

e proprio marchio stilistico. Il catalogo inoltre presenta la fotografia di una sua

esibizione alla galleria di Tony Shafrazi a New York, nel 1982: immersa in una luce

violacea, la stanza raffigurata mostra, oltre a due suoi quadri, due colonne, un’anfora

e una riproduzione della Statua della Liberta, decorate con i colori e le fantasie

tipiche dell’artista.

Le nove opere di Kenny Scharf sono caratterizzate dall’uso di colori estremamente

sgargianti e da un immaginario contemporaneamente pop e surrealista, dove figure

informi danno vita a personaggi con occhi ed espressioni fumettistiche. Tele come

“Pallets” “I” e “II” presentano una stesura del colore piuttosto piatta ed istintiva. Al

contrario, in altre come “Stop and Look”, la stesura del colore si fa morbida, sfumata

e tridimensionale. In quest’ultima una cornice nera e quadrata al centro della tela

cattura l’attenzione, ponendosi su un piano diverso rispetto al resto della

composizione.

82

membro di Colab e fratello del regista Charlie Ahearn (Wildstyle, USA 1982)

83 Fotografi statunitensi, noti per il loro lavoro di documentazone sul writing e la cultura hip-hop

84 Cooper Martha & Chalfant Henry, Subway Art, L’ Ippocampo, Milano 2009 (I ed. Holt, Rinehart and Winston, New

York 1984)

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Le opere di Richard Hambleton, Donald Baecheler e James Brown85

sembrano rifarsi

ad una pittura neoespressionista che le pone in relazione con il lavoro di Jean-Michel

Basquiat.

Ronnie Cutrone presenta quattro lavori di chiara influenza pop. Campiture piatte, la

presenza di personaggi ripresi dai fumetti e bandiere (americane e non) abbinano

messaggio politico/sociale ad inevitabili rimandi all’opera di Lichtenstein,

Rauschenberg e Jasper Johns.

Le opere di Crash, Daze e Toxic sembrano essere più legate all’immaginario del

writing vero e proprio, dove la centralità della tag è resa su tela attraverso gli stilemi

ed i colori tipici della subway. Anche le otto tele realizzate da A-One si ricollegano al

suo lavoro nelle strade di New York, documentato nel catalogo assieme ad altre

fotografie.

Le tele di Futura 2000 presentano quel carattere astratto che aveva portato la critica

ad accostarlo a Kandinsky. A sfondi nebulosi resi a bomboletta (simili a certi suoi

pezzi realizzati nella subway) si sovrappongono segni geometrici ed informali. Il

teorico del “futurismo gotico”86

Rammellzee presenta dieci lavori. Realizzati a

bomboletta spray, essi si dimostrano eterogenei per i supporti utilizzati e presentano

tutti un forte dinamismo nella loro composizione, alternata da sfondi astratti e

informali, gocciolature e segni appuntiti.

I lavori di Jenny Holzer e Lady Pink87

si identificano come eminentemente politici. A

figure di donne rese a bomboletta si associano motti e slogan che richiamano un

lessico legato all’attivismo femminista.

Considerati i tempi più maturi e la portata dell’esibizione, “Arte di Frontiera” è

ricordata come la mostra che più influenza l’immaginario collettivo circa la questione

writing in Italia. Il pioniere bolognese Deemo88

racconta così la sua visita:

“ (…) Quello (Arte di Frontiera, ndr.) fu davvero un evento inaspettato (…) Credo sia annoverabile

storicamente tra i maggiori eventi del suo genere. Sai cosa? Alcuni artisti vennero proprio a Bologna e

dipinsero le loro tele direttamente alla Galleria, sul tetto. Daze fece perfino un paio di outline in centro e

disegnò i giubbotti dei Puffi, due b-boy della prima scuola di Bologna. (…) Mi rimasero impresse soprattutto

le tele di Crash e Daze. Avevano quell’ elemento di disegno con cui potevo relazionarmi. Al contrario, gli

stili di lettere e le tag erano come entrati e usciti dal mio angolo visivo. Non sapevo che farmene in quel

momento. Avevo capito però che potevo utilizzare la vernice spray per trasferire i miei disegni su dimensioni

85

Pittore statunitense, da non confondere con il celebre cantante soul/funk

86 O “panzerismo iconoclasta”, è una complessa teoria filosofica elaborato dall’artista che arriva a prendere coscienza

del valore della lettera in quanto entità rivoluzionaria, che possiede una propria estetica ed è veicolo di molteplici

significati, a partire dai primi wildstyle della subway newyorkese per ritornare all’opera dei monaci amanuensi

medievali

87 Una delle poche donne ad essersi affermata nel mondo del writing di New York

88 Accreditato come il primo writer italiano ad aver dipinto su treno

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enormi e bastò quella singola visione ad aprirmi nuove possibilità. Dopo Arte di Frontiera iniziai a praticare

un misto di stencil e disegno a mano libera, aggiungendo più colori alla mia palette. (…)”89

“Arte di Frontiera” rimane inoltre legata alla figura di Francesca Alinovi,

rappresentando ipoteticamente una sorta di testamento del suo lavoro di critica:

“(…) Il divertimento si mescola sempre allo spirito d’avventura, portata all’esasperazione di gesti vitali

inconcludenti, votati al nulla, compiuti solo per se stessi. Keith Haring ben presto comincia a disseminare

tutti gli spazi vuoti, lasciati liberi dall’ affissione pubblicitaria, della subway di pupazzetti tecnologici,

irradianti energia magnetica, disegnandoli col gesso bianco. E le stesse figurine si spargono come

un’epidemia sulle porte delle case degli amici (un simpatico saluto, un souvenir), dei supermercati, sui pali

delle staccionate dei lavori in corso, sulle pietre rotolanti nelle strade scalcinate del Lower East Side. (…) I

galleristi fanno la gara per accaparrarsi i nuovi talenti di spicco, ma i kids non si lasciano facilmente irretire

dalle leggi del mercato, e continuano a scherzare anche con i boss dell’arte. Tra i galleristi, però, c’è

qualcuno che si lascia sedurre dalla passione per il gioco. I pionieri della nuova situazione sono due

personaggi outsider e molto anticonformisti, Stefan Eins, un ex-artista austriaco, e Toni Shafrazi, un altro ex-

artista di origine iraniana. (…) se la new-wave infieriva sulle orecchie del pubblico con suoni violenti ed

assordanti, subentra a New York il ritmo festoso e popolare, da danza di strada e megaradio trasportate dai

neri sui treni della metropolitana, della musica rap e della disco-funky sudamericana.(…) Questa musica, del

resto, è anche il sound del graffitismo propriamente detto, fin dalle origini mescolato a gesti di aggressione, e

a piacevolezze esilaranti. I graffitisti fuorilegge del Bronx, insomma, si alleano subito con gli amici bianchi

dello sberleffo, e da qui nasce una nuova situazione compatta che va dai dilettanti delle gallerie ai

professionisti della vernice spray sparata sui treni della metropolitana, e ora anche su tela. (…)”90

Ad oggi la sua figura vuole essere omaggiata dal documentario “Off-Identikit”

(attualmente alla ricerca di una casa di produzione). Girato tra l’Italia e gli Stati Uniti,

con interviste ad esponenti della graffiti art conosciuti ed entrati in contatto con la

Alinovi come Kenny Scharf, Crash e Daze, il documentario vuole ricordare il

contributo scientifico ed artistico dato dalla critica d’arte di Parma. Il progetto

“Frontier”, realizzato a Bologna nell’estate 2012, si ricollega, fin dal titolo, alla

mostra realizzata 28 anni prima, dipingendo questa volta direttamente sui muri della

città. Alla partecipazione di nomi in vista nella scena italiana (Joys, Dado, ecc…)

vengono affiancati importanti writer stranieri, tra cui spicca il nome di Phase II,

autentico pioniere del movimento sin dalla sua nascita nelle subway newyorkesi nei

primi anni ‘70

89

Deemo, cit. in The All City Writers, Kitchen93, Bagnolet 2009, pp. 154

90 Alinovi Francesca, “New York Graffiti”, “Frigidaire” n. 25, 12/1982, pp. 88-89

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Copertina del catalogo della mostra “ARTE DI FRONTIERA: New York Graffiti”, Bologna 1984

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Mostra “Arte di Frontiera”, Bologna 1984. Futura 2000 (in alto a destra, in basso a sinistra), Toxic (in basso a

destra)

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IMMAGINI DAL CATALOGO:

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Conclusioni

Frontier: la linea dello stile ( Comune di Bologna-Galleria MAMbo,

Bologna, Giugno-Luglio 2012/Febbraio 2013 )

Nel giugno 2012 viene inaugurato il progetto “Frontier: la linea dello stile”, voluto

dal Comune di Bologna in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, curato da

Fabiola Naldi e Claudio Musso. In “Frontier” vengono presentati i lavori di tredici

writer, italiani ed internazionali. Strutturato come una piattaforma aperta e in

evoluzione, l’evento porta alla realizzazione di tredici diversi pezzi su altrettanti muri

e siti di Bologna, perlopiù case popolari edificate negli anni trenta gestite da ACER91

.

All’intento di riqualificazione urbana attraverso un mezzo molto spesso considerato

come vandalismo e fonte di degrado, “Frontier” unisce la volontà di creare un filo

conduttore con la mostra “Arte di Frontiera”, realizzata sempre a Bologna nel 1984,

discussa nel precedente capitolo:

“(…) Il progetto è il risultato della lunga storia di Bologna nell’ambito delle discipline della street art e del

writing, dal 1977 ad oggi. Questa infatti è stata la prima città italiana a comprendere l’impatto generazionale

culturale e la forza del writing su tutta la scena artistica. Il titolo del progetto, che in realtà è un’autentica

mostra di strada n quanto contesto naturale dove si sono sviluppate queste discipline, prende spunto da una

mostra che si è tenuta nel 1984 presso la Galleria civica d’arte moderna (l’attuale MAMbo) dedicata alla

curatrice Francesca Alinovi. (…)”92

Terminata ormai da tempo la stagione dei “graffiti in galleria” tipica degli anni ’80,

l’esibizione, pur ricollegandosi alla seminale mostra ideata da Francesca Alinovi93

,

assiste al proprio svolgimento nelle strade. Significativa risulta l’organizzazione di

percorsi di trekking urbano da parte di Urban Center Bologna che permettono di

visitare i cantieri in cui i writer sono all’opera. La questione circa la scarsa autenticità

e significanza dei graffiti realizzata su tela, che ha segnato la storia dell’aerosol art

sin dagli albori, è stata ormai da tempo superata. Proponendo un’esibizione più in

linea con la realtà del writing si è giunti alla nascita di eventi probabilmente più

interessanti e significativi anche per gli astanti.

I ventotto anni che separano le due mostre di Bologna hanno assistito ad uno sviluppo

esponenziale del fenomeno in tutto il mondo: dalla nascita di un’industria dedicata

specificatamente alle necessità dei writer, alla naturale evoluzione degli stilemi (che

si presentano sempre più sofisticati e possiedono particolari connotazioni da paese a

paese), dall’istituzione di jam e alla concessione di spazi legali dove dipingere, alla 91

Azienda Casa Emilia Romagna

92 Naldi Fabiola cit. in Memo Fabrizia, “Le frontiere della street art”, http://www.tafter.it/2012/07/10/le-frontiere-della-

street-art/, as it was 21/2/2014

93 Nonostante diverse opere vennero realizzate in loco e alcuni dei writer presenti realizzarono pezzi nei muri della città,

“Arte di Frontiera” rimane comunque una mostra di galleria

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sempre maggiore influenza che il movimento ha nel mainstream94

(moda, grafica

pubblicitaria, ecc.).

L’avvento di internet ha permesso inoltre una diffusione sempre maggiore di

informazioni a riguardo di importanti writer, stili, ecc...che prima potevano essere

reperibili solo grazie a pochi libri come Subway Art95

, fanzine dalla tiratura molto

limitata o a VHS96

altrettanto rare.

La dura campagna “anti-graffiti” che ha portato a cancellare gli ultimi treni dipinti nel

1989 e la successiva campagna “tolleranza zero”, condotta dal sindaco Rudolph

Giuliani negli anni ’90, hanno invece fatto sì che a New York il fenomeno graffiti

abbia subito un duro colpo. Venire sorpresi a segnare spazi pubblici comporta gravi

sanzioni penali, mentre un treno della subway, se dipinto, viene subito destinato alla

rimessa, dove rimane fino alla sua totale pulizia. La chiusura del 5 Pointz97

nel

novembre 2013 si rivela emblematica della situazione nella città che ha assistito alla

nascita di un movimento ormai da tempo globale e non più circoscritto alla metropoli

statunitense.

Dal 19 al 25 giugno 2012 “Frontier” apre il suo primo cantiere, con la realizzazione

di opere murali di grandi dimensioni da parte dei writer Does (Olandese) in via

Michele Colonna, Honet (Francese) in via del Lavoro 18 ed M-City (Polacco) in via

Scipione dal Ferro 21.

Dal 25 al 30 giugno è la volta degli italiani Hitnes in via Pier de’ Crescenzi 22 e

Etnik in via del Lavoro 3.

Italiani sono anche i writer che realizzano le loro opere murali nei cantieri aperti tra il

2 ed il 15 luglio: Dado in via San Donato 52, Eron in via Michele Colonna, Joys e

Rusty in via Marco Polo 21 e la coppia di artisti Cuoghi-Corsello in via Pier de’

Crescenzi 30.

Il tedesco Daim lavora nel cantiere aperto tra il 10 ed il 16 luglio in via Fioravanti 10,

l’ italiano Andreco tra il 30 luglio ed il 5 agosto in via dello Scalo 32.

L’esponente dell’old school newyorkese Phase II, autentico ospite d’onore

dell’evento, interviene invece a piazza Giovanni Spadolini 3, tenendo segreti fino alla

94

termine inglese usato come aggettivo in vari campi delle arti e della cultura per indicare una corrente che, in un

particolare ambito culturale, è considerata più tradizionale e "convenzionale", comune, dominante, ed è seguita dal più

grande pubblico (fonte Treccani)

95 Cooper Martha & Chalfant Henry, Subway Art, L’ Ippocampo, Milano 2009 (I ed. Holt, Rinehart and Winston, New

York 1984)

96 Acronimo di Video Home System, videocassetta

97 5 Pointz: The Institute of Higher Burnin' è un complesso industriale situato a Long Island City, nel quartiere Queens

di New York, dove i graffiti sono permessi (…) Questo luogo è conosciuto in tutto il mondo e ospita opere di artisti

provenienti da tutte le parti del pianeta (…)Nel 2013 è stata annunciata la sua chiusura. Nella notte compresa tra il 18 e

il 19 Novembre, 5 Pointz è stato imbiancato. Ciò rappresenta la fase precedente alla demolizione. I fratelli Jerry e David

Wolkoff hanno dichiarato che sorgerà al suo posto un complesso residenziale di circa 1300 appartamenti. (fonte

Wikipedia)

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fine località e giorno. Lo svolgersi degli eventi si rivela generalmente ben accetto da

parte della cittadinanza, pur con qualche nota di dissenso testimoniata dalla cronaca:

“(…) un po’ in ritardo rispetto alle previsioni sono arrivate anche le prime proteste: è di ieri la pubblicazione

della lettera recapitata a La Repubblica da parte di 17 condomini di un palazzo in via Pier de’ Crescenzi,

prima periferia bolognese. I toponi e i mandrilli giganti protagonisti del murales del romano Hitnes hanno

talmente offeso gli abitanti da spingerli a chiedere la riverniciatura della parete. Il fatto è che loro si

auguravano la comparsa di figure “spensierate”, tipo “gattoni, pesciolini, cagnolini”. E dopo i topi, “perché

non anche una fogna, una discarica e qualche zulu impaurito?”, si chiedono. La periferia spensierata,

insomma. Quella che si vede nelle fiction tv. (…)”98

“Profondamente contrario a questo tipo di arte è l’architetto Andrea Trebbi: “Nel constatare il grande

“murales” non ho potuto evitare di alimentare ulteriormente il sospetto che tutto sommato alla politica locale

la città imbrattata è probabilmente un’espressione gradita. Magari anche da stabilizzare (…) Sia chiaro: quel

“murales” non appartiene allo scempio dei codardi scarabocchi ma con la sua deliberata autorizzazione “il

Palazzo” pare diffondere il beneplacito agli oltraggi che offendono l’intera città (…)”99

Ciò che sembra differenziare il progetto “Frontier”, rispetto alle innumerevoli

manifestazioni dedicate a writing e street art da nord a sud della penisola, è il

dibattito culturale che riesce a creare attorno alla questione dell’arte di strada, molto

spesso non compresa (quando non addirittura osteggiata) e poco considerata negli

ambienti accademici:

“gli altri progetti mi sembrano ricorrere ad uno stesso modello – quello del festival – che limita l’impatto di

questi progetti nel dibattito intellettuale, artistico e sociale. Le cause di questa situazione sono molteplici,

non dipendono sempre dagli organizzatori e variano di città in città. Due, in particolare, mi sembrano pero'

ricorrere su tutto il territorio nazionale:

1) La tendenza dei comuni e delle istituzioni pubbliche a nascondere queste manifestazioni sotto l'etichetta

del decoro urbano, come se far dipingere una bella facciata bastasse a risolvere i problemi di un quartiere.

Si tarda a capire che il potenziale della street art è di tutt'altro livello e non solo perché è uno dei fattori che

contribuisce a far aumentare il valore degli immobili (non lo dico io, ma uno studio pubblicato nel gennaio

2012 del Sole 24 Ore).

2) Salvo rarissime eccezioni, il silenzio assordante con il quale la street art viene ancora accolta nelle

università e nei musei italiani.

"E' un'arte di serie B, che non contribuisce e non si posiziona nel dibattito artistico internazionale". Cui

prodest studiarla e farla studiare? Il risultato di quest'atteggiamento è che gli storici dell'arte, ovvero gli

studiosi che possiedono degli strumenti utili all'analisi di questo fenomeno artistico, non mettono a

disposizione della società delle analisi degne di nota che favoriscano il perfezionamento di manifestazioni

pubbliche dedicate alla street art.”100

Per quanto riguarda i lavori dei tredici writer che partecipano al progetto, è evidente

come presentino delle caratteristiche molto diverse l’uno dall’altro. Questo è frutto di

una deliberata scelta da parte dei curatori Musso e Naldi per dare rilevanza

all’evoluzione stilistica del fenomeno writing ad oggi.

98

Kostis Alessandro, “Le frontiere della street art”, http://www.sottobosco.info/2012/07/12/le-frontiere-della-street-

art/ as it was 21/2/2014

99 “Graffito su Liber Paradisus: il dibattito”, “Il Resto del Carlino”, 31/7/2012, n.p.

100 “Non chiamatemi festival”, http://legrandj.eu/article/litalia_nuova_mecca_della_street_art/ as it was 21/2/2014

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M-City presenta una composizione realizzata attraverso l’uso di stencil che prende

l’aspetto di un grande macchinario meccanico, reso attraverso un immaginario

industriale ed urbano con rotaie, manovelle e fabbriche dalle ciminiere fumanti.

Joys interviene con la sua tag dipinta attraverso il suo personale lettering dalle

campiture nette e lineari, resa tridimensionale da un rigoroso studio geometrico.

L’opera di Eron raffigura due gru, arrampicate ad una gru meccanica, ed è dipinta

con una tecnica di chiaroscuro monocromatico che ne accentua il carattere

tridimensionale, facendola sembrare un grande bassorilievo.

Il parigino Honet raffigura un elefante che porta sul dorso una castello (idea ripresa

da una scultura voluta da Napoleone Bonaparte101

) utilizzando uno stile che sembra

trarre spunto dai libri per l’infanzia, con linee semplici e nette.

Does ribadisce il suo essere influenzato dall’immaginario virtuale dei videogames

con un pezzo dinamico e dai colori hi-tec, in cui linee e forme appuntite convergono

attraverso un punto centrale ravvisato nella lettera “o”.

Il bolognese Dado dipinge una composizione dalle tonalità calde ed esuberanti; rosso,

arancio, giallo e viola, in cui la tag, resa con una complessa struttura a doppia elica, si

staglia sopra ad un paesaggio roccioso e vulcanico.

Cuoghi-Corsello, pionieri della street art in Italia, dipingono un grosso personaggio

nero stilizzato, simile ad un cane, sopra la silhouette di due bombolette spray

incrociate.

Hitnes lascia sulla parete degli enormi babbuini resi a spray a mano libera,

protagonisti assieme a topi e ricci di una composizione di carattere naturalistico.

Rusty crea un pezzo dal carattere lineare e 3-D sopra ad uno sfondo che richiama lo

schema del tessuto Burberry.

L’opera di Daim si presenta come una composizione in cui la tag dell’ autore è resa

attraverso un’esplosione 3-D estremamente sofisticata, inscritta all’ interno di grosse

stelle.

Andreco, nella vita ingegnere ambientale oltre che writer, interviene dipingendo

un’opera dalle marcate connotazioni ecologiste, dipinta con vernici fotocatalitiche102

di ultima generazione, che rappresenta un albero ispirato al simbolo degli alchimisti

del 1400, con ai lati un uovo e un minerale, simboli di materia organica ed

inorganica103

.

Etnik crea una composizione di carattere astratto e geometrico in cui forme colorate

perlopiù quadrate e rettangolari si incastrano tra loro.

Il lavoro di Phase II alterna figure umane, segni geroglifici ed orientaleggianti su uno

sfondo cosmico reso con polveri di vetro, oltre al riconoscibilissimo wildstyle

dell’artista americano, formato da una composizione molto fitta di forme e linee 101

L'elefante della Bastiglia era il progetto di una gigantesca fontana, con al centro una statua di bronzo che

rappresentava un elefante, voluta da Napoleone Bonaparte, nel 1808, per abbellire place de la Bastille (fonte Wikipedia)

102 Vernici che riescono a depurare l’atmosfera tramite l’effetto catalizzatore di molecole metalliche naturali

103 “A Bologna il murale che depura l’aria”, http://www.lastampa.it/2012/08/08/scienza/ambiente/approfondimenti/a-

bologna-il-murale-che-depura-l-aria-fUSbWA5IF6Ah8Sa4SAE8JN/pagina.html as it was 23/2/2014

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aguzze. Una delle figure, un volto frontale dipinto nell’angolo formato da due muri,

sembra gettare un ponte tra il writing di Phase II e la street art di Obey.

L’evento si conclude successivamente alla galleria MAMbo di Bologna, con la

mostra fotografica “Shooting Frontier” di Luca Capuano e Matteo Monti dal 19

gennaio al 23 febbraio 2013, e con il convegno “konFRONTIER” l’8 ed il 9 febbraio.

Il dibattito vuole essere parte integrante del progetto e vede la partecipazione di

studiosi d’arte, antropologia, giurisprudenza e semiotica, architetti e designer, oltre

agli interventi dei curatori e del writer Dado. Le riflessioni che ne scaturiscono

riguardano il rapporto del writing e della street art all’interno della dimensioni

artistica, sociale e giuridica, fornendo uno stimolo verso la conoscenza di un

movimento spesso poco approfondito al di fuori del suo stesso ambiente.

La presentazione del catalogo dell’opera, avvenuta il 13 febbraio 2014 presso la

galleria MAMbo, mira a presentare un pubblicazione attendibile sia per quanto

riguarda lo svolgimento della mostra, sia per quanto riguarda la storia del writing. A

livello editoriale in Italia, non bisogna tuttavia dimenticare, oltre al catalogo di “Arte

di Frontiera: New York Graffiti”104

, la pubblicazione della tesi di laurea dell’artista e

fotografo Andrea Nelli “Graffiti a New York”105

nel 1978, recentemente riproposta

da Whole Train Press.

Il filo conduttore che lega “Frontier” ad “Arte di Frontiera”, rende palese come il

writing abbia conosciuto uno sviluppo difficilmente quantificabile in queste pagine,

sia per quanto riguarda la disciplina stessa (basti pensare solo all’evoluzione del

concetto di 3-D nei pezzi, dai semplici outline nelle lettere ad una totale

destrutturazione e ristrutturazione spaziale della composizione), sia per quanto

riguarda le pratiche curatoriali ad esso legate che, auspicabilmente, dimostrano molta

più lungimiranza rispetto al passato. Concludendo, se, come affermava Norman

Mailer in The Faith of Graffiti106

, il mondo dell’arte ha dimostrato dal Dadaismo in

poi di aver avuto sempre più interesse verso il messaggio dell’opera (e verso una

conseguente reazione da parte del pubblico) e sempre meno verso il suo contenuto

materiale, il writing ha reso partecipe un pubblico molto allargato ad un contatto

quotidiano tra arte e vita di tutti i giorni, attraverso la parola scritta ed il bisogno

ancestrale dell’uomo di segnare i suoi spazi. Mi sembra giustificato concludere che

l’arte di strada ha rimesso in discussione, tra le altre cose, il concetto di pubblico e

privato, di legale ed illegale, di cultura “alta” e cultura “bassa”, riuscendoci tramite il

semplice fatto di esistere.

104

Arte di Frontiera: New York Graffiti, Mazzotta, Milano 1984

105 Nelli Andrea, Graffiti a New York, Whole Train Press, Roma 2012 ( I ed. Lerici, Cosenza 1978)

106 Mailer Norman, The Faith of Graffiti, Praeger Publishers, New York 1974

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Does

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Honet

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M-City

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Hitnes

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Etnik

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Dado

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Eron

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Joys

Rusty

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Cuoghi-Corsello

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Daim

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Andreco

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Phase II

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Glossario

3D: stile tridimensionale delle lettere, che aggiunge profondità al pezzo

AEROSOL: sospensione di particelle di vernice, contenuta in un barattolo sotto

pressione

AEROSOL ART: quello che, nell’ ambito dell’aerosol, si può concepire come arte

BACKJUMP: pezzo veloce, solitamente realizzato durante una breve sosta del treno

nella stazione

B-BOY: chi ha lo stile hip-hop/ballerino

BLOCKBUSTER/BLOCK STYLE: grandi lettere squadrate, spesso dipinte a due

colori, adatte a pezzi di grandi dimensioni, l’invenzione è accreditata ai writer

newyorkesi Blade e Comet

BOMBER/BOMBING: da “to bomb”, scrivere o dipingere illegalmente

BUBBLE STYLE: stile morbido, dalle lettere arrotondate, inventato da Phase II e

tipico del Bronx. Uno degli stili più datati, ancora molto usato per i throw up

BUFF/BUFFING SYSTEM: sistema usato dalle autorità per la pulizia delle

carrozze

BURNER: pezzi colorati e ben elaborati

CLIQUE/CREW: gruppo di writer, solitamente identificato da una sigla, persone

che si conoscono bene

CROSSING/CROSSARE: da “to cross”, dipingere, a sfregio, sopra un pezzo altrui

END TO END: pezzo o sequenza di pezzi che coprono interamente un vagone

ferroviario

FANZINE: periodico prodotto a basso costo e in tiratura limitata, destinato agli

appassionati di un settore

FAT CAP: tappino per bomboletta spray che permette un flusso molto largo di

vernice, scoperta accreditata a Super Kool 223

GRAFFITI: termine generale per identificare qualsiasi intervento relativo al writing,

originariamente derogatorio

GRAFFITI ART: termine usato durante gli anni ’80 per identificare il movimento

artistico originato dal writing

HALL OF FAME: muro dove si può dipingere più o meno legalmente

HIP-HOP: genere musicale-cultura giovanile nata a New York negli anni ’70,

comprende al suo interno il writing

JAM: ritrovo, in cui più writer danno vita a pezzi su spazi legali, spesso assieme ad

esibizioni di musica e ballo hip-hop

KING: re, capo, un writer che si è distinto per la quantità e la qualità dei suoi lavori

LAYUP: binario di rimessa in cui vengono parcheggiati I treni

LETTERING: stile delle lettere

LOOP: aggancio tra due lettere

MARKER: pennarello indelebile a punta più o meno larga

MARRIED COUPLE: due carrozze ferroviare che viaggiano sempre accoppiate

MASTERPIECE: capolavoro, pezzo particolarmente riuscito

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OUTLINE: il contorno delle lettere, la struttura di un pezzo

PEZZO: scritta di grandi dimensioni a più colori

PUPPET: personaggio, elemento figurativo

SOFTIE: ved. Bubble Style

STENCIL: cartoncino sagomato per disegnare figure e/o scritte con bombolette

spray

STICK: asta, come elemento costitutivo di una lettera

STREET ART: forma d’arte che si manifesta in luogo pubblico, diversa dal writing

per tecniche e soggetto

SUBWAY: metropolitana, sistema di transito urbano su ferrovia

TAG: firma realizzata molto velocemente, con un solo colore

THROW UP: scritta realizzata velocemente con uno o due colori

TOP TO BOTTOM: pezzo che copre tutta l’ altezza di una carrozza di un treno

TOY: writer alle prime armi, senza alcuno status ed esperienza

WHOLE CAR: carrozza ferroviaria completamente dipinta in altezza e in lunghezza

WHOLE TRAIN: treno composto da whole car

WILDSTYLE: complicata struttura di lettere incastrate e arricchite da frecce, barre

ed elementi ornamentali

WRITER: uno che dipinge, specie come occupazione principale

WRITING: l’uso di pennarelli o vernice spray

YARD: deposito ferroviario

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Musso Claudio & Naldi Fabiola, Frontier: The Line of Style, Damiani, Bologna 2013

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Dedicato a:

I miei genitori, Roberta e Paolo

Francesco “Seeso” Bertocchi

Anis Saraci

Matteo Segna

Enrico “Ryts” DeNapoli

Giada Pellicari

Grazie per il sostegno, l’aiuto ed i buoni consigli che mi avete dato !

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Carpenè Francesco

Arti Visive e dello Spettacolo

Sessione di Laurea del 26/27 Marzo 2014

“The Fabulous Five” e “Arte di Frontiera”: l’ ingresso del writing nelle gallerie d’arte

Supervisore: Prof. Castellani Francesca

Correlatore: Dott. Di Stefano Chiara

Abstract (Italiano)

Questo elaborato tratta la storia delle due mostre “The Fabulous Five: Calligraffiti

di FREDerick Brathwaite e George LEE Quinones” (una prima internazionale per

la graffiti art) e “Arte di Frontiera: New York Graffiti” (l’esibizione a tema graffiti

più importante e meglio organizzata in Italia), avvenute rispettivamente alla Galleria

“La Medusa” di Roma nel dicembre 1979 e alla “Galleria Comunale di Arte

Moderna” di Bologna nel marzo-aprile 1984.

Lo studio ha cercato, innanzitutto, di riportare alla luce due eventi che sono

testimonianza di un precoce interesse internazionale verso il writing, inserendoli

all’interno di una panoramica storica e dando risalto alla documentazione originale.

Nelle conclusioni del lavoro sono state discusse le eredità di questi eventi, prendendo

in esame il progetto “Frontier: la linea dello stile”, organizzato a Bologna

nell’estate 2012.

Gli interventi citati di artisti, critici, curatori e di altre figure coinvolte vogliono

essere inoltre stimolo alla riflessione su questioni ancora attuali come “Cos’è e cosa

rappresenta il writing?” e “In base a quali criteri possiamo giudicare qualcosa come

arte o meno?”.

L’elaborato è stato essere suddiviso in tre capitoli fondamentali.

Nel primo si è voluto fornire una panoramica generale, ripercorrendo le dinamiche

che portarono il mondo dell’arte ad entrare a contatto con la realtà urbana del writing.

Dalle prime mostre realizzate negli anni ‘70 al successo di artisti come Jean-Michel

Basquiat e Keith Haring, la tendenza vede il suo apice a New York, nella prima metà

degli anni ‘80.

Nel secondo capitolo le due mostre “Fabolous Five” e “Arte di Frontiera” sono state

prese in esame nello specifico, ripercorrendone la storia, analizzandone le opere e

facendo riferimento ai cataloghi originali.

Il terzo capitolo conclude lo studio, riportando il caso dell’evento “Frontier: la linea

dello stile” che ha avuto luogo a Bologna nell’estate 2012. Per “Frontier” il progetto

di riqualificazione urbana attraverso il lavoro di tredici writer italiani ed

internazionali si unisce all’esplicito intento di celebrare la mostra “Arte di Frontiera”,

svoltasi nella stessa città ventotto anni prima.

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Abstract (English)

This dissertation debates about the history of the two exhibitions “The Fabulous

Five: Calligraffiti di FREDerick Brathwaite e George LEE Quinones” (the first

graffiti-themed art show outside of the United States) and “Arte di Frontiera: New

York Graffiti” (the biggest and most influential exhibit of its genre in Italy), which

took place, respectively, at Rome’s “Galleria La Medusa” in December 1979, and at

Bologna’s “Galleria Comunale di Arte Moderna”, between march and april 1984.

The study tries, foremost, to rediscover two events that showed an early interest for

the writing phenomenon by an international audience, putting them in an historical

perspective and giving prominence to the original documentation. In the work’s

conclusions the heritage of these exhibits have been debated, covering the project

“Frontier: the line of style”, organized during the summer of 2012 in Bologna.

The quoted interventions of the artists, the critics, the art curators and other actors

involved, wants furthermore to encourage still relevant questions as “What is writing

and for what it stands for?” and “By which standards can we consider something as

art or less?”.

The dissertation have been divided in three main chapters.

The first one wants to give a general perspective on how the art world came in

contact with the writing’s urban reality. From the first shows in the ‘70s to the

success of artists as Jean-Michel Basquiat and Keith Haring, the trend reached its

peak during the first half of the ‘80s in New York City.

On the second chapter “The Fabolous Five” and “Arte di Frontiera” are debated

specifically, retracing their story, analyzing the art works they showed and making

reference to their original catalogues.

The third chapter close the study, bringing the event “Frontier: the line of style” that

took place in the summer of 2012 in Bologna. In “Frontier”, the project of urban

redevelopment trough the work of thirteen Italian and international writers, goes

along with the open intent of paying homage to the fundamental “Arte di Frontiera”

exhibit, occurred in the same city twenty-eight years before.