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Testimoni 1/2018 1
1Gennaio 2018TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A.SPED. IN A.P.
- D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB
BOLOGNA”VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA
non è una parentesi nella vita dellaChiesa, ma costituisce la
sua stessaesistenza, e rende tangibile il Vange-lo». Così twittava
il 28 novembre2016 papa Francesco.La misericordia è inconcepibile
sen-za le opere di misericordia. E cioè, leopere, le azioni e
iniziative rivolte arenderla visibile e tangibile possonoessere
ideate, organizzate e conti-nuate senza una conoscenza direttae
concreta e, aggiungiamo in fretta,approfondita dei nuovi e vecchi
vol-ti della povertà? Le opere di miseri-
Oggi, nel mondo cattolico chinon parla, non pensa o nonprega per
il dono della mi-sericordia? Anche perché sembrache questo valore e
dono evangelicosia diventato, come afferma AndreaTornielli nel suo
recente libro/inter-vista “Il nome di Dio è misericordia”la cifra
di questo pontificato. In unasua omelia, papa Francesco ebbe
adaffermare che il nostro mondo“troppe volte è duro con il
peccato-re e molle con il peccato”. Il Papa havoluto ricordare che
«la misericordia
Convegno a Piacenza sulle migrazioni
MIGRANTIDI IERI E DI OGGI
L’opinione pubblica italiana guarda sbigottita agli approdisulle
coste italiane dei numerosi barconi, colmi di uomini,
donne e bambini (anche cadaveri!) e tutti quegli occhisbarrati.
Ma dimentica che il dramma è stato affrontato
dai nostri bisnonni o trisnonni, a partire dall’unità
d’Italia.
TestimoniIn questo numero
CHIESA NEL MONDOPersecuzioninel continente asiatico5
VITA DEGLI ISTITUTIRelazioni tra Istitutidi vita consacrata
13
VITA CONSACRATAVita religiosa in Cina:indagine sulle suore
10
PASTORALELo stile cristiano:accoglienza
ospitale17PSICOLOGIASalute mentaleed esperienza di gioia20VITA
DELLA CHIESAVC e Chiesa locale:i vicari episcopali23
NOVITÀ LIBRARIEAppassionarsie compatire46
CHIESA NEL MONDORussia ieri e oggi:la rivoluzione in
sordina26PASTORALEUmanizzarel’educazione29PSICOLOGIADal guardarsi
“dentro”al guardare “oltre”32QUESTIONI SOCIALIIl rischio diuna
guerra nucleare35BREVI DAL MONDO37VOCE DELLO SPIRITO
Ho perduto il Signore39SPECIALE
Carisma e carismi:quale VC in quale Chiesa?
40
MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATAMENSILE DI
INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA
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ATTUALITÀ
2 Testimoni 1/2018
cordia hanno bisogno di scuola e dialunni che la frequentino
regolar-mente. È vero ieri come oggi, perchéle lezioni della storia
sono semprericche di spunti e anche di somiglian-ze con le sfide
attuali.
—Fenomeni nuovie antichi di povertàTra i nuovi e antichi
fenomeni di po-vertà vanno annoverate le emigra-zioni forzate che
oggi dilagano comeun fiume in piena sul nostro pianeta.Il
Mediterraneo non ne è certo l’uni-co teatro: occorre subito
aggiungerei corridoi che per via mare, percor-rendo distanze molto
più grandi, in-
terpellano l’Australia e alcune na-zioni del sud est asiatico o
i grandiflussi di latino-americani che da di-verse nazioni
dell’America Latina sispostano, ammassati su treni,
versol’Eldorado, el Norte, sperando di po-ter essere accolti o
meglio non inter-cettati dalle guardie di frontiera de-gli Stati
Uniti. Sono abbastanza note le piste segui-te dagli africani, i
nostri antichissimiprogenitori (Gian Antonio Stella),per
avvicinarsi alle coste sud del Me-diterraneo. Queste piste (vedi
“Cor-riere della Sera”, 28/8/2017) fannovenire in mente una
ragnatela chespunta nei vari paesi al sud del Saha-ra, attraversa
il deserto stesso e ap-proda sulle coste sud del Mediterra-neo.
Nonostante percorsi diversi, tut-ti gli emigranti sono uniti dallo
stes-so desiderio: tentare la fortuna e sal-pare diretti per
qualsiasi costa dellaSpagna, Grecia e soprattutto dell’I-talia.
L’opinione pubblica italiana guardasbigottita agli approdi sulle
coste ita-liane dei numerosi barconi, colmi diuomini, donne e
bambini (anche ca-daveri!) e tutti quegli occhi sbarrati.Così
diversi anche per il colore dellapelle, son ritenuti un peso di
troppoper una nazione già appesantita daproblemi quali: scarsa
produttività,disoccupazione giovanile, servizi so-ciali carenti,
attività mafiose, disoc-cupazione giovanile ecc...Chi non siaccorge
che coloro che arrivano sul-le coste siciliane o calabresi han
pro-prio bisogno di tutto! Non dobbiamoforse risolvere, prima di
tutto, i pro-blemi di casa nostra?! Questi ed altri “problemi di
casa no-stra” come sono stati affrontati dainostri bisnonni o
trisnonni, a partiredall’ unità d’Italia? Alcuni ap-profondimenti
necessari sono avve-nuti durante un convegno “Pionieridella
sollecitudine pastorale nelle mi-grazioni” (18 novembre,
Piacenza),organizzato dallo scalabriniano p.Gabriele Bentoglio. Al
convegnosono intervenuti come relatori: GianAntonio Stella,
editorialista delCorriere della Sera, gli studiosi sca-labriniani
Gelmino Costa e AndrewBrizzolara, la postulatrice delle Suo-re
scalabriniane Leocadia Mezzomoe la Superiora Generale delle
Cabri-niane, Barbara Louise Staley. I vari
relatori hanno offerto uno sguardoapprofondito sui viaggi di
Scalabri-ni e Cabrini e le loro strategie mis-sionarie, collocabili
accanto alla pa-storale migratoria di oggi. Hannoofferto
interessanti spunti anche trevescovi: mons. Gian Carlo
Perego,arcivescovo di Ferrara-Comacchio,mons. Gianni Ambrosio,
vescovo diPiacenza-Bobbio e mons. MaurizioMalvestiti, vescovo di
Lodi. La dire-zione generale degli Scalabrinianiera rappresentata
dal consigliere ge-nerale, p. Diaz Lamus Luis Antonio.
—Due esperienzestoricheDurante il convegno di Piacenza
dueesperienze storiche di emigrazioniforzate si sono incontrate e
rispec-chiate a vicenda: la prima, dei nostrigiorni, in entrata nel
nostro paese ela seconda, in uscita, quella dellagrande
emigrazione, dall’unità d’Ita-lia (1861) fino allo scoppio della
se-conda guerra mondiale. In manieraschematica, descriviamo ora le
carat-teristiche (non sono poche le somi-glianze) di chi oggi bussa
alla portadi casa nostra e di chi (emigranti ita-liani) han bussato
alla porta altrui.
Barconi e bastimenti a vapore. Ibarconi li vediamo in
televisione osulla stampa laica e cattolica:
pigiatiall’inverosimile, strapieni di uomini,donne e bambini. Non
mancano i ca-daveri! E su quei barconi così pigia-ti di volti e
corpi scuri, con quegli oc-chi sbarrati si teme che si nasconda-no
malattie tropicali o incurabili.Sulla scorta di foto del tempo, non
èdifficile immaginare le stive dei ba-stimenti del tempo,
sovraffollate dicorpi letteralmente accatastati unoaccanto
all’altro, al chiuso, senza laminima privacy, con malattie comeil
tifo, la malaria, la dissenteria e al-tre malattie che la facevano
da pa-drone. I numerosi morti (fonti atten-dibili han suggerito il
25% degli im-barcati) venivano semplicementegettati in mare,
durante viaggi cheduravano, non due o tre giorni, mavarie
settimane. Per evitare il conta-gio per le proprie popolazioni,
di-versi bastimenti sono stati rispeditiin Italia dalle autorità
portuali ame-ricane.
Gennaio 2018 – anno XLI (72)DIRETTORE RESPONSABILE:p. Lorenzo
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Questo numero è stato consegnato alle poste il 9-1-2018
moniTestiMensile di informazione spiritualità e vita
consacrata
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ATTUALITÀ
3Testimoni 1/2018
I numeri di passeggeri. Oggi parlia-mo di un massimo annuo,
almeno fi-nora di 170.000 richiedenti asilo po-litico. La nostra
grande emigrazioneha registrato un crescendo spettaco-lare (400.000
nel 1900) fino a rag-giungere quasi un milione nel 1913.Gian
Antonio Stella, nel suo libro, ladefinisce appunto come il titolo
an-nuncia: un’“orda”.
Scafisti, “mercanti di carne umana”(Scalabrini), migration
agents, recrui-ters nel lontano Oriente (“Victims oftrafficking”
Exodus V, Singapore,Graziano Battistella, cs) o in Ameri-ca del Sud
e in Africa (“Benin City.L’orrore che ignoriamo”, in ‘Corrie-re
della Sera, novembre 2017). Primadi mettere piede su un aereo, su
unbastimento o su un barcone, l’emi-grante perché privo di
protezione, èvessato da speculatori esistenti unpo’ ovunque. È
soprattutto nei movi-menti clandestini che si
incontranosopraffazioni di ogni genere. Nell’I-talia del 1982 si
contavano 5.172agenti, aumentati a 7.169 nel 1985 epiù di 10.000
nel 1900 (Luigi de Ro-sa, Consiglio Nazionale delle Ricer-che).
Queste cifre possono essere in-terpretate come la punta di un
ice-berg!
Minori emigranti: soli, abbandonatie non protetti. Uno sviluppo
tragico:quante altre sorprese inaspettate edolorose ci riservano i
flussi contem-poranei?! La schiavitù è stata aboli-
ta con l’approvazione, sia a livellonazionale che
sovranazionale, di leg-gi che hanno vietato il commercio dischiavi.
L’articolo 4 della Dichiara-zione universale dei diritti umani
del1948 vieta la schiavitù in tutte le sueforme. Ma la situazione
dei minoren-ni in emigrazione suscita enormiperplessità. E non sono
pochi: 14.579giunti finora quest’anno e 18.491schedati dal sistema
di accoglienzain Italia. Cosa pensare poi dei tantiminorenni, gli
orfani di ieri: i nume-rosi sciuscià (= shoe shiners), che sidavano
da fare agli angoli dellegrandi metropoli americane per da-re una
lustratina alle scarpe altrui; oai numerosi spazzaca-mini, piccoli
di statura,sporchi come non maiche ripulivano i caminidi tante case
d’oltral-pe?
Gli emigranti di ieri edi oggi: quali e quantipesi o vantaggi,
qualepotrebbe essere un’a-nalisi dei costs and be-nefits’ ratio.Nel
nostro mondo, co-sì profondamente di-seguale a livello eco-nomico
(i pochi sem-pre più ricchi e i trop-pi e tantissimi poveri),vale
la pena mettere inrisalto i vantaggi eco-nomici derivanti dalle
“camicie sudate” di tanti emigranti.È inutile citare i numerosi
studi pub-blicati sul valore aggiunto dei flussimigratori italiani
finiti nel Nord eSud America e in Australia. Perquanto riguarda i
nuovi arrivati inItalia ricordiamo quanto la Fonda-zione Moresca ha
recentemente(“Avvenire”, 19/10/17) evidenziato: i2,4 milioni di
stranieri occupati insettori non certo ricercati dagli ita-liani
(servizi ed edilizia) rappresen-tano il 9% della ricchezza
nazionale,versano 11.5 miliardi di contributi.Non solo: le 570.000
imprese da lorogestite rappresentano un valore ag-giunto di 102
miliardi.Ci sono state diverse persone, comeil beato Giovanni
Battista Scalabrini(1838-1905) e Santa Francesca Ca-brini
(1850-1917) che si sono rim-boccate le maniche per assistere i“loro
e nostri” connazionali in pro-cinto di partire dai loro paesi o
unavolta giunti a destinazione. Cabrini eScalabrini hanno
conosciuto da vici-no, condiviso ed intrapreso numero-se iniziative
rivolte a rimediare si-tuazioni di estremo abbandono e mi-seria
deplorevole in cui versavano ipoveri e sbandati emigranti di
allora.Anche se con volti e identità multi-ple e diverse, oggi, gli
stessi emigran-ti poveri di tutto, come i nostri di ie-ri,
continueranno ad essere presentisul nostro territorio.
Tony Paganoni, Scalabriniano
PRIMO MAZZOLARI
La parola che non passa
EDB
EDIZIONE CRITICAA CURA DIPIER LUIGI FERRARI
pp. 312 - € 24,00
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4 Testimoni 1/2018
ATTUALITÀ
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra!La
pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella not-te di Natale,
è un’aspirazione profonda di tutte le perso-ne e di tutti i popoli,
soprattutto di quanti più duramentene patiscono la mancanza. Tra
questi, che porto nei mieipensieri e nella mia preghiera, voglio
ancora una volta ri-cordare gli oltre 250 milioni di migranti nel
mondo, deiquali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi,
co-me affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI,«sono uomini
e donne, bambini, giovani e anziani che cer-cano un luogo dove
vivere in pace». Per trovarlo, molti diloro sono disposti a
rischiare la vita in un viaggio che ingran parte dei casi è lungo e
pericoloso, a subire fatiche esofferenze, ad affrontare reticolati
e muri innalzati per te-nerli lontani dalla meta. Con spirito di
misericordia, abbracciamo tutti coloro chefuggono dalla guerra e
dalla fame o che sono costretti alasciare le loro terre a causa di
discriminazioni, persecu-zioni, povertà e degrado ambientale...
Perché così tanti rifugiati e migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annun-cio di
pace degli angeli a Betlemme, san Giovanni PaoloII annoverò il
crescente numero di profughi tra le conse-guenze di «una
interminabile e orrenda sequela di guerre,di conflitti, di
genocidi, di “pulizie etniche”», che avevanosegnato il XX secolo.
Quello nuovo non ha finora registra-to una vera svolta: i conflitti
armati e le altre forme di vio-lenza organizzata continuano a
provocare spostamenti dipopolazione all’interno dei confini
nazionali e oltre.Ma le persone migrano anche per altre ragioni,
prima fratutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte
voltealla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di
unfuturo impossibile da costruire». Si parte per ricongiun-gersi
alla propria famiglia, per trovare opportunità di la-voro o di
istruzione: chi non può godere di questi diritti,non vive in pace.
Inoltre, come ho sottolineato nell’Enci-clica Laudato si’, «è
tragico l’aumento dei migranti chefuggono la miseria aggravata dal
degrado ambientale».La maggioranza migra seguendo un percorso
regolare,mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a
causadella disperazione, quando la patria non offre loro sicu-rezza
né opportunità, e ogni via legale pare impraticabi-le, bloccata o
troppo lenta...Tutti gli elementi di cui dispone la comunità
internaziona-le indicano che le migrazioni globali continueranno a
se-gnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia.Io,
invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico difiducia,
come opportunità per costruire un futuro di pace.
Con sguardo contemplativo
La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di
ac-corgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia,
mi-granti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hannolo
stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui
de-stinazione è universale, come insegna la dottrina socialedella
Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e lacondivisione».
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui vi-viamo
questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo
di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nel-le sue
strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solida-rietà, la
fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giusti-zia», in
altre parole realizzando la promessa della pace.
Quattro pietre miliari per l’azione
Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime
ditratta una possibilità di trovare quella pace che stannocercando,
richiede una strategia che combini quattro azio-ni: accogliere,
proteggere, promuovere e integrare. “Accogliere” richiama
l’esigenza di ampliare le possibi-lità di ingresso legale, di non
respingere profughi e mi-granti verso luoghi dove li aspettano
persecuzioni e vio-lenze, e di bilanciare la preoccupazione per la
sicurezzanazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali.
LaScrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità;
alcuni,praticandola, hanno accolto degli angeli senza
saperlo».“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e
tutelarel’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un
pericoloreale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro
sfrut-tamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini chesi
trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi eagli abusi
che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non di-scrimina: «Il
Signore protegge lo straniero, egli sostienel’orfano e la
vedova».“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo
umanointegrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti
chepossono aiutare in questo compito, desidero
sottolinearel’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani
l’acces-so a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non
so-lo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capa-cità,
ma saranno anche maggiormente in grado di andareincontro agli
altri, coltivando uno spirito di dialogo anzi-ché di chiusura o di
scontro. La Bibbia insegna che Dio«ama lo straniero e gli dà pane e
vestito»; perciò esorta:«Amate dunque lo straniero, poiché anche
voi foste stra-nieri nel paese d’Egitto».“Integrare”, infine,
significa permettere a rifugiati e mi-granti di partecipare
pienamente alla vita della società cheli accoglie, in una dinamica
di arricchimento reciproco e difeconda collaborazione nella
promozione dello sviluppoumano integrale delle comunità locali.
Come scrive SanPaolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né
ospiti,ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».
Una proposta per due Patti internazionali
Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il pro-cesso
che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’ap-provazione da
parte delle Nazioni Unite di due patti glo-bali, uno per migrazioni
sicure, ordinate e regolari, l’al-tro riguardo ai rifugiati. In
quanto accordi condivisi a li-vello globale, questi patti
rappresenteranno un quadro diriferimento per proposte politiche e
misure pratiche. Perquesto è importante che siano ispirati da
compassione,lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni
occa-sione per far avanzare la costruzione della pace: solo co-sì
il necessario realismo della politica internazionale nondiventerà
una resa al cinismo e alla globalizzazione del-l’indifferenza.
Dal messaggio di papa Francesco per il 1° gennaio 2018
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Èancor viva negli occhi ester-refatti di tutti
l’immaginedell’esodo massiccio degli ol-tre 580.000 Rohingya in
fuga dallaviolenza inflitta loro gratuitamentedai militari in
Myanmar. Almeno6.700, inclusi 730 bambini sotto i 5anni, sono stati
uccisi tra agosto e set-tembre scorsi nel paese: lo denunciaMedici
senza Frontiere in uno studiopubblicato online. Il Papa, nel suo
re-cente viaggio laggiù ha pianto davan-ti a questa immane
tragedia. E la vi-cenda non è ancora conclusa. Moltealtre persone
ne saranno vittime emolti ancora saranno costretti a fug-gire per
salvarsi da una delle più gra-vi crisi umanitarie in Asia dalla
finedella guerra del Vietnam nel 1975.Le attuali sfide – come
offrire allog-gio e nutrimento a oltre mezzo mi-lione di persone
che cercano asilo –non faranno altro che crescere men-tre nella
regione ci si domanda checosa fare con e per questi poveri di-
sperati. Rimarranno dove sono? Sa-ranno rimpatriati? Chi sarà
ritenutoresponsabile di questi crimini ese-crabili contro questa
minoranza di-sprezzata in un paese già instabile eimpoverito da cui
è fuggita – ilMyanmar’? Gran parte dei Rohingya erano ve-nuti a
lavorare in Birmania su invitodegli inglesi agli inizi del secolo
19°,anche se essi rivendicano un’ereditànel paese che risale a un
millenniofa. Sono musulmani e sono vissutiprincipalmente nello
stato di Rhaki-ne (uno Stato della Birmania, ad ove-st del paese).
Ma qui ci sono altri mu-sulmani non Rohingya, assieme abuddisti e
indù.Il governo militare del Myanmar haripetutamente attaccato per
decennii Rohingya, non ha mai garantito lo-ro la cittadinanza e ha
cercato di cac-ciarli dal paese. I Rohingya costitui-scono solo una
delle 135 minoranzeetniche riconosciute in un paese
CHIESA NEL MONDO
Uno sguardo panoramico attraverso l’Asia
RELIGIONI ED ETNIESOTTO PRESSIONE
Padre Michael Kelly, da Bangkok dove è direttoreesecutivo
dell’agenzia cattolica Ucanews, traccia un
panorama sulla pressione e persecuzione esercitata nelcontinente
asiatico, a carico delle religioni e gruppi etnici
di minoranza.
multilinghe, multiculturale e multi-religioso.Il trattamento dei
Rohingya è inne-scato dall’aggressivo nazionalismobuddista
alimentato da monaciestremisti e da altri che sono paladi-ni di una
definizione distintiva edesclusiva di ciò che significa
esserecittadino del Myanmar. Il card.Charles Bo di Yangoon è giunto
a di-re che i Rohingya costituiscono il ca-pro espiatorio delle
lamentele e deiconflitti che affliggono l’insieme del-la
popolazione .Ma i Rohingya sono solo uno deigruppi trattati in
questo modo inMyanmar.
—La persecuzionenella vicina CinaUn altro paese dove le
minoranze ei cristiani in particolare sono a ri-schio è la Cina.
L’appartenenza etni-ca e la religione si coniugano nell’o-riginare
alcuni tra i suoi punti piùnevralgici di ricorrente malessere.
IlTibet è la patria del Dalai Lama dacui è fuggito nel 1959 per
rifugiarsiin India e i tibetani rappresentanoun loro gruppo etnico
distinto. Il go-verno della Repubblica democraticadella Cina (PRC)
non ha mai accet-tato che nessun altro potesse gover-nare il Tibet
al di fuori di essa, ser-vendosi del modo tradizionale concui la
sua politica estera ha sempreoperato, mediante cioè la creazionedi
cuscinetti ai suoi confini, in questocaso con l’India.Sotto il
controllo esercitato dallaRepubblica popolare cinese è stataattuata
una progressiva “hanificazio-ne” del Tibet: attraverso
l’immigra-zione del gruppo maggioritario cine-se degli Han. I
tibetani si trovano difronte alla negazione della libertàbasilare
di parola, di riunione e dimovimento, e il più grande monaste-ro
tibetano in Cina, Larung Gar, ècontinuamente distrutto.Sviluppi
analoghi si possono costata-re anche nella regione autonomadello
Xinjiang, patria dei musulmaniuiguri, giunti in Cina attraverso
laleggendaria via della seta dalla Tur-chia attuale.«È difficile
vedere come le cose pos-sano andare peggio in termini di li-bertà
di religione in Tibet e nel
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Xinjiang, ma è cosa che potrebbe av-venire», ha affermato
William Nee,responsabile dell’ agenzia di ricercaAmnesty
International per la Cina,con sede a Hong Kong. «In certo senso
queste regioni servo-no come “piastre di Petri” per speri-mentare
modalità nuove di estremocontrollo... e se il governo vede
chequeste politiche funzionano bene lepotrà usare anche per altre
popola-zioni».
CHIESA NEL MONDO
Molte di queste restrizioni sono unacreatura del cervello del
segretariodel Partito, Chen Quanguo, il qualeera stato trasferito
dal suo posto inTibet, perché il governo l’aveva rico-nosciuto
quanto mai abile nel soffo-care i disordini in Xinjiang, lo
scorsoanno.In Xinjiang ci sono stati dei control-li porta a porta
per vedere se la gen-te aveva del materiale religioso opregava. Le
autorità hanno spesso
fermato, a quel che si dice, delle per-sone a caso per
verificare cosa c’eranei loro telefoni, mentre, stando aquanto si
dice, sono proliferate nellaregione le strutture di detenzionedei
ministri del culto per la cosiddet-ta rieducazione. Al recente 19°
Congresso di ottobre,appena concluso, il presidente cine-se Xi
Jinping ha operato un rimpastodel suo governo, scegliendo le
perso-ne centrali del suo Politburo.
NIGERIA. Boko Haram: e
Il 29 novembre la Conferenza episcopale tedesca, nel-l’ambito
della solidarietà con i cristiani perseguitati,ha reso noto uno
studio sulla Nigeria (Arbeitshilfen, n.295). 180 milioni di
abitanti, 400 gruppi etnici, uno deipiù grandi produttori di
petrolio dell’Africa: la Nigeriaè da un decennio nei primi posti
relativamente alla per-secuzione contro i cristiani. Sia Open Door
come Aiu-to alla Chiesa che soffre, l’Istitute for Religious
Freedomcome il Center for Study of Global Christianity conver-gono
nel denunciare il Nord del paese come uno deiterritori più
pericolosi per il cristianesimo. Dal 2006 al2014 sono stati uccisi
11.500 cristiani, mentre 1,3 milio-ni sono costretti ad andarsene
dai loro villaggi e 13.000chiese sono state distrutte. Cifre da
collocare in unaemergenza più ampia, provocata dal
fondamentalismoislamista di Boko Haram (la costola di Daesh nel
pae-se): 3,2 milioni di nigeriani sono stati obbligati a migra-re,
1,6 milioni all’interno del paese e altrettanti verso ipaesi
confinanti (Ciad, Camerun, Niger). Gli attacchiterroristici degli
ultimi anni hanno provocato 20.000morti, in gran parte
musulmani.
Fondamentalismo islamico
La persecuzione anticristiana e la violenza civile sonoprodotti
di una lunga storia di violenze e prevaricazio-ni, come anche di
condizioni strutturali che veicolano lericchezze del paese in mano
a pochi e condannano allapovertà la grande maggioranza della
popolazione.«Ogni anno un fiume di miliardi di petrol-dollari va
nel-le tasche dei politici nigeriani. Corruzione e impunitàsono,
accanto al terrorismo, i grandi problemi del pae-se». Il paese,
frutto della partizione coloniale, vede i tremaggiori gruppi etnici
dislocati in diversi territori: glihausa-fulani al Nord, gli yoruba
a Sud-Ovest e gli igboad Est. L’egemonia politica del Nord
musulmano all’in-domani dell’indipendenza (1960) ha provocato
unaguerra civile con gli igbo che volevano una repubblicaautonoma.
La ribellione (1967) fu soffocata nel sangue:due milioni di morti.
La parte centrale del paese ha co-munque conosciuto scontri più o
meno violenti. Lo sta-to è laico, ma 12 stati del Nord sono retti
dalla sharia,la legge islamica.Cristiani e musulmani si dividono in
parti equivalenti il
90% della popolazione. I cattolici sono 27 milioni, glianglicani
18. Vi sono diverse altre confessioni e sette. Inforte crescita le
comunità evangelicali. I 19 stati delNord appartenevano fino
all’inizio del 1800 alla cittàstato degli hausa. La conquista
musulmana, caratteriz-zata da violenze e conversioni obbligate, ha
distrutto laciviltà precedente governando per un secolo quei
terri-tori (1804-1903), col califfato di Sokoto. Le armi del
co-lonialismo inglese hanno occupato il territorio del Nordcome
quello del Sud, lasciando vittime e risentimenti.Gli inglesi hanno
demandato l’amministrazione delNord in mano ai musulmani,
limitandosi a raccoglierele tasse e a garantire il controllo
militare del territorio.Se l’islam dell’800 era percepito come
violento, non me-no il cristianesimo del ‘900 è stato assimilato al
colonia-lismo. In particolare, la ramificata presenza delle scuo-le
cristiane, è stata percepita dai musulmani come unaforma educativa
anti-islamica. Dal punto di vista deicristiani l’egemonia politica
del Nord musulmano è vi-sta come causa delle difficoltà che
conoscono al Nord:permessi molto rari per la costruzione di chiese,
cittadi-nanza di secondo livello, nessun rappresentante
nelleassemblee legislative locali, esclusione dall’amministra-zione
e dal personale militare. La tradizionale economia nomadica del
Nord della po-polazione fulani, a causa della crescita demografica
edei progressivi mutamenti climatici che hanno deserti-ficato ampie
aree del territorio, hanno progressivamen-te spinto i greggi e i
bovini a entrare nei territori colti-vati dai contadini che si
vedevano ridurre sul lastricodalla prepotenza dei pastori. Va
ricordato che la pro-prietà delle mandrie non è dei pastori, ma dei
maggio-renti e di poche famiglie del Nord. La richiesta dei
con-tadini di favorire l’allevamento intensivo al Nord cozzacontro
la convinzione dei fulani della loro libertà di pa-scolo. Il riarmo
dei contadini ha alimentato a sua voltale violenze.
Contro le scuole
In questo contesto di tensioni ha preso avvio il movi-mento
fondamentalista e violento di Boko Haram cheporta nel nome un
elemento del suo consenso: BokoHaram significa «proibizione della
formazione occiden-
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In seguito al congresso, gli osserva-tori dei diritti umani
temono che, da-to l’attuale corso del governo cinese,la situazione
delle minoranze reli-giose del paese diventi ancor piùburrascosa.
«A questo punto, l’im-pulso del governo cinese a restringe-re il
controllo in tutti i campi – com-presa la religione – lascia
intravede-re una cupa prospettiva per la libertàreligiosa in Cina
per gli anni a veni-re», ha dichiarato all’agenzia Uca-
news.com Maya Wand ricercatoresenior del settore per l’Asia di
Hu-man Rights Watch.«Mi aspetto che il governo conti-nuerà a
imprimere una maggiore “si-nizzazione” sulle religioni. Ciò
signi-fica che il governo continuerà la suacampagna per restringere
gli influssistranieri, i legami e i finanziamentidelle religioni in
Cina», ha dichiara-to Wang, rilevando che questa è giàla tendenza
sia in Xinjiang e sia nel
Tibet.Questa religione sinizzata compren-de la pratica della
vita cristiana sot-to la supervisione dell’Associazionedella chiesa
patriottica cinese(CPA’s), un organismo creato
dal-l’amministrazione statale per gli Af-fari religiosi (SARA). Il
rifiuto daparte di questo organismo di ricono-scere il Vaticano
induce molti catto-lici a vivere illegalmente il loro cultoin
maniera sotterranea.
: etnie e persecuzioni
tale». Fin dal 2004, capeggiato da Ustaz MohammedYosuf, si
oppone alle scuole cristiane e si avvicina all’i-spirazione dei
Talebani, dando origine ad aree di forma-zione paramilitare ai
confini nordici del paese. I primiattacchi sono contro i presìdi di
polizia e le caserme.Come ha fatto notare Brandon Kendhammer
all’inizioil movimento ottenne consensi per la sua attività con-tro
la corruzione e l’ingiustizia. La proposta della sha-ria non era
direttamente contro la democrazia. Il saltodi qualità terroristica
avviene nel 2009, con attacchibrutali sia verso i cristiani che i
musulmani di indirizzonon salafista. Viene alimentato ad arte lo
scontro etni-co: le razzie dei fulani diventano sempre più pesanti
neiconfronti dei contadini. «In genere gli attacchi notturnisi
svolgono così: gli assalitori arrivano a notte fonda,verso le due o
le tre del mattino, su convogli di pick-upche si spostano a grande
velocità. Gli uomini armati co-minciano a sparare con i fucili,
danno fuoco alle case,cercano di uccidere tutti quelli che possono,
donne ebambini compresi. In genere tutto finisce nel giro diun’ora
o due al massimo, fino all’arrivo dei rinforzi.Qualche anno fa
molti di questi massacri venivanocompiuti all’arma bianca, con i
machete, ma negli ulti-mi tempi i testimoni raccontano che i
terroristi sonoequipaggiati sempre meglio con armi pesanti.
Nascespontanea la domanda: chi li arma? Esistono conniven-ze con
Boko Haram, sapendo che agisce preferibilmen-te nel Nord-Est della
Nigeria, negli stati periferici di Yo-be, Borno e Adamawa? Esistono
complicità politiche opersino internazionali?». I sospetti vanno
sistematica-mente verso l’Arabia Saudita. «I raid dei fulani
controi villaggi di agricoltori cristiani avvengono ormai quasiogni
settimana e non fanno quasi più notizia, né sullastampa
internazionale, né su quella nigeriana, stanca diraccontare sempre
le stesse storie. Gli attacchi non so-no più limitati al Plateau,
dove restano comunque piùfrequenti, ma si sono ormai diffusi ad
altri stati della Ni-geria centrale, come Kaduna e Benue» (AA.VV,
Il libronero della condizione dei cristiani nel mondo, Milano2014,
pp. 320-321). Nel 2012 Boko Haram allarga le operazioni di guerraal
Camerun e al Ciad e conosce il vertice della violen-za nel 2014 con
8.000 vittime e la proclamazione del ca-
liffato. Si proclama «stato islamico» e vaste aree delNord
passano sotto il suo diretto controllo. Lo statocentrale comincia a
reagire nel maggio del 2013 dichia-rando guerra al fondamentalismo,
ma inizia a prevale-re solo nel 2016. Boko Haram ricorre agli
attentati com-piuti da minorenni e da bambini. In quanto movimen-to
fondamentalista rifiuta ogni pluralismo, qualsiasi di-versità di
stile di vita e una assoluta fedeltà alle normecoraniche. Gli
effetti reali sono l’impoverimento, lamancanza di formazione
scolastica, l’allargamento del-la crisi democratica ed
economica.
Sostegno alle vittime
Il positivo e democratico passaggio di consegne allapresidenza
della repubblica, da Goodluck Jonathan(cristiano) a Muhammad Buhari
(musulmano) e il mag-giore impegno delle forze armate costituiscono
segnalipositivi. Una buona parte della dirigenza islamica e i
ve-scovi cristiani sono in prima fila per ricucire relazioni
ealimentare dialoghi. Tutte le iniziative cristiane sono
in-dirizzare alle vittime, a prescindere dalla loro apparte-nenza
religiosa. Ma questo non elimina la fatica e i ri-sentimenti di
quanti sono colpiti. Come fa notare nellostudio il vescovo di
Sokoto, mons. M. Hassan Kukah, èdifficile invitare al dialogo chi
per due o tre volte all’an-no si trova coinvolto in uno scontro o
in un conflitto cherimane impunito. «La nostra gente vede sui
giornali lefoto di imam e vescovi sorridenti che si tengono per
ma-no, che si battono le mani sulle spalle, che bevono insie-me un
tè o che festeggiano insieme la fine del digiuno.L’esperienza
quotidiana della gente comune non è diquesto tipo». Per questo il
dialogo interreligioso non èsolo una volontà, ma una necessità,
come ricorda il ve-scovo di Bamberg (Germania), mons. Ludwig
Schick.«Una coesistenza religiosa pacifica – annota mons.Klaus
Klämer, presidente internazionale di Missio –Aachen – richiede un
impegno deciso, anche davanti adamare sconfitte. Essa cammina
assieme al dovere di unacompetenza interculturale, allo sviluppo di
una specifi-ca identità religiosa, così come alla disponibilità e
capa-cità del dialogo interreligioso».
CHIESA NEL MONDO
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CHIESA NEL MONDO
Nel luglio scorso, il direttoredel SARA Wang Zuoan hachiesto a
tutti i membri delpartito comunista di abban-donare la religione.
Ha dettoloro che era vietato sostenerela religione per scopi di
svi-luppo economico o culturale.Nell’aprile dello scorso anno,Xi
con grande anticipo, hasteso un progetto su come ilgoverno dovrà
trattare le reli-gioni d’ora in avanti – e laprognosi è fosca
poiché il pre-sidente cinese ha insistitomolto sul fatto di
limitare lelibertà religiose restringendonello stesso tempo il
potere del par-tito comunista.«Il progetto sottolineava i temi
reli-giosi guida per il governo del partitocomunista: il diritto
del governo diregolare strettamente la religione, la“sinizzazione”
della dottrina religio-sa, la prevenzione dell’ “infiltrazio-ne”
straniera della religione, la ga-ranzia che i quadri del partito
comu-nista siano atei fidati», così ha di-chiarato William Nee di
Amnesty In-ternational all’agenzia Ucanews.Nee ha aggiunto: «ci
vorranno di-versi anni prima che questo proget-to sia attuato nei
dettagli, perciòprevedo maggiori restrizioni circa lareligione
quando saranno messe inatto politiche dettagliate e istituito
ilpersonale».
—Il casodel PakistanIl subcontinente asiatico presentaaltre reti
per stringere in stretti nodil’etnicità, il nazionalismo e la
religio-ne. Il Pakistan è il luogo della violen-za motivata dalla
religione – musul-mani contro musulmani e musulma-ni contro
cristiani e indù – tutti pre-si di mira dalle note leggi sulla
bla-sfemia.Introdotte negli anni ’80, queste leg-gi permettono ad
un musulmano diaccusare altri (musulmani, cristiani,indù) di
profanare il profeta Mao-metto e, senza il giudizio o i limitidella
polizia o dei tribunali, di giusti-ziare la presunta blasfemia in
nomedel profeta. Una volta dichiarata laFatwa, non esiste più
protezione el’unica opzione possibile è la fuga.
Un altro fattore che complica la si-tuazione in Pakistan e anche
nellamaggioranza musulmana del Bangla-desh è
l’internazionalizzazione dell’i-slam militante. Varianti e fazioni
deigruppi terroristi internazionali han-no messo piede in ambedue i
paesi el’Arabia Saudita sponsorizza lo svi-luppo del suo stesso
estremismo isla-mico – il wahabismo – con miliardi didollari donati
specialmente al Ban-gladesh per costruire moschee e ma-drase o
scuole islamiche.
—Nella vicina IndiaIl nazionalismo religioso e la perse-cuzione
hanno trovato un terrenofertile in cui prosperare anche in In-dia.
L’India è un vasto complesso diidiomi, di eredità etniche e di
religio-ni. Dopo l’Indonesia e il Pakistan hail più alto numero di
musulmani (172milioni) rispetto ad ogni altro paesedel mondo.È un
paese dove esistono considere-voli minoranze religiose – i
cristianistimati a circa 30 milioni di cui 19cattolici, gli sikhs
con 20 milioni ecirca 10 milioni di buddisti nel paesedove è nato
Buddha.Il governo federale di Narendra Mo-di ha i suoi affiliati al
comando diuna maggioranza di governi di statoe ci si attende che
altri abbiano a se-guirne l’esempio. Il partito guida a li-vello
nazionale – il pro-Indu Bhara-tiya Party (BIP) – ha la sua sala
mac-chine ideologica nella fanatica Rash-triya Swayamesevak Sangh.
Questopotente gruppo socio-religioso indùcostituisce la fonte
dell’orientamen-to nazionalistico del BJP, che signifi-
ca “Partito del popolo india-no”.Attualmente sei stati
gover-nati dal BJP hanno emanatodelle leggi per perseguire
laconversione religiosa. L’ulti-mo nell’ordine è lo stato
diJharkhand, con una legge checriminalizza le conversioni eche i
non-indù, specialmente icristiani, considerano comestrumento usato
dagli indùper prendere di mira i cristia-ni.Jharkhand è cristiano
per il4,5%, circa il doppio della me-dia nazionale che è del
2,3%.
Tuttavia, i cristiani continuano ad es-sere un’esigua minoranza
dopo oltreun secolo di attività missionaria. Cisono qui 1 milione e
400 mila cristia-ni su una popolazione di 33 milionidi abitanti, in
gran parte tribali o ap-partenenti a coloro che prima
eranoconosciuti come caste “intoccabili”.Il primo ministro dello
Jharkhand,Raghuvar Das, ha esercitato unapressione per questa legge
fin dal di-cembre 2014 quando il suo partito ei suoi partner di
coalizione giunseroal potere. La legge contro le conver-sioni
forzate o per allettamento pre-vede fino a tre anni di carcere e
unamulta di 50.000 rupie (800 dollariUSA).Coloro che desiderano
convertirsidevono informare l’ufficiale capodel distretto circa le
ragioni e il luo-go della conversione oppure rischia-re il
processo. Ci sono punizioni piùsevere se si usa la “forza” per
con-vertire i minori e le donne come pu-re gli appartenenti alle
minoranzetribali e caste inferiori.In altri stati gli estremisti
indùavrebbero abusato della legge perraccogliere false accuse
contro alcu-ni pastori e per intimidire i cristiani.Spesso
considerano le opere missio-narie cristiane, quali l’educazione e
iservizi sanitari come un allettamen-to o costrizione per ottenere
delleconversioni tra i poveri nonostanteche la grande maggioranza
dei bene-ficiari siano dei non cristiani.
—Altre paesicoinvoltiLe Filippine, l’Indonesia, la Cambo-
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gia, il Laos e la Malaysia sono an-ch’essi aree dove esistono
vari tipi dipersecuzione.Nelle Filippine, paese a grande
mag-gioranza cristiana, per esempio, i ri-belli del Fronte di
Liberazione Isla-mico Moro sono in guerra contro ilgoverno da
almeno quattro decenni.In Indonesia, di recente, grandi pro-teste
da parte di gruppi musulmaniradicali hanno portato all’arresto
delgovernatore cristiano cinese diJakarta, Basuki Tjahaja
Purnama,per presunta blasfemia. Ciò è statoconsiderato da molti
come un tenta-tivo dei gruppi militanti per minarela costituzione
laica del paese.Anche la Malaysia è alle prese con
leggi che garantiscano che la mag-gior parte dei suoi programmi
e del-la sua politica sia in armonia con leleggi islamiche. In Laos
e in Cambo-gia, la persecuzione potrebbe esseredeterminata da un
certo numero difattori comprendenti la razza, l’ap-partenenza
etnica, l’opinione politi-ca o la religione, i problemi
riguar-danti l’apoliticità, o le preoccupazio-ni relative al
genere. Tuttavia, in nessuno di questi paesiesiste un sistematico
livello, talvoltaritenuto legittimo, di pregiudizi e dipersecuzione
come invece sono chia-ramente evidenti in Myanmar, Cinae India.
—L’eccezionedello Sri LankaL’unico punto luminoso in Asia è
lariduzione della persecuzione etnicae religiosa nello Sri Lanka
dove de-cenni di guerra civile si sono conclu-si ufficialmente nel
2009 quando ilgoverno sconfisse i guerriglieri Tamildel nord del
paese.Anche se ci sono ancora dei conflit-ti e una certa violenza
tra i Tamil(spesso indù) e i cingalesi (in granparte buddisti) il
grado devastante dirivalità etnica e religiosa è una cosadel
passato.La maggior parte delle società, cul-ture, governi e
religioni in Asia sonodei cantieri aperti. Il livello e la mi-sura
della persecuzione, di solito col-legata con l’aspetto etnico,
mostraun lieve segno di declino.
Michael Kelly
2018. Dove siamo arrivati?
Un anno nuovo: dove siamo arrivati? La risposta dipende dal
punto dipartenza. Se contiamo sul periodo breve, siamo all’anno
numero 2018.Se partiamo dal periodo lungo, siamo al numero 13
miliardi di anni, piùalcuni spiccioli (in centinaia di milioni di
anni). Siamo piuttosto vecchiotti,da qualsiasi punto di vista
partiamo. Per di più stiamo viaggiando su unpiccolo punto
dell’universo (il puntino che sta sotto il grande
puntointerrogativo?), su un convoglio che va non sappiamo dove… E
siamopieni di paure (molte) e di speranza (meno) per il nostro
futuroimmediato e persino per quello del nostro puntino sul quale
viaggiamo. Ma a ringiovanirci viene il computo sul periodo breve,
non tanto perchéavremmo molti meno anni, ma per il fatto
sconvolgente che il periodobreve ricorda costantemente che Colui
che ha messo in moto tuttoquesto colossale spettacolo, è venuto ad
abitare sul nostro puntino percondurre a buon fine il viaggio.Ma ci
pensiamo davvero? Colui che ha detto “sia fatta la luce”,
dandoinizio al periodo lungo, è venuto a dire “Io sono la luce del
mondo”,dando origine al periodo breve. Non solo, perché Colui che
ha fattotutto senza di te, non vuole portare il tutto al traguardo
senza di te.Non ha forse detto: “Voi siete la luce del mondo”?
Perché allora temi per il tuo futuro, per il futuro della società,
dellafamiglia, della …fede, della… Chiesa, della… vita religiosa?
Non crediche il Creatore e Signore di tutto quanto esiste, non
riesca a trarrebeneficio anche dalla congiuntura di questo anno
2018, di questa quasiimpercettibile frazione di tempo, sia che lo
collochi nel periodo lungo onel periodo breve?Non dire dunque:
“Dove andremo a finire?” A te è chiesto di fare quelloche puoi e di
lasciar fare il resto a Colui che tutto può. Egli ti ha posto in
questo anno, in primo luogo perché tu possa darvoce a tutto il
creato, con lo stupore dei tuoi occhi incantati, con ilgrazie del
tuo cuore ammirato, con il canto delle tue labbra esultanti!Canta
con tutto il tuo essere anche per quelli che non sanno piùcantare e
sarai luce per questo puntino sperduto nel tempo e nellospazio,
puntino che talvolta può sembrarti un “atomo opaco del male”,ma che
è stato visitato e riconciliato dalla bontà misericordiosa
delnostro Dio, Sole invitto che sorge dall’Alto!
Piergiordano Cabra
Buon anno!Buon anno!
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P. Sidi-Brette e M. Chambon, appar-so sull’agenzia Eglise d’Asie
in tresuccessivi articoli sulla formazione eriforma della vita
consacrata femmi-nile. I dati generali della piccola mi-noranza
cattolica in Cina sono giànoti: 12-15 milioni di fedeli,
3.500preti, 1.500 i seminaristi, una novan-tina i vescovi per 140
diocesi (45 le-gali e altrettanti clandestini; una doz-zina non
riconosciuti da Roma). Siparlava di 7.000 suore, ma lo studione
riduce la stima: sarebbero 3.170,in 87 congregazioni ufficiali, e
1.391in 37 congregazioni clandestine onon registrate.La forma più
tradizionale è quelladelle vergini consacrate che continuaa vivere
in alcune diocesi e ambitidella vasta Cina. La prima sarebbeapparsa
a nord di Fujian nel 1650. Fa-cendo eco a pratiche spagnole,
nume-rose giovani donne fecero voto diverginità per dedicarsi
interamente alservizio della comunità cristiana. Ri-manevano
all’interno della propriafamiglia e si occupavano del luogo
diculto, della recita quotidiana dellepreghiere, della visita ai
malati. È unaforma di vita che continua a sussiste-re anche se,
nelle categorie codiciali,sarebbe più assimilabile all’ordo
vir-ginum che non alla vita religiosa. Nel-le quattro diocesi di
Fujian sarebbe-ro circa 90 e alcune centinaia quelleche fanno
riferimento alle comunità«illegali». Non sembra pronuncinovoti
espliciti, non hanno comunità e sidedicano al servizio delle
comunitàcattoliche locali.Un caso emblematico è quello disuor
Teresa che nel 1988 avvia unbiennio di servizio a una parrocchiae
poi la diocesi la invita a due anni emezzo di formazione. Viene
destina-ta a una diversa diocesi in cui opera-no 9 preti e 3 suore.
Peraltro le suo-re erano 8, ma tre si sono sposate,una è partita in
formazione e l’altraè rientrata nella sua diocesi. Le suo-re sono
affiancate a un prete e turna-no dopo cinque anni. Teresa
lavoranella parrocchia dell’amministratorediocesano, in un
territorio lungo piùdi 150 km e abitato da 400.000 abi-tanti. È la
presenza più stabile dellaparrocchia. Tiene aperta e pulita
lachiesa, supervisiona i servizi dei vo-lontari, segue gli
eventuali lavori, or-ganizza la liturgia, prepara battesimi
Le informazioni sulla Cina, ol-tre ai dati macro-economici
epolitici di una potenza che sicandida a pesare molto nel
prossimofuturo (cf. i post di F. Sisci su Settima-nanews.it),
diventano più difficili inaltri campi come gli orientamenti difede
o i temi dei diritti umani. Sulversante cattolico rimane
centralel’attesa soluzione della nomina deivescovi e la
riconciliazione fra la tra-dizione «sotterranea» e quella «lega-le»
delle comunità dei fedeli. Dopola lettera ai cattolici cinesi di
Bene-detto XVI, c’è stata una stagione dinomine condivise
(2007-2010), quel-la delle nomine non condivise (2010-2012) e
l’attuale, che continua unasorta di patto di non aggressione:
no-minati in Cina ma non invisi a Ro-ma. Più difficili da indagare
risultanole questioni pastorali. Ci sono traccesui seminari, sui
santuari (cf. Testi-moni 7-8/2017, p. 13), sull’ecumeni-
smo (cf. Testimoni 3/2016, p. 15). Frammentarie le indicazioni
anchesulla vita monastica e consacrata.Erano quasi 2000 i fedeli a
festeggia-re l’avvio del primo monastero di vi-ta contemplativa
femminile a LinTou (Shanxi, 1 maggio 2014). E mol-ti attendono il
ritorno di piccoligruppi in formazione monastica inalcuni luoghi
occidentali (St. Ottilienin Germania, Camaldoli in Italia,Septfons
in Francia). Secondo duemodalità diverse: chi compie
l’interocammino di formazione monasticaall’interno di abbazie in
Occidente echi, invece, sviluppa il proprio cam-mino in Cina con
temporanei sog-giorni in Occidente (anche se in Ci-na non è ancora
permessa la vita co-mune maschile).
—I tre modelliDa apprezzare è lo studio, a firma di
VITA CONSACRATA
Vita religiosa in Cina
INDAGINESULLE SUORE
La forma più tradizionale è quella delle vergini consacrateche
continua a vivere in alcune diocesi e ambiti. Un
secondo modello è rappresentato dalle congregazionireligiose
femminili, ossia da famiglie religiose con un forte
ancoraggio storico. Un terzo modello è costituito
dacongregazioni di recente fondazione diocesana.
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VITA CONSACRATA
Il 4 novembre scorso a Indore, in India, è stata
proclamata“Beata” sr. Rani Maria Vattalil, clarissa francescana,
assassi-nata nel 1995. Tra i presenti al rito, anche Samander
Singh, ilsuo assassino, un povero tribale, poi pentitosi e
perdonato dal-la famiglia, e convertitosi al cristianesimo. Accanto
a lui, in pri-ma fila, c’era anche la sorella di sr. Rani, sr.
Selmy Paul, an-ch’essa suora.Ha presieduto la cerimonia di
beatificazione, davanti a 10/15mila fedeli, il card. Angelo Amato,
prefetto della Congregazio-ne per le cause dei santi, assistito dal
card. Baselios Cleemis,presidente della Conferenza episcopale
dell’India, il card.George Alencherry, capo della chiesa
siro-malabarese e il card.Oswald Gracias, presidente della
Conferenza di rito latino e al-tri vescovi.Il card. A. Amato,
leggendo la lettera del papa con cui Rani Ma-ria veniva proclamata
“beata” ha affermato che questa “vergi-ne e martire” ha
riconosciuto «il volto di Cristo sofferente neipoveri e negli
afflitti, e li ha amati fino a versare il suo sangue».Il giorno
dopo la beatificazione, domenica 5 novembre, lo stes-so papa
Francesco l’ha ricordata all’Angelus dicendo: «SuorVattalil ha dato
testimonianza a Cristo nell’amore e nella mi-tezza, e si unisce
alla lunga schiera dei martiri del nostro tem-po. Il suo sacrificio
sia seme di fede e di pace, specialmente interra indiana. Era tanto
buona. La chiamavano “la suora delsorriso”».
Prima martire dell’India
Sr. Rani è la prima donna martire dell’India. Era originaria
delKerala, dov’era nata nel piccolo villaggio di Pulluvazhy il
29gennaio 1954, da una famiglia di contadini. I suoi genitori,
fer-venti praticanti, nel battesimo le avevano imposto il nome
diMariam. Fin dall’infanzia era solita assistere regolarmente alla
santa mes-sa e prendere parte alle devozioni popolari. Suo fratello
Stephentestimonia di lei: «Era una ragazza di poche parole, vestiva
soloabiti molto semplici, senza fronzoli... Era diversa dalle altre
ra-gazze ed era straordinariamente obbediente. A scuola era mol-to
brava, ma trovava il tempo anche per aiutare suo padre nellavoro
dei campi e sua madre nelle faccende domestiche».All’età di 20 anni
entrò nella Congregazione delle suore fran-cescane clarisse, un
istituto di origine locale, ispirato alla spiri-tualità di S.
Francesco d’Assisi. Era infiammata di zelo missio-nario e ripeteva
spesso: «Anch’io voglio andare nel nord del-l’India a servire i
poveri e a morire per loro». Una volta esaudita, fu inviata a
Udainagar, nella diocesi di In-dore, nel Madhya Pradesh, dove
rimase per 20 anni fino al gior-no del suo martirio. Era convinta
che un evangelizzatore deveinteressarsi della vita dei poveri, per
donare loro Cristo, il suoamore, il suo messaggio di redenzione e
aiutarli a crescere ma-terialmente e spiritualmente.Studiando a
fondo le tribù dei villaggi, si accorse che la genteera vittima
degli strozzini e degli sfruttatori. Organizzò alloradei programmi
di coscientizzazione e si adoperò per la bonifi-ca delle zone
paludose del luogo che furono trasformate in ter-reni fertili. E
soprattutto riuscì a liberare la gente dai loro usu-rai. Ma questi,
toccati nei loro interessi, pieni di odio verso dilei, decisero di
eliminarla.L’occasione si presentò presto. Il 25 febbraio 1995 sr.
Rani ave-va preso il pullman che doveva condurla fino a Indore e di
quiproseguire fino nel Kerala. Sul pullman erano saliti anche
treindividui intenzionati ad ucciderla. Il capo di questi,
Sa-mandhar Singh, 28 anni, dopo aver preso posto accanto a
lei,cominciò a insultarla dicendole: «Perché sei venuta qui dal
Ke-
rala. Sei venuta a convertire al cristianesimo questa
poveragente tribale? Noi non lo permetteremo».Dopo una ventina di
chilometri, Samandhar chiese all’autista difermarsi. Scese e spaccò
una noce di cocco contro una roccia: eraun pooja, un rito sacro di
offerta alle loro divinità. Risalito inpullman, distribuì i pezzi
ai passeggeri. Poi finse di darne uno an-che a sr.Rani che gli
chiese: «perché sei così allegro, oggi?”. Ti-rando fuori un
coltello, le rispose: «per questo qui», e la colpì nel-lo stomaco e
continuò a pugnalarla, trascinandola fuori dal pul-lman, mentre
Rani ripeteva “Gesù, Gesù”, fino a spirare. Nel-l’autopsia le
furono riscontrate 40 ferite gravi e 14 ecchimosi.
Il perdono
L’assassino fu poi arrestato e condannato a 20 di carcere.
Lavigilia dell’ottavo anniversario dell’uccisione, la mamma
disr.Rani, Eliswa, andò a trovarlo per offrirgli il perdono:
«desi-deravo – disse – compiere questo gesto, baciare le mani
cheavevano ucciso mia figlia, perché quelle mani erano bagnatedal
suo sangue».Lo stesso gesto di perdono fu compiuto anche dalla
sorella piùgiovane di sr.Rani, sr. Selmy Paul. Profondamente
colpito, Sa-mandhar Singh chiese perdono a sr. Selmy.Durante gli
anni trascorsi in carcere, sua moglie aveva divor-ziato e il suo
primo figlio era morto. Intanto rimuginava tra sécome poter
vendicarsi dell’uomo che l’aveva spinto ad uccide-re la suora. Ma
toccato nel profondo dal perdono concessoglidalla famiglia di sr.
Rani abbandonò il progetto.Dopo 11 anni di detenzione, fu
rilasciato in seguito a una peti-zione firmata dalla famiglia di
sr. Rani, dalla superiora provin-ciale della sua Congregazione e
dal vescovo di Indore. Ma sic-come il rilascio tardava a venire,
una delegazione si recò dal go-vernatore locale per perorare la sua
causa. Questi disse: «Solovoi cristiani siete capaci veramente di
perdonare. Siete un gran-de esempio. Andate, farò il possibile
perché sia rilasciato».Ora Samandhar Singh è una persona libera.
Non solo si è pen-tito, ma ha anche abbracciato la fede cristiana.
Adesso trascor-re il tempo nell’aiutare la gente tribale e
considera la famigliadi sr. Rani come sua. «Io visito regolarmente
la sua tomba» hadichiarato, «per me è come un santuario di pace e
di forza. De-sidero che tutti sappiano che i cristiani lavorano per
renderegrande l’India. I missionari ci danno speranza con il loro
servi-zio che ha lo scopo di rendere un popolo forte e
indipendente.In occasione della beatificazione, sr. Rani è stata
presentata co-me un modello per coloro che sono perseguitati e il
suo mar-tirio infonderà forza ai cristiani che in questo momento
devo-no far fronte a una “allarmante” crescita della
persecuzione.«Noi - ha dichiarato un giornalista - solo durante
quest’anno,abbiamo registrato più di 600 episodi di attacchi contro
i cri-stiani, aggressioni fisiche, distruzione di chiese,
impedimenti al-la preghiera».Secondo un’altra testimonianza, i
gruppi radicali indù sono de-cisi a recare danno all’immagine dei
cristiani e possibilmentea cancellare il cristianesimo dall’India.
Per questo, sempre se-condo la stessa fonte, oggi
l’evangelizzazione diretta nel norddell’India è impensabile, i
radicaliindù si oppongono persino alle ordi-narie attività
umanitarie dei missionari. «Non abbiamo paura di questi attacchi»,
ha affermato da par-te sua il vescovo Basil, della diocesi di
Jhabua, nel Madhya Pra-desh. «La maggior parte dei cattolici nella
mia diocesi – ha ag-giunto – sono tribali. Ma una volta che hanno
accolto la fede,non si arrenderanno, qualsiasi cosa avvenga. Sono
pronti a mo-rire come la beata Rani Maria».
Sr. Rani Maria, prima beata “vergine e martire” dell’India
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VITA CONSACRATA
e matrimoni, anima i campi estivi.Ha un ruolo molto vistoso e
ricono-sciuto. Ogni tre mesi le religiose del-la diocesi si
confrontano. Avevanoprogettato una sorta di convento, male
emergenze finanziarie sono trop-pe e finora tutto è fermo. Suor
Tere-sa conosce bene le congregazionioperanti in Cina. Conosce
anche ledifficoltà della vita comunitaria chele altre suore le
raccontano. Sa dinon avere uno statuto canonico pre-ciso, ma
ricorda la diffidenza dellevecchie suore nei confronti
dellecongregazioni diocesane. D’altraparte, da diversi anni nessuna
giova-ne chiede più di entrare in questoservizio e che il favore
concesso allecongregazioni forse segnerà la scom-parsa del suo modo
di consacrazio-ne. A nord della regione (Fujian) cisono giovani
donne che fanno votodi celibato, ma rimangono in fami-glia e
servono comunità cristiane ditipo rurale.
—Le congregazioniUn secondo modello è rappresenta-to dalle
congregazioni religiose fem-minili. Più in particolare, delle
fami-glie religiose con un forte ancorag-gio storico, come le suore
del Cuoredi Maria. Nate nell’ ‘800, le giovanireligiose emettevano
i voti nelle ma-ni del vescovo e venivano inviate inmissione a due
a due. Hanno fattonascere piccole scuole, orfanotrofi,case per
anziani, tipografie artigiana-li. La vita consacrata rispondeva a
unvuoto amministrativo e ai bisogni so-ciali più acuti. Nel 1940,
alla vigiliadella rivoluzione, contava un centi-naio di aderenti.
Dopo la bufera del-la rivoluzione una ventina di suore sirifugiano
a Taiwan e quelle che re-stano sul posto tornano in famigliaper
evitare la morte. Tutto sembrascomparire nella rivoluzione
cultu-rale (1966-1976) di Mao, ma alcunedi loro continuano la
consacrazionein segreto. Con le riforme di DengXiaoping (1979)
qualcosa si muove edieci anni dopo il vescovo e i fedelidanno
riconoscimento pubblico allarinata congregazione: una decina
disuore anziane lascia il testimone auna ventina di giovani suore.
Oggi lacongregazione conta 93 suore e 3 no-vizie. Nel 2008
inaugurano la nuova
casa madre, a cui affiancano una ca-sa per anziani e una serie
di struttu-re per la formazione spirituale delpopolo. La grande
maggioranza faservizi in parrocchia, mantenendoun ritmo di
preghiera comune, a cuisi è aggiunta l’adorazione perpetua.
Un terzo modello è costituito dacongregazioni di recente
fondazionediocesana, come le suore di san Giu-seppe. Fondate nel
1983, esse respi-ravano l’apertura dei nuovi spazi dilibertà e si
mettevano a disposizionedelle comunità «illegittime». Per
undecennio le postulanti erano una de-cina all’anno. Oggi sono 42.
Vivonodi carità, abitano una piccola casacon un annesso asilo per
gli anziani.Partite sulla base dell’entusiasmo edi una formazione
elementare han-no dovuto investire molto sull’ag-giornamento, le
lingue e il percorsoaccademico, anche all’estero. Daiservizi
elementari di un contestocontadino sono passate
all’accompa-gnamento alla domanda di senso diuna società che è
esplosa nell’indu-stria e nella globalizzazione.
—Finanza, ruoloe carisma Al di là dei vari modelli di vita
con-sacrata e della loro attuale vitalità ri-mangono alcune sfide
che li riguar-dano tutti. Anzitutto le difficoltà diordine
finanziario. «Come la mag-gior parte delle congregazioni
“ille-gali” la maggioranza delle suore nonbeneficiano di una
copertura sanita-ria. Fra le 95 religiose del Cuore diMaria, per
esempio, solo nove sono
coperte. Per regolarizzare la loro si-tuazione presso le
assicurazioni, lesuore del Cuore di Maria avrebberobisogno di un
milione di euro e dicirca 100.000 euro all’anno. Le suoredi San
Giuseppe, legate alla Chiesa“sotterranea” non beneficiano di
al-cuna assistenza medica e devonocercarsi un lavoro fuori della
congre-gazione per rimediarla». È un pro-blema che interessa la
grande mag-gioranza delle suore e che non rice-ve attenzione dai
fedeli. Le loro of-ferte sono finalizzate ad altro.Una seconda
sfida è costituita dalrapporto con i preti diocesani. Men-tre la
persecuzione infuria e poi du-rante la rivoluzione culturale preti
esuore erano sullo stesso piano e cor-revano gli stessi pericoli. I
nuovi spa-zi di libertà e la diversità dei servizie ministeri li
portano su strade diver-genti. Le suore hanno spesso unaformazione
intellettuale e professio-nale più accurata dei preti (in
parti-colare di quelli “illegali”) e non siadattano a ruoli di
semplici domesti-che. Inoltre i fedeli riconoscono piùfacilmente il
ruolo e la centralità delprete rispetto a quello della
suora,distanziando di fatto le due figure. «Iconflitti sono più
numerosi e, in as-senza di soluzioni, le suore sonoquelle che
devono abbandonare laparrocchia», correndo il rischio diperdere i
beni e di vedere dissolta lacongregazione. Per evitare dispute
lesuore del Cuore di Maria chiedonoal vescovo che la parrocchia
servitadevolva una cifra stabile per la suo-ra (fra i 70 e i 150
euro). Cosa che leparrocchie trovano talora troppooneroso.
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La terza sfida è l’identità carismati-ca. Nei cambiamenti
radicali che sisono verificati e si verificano nellasocietà cinese,
il passaggio all’indu-stria, al digitale, alla potenza econo-mica e
politica, al relativo benessere,ecc. cambiano i servizi a cui le
reli-giose sono chiamate: rimangonoquelli agli anziani, ma non più
lescuole, quelli elementari della sanitàma non più i dispensari. Da
ridiscu-tere i servizi parrocchiali. «Ma, in ra-dice, esse sono
costrette a riprende-re la questione di fondo: qual è il no-stro
specifico come religiose delCuore di Maria o come religiose diSan
Giuseppe? Scelta contemplati-va, vita apostolica? Quale tipo
diapostolato?». Il cammino post-con-ciliare della Chiesa insiste
molto sulcarisma del fondatore o di fondazio-ne e le istanze romane
e internazio-nali spingono perché esse definisca-no meglio la loro
identità spirituale.Ma, se sono nate nell’800 il fondato-re è
spesso un prete straniero chenon è mai stato parte della
congre-gazione oppure nascono da donnevotate al celibato che non si
sonomai sentite fondatrici. In un contestoultraminoritario, con
problemi fi-nanziari irrisolti, la differenziazionedei carismi è
sentita come indeboli-mento davanti a una struttura ammi-nistrativa
statale e anche religiosa«ufficiale» che snobbano i gruppiminori.
Due fenomeni ulteriori accompa-gnano la vita consacrata femminilein
Cina. Il primo è la rete internazio-nale di aiuto e sostegno. Da
Roma,da Hong Kong, da Taiwan, dalle Fi-lippine, dalla Corea del
Sud, ma an-che dagli Stati Uniti e dall’Europagiungono in Cina
persone, aiuti e af-fiancamenti. In secondo luogo, il ca-so non
infrequente di «suore senzafissa dimora», sia in senso fisico
chespirituale. Il corrispettivo dei clericivagi di un tempo. Donne
che fatica-no ad adattarsi a modelli di vita co-munitaria o
personale nel mezzo dimutazioni sociali e culturali di gran-de
rilievo. Un segnale di allarme, mache dice anche la sfida decisiva
e lanecessità di un sostegno fattivo. Mol-to del futuro del
cristianesimo si gio-ca «nell’impero di mezzo».
Lorenzo Prezzi
“Quando uno dice: «Iosono di Paolo», e unaltro: «Io sono
diApollo», non vi dimostrate semplicemente uo-mini?Ma che cosa è
mai Apollo? Cosa èPaolo? Ministri attraverso i quali siete venu-ti
alla fede e ciascuno secondo che il Signore gliha concesso. Io ho
piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora
né chi pianta, né chi irriga èqualche cosa, ma Dio che fa crescere.
Non c’è differenza tra chi pianta e chiirriga, ma ciascuno riceverà
la sua mercede secondo il proprio lavoro. Siamo infatti
collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificiodi
Dio”.
1 Cor 3, 4-9
—Siate sempre lieti (1 Ts 5,16)Una saggia tradizione della
Chiesa ciincoraggia a iniziare qualsiasi valuta-zione importante
della nostra vitapartendo dalla consolazione, dallagioia, e credo
sia questo anche il luo-go migliore da dove iniziare questabreve
comunicazione su come gliIstituti di Vita Consacrata si
relazio-nano tra loro. All’inizio di EvangeliiGaudium, comunque,
papa France-sco ci ricorda in modo salutare che iltipo di gioia di
cui stiamo parlando,la gioia dell’evangelizzatore, spuntasempre
dallo sfondo di una gratamemoria. Sarebbe tutt’altro che sbagliato
ini-ziare con farci questa domanda: qua-li sono i ricordi grati che
abbiamo direlazioni positive e vitali tra altri Isti-tuti e il
nostro che continuano a dar-ci una gioia duratura, che ci ispira
eci dà energia?
VITA DEGLI ISTITUTI
Relazioni tra Istituti di Vita Consacrata
GIOIE, SFIDEE POTENZIALITÀ
Una sfida ancora da scoprire nei nostri carismi fondanti.Per i
nostri Fondatori, il loro carisma era un dono di
relazione e di cooperazione? E in quale modo la nostrafedeltà ci
spinge oggi ad avere relazioni simili e a
cooperare? Conversazione di p. Glenday.
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E forse anche questa può essere unalezione da ricordare e da cui
impara-re: siamo capaci di costruire su espe-rienze come questa,
causate in uncerto qual modo da crisi, quando es-sa è superata e si
ritorna alla ‘norma-lità’? Spesso, ed è triste dirlo, misembra che
non ne siamo capaci. Co-me diremo dopo, dobbiamo impara-re ad amare
e sviluppare il dono del-la relazione, e non lasciarlo svanire
oappassire.Ancora più ampiamente, penso chepossiamo dire che spesso
manca unapianificazione strategica tra gli Isti-tuti religiosi che
operano nella stes-sa nazione o regione, mentre avreb-be molto più
senso per loro pianifi-care insieme e mettere in comune lerisorse
per il bene della Chiesa.
d) Partner nel discernimento
Nel corso degli anni sono stato spes-so coinvolto nel governo e
nell’ani-mazione del mio Istituto, a livello lo-cale, provinciale e
generale, e ancorauna volta la missione che svolgo inseno dell’USG
mi trova immerso inquesto campo. Certamente è motivo di grande
gioiaessere coinvolti nel discernimentocondiviso che ciò
necessariamentesuppone. Detto con parole semplici,di fronte alle
enormi sfide relativealla vita e alla missione, non c’è
altraalternativa se non quella di unire inostri cuori e le nostre
menti, aiutan-doci a vicenda per poter scorgere ciòche il Signore
sta facendo nella sto-ria, e trovare il modo di dargli la ma-no che
Egli, sembra, continuare acercare. Il coinvolgimento in questotipo
di condivisione offre un modospeciale di scoprire i doni dello
Spi-rito, la saggezza e la santità di reli-giosi e religiose di
altre Congrega-zioni, ed edifica profondamente, nelmiglior senso
della parola. Ma anche qui spunta una sfida: se-condo me, dobbiamo
essere più riso-luti nel seguire le conseguenze prati-che del
nostro discernimento condi-viso ed incarnarle in progetti di
mis-sione comune.
—Gioia nello Spirito Santo(Rm 14, 17)Nel riflettere su questo
camminodella memoria grata per le esperien-
Nella speranza di incoraggiarvi atrovare le vostre risposte a
questadomanda, permettetemi di risponde-re partendo dalla mia
storia ed espe-rienza, con riferimento a quattropunti chiave della
nostra vita consa-crata:
a) L’esperienza carismatica equindi relazionale delFondatore
Mi considero benedetto per averavuto come fondatore san
DanieleComboni, un missionario per cui l’a-micizia, le relazioni e
la cooperazio-ne con altri nella Chiesa erano comel’aria che
respirava. Appassionato edeterminato com’era nell’evangeliz-zazione
dell’Africa, e con l’esperien-za personale delle enormi
difficoltàche questo progetto comportava,non ebbe mai dubbi sul
fatto chequesto impegno chiamasse tutti acompiere sforzi concertati
nellaChiesa. Anzi, si potrebbe dire che fucondotto a fondare i suoi
stessi Isti-tuti missionari, solamente quandol’urgenza della
missione prese il so-pravvento sulle difficoltà e resisten-ze
provocate dall’appello alla coope-razione.
È chiaro che non penso nemmenoper un momento che questa
apertu-ra di Daniele Comboni fosse una suadote esclusiva. Immagino
che se tut-ti noi volgiamo lo sguardo verso inostri Fondatori e
Fondatrici, donnee uomini dello Spirito, sicuramentetroviamo in
loro persone che credet-tero nella creazione di reti di amici-zia e
di cooperazione con altri.Quando studiamo e riflettiamo suinostri
Fondatori, forse questo è unaspetto della loro esperienza di
gra-zia che noi trascuriamo, e così corria-mo il rischio di non
renderci contodella sfida ancora da scoprire nei no-stri carismi
fondanti. In quale modo,per i nostri Fondatori, il loro carismaera
un dono di relazione e di coope-razione? E in quale modo la
nostrafedeltà verso di loro ci spinge oggiad avere relazionali
simili e a coope-rare?
b) Insieme nella formazione
Mi considero molto fortunato diavere avuto la possibilità, da
giova-ne, di studiare filosofia e teologia nel
Missionary Institute London (MIL),consorzio fondato da sette
congrega-zioni esclusivamente missionarie,che nel corso di vari
decenni hannoformato donne e uomini evangeliz-zatori, ma che
tristemente, alla lucedei cambiamenti avvenuti nella de-mografia
delle vocazioni missiona-rie, è stato chiuso alcuni anni fa.
C’era un qualcosa che producevaun’enorme energia e vitalità nel
pre-pararsi per la missione con colleghidi altre famiglie
missionarie, e i frut-ti per la nostra missione erano ab-bondanti.
Si intessevano amicizie e siviveva la fraternità; i nostri
orizzon-ti si espandevano; apprendevamo ascoprire approcci diversi
alla missio-ne, frutto di storie diverse; imparava-mo a vedere come
agisce lo Spiritoin modi così diversi e meravigliosi;immaginavamo
la missione in termi-ni di comunione e di cooperazione.
Penso che molti di voi abbiate avu-to, in un modo o nell’altro,
similiesperienze di formazione con uomi-ni e donne di altre
congregazioni re-ligiose, e suppongo che può essere il-luminante ed
incoraggiante per voivisitare e gustare di nuovo questeesperienze,
viste le sfide oggetto diquesta breve riflessione. La forma-zione
che offriamo ai membri deinostri Istituti li sfida e li prepara
asvolgere insieme la missione?
c) Missione condivisa
La memoria grata, e quindi la gioiache dà energia, si genera
anche ritor-nando alle nostre esperienze di mis-sione e di
apostolato, che in un mo-do o nell’altro ci hanno spinto a
coo-perare con altri religiosi e religiose. Un’esperienza che
considero parti-colarmente preziosa è stata il perio-do trascorso
in Uganda, negli anni‘80, un tempo di forte instabilità po-litica e
di una vera sofferenza permolti. Ebbi la fortuna, allora, di
esse-re direttore di Leadership, una rivi-sta creata allo scopo di
formare lea-der cristiani laici, che evoca la rete dicooperazione e
di sostegno offertadai missionari di molte diverse con-gregazioni
in tutto il paese e oltre,che permise alla rivista di essere
unpunto focale di speranza e di inco-raggiamento per molti.
VITA DEGLI ISTITUTI
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VITA DEGLI ISTITUTI
che sorgono quando ci uniamo inprogetti di missione;
l’esperienza cidimostra che senza questa visione,sarà molto
difficile farcela. È una vi-sione che, se abbracciata di
tuttocuore, ci libera rendendoci generosi,immaginativi e
creativi.
Forse il nucleo essenziale di ciò chestiamo cercando di dire è
meglioespresso nelle memorabili parole delPapa Benedetto XVI nella
sua ome-lia della domenica di Pentecoste2012:
“Gesù, parlando dello Spirito Santo,ci spiega che cos’è la
Chiesa e comeessa debba vivere per essere se stes-sa, per essere il
luogo dell’unità e del-la comunione nella Verità; ci dice cheagire
da cristiani significa non esserechiusi nel proprio «io», ma
orientar-si verso il tutto; significa accogliere inse stessi la
Chiesa tutta intera o, an-cora meglio, lasciare interiormenteche
essa ci accolga. Allora, quando ioparlo, penso, agisco come
cristiano,non lo faccio chiudendomi nel mioio, ma lo faccio sempre
nel tutto e apartire dal tutto: così lo Spirito San-to, Spirito di
unità e di verità, puòcontinuare a risuonare nei nostricuori e
nelle menti degli uomini espingerli ad incontrarsi e ad
acco-gliersi a vicenda. Lo Spirito, proprioper il fatto che agisce
così, ci introdu-ce in tutta la verità, che è Gesù, ciguida
nell’approfondirla, nel com-prenderla: noi non cresciamo
nellaconoscenza chiudendoci nel nostroio, ma solo diventando capaci
di
ze positive di relazione tra vari Isti-tuti, sulla gioia che
queste relazionigenerano, scopriamo di essere staticondotti nel
cuore stesso della vitaconsacrata: questa gioia è in definiti-va
opera e frutto dello Spirito, checontinua a donare la vita
religiosa al-la Chiesa e al mondo.
Questa presa di coscienza – dallamemoria grata alla gioia di una
nuo-va comprensione dell’azione delloSpirito – ci spinge a
esprimere varieaffermazioni impegnative, afferma-zione che possono
avere non pocheconseguenze pratiche:
– tutta la questione di costruire rela-zioni tra gli Istituti
religiosi non è se-condaria o periferica, bensì costitui-sce
l’essenza stessa di ciò che la vitaconsacrata è chiamata ad essere.
È loSpirito che ci unisce;
– queste relazioni sono un elementoessenziale della realtà
carismaticadella vita consacrata; senza di essegli Istituti non
potrebbero vivere inpienezza i loro carismi, e non potran-no
sperimentare il potere e la ric-chezza di questi carismi. E
solamen-te qui, come in altri campi della vitaumana, scopro in
pieno chi sono at-traverso di te, precisamente perchésiamo allo
stesso tempo uguali e dif-ferenti;
– è auspicabile, ovviamente, che gli
Istituti cooperino nella missione, equesto ha senso in termini
di buonuso delle risorse a disposizione perrispondere alle sfide
missionarie delgiorno. Comunque, questo approc-cio, anche se
positivo, non è tutto; c’èin gioco qui qualcosa di più profon-do e
di più prezioso. Non basta unapproccio esclusivamente
utilitario;
– questa visione essenzialmente cari-smatica e non puramente
funzionalearde nelle parole di Gesù, nella suapreghiera nell’Ultima
Cena: “ComeTu, Padre, sei in me e io in Te, sianoanch’essi in noi
una cosa sola, perchéil mondo creda che Tu mi hai manda-to”. La
nostra comunione non è so-lamente un modo di organizzarci
meglio per risponderealle necessità; è la no-stra principale e
piùefficace testimonianzadel Signore che se-guiamo.
Come già suggerito,questa visione di co-munione non è unateoria;
ha conseguen-ze di vasta portata.Quando è mancante,può condurre i
nostriIstituti a forme di par-rocchialismo o perfinodi sterile e
poco edifi-cante competitività.Questa visione è vitalese dobbiamo
resisterealle inevitabili diffi-coltà e complicazioniEDB
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ascoltare e di condividere, solo nel«noi» della Chiesa, con un
atteggia-mento di profonda umiltà interiore”.
—Collaboratori della tuagioia (2Cor 1, 24)Dalla memoria grata
alla gioia; dallagioia all’azione dello Spirito; dall’a-zione dello
Spirito alla missione incomunione: e quale potrebbe esserela forma
di questa missione oggi enel futuro? Cerchiamo di dare qualche
modestarisposta:
a) Una spiritualità di cooperazione
Da ciò che è stato detto fin qui, è evi-dente che questa visione
di comu-nione può sostenersi solo con moti-vazioni di fede
alimentate dalla Pa-rola di Dio, dalla preghiera e
dallacontemplazione, dall’amore per laCroce e dalla gioia nella
Risurrezio-ne. La comunione ci chiama alla san-tità, all’intimità
con il Signore che ciha chiamati, insieme. Visto da un’al-tra
prospettiva, potremmo dire chequalsiasi spiritualità della vita
reli-giosa, senza questo elemento di co-munione dei carismi è
seriamente in-completa.
b) La pazienza del seminatore
Sarebbe molto illuminante rileggerele parabole del Signore sul
seme e ilseminatore per scorgerne le implica-zioni riguardo alla
missione-in-co-munione della vita consacrata. Cisentiremmo,
senz’altro, incoraggiatia credere abbastanza in questa mis-sione da
essere pronti ad iniziareumilmente; apprenderemmo ad es-sere
pazienti e ad essere disposti acominciare di nuovo; capiremmo cheil
seme è molto prezioso e quindi ap-prezzeremmo le varie esperienze
dicomunione, anche se apparentemen-te marginali.
Questo ultimo punto riveste un’im-portanza particolare. È
facilmentecomprensibile che in certi casi, i pro-getti di comunione
possano diventa-re meno rilevanti o viabili nel tempo,e devono
essere terminati. Ma nonbisognerebbe mai fermarsi lì: tutte
leesperienze positive vissute insiemedevono essere l’inizio di
qualcosa dinuovo e di diverso, una tradizione e
VITA DEGLI ISTITUTI
un’eredità che ci chiama a forme dicomunione e di cooperazione
nuovee concrete nel futuro. L’esperienza ètroppo preziosa per
essere buttatavia.
c) Verso il rinnovamento insieme
Tutti siamo ben consapevoli dellesfide che i nostri Istituti
affrontanoin questo momento, e lo sforzo con-siderevole e l’energia
che vengonomessi nelle iniziative di formazionecontinua tendente al
rinnovamento.Ci sono progetti di cooperazione inquesto ambito, e
ciò è positivo, madevono essere moltiplicati, nati dal-la
convinzione che qualsiasi vero rin-novamento sarà rinnovamento
insie-me, e che veramente abbiamo biso-gno gli uni degli altri per
svolgerequesto compito.
—Con maggior coraggioNon possiamo concludere questabreve
comunicazione senza ricorda-re la parole di Papa Francesco
all’i-nizio dell’Anno della Vita Consacra-ta, che sfidava i
religiosi e le religio-se a vivere questo momento, caratte-rizzato
in un certo senso dalla fragi-lità e dalla diminuzione, come
un’op-portunità nello Spirito: «Mi aspetto … che cresca la
comu-nione tra i membri dei diversi Istitu-ti. Non potrebbe essere
quest’Annol’occasione per uscire con maggiorcoraggio dai confini
del proprio Isti-tuto per elaborare insieme, a livellolocale e
globale, progetti comuni diformazione, di evangelizzazione,
diinterventi sociali? In questo modopotrà essere offerta più
efficacemen-te una reale testimonianza profetica.La comunione e
l’incontro fra diffe-renti carismi e vocazioni è un cam-mino di
speranza. Nessuno costrui-sce il futuro isolandosi, né solo con
leproprie forze, ma riconoscendosinella verità di una comunione
chesempre si apre all’incontro, al dialo-go, all’ascolto, all’aiuto
reciproco e cipreserva dalla malattia
dell’autore-ferenzialità».
p. David Glenday MCCJ1
1. Padre David Glenday, Missionario Combo-niano, è attualmente
il Segretario Generaledella USG (Unione dei Superiori
Generali).
E S E R C I Z I S P I R I T U A L I
PER RELIGIOSE E CONSACRATE
� 25 feb-4 mar: don GuidoPietrogrande “Rimanete in me eio in
voi” (Gv 15,4) La vita inCristo per la missioneSEDE: Centro di
spiritualità“Mericianum”, Località Brodazzo, 1– 25015 Desenzano del
Garda (BS);tel. 030.9120356 – fax 030.9912435;e-mail:
[email protected] –[email protected]
� 1-8 mar: don Livio Pagani, cp“Se uno è in Cristo è unacreatura
nuova” (2 Cor 5,17)SEDE: Casa di spiritualità “VillaMoretta” –
38057 PergineValsugana (TN); tel.0461.531366 –fax 0461.531189;
e-mail:[email protected]
� 1-10 mar: p. Giuseppe Koch, sj“Vogliamo vedere Gesù” SEDE:
“Casa di Esercizi SacroCostato”, Via Alberto Vaccari, 9 –00135 Roma
(RM); tel. 06.30815004– 06.30813624 – fax
06.30815004;e-mail:[email protected]
� 4-10 mar: p. Lorenzo Gilardi“La coscienza di Gesù neiVangeli.
Percorso biblico conintroduzione al discernimento” SEDE: Monastero
S.Croce, ViaS.Croce, 30 – 19030 Bocca diMagra (SP); tel. 0187.60911
– fax0187.6091333; e-mail:[email protected]
� 4-10 mar: p. Carlo Scarongella,C.P. “Vi ho costituiti
perchéandiate e portiate frutto” (Gv15,16) I consacrati
messaggeridella gioia del VangeloSEDE: Casa Esercizi Spirituali
“SsGiovanni e Paolo” Passionisti,Piazza SS. Giovanni e Paolo, 13
–00184 ROMA; tel. 06.772711 – fax06.77271367;
e-mail:[email protected]
� 9-16 mar: p. Andrea Arvalli,ofmconv “Cercate il Signore e
lasua potenza (Sal 105,4). Ridare aDio il primo posto”SEDE: Centro
di Spiritualità“Barbara Micarelli”, Via Patronod’Italia, 5/E –
06081 Assisi –Santa Maria degli Angeli (PG); tel.075.8043976 – fax
075.8040750;e-mail: [email protected]
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Accoglienza è voce che faparte del “patrimonio del-l’umanità”,
come molte al-tre voci che delineano lo “stile” cri-stiano del
vivere. Non è specificodella fede cristiana, e tuttavia la
fedecristiana può essere espressa in granparte come accoglienza,
nella suaespressione attiva e passiva.L’esperienza di fede nel Dio
di Ge-sù può definirsi per intero come unincontro nel quale ci si
sente accoltida Dio, al di là dei propri meriti e no-nostante il
peccato, e nello stesso in-contro accogliamo Dio, che chiede
diessere accolto come il Dio-con-noi.Si può dire, come riprova a
contra-rio, che l’accoglienza rappresentiuna dinamica dirimente
rispetto allavita di fede. La Bibbia lo mette inevidenza nei primi
capitoli della sto-ria di alleanza con gli episodi diMamre e
Sodoma.
—Mamre / SodomaA Mamre, quel Dio che si era fattoconoscere fin
qui per la sua parola e
i suoi segni, si rivela per la prima vol-ta ad Abramo in forma
visibile equesta prima rivelazione di Dio av-viene nel segno
dell’ospitalità adAbramo, il quale a sua volta vivevada “ospite”,
nella condizione di stra-niero e non proprietario. È opportu-no
tener conto che questa, comeogni “prima volta”, si arricchisce diun
valore “originario”, che rende l’e-vento paradigmatico.La
rivelazione avviene alle querce,che nella Bibbia indicano la
sacralitàdel luogo. Abramo «sedeva all’in-gresso nell’ora più calda
del giorno»,quando è meno probabile il passag-gio di qualcuno.
Alcuni rabbini riten-gono che Abramo fosse spossatodalla febbre
oltre che dal caldo, acausa della circoncisione, della qua-le si
era raccontato nel capitolo pre-cedente.Alla vista dei pellegrini,
Abramo«corre loro incontro». Passa dalla“siesta” alla fretta, dalla
spossatezzaalla sollecitudine: la visita dell’ospi-te cambia la
vita, la guarisce, gli re-stituisce le forze (come non riandare
PASTORALE
Lo stile cristiano del vivere
ACCOGLIENZAOSPITALE
L’intera esperienza di fede trova espressionenell’accoglienza:
accogliere Dio e sapersi da lui accolti.
Coinvolge la vita personale, civile e di Chiesa e costituisceuna
dinamica dirimente rispetto alla vita di fede.
all’accoglienza di Gesù in casa di Si-mone, che guarisce la
suocera, laquale «si alza per servirli»).Ne vede tre ma si rivolge
come aduno: «Mio signore». I tre non sono lìper caso («è ben per
questo che voisiete passati dal vostro servo») e l’o-ra
sorprendente della loro visitarinforza l’allusione al “mistero”
cheva ben oltre il “caso”.L’identità e il nome dei tre ospiti so-no
sconosciuti. Eb 13,2 («Non di-menticate la philoxenia, alcuni,
pra-ticandola, senza saperlo hanno ac-colto degli angeli») rinforza
la valen-za paradigmatica “originaria” dell’e-pisodio. Non viene
esplicitato il no-me di Abramo così come è “ignara”l’identità
dell’ospite: invito a identi-ficarsi con lui e con la sua
ospitalitàaccogliente.L’accoglienza praticata da Abramo,dopo avere
rivitalizzato lui stesso,porta vitalità anche al grembo di Sa-ra
con l’annuncio della nascita diIsacco.Al contrario, la mancata
accoglienzada parte di Sodoma, anzi la violenzaprogettata contro
l’ospite, porta a di-struzione e morte.Nell’accoglienza o
non-accoglienzasi gioca il futuro di vita o di morte,personale e
collettivo. Non è solo ilsingolo ad essere invitato
all’acco-glienza, è l’intera città (Sodoma) adessere destinataria
dell’invito. Cometutte le dinamiche portanti della fe-de, anche
l’accoglienza è pervasiva, esi estende a tutti gli aspetti e
ambitidel vivere.
—Accogliereil dono che è DioLa fede è offrire accoglienza a
Dio.È questione vitale anche per lui. Egliche si donò sempre tutto,
senza riser-ve, senza tenersi da parte un “teso-retto” per sé; e se
non ha chi lo accol-ga s’è “buttato invano” (cf. Gv 1,11-12).
Nell’episodio di Zaccheo è beneespressa l’urgenza, la necessità
delFiglio di Dio: «Oggi devo fermarmi acasa
tua».Corrispettivamente, nell’episodioparabolico di Emmaus si dice
che lo“straniero” «fece come se dovesseandare oltre». Egli si
propone senzaimporsi, «sta alla porta e bussa» (cf.Ap 3,20) e se
non viene invitato a
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Testimoni 1/201818
spezzare il pane non viene ricono-sciuto.In questo pendolo tra
la “neces-sità” di essere accolto e la “legge-rezza” del suo
proporsi come ospi-te si circoscrive il perimetro ester-no di
quella che Christoph Theo-bald, nella sua opera Il cristianesi-mo
come stile, chiama «la santitàospitale di Gesù».Se l’accoglienza è
“patrimonio del-l’umanità”, non è marchio pro-prietario del
cristianesimo, nono-stante la sua valenza determinanteper la fede,
la “santità” ospitale bentraduce lo specifico evangelico
del-l’accoglienza.
—La santità ospitaledi GesùIl cristianesimo, inteso come la
reli-gione inaugurata da Gesù di Nazaret(se di religione si può
parlare), nellasua costituzione fondamentale è da-to non tanto da
dogmi e norme,quanto piuttosto da uno stile di rela-zioni con Dio
(Padre) e con il pros-simo che ha in Gesù il suo modello eva
continuamente rimodulato, rein-terpretato alla luce del vissuto
diognuno e di ogni relazione. È un mo-do di abitare il mondo e la
storia co-sì come Gesù ha abitato il suo mon-do e la sua storia,
senza lasciare indi-cazioni scritte e fissate per sempre.La
chiamata che Gesù rivolge a chivuol essere suo discepolo e per
laquale prega il Padre suo è chiamataad essere santi come è santo
il Padre(cf. Mt 5,43-48). Quale è la santità diDio che si mostra in
Gesù? Postoche il suo volto, le sue parole, i suoigesti sono
l’unica e ultima rivelazio-ne data a noi per conoscere Dio.Santità,
nel suo significato originale,indica separatezza, distinzione;
qual-cuno che è “altro” dagli altri perchémigliore. Dio è tre volte
santo, l’Al-tro per eccellenza, colui che “sta neicieli”, il
diverso, l’estraneo dal nostromondo.Il Dio abitatore onnipotente
dei cie-li ha scelto di farsi abitatore dellanostra Terra, l’eterno
della nostrastoria. In Gesù, l’Estraneo ha chiestoaccoglienza tra
di noi, chiede di esse-re nostro ospite.Nasce uomo in Gesù, nasce
in unastalla (o probabilmente, meglio, al-
l’aperto, dove i pastori vegliavano inquella notte) cioè in un
luogo non ri-servato, accessibile a tutti. Non nascenel tempio,
dimora del Santo.Gran parte della sua vita è copertadal silenzio.
Ma anche questo silen-zio è rivelazione di Dio. Ci dice lamodalità
ordinaria della sua presen-za tra noi. Abita la terra senza
pos-sederla, lui al quale appartengono icieli e la terra. Non ha
dove posare ilcapo. Privo di una dimor