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tesi_slivia_borghi

Apr 04, 2018

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Dino Angelini
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  • 7/30/2019 tesi_slivia_borghi

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    Comportamenti Aggressivi e Sviluppo

    dellAtmosfera Morale nel Contesto Scolastico:

    una Ricerca sugli Studenti delle Scuole Superiori

    di Silvia Borghi

    tesi di laurea

    Dipartimento di Psicologia

    Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Parma

    Parma 04/12/2002

    Ai miei nonni

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    Ringraziamenti

    Provo una grande emozione, nel ripensare a tutte le persone che mi

    state vicine in questi cinque anni e che hanno partecipato in diversi modi, al

    raggiungimento di questobiettivo tanto faticoso quanto importante.

    Alla citt di Parma, che nel 1996 ha dato vita ad un nuovo corso di laurea

    con il quale io ho mossi i primi passi da studentessa universitaria e che mi ha

    accompagnata durante tutto questo percorso, permettendomi di restare vicina

    alla mia citt e ai miei affetti evitandomi notevoli disagi.

    Tra le molte persone che fanno parte del sistema di rapporti entro i quali

    il progetto ha acquistato vita, desidero ricordarne qui alcune in particolare.

    Sento il bisogno di ringraziare la Prof.ssa Tiziana Mancini per avermi

    scelta con fiducia e considerazione nello svolgimento di questo progetto

    sperimentale, per la solerzia con cui ha curato e seguito costantemente il mio

    lavoro e per il suo particolare sostegno tecnico formativo e morale.

    Sono sinceramente riconoscete al Prof. Daniel Brugman per la sua

    disponibilit e prontezza nelloffrirmi consigli, suggerimenti e per aver

    supervisionato sempre tutto il mio lavoro.

    Sono grata alla Prof.ssa Laura Fruggeri per aver rispettato il mio

    interesse nei confronti dei due argomenti che sono poi diventati il nucleo della

    mia tesi e per aver confidato in me per la buona riuscita del piano di lavoro.

    Un pensiero speciale di riconoscenza lo rivolgo a tutti i presidi e agliinsegnanti delle sei scuole superiori della citt di Parma: liceo linguistico

    Marconi, liceo scientifico Ulivi, ITC Melloni, ITIS Da Vinci, IP Giordani e IPSIA

    Levi, per la grande disponibilit che mi hanno dimostrato nellaccogliere il

    progetto e per aver contribuito a superare le difficolt burocratiche e

    organizzative dovute alla somministrazione dei questionari.

    Ringrazio con affetto tutti gli studenti delle sei scuole superiori di Parma

    che si sono impegnati a rispondere in modo coerente al questionario e hannoespresso interesse per la conoscenza dei risultati finali.

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    Da ultimo, ma non per importanza, unisco con un immenso abbraccio

    tutti coloro che mi sono stati vicini offrendomi un sostegno morale e materiale

    per raggiungere questa importante meta. La mia famiglia, Enrico, Elisa, Davide,

    Rosi, Maurizio, Luca, Ilaria, Angela, Benedetta.

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    Comportamenti aggressivi e sviluppo dellatmosfera morale nel contestoscolastico: una ricerca sugli studenti delle scuole superiori

    INDICE

    Ringraziamenti ............................................................................2

    Ringraziamenti ............................................................................2

    INDICE .........................................................................................4

    INDICE .........................................................................................4

    Introduzione ..................................................................................8

    Introduzione ..................................................................................8

    Capitolo 1 ...................................................................................10

    Capitolo 1 ...................................................................................10

    Adolescenza e socializzazione secondaria nel contesto

    scolastico: i due contesti oggetto danalisi in questa ricerca ...... 10

    Adolescenza e socializzazione secondaria nel contestoscolastico: i due contesti oggetto danalisi in questa ricerca ...... 10

    1.1 LAdolescenza......................................................................101.2 Apprendimento di norme......................................................121.3 Ragionamento morale e moralit della condotta..................171.4 Daniel Brugman e il costrutto di atmosfera morale scolastica

    ........................................................................................191.5 Socializzazione secondaria..................................................23

    1.6 Bullismo, condotte devianti e comportamento aggressivo.. .28violazione propriet ....................................................................31

    violazione status .........................................................................31

    Capitolo 2 ...................................................................................34

    Capitolo 2 ...................................................................................34

    Il comportamento aggressivo .....................................................34

    Il comportamento aggressivo .....................................................34

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    2.1 Teorie sullaggressivit.........................................................3434

    2.2 Laggressivit come istinto...................................................352.3 Frustrazione e aggressivit..................................................37

    2.4 Laggressivit come comportamento appreso......................412.5 La costruzione sociale dellaggressivit...............................442.6 Teoria delle interazioni sociali delle azioni coercitive...........46

    Capitolo 3 ...................................................................................49

    Capitolo 3 ...................................................................................49

    Obiettivi della ricerca e aspetti metodologici..............................49

    Obiettivi della ricerca e aspetti metodologici..............................49

    3.1 Obiettivi e Ipotesi..................................................................493.2 Descrizione dello strumento.................................................513.3 Procedure di somministrazione............................................55

    553.4 Campione.............................................................................573.5 Descrizione dellelaborazione dei dati..................................64

    Capitolo 4 ...................................................................................66

    Capitolo 4 ...................................................................................66

    Lelaborazione dei dati...............................................................66

    Lelaborazione dei dati...............................................................66

    4.1 Il Costrutto datmosfera morale scolastica e i suoi indicatori.........................................................................................66

    4.2 La scala dellaggressivit.....................................................684.3 Atmosfera Morale Scolastica e Comportamenti Aggressivi..79

    4.4 Un confronto in funzione della scuola frequentata dai soggetti........................................................................................81

    4.5 Un confronto in funzione del genere e della scuolafrequentata dai soggetti...................................................87

    4.6 Un confronto in funzione della classe frequentata dai soggetti........................................................................................96

    Capitolo 5 .................................................................................100

    Capitolo 5 .................................................................................100

    Riflessioni conclusive ...............................................................100

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    Riflessioni conclusive ...............................................................100

    5.1 Uno sguardo dinsieme.......................................................100

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI...............................................105

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI...............................................105

    Immagina che Giovanni sia un tuo compagno di classe ..........119

    COSA ACCADE NELLA TUA SCUOLA? ..............................128

    Immagina che Anna e Marco siano tuoi compagni di classe ...128

    IN UNA SITUAZIONE COME QUELLA DESCRITTA:.............1283 MOTIVI PER NON DERUBARE UN COMPAGNO DI CLASSE

    ......................................................................................1294 MOTIVI PER DERUBARE UN COMPAGNO DI CLASSE ... .1305 LA TUA OPINIONE SUL FURTO ..........................................1316 RUBARE E SBAGLIATO? ....................................................1317 MARCO RUBA I SOLDI........................................................1318 MOTIVI PER DIRE A MARCO DI RIMETTERE A POSTO I

    SOLDI............................................................................132MOTIVI PER NON DIRE NIENTE A MARCO .........................13210 DIRE O NON DIRE AL PROFESSORE CHE MARCO HA

    RUBATO I SOLDI..........................................................133

    13 DIRE O NO ALLO STUDENTE CHE DEVE RIMETTERE APOSTO I SOLDI ...........................................................135

    14 DIRLO O NO AD UN PROFESSORE O AL PRESIDE ......13615 CHE COSA SUCCEDE NELLA TUA SCUOLA? ................136

    Appendice B .............................................................................147

    SCALA: VALUTAZIONE DELLA SCUOLA ...............................147

    Valutazione estrinseca della scuola:........................................147

    Identificazione entusiastica:.....................................................147Relazioni sociali: .......................................................................148

    SCALA: LA SCUOLA COME COMUNIT ................................148

    Negazione della comunit ........................................................148Senso di comunit ....................................................................148

    SCALA CONTENUTO DELLE NORME: AIUTO ......................149

    SCALA CONTENUTO DELLE NORME: FURTO .....................150

    SCALA:DEMOCRAZIA/INFLUENZA STUDENTI.....................150

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    SCALA:STADIO DELLE NORME ............................................151

    F 3- MOTIVI PER NON DERUBARE UN COMPAGNO DICLASSE ........................................................................153

    F 4- MOTIVI PER DERUBARE UN COMPAGNO DI CLASSE 155

    F 8- MOTIVI PER DIRE A MARCO DI RIMETTERE A POSTO ISOLDI............................................................................156

    Appendice B .............................................................................157

    Appendice B .............................................................................157

    Coodbook ................................................................................157

    Coodbook ................................................................................157

    SCALA: LA SCUOLA COME COMUNIT................................159SCALA CONTENUTO DELLE NORME: AIUTO......................161SCALA CONTENUTO DELLE NORME: FURTO.....................163SCALA: STADIO DELLE NORME............................................164F 3- MOTIVI PER NON DERUBARE UN COMPAGNO DI

    CLASSE ........................................................................165F 4- MOTIVI PER DERUBARE UN COMPAGNO DI CLASSE

    ......................................................................................167F 8- MOTIVI PER DIRE A MARCO DI RIMETTERE A POSTO I

    SOLDI............................................................................168SCALA: DEMOCRAZIA/INFLUENZA STUDENTI....................169

    Appendice C .............................................................................170

    Appendice C .............................................................................170

    Analisi dei dati..........................................................................170

    Analisi dei dati..........................................................................170

    Capitolo quarto.........................................................................170

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    Introduzione

    Lo studio presentato in questo testo fa parte di un pi ampio progetto di

    ricerca condotto in Olanda da D. Brugman e coll. (1999), successivamente

    effettuato in Russia da un gruppo di psicologi dello sviluppo ed infine realizzato

    in Italia allo scopo di validare lo strumento utilizzato anche nel nostro contesto.

    La scelta del nostro paese tra il palinsesto europeo motivata dalla stima

    professionale, dallinteresse verso il contesto sociale della scuola e dalla

    prospettiva privilegiata: quella psicosociale.

    Gli argomenti esaminati chiaramente da un punto di vista relazionale

    sono: il costrutto datmosfera morale scolastica e i comportamenti aggressivi nel

    contesto scolastico, in particolare in sei scuole superiori della citt di Parma.

    Entrambi i concetti sono considerati in rapporto ad una precisa fascia det,

    ladolescenza.

    Scopo principale della mia tesi di verificare se il costrutto datmosfera

    morale scolastica correlato ai comportamenti aggressivi espressi nel contesto

    scolastico. Ad un aumento della percezione dellatmosfera morale scolastica

    corrisponde una riduzione dei comportamenti aggressivi degli studenti?

    Nella prima parte sar presentato un approfondimento della letteratura

    riferita, in generale, alle principali problematiche adolescenziali e in particolare

    ai compiti di sviluppo specifici di questa fascia det. Sar poi indagato il

    rapporto delladolescente con le norme, i valori, la moralit, il costrutto

    datmosfera morale scolastica e la scuola considerata come un contesto di

    socializzazione secondaria in cui possono manifestarsi, con forme diverse,

    disagi e difficolt, che talvolta evolvono in comportamenti trasgressivi e

    aggressivi (Capitolo primo).

    Nel (Capitolo secondo) sar effettuata un analisi accurata delle diverse

    teorie sullaggressivit.

    Nella seconda parte, dedicata alla ricerca empirica, saranno espressi: le

    finalit, i soggetti, lo strumento di rilevazione, le procedure di somministrazione

    danalisi dei dati (Capitolo terzo).

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    Nel Capitolo quarto sar eseguita lelaborazione dei dati, passando in

    rassegna tutte le ipotesi alla luce dei risultati ottenuti.

    In ultimo, si tenter di cogliere il filo conduttore che sintetizza i principali

    risultati emersi e che conferisce al lavoro un significato dinsieme al fine dioperare una riflessione sui possibili risvolti operativi di questa ricerca Capitolo

    quinto.

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    Capitolo 1

    Adolescenza e socializzazione secondaria nel contesto

    scolastico: i due contesti oggetto danalisi in questa ricerca

    1.1 LAdolescenza

    Ladolescenza costituisce un periodo di rapidi e profondi cambiamenti

    che si realizzano in ambiti molteplici e con tempi e modalit variabili da

    individuo ad individuo. E quella fase della vita umana, normalmente compresa

    tra gli 11 e i 18 anni, nel corso della quale lindividuo acquisisce le competenze

    e i requisiti necessari per assumere le responsabilit dadulto (Palmonari,

    1997, p. 45). Nel processo di transizione verso lo stato dadulto entrano in gioco

    ed interagiscono tra loro fattori di natura biologica, psicologica e sociale. Anche

    se ha cominciato ad essere definita e studiata come fase specifica della vita

    soltanto nel momento in cui la rivoluzione industriale ha imposto lesigenza di

    un periodo assai prolungato di preparazione alla vita adulta e anche se si

    presenta secondo modalit assai differenti da cultura a cultura, ladolescenza

    sembra contrassegnata da alcuni fenomeni peculiari che possono essere

    considerati universali.

    Ladolescenza inizia con la pubert, ma non solo il mutamento

    biologico connesso con la pubert che provoca il momento adolescenziale; al

    cambiamento fisico si associano esperienze emozionali molto intense:

    lindividuo trattato, dalle persone con cui abitualmente in contatto, in modo

    diverso da come era trattato da bambino. Le richieste che gli sono rivolte si

    modificano, ci si aspetta da lui (o lei) un comportamento da adulto, ma

    contemporaneamente lo si continua a considerare non autonomo, non in grado

    di prendere da solo certe decisioni rilevanti per il suo destino (bere alcool o no,

    uscire la sera coi coetanei, scegliere lorientamento scolastico, ecc).

    Di questo mutamento di relazioni ladolescente particolarmente

    consapevole, in rapporto ad esso modifica il proprio atteggiamento verso se

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    stesso e il mondo circostante. Il primo indice, frequentemente conflittuale, di

    questo cambiamento di atteggiamenti si manifesta nel fatto che egli/ella non

    accetta pi di essere totalmente dipendente dalla propria famiglia e dalle varie

    forme di sostegno sociale-affettivo che la famiglia gli/le ha fornito sino a quel

    momento. E in momenti critici di questo tipo, in cui in atto una vera e propria

    riorganizzazione del sistema del s, che la specificit di un sistema sociale offre

    alla persona la possibilit di trovare soluzioni adeguate.

    Lorganizzazione della vita sociale di tutti i giovani in gruppi di et, tipica

    della societ odierna, diviene decisiva a questa et (Sherif, 1984). Essendo

    costantemente a contatto con tanti coetanei che condividono gli stessi problemi

    (a scuola, sul lavoro, nel tempo libero), ladolescente rafforza ed estende leproprie relazioni con il gruppo di pari cos che tali relazioni diventino pi

    frequenti, intense e significative. La riorganizzazione del sistema del s,

    dunque, si verifica anche grazie a questa fitta rete di relazioni e di scambi in cui

    il soggetto, consapevolmente almeno in parte del cambiamento che lo

    concerne, verifica il proprio valore e riflette su se stesso. In questo processo

    gioca un ruolo non irrilevante anche lacquisizione, o meno, da parte

    delladolescente della capacit di ragionare in termini formali o ipotetico-

    deduttivi (Piaget e Inhelder, 1955). Se, infatti, il soggetto in grado di ragionare

    su se stesso in termini astratti cercher una rappresentazione di s molto

    coerente da un punto di vista logico e potr anche considerare la propria

    immagine attuale come una tra le varie alternative possibili.

    Non certo che tutti gli adolescenti raggiungano lo

    stadio del pensiero formale; in primo luogo si pu ben affermare che, a certe

    condizioni, gli adolescenti sono in grado di , di

    elaborare un insieme combinato di ipotesi, di ricercare le verifiche ma anche di

    falsificarle, di dedurre da premesse generali conseguenze logicamente

    connesse anche se concretamente non realizzate (Carugati, 1997). E poi ci

    sono le norme e le regole della vita sociale che veicolano alcune condizioni di

    realizzabilit dei progetti: permessi, obblighi e divieti anche solamente evocati in

    maniera pertinente svolgono un ruolo cruciale nellattivare forme di

    ragionamento adulto. Ladolescenza si conclude quando lindividuo in grado

    di stabilire rapporti stabili e significativi con se stesso, con i gruppi di riferimento

    pi prossimi e con il proprio ambiente di vita pi ampio (Palmonari, 1997, p.

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    47). Questassunzione, fondata sul carattere attivo del rapporto s-altri-mondo

    (Mead, 1934), indica che nel corso delladolescenza accadono avvenimenti che

    obbligano lindividuo a comportarsi e a definirsi in rapporto sia con lambiente in

    cui inserito, sia con i gruppi di cui membro, sia con le proprie trasformazioni.

    Assumendo la metafora fornita da Siddarda, il libro di Hermann Hesse

    che, a torto o a ragione, considerato da molti un resoconto prototipico delle

    vicende adolescenziali, let adolescenziale pu essere vista come la traversata

    di un gran fiume impetuoso. C, ad un estremo, chi gi sperimentato nella

    navigazione, pu attraversarlo in un giorno di quiete, guidato da un barcaiolo

    saggio che chiede la collaborazione attiva del passeggero e napprezza le

    qualit. C, allaltro estremo, chi assolutamente privo di esperienza, deveimbarcarsi nella traversata in un giorno di tempesta, su un battello sgangherato

    guidato da un barcaiolo ubriaco e disorientato. Le metafore hanno sempre un

    valore limitato, tuttavia questa permette di sottolineare due cose: in tutte le

    adolescenze il protagonista deve affrontare una gran mole di problemi; non

    esiste adolescenza senza problemi, anche se nella maggior parte dei casi tali

    problemi possono essere, con costi pi o meno alti, risolti. Inoltre nel percorso

    adolescenziale il protagonista non mai del tutto solo: egli sempre in

    compagnia di altri (genitori, insegnanti, coetanei, altre persone significative) che

    possono offrirgli una guida sicura e comprensiva, oppure richieste

    incomprensibili tali da svalorizzare il senso del suo impegno, o al limite dargli

    indicazioni frammentarie e contraddittorie che aggiungono confusione alla

    mancanza di esperienza.

    1.2 Apprendimento di norme

    Lacquisizione di norme ha le sue radici nellinfanzia, nel contesto

    della socializzazione primaria. Con questo termine mi riferisco ai processi per

    mezzo dei quali i modelli di ciascuna societ sono trasmessi da una

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    generazione a quella successiva e il modo in cui i bambini vi si adeguano ed

    eventualmente li adottano. Questo processo non inizia con i principi morali di

    carattere generale del tipo >, dal momento che questi

    sono, per i piccoli, prncipi troppo astratti da afferrare. Diversamente viene

    avviato con esempi concreti di comportamento come: usare un cucchiaio invece

    del dito per mangiare, non sottrarre giocattoli ad un altro bambino e cos via

    (Schaffer, 1998).

    Le norme che regolano il comportamento sociale assumono varie

    forme, ma una distinzione fondamentale che, secondo Turiel (1983), gi

    presente nei bambini piccoli quella tra regole pertinenti alle convenzioni

    sociali e alla moralit. Le regole convenzionali esprimono una norma arbitraria,sono una questione di scelta; sono specifiche di certi insiemi come la famiglia,

    la scuola o i gruppi di coetanei e servono a mantenere un particolare sistema

    sociale nellambito di modalit prevedibili. Le regole relative alla moralit, daltra

    parte, sono universali; sono valide sia che intorno ad esse ci sia consenso o

    meno, dal momento che si riferiscono a modelli etici comuni allumanit e sono

    quindi obbligatorie. La trasgressione di una convenzione sociale pu offendere

    altri membri del gruppo, mentre la trasgressione di una prescrizione morale

    una violazione dei prncipi che garantiscono i diritti e il benessere degli altri.

    Il prodotto finale del processo di socializzazione un individuo che

    pu distinguere il giusto dallo sbagliato ed pronto ad agire

    conseguentemente; un tale individuo pu considerarsi in possesso di senso

    morale, ovvero il suo comportamento sosterr lordine sociale e lo far in modo

    convinto e non a causa della paura della punizione. I genitori e gli educatori

    dedicano molti sforzi a controllare i bambini e a insegnar loro ad accettare i

    modelli degli adulti; mentre lobbedienza dipende da sanzioni esterne, la

    moralit basata su convinzioni profonde proprie dellindividuo in merito alle

    modalit secondo le quali le persone dovrebbero comportarsi nella societ

    (Schaffer, 1998, p. 337).

    Qual il rapporto tra apprendimento delle norme e sviluppo morale? Tale

    questione ha catturato linteresse specifico di due psicologi: Piaget e Kohlberg.

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    La teoria di Piaget. La convinzione dellesistenza di una natura

    attiva del bambino nel costruire dei prncipi morali si deve a Piaget, il cui libro

    (1932), analizza numerosi aspetti del

    pensiero morale. Di questi uno riguardava la natura delle regole sociali e la loro

    validit, un altro aspetto riguardava cosa i bambini pensassero di trasgressioni

    come rubare, mentire, danneggiare propriet; e un altro aspetto ancora si

    riferiva ai concetti che i bambini possiedono dellautorit e delle origini della

    giustizia.

    Piaget, in base a tutti i risultati presentati nel suo libro, concluse che nei

    primi 4 anni di vita i bambini sono ancora in un periodo premorale. In questa

    fase i bambini hanno scarsa conoscenza di cosa sia una regola e a che cosaserva. Dopo i 4 o 5 anni entrano nella fase del realismo morale, cos chiamato

    perch i giudizi sembrano essere basati sul danno reale che stato compiuto.

    Intorno allet di 9 o 10 anni i bambini diventano capaci di soggettivismo morale,

    comprendono che le regole sono degli accordi arbitrari che possono essere

    sfidati e cambiati di comune accordo e capiscono che sbagliata la

    trasgressione dei principi morali. In questo processo devoluzione, i bambini

    diventano consapevoli che le regole non sono immutabili, ma possono essere

    modificate in base ad un accordo reciproco passano cio da un realismo

    morale (legge proveniente dallesterno) e da una regola coercitiva a una morale

    di cooperazione e di giustificazione razionale, su cui si basa la morale

    autonoma (Favretto, 2001, p. 55).

    Il modello di Piaget basato sulla progressione a 3 stadi dello sviluppo

    morale stato estremamente influente, in modo particolare a causa dellenfasi

    posta sul ruolo costruttivo del bambino. Allo stesso modo il modello stato

    molto criticato per la natura monolitica degli stadi e perch troppo poco

    sofisticato: si basa soltanto su 3 stadi ed stato centrato principalmente su una

    transizione (quella dal realismo al soggettivismo) e sostiene che lo sviluppo

    morale raggiunga la maturazione nella media infanzia, senza possibilit di

    ulteriori progressi. Le ricerche successive hanno cercato di rimediare a queste

    carenze.

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    La teoria di Kohlberg. Lo schema di gran lunga pi conosciuto oltre al

    lavoro di Piaget quello di Kohlberg il quale considera che lo sviluppo morale si

    produce grazie alla maturazione cognitiva ed ai conflitti interpersonali i quali,

    generando disequilibrio, facilitano levoluzione verso strutture morali pi

    adeguate.

    Kohlberg considera il giudizio morale come un percorso che si snoda

    attraverso strutture cognitive sempre pi complesse ed estende la sua

    riflessione anche a soggetti adolescenti e adulti. Egli individua le diverse forme

    del giudizio morale attraverso compiti >

    sottoposti inizialmente ad 84 ragazzi dai 10 ai 16 anni della periferia di Chicago

    nel quadro di uno studio longitudinale (Kohlberg, 1969). I soggetti dovevanopronunciarsi su una serie di dilemmi morali (ad esempio, per salvare la sua

    compagna gravemente ammalata, un uomo ha diritto di rubare non avendo la

    possibilit economica di acquistare le medicine necessarie?) ed esplicitare il

    loro ragionamento, esprimendo non ci che essi avrebbero fatto in quelle

    circostanze, ma ci che essi ritengono debba essere fatto. Interessato alla

    strutturazione dellargomentazione morale e non ai contenuti, Kohlberg ha

    individuato sei stadi.

    Gli stadi 1 e 2 si collocano a livello pre-convenzionale: la qualit morale

    delle azioni determinata dalle conseguenze fisiche delle azioni stesse

    (punizione, ricompensa) senza che i valori in gioco vengano considerati. Esso

    lo stadio tipico dei bambini sino a circa 9 anni di et. Segue il livello

    convenzionale, caratteristico di molti adolescenti e adulti, che corrisponde ad

    una conformit legale ed interiorizzata delle aspettative famigliari, gruppali o

    nazionali, per le quali il soggetto rinuncia ai suoi interessi immediati. Pi

    specificatamente lo stadio 3 corrisponde alle aspettative interpersonali;

    considerato come morale il comportamento che reca piacere agli altri; ed ,

    pertanto volto alla ricerca dellapprovazione altrui. Nel quarto stadio sono

    preponderanti invece il rispetto delle regole sociali e della buona condotta. Il

    livello post-convenzionale, che contraddistingue il ragionamento morale di una

    minoranza di adulti, concepito da Kohlberg come quello dellautonomia

    morale e dei principi fondamentali. Lo stadio 5 quello del contratto sociale;

    lidea di base quella secondo cui la convivenza collettiva resa possibile

    dalladesione ad un contratto sociale che prevede il rispetto di alcune norme. Lo

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    stadio 6 sispira a principi etici universali; se le regole e le leggi esistenti sono in

    conflitto con tali principi, a questi ultimi che il soggetto d la priorit. Sono

    fondamentalmente dei principi di giustizia, di reciprocit e di uguaglianza fra le

    persone.

    Questi stadi sono concepiti come delle strutture universali, invarianti e

    gerarchiche dello sviluppo morale. Laspetto gerarchico implica che il passaggio

    da uno stadio allaltro sia determinato dalla maturazione endogena delle

    capacit cognitive del soggetto e dalle vissute

    attraverso interazioni sociali. Quando tra questi fattori si crea uno stato di

    , il soggetto portato ad effettuare una

    ristrutturazione cognitiva che consente il passaggio da uno stadio inferiore aduno superiore. Ogni stadio non comporta una sostituzione o una modificazione

    quantitativa di quello precedente, ma una trasformazione qualitativa degli

    elementi dello stadio precedente che sono riorganizzati cos in una struttura

    emergente pi differenziata e integrata. Boom, Brugman & Van Der Heijden

    (2001) hanno verificato empiricamente la supposta struttura gerarchica degli

    stadi proposta da Kohlberg, utilizzando il principio dellastrazione selettiva di

    Piaget (1977a, 1977b) ed attraverso il

    (WJST).

    Laspetto dellinvarianza nel senso che, secondo il modello cognitivo-

    evolutivo, e in linea con lo strutturalismo genetico di Piaget, levoluzione morale

    degli individui si produce necessariamente secondo la stessa sequenza, anche

    se la rapidit della progressione pu variare secondo i soggetti e le culture. La

    struttura sembrerebbe essere universale, ad eccezione della fase post-

    convenzionale, il cui accesso sembrerebbe invece essere influenzato da

    condizioni socio-ambientali. La principale critica che viene mossa al modello

    stadiale di Kolhberg che esso ha trascurato i processi di interazione; essi

    contribuiscono alla definizione delle norme le quali, a loro volta, regolano i

    rapporti interpersonali e sociali; il contesto sociale quindi non pu essere

    considerato solo uno sfondo praticamente incidentale rispetto al processo di

    sviluppo di un soggetto epistemico che giudica in modo universale e astratto

    (De Piccoli, 2001, p. 58).

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    1.3 Ragionamento morale e moralit della condotta

    Il rapporto che intercorre tra giudizio, o ragionamento morale (che riflette

    il modo in cui lindividuo conferisce senso al mondo, come egli concettualizza le

    regole e le norme che governano il comportamento), e condotta, o azione

    morale oggetto di riflessione da parte di numerosi autori. La relazione pur

    plausibile, non tuttavia semplice e scontata. Seppure logicamente

    ipotizzabile che, per un principio di coerenza, un certo livello di ragionamento

    morale sia correlato ad un determinato modo di agire, tuttavia non possibile

    dimostrare lesistenza di un rapporto di causalit diretta o lineare tra giudizio

    morale e azione conseguente. Il tema rientra nellampia letteratura psicosociale

    che affronta la relazione tra atteggiamento (generico e generalizzabile) e

    comportamento (specifico e contestualizzato): si veda ad esempio Fishbein &

    Ajzen, (1974; 1975). In letteratura, vi accordo nel riconoscere una differenza

    sostanziale tra giudizi morali e giudizi di responsabilit personale. Mentre con i

    primi il soggetto si esprime sul valore oggettivo della norma in s, i secondi

    sono piuttosto giudizi sul proprio personale rapporto con la norma, sono

    rappresentati nei soggetti come principi di azione sulla base non della norma in

    s, ma del valore che la norma ha per lui. La connessione tra giudizio e

    condotta si avrebbe con lentrata in gioco del , o pi precisamente del

    , limmagine di s come centro organizzatore dellazione proprio

    degli individui umani, dotato di qualit specifiche come lintenzionalit e

    lautoriferimento. Il che attiva lagire rispetto alla norma il

    mantenimento dellautostima, la spinta alla coerenza con se stessi, tanto pi

    forte quanto pi la norma rappresentata nellindividuo come elemento centrale

    del (Paolicchi, 1991, p. 95).

    Pensare alla moralit quindi un conto; agire in modo morale un

    altro. Ma le due cose sono legate? Un livello maturo di comprensione della

    morale garantisce un livello elevato di condotta morale? Secondo Kohlberg

    (1981) si pu ragionare in termini di principi e non rispettarli. In altre parole, non

    ci si pu attendere una corrispondenza uno a uno: un individuo pu sapere

    cosa giusto e comportarsi in ogni caso in modo disonorevole. Ciononostante

    difficile credere che i due regni, conoscenza e comportamento, siano

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    totalmente separati e che il raggiungimento di risultati in uno di essi non

    influenzi la natura dellaltro. A dire il vero Kohlberg stesso conveniva che i due

    avevano pi probabilit di mostrare delle corrispondenze mano a mano che

    lindividuo raggiungeva i livelli pi elevati di maturit cognitiva: un argomento

    sostenuto dalla sua scoperta che tra gli studenti capaci di ragionamento morale

    postconvenzionale soltanto il 15% imbrogliava quando gli veniva data

    lopportunit, contro il 70% degli studenti che ragionavano ad un livello

    preconvenzionale (Schaffer, 1998). Eppure anche in questo caso emerge

    soltanto una tendenza: le eccezioni nei due gruppi sono degne dattenzione e

    rappresentano la maggioranza e la possibilit di prevedere il passaggio dalla

    conoscenza allazione chiaramente unimpresa incerta.

    Un problema costituito dal fatto che la condotta morale o azione

    morale in se stessa non necessariamente una caratteristica completamente

    coerente. Almeno in una certa misura il comportamento delle persone varia da

    una situazione allaltra: un individuo che in nessuna circostanza ingannerebbe

    la famiglia e gli amici pu non avere scrupoli nel mentire al fisco. Un vecchio

    studio di Hartshorne e May (1928-30) esemplifica questa mancanza di

    coerenza, come parte della loro ,

    hanno studiato fino a che punto 10.000 ragazzi di et compresa tra gli 8 e i 16

    anni erano tentati di mentire, imbrogliare o rubare in unampia gamma di

    situazioni. I risultati mostravano che i bambini che imbrogliavano in una

    determinata circostanza non necessariamente imbrogliavano, mentivano o

    rubavano in unaltra. Le conclusioni dello studio di Hartshorne e May puntavano

    a mostrare come lonest di un individuo sia influenzata da tanti fattori

    motivazionali e situazionali e come la costanza della condotta morale non

    possa essere considerata certa (Schaffer, 1998). Fu, infatti, Kohlberg (1981) ad

    introdurre il concetto datmosfera morale come collegamento tra il giudizio

    morale e lazione morale (Brugman, Podolskij, Heymans, Boom, Karabanova &

    Idobaeva, 2002). In generale, tutti i contesti sociali hanno una propria atmosfera

    morale, si pu parlare datmosfera morale in famiglia, nel gruppo dei coetanei, a

    scuola, nelle aziende, nellesercito, o pi in particolare in una batteria di soldati.

    Hst, Brugman, Tavecchio, Beem nel (1998) riprendono il concetto di Kohlberg

    (1981) rivolgendosi per ad uno specifico contesto sociale: la scuola, con

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    preciso riferimento alla misurazione della percezione che degli individui

    (studenti) hanno riguardo allatmosfera morale (a scuola).

    1.4 Daniel Brugman e il costrutto di atmosfera moralescolastica

    Uno degli autori che si focalizzato sulle condizioni sociali che

    influenzano lo sviluppo morale Daniel Brugman, professore ordinario di

    psicologia dello sviluppo morale e sociale presso luniversit dUtrecht, in

    Olanda, lautore ha condotto diverse ricerche mettendo a punto il concettodatmosfera morale scolastica.

    Cosa significa atmosfera morale scolastica?

    Il concetto, si riferisce allinsieme di norme informali e valori, che

    regolano le relazioni sociali nellambito della scuola e al grado in cui queste

    norme e valori sono condivisi dagli studenti. Questo costrutto stato studiato da

    Hst, Brugman, Tavecchio, Beem nel 1998 analizzando la percezione che gli

    studenti delle scuole superiori hanno dellatmosfera morale scolastica. Gli

    studi di Brugman si sono ispirati principalmente alla teoria della (Just Community Approach) di Power, Higgins e Kohlberg (1989).

    Partendo dalla teoria educativa di Kohlberg 1969 (vedi paragrafo tre), gli autori

    considerano latmosfera morale come un importante tra la

    competenza degli individui nel ragionamento morale e il loro comportamento o

    azione morale (Higgins, Power e Kohlberg, 1984; Kohlberg, 1984, 1985). La

    conseguenza logica derivante dal loro modello, che quando si vuole

    migliorare il comportamento morale, si deve migliorare latmosfera morale

    contestuale in cui il comportamento occorre. (Hst, Brugman, Tavicchio, e

    Beem, 1998).

    E importante rilevare laspetto innovativo del costrutto datmosfera

    morale scolastica: il contesto relazionale; non pi il soggetto che esprime la

    sua opinione, ma la esprime sulla base dellatmosfera morale scolastica che

    riflette la prospettiva della maggioranza. A questo proposito le scuole superiori

    si sono dimostrate come migliori contesti di ricerca: I problemi del crimine e di

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    disgregazione morale nelle nostre scuole, hanno le loro origini nel declino della

    cultura scolastica o pi specificatamente, in un pi basso livello datmosfera

    morale (Power, 1985, p. 223).

    La teoria della Comunit Perfetta, descrive il processo che i membri diunistituzione intraprendono quando sviluppano latmosfera morale allinterno

    della loro istituzione (Hst, Brugman, Tavecchio, Beem, 1998, p. 48). Una

    comunit un organizzazione sociale in cui i membri si conoscono e si

    supportano reciprocamente, hanno scopi comuni e un senso di condivisone

    degli obiettivi a cui contribuiscono attivamente sentendosi personalmente

    impegnati (Solomon, Watson, Battistich, Schaps, e Delucchi, 1996, p. 720);

    lapproccio della Comunit Perfetta ben conosciuto per il sua potenzialit ditrasformare latmosfera morale di un scuola normale nellatmosfera morale di

    una comunit giusta e democratica (Kohlberg, 1985). Questo processo di

    sviluppo caratterizzato da 6 costrutti (Power, Higgins e Kohlberg, 1989),

    ciascuno dei quali suddiviso in passi, fasi o stadi leggeri (soft):

    Valutazione della scuola come istituzione, che si riferisce al modo in cui gli

    studenti valutano la scuola di per s:

    - Stadio 0: rifiuto della scuola (ad esempio, landare a scuola considerato uno spreco di tempo).

    - Stadio 1: valutazione strumentale-estrinseco (ad esempio, landare a

    scuola considerato importante per il proprio futuro).

    - Stadio 2: identificazione entusiastica con la scuola (considerata come

    unetichetta sociale di s favorevole)

    - Stadio 3: relazioni sociali (la scuola come contesto didentificazionesociale nelle sue relazioni positive).

    Stadio della Comunit, che si riferisce alla percezione condivisa della comunit

    come valore terminale:

    - Stadio 1: affermazione di potere (ad esempio, gli studenti vanno male a

    scuola perch sono i professori a decidere la loro sorte).

    - Stadio 2: reciprocit concrete (ad esempio, gli studenti si aiutano a

    vicenda solo se ottengono aiuto in cambio).

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    - Stadio 3: relazioni e condivisione; amicizia (ad esempio, gli studenti

    pensano che la scuola sia una grande famiglia).

    - Stadio 4: contratto sociale (ad esempio, studenti e professori sono

    corresponsabili di ci che accade a scuola).

    Grado di collettivit, che si riferisce al grado in cui una norma condivisa dagli

    studenti:

    - Stadio 1: individuale

    - Stadio 2: autorit

    - Stadio 3: condiviso nel gruppo (include contronorme e norme)

    - Stadio 4: norme collettive

    Fase della norma, che si riferisce allimpegno degli studenti a verificare che le

    norme siano rispettate.

    Stadio della norma, che si riferisce al modo in cui il significato della norma

    condiviso:

    - Livello 1: pre-convenzionale

    - Stadio 1: moralit eteronoma, paura della punizione (ad

    esempio, se non aiuti un tuo compagno di classe il

    professore potrebbe arrabbiarsi).

    - Stadio 2: scambio strumentale (ad esempio, aiuto un mio

    compagno di classe, perch piacerebbe anche a me essere

    aiutato se avessi bisogno daiuto).

    - Livello 2 : convenzionale

    - Stadio 3: relazioni, aspettative interpersonali reciproche e

    conformit interpersonale (ad esempio, provi ad aiutare uno

    studente della classe impopolare che in difficolt, dopo

    tutto uno dei tuoi compagni di classe).

    - Stadio 4 : sistema sociale & coscienza (ad esempio, se uno

    studente non riesce a mantenere il livello degli altri lintera

    classe responsabile).

    - Livello 3: post-convenzionale

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    - Stadio 5 : contratto sociale e diritti individuali (la convivenza

    collettiva resa possibile dalladesione ad un contratto

    sociale che prevede il rispetto di alcune norme procedurali

    per conseguire il consenso sociale).

    Contenuto della norma, si riferisce alle norme e mutamenti nellambito di una

    comunit: le norme riguardano il prendersi cura, il dare fiducia, linterazione, la

    partecipazione, la pubblicit, la responsabilit collettiva, lequit procedurale e

    sostanziale, leguaglianza e lordine:

    - Stadio 1 : norme di comunit, cura, fiducia, partecipazione, integrazione,

    pubblicit, responsabilit

    - Stadio 2 : norme di rispetto e onest

    - Stadio 3 : norme donest procedurale

    - Stadio 4 : norme dordine

    Nello studio effettuato da Hst et al. (1998), il Contenuto della Norma

    riguardava il fatto di prevedere di fronte ad un dilemma scolastico, di aiutare o

    non aiutare un altro studente.

    In alcune scuole superiori con una popolazione di studenti volontari

    provenienti da backgrounds socio-economici differenti, Brugman et al. 1994,

    hanno sviluppato latmosfera morale per mezzo di un programma Just

    Community. Il programma consisteva in: a) discussioni aperte focalizzate

    sullequit, moralit e comunit; b) conflitto cognitivo stimolato dallesposizione

    a diversi punti di vista e a ragionamenti di livello pi alto; c) partecipazione

    allelaborazione e allapplicazione delle regole e dellesercizio pubblico del

    potere e della responsabilit; d) sviluppo della solidariet allinterno dellacomunit o del gruppo. Nelle scuole in cui stato applicato il Just Community

    Approach, gli autori hanno riscontrato che gli studenti sidentificavano di pi con

    la scuola, che valutavano, adducendo motivazioni di natura relazionale; lo

    stadio di Comunit si era sviluppato nellimpegno e nella lealt verso la

    comunit;erano state stabilite Norme Collettive.Mentre, per quantoriguarda la

    Fase della Norma, gli studenti avevano sviluppato un senso di responsabilit

    verso il mantenimento e le difese alle regole collettive. Lo Stadio della Normarisultava inoltre compatibile o anche maggiore per quanto riguarda i dilemmi

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    morali relativi alla scuola e alla vita normale, rispetto ai dilemmi ipotetici. I

    dilemmi ipotetici mirano ad elicitare lo stadio pi alto di ragionamento morale

    che i soggetti possono raggiungere a quel punto del loro sviluppo, mentre il

    ragionamento pratico suscitato dai dilemmi di vita-reale inseriti in un contesto

    familiare, istituzionale, per esempio il contesto scolastico. Higgins et. al.(1984) e

    Power et. al. (1989) hanno chiamato questi dilemmi istituzionali, dilemmi pratici

    e li hanno utilizzati per misurare il rendimento morale o azione morale

    (Brugman, Tavecchio, Jan van Os e Hst, 1999). I ricercatori, Brugman et al.

    1994, che hanno partecipato a questi programmi dintervento nelle scuole

    hanno osservato cambiamenti di rilievo nel comportamento morale degli

    studenti: furti, litigi, inganni, fughe da scuola, abuso di sostanze stupefacenti e

    dalcool durante le ore scolastiche, sono stati eliminati. Altri risultati positivi sono

    stati osservati nel miglioramento dellintegrazione degli studenti di colore, nella

    maggiore partecipazione ad incontri democratici e nellintensificazione delle

    aspirazioni professionali (Brugman, Hst, Tavecchio, Beem, 1998).

    I concetti utilizzati dagli autori nei loro interventi, nelle scuole, sono stati

    operazionalizzati e tradotti in uno strumento carta e penna per misurare la

    percezione da parte degli studenti dellatmosfera morale scolastica . Per

    confermare laffidabilit, la validit e il potere dello strumento, stato effettuato

    uno studio che ha coinvolto 1553 studenti provenienti da 32 scuole superiori

    olandesi (Hst, Brugman, Tavecchio, Beem, 1998), le scuole furono selezionate

    tra 4 tipi di scuole che variavano per livello educazionale. Lanalisi della

    varianza ha rilevato differenze significative tra le scuole e i tipi di scuole; le

    analisi della covarianza, in cui la competenza morale degli studenti

    rappresentava la covariata e latmosfera morale la variabile dipendente, ha

    mostrato che leffetto della scuola, per tutte le scuole prese insieme e per ogni

    tipo di scuola, rimasto significativo.

    1.5 Socializzazione secondaria

    La socializzazione secondaria uno dei due contesti oggetto danalisi inquesta ricerca. Gli anni della piena adolescenza tradizionalmente individuati

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    come il periodo in cui si realizza la socializzazione secondaria (Carugati e

    Selleri, 1995, p. 219) si dimostrano cruciali per lesperienza scolastica. Gli

    adolescenti attribuiscono una notevole importanza al superamento dellinsieme

    di compiti di sviluppo connessi alla scuola e si dimostrano consapevoli

    dellimportanza di concludere positivamente il proprio percorso formativo, sia ai

    fini dellinserimento lavorativo o universitario, sia in vista della propria

    emancipazione personale (Harper e Marchall, 1991).

    Il contesto scolastico come contesto di socializzazione secondaria non

    limitato solo allapprendimento inteso come rendimento scolastico, ma anche,

    come prima estesa relazione con unistituzione sociale, che contribuisce in

    modo rilevante alla formazione degli atteggiamenti verso le autorit formali(Rubini e Polmonari, 1995); il modo in cui gli adolescenti si

    alleducazione formale , infatti , considerata come unesperienza incisiva del

    rapporto stabilito con il sistema istituzionale globalmente inteso.Gli orientamenti

    espressi nei confronti dellautorit formale sono inoltre considerati come un

    buon indicatore dei comportamenti trasgressivi o, al contrario, normativi messi

    in atto dagli adolescenti (Mancini, 1999). E a questaspetto che ci riferiamo

    quando parliamo del processo di socializzazione e, pi specificatamente, a

    quella parte della socializzazione secondaria che riguarda la trasmissione, la

    rielaborazione, ladattamento, la trasgressione agli elementi normativi. Per

    capire meglio questo tema necessario inquadrare alcuni concetti, in

    particolare il significato e lobbligatoriet delle norme e la centralit dei soggetti

    nellapplicazione delle norme stesse. Com stato ricordato, le norme possono

    anche essere definite come schemi per linterpretazione dei comportamenti, i

    quali consentono di rendere stabili le interazioni stesse e, allo stesso tempo,

    sono fondamento per le relazioni future. Uno degli elementi centrali della norma

    la capacit di conferire al comportamento carattere dobbligatoriet.

    Lobbligatoriet una modalit, una propriet, un requisito del

    comportamento. La semplice propagazione osservabile di una condotta sociale

    non basta. La norma procede dallapprendimento di comandi normativi espliciti,

    oppure dalla diffusione delle aspettative associate alla propagazione di una

    condotta sociale, aspettative che lagente sociale riconosce come obbligatorie

    (Conte, 1997, p. 23). Lapprendimento e la diffusione daspettative chiamano

    direttamente in causa i processi di socializzazione, allinterno dei quali sono

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    esplicitate linsieme delle norme che regolano e organizzano i molteplici contesti

    sociali cui partecipano gli individui. Inoltre, se si assume la centralit dei

    soggetti non come meri applicatori di norma ma, come utilizzatori consapevoli

    delle norme stesse, allora possibile sostenere che allinterno dei processi di

    socializzazione si viene a costituire quel utilizzato dagli

    individui per interpretare e rendere stabili le proprie interazioni. Inoltre, questo

    tessuto normativo continuamente sottoposto a costanti interventi rielaborativi

    da parte dei soggetti, al fine di poter essere adattato alle molteplici situazioni

    sociali (Zaltron, 2001).

    E inevitabile quando si riflette sulle norme, riflettere anche sulla devianza

    poich, com noto, la norma in quanto tale, permette di identificare edetichettare ci che non coerente con essa, vale a dire il suo opposto inteso

    come devianza. Mi sembra che il termine devianza sia utilizzato in letteratura

    soprattutto in relazione a comportamenti che si trovano allestremo di un

    continuum che vede, da un lato, un comportamento totalmente deviante e,

    dallaltro, un comportamento perfettamente normato; ma tra questi due estremi

    sono presenti moltissime sfumature. Talvolta mettiamo in atto comportamenti,

    che seppure non sono completamente coerenti con le norme sociali, non per

    questo sono definibili come devianti.

    Questa considerazione richiama una riflessione sul concetto di devianza;

    con questo termine veniva designato un insieme eterogeneo di condotte, il cui

    elemento che le accomunava era ovviamente il carattere di trasgressivit. Oggi

    la letteratura specifica utilizza il concetto di devianze (e non di devianza)

    ritenendo che la devianza, il comportamento antisociale e laggressivit

    (argomento che verr ampiamente trattato nel capitolo successivo) siano

    fenomeni multidimensionali rispetto alle loro manifestazioni, ai meccanismi che

    li provocano ed agli effetti che essi producono (Bonino, Cattelino, 1999).

    Nelladolescenza, si assiste ad un costante incremento di comportamenti

    devianti, sia per quanto riguarda il numero di soggetti coinvolti, sia il numero

    datti commessi, che tende a ridursi intorno ai 18-20 anni (De Piccoli, 2001, p.

    69). Questi comportamenti non completamente aderenti alle norme sono

    spesso etichettati come trasgressivi: marinare la scuola, trafugare un piccolo

    oggetto da un grande magazzino, cimentarsi in prove dabilit che possono

    mettere a rischio la propria vita, sono esempi che testimoniano come la

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    trasgressione, a diversi livelli di , faccia parte della vita dei giovani.

    Ovviamente, non possiamo interpretare nello stesso modo azioni che

    pregiudicano pesantemente la vita di se stessi, con azioni che hanno il sapore

    di una . E importante considerare la possibilit

    che la trasgressione sia anche conseguenza di una devianza contingente che

    appartiene alla storia di ciascuno di noi e dogni adolescente, la cui funzione

    rinvia allesigenza di sperimentare il rapporto con la norma, la possibilit di

    elaborare e gestire il confronto con le conseguenze della sua infrazione e con il

    controllo sociale (De Leo e Patrizi, 1999, p. 37).

    La maggior parte degli studi sulla devianza n offrono spiegazioni in

    chiave individualistica, considerando la trasgressione come il risultato di disturbipsicopatologici del deviante. Tali disturbi, a loro volta, rifletterebbero la storia

    evolutiva dellindividuo deviante, piuttosto che la presenza del . Le teorie esplicative della devianza in chiave sociale, per lo pi

    elaborate dai sociologi, vedono questultima come il risultato delleffetto

    dalcune variabili che definiscono la posizione sociale dellindividuo (per

    esempio classe, genere, provenienza geografica ecc.); (Emler, Reicher, 2000).

    Per quanto i due approcci esplicativi possano apparire, antitetici, essi

    condividono per un assunto fondamentale: la devianza il prodotto di forze

    alle quali lindividuo non in grado di resistere; o

    che sia, chi compie atti di devianza mosso da forze che sono al di l del suo

    controllo.

    Queste impostazioni, trascurano completamente di analizzare le basi

    sociopsicologiche delle azioni devianti, cio il contesto immediato in cui la

    devianza si attiva (o non si attiva) e il significato che essere, o non essere

    devianti ha per il mondo sociale degli adolescenti. Le critiche alle

    interpretazioni, sia psicologiche sia sociologiche, della devianza sono

    argomentate da Emler e Reicher (2000) la cui pars construens della loro

    posizione teorica organizzata attorno ad alcune nozioni-chiave.

    a) Non vero che la vita sociale attuale si caratterizzi inevitabilmente per

    lassenza di scambi significativi tra attori anonimi perch privi di storia. I

    rapporti sociali sono la sostanza dellesperienza quotidiana, lacomunicazione avviene non tra estranei, ma generalmente tra persone

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    che si conoscono e che nutrono reciproci sentimenti, siano essi positivi,

    negativi o ambivalenti.

    b) Lazione umana ampiamente controllata dallesigenza di avere una

    reputazione. Questesigenza sostenuta dal fatto che le persone siconoscono, hanno aspettative reciproche e si rappresentano le

    caratteristiche dei propri interlocutori.

    c) La reputazione implica che ogni attore sappia anche che gli altri

    esprimono giudizi su di lui (o su di lei) e questo fa s che lattore si sforzi

    di confermare o modificare limmagine di s che ha fornito agli altri e che

    questi elaborano.

    d) A differenza di quello che diverse teorie psicologiche sostengono, gli

    autori argomentano che non vero che gli atti devianti siano commessi

    da individui isolati e preoccupati soprattutto di tenere nascosto quello che

    fanno. Ogni azione deviante ha fin dallinizio un suo pubblico: il fatto che

    sia progettata e realizzata di nascosto rispetto a tutori e rappresentanti

    della legge non deve fare inferire che non se ne discuta, per progettarla,

    in un certo contesto e con un certo pubblico ; chi di

    fronte ad un particolare pubblico, si costruito una solida reputazione dadeviante probabile che si impegni per riaffermarla e consolidarla.

    e) Gli autori danno rilievo nello svolgimento delle loro argomentazioni, a

    due aspetti del contesto: lordinamento istituzionale della societ, che gli

    adolescenti sperimentano direttamente grazie al contatto con il sistema

    scolastico in cui sono inseriti e mediante il rapporto con le altre agenzie

    statali (la polizia, il sistema sanitario, i centri commerciali, le banche,

    ecc.); i gruppi sociali informali e in particolare i gruppi di coetanei.

    Emler e Reicher (2000), provengono da posizioni teoriche differenti: dalla

    teoria della gestione della reputazione sociale luno; dai processi intergruppi

    nella prospettiva teorica dellidentit sociale/categorizzazione sociale del s

    laltro. I due approcci condividono lattenzione per le modalit attraverso le quali

    il s si sviluppa attraverso processi psicosociali; si pu affermare che mentre

    lapproccio teorico della gestione della reputazione sociale pone lattenzione

    sulle strategie sociali che sono funzionali alla strutturazione del s; quello

    dellidentit sociale teso a rintracciare le origini di questo processo nelle

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    relazioni intergruppi. Ciascuna di queste due tradizioni teoriche in grado di

    sopperire alle debolezze euristiche dellaltra, di conseguenza il loro utilizzo

    congiunto un utile strumento concettuale.

    Il loro obiettivo quello dillustrare le modalit attraverso le quali, lamessa in atto di condotte devianti, costituisce una strategia potente per

    affermare e rivendicare identit sociali che rivestono particolare importanza nel

    mondo giovanile. Emler e Reicher (2000) ritengono che lazione, tanto deviante

    che conforme, sia espressione di una scelta guidata dalla preoccupazione di

    costruire e mantenere una determinata reputazione. Gli autori considerano la

    devianza un mezzo con il quale gli individui comunicano qualcosa di s a

    persone che conoscono e dalle quali sono conosciuti. (Berti, 1997, p. 347). Laprospettiva dalla quale si osserva il fenomeno devianza quella di una societ

    reale dove le persone si conoscono tra loro e gli adolescenti, in particolare,

    appartengono a piccoli gruppi in cui ciascun membro a conoscenza di ci che

    gli altri fanno e i gruppi stessi sono in relazione con altri gruppi di persone.

    1.6 Bullismo, condotte devianti e comportamentoaggressivo.

    Il concetto di devianza stato ampiamente argomentato nel precedente

    paragrafo e definito come comportamento che devia da una norma sociale,

    costituito per la maggior parte dei casi da occasionali trasgressioni,

    coinvolgimenti in piccoli reati, irrilevanti dal punto di vista giuridico e della

    riprovazione sociale. Solo una percentuale minima di questi soggettiintraprende una (quando il comportamento rimane

    stabile nel tempo e la gravit degli atti sembra pi preoccupante). La frequenza

    e la gravit degli atti commessi divengono cos indicatori del vero e proprio

    comportamento effettivamente deviante sul quale let influisce poco

    (Polmonari, 1997).

    A questo punto ci sembra doveroso fare riferimento al concetto di

    bullismo. Riteniamo, infatti, importante fare assoluta chiarezza circa gliindicatori che, permettono di definire una comune espressione di aggressivit,

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    come un fenomeno di bullismo. Il bullismo considerato come uninterazione

    deviata tra due o pi soggetti (Fonzi, 1997) nella quale possibile distinguere

    due diversi ruoli: laggressore, ossia il soggetto o i soggetti che

    sistematicamente provocano, molestano e prevaricano un bambino o un gruppo

    di bambini; la vittima, ossia il soggetto o i soggetti che sono esposti

    ripetutamente alle azioni offensive messe in atto da uno o pi compagni.

    Linterazione tra aggressore e vittima avviene in un contesto specifico, quello

    scolastico. Il bullismo non si manifesta soltanto attraverso il contatto fisico e

    quindi picchiando, prendendo a calci o a pugni, rovinando o appropriandosi

    degli effetti personali di qualcuno, tormentando o dominando la propria vittima.

    Esso pu manifestarsi anche attraverso luso di parole o gesti offensivi e quindi

    minacciando, deridendo, insultando o facendo affermazioni razziste nei

    confronti di un compagno. Esso pu apparire anche senza luso delle parole o

    del contatto, semplicemente beffeggiando qualcuno, con smorfie e gesti sconci,

    diffondendo pettegolezzi non piacevoli su di lui, escludendolo inizialmente dal

    gruppo o ignorando i suoi desideri (Mancini, 1999).

    Queste forme di bullismo pi sottile, indiretto e subdolo come

    lisolamento sociale, lesclusione intenzionale dal gruppo dei pari, la

    manipolazione e lalterazione dei rapporti amicali, sembrano caratterizzare il

    bullismo prevalentemente femminile. Al contrario i maschi, oltre che

    commettere un maggior numero di atti di bullismo, preferiscono adottare forme

    di bullismo pi dirette. I maschi, inoltre sono in gran parte responsabili del

    bullismo rivolto alle femmine (pi del 60% delle ragazze prevaricate ha riportato

    di essere stata vittima dei ragazzi), mentre pi dell80% dei maschi ha riferito di

    essere stato prevaricato da soggetti del loro stesso sesso (Olweus, 1996). Dagli

    stessi studi si evince che il fenomeno si manifesta in forme pi gravi e con

    maggior frequenza rispetto a dieci, quindici anni fa.

    Lincidenza maggiore di questo fenomeno si verifica nellambito

    scolastico e non, come sarebbe logico attendersi, nel tragitto casa-scuola. Le

    dimensioni delle scuole e delle classi non sembrano comunque essere variabili

    rilevanti. Il bullismo non si manifesta prevalentemente nelle grandi citt, anzi se

    mai in questi contesti gli insegnanti e i genitori sembrano maggiormente

    informati e consapevoli del fenomeno. Tuttavia in generale il personale

    scolastico non sembra dedicare la giusta rilevanza e attenzione a fenomeni di

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    bullismo, n mette in atto strategie di intervento diretto per contrastarne la

    presenza; i docenti sembrano trascurare anche la discussione con gli studenti.

    In realt un consistente numero di insegnanti che effettuano supervisione

    durante lorario dei pasti o della ricreazione incide profondamente nella

    riduzione del fenomeno.

    Proviamo ora ad analizzare che tipo di relazione ha il bullismo con altri

    comportamenti spesso etichettati come , , , , ? Vorrei

    cominciare presentando un grafico (vedi grafico 1) tratto da una metanalisi di

    studi sui disturbi della condotta effettuato da Menesini (2000). In esso, si cerca

    di sintetizzare la relazione tra le diverse espressioni del comportamentoaggressivo (vedi cap. 2) e dei disturbi della condotta. Questo grafico, in

    particolare, individua due dimensioni:

    1) dimensione orizzontale: va dalle forme pi nascoste di comportamento

    violento e aggressivo, a forme aperte. Le forme nascoste possono essere, per

    esempio, rubare, fare atti di vandalismo, infrangere regole, usare sostanze

    stupefacenti. Le forme aperte includono comportamenti come laggressivit, la

    violenza, la rabbia ed altre forme di natura pi psicologica come lostinazione e icomportamenti di sfida;

    2) dimensione verticale: include le forme pi distruttive (in alto) e quelle

    meno distruttive (verso il basso) dei disturbi della condotta.

    Grafico 1.1 Rappresentazione bidimensionale dei disturbi della

    condotta

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    violazione propriet aggressivit

    formenondistruttivedistruttive

    crudelt animali aggressivitdisprezzare

    furtilotta accuse

    piromania vandalismo

    crudelt bullismobugie

    ira

    scappare bestemmiare sfidare disturba

    marinare infrangere regole discutere ostinazione

    drogherabbia

    permalosit

    violazione status opposizione

    forme nascoste - aperte

    Dallincrocio di queste due dimensioni si pu rilevare come il bullismo siapresente nel quadrante dei comportamenti aggressivi, compreso nella categoria

    pi ampia dellaggressivit. Per la posizione che occupa, il bullismo si colloca

    tra le forme un po meno distruttive daggressivit, sicuramente meno distruttiva

    rispetto ad altre, quali la violenza e la crudelt. Per questo il bullismo raccoglie

    molti fenomeni, alcuni pi lievi quali loffesa e la derisione, altri pi gravi quali

    laggressione fisica e la violenza (Menesini, 2001).

    Fin qui abbiamo definito il bullismo come una sottocategoria delcomportamento aggressivo. Cerchiamo ora di capire con quali caratteristiche

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    vuoi per un minor supporto e comprensione verso i soggetti prepotenti da parte

    dei compagni. Tuttavia a livello individuale questo pattern comportamentale si

    sclerotizza in una modalit abituale di comportamento aggressivo e di

    risoluzione di conflitti. Olweus (1996) sostiene che questa forma di continua

    oppressione violenta e protratta produce effetti a lungo termine di drammatica

    entit sia sulla personalit del persecutore che su quella del perseguitato. Col

    tempo e con la generalizzazione di un pattern aggressivo di azione, il bullo pu

    giungere a sviluppare e a legittimare condotte antisociali, a sviluppare problemi

    con la giustizia e ad entrare comunque in conflitto con lordinamento delle leggi.

    Cos il fenomeno del bullismo pu anche essere letto come un aspetto di un

    comportamento antisociale precoce che si caratterizza per una generale

    mancanza di rispetto per le regole (Olweus, 1996, p. 66).

    Abbiamo nominato spesso il termine aggressivit come substrato sia

    della devianza sia del bullismo, prima di procedere nella descrizione delle

    diverse forme del comportamento aggressivo, vorremmo precisare che, proprio

    per le modalit con le quali le relazioni con i compagni di classe sono state

    rilevate in questa ricerca (in particolare ci riferiamo alla scala dellaggressivit,

    parte terza del questionario Appendice A), esse non saranno caratterizzate

    come manifestazione di bullismo. Perch, questo fenomeno non molto

    presente nelle scuole superiori, soprattutto in relazione allet del nostro

    campione (da 15 a 23 anni), infatti, le prepotenze perpetrate e subite a danno

    dei compagni sono diffuse tra i bambini delle scuole elementari (Fonzi, 1997) e

    tendono a diminuire progressivamente con il crescere dellet: nella scuola

    media e nella scuola superiore in cui il fenomeno scarsamente rappresentato

    (Mancini, 1999).

    Olweus (1996), tra gli altri, puntualizza che il bullismo una relazione

    negativa costante e ripetuta nel tempo. Linterpretazione privilegiata in questa

    ricerca, non ci permette quindi di cogliere la reale od oggettiva intensit delle

    relazioni analizzate. Parleremo quindi, pi semplicemente, di modalit di

    rapportarsi ai compagni di classe che presentano diversi livelli di aggressivit.

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    Capitolo 2

    Il comportamento aggressivo

    2.1 Teorie sullaggressivit.

    Si consideri il seguente episodio di cui io stessa sono stata testimone

    questestate. Il teatro una famosa discoteca della Versilia, affollata di giovani,alcuni sono in pista a ballare, altri accalcati contro il bancone del bar e altri

    ancora seduti ai tavoli. Fra di loro c un gruppo di ragazzi milanesi, venuti l a

    fare serata.

    La discoteca intasata, fa caldo e c un frastuono assordante. Due

    ragazzi Claudio (fiorentino) e Francesco (milanese) iniziano a discutere

    animatamente. Improvvisamente il fiorentino balza in piedi, aggredisce

    verbalmente il milanese e lo colpisce con un pugno sul mento. Il ragazzomilanese cade e batte la testa contro il vaso di una pianta e crolla sul

    pavimento. Gli esce sangue dalla bocca e dal naso.

    A quale teoria potrei ricorrere per identificare il comportamento

    aggressivo del ragazzo fiorentino?

    Due posizioni fondamentali hanno condizionato fortemente la ricerca

    psicologica sullaggressivit. Una concepisce laggressivit come una forma di

    comportamento che guidata da istinti o pulsioni innate. Laltra invece,

    considera laggressivit come qualsiasi altro comportamento acquisito

    attraverso lesperienza individuale. C inoltre una terza versione, a met strada

    tra le prime due, che unisce i concetti di pulsione e apprendimento, lipotesi

    della frustrazione-aggressivit.

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    2.2 Laggressivit come istinto.

    Lipotesi della psicoanalisi, da un lato, e dalletologia dallaltro, hanno

    influenzato, pi dogni altra teoria, le nostre idee quotidiane sulle cause

    dellaggressivit.

    Allinterno del quadro concettuale della psicoanalisi Freud svilupp per

    primo una concezione dellaggressivit posta al servizio del . Laggressivit vista come una reazione dellindividuo alla

    frustrazione sperimentata durante la ricerca del o

    dellappagamento della libido (lenergia sessuale che parte dell).Per sostenere limportanza dellaggressivit nel comportamento umano

    Freud si basa su dati osservati, che interpreta per con una modalit

    tipicamente filosofica. Per esempio, in (1930), Freud

    scriveva Una parte di vero in tutto questo c, anche se sovente non

    riconosciuta, ed che luomo non una creatura mansueta, bisognosa damore

    capace al massimo di difendersi quando attaccato; vero invece che bisogna

    attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose daggressivit(Freud, 1930, p. 599).

    Freud continuava commentando che listinto aggressivo costituisce il

    sostrato dogni relazione tenera e amorosa tra esseri umani, con lunica

    eccezione, forse, di quella tra la madre e il figlio maschio (Freud, 1930, p. 601).

    Va osservato che Freud aveva pubblicato la sua teoria dellaggressivit e

    , nel 1920, dopo il lungo e sanguinoso

    periodo della Prima guerra Mondiale. Lenergia distruttiva creata da questistintova continuamente allontanata dallindividuo, indirizzandola verso lesterno per

    impedire lautodistruzione e mantenere la stabilit intrapsichica. Secondo Freud

    il comportamento aggressivo consente di deviare lenergia distruttiva e di ridurre

    anche la tensione, proprio come lattivit sessuale allontana lo stato di tensione

    (Freud, 1933). Da ci nacque lidea della catarsi, considerata da Freud come

    possibilit di rilascio dellenergia distruttiva attraverso il comportamento

    espressivo, ma avente solo effetti temporanei. Si possono cos esprimere letendenze ostili ed aggressive in forme non distruttive, come lumorismo

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    tagliente o le fantasie, allontanando dal soggetto lenergia distruttiva e

    impedendo che si esprima apertamente attraverso manifestazioni di

    aggressivit.

    Secondo tale prospettiva, laggressivit umana quindi inevitabile.Questo profilo riassuntivo, della teoria psicoanalitica ortodossa sullaggressivit,

    solleva il problema di come sia possibile verificare queste assunzioni a livello

    empirico. Per tali ragioni, la teoria non ha avuto incidenza effettiva sulle ricerche

    contemporanee sullaggressivit, anche se ha originato alcune prospettive a s

    stanti, in seno alle quali sono emersi alcuni concetti cruciali: il caso dellipotesi

    frustrazione-aggressivit. Anche in etologia, come nella psicoanalisi, vi sono

    alcune posizioni teoriche che postulano lesistenza di unenergia istintuale dinatura aggressiva.

    Diversamente dal concetto psicoanalitico di pulsione, lapproccio

    etologico accorda allaggressivit una funzione al servizio della specie.

    Laggressivit vista come una disposizione comportamentale innata che ha

    origine dalla selezione naturale, e che, come altre disposizioni, quali il prendersi

    cura dei piccoli, accresce la probabilit di sopravvivenza e la conservazione

    della specie (Lorenz, 1963).Lorenz sostiene che lorganismo sviluppa continuamente energia

    aggressiva. Il verificarsi del comportamento aggressivo dipende da due fattori:

    a) lammontare dellenergia aggressiva accumulata allinterno dellorganismo in

    un determinato periodo, e b) la forza degli stimoli esterni (ad esempio vedere o

    sentire lodore di un predatore) che fa scattare la risposta aggressiva (Krah,

    1996, p. 347, trad. aut.). Quando lenergia stata consumata nel

    comportamento, la tendenza a continuare le azioni aggressive diminuisce. Se ilsoggetto non incontra uno stimolo scatenante dopo un lasso di tempo

    abbastanza lungo, laggressivit pu accumularsi fino al punto di esplodere

    spontaneamente, anche in assenza chiari stimoli esterni (Lorenz, 1963). Lorenz

    e Freud concordano quindi sul fatto che laggressivit umana sia ineliminabile.

    Le conclusioni cui giunge Lorenz sulla possibilit di controllare la violenza, ed

    evitare lesplosione spontanea dellaggressivit incontrollata, sono tuttavia

    leggermente diverse da quelle di Freud. Lorenz suggerisce di controllare chepiccole quantit di energia siano scaricate attraverso manifestazioni aggressive

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    accettate dalla societ, come la partecipazione attiva o passiva ad attivit

    sportive competitive.

    Lipotesi di Lorenz ha sollevato una serie di critiche che ne mettono in

    dubbio la validit. Le scene di violenza tra fazioni opposte di tifosi di calcio,unite ai risultati della ricerca empirica, documentano che le competizioni

    sportive sovente producono un crescendo di violenze invece di contribuire a

    controllarle e ad indebolirle (Gabler, Schulz e Weber, 1982).

    Ritorniamo al caso di Claudio e Francesco e a ci che provoc

    lesplosione di aggressivit nella discoteca. Ammettendo che laggressivit sia

    un istinto, dobbiamo assumere che al momento in cui Claudio comp lazione

    violenta aveva accumulato una forza (energia) sufficiente a generare ilcomportamento aggressivo, nella situazione, Francesco rappresentava

    semplicemente lo stimolo scatenante. Linterpretazione, a prima vista, potrebbe

    essere plausibile. In realt ci sono alcuni aspetti che rimangono oscuri. Per

    esempio, perch Claudio divenne violento proprio in quella situazione? Per

    quale motivo fu Francesco a provocare laggressione?

    2.3 Frustrazione e aggressivit

    Nel 1939 cinque autori, conosciuti come il gruppo di Yale, pubblicarono

    un libro intitolato Frustrazione e aggressivit, che diede lavvio alle ricerche

    sperimentali sul fenomeno dellaggressivit nellambito della psicologia sociale

    (Dollard et. al. 1939). Questi autori rifiutarono il concetto di istinto di morte e

    lidea circa lesistenza di pulsioni innate verso laggressivit. Si affidarono pi

    alle vecchie idee di Freud, dando risalto alla formulazione di concetti operativi e

    di ipotesi verificabili a livello empirico. Il loro modello, prospetta che una

    persona sia motivata ad agire in modo aggressivo non da fattori innati, bens da

    una pulsione indotta dalla frustrazione. Con il termine frustrazione gli autori

    intendono una condizione che sorge quando il raggiungimento di un fine

    incontra un ostacolo, laggressione invece unazione che ha lo scopo di

    nuocere ad un altro organismo. Il legame tra questi due concetti espressodalla seguente asserzione: la frustrazione conduce sempre a qualche forma di

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    aggressivit e laggressivit sempre conseguenza della frustrazione

    (Mummendey, 1991).

    Se la persona che allorigine della frustrazione fisicamente possente

    o ha una forte autorit a livello sociale, lindividuo che sperimenta la frustrazionepu rivolgere la propria aggressivit ad unaltra persona meno pericolosa. Ci

    significa che il bersaglio del comportamento aggressivo sostituibile, cos come

    la forma assunta dalla reazione aggressiva. La sostituzione del bersaglio e

    della risposta sono forme di spostamento dellaggressivit (Mummendey, 1991,

    p. 297). Questo concetto come quello di catarsi mutuato dalla psicoanalisi; la

    sostituzione serve a scaricare lenergia aggressiva prodotta dalla frustrazione,

    mentre la catarsi elimina la prontezza ad agire in modo aggressivo.Lipotesi della frustrazioneaggressivit ricevette molte critiche. Subito

    dopo la pubblicazione del libro del Gruppo di Yale, ci fu chi avanz critiche sulla

    semplice ipotesi riguardante la relazione causale tra frustrazione e aggressivit.

    Si afferm che la frustrazione non conduce sempre allaggressivit, ma pu

    essere accompagnata anche da altri tipi di reazione come il pianto, la fuga, o

    lapatia. Inoltre, se uno stato di frustrazione pu portare allaggressivit, non

    sempre la condizione necessaria: laggressivit pu anche verificarsi in assenzadi una precedente frustrazione. Un assassino a pagamento pu portare a

    termine il suo compito senza nemmeno conoscere la sua vittima, e tanto meno

    aver subito una frustrazione per causa sua (Mummendey, 1991, p. 297). Altre

    critiche sono impostate sul concetto di catarsi e di impulso aggressivo. Le

    persone non diventano meno aggressive dopo che hanno compiuto unazione

    aggressiva come mostrano le prove sperimentali di Tedeschi e Felson

    (Tedeschi e Felson, 1994). Esprimere rabbia, lasciarla sfogare non ci calma e

    non ci rende tranquilli, anzi a volte ci rende pi aggressivi. I vari tipi di eventi

    negativi che conducono al comportamento aggressivo sono molto specifici. Le

    persone tendono a diventare aggressive quando credono che qualcuno le abbia

    attaccate o quando pensano di avere sbagliato. In laboratorio il modo migliore

    per far diventare i soggetti aggressivi attaccarli, non frustrarli. Per esempio un

    insulto, ha molto pi impatto che perdere una gara (Felson, 2000). Gli individui

    rispondono alle frustrazioni e agli eventi negativi in altri modi: capovolgendo il

    loro ritmo di vita, ubriacandosi, impegnandosi nella risoluzione di problemi o

    lasciando stare e ricercando nuovi stimoli. Sono principalmente le frustrazioni

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    ingiustificate che spingono gli individui a diventare aggressivi come dimostrano

    le prove di laboratorio. In altre parole colpevolizzare qualcuno fondamentale

    nel determinare se unesperienza negativa porta al comportamento aggressivo.

    Infatti in una ricerca di laboratorio i soggetti hanno reagito a shocks intenzionali

    anche quando non avevano realmente ricevuto tali shocks (Epstein e Taylor,

    1967). Le cattive intenzioni, non le cattive esperienze conducono a

    comportamenti aggressivi perch implicano colpa. Altri studi di laboratorio

    mostrano una maggior reazione negativa da pare dei soggetti quando lo shock

    provocato da unaltra persona piuttosto che da una macchina (Sermat, 1967).

    Il dolore lo stesso, ma il significato diverso. Quando il soggetto colpito,

    pensa di essere maltrattato e umiliato di conseguenza reagisce (Felson, 2000,

    p. 12, trad. aut.).

    Queste obiezioni stimolarono gli autori a modificare in breve tempo le

    loro ipotesi originarie. Laggressivit fu cos interpretata unicamente come uno

    stimolo che induce una risposta aggressiva inclusa nella gerarchia delle

    possibili tendenze di risposta dellindividuo, anche se vista ancora come la

    risposta dominante ad uno stato di frustrazione (Miller et. al. 1941). La

    frustrazione crea pertanto uno stato di preparazione allaggressivit, ma

    leventualit che essa trovi uneffettiva espressione nel comportamento dipende

    da altre condizioni. La questione relativa alle specifiche condizioni che

    stimolano le manifestazioni di aggressivit ci conducono al lavoro di Berkowitz e

    alla sua versione riveduta dellipotesi della frustrazione-aggressivit. Tra i due

    concetti cardine egli introduce un principio interveniente, ossia le condizioni (o

    stimoli) appropriate per laggressivit.

    La frustrazione non provoca immediatamente una reazione aggressiva,

    ma suscita nellindividuo uno stato dattivazione emotiva (arousal), cio la

    rabbia, la quale crea una condizione interna di preparazione al comportamento

    aggressivo. Tuttavia, affinch avvenga unazione violenta necessario che

    nella situazione siano presenti stimoli provvisti di un significato aggressivo, in

    altre parole stimoli che siano associati a condizioni che liberano rabbia o

    semplicemente alla rabbia stessa. Gli stimoli acquisiscono la qualit dindizi

    aggressivi grazie a processi di condizionamento classico; in questo modo

    qualsiasi persona od oggetto pu trasformarsi teoricamente in uno stimolo per il

    comportamento aggressivo. Un atto aggressivo ha dunque una duplice origine:

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    la rabbia suscitata nellaggressore e gli indizi presenti nella situazione.

    Berkowitz e i suoi colleghi condussero una serie desperimenti per verificare in

    modo sistematico tutte queste ipotesi della teoria del segnale-stimolo (Berkovitz

    1974). Uno di questi esperimenti in particolare ha destato un considerevole

    interesse nei ricercatori, dando adito ad ampie critiche e tentativi in parte riusciti

    di replicare un fenomeno divenuto noto con il nome deffetto arma (weapons

    effect). Secondo Berkowitz, lesperienza ci porta ad associare determinati

    oggetti ad azioni aggressive; tali oggetti possiedono pertanto un alto valore

    come indizi aggressivi. Le armi, e soprattutto le rivoltelle, ne sono un eccellente

    esempio. Diversamente dai coltelli e dai bastoni, le rivoltelle hanno una

    funzione precisa ed evidente. Pertanto la presenza di una rivoltella, in virt del

    suo significato aggressivo, dovrebbe produrre tendenzialmente forme

    daggressivit pi estreme della presenza doggetti forniti di connotazioni

    neutre. Alcuni esperimenti non sono tuttavia riusciti a confermare le ipotesi di

    Berkowitz, o perch non hanno trovato alcun effetto arma come (Turner e

    Simons 1974) o perch leffetto stato riscontrato in soggetti che non erano

    stati sottoposti preventivamente ad unesperienza frustrante (Fraczek 1974;

    Schmidt e Schmidt- Mummendey 1974). Sembra pertanto pi opportuno

    interpretare leffetto arma come risultato di caratteristiche situazionali che

    rafforzano le manifestazioni aggressive, mentre meno certo se si possa

    considerarlo un classico stimolo condizionato come nellipotesi di Berkowitz.

    Secondo alcuni studiosi, leffetto rinforzante esercitato dagli stimoli aggressivi

    pu essere dovuto al fatto che essi segnalano allindividuo che lazione violenta

    una forma di comportamento appropriata in quella situazione (Page e Scheidt

    1971).

    Se applichiamo lipotesi frustrazione-aggressivit nel suo pi ampio

    significato al nostro esempio iniziale di Claudio e della sua azione aggressiva

    nei confronti di Francesco, linterpretazione di ci che avvenne in discoteca si

    rivelerebbe leggermente diversa. Senza dubbio Claudio era frustrato;

    probabilmente ci che ha detto Francesco durante la discussione lo ha

    sconvolto, forse si sentito insultato e ha reagito in modo aggressivo a questa

    frustrazione. Non da escludere che la rabbia di Claudio fosse dovuta ad altre

    ragioni, ma Francesco era il bersaglio adatto per scaricare la sua aggressivit.

    Parimenti ci si potrebbe interrogare sui potenziali stimoli aggressivi che hanno

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    trasformato la rabbia di Claudio in una vera azione violenta. Per esempio tra i

    ragazzi fiorentini molto diffuso lo stereotipo dei milanesi come individui

    . E dunque possibile che Francesco, poich

    milanese, sia stato associato a tale immagine e che abbia assunto il ruolo di

    stimolo aggressivo per Claudio. Ma per quale motivo Claudio ha scelto questa

    particolare forma daggressivit al posto delle numerose alternative

    immaginabili? Le conseguenze previste del comportamento aggressivo sono

    state approfondite dalle teorie dellapprendimento.

    2.4 Laggressivit come comportamento appreso

    Com appresa laggressivit?

    Diverse teorie sullapprendimento dellaggressivit sono state proposte

    tra 1960 e 1970 da Bandura (1973), Berkowitz (1962), Patterson (1986) e altri.

    Pi recentemente i ricercatori hanno introdotto modelli di apprendimento basati

    sul pensiero corrente della psicologia cognitiva (Berkowitz, 1990; Dodge, 1980;

    Huesmann, 1988). Le specifiche condizioni che hanno mostrato empiricamente

    essere le pi conduttive nellapprendimento e nel mantenimento del

    comportamento aggressivo sono quelle in cui i bambini sono rinforzati nei loro

    comportamenti aggressivi (Patterson, 1986); quando sono fornite opportunit di

    osservare il comportamento aggressivo (Bandura, 1973; Eron, Huesmann,

    Lefkowitz, Walder, 1972); e quando sono offerte poche possibilit per

    sviluppare legami affettivo-sociali positivi con altri (Hawkins e Weis, 1985).

    (Felson, 2000, trad. aut.). Mentre queste condizioni possono convivere in tuttele classi sociali, pi probabile che si verifichino nel centro delle citt in cui

    lambiente caratterizzato da una deprivazione sociale economica estrema

    (McLoyd, 1990). Quindi questambiente incrementa il livello generale di rischio

    per tutti i bambini che vi crescono.

    Secondo le teorie dellapprendimento le domande che necessario porsi

    sono le seguenti: in che modo lindividuo acquisisce le forme di comportamento

    aggressivo? Cos che fa s che il comportamento aggressivo sia eseguito nonuna volta, ma ripetutamente, diventando cos abituale? A proposito delle

  • 7/30/2019 tesi_slivia_borghi

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    condizioni che determinano linsorgenza dellaggressivit, ho gi esposto, degli

    stimoli scatenanti e del legame che esiste tra frustrazione e aggressivit.

    Vediamo ora come il comportamento aggressivo acquisito e mantenuto.

    Condizionamento strumentale. Nella prospettiva del condizionamento

    strumentale, il concetto di frustrazione come fomentatore del comportamento

    aggressivo irrilevante. Ci che importante invece, la reazione

    dellambiente a qualsiasi risposta aggressiva specifica elicitata dallindividuo. Le

    risposte aggressive che sono rinforzate a lungo nel tempo si ripetono, quelle

    che sono punite invece tendono ad estinguersi. Tali principi operanti sono stati

    impegnati con successo da Gerald Patterson e dai suoi colleghi (1993), chehanno proposto una teoria