INDICE
Introduzione.................................................................................................................................1
Capitolo 1: Verso il ben-essere....................................................................................................5
1.1. Diventare genitori: la progettualità.......................................................................................5
1.2. Il passaggio da casa all’asilo nido: un nuovo inizio............................................................10
1.3. La continuità relazionale tra nido e famiglia........................................................................16
Capitolo 2: Una collaborazione sottobanco.................................................................................22
2.1. Le nuove figure d’attaccamento: inserimento scolastico......................................................22
2.2. Il percorso educativo: dal primo al terzo anno......................................................................27
2.3. Il cambiamento: dall’asilo nido alla scuola dell’infanzia.................................................... 33
Capitolo 3: Festa del papà...........................................................................................................39
3.1. Progettare l’attività...............................................................................................................39
3.2. 19 Marzo 2014: dipingiamo insieme....................................................................................45
3.3. Dietro le quinte.....................................................................................................................52
Conclusione.................................................................................................................................57
Bibliografia..................................................................................................................................58
Sitografia.....................................................................................................................................60
Ringraziamenti........................................................................................................................61
1
INTRODUZIONE
"Tutti i grandi sono stati bambini una volta,
ma pochi se lo ricordano."
De Saint – Exupéry
Il Piccolo Principe arrossisce, è un bambino che non risponde alle domande, ma a qualcuna
arrossisce. Durante tutta la sua vita Saint – Exupéry conservò questa particolarità, di arrossire
invece di rispondere quando gli si presentavano situazioni di leggero imbarazzo. Fatto così raro in
un adulto, che in più è un uomo, tenace residuo dell'infanzia1.
Attraverso questo capolavoro francese vorrei dare motivazione della mia tesi.
Ho iniziato il mio lavoro dalla concezione dell'uomo come “essere in relazione”, ed è quello che
succede all'autore:
<< Ho incontrato molte persone importanti nella mia vita, ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi. Li
ho conosciuti intimamente, li ho osservati proprio da vicino. Ma l'opinione che avevo di loro non è
molto migliorata. Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta, tentavo
l'esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato. Cercavo di capire così se era
veramente una persona comprensiva. Ma, chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: - è un
cappello - . E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle. Mi abbassavo al suo livello.
Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era tutto soddisfatto di avere incontrato
un uomo tanto sensibile.2>> La difficoltà nell'entrare in relazione con gli uomini sta proprio nel
cercare di mantenere viva la propria identità. L'uomo è inserito in una rete di relazioni costruita da
sé stesso e insieme all'altro ma, per poterla creare, ha bisogno di qualcuno con cui poter
intraprendere un percorso dettato dalla progettualità. Progettare la propria vita non significa creare
delle regole da seguire, ma realizzare ciò che si è pensato per la propria vita.
L'autore si ritrova sperduto in un deserto, e trova la speranza di continuare a vivere e a lottare per
tornare a casa nel momento in cui viene svegliato dalla voce di un bambino:
<< La prima notte, dormii sulla sabbia, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana. Ero più
1 A. DE SAINT – EXUPÉRY, Il Piccolo Principe, Milano, Tascabili Bompiani, 2007, p. V
2Idem, p.10.
2
isolato che un marinaio abbandonato in mezzo all'oceano su una zattera, dopo un naufragio.
Potete immaginare il mio stupore di essere svegliato all'alba da una strana vocetta: -Mi disegni,
per favore, una pecora? -. 3>> Questo risveglio lo si può associare al risveglio che ogni famiglia ha
al momento della nascita di un figlio. Nel momento in cui la famiglia si allarga cambia la
progettualità che si aveva in mente, da adesso in poi i genitori si dovranno muovere anche secondo
gli interessi del bambino, svolgendo la funzione di “contenitore”, dovranno inoltre iniziare a creare
la rete di relazione del proprio figlio, la rete che crescendo continuerà a tessersi da solo.
Un primo passo è dato dalla scelta di inserire il bambino al nido. Tutta la famiglia va incontro ad
un nuovo mondo. Anche De Saint – Exupèry, una volta tornato, ha comprato matite per colorare,
per non cadere nella tentazione di interessarsi solamente alle cifre, come capita a molti adulti: <<
Mi sarebbe piaciuto dire: - C'era una volta un piccolo principe che viveva su di un pianeta poco
più grande di lui e aveva bisogno di un amico.. - Per coloro che comprendono la vita, sarebbe stato
molto più vero. Perché non mi piace che si legga il mio libro alla leggera. […] E posso diventare
anche io come i grandi che non s'interessano più che di cifre. Ed è anche per questo che ho
comprato una scatola coi colori e con le matite. […] Mi studierò di fare ritratti somigliantissimi.
Ma non sono affatto sicuro di riuscirvi.4>>
La preoccupazione di non riuscire a compiere il proprio lavoro è la stessa che i genitori vivono al
momento dell'inserimento al nido. Si ha paura che si sta facendo uno sbaglio, che è troppo presto,
che non sia giusto per il bambino. In questi momenti di difficoltà risulta fondamentale la figura
delle educatrici, semplici persone che si prenderanno cura dei propri figli, mirando ad un unico
obiettivo insieme alle famiglie: la crescita del bambino. Ed è quello che l'autore ha fatto con il
Piccolo Principe preoccupato per il suo fiore, ha disegnato così tutto ciò che potesse servire per
metterlo in salvo. << Era caduta la notte. Avevo abbandonato i miei utensili. Me ne infischiavo del
mio martello, del mio bullone, della sete e della morte. Su di una stella, un pianeta, il mio, la Terra,
c'era un piccolo principe da consolare! Lo presi in braccio. Lo cullai. Gli dicevo: - il fiore che tu
ami non è in pericolo.. disegnerò una museruola per la tua pecora.. e una corazza per il tuo fiore..
io..-.5>> Le educatrici non operano attraverso i disegni, ma attraverso il dialogo. Sono infatti
3Idem, p.11.
4Idem, p.24.
5Idem, p.38.
3
indispensabili i momenti di confronto tra l'asilo e le famiglie, per poter poi raggiungere l'obiettivo
prefissato precedentemente.
Raggiungere questo scopo è possibile nel momento in cui ci si muove parallelamente e
contemporaneamente su due direzioni: la prima è considerare il bambino come essere unico,
irripetibile, la seconda di inserirlo in un gruppo e, quindi, tener conto dell'insieme di bambini con
cui si lavora. Ogni bambino è portatore di abilità, abilità che sono indispensabili al gruppo per poter
crescere. Durante le visite nei vari pianeti, l'autore e il piccolo principe incontrano diversi
personaggi. Il re è quello che meglio sottolinea l'unicità, e l'importanza che questa ha, di ogni
persona. Pur avendo il potere su ogni cosa, era infatti un monarca universale, il re rispettava ogni
persona, chiedendo loro solo ciò che erano in grado di dare: << E sentendosi un po' triste al
pensiero del suo piccolo pianeta abbandonato, si azzardò a sollecitare una grazia dal re: -vorrei
tanto vedere un tramonto.. fatemi questo piacere.. ordinate al sole di tramontare-. -Se ordinassi a
un generale di volare da un fiore all'altro come una farfalla, o di scrivere una tragedia, o di
trasformarsi in un uccello marino; e se il generale non eseguisse l'ordine ricevuto, chi avrebbe
torto, lui o io?- -L'avreste voi- disse con fermezza il piccolo principe. -Esatto. Bisogna esigere da
ciascuno quello che ciascuno può dare.-6 >>
Il bambino è al centro dell'attenzione sia della famiglia che delle educatrici. Si arriva però ad un
punto in cui le educatrici lasciano le redini, ad un punto in cui il bambino deve vivere un
cambiamento e chi ne “soffre” sono soprattutto gli adulti. Si hanno mille pensieri sulla novità, sul
cambiamento ma ciò che resta è la consapevolezza che il bambino può fare di più ed è pronto.
Anche l'autore ha vissuto questo distacco, ha dovuto lasciare il piccolo principe e ogni volta si è
chiesto se lo ha aiutato o se è successo qualcosa: << Per voi che pure volete bene al piccolo
principe, come per me, tutto cambia nell'universo se in qualche luogo, non si sa dove, una pecora
che non conosciamo ha, sì o no, mangiato una rosa. Guardate il cielo e domandatevi: -la pecora ha
mangiato o non ha mangiato il fiore? E vedrete che tutto cambia..-7>> È il modo in cui si affronta
questo momento che permette al bambino di poter vivere serenamente il cambiamento. È la capacità
che ha avuto De Saint – Exupery a lasciare il piccolo principe, a donarci questo grande capolavoro.
Nell'ultimo capitolo, mi riferisco ad un'esperienza che ho potuto vivere direttamente con dei
bambini e delle famiglie al nido durante il tirocinio. La festa del papà è stata infatti una grande
6Idem, p.51.
7Idem, p.122.
4
occasione in cui i papà si son dilettati nel dipingere delle maglie insieme ai propri figli. Han preso i
pennelli e si son dilettati nella pittura proprio come è successo all'autore all'età di sei anni, ma con
esito diverso. << Il fallimento del mio disegno numero uno e del mio disegno numero due mi aveva
disanimato. I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto
ogni volta.8>>
Mentre per l'autore si è dimostrato un fallimento, i papà durante questo giorno di festa si son fatti
guidare dalla creatività e dalla fantasia dei bambini, semplicemente ascoltandoli. La realizzazione di
questo momento è stata possibile grazie alla collaborazione segreta delle mamme, c'è stato dunque
un totale coinvolgimento della famiglia. È stato questo il momento in cui ho potuto mettere in
pratica ciò che più mi interessava, la relazione indispensabile che esiste tra genitori e famiglie e che
mira solamente allo sviluppo ed alla crescita del bambino.
8Idem, p.8.
5
CAPITOLO 1:
VERSO IL BEN-ESSERE
1.1. Diventare genitori: la progettualità.
“Marito e moglie,
così come padre e madre,
non si nasce ma si diventa.”
Pati
In questo modo Pati sottolinea la natura relazionale dell’uomo. L’uomo sin dalla nascita è
inserito in una rete di relazioni, una rete inizialmente costruita dai genitori, che con il passare del
tempo lasceranno che lui stesso possa continuare a crearsela da se. Questa rete sarà costruita da
parentele, amicizie strette e conoscenze, relazioni di passione e relazioni d’amore. C’è, infatti, una
grande differenza tra la passione e l’amore. Con la prima si possono fare nuove esperienze e vivere
nuove emozioni, ma solamente con la seconda ci si può proiettare verso un futuro da costruire
insieme alla persona che si ama. Ci si può, dunque, proiettare in una progettazione. Progettare
significa attendere alla realizzazione di ciò che si è pensato per la propria vita, essendo la
progettualità la capacità squisitamente umana di elaborare un’immagine di sé e di perseguirla,
proiettandola nel tempo e nello spazio.9 Questa progettazione non si può pensare individualmente,
in quanto l’uomo ha bisogno dell’altro per conoscere, affrontare e vivere il mondo delle cose, delle
persone, dei significati.
La progettualità è data dal voler raggiungere il proprio scopo, in relazione alle energie utilizzate
affinché questo si possa realizzare e sia poi duraturo nel tempo. Il tempo diviene infatti un fattore
principale, ma allo stesso tempo critico ai giorni nostri. In una società dettata dalla velocità
l’espressione “per sempre” incute timore. Oggi è più comune parlare di “amore a tempo”, basandosi
dunque su una relazione il cui esito è basato al caso. Manca un’educazione alla progettualità.
Considerando l’educazione stessa come lo strumento attraverso il quale l’uomo è sollecitato a
vivere la propria vita con responsabilità10. Una responsabilità che non interessa solo lui ma anche la
9 L. PATI, Progettare la vita: itinerari di educazione al matrimonio e alla famiglia, Brescia, La Scuola, 2004, p. 13.
10Idem, p. 26.
6
persona che lo accompagna a tessere la rete di relazioni che per tutta la vita lo accompagnerà. Da
questo momento in poi però questa rete verrà costruita a due mani in quanto due persone,
appartenenti a due reti relazionali distinte, decidono di muoversi verso un’unica rete, unendo quelle
personali e facendole muovere verso un’unica direzione. L’unione totale delle due reti avviene nel
momento in cui due persone decidono di unirsi in matrimonio, unendo così le proprie vite. Una
fusione che darà vita poi ad una terza rete di relazioni nel momento in cui si decide di dare vita a un
nuovo essere, di passare da marito e moglie a padre e madre. Questo passaggio non ha un momento
d’inizio preciso, alcuni lo fanno coincidere con il concepimento, altri con la nascita fisica del
bambino stesso. In entrambi i casi però, è impossibile da evitare, tutti i genitori attribuiscono, a
livello conscio e non, un carattere ai loro bambini non ancora nati, partendo dai bisogni, esperienze
passate, percezioni di sé, condizioni sociali e ambizioni di entrambi11. In questo modo si cerca di
proiettare la vita che sta avendo inizio in un futuro sicuro, in un futuro che possa avere le
credenziali necessarie per il successo del bambino stesso. In un futuro limpido e sereno in cui il
bambino possa costruire la sua nuova rete di relazioni.
Si intende così per maternità e paternità non la semplice capacità di procreare ma una condizione
di responsabilità del benessere di un’altra persona che inizierà nel momento del concepimento e
durerà tutta la vita. Tutta la vita implica un impegno senza fine. I due genitori verranno così
proiettati in una nuova dimensione. Una dimensione costituita dal passato, attraverso delle basi
sicure, dal presente, tenendo conto di chi si è in quel preciso momento, e dal futuro, mirando
sempre al meglio. Una dimensione che viene costruita non dal singolo ma dal confronto dei due
“nuovi” genitori. Non si può più pensare individualmente ma sempre tenendo conto dell’altro e
della nuova vita che sta per nascere. Una volta nata, il confronto sarà tra tutti e tre i membri della
famiglia. Bisogna saper tenere conto dei bisogni e delle esigenze del nuovo arrivato. Un nuovo
essere che non sa muoversi da solo nel mondo ma deve essere contenuto dalla famiglia in cui si
trova. Se il bambino sarà contenuto in un ambiente favorevole, sia a livello fisico che psichico, da
presenze in grado di farlo, acquisirà a mano a mano la sensazione di avere una capacità contenitiva
interna sua propria, un’esperienza di integrazione che è un presupposto necessario per continuare a
crescere.12
11 M. WADDELL, Mondi interni: psicoanalisi e sviluppo della personalità, Milano, Bruno Mondadori, 2000,
p. 18.
12Idem, p. 33.
7
Bion parla di –rêverie- nei primi momenti di vita del bambino, la cui traduzione letteraria indica
la –fantasticheria-, ma l’autore francese intende l’ atteggiamento molto più ampio che le madri
hanno nei confronti dei propri figli neonati. Si intende dunque quell’atteggiamento di contenimento
necessario per poter permettere il giusto e funzionale sviluppo non solo fisico del bambino. La
madre deve essere in grado di saper andare oltre il semplice pianto, unica forma di espressione del
bambino, riuscendo così a rispondere ad ogni suo bisogno. È questo un atteggiamento di totale
dipendenza l’uno dall’altro. Ciò che avviene è un’elaborazione inconscia delle comunicazioni del
bambino, che possono essere intese come una sorta di caos di impulsi, sofferenze e desideri che
Bion definiva come dati sensoriali o impressioni sensoriali. E affinché questi vengano tradotti in
esperienza propria è necessaria l’esperienza di contenimento attivo da parte della mente della
madre13.
Solitamente ci si sofferma sulla figura materna in quanto vero e proprio contenitore, anche a
livello fisico, ma la figura del padre non è esclusa da quest’esperienza. Anche se per molti anni la
figura paterna è stata considerata “di sfondo”, da parecchi anni la psicologia sta rivalutando questa
figura sottolineando il fatto fisiologico che emerge: mentre la madre ha un rapporto viscerale con il
bambino, il padre intraprende un rapporto con il figlio solamente in seguito a sue elaborazioni
mentali sul proprio ruolo14. È necessario dunque anche in questo momento la collaborazione
continua tra entrambi i genitori per poter vivere insieme questo momento di iniziazione ad una
nuova esperienza ma soprattutto vita. Infatti se la qualità dei rapporti che si instaurano nella
primissima infanzia è buona e genuina, non solo si costituirà un prototipo per i successivi rapporti e
modalità di apprendimento dell’esperienza ma verrà anche a crearsi la capacità di essere sinceri e di
instaurare un rapporto di fiducia con l’altro15. Un tipo di rapporto indispensabile con l’altro per
poter iniziare a creare una propria rete di relazioni che continuerà a crescere insieme a sé nel corso
del tempo.
La tesi proposta da Brazelton, noto pediatra ed autore negli Stati Uniti, è infatti che le relazioni
permettono al bambino di imparare a pensare e che le emozioni sono gli artefici, le guide e gli
13Idem, pp. 34-35.
14 A. CADAMURO, A. FARNETI, Insegnanti e bambini: idee e strumenti per favorire la relazione, Roma,
Carocci, 2008, p. 38.
15 M. WADDELL, Mondi interni: psicoanalisi e sviluppo della personalità, op. cit., p. 39.
8
organizzatori interni delle nostre menti16. Intende dunque il bambino in relazione con l’altro, una
relazione che dipende prima da una propria coscienza di sé ed in seguito da un’apertura alle menti
altrui. E la famiglia è il primo luogo in cui avviene questo scambio, è il luogo per eccellenza di
mediazione e incontro tra bisogni e relazioni sociali17. Gli studi sulla famiglia, essendo questa
un’entità che caratterizza tutti gli esseri umani, partono infatti da approcci differenti. Tra questi, i
principali sono:
psicoanalitico: considera la famiglia come sfondo dello sviluppo intrapsichico, i diversi autori
hanno dato maggiore importanza alla figura materna e lo sviluppo del bambino viene analizzato
solamente a livello biologico;
sistemico: la famiglia è considerata come un sistema dinamico e aperto, si analizza soprattutto
la comunicazione e l’interazione reciproca;
transazionale: la famiglia è il luogo di transizioni in cui il bambino sviluppa le potenzialità di
intimità, consapevolezza e spontaneità;
evolutivo: la famiglia viene vista come entità dinamica sia a livello temporale, sia psicologico
che sociale, si evolve nel tempo e passa attraverso diverse fasi;
relazionale simbolico: qui si definisce la famiglia come un’organizzazione specifica e unica
che lega e tiene insieme le differenze originarie e fondamentali dell’umano18.
Questi sono studi a livello macro della famiglia, altri studi sono stati poi eseguiti a livello micro,
analizzando le relazioni interne alla famiglia e lo stile educativo che i genitori han deciso di
utilizzare nella costruzione delle reti relazionali indispensabili all’interno della famiglia stessa.
Questa analisi successiva non va però a ingabbiare gli stili educativi, ma semplicemente cerca di
dare una linea guida sulle possibili condizioni familiari che si verificano, essendo la famiglia
un’entità costituita da uomini e dunque da esseri dinamici nel tempo e nello spazio. Risulta dunque
difficile poter classificare degli stili familiari, è più opportuno parlare di modelli. Si verifica così
16 A. CADAMURO, A. FARNETI, Insegnanti e bambini: idee e strumenti per favorire la relazione, op. cit.,
p. 24.
17Idem, p. 28.
18Idem, p. 29.
9
una distinzione tra famiglia rigida, parcellizzata e duttile19. La famiglia rigida è contraddistinta da
legami interpersonali gerarchici, che sottolineano il dislivello di competenze tra genitori e figli. Al
suo interno si vive in maniera distinta l’uno dall’altro e il dialogo è unidirezionale. Nella famiglia
parcellizzata ciascuno dei membri è autosufficiente. Si vive in un clima dettato dall'orizzontalismo,
i figli non possono far riferimento a modelli positiva di crescita, rendendo così la comunicazione
frammentaria. Mediante invece l’attenta valutazione del livello di responsabilità conseguito dai
singoli membri, nella famiglia duttile, si vive in un clima democratico. Padre e madre fanno
rispettare le loro idee ma al tempo stesso prestano attenzione ai suggerimenti provenienti dai figli,
creando un ambiente armonioso che giovi all’incremento delle capacità personali20.
L’individuo al momento della nascita fa ingresso nell’istituzione familiare21, nella famiglia che
ha iniziato già per lui a tessere la rete di relazioni, una rete che lui stesso dovrà continuare a
costruire nel corso del tempo e in spazi diversi da quello in cui tutto ha avuto inizio, poiché a mano
a mano che il bambino cresce, il contenimento che aveva avuto dalla madre si estenderà ad
entrambi i genitori, per poi interessare la famiglia, la scuola, il rapporto con i pari, coinvolgendo la
comunità in senso più ampio e poi finire nei contesti professionali e di lavoro22.
19 R. Viganò, Ricerca educativa e pedagogia della famiglia in L. PATI, Progettare la vita: itinerari di
educazione al matrimonio e alla famiglia, Brescia, La scuola, 2004, p. 69.
20 L. PATI, Progettare la vita: itinerari di educazione al matrimonio e alla famiglia, op. cit., pp. 70-71.
21 M. WADDELL, Mondi interni: psicoanalisi e sviluppo della personalità, op. cit., p. 113.
22Idem, p. 112.
10
1.2. Il passaggio da casa all’asilo nido: un nuovo inizio.
“Nonostante pareri contrari,
occuparsi di neonati e di bambini
non è un lavoro per una persona singola.”
Bowlby
Il 6 Dicembre 1971 in Italia viene emessa la legge 1044, la legge che segnò l’inizio di un nuovo
servizio pubblico per la società: l’asilo nido. Lo stato varò un piano quinquennale per la
realizzazione di 3800 asili nido comunali dislocati sul territorio nazionale23, descrivendo nell’
articolo 1 della legge stessa lo scopo e la modalità di realizzazione del progetto:
<<L'assistenza negli asili-nido ai bambini di età fino a tre anni nel quadro di una politica per la
famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico. Gli asili-nido hanno lo scopo di
provvedere alla temporanea custodia dei bambini, per assicurare una adeguata assistenza alla
famiglia e anche per facilitare l'accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di
sicurezza sociale. Al fine di realizzare, nel quinquennio 1972-76, la costruzione e la gestione di
almeno 3.800 asili-nido, lo Stato assegna alle regioni fondi speciali per la concessione di contributi
in denaro ai comuni24.>>
In poco più di un trentennio questo servizio è entrato a far parte della quotidianità di ogni
famiglia, avendo le famiglie compreso che la nascita e la promozione di questo servizio mirava
solamente al benessere della famiglia stessa. Il nido risponde, infatti, ai bisogni di cura e di
educazione dei bambini di quelle famiglie che hanno la necessità di usufruire di questa opportunità
offerta dallo Stato stesso.
Bisogna dunque pensare al nido non come ad una struttura che sostituisce. l’impegno e la
responsabilità educativa della famiglia, ma come una possibilità di collaborazione e cooperazione
per lo sviluppo del bambino. Collaborazione quasi inesistente negli anni precedenti. La struttura del
nido ha avuto origine alla fine dell’ Ottocento, con la richiesta sempre maggiore da parte delle
fabbriche della manodopera femminile. Le donne, intraprendendo una propria vita lavorativa non
potevano più accudire a tempo pieno i propri figli e così si appoggiavano a questi luoghi dedicati ai
23 Cosma C., Asilo nido: ieri, oggi e domani; la legge 1044/1971, www.psicopedagogika.it/view.asp?id=627,
2012, 23/04/14
24 http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l1044_71.html, 23/04/14
11
bambini secondo i concetti di assistenza e custodia, soprattutto dal punto di vista igienico e
sanitario25. Verso la stessa direzione si muoveva l’ ONMI (Opera Nazionale per la protezione della
Maternità e dell’ Infanzia) nel periodo fascista, creando degli spazi adiacenti alle fabbriche per
garantire un’assistenza prevalentemente sanitaria alle donne che vi lavoravano dando così
all’istituzione un carattere più ospedaliero che educativo26.
Il carattere educativo degli asilo nido infatti appare con la legge del 1971, da questo momento in
poi cambia il rapporto con i genitori. Da questo momento si può parlare di una collaborazione tra
educatrici e genitori, ed è stato possibile solamente grazie alla nuova concezione che si andava
sempre più diffondendo del bambino. Il bambino non viene più visto come un “uomo in miniatura”
ma come un soggetto che sta vivendo un periodo della sua vita, proprio come tutti gli altri esseri
umani. Una nuova concezione che ha dovuto aspettare un po’ di tempo per poter essere accettata e
condivisa da tutti. Sono serviti gli anni Novanta per poter considerare il nido un vero e proprio
luogo di relazioni. E questa conquista è dovuta principalmente alla nuova organizzazione e
composizione della famiglia, tenendo conto anche del nuovo modo di intendere e vivere la
genitorialità27. Nelle famiglie odierne, che rispecchiano nella maggioranza l’aspetto complesso e le
difficoltà delle società attuali, essere genitori diviene un compito sempre più arduo28.
La difficoltà più grande si verifica in relazione al tempo. In una società, come quella che gli anni
Novanta hanno generato, dettata dalla velocità, il tempo sembra essere diventato un lusso29.
Entrambi i genitori si vedono proiettati nel mondo del lavoro, trascurando così il loro lavoro più
grande: educare i propri figli. Proprio per questo motivo entra in aiuto l’asilo nido. Struttura che non
consiste solamente nella cura e attenzione verso i bambini, ma ha un margine molto più ampio di
dominio. Il nido, letto in chiave di cooperazione e collaborazione, serve anche a dare un aiuto alle
25 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia, Brescia, La scuola, 2011, p. 13.
26Idem, pp. 13-14.
27Idem, p. 1
28 G. ALEANDRI, Giovani senza paura. Analisi socio-pedagogica del fenomeno bullismo, Roma, Armando,
2011, p. 26.
29Idem, p. 29.
12
famiglie. Un aiuto non solamente pratico, in quanto si interessa della crescita del bambino nel
momento in cui entrambi i genitori lavorano, ma anche di sostentamento ai genitori stessi. A questo
scopo il nido diviene anche un luogo di socializzazione per i genitori stessi, un luogo in cui si
propongono contesti di educazione familiare volti a valorizzare le competenze educative dei
genitori, a rassicurarli, aiutandoli a trovare strumenti efficaci. Questa buona collaborazione è
possibile solamente nel momento in cui i genitori si dimostrano interlocutori attivi nella relazione,
permettendo così il benessere del bambino, soprattutto all’interno della struttura. Si può dunque dire
che il nido diventa una vera e propria scelta culturale30. Una scelta responsabile che deve rispondere
a dei requisiti quali la disponibilità, l’interesse e la fiducia nell’instaurare una nuova relazione per
l’interesse e la crescita del bambino stesso. Questa scelta ha inizio nel momento in cui i genitori
entrano in relazione con le educatrici. Una relazione dettata da uno scambio continuo e reciproco di
informazioni ed esperienze che mirano verso un unico obiettivo: una collaborazione continua e
reciproca. Infatti sin dall’inizio si stabilisce una collaborazione fondata su un consapevole reciproco
impegno nell’educazione del bambino, della quale devono essere condivisi principi e metodologie
per poter facilitare il piccolo nella sua crescita31.
Questa collaborazione inizia ad esistere nel momento in cui le educatrici incontrano la famiglia.
Da questo momento in poi le due figure dovranno imparare a conoscersi e a farsi conoscere,
mirando entrambi verso la stessa meta: la crescita del bambino. Le educatrici preparano così un
ambiente in cui rendere il più naturale possibile la conoscenza: un tavolino basso, sedie o poltrone
da adulto, acqua o caffè in circolo32. La durata di questo incontro non è prestabilita, bisogna sempre
ricordarsi che si tratta di persone e nulla può essere organizzato nei minimi dettagli. Si cerca
comunque sia di permettere ad entrambi i genitori di partecipare all’incontro, rispettando i tempi di
entrambi. Una volta definita la cornice in cui avviene il primo colloquio, si passa al vero e proprio
contenuto del colloquio stesso. Riferendoci allo psicologo statunitense Rogers, fondatore della
terapia non direttiva e noto in tutto il mondo per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia
30 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia, op. cit., pp. 17-18.
31Idem, p. 68.
32 F. MONTI, F. CRUDELI, Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni, op. cit., p. 67.
13
all'interno della corrente umanistica della psicologia33, parliamo del colloquio non direttivo, tenendo
conto di quattro fondamentali dimensioni che facilitano le relazioni umane:
Empatia: mettersi nei panni dell’altro, senza giudicare, per poter accogliere il diverso.
Rispetto: credere nella persona e nelle sue capacità, mostrandosi sempre flessibili nei confronti
dell’altro.
Cordialità: comunicare in modo non verbale per sottolineare il desiderio di impegnarsi
significativamente nella relazione.
Concretezza: essere efficaci, pratici ed autentici.
Questa modalità facilita le educatrici a porsi in un atteggiamento di ascolto, permettendo poi alle
famiglie di sentirsi accolte e comprese in questo momento34. Il benessere dei genitori dovrebbe
essere infatti l’intento guida delle educatrici per poter creare un sistema educativo volto a sviluppare
un approccio più orientato alla collaborazione35. Grazie a questo ambiente infatti si possono
cogliere emozioni ed affetti che si celano dietro semplici espressioni e che non possono essere
ignorati36.
Le educatrici focalizzandosi su alcune informazioni possono iniziare a conoscere la vita del
bambino, iniziando così a creare un piano di lavoro che si interessa non solo del gruppo, ma tiene
conto della singolarità di ogni membro. Tra queste informazioni che possono essere chieste ai
genitori possiamo elencarne alcune:
Le tappe significative per il bambino: allattamento/svezzamento, dentizione, deambulazione,
linguaggio.
Le esperienze di separazione già vissute.
33 http://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Rogers, 25/04/14
34 F. MONTI, F. CRUDELI, Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni, Bergamo, Junior, 2004., p. 60.
35Idem, p. 66.
36 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia, op. cit., pp. 17-18.
14
Le esperienze di cambiamenti importanti: traslochi, nascita di fratelli/sorelle, lutti.
Lo stato di salute del bambino: allergie, malattie, ospedalizzazioni.
La routine: pappa, sonno, cure igieniche.
Le attività che al bambino piace fare.
Il modo in cui il bambino si consola.
Gli oggetti per il bambino importanti, oggetti transizionali.
Le motivazioni che hanno portato alla scelta del nido.
Gli orari in cui il bambino frequenterà il nido.
La persona che lo accompagnerà durante il periodo dell’inserimento.
Etc. 37
Queste non sono domande prestabilite che devono essere fatte ad ogni coppia di genitori che si
presenta al nido per poter inserire il proprio figlio, sono semplicemente linee guida che possono
aiutare le educatrici nella conoscenza del bambino e della famiglia in cui vive.
Allo stesso tempo è necessario che anche le educatrici si facciano conoscere e questo è possibile
dando alla famiglia delle informazioni sul proprio lavoro e ambiente di lavoro:
Il personale del nido: coordinatore, figura e/o sistema di riferimento.
Il progetto pedagogico rispetto ai bisogni del bambino.
L’organizzazione della giornata: tempi ed attività.
Le caratteristiche della routine: menù, cambio, nanna.
Le dinamiche dell’ambientamento: come avviene e le difficoltà che il bambino potrebbe
riscontrare in questo periodo.
Il calendario dei prossimi appuntamenti38.
37Idem, p. 114.
15
Durante questo primo colloquio da una parte le educatrici non devono dare troppe informazioni,
avendo a disposizione un arco di tempo relativamente breve, per non disorientare la famiglia e dare
l’impressione di un ambiente eccessivamente strutturato, e dall’altro devono fare in modo di non
insistere su determinate informazioni chieste se la famiglia non si dimostra disposta a parlarne,
potranno invece annotarsi le difficoltà riscontrate su questo primo incontro per poter poi
approfondire le questioni quando il rapporto sarà più consolidato e si sarà instaurata maggiore
fiducia39.
38Ibidem
39 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia, op. cit., p. 86.
16
1.3. La continuità relazionale tra nido e famiglia.
“La più alta espressione dell'empatia
è nell'accettare e non giudicare.”
Carl Rogers
Il rapporto empatico facilita le comunicazioni, promuove le confidenze rendendo più costruttive
le relazioni tra gli uomini.40 Il compito più importante è, infatti, per le educatrici quello di creare
rapporti empatici, rapporti che si creano nel tempo. Da un iniziale rapporto di cordialità reciproca, si
passerà man mano ad un rapporto di totale coinvolgimento in cui la somma delle risposte del
sistema supera la somma delle risposte delle parti.41 La psicologia della Gestalt, dal tedesco
Gestaltpsychologie – psicologia della forma o rappresentazione - è una corrente psicologica
incentrata sui temi della percezione e dell'esperienza che nacque e si sviluppò agli inizi del XX
secolo in Germania, la cui massima è “il tutto è più della somma delle singole parti”, allo stesso
modo in cui le caratteristiche di una società non corrispondono a quelle degli individui che la
costituiscono.42 Lo stesso si verifica all'interno delle relazione in quanto il singolo si dovrà
modificare per inserirsi in un gruppo. Una modifica che tiene sia conto dell'unicità del singolo che
della complessità del gruppo. Affinché il gruppo sia ben equilibrato e coeso è necessario che questo
non sia semplicemente la somma delle parti che lo compongono ma sia di più, e questo più consiste
nella relazione che si crea tra le singole parti.
Nel caso del nido parliamo di una relazione che si muove verso degli obiettivi comuni, obiettivi
educativi generali quali:
1. promuovere lo sviluppo psicofisico, mentale e sociale del bambino;
2. offrire consigli e appoggio emozionale ai genitori;
3. cooperare alla creazione del progetto educativo.43
40 S. CORBO (a cura di P. CRISPIANI), Dossier nido: manuale per la formazione dell'operatore, Roma,
Armando, 1996., p. 117.
41Idem, p. 112.
42 http://it.wikipedia.org/wiki/Psicologia_della_Gestalt, 26/04/14
43Idem, p. 114.
17
Il primo obiettivo risulta possibile nel momento in cui si creano sia un ambiente favorevole e
propenso allo scambio reciproco di emozioni ed esperienze, sia una relazione positiva tra genitori
ed educatrici. Il bambino, nei suoi primissimi anni di vita, fa riferimento ai propri genitori. Nel
momento il cui il genitore intraprende una relazione positiva e di fiducia con le educatrici, il
bambino si inizierà a fidare delle educatrici stesse. Quando viene meno questa “dimostrazione” di
collaborazione e cooperazione, il bambino non riuscirà a fidarsi delle educatrici ed i genitori non
attribuiranno un valore positivo al lavoro delle educatrici stesse. I genitori devono capire che lo
scopo del nido non è quello di “sottrarre” loro il bambino, ma integrare i compiti assistenziali ed
educativi di chi lavora e non può dedicarsi completamente ai propri figli.44
Solo capendo ciò si può passare al secondo obiettivo. Perché ci sia condivisione è necessaria la
disponibilità, da parte di ciascuno, a conoscere l'altro, ad aprirsi senza giudicare i pensieri e le
emozioni altrui, avendo fiducia nelle reciproche capacità educative. Il primo passo che le educatrici
devono compiere è quello di accettare la famiglia del bambino per quella che è.45 Accettando le
famiglie nella loro unicità le educatrici organizzano il proprio lavoro a seconda dei bisogni e delle
caratteristiche delle singole famiglie. Pur essendoci una programmazione scolastica a livello macro,
bisogna sempre considerare le modifiche a livello micro, in quanto spesso e volentieri sono le
famiglie e/o i bambini a decidere le attività a seconda delle loro esigenze ed esperienze di vita.
Questa caratteristica del rapporto scuola – famiglia ci porta direttamente al terzo obiettivo. Per poter
vivere in maniera diretta e unica questo rapporto è fondamentale la collaborazione. Genitori,
educatrici e bambini devono essere componenti attivi del progetto educativo, non si può creare e
parlare di progettazione senza tener conto del vissuto dei membri che ne fanno parte.
La messa in atto del sistema relazionale del nido risulta effettivamente essere una sfida sia per le
educatrici che per le famiglie.46 Una sfida che viene affrontata sia nella quotidianità del nido, sia in
un' organizzazione a lungo termine.
44Idem, p. 109.
45 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia, op. cit., p. 19.
46 S. CORBO (a cura di P. CRISPIANI), Dossier nido: manuale per la formazione dell'operatore, op. cit., p.
113.
18
Per sfida quotidiana si intende la relazione che educatrici e genitori vivono ogni giorno. Con un
semplice “buongiorno”, al momento dell'accoglienza, si possono trasmettere messaggi ben diversi
dal semplice saluto mattutino o dall'augurio per una buona giornata: un tono scocciato e uno
sguardo basso in seguito ad un ritardo d'orario potrebbero indicare il fastidio provato nel non
rispetto delle regole, oppure un tono gioioso e una postura rilassata comunicano la felicità nel
rincontrare il bambino.47 Ogni momento di incontro tra genitori ed educatrici deve essere pieno di
scambi di informazioni ed emozioni, solo in questo modo la relazione cresce nel tempo arrivando
poi ad un vero e proprio atteggiamento di empatia reciproca. Questi scambi non devono essere visti
dai genitori come un impicciarsi da parte delle educatrici sulla vita della famiglia e del bambino48,
poiché le domande che vengono fatte mirano sempre verso lo stesso obiettivo quale lo sviluppo del
bambino stesso, e contemporaneamente le educatrici non devono pensare che i genitori stanno
togliendo loro del tempo alla didattica, in quanto questi sono momenti indispensabili per la crescita
di ogni figura coinvolta nella relazione. Ci deve essere un apertura, da parte di entrambi, al
confronto continuo. Anche il momento in cui il genitore va a riprendere il proprio figlio può essere
vissuto in maniera positiva o negativa semplicemente osservando il modo di porsi sia delle
educatrici che dei genitori. Le reazioni possono essere di diverso tipo: alcune sono vissute in
maniera maggiormente positiva dalle educatrici, come quello di genitori che chiedono al figlio
come è andata la giornata e/o si è divertito, o di altri che hanno cura di non tardare nel ritiro del
bambino. Altre reazioni vengono invece vissute in maniera negativa, come ad esempio un genitore
che sfugge, che non rispetta le regole o non ascolta i consigli, generando così nelle educatrici delle
complessità circa il proprio operato. Bisogna però ricordarsi che spesso queste reazioni sono mosse
da vissuti personali e hanno poco a che fare con la persona reale dell'educatrice.49
Gli incontri con i genitori, sia durante l'accoglienza che il ricongiungimento, sono momenti
imprevedibili. Ogni giorno è diverso e non si sa mai che direzione prenderà. Ogni relazione è
costruita sul momento e ogni persona coinvolta porta nella relazione le sue caratteristiche. Dei
genitori devono essere calmati e si devono creare delle frasi ad hoc per la situazione senza creare
nessun tipo di allarmismo, altri lanciano delle “frecciatine” alle educatrici che devono avere la
47 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia, op. cit., p. 22.
48Idem, p. 20.
49Idem, pp. 23-24-25.
19
capacità di abbassare immediatamente le tensioni e mostrarsi sempre disponibili alle esigenze dei
genitori, altri ancora affidano totalmente il bambino al nido ma in queste situazioni le educatrici
devono mantenere sempre attivo il compito educativo dei genitori facendo loro delle domande
riportandoli così sulla loro dimensione attiva.. Bisogna dunque ricordarsi che una frase può andare
bene per un genitore e non per un altro, una soluzione può essere efficacie in un caso ma non
nell'altro.
Tuttavia, in ogni situazione e caso, sono presenti almeno tre modalità di base che facilitano la
relazione:
1. non giudicare;
2. coinvolgere il genitore, in quanto è portatore di competenze e conoscenze sul bambino;
3. aggiornarsi, nido-famiglia, quotidianamente sulle conquiste che il bambino fa o sui suoi
comportamenti positivi.50
Per quanto riguarda la costruzione di una relazione a lungo termine si fa riferimento alle riunioni,
alle occasioni/festività, a tutti quei momenti da vivere insieme. Le riunioni hanno senso e riscontri
positivi nel momento in cui vengono organizzate per il confronto e la condivisione di esperienze
non solo tra i genitori e le educatrici ma tra i diversi genitori che stanno vivendo la stessa avventura.
Nella preparazione della riunione le educatrici devono far in modo di:
• in primissimo luogo, ricordarsi che nessuno conosce il bambino meglio dei genitori;
• creare un ambiente che metta a proprio agio, permettendo così ai genitori di esporsi liberamente
e senza avere l'impressione di essere interrogati (evitando la disposizione cattedra – sedie);
• preparare il materiale di cui si deve trattare, sia per la riunione stessa sia per poi poterlo
consegnare ad i genitori, permettendogli così di approfondire i temi trattati;
Nello svolgimento della riunione stessa, per assicurarne il successo le educatrici dovrebbero:
• mantenere un clima di serenità e di accoglienza;
• concentrarsi sulle competenze che il bambino ha acquisito nel corso del tempo, evitando
discussioni sui livelli di sviluppo che non sono ancora stati dimostrati dal bambino stesso;
50Idem, pp. 36-37-38.
20
• usare parole e formule positive quando si parla ai genitori dei propri figli;
• essere specifici, attraverso esempi concreti ed oggettivi, quando si parla di difficoltà del
bambino;
• coinvolgere entrambi i genitori;
• ascoltare attivamente tutto e rispondere in maniera empatica, mettendo ancora a più agio i
genitori e incoraggiandoli a porre domande.
A conclusione della riunione, le educatrici dovrebbero:
• mantenere un tono speranzoso, soprattutto se sono stati trattati temi critici;
• riassumere brevemente i punti trattati, le decisioni prese e gli eventuali punti da trattare nelle
riunioni successive (ricordando, se già è stata fissata, la data);
• ringraziare i genitori dimostrando il proprio apprezzamento per il supporto, la cooperazione e
ogni approccio positivo che hanno apportato nella riunione.51
Altri momenti di costruzione della relazione a lungo termine sono i momenti di festività. La festa
dei nonni, la recita di Natale, la festa del papà, la festa della mamma e la festa di fine anno sono
eventi che permettono di condividere tutti insieme un giorno di festa. Le educatrici in questo modo
permettono sia ai bambini di festeggiare insieme alle proprie famiglie, sia alle famiglie di essere
coinvolte in questi momenti. In base all'evento le educatrici addobbano l'ambiente destinato ai
festeggiamenti con cartelloni, oggetti e alimenti adeguati alla giornata52.
Per ogni occasione le educatrici organizzano delle attività strutturate per creare le decorazioni
per il momento, rendendo i bambini protagonisti attivi della festa, cosicché i genitori, i nonni e
qualsiasi altro familiare coinvolto hanno la possibilità di conoscere gli “ambienti” in cui vive il
bambino e relazionarsi con altre famiglie riguardo i propri figli e il nido stesso. In questo modo le
famiglie potranno realmente permettersi di conoscere il nido, di confrontarsi, di fidarsi e collaborare
51 www.progettoasilonido.org/index.php/teoria-e-pratica-al-nido/vita-al-nido/famiglie-al-nido/93-riunioni-
con-i-genitori-consigli-per-le-educatrici#aspetti_organizzativi_delle_riunioni, 26/04/14
52http://www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/7%252Fb%252Fd
%252FD.dc06a3230c0e38d7d9de/P/BLOB%3AID%3D33779, 26/04/14
21
per la crescita del proprio figlio. Tutto questo non è facile, ma non è nemmeno troppo difficile53,
l'importante è sapersi concentrare sullo sviluppo non solo del bambino ma del nucleo familiare per
intero raggiungendo così il ben-essere, condizione prospera di fortuna.
53 G. CAVALLI, E. DI TERLIZZI, A. VALLE, I grandi nel mondo dei piccoli. La relazione tra educatori e
genitori nei servizi per la prima infanzia,op. cit., pp. 25-26.
22
SECONDO CAPITOLO:
UNA COLLABORAZIONE SOTTOBANCO
2.1. Le nuove figure d'attaccamento: l'inserimento scolastico.
"Non c'è alcun modo di educare un bambino
che possa impedirgli di provare ansietà.
Ogni stadio dello sviluppo umano ha i suoi rischi,
i suoi pericoli.."
Fraiberg
La buona riuscita di un' esperienza scolastica deve molto al primo periodo, solitamente definito
"inserimento". Entrare in un nuovo ambiente, accettare e conoscere nuovi adulti e confrontarsi con
altri bambini risulta essere una situazione non molto facile da affrontare non solo per il bambino ma
anche per i genitori. Disagio, ansia, frustrazioni appartengono all'universo delle reazioni espresse
dai genitori nei modi più diversi. Le reazioni dei bambini infatti, nella maggioranza dei casi, sono
solamente lo specchio delle emozioni che i genitori provano e vivono durante questo periodo.
Aiutare le famiglie a superare questo momento è il compito che le educatrici si assumono ed è
possibile raggiungere un buon livello di cooperazione e una relazione di fiducia sia attraverso una
conoscenza teorica del momento, sia attraverso delle progettazioni operative dirette alle singole
famiglie. In pratica, le educatrici dovranno:
• avere una buona conoscenza sulle principali teorie sull'attaccamento, tenendo conto dei
comportamenti e delle caratteristiche del rapporto tra adulto e bambino;
• osservare attentamente la relazione iniziale e quella che si crea durante questo momento;
• avere la capacità di saper negoziare, comunicare, raccontare, informare e descrivere tutto ciò
che avviene;
• saper favorire il distacco dalla figura primaria di attaccamento e il sostegno alla costruzione di
altre relazioni di attaccamento;
• costruire rapporti di familiarità54.
54 M. C. STRADI, Dialogo insegnanti genitori nido-scuola dell'infanzia, Bergamo, Edizioni Junior, 2002, p. 10.
23
Per poter affrontare questo percorso le educatrici dovranno, in primo luogo, cogliere l'ambiente
materno per poi poterlo riprodurre e personalizzare all'interno del nido. Ambiente che Winnicott,
pediatra e psicoanalista inglese55, chiama “holding” riferendosi alla costruzione di un rapporto
sicuro in grado di facilitare i processi di crescita ed esplorazione del mondo possibile attraverso la
funzione di contenitore che la madre assume nei confronti del figlio56. In base al modo in cui il
bambino viene contenuto nei suoi primissimi anni di vita sono state rilevate diverse modalità di
attaccamento, e queste possono essere ricondotte essenzialmente in tre atteggiamenti probabilistici
rilevati come i più frequenti:
1. attaccamento sicuro: le emozioni vengono espresse in libertà e con reciproca fiducia, con
sicurezza e in modo chiaro e intenso. La relazione non si configura come perfetta ma le
imperfezioni che si possono verificare vengono recuperate perché è presente un'attenzione alla
comunicazione interattiva. Nell'attaccamento sicuro il bambino dinnanzi agli avvenimenti nuovi
quale sopratutto l'assenza improvvisa della madre, pur manifestando disagio e stupore spesso anche
con il pianto, riesce ad organizzarsi ed a non perdere il controllo della situazione. Questi momenti
inconvenienti terminano rapidamente e solitamente il bambino riprende il gioco. Nel momento in
cui la madre ricompare il bambino tende a recuperare il contatto senza nessun tipo di rancore;
2. attaccamento insicuro evitante: le emozioni circolano poco almeno nei comportamenti
espressi. L'esplorazione del bambino verso il nuovo ambiente si manifesta senza nessuna angoscia
anche nel momento il cui la madre si allontana, così come nel momento in cui ritorna, il bambino
evita e ignora gli sforzi della madre nell'attirare la sua attenzione. Questi comportamenti indicano
un attaccamento in cui gli scambi comunicativi non avvengono con il corpo (quando il bambino è in
braccio alla madre tende ad allontanarsi dal corpo materno indicando i giochi e in generale
l'ambiente dal quale sembra più attratto) sottolineando una fisicità ridotta nella relazione madre-
bambino;
3. attaccamento insicuro ambivalente: le emozioni agiscono producendo comportamenti
contrapposti. Il caos relazionale fa ritenere che le emozioni non producono un comportamento
coerente. In questo tipo di attaccamento i bambini tendono ad alternare resistenze sottili a
persistenti espressioni di disagio e di ricerca di vicinanza, questi momenti di disagio durano a lungo
permanendo anche in situazioni di sicurezza, come ad esempio la presenza della mamma stessa, che
55 http://it.wikipedia.org/wiki/Donald_Winnicott, 05/05/14
56 S. BENEDETTI, (a cura di AA. VV.), Entrare al nido a piccoli passi. Strategie per l'ambientamento, Bergamo,
Edizioni Junior, 2001, p. 18.
24
vogliono sempre vicina. Dal canto loro le madri si rivelano imprevedibili nei loro atteggiamenti
scoraggiando la sicurezza del bambino57.
La sicurezza, la fiducia e di conseguenza l'autostima, trovano le loro radici nella modalità in cui
il legame di attaccamento viene vissuto e risalgono dunque a questi primissimi anni di vita del
bambino stesso58. Anche se gli obiettivi finali di questo momento sono del tutto positivi spesso
questo periodo viene associato a termini negativi quali distacco, separazione e abbandono. Schaffer,
uno degli psicologi evolutivi più importanti della Gran Bretagna59, assegna però al termine
“distacco” un'accezione positiva, affermando che esso consiste in una delle principali mete del
legame di attaccamento, sostenendo che, paradossalmente, una delle principali funzioni delle cure
materne è proprio quella di liberare il bambino dalla madre stessa. E questo si verifica attraverso
due importanti sistemi comportamentali quali l'esplorazione e la relazione con i pari60.
Per sentirsi sicuro il bambino ha bisogno di spazi contenuti, con punti di riferimento che restino
stabili e favoriscano il suo adattamento al nuovo ambiente. Un ambiente che deve favorire una
crescita esplorativa, deve garantire la possibilità di collocarsi in una posizione attiva,
sperimentando, costruendo e inventando, in modo tale da poter trasformare i comportamenti iniziali
del bambino in schemi formali61. Il senso di accoglienza proposto in primo luogo dalle educatrici e
di conseguenza dal nido in cui nascerà questa nuova relazione deve manifestarsi già al primo
impatto con la cura degli oggetti e dell'arredo62. Il bambino deve potersi mettere in gioco in un
ambiente nuovo e il modo più efficacie per permettere ciò è la creazione di un ambiente a misura di
bambino. Lavandini bassi, water della misura adatta, culle e lettini, sedie e tavolini sono
57Idem, pp. 20-21.
58 R. BIAGIOLI (a cura di E. MACINAI), Il nido dei bambini e delle bambine. Formazione e professionalità per
l'infanzia, Pisa, Edizioni Ets, 2011, p. 43.
59 http://www.thepsychologist.org.uk/legacyforum/legacyforum_home.cfm?
&ForumID=1&fuseAction=displayMessage&messageID=6032, 07/05/14
60 R. GAY (a cura di P. CRISPIANI), Dossier nido: manuale per la formazione dell'operatore, op. cit., p. 97.
61 R. BIAGIOLI (a cura di E. MACINAI), Il nido dei bambini e delle bambine. Formazione e professionalità per
l'infanzia, op. cit., p. 52.
62Idem, p. 53.
25
indispensabili all'interno di un nido ma ciò che lo rende esplorabile e attraente agli occhi del
bambino è la personalizzazione degli arredi stessi63. L'armadietto con la propria foto, un cartellone
con il proprio nome che indica il posto letto sono degli esempi pratici che permettono al bambino di
sentirsi situato in un ambiente familiare. Uno spazio “buono”, come sostiene Winnicott, deve
accogliere il bambino e corrispondere al suo bisogno di sicurezza e affettività, ma al tempo stesso
deve sostenere e incoraggiare il suo desiderio di conoscere ed esplorare64.
In questo modo il bambino attribuirà al nido un valore emotivo, non solo perché contiene oggetti
che gli appartengono (utile può dimostrarsi, soprattutto nei primi giorni, l'utilizzo di un oggetto
transizionale, oggetto che aiuta il bambino a sviluppare la capacità di restare solo, senza sentirsi
solo o deprivato, consiste questo nel primo passo verso l'accettazione della separazione fisica dalla
figura di attaccamento principale65) e parlano di lui, ma anche perché trova calore affettivo nelle
relazioni con gli adulti66. Soprattutto nei primi momenti del nido la relazione di base è quella che si
instaura tra genitori ed educatrici che agiscono nella complessa e delicata fase dell'ambientamento
mirando al benessere e allo sviluppo del bambino. Solamente in un secondo momento i bambini
entrano in relazione con altri bambini, inizialmente attraverso attività organizzate dalle educatrici
ma progressivamente giocando in piccoli gruppi e in spazi raccolti, vivendo così le prime
esperienze tra pari67.
Ritornando al periodo dell'inserimento possiamo affermare che i protagonisti di questo momento
sono:
• i bambini e le bambine che per la prima volta vengono inseriti in un contesto sociale diverso da
quello familiare;
63 E. BECCHI, A. BONDIOLI, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, Idee guida del nido d'infanzia, Bergamo, Edizioni
Junior, 2003, pp. 28-29.
64 R. BIAGIOLI (a cura di E. MACINAI), Il nido dei bambini e delle bambine. Formazione e professionalità per
l'infanzia, op. cit., p. 51.
65 F. MONTI, F. CRUDELI, Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni, op. cit., p. 81.
66 R. BIAGIOLI (a cura di E. MACINAI), Il nido dei bambini e delle bambine. Formazione e professionalità per
l'infanzia, op. cit., p. 53.
67 E. BECCHI, A. BONDIOLI, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, Idee guida del nido d'infanzia, op. cit., p. 34.
26
• i genitori (madri e padri) che fino a questo momento hanno rappresentato una figura di
riferimento da cui il bambino inizia ora a separarsi;
• le educatrici che si propongono come nuove figure di riferimento e mirano verso la nascita di
un nuovo legame di fiducia.
Ogni protagonista è coinvolto attivamente in ogni fase dell'ambientamento e interpreta un ruolo
diverso a seconda della situazione che si crea e si vive. Ogni fase prevede tempi e gesti che
permetteranno ai protagonisti di avvicinarsi, conoscersi, separarsi e ricongiungersi da iniziali
approcci che nel tempo assumeranno significati più formali.
Per fasi dell'ambientamento si intendono:
1. l'avvicinamento: in questo momento i protagonisti della relazione entrano in contatto e
iniziano a conoscersi, confrontarsi, comprendersi, comunicare e scambiarsi informazioni ed
emozioni;
2. l'affidamento: questa fase corrisponde al periodo in cui inizia la separazione della coppia
madre-bambino. Il genitore si sente pronto di affidare il figlio a nuove figure e le educatrici si
assumono la responsabilità di dare continuità all'esperienza familiare senza dividerla ma
condividendola;
3. l'appartenenza: da questo momento in poi si costituisce e si va consolidando il rapporto di
fiducia tra il nido e la famiglia68.
Tutte queste fasi confluiranno nell'esperienza generale dell'inserimento e il modo in cui sarà
condotto influirà sulla capacità di adattamento del bambino al nido per l'intero periodo di frequenza
del servizio69, permettendogli così di vivere a pieno questa nuova esperienza di vita.
68 M. MOTTA, (a cura di AA. VV.), Entrare al nido a piccoli passi. Strategie per l'ambientamento, Bergamo,
Edizioni Junior, 2001, pp. 75-83.
69 F. MONTI, F. CRUDELI, Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni,op. cit., p. 83.
27
2.2. Il percorso educativo: dal primo al terzo anno.
“Dite: è faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione. Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello,
abbassarsi, inchinarsi,
curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
È piuttosto il fatto di essere obbligati
ad innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.”
Korczack70
Il nido, in seguito all'iniziale periodo di conoscenza dell'ambiente e di chi vi lavora, diviene il
luogo in cui il bambino inizierà a conoscere sé stesso, i suoi pari e altri adulti che diventeranno i
propri punti di riferimento. Diviene dunque il palco in cui il bambino si può esprimere liberamente,
rispettando però il progetto delineato dalle educatrici.
Ogni giorno, all'interno del nido, è organizzato per permettere lo sviluppo del bambino rispettando i
tempi e la personalità di ciascun bambino che vi vive.
La qualità delle attività che quotidianamente impegnano i bambini nel nido è strettamente
collegata alla ricchezza e alla disponibilità degli ambienti, riferendosi ai materiali, agli arredi, alle
strutture ed ai giochi disponibili, al ritmo con cui esse si succedono non solo nel corso dei giorni ma
anche a livello più ampio proiettandosi nei mesi e negli anni a seguire. Occorre dunque un disegno
complessivo entro il quale ogni singola esperienza infantile (dai 0 ai 3 anni) possa trovare
collocazione e significato.
Alcune attività possono avere carattere occasionale, altre invece costituiscono tappe di percorsi
mirati presentando un carattere di irrinunciabilità, tra queste vi sono:
• le routine: quelle situazioni quotidianamente allestite nei nidi aventi come scopo principale la
cura fisica del bambino. I pasti, i cambi, la pulizia personale, il sonno si contraddistinguono da altre
70 K. JANUSZ, Quando ridiventerò bambino, Milano, Luni Editrice, 2005
28
attività per il loro ciclico ripetersi nel corso della giornata e per la presenza di rituali che le rendono
facilmente riconoscibili e prevedibili. Esse consentono l'acquisizione di abitudini regolari e
assicurano a ciascun bambino condizioni di benessere di base. Va tenuto presente che lo sviluppo
infantile sotto ai tre anni gioca principalmente in rapporto a queste attività, pertanto la ripetitività
delle routine deve ricordare che si tratta di momenti in un percorso di crescita che va osservato,
modulato e ri-progettato in itinere, tenendo conto sia dei progressi del bambino sia della sua
esperienza fuori dal nido. La ritualità deve dunque prevedere un ampio margine di flessibilità in
quanto bisogna sempre mantenere l'attenzione sul bambino e non sulle attività in sé per sé.
Pur non essendo finalizzati alla cura del corpo infantile, si parla di routine anche per i momenti di
accoglienza e rilascio, per il loro carattere ciclico e rituale. Questi momenti permettono al bambino
di iniziare a percepire il tempo, realtà ancora precaria per il bambino stesso. La vicenda della
separazione e del ricongiungimento permettono di approcciarsi, infatti, al senso del tempo e della
stabilità;
• il gioco: la possibilità di crescere a livello sociale, cognitivo e affettivo è strettamente connessa
alla qualità delle esperienza ludiche. Il gioco, pur avendo un carattere di spontaneità, è fortemente
influenzato soprattutto dall'ambiente in cui ha luogo. Pertanto una notevole cura va data
nell'allestire situazioni che favoriscano comportamenti e interazioni ludiche. Il piacere ludico,
soprattutto nei primi anni di vita è connesso all'autoaffermazione che si manifesta nella
manipolazione di oggetti di diversa natura, nelle attività di aggregazione e decostruzione, di carico e
scarico, nella libera attività motoria, nelle sperimentazioni vocali e sonore. Ma il piacere ludico è
molto spesso connesso anche all'attività simbolica, alla simulazione e alla creazione di situazioni
immaginarie71. Lette in chiave pedagogica queste sono tutte attività che mirano alla crescita del
bambino assumendo però la forma del gioco. Nel periodo della prima infanzia i bambini occupano
gran parte del loro tempo a giocare ed esplorare oggetti. L'educatrice assume in questi momenti la
figura di osservatore, di tipo non intrusivo durante il gioco libero e di esplorazione, fondata su
tecniche di “modellamento” per stimolare il bambino nella produzione del livello massimo di gioco
di cui è capace72;
• le attività linguistiche: imparare a parlare, a comunicare verbalmente, a comprendere i
significati condivisi dalla società è una delle maggiori acquisizioni dell'età infantile.
Ogni attività che si svolge nel nido è potenzialmente un tramite di sviluppo linguistico, e risulta
71 E. BECCHI, A. BONDIOLI, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, Idee guida del nido d'infanzia, op. cit., pp. 19-22.
72 L. D'ODORICO, R. CASSIBBA, Osservare per educare, Roma, Carocci Editore, 2005, p. 75.
29
ovvio che il nido debba prestare particolare attenzione a queste esperienze, sia passive che attive,
esperienze che sono per lo più mediate da figure adulte73.
Lo sviluppo del linguaggio e della comunicazione avviene in diverse fasi:
1. la fase prelinguistica: da un lato tratta dell'evoluzione del sistema fonologico, che inizia subito
dopo la nascita e raggiunge un periodo critico verso i 9-10 mesi d'età, quando i suoni che il bambino
produce diventano quelli caratteristici della lingua materna che di lì a poco sarà in grado di parlare;
2. le prime parole: l'età della comparsa delle prime parole varia considerevolmente ma in
generale si colloca tra gli 11 e i 13 mesi d'età. Inizialmente le parole si riferiscono ad oggetti e
persone e vengono usate in contesti specifici e spesso ritualizzati. Nella fase iniziale (12-16 mesi
circa) l'ampiezza del vocabolario si attesta in media sulle 50 parole, nella fase successiva (17-24
mesi) si parla di una esplosione di vocabolario. Gli studiosi sottolineano il fatto che non avviene in
tutti i bambini allo stesso modo e con gli stessi tempi ma bisogna sempre tener conto del bagaglio
d'esperienza del singolo bambino:
3. lo sviluppo della grammatica: qui si possono individuare due componenti, la morfologia e la
sintassi. Con il termine morfologia ci riferiamo all'acquisizione di particelle che svolgono una
funzione esclusivamente grammaticale, per sintassi invece si intende la capacità che il bambino
acquista nella costruzione di parole che rispettano le regole della propria lingua materna;
4. la consapevolezza metalinguistica: il bambino utilizza il linguaggio anche in assenza di stimoli
comunicativi, riuscendo a coniugare ciò che dice a ciò che vuole dire, difficoltà presente nei
bambini fino ai 5-6 anni di età, causando spesso anche delle incomprensioni;
Il bambino impara a parlare con incredibile rapidità, di solito nei primi anni di vita. Tuttavia, lo
sviluppo completo del linguaggio si verifica in un arco di tempo assai più lungo74;
• le attività di apprendimento: si intendono quelle attività in cui vi è un'intenzionalità precisa da
parte dell'adulto all'arricchimento del patrimonio conoscitivo dei bambini e a far loro acquisire
abilità e competenze che non si consolidano liberamente ma richiedono una qualche forma di
insegnamento. Con questo non si vuol dire che le altre attività sopra citate non abbiano lo stesso
fine ma si vuole sottolineare l'importanza di una linea guida nella promozione allo sviluppo del
bambino. Tra queste attività strutturate si parla precisamente della capacità senso-motoria come
tracciare dei segni su un foglio, capacità prettamente motorie per una maggiore consapevolezza,
73 E. BECCHI, A. BONDIOLI, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, Idee guida del nido d'infanzia, op. cit., pp. 23-24.
74 L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, Psicologia dello sviluppo, Bologna, Il mulino, 2007, pp. 119-149.
30
controllo e coordinazione del proprio corpo, condividere con gli adulti un patrimonio tradizionale
attraverso racconti, fiabe e filastrocche, acquisire conoscenze circa l'ambiente sociale e naturale
circostante. Sono abilità e conoscenze che i bambini possono acquisire solamente attraverso gli
adulti che, in maniera più o meno formale e più o meno consapevole, ne sono i depositari;
• gite, uscite e feste: hanno carattere di maggiore occasionalità, proprio per questo sono
progettate con largo anticipo, si parla prima di svolgerle con i bambini e spesso anche dopo averle
realizzate, talora coinvolgendo anche i genitori. In questo modo il nido si presenta come ambiente
sociale, sottolineando la sua realtà di condivisione e cooperazione con gli adulti, in primis con i
genitori dei bambini stessi75.
In questo spettro così complesso e vario che è quello del nido, le educatrici per essere davvero
pronte ai bisogni mutevoli, ai ritmi in perenne evoluzione e alle sottili e differenziate comunicazioni
dei bambini dovrebbero seguirli uno ad uno per poterli conoscere intimamente. I bambini più
piccoli hanno bisogno di condurre una vita varia e interessante tanto quanto quelli più grandi e una
cura particolare meritano anche gli ambienti in cui vivono e gli oggetti che hanno a disposizione. Le
educatrici devono essere consapevoli delle ragioni per le quali i genitori decidono di affidare il
bambino al nido76 per poter vivere in maniera del tutto sincera e limpida la relazione che ha come
fine ultimo la crescita del bambino stesso.
Crescita che avviene in singoli e diversi stadi, è per questo opportuno parlare delle
caratteristiche delle singole età presenti all'interno del nido e della fusione che avviene tra queste
generando così un sistema complesso come quello che caratterizza il nido stesso.
Nel primo anno i bambini si esprimono principalmente attraverso il pianto, le educatrici, infatti,
vivendo in stretto contatto con il bambino, impareranno a distinguere ed ad interpretare i messaggi
che vi si celano dietro. Il pianto dipende più spesso dalla fame piuttosto che da altri motivi. Il cibo
risulta essere per il bambino l'esperienza fondamentale. Non significa solo ingerire del nutrimento,
ma risulta essere un'interazione prolungata con l'adulto a lui molto vicino, quindi un'opportunità di
comunicare che contribuisce a tutti gli aspetti della sua crescita. Quando si inizia lo svezzamento
compaiono nuovi gusti e nuove considerazioni. Se prima il bambino era la parte attiva in quanto
richiedeva attenzioni da parte dell'adulto (il bambino, mentre mangia, cerca infatti un contatto
75 E. BECCHI, A. BONDIOLI, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, Idee guida del nido d'infanzia, op. cit., 2003, pp.
25-26.
76 E. GOLDSCHIMIED, S. JACKSON, Persone da zero a tre anni, Bergamo, Edizioni Junior, 2002, p. 105.
31
intenso con gli occhi), adesso sarà l'adulto ad essere attivo, rispondendo però delicatamente ai ritmi
del bambino stesso. Lasciando spazi, libertà e soprattutto lasciando manipolare il cibo e gli
strumenti utili durante il pasto le educatrici permettono al bambino di avere un rapporto diretto con
il cibo, acquisendo così un'autonomia in questo preciso momento della giornata. Durante il resto
della giornata il bambino entra in contatto con la realtà che lo circonda attraverso il suo corpo. Il
senso del movimento del proprio corpo è un elemento vitale per lo sviluppo dell'immagine di se
stessi. Dal momento in cui il bambino inizia ad acquisire la padronanza di andare a carponi,
godendo di questa libertà di esplorare si sentirà molto più libero di scrutare l'ambiente in cui vive. I
bambini piccoli sembrano sapere quando è il momento di mettersi in piedi dunque non bisogna
accelerare i tempi o forzare il bambino a camminare, verrà da sé. Molti sono gli oggetti che
facilitano il bambino in questa fase, numerose sono le attrezzature che servono per l'accudimento
dei bambini, alcune molto utili altre criticabili. Queste ultime spesso sono studiate più per facilitare
il compito degli adulti che per portare beneficio al bambino. Oltre a questo corredo, all'interno del
nido è presente il materiale da gioco che per questa età dovrebbe essere vario in modo tale da dare
ai bambini la possibilità di sperimentare il più possibile, di esplorare con la bocca e le mani una
vasta gamma di forme e materiali. I bambini che possono stare seduti da soli, ma che non sanno
camminare, hanno bisogno di una grande varietà di oggetti per impegnare il loro interesse e
stimolare lo sviluppo dei sensi e la consapevolezza di quello che stanno facendo77.
Il secondo anno risulta essere un anno di crescita e sviluppo straordinariamente rapido.
Il bambino, in questa fase, vuole soprattutto esercitare le sue nuove capacità di movimento,
manipolazione e parola. Spesso questo può essere scomodo per gli adulti, da questo momento in poi
l'adulto deve fare una scelta: muoversi secondo i propri ritmi sostenendo le proprie decisioni oppure
negoziare una soluzione che tenga conto del punto di vista del bambino. Ogni sottile interscambio
nel quale gli interessi dell'adulto e del bambino sono diversi può essere significativo nel creare nel
bambino fiducia e autonomia. Erik Erikson, nel suo classico “Infanzia e società” scrive che l'
acquisizione della fiducia di base identifica la prima tappa dello sviluppo, che dà al bambino la
libertà di esplorare ed imparare. In questo periodo ci sono talmente tante conquiste che è utile
elencarle per ricordare quanti cambiamenti hanno interessato il bambino dai 10 ai 20 mesi d'età.
Anna Freud parla di “linee di sviluppo”, approccio che permette di tener conto dei diversi aspetti
dello sviluppo che nel loro insieme determinano la personalità del bambino.
Egli si avvia all'indipendenza dei suoi movimenti, diventa abile nella manipolazione, impara a
mangiare, a prendersi cura del proprio corpo da solo e acquisisce la capacità di comunicare con le
77Idem, pp. 94-122
32
parole. Gioca un ruolo rilevante la persona adulta di riferimento in quanto gli permette di
raggiungere questi obiettivi gradualmente. Infatti, anche se le crescenti competenze del bambino lo
spingono ad allontanarsi dagli adulti che si occupano di lui, egli contemporaneamente sente il
bisogno opposto di ricercarli. Tuttavia si verifica la crescente consapevolezza di sé, soprattutto
nell'utilizzo quotidiano di parole come “me” e “mio”. Attraverso tutto ciò aumenta anche l'intenso
bisogno di esplorare e sperimentare tutto ciò che lo circonda78.
Il terzo anno di vita del bambino si può descrivere come “un'esplosione di consapevolezza”.
Basandoci sempre sulle teorie della Freud, possiamo vedere come la mobilità e l'abilità di
manipolazione, l'autonomia sia nel mangiare che nelle richieste di cibo durante i pasti e non solo, il
controllo degli sfinteri, il linguaggio e la vasta gamma di giochi e di apprendimenti sostengono ed
integrano tutti gli aspetti della consapevolezza di sé. In questo periodo il bambino si muove con un
certo grado di autonomia verso un periodo di consolidamento, cercando molte informazioni sul
mondo che lo circonda, prendendo coscienza anche della diversità. Gli eventi che non possono
essere spiegati assumono una caratteristica di magia e mistero per il bambino e l'adulto deve
rispettare i tentativi di comprensione del mondo, senza deriderlo79.
Il rispetto per il bambino deve essere infatti il motore della relazione che si instaura tra il nido e
la famiglia, soprattutto in questo periodo di crescita. Al di là della specifica idea che nella pratica
educativa in ogni fase si prevede di realizzare, ciò che comunque va tenuto fermo è che al bambino
deve essere garantita la crescita, vale a dire la possibilità di arricchimento di competenze, di
incremento di informazioni, di capacità di riflessione e di incontro, di esercizio della propria vita
affettiva.
Questo significa che il traguardo della sua formazione risulta essere intrinseco alla sua
formazione stessa, rendendo partecipi attivi non solo i genitori ma anche le educatrici del nido che
in questo periodo diventano figure di riferimento per il bambino per un progetto a lungo termine. Lo
scopo del nido, infatti, non è collocato in modo definito ed esaustivo nella fascia formativa che
segue – la scuola dell'infanzia – ma ha come fine un'ulteriore e sempre più complessa formazione
totale della propria personalità80.
78Idem, pp. 123-141
79 Idem, pp. 157-175.
80 E. BECCHI, A. BONDIOLI, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, Idee guida del nido d'infanzia, op. cit., p. 9.
33
2.3. Il cambiamento: dall’asilo nido alla scuola dell’infanzia.
“Queste parole rivelano l’intimo bisogno del bambino:
‘Aiutami a fare da solo’.”
Maria Montessori
Durante l'ultimo anno dell'asilo nido i bambini cercano in tutti i modi di affermare la loro
crescente autonomia e di dare un senso al mondo che li circonda81. Sia per il nido che per la scuola
dell'infanzia una delle finalità fondamentali, infatti, risulta essere quella di educare all'autonomia.
Per poter raggiungere, in modo professionale, questo scopo alla base vi devono essere cinque macro
competenze:
1. culturali: nella prospettiva antropologica delineano le educatrici e le insegnanti come persone
colte. Essere colti non significa solo aver letto i classici ma anche essere aggiornati e conoscere la
realtà dei nostri giorni, la quotidianità in cui si vive e si lavora;
2. tecnico-professionali: oltre alla conoscenza sia educatrici che insegnanti devono possedere
delle competenze pratiche. Soprattutto per le educatrici risultano essere molte, per esempio leggere
ad alta voce albi illustrati, manipolare acqua e farina, favorire la costruzione dell'identità del
bambino con l'uso dello specchio. Per le insegnanti per competenza tecnica si intende la conoscenza
della materia stessa, ma questa non basta, bisogna muoversi verso la terza macro competenza;
3. metodologiche: consistono, sia nel nido sia nella scuola dell'infanzia, nella programmazione,
valutazione, documentazione e soprattutto nell'osservazione, nella consapevolezza che valutare non
significa giudicare bensì conoscere. Lo sforzo delle insegnanti deve essere quello di conoscere il
bambino nella sua individualità e nella loro specificità, ricordandosi che ogni bambino è diverso
dall'altro e ha tempi di sviluppo differenti. Il lavoro educativo non può essere un lavoro episodico,
frutto dell'intuizione del momento, poiché ogni intervento educativo è espressione di intenzionalità;
4. relazionali: insieme alla quinta macro competenza ricoprono un ruolo significativo,
l'apprendimento non è il frutto di una sedimentazione di nozioni, al contrario è il risultato di un
processo complesso che ha anche ritorni, momenti di difficoltà nel cui ambito le emozioni e le
relazioni rivestono un grande significato. Per apprendere bisogna avere la consapevolezza di poterlo
fare, cioè di credere in sé stessi e dunque la questione sull'autostima si pone come centrale. Le
relazioni a scuola rappresentano il tema principale, e per relazioni non si intendono solamente
quelle tra i bambini, ma anche quelle con i genitori e tra insegnanti;
81 E. GOLDSCHIMIED, S. JACKSON, Persone da zero a tre anni, Bergamo, Edizioni Junior, 2002, p. 175.
34
5. riflessiva: caratterizza l'esperienza professionale in campo educativo. È la capacità di riflettere
sulla propria esperienza professionale: deve mettere in condizione di capire che la società si evolve
e bisogna trasformarsi con la stessa velocità. La riflessività mette in condizione di imparare dalla
propria esperienza, di imparare dagli errori, di costruire saperi professionali, di confrontarsi con altri
colleghi82.
Il confronto sia tra educatrici ed insegnanti che tra genitori ed educatrici e genitori e nuove
insegnanti, risulta essere il motore di questa continuità, soprattutto dal momento in cui la continuità
appartiene agli adulti. I bambini sembrano esser già pronti a questo passaggio, parlando già della
“scuola dei grandi”, sono spesso i genitori che devono essere accompagnati in questo salto. Già
all'inizio dell'ultimo anno di frequenza le educatrici dovrebbero impostare il percorso progettuale
sulla continuità, pensando anche ai modi e alle occasioni secondo le quali la famiglia stessa verrà
coinvolta.
Per i genitori sarebbe indispensabile avere:
• conferma dell'esistenza di un raccordo tra la scuola che il bambino frequenta e quella
successiva;
• documenti e materiali informativi che illustrino le caratteristiche della scuola dell'infanzia;
• informazioni e riscontri circa eventuali progetti ponte concordati ed in via di svolgimento;
• la disponibilità degli insegnanti della sezione da cui escono i loro figli a farsi da tramite con gli
insegnanti futuri, soprattutto attraverso colloqui, passaggio di materiali e incontri;
• conoscenza delle iniziative che coinvolgeranno i bambini in prima persona: progetti, merende,
giochi insieme, visite;
• l'opportunità di incontrare direttamente gli insegnanti per chiarimenti sulle procedure di
ingresso e di formazione delle classi, sulle metodologie educative e didattiche.
Congedarsi positivamente da un ambiente e proporsi con disponibilità e fiducia verso il nuovo è
una buona operazione che richiede sostegno e buoni consigli, ma allo stesso tempo produce quasi
sempre ottimi risultati riscontrabili anche dopo un certo tempo83. In questo consiste la continuità.
82 E. CATARSI (a cura di M. C. STRADI), Accogliere con cura, riflessioni ed esperienze, Bergamo, Edizioni
Junior, 2009, pp. 18-19.
35
Parlare di continuità implica la consapevolezza di doverla coniugare con la dimensione della
discontinuità. Milena Manini ha scritto giustamente che a continuità non significa né anticipare al
nido le modalità di vita, di relazione, di apprendimento della scuola dell'infanzia, né perpetuare
nella scuola dell'infanzia l'identità del nido, i suoi stili educativi, la sua organizzazione, bensì vuol
dire, all'interno di una concezione unitaria delle istituzioni che interessano i bambini dai 0 ai 6 anni,
individuare i momenti di analogia e di differenziazione che permettano di comprendere la natura e
la storia di tutti gli eventi educativi e di attribuire loro significati comuni e contemporaneamente
diversi che segnano la specificità delle due istituzioni84.
Continuità e discontinuità rappresentano, dunque, due funzioni essenziali di stimolo alla crescita.
Pensare alla continuità in un'ottica educativa non significa ipotizzare un'omogeneità a tutti i costi,
ma riconoscere e rispettare le reciproche autonomie e differenze educative in una prospettiva di
coordinamento strutturale. Scoprire e studiare congiuntamente i momenti di analogia e di
differenziazione può offrire sia alle educatrici sia alle insegnanti la possibilità di comprendere la
natura e la storia degli eventi educativi che interessano singolarmente i due servizi. La continuità
non va intesa come subordinazione tra istituzioni, bensì come articolazione del diverso,
valorizzazione e riconoscimento della specificità che ognuno porta con sé. Dialetticamente
possiamo definire la continuità come:
• coerenza: intendendo la stretta connessione tra i diversi aspetti del contesto;
• ricomposizione: delle esperienze spesso frammentante dei piccoli;
• integrazione: in funzione della continuità dell'esperienza infantile;
• articolazione ed espansione: occasione per far crescere le occasioni formative proposte al
bambino nel tempo in funzione al suo ritmo e alle sue capacità dimostrate.
Ogni soggetto ha bisogno del nuovo, dell'inatteso per crescere85. Carugati scrive giustamente che
il cambiare è una dinamica importante dello sviluppo, perché crea una discrepanza tra lo schema
come è adesso e la realtà, una realtà che fosse completamente routinaria e asfissiante, è paralizzante,
è deprimente sia nel senso cognitivo che emozionale. Si ha bisogno del nuovo, dell’inatteso, ma il
83 M. C. STRADI, Dialogo insegnanti genitori nido-scuola dell'infanzia, op. cit., p. 33.
84 E. CATARSI, Educazione alla lettura e continuità educativa, Bergamo, Edizioni Junior, 2011, p.22.
85 M. T. BASSA POROPAT, L. CHICCO, Il nido come sistema complesso. Percorsi formativi e di intervento
nell'ottica della qualità totale, Bergamo, Edizioni Junior, 2004, pp. 88-89
36
rapporto tra nuovo ed inatteso deve essere governato, non deve essere casuale, arbitrario,
imprevedibile o comunque ingiustificabile. Per questo si deve dare particolare attenzione al
passaggio dal nido alla scuola dell’infanzia, che può verificarsi per il bambino anche come
occasione di disorientamento. Il momento del passaggio si presenta come un momento particolare
in quanto il bambino si ritrova davanti ad un “rovesciamento di prospettive”. In precedenza era
abituato ad essere considerato il più grande dei piccoli, mentre adesso viene considerato il più
piccolo dei grandi e il più bisognoso di protezione. Questo fatto, oltre al cambiamento degli
ambienti e delle abitudini, può talvolta produrre dei comportamenti meno organizzati e maturi di
quelli che erano stati dimostrati negli ultimi mesi al nido. Ciò non deve portare le insegnanti della
scuola dell’infanzia al rischio di un’eccessiva “nidizzazione”. In altri termini, si tratta di avere
chiaro che l’acquisizione della prospettiva della continuità non deve portare alla omogeneizzazione
del nido e della scuola dell’infanzia che debbono mantenere, al contrario, la specificità dei loro
diversi progetti educativi. Oltre alla conoscenza tra le due istituzioni occorre anche avere chiaro che
il rapporto tra l’asilo nido e la scuola dell’infanzia potrà realizzarsi solo nella prospettiva di una
continuità “minima” che si sostanzia in una serie di attività ed iniziative comuni86. In questa
prospettiva il risultato sembra essere stato la costruzione di “strumenti di continuità”, primo fra tutti
l’adozione di un “protocollo delle azioni di continuità tra nidi e scuole dell’infanzia” come risposta
concreta e coerente nei momenti di passaggio tra i due servizi. Pensare alla continuità in un’ottica
educativa significa affatto ipotizzare una omogeneità a tutti i costi, bensì scoprire e studiare
congiuntamente i momenti di analogia e di differenziazione per poter comprendere la natura e la
storia degli eventi educativi promosse dalle figure educative, attribuendo loro significati comuni e
contemporaneamente diversi, che segnano la specificità delle due istituzioni, all’interno però di una
concezione unitaria delle istituzioni da 0 a 6 anni.
Da ciò è possibile evidenziare come un contesto educativo 0-6 anni risulti più idoneo degli
abituali contesti “spezzati” nido/scuola dell’infanzia a promuovere la crescita dei bambini e ciò per
una serie di motivi ad alta valenza pedagogica, soprattutto perché:
consente una prospettiva a lungo termine in cui si ha modo di prestare meglio attenzione
al processo di sviluppo, senza brusche interruzioni imposte;
offre una visione longitudinale della crescita di ciascun bambino, consentendo di attuare
un’azione educativa individualizzata mirata a ciascun bambino concreto;
offre il tempo e l’agio per seguire il bambino al suo ritmo;
86E. CATARSI, Educazione alla lettura e continuità educativa, op. cit., p.21-23
37
offre l’opportunità alla famiglia di confrontare, in maniera continuativa e stabile,
l’immagine che essi hanno del proprio bambino nel tempo con quella delle educatrici;
consente al bambino di costruire legami duraturi con adulti e altri bambini fuori della
famiglia, fornendogli così occasioni preziose per lo sviluppo sociale ed affettivo.
Emerge, da questo modo di intendere la continuità, l’esigenza di considerarlo come lavoro di
rete. Se la continuità è apertura al servizio, risulta necessaria anche la capacità di saper favorire e
promuovere lo scambio delle esperienze87.
Durante lo svolgimento del tirocinio, nei mesi di marzo e aprile di quest’anno, ho potuto
assistere ad una riunione organizzata per i genitori dei “bambini grandi” del nido. Questa riunione è
nata come prova, essendo la prima di questo tipo, ed aveva come scopo proprio la promozione di
uno scambio di esperienze. Le educatrici del nido hanno preparato un ambiente favorevole
all’interazione libera, cercando di mettere il più possibile a proprio agio i membri della riunione, e
hanno coinvolto un’insegnante di una scuola dell’infanzia. Da ponte tra le due figure, le educatrici e
l’insegnante “nuova”, c’era la coordinatrice comunale di Macerata. È stata questa figura a
intraprendere e tenere il discorso sulla continuità. Una continuità a favore dei genitori, ha
sottolineato, infatti, come la vera continuità in questo passaggio siano i genitori, dovendo le
educatrici lasciare i bambini e le insegnanti della scuola dell’infanzia accogliergli. Ruolo centrale di
questo momento hanno i genitori e fondamentale è il modo in cui si pongono, poiché i bambini
rispecchiano le loro emozioni.
La coordinatrice ha infatti definito questo momento come il frutto di una “collaborazione
sottobanco”, essendo gli adulti i protagonisti principali di questo processo. Fatta un’introduzione
generale, poi il discorso tenuto si è articolato principalmente su tre punti:
1. linguaggio: non deve essere questo il motore del passaggio. Un bambino che ancora non
ha un vocabolario ampio non sarà emancipato o allontanato dal gruppo. Spesso è proprio
l’eterogeneità del gruppo a favorire lo sviluppo linguistico: i bambini più grandi vengono
visti da modello, tanto da spronare i più piccoli ad essere come loro;
2. autonomia: vista come conquista. Il genitore non si deve sentire in colpa a lasciar fare
diverse azioni da solo al bambino, ma deve vivere questo momento secondo l’ottica “fai da
solo perché sei bravo”. In questo modo il bambino si sentirà apprezzato nelle sue nuove
87M. T. BASSA POROPAT, L. CHICCO, Il nido come sistema complesso. Percorsi formativi e di
intervento nell'ottica della qualità totale, op. cit., pp. 88-90
38
conquiste e sicuro di poterle fare poiché assistito dall’adulto che non obbliga ma osserva
dall' esterno l’azione stessa;
3. ambiente: spesso la scuola dell’infanzia viene vista come la scuola delle “regole” e
questo spaventa. Bisogna però interpretare queste regole come contenimento. L’ambiente
resta sempre caratterizzato dalla scansione dei tempi, dall’organizzazione degli spazi e
soprattutto dalla libertà lasciata ai bambini di esprimersi per poter raggiungere e conquistare
una propria personalità.
Successivamente è intervenuta l’insegnante della scuola dell’infanzia presentando a grandi linee
l’organizzazione della scuola, lasciando poi spazio ai genitori per qualsiasi tipo di informazione. La
riunione si è conclusa con un confronto generale di emozioni, paure, aspettative e realtà che si stava
vivendo in quel preciso momento, proiettando tutto ciò in un futuro molto vicino.
In questo modo si può verificare come la continuità coincida con l’accoglienza. E per
accoglienza si intende il rispetto che si deve avere nei confronti della storia e dell’esperienza
precedente, facilitando l’approccio ad una dimensione nuova.
<<La continuità nasce dall’esigenza primaria di garantire il diritto all’alunno ad un percorso
formativo organico e completo, che mira a promuovere uno sviluppo articolato e multidimensionale
del soggetto, il quale, pur nei suoi cambiamenti evolutivi e nelle diverse istituzioni scolastiche,
costruisce così la sua particolare identità.88>>
88E. CATARSI (a cura di M. C. STRADI), Accogliere con cura, riflessioni ed esperienze, op. cit., p. 106.
39
TERZO CAPITOLO:
LA FESTA DEL PAPÀ
3.1. Progettare l'attività.
“Dove non ci sono bambini
non ci sono né feste
né vita familiare.”
Rosa Luxemburg
All'asilo nido nessuna festa o evento dell'anno passerà inosservato: ogni momento verrà
allegramente evidenziato, stimolando la fantasia dei bambini e coinvolgendo tutte le famiglie, e per
di più, ognuno di questi avvenimenti sarà trasformato in un ricordo89.
Il valore educativo che questa iniziativa ha avuto all'interno del percorso educativo del nido e
della relazione con le singole famiglie: si ricollega al fatto che vengono proposti momenti collettivi
in una dimensione sociale fortemente ludica. C'è un filo conduttore che lega infatti le feste alle
esperienze ludiche proprie dei bambini. Entrambe si presentano come attività utili alla
soddisfazione di un bisogno psicologico e culturale che richiede ampio spazio alla creatività.
Inoltre, rappresentano un'opportunità di conoscenza durante la quale educatrici e genitori imparano
a vedersi in modo diverso, c'è maggiore spontaneità e disponibilità: atteggiamenti che senza dubbio
favoriscono un clima reciprocamente positivo.
La nostra facoltà ci offre una grande opportunità, che spesso, noi studenti dimentichiamo: il
tirocinio. Per motivi burocratici, quest'anno ho svolto l'attività di tirocinio tra i mesi di Marzo e
Aprile presso l'asilo nido Gian Burrasca di Macerata. Già nell'ottica di preparazione della tesi, ho
fatto tesoro dell'opportunità di poter incentrare la parte pratica della tesi su un'attività che potevo
vivere direttamente. Durante il tirocinio si svolgeva la festa del papà. Inizialmente ho parlato con le
educatrici per poter organizzare al meglio un'attività per la tesi e loro si sono dimostrate disponibili
nell'aiutarmi a trovare un modo che potesse spiegare, direttamente con i fatti, la relazione
indispensabile che esiste tra genitori ed educatrici per la crescita del bambino.
89 http://www.nidofamigliapeterpan.it/1/le_attivita_del_nido_2167447.html. 09/05/14
40
La festa del papà si avvicinava e con le educatrici abbiamo cercato un’attività che potesse
coinvolgere entrambi i genitori. Dopo varie proposte e idee, sia da parte di giornalini del nido, sia
da esperienze passate in diversi ambiti dell'educazione, sia dalle proposte dei bambini, si è arrivate
alla conclusione della creazione di un momento di coinvolgimento diretto dei papà.
Quest'anno veniva stravolto il classico lavoretto per la festa. Non erano più i bambini, aiutati
dalle educatrici, a creare il ricordo della festa, ma adesso erano i bambini aiutati dai papà a creare
insieme il lavoretto.
Le feste, per come sono organizzate, mettono in evidenzia la piacevolezza di incontrare e
incontrarsi, ma anche di imparare a fare, recuperando dimensioni ludiche ed emotive di grande
ricchezza. Sono dunque occasioni di:
• divertirsi ed incontrarsi tra bambini ed adulti;
• condividere esperienze particolari;
• sperimentare comportamenti ed emozioni;
• valorizzare i rapporti interpersonali.
La riuscita di una festa dipende, in fine, dalla felice fusione di un complesso sistema di situazioni
e dalla collaborazione al progetto di più persone (in questo caso mamme per permettere la
realizzazione del lavoro, papà come protagonisti e le educatrici come ponte di unione tra le due
figure) con competenze diverse, ma tutte desiderose di portare a termine il loro lavoro.
La regia così composta necessita di linee guida che le educatrici devono rendere note sin
dall'inizio, quali:
• individuazione degli scopi e delle caratteristiche dell'iniziativa (la festa offre ai bambini la
possibilità di condividere alcuni momenti della vita al nido con i propri genitori e ai genitori un
momento di aggregazione e partecipazione alle attività del nido. Permette inoltre a tutti
un’opportunità di scambio e conoscenza reciproca90);
• programmazione degli aspetti organizzativi:
- destinatari: papà dei bambini;
- tempi: prima parte della mattina del 19 Marzo 2014;
- modalità: creazione del lavoretto insieme;
90 file:///C:/Users/Marzia/Desktop/Downloads/Momenti_di_festa_al_Nido_ok_x_sito%20(3).pdf, 09/05/14
41
- luoghi: salone dell'asilo nido;
- materiali: maglietta bianca e colori a tempera per stoffa;
• realizzazione concreata di manufatti (in questo caso le magliette) e allestimento ambienti91.
Nonostante il coordinamento dell'iniziativa appartenga alle educatrici, la partecipazione delle
famiglie è parte integrante del percorso educativo del nido. Si ritene dunque importante creare una
rete di relazioni intense che promuovano il coinvolgimento attivo dei genitori nella vita del nido,
che deve diventare un luogo di benessere per tutti i soggetti coinvolti. Anche le famiglie, quindi,
sono invitate a contribuire attivamente al raggiungimento di questo obiettivo92.
Le educatrici, una volta scelta la modalità di svolgimento della festa, hanno iniziato a chiamare
le madri dei singoli bambini. Ogni mamma, infatti, aveva i\l compito di portare ciò che sarebbe
divenuto l'oggetto di lavoro per i piccoli ed i grandi.
Costruire, allestire, preparare: un fare insieme che è reale e concreto coinvolgimento nei progetti
e nelle attività del nido, per saperne qualcosa in più e lasciare il proprio segno93. La decisione presa
è stata: la decorazione di una maglia bianca con i colori a tempera apposta per i tessuti. Le mamme
avevano dunque il compito di portare una maglia bianca da poter colorare poi il giorno stesso della
festa. Portare segretamente però, in modo tale da creare un effetto a sorpresa e di stupore
all'ingresso al nido della mattina stessa. Durante la settimana, dalle chiamate alla festa, le madri o
all'ingresso o all'uscita, indifferentemente, facendo sempre attenzione alla presenza di papà
all'interno del nido, lasciavano le maglie alle educatrici che andavano a sistemarle senza far vedere
nulla neanche ai bambini.
I bambini sono stati coinvolti nel momento della preparazione dell'invito. Anche per questo
momento sono state scelte le modalità, in quanto questo è da considerarsi come biglietto da visita
per il momento da festeggiare insieme. Per quest'anno, infatti la difficoltà della preparazione di
questi momenti sta anche nel trovare sempre nuove idee e avere tanta creatività per non rendere
monotona ogni festa con il classico invito. Le educatrici hanno deciso di creare una carta d'identità
del papà, il cui timbro non viene rilasciato dal Comune di residenza, ma dall'impronta digitale del
bambini, appositamente dipinti con un pennello dalle educatrici con la tempera color rosa.
91 M. C. STRADI, Dialogo insegnanti genitori nido-scuola dell'infanzia, op. cit., pp. 31-32.
92 http://www.letateinfesta.it/doc/Progetto_pedagogico_Montello_2011.pdf, 12/05/14
93 http://memoesperienze.comune.modena.it/nidi/pdf/aprirsi.pdf, 12/05/14
42
A pochi giorni dalla festa il tavolo dell'asilo era così:
A turno le educatrici, una volta compilato l'invito, chiamavano ogni bambino per poter mettere la
loro impronta, intingevano il pennello nella tempera, “sporcavano” il dito del bambino e poi
insieme pressavano il dito nel posto apposito.
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Alcuni bambini erano impauriti dal colore a tempera, non percependo il momento come
un'attività strutturata od organizzata dalle educatrici, ma come un'occasione. Infatti era un momento
particolare, non tutti erano con i grembiulini per potersi approcciare al colore, ma durante il gioco
libero venivano chiamati, veniva messo il grembiulino, si lasciava l'impronta e poi si tornava a
giocare.
Il risultato finale era una divertente carta d'identità, un documento necessario per poter accedere
alla festa che si stava preparando:
I bambini si sono occupati anche della decorazione degli ambienti in cui nei giorni a seguire si
sarebbe svolta la festa. Ritagliare striscioline di cartapesta, crearne poi delle palline, incollarle,
colorare le lettere con spugnette piene di colore, sono queste le attività che hanno occupato i
bambini durante una mattinata per poter creare, insieme alle educatrici i cartelloni. Piccoli e grandi
erano alle prese con cartoncini da incollare, e questi non lasciavano indifferenti nessuno.
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Queste attività, anche se come fine ultimo hanno la decorazione della stanza, sono per i bambini
delle occasioni che permettono di sviluppare la propria manualità e di imparare divertendosi.
Inoltre, durante la festa potranno far vedere direttamente ai propri papà il lavoro svolto per loro e
l'impegno che hanno messo per poter rendere quel giorno un giorno speciale per tutti.
Consegnati gli inviti e terminati i cartelloni, tutto era pronto per la festa.
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3.2. 19 Marzo 2014: dipingiamo insieme.
“Papà, se tu sentissi come mi batte il cuore,
se premo con la mano,
mi batte più forte ancora:
sai tu dirmi perchè batte così?
Perchè il mio amore per te sta tutto qui!”
Papà, se tu sentissi
“Buongiorno papà, con la collaborazione segreta delle mamme ci siamo fatti portare una
maglia bianca che adesso potrete decorare con i vostri figli: buon divertimento!”
Le educatrici accolgono così i papà all’ingresso del nido, addobbato per la festa con un tavolo per la
colazione (come da tradizione al nido in questi giorni di festa), cartelloni fatti dai bambini stessi e le
maglie appese nella sala, in modo tale che poi ognuno di loro prendesse la propria per poterla
decorare. A disposizione ogni coppia di genitore a bambino aveva un tavolino, da condividere con
un'altra coppia, già opportunamente preparato per poter dar sfogo alla fantasia di grandi e piccini.
Colori, pennelli e giornali per non limitare la creatività di nessuno erano il motore per
intraprendere questa nuova avventura.
Così inizia la giornata, tra lo stupore dei papà e la gioia dei bambini. Piano piano si inizia a
prendere confidenza con i colori e con i pennelli, cercando sempre nuove idee per il proprio lavoro.
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Collaborazione e intesa erano gli ingredienti necessari per poter procedere verso il proprio
capolavoro.
Le educatrici nel frattempo osservavano e fotografavano ogni momento per poterlo poi mostrare
alle mamme, complici della mattinata di colore che hanno vissuto i bambini con i loro padri. Alcuni
iniziano scrivendo il nome dei propri figli e alternando i propri disegni alle loro fantasie,
personalizzando il più possibile le proprie magliette.
Questo è quello che succede, ad esempio, a V.. Una delle più grandi e mattiniere del nido, amica
inseparabile di E.. Anche questa mattina di festa arrivano insieme e scelgono un unico tavolo per
dare inizio al lavoro. E. chiede al padre di disegnargli Topolino, lo stesso fa V.. I genitori
rispondono alle richieste dei propri figli, anche se intimoriti e non artisti affermati. Tra le
rassicurazioni dei figli e la volontà di voler creare insieme qualcosa che potesse piacere ad
entrambi iniziano a dipingere. La paura passa e iniziano a divertirti, vengono fuori Topolini del
tutto personali e decorati a modo proprio. Infatti, nonostante la richiesta fosse uguale, ognuno di
loro ha personalizzato la propria maglia, rendendola del tutto personale. I genitori, una volta presa
manualità e confidenza con i pennelli ed i colori si son soffermati sulla possibilità di poter stare
insieme nell'ambiente prettamente del bambino e soprattutto di potersi “sporcarsi tutti e due le
mani” per qualcosa che sarebbe rimasto. Soprattutto per quanto riguarda la prima possibilità,
essendo arrivati presto al nido, una volta terminato il lavoro, i piccoli han potuto giocare con i
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propri papà nel salone dei giochi. Nei loro occhi si vedeva la felicità. Non sempre i genitori,
soprattutto i papà, possono permettersi di restare al nido, o quanto meno visitarlo. Era questa
un'occasione di totale condivisione, non solo nel momento di festa ma anche nella quotidianità
stessa che il bambino vive ogni giorno al nido.
Qualche papà si è divertito sporcandosi molto più dei figli, sfruttando al massimo quel momento
offerto dal nido da condividere insieme ai propri piccoli.
Il papà di F. era più contento del figlio di potersi sporcare e riempire le mani piene di colore.
Una volta entrati al nido, e vista la specialità dell'arredo di quel giorno, F. era rimasto spiazzato.
Sembrava non essere nel suo nido. È così entrata subito in gioco la creatività e la voglia di fare del
padre. Ha preso i colori, altri materiali dal tavolo centrale, spingendo sempre più Federico a
prendere confidenza con il “nuovo nido”. Questo modo di essere espansivo, aperto alla novità da
parte del padre ha permesso al piccolo di poter godere a pieno di questo giorno. A mano a mano
che i colori aumentavano si creavano sempre nuove tecniche: dalle dita si passavo poi ai tappi di
sughero, per poi schizzare la maglia e fare strisce di aeroplani con i spazzolini, tutti strumenti
rigorosamente immersi in tazze di colori. Di certo in questo tavolo non mancava la creatività. Non
soddisfatti del poco colore utilizzato nella parte davanti della maglia, l'han fatta respirare un po'
per poi girarla e riprendere a dipingere. Altre pennellate, manate a riempire il resto della maglia
per poi arrivare ad una scritta: “Ciao Mamma”. Il padre aveva ben pensato di decorare la maglia
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per le situazioni quotidiane, come ad esempio quando si mette F. sulle spalle durante le passeggiate
e cammina davanti alla madre. In questo modo la mamma poteva ben riconoscerli. Interessante è
stata questa scelta, poiché si nota come questa non sia stata un'occasione del momento, ma
un'occasione da poter sfruttare nella propria quotidianità.
Un pennellata qua, una manina in quella maglia han fatto sì che il lavoretto del papà sia stato
realizzato direttamente dai papà, soprattutto per quanto riguarda i bambini più piccoli.
Queste sono le manine di M., il più piccolo del nido. Non potendo decidere come decorare la
maglia, il padre ha cercato di renderlo il più possibile partecipe alla creazione del lavoro.
L'impronta della mano è stato il momento più bello, prima ha lui fatto pressione sulle mani del
piccolino, ma dopo è stato il piccolo ad aiutare il papà. Sono questi i momenti di condivisione e di
rispetto del piccolo. Nonostante non abbia le capacità e le possibilità di poter fare da solo è sempre
l'adulto che lo guida, mantenendo così la propria attenzione sulla volontà e sui bisogni del
bambino stesso. In questo modo le educatrici han potuto notare come questa non sia stata
un'attività volta solamente ai più grandi che ormai hanno dimestichezza con i colori, ma anche per
i più piccoli è risultata una possibilità di conoscenza e familiarizzazione con pennelli e mani
immerse nelle tempere.
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Una volta terminati i lavori i papà andavano nella sala d'accoglienza per poter fare colazione con
i propri figli. Dopo di ché i papà sono tornati al proprio lavoro, lasciando i bambini a vivere la
quotidianità del nido. Le attività si sono svolte normalmente, tra gioco libero nel salone, racconto
della mattinata mentre si aspettava il pranzo, pranzo e infine la preparazione alla nanna per chi
restava e il cambio per chi tornava a casa.
Terminato il pranzo, prima dell'uscita, le educatrici si son divise tra il cambio e l' arredo della
sala d' accoglienza, facendo una mostra dei capolavori che erano stati creati durante la mattina.
Riempiendo le varie pareti:
Appendendole nei lampadari, facendole scendere giù attraverso le grucce:
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Facendo da cornice ai cartelloni preparati dai bambini e dalle educatrici nei giorni precedenti:
Occupando tutti i spazi, non a caso, per non lasciare vuoto nessun posto:
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Finita la preparazione della sala le educatrici hanno chiesto a ogni bambino di riconoscere la
propria maglia, dando importanza ad ogni singolo lavoro. Tutti i bambini si sono dilettati nel
cercare la propria maglia per poi descriverla ai propri amici. Un'attività mirata alla conoscenza di sé
e all'importanza della propria unicità. Le educatrici erano lì ad ascoltare chi voleva parlare e a
rispettare chi non se la sentiva, senza imporre loro l'obbligo dell'attività.
Terminava così la giornata, tra la felicità dei bambini e dei genitori al momento della riconsegna,
non solo dei bambini ma anche dei lavori fatti.
Quest'attività ha avuto poi seguito in una progettazione a larga veduta. Le educatrici hanno
organizzato lo stesso lavoro per la festa della mamma, mirando ad un obiettivo: indossare tutti una
maglia personalizzata al nido il giorno della festa finale. Non solo papà e mamma ma anche
educatrici e bambini che si sono divertiti tra colori e maglie da riempire di colori e fantasia.
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3.3. Dietro le quinte.
"Una prova della correttezza
della procedura educativa
è la felicità del bambino."
Maria Montessori
Stare bene al nido è un obiettivo che può essere raggiunto, sia per le educatrici, sia per i genitori,
anche grazie alla disponibilità di uno spazio, di una zona espressamente dedicata agli adulti che
ritrovano in questa “sistemazione” il segnale di un ambiente a loro sempre più favorevole. La logica
di questa iniziativa sta nell'evidenziare nel modo dovuto l'accoglienza e l'accettazione che la scuola
desidera testimoniare ed esprimere verso le famiglie. Saranno così valorizzati contributi e
collaborazioni94, tali da rendere speciali queste opportunità, come infatti è avvenuto il giorno della
festa del papà. A partire da una proposta da parte delle educatrici, allestendo il nido non solo per i
bambini ma anche per gli adulti, si è arrivati alla condivisione di un momento importante che è poi
sfociato nell'arricchimento della relazione che nel corso del tempo si va creando.
Il lavoro delle educatrici per questi momenti non è solo di tipo organizzativo, ma risulta essere
molto più complesso e difficile. Per poter ricavare dall'esperienza un insegnamento per le occasioni
successive è necessario che venga svolto il compito dell'osservazione. L'osservazione va dunque
interpretata non come strumento di indagine, ma come strumento, continuamente migliorabile e
ampliabile, della propria competenza professionale95. L'osservazione sistematica, tuttavia, è
qualcosa di diverso dal semplice “guardare” ciò che fa un bambino nei vari momenti e nelle varie
situazioni in cui è strutturata la giornata in un contesto educativo. È necessaria, cioè, una
formalizzazione e una sistematizzazione delle osservazioni. Il primo passo che deve essere
effettuato in questo processo di sistematizzazione è la definizione degli scopi per cui l'osservazione
viene effettuata. Lo scopo principale è più generale è sicuramente la valutazione del livello di
sviluppo raggiunto dal singolo bambino. Risulta evidente come l'osservazione dei bambini nel
normale contesto educativo sia un compito non solo complesso ma richiede anche un certo
dispendio di tempo96. Occorre tempo e spazio per osservare, senza codificare, gli elementi vivi del
94 M. C. STRADI, Dialogo insegnanti genitori nido-scuola dell'infanzia, op. cit., p. 32.
95 F. MONTI, F. CRUDELI, Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni,op. cit., p. 16.
96 L. D'ODORICO, R. CASSIBBA, Osservare per educare, Roma, Carocci Editore, 2005, p. 10-15.
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contesto: uno spazio dove sentire i pensieri, pensare i sentimenti, un tempo, dove le esperienze
mentali ed emotive possano prendere forma ed essere contenute.
Il modello dell'osservazione che stiamo trattando è quello dell'Infant Observation, messo a punto
nel 1960 da Esther Bick, all'Istituto di Psicoanalisi di Londra, e già facente parte, sotto la sua
direzione, dal 1948, del training di psicoterapia infantile presso la Tavisock Clinic di Londra. Il
modello è stato poi strutturato e diffuso a livello internazionale da Martha Harris, in Nord America,
in Sud America, Australia, Europa. In Italia è stato fondamentale il contributo scientifico e
operativo di Marcella Balconi, che ha sostenuto l'importanza e la rigorosità dell'osservazione
nell'organizzazione dei servizi di neuropsichiatria infantile e degli asili nidi. La Balconi scriveva:
<< osservare vuol dire acquisire la capacità di vedere un insieme, un tutto unitario. Un tipo di
osservazione che devitalizza, che si riferisce a una parte o a un settore, non serve al nostro lavoro.
Tu devi avere la capacità di osservare, di sintetizzare; devi avere sempre la carica umana che ti fa
ricercare l'intero e non la parte: l'interesse per una persona viva, non per i pezzi di persona.>>97
L'obiettivo dell'apprendimento all'osservazione psicoanalitica è conoscere il bambino nella sua
totalità, è conoscere lo sviluppo emotivo del bambino inserito in un contesto specifico, reale, e
trarre insegnamento dalla propria risposta, mentale ed emotiva, alle osservazioni. Questa
metodologia è una modalità di comprendere le esperienze e i bisogni emotivi del bambino, la
qualità dell'ambiente in cui egli si trova a vivere e le capacità degli adulti di entrare in contatto con i
propri stati mentali interni. Questa metodologia fa a sua volta riferimento a un modello di
funzionamento mentale interattivo, cioè a un vertice osservativo che sottolinea la naturale qualità
relazionale, prima che intrapsichica, della mente.
L'educatrice lavora su tre livelli spazio-tempo:
1. in primo luogo osserva il bambino;
2. successivamente scrive le sue osservazioni, seguendo il movimento delle scene mnestiche;
3. infine legge e discute insieme ad altre educatrici ed ad un supervisore le osservazioni.
C'è dunque una lettura e una comprensione dei dati osservati sempre più complessa all'interno di
un gruppo di lavoro. La lettura “microscopica” dei segnali emessi dal bambino al nido, accolti
dall'educatrice e restituiti attraverso la scrittura, si trasforma, infatti, nel lavoro di gruppo in una
lettura “macroscopica”, che tende a descrivere le coordinate spazio-temporali dello sviluppo
infantile. L'osservazione, quindi, tende non ad accumulare dati, ma a favorire la qualità del pensare,
97 F. MONTI, F. CRUDELI, Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni,op. cit., p. 22.
54
l'essere all'ascolto degli elementi che si muovono nel campo interattivo; si struttura quindi come un
movimento mentale alla ricerca sia di una giusta distanza per vedere l'oggetto nella sua interezza,
sia di una giusta vicinanza per risuonare empaticamente nell'incontro con il bambino reale. Nella
mente dell'osservatore, attraverso una lunga e continua formazione, si crea così uno spazio dove è
possibile un movimento ondulatorio, che permette una comprensione del rapporto tra primo piano
(l'unicità del bambino) e sfondo dei molteplici fattori del campo osservativo (il contesto in cui il
bambino è inserito). Per questo però si ha bisogno di tempo, di pazienza e di cura competente.
La rigorosità dell'osservazione sta nella continuità del processo di contatto con la realtà: è
un'osservazione in “presenza”, perché l'osservatore è dentro il osservato98. Si possono, infatti,
verificare dei rischi sulla situazione, in quanto l'osservatore deve mostrarsi del tutto oggettivo alla
situazione ma non è una cosa semplice in quanto entra in gioco il grande impatto emotivo che si ha,
soprattutto con i più piccoli. È necessario, dunque, conoscere in quali effetti si può cadere per
poterli evitare:
• pigmalione: deriva dagli studi classici sulla “profezia che si auto-realizza” il cui assunto di
base può essere così sintetizzato: se gli insegnanti credono che un bambino sia meno dotato lo
tratteranno, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri; il bambino interiorizzerà il giudizio
e si comporterà di conseguenza; si instaura così un circolo vizioso per cui il bambino tenderà a
divenire nel tempo proprio come l’insegnante lo aveva immaginato99;
• alone: è un bias (un giudizio o un pregiudizio sviluppato sulla base dell'interpretazione delle
informazioni in possesso che porta ad un errore di valutazione o mancanza di oggettività di
giudizio) cognitivo per il quale la percezione di un tratto è influenzata dalla percezione di uno o più
altri tratti dell'individuo o dell'oggetto. Un esempio è giudicare intelligente, a prima vista, un
individuo di bell'aspetto100;
• stereotipia: condizionamento che porta a giudicare un soggetto in base ad un'opinione
generalizzata originaria101;
98Idem, pp. 17-23.
99 http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Pigmalione, 15/05/14
100 http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_alone, 15/05/14
101 http://ospitiweb.indire.it/adi/CoopLearn/valutogg.htm, 15/05/14
55
• contrasto: condizionamento prodotto dalla proiezione del soggetto a standard ideali di
prestazione, senza tener conto dell'unicità di ogni singolo individuo102.
L'oggettività in senso vero non è realizzabile ed è perciò necessario imparare ad accettare questo
dato senza sentirsi troppo in colpa.. Nonostante questo bisogna raggiungere la massima obiettività
possibile, ossia il più alto grado di imparzialità ed equità, lavorando con la soggettività, e non
nonostante questa. Solo così si può avere una buona conoscenza della situazione che si sta
analizzando103.
Possiamo dunque delineare una formazione all'osservazione, che comprende:
• finalità:
- acquisizione di una metodologia di osservazione rigorosa e finalizzata al rapporto educativo;
- crescita nella capacità di lettura e analisi delle osservazioni;
- affinamento della sensibilità nel rapporto quotidiano con il bambino;
- aumento della capacità di tollerare le proiezioni dei sentimenti ostili dei bambini attraverso il
riconoscimento e la discussione di gruppo;
• direzioni:
- verso l'esterno per guardare il bambino;
- verso l'interno per riconsiderare sé stessi nel modo di stare con il bambino;
• strumento: la mente dell'osservatore (presenza, attenzione, concentrazione, memoria),
sintonia con ciò che si guarda e si prova;
• risultati:
- aumento dello spazio mentale di osservazione;
- aumento della capacità negativa, saper attendere;
- aumento della disponibilità e dell'attenzione;
- aumento della capacità di recepire le reazioni dei bambini come informazioni importanti;
- aumento della solidarietà del gruppo.
102Idem
103Idem
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Possiamo concludere sottolineando la difficoltà che presentano non solo l'osservazione ma anche
la documentazione, in quanto entrambe richiedono impegno e professionalità. Coinvolgere le
famiglie è possibile se a loro viene “restituita” l'esperienza e se, poco alla volta, acquisiscono la
consapevolezza di poterla indagare meglio per renderla qualitativamente migliore104. Il modo
migliore di indagare è vivere in prima persona. La festa del papà è stata una delle tante occasioni
che il nido ha offerto alle famiglie di poter entrare in contatto con il mondo dei loro figli. È stata
questa un'occasione in cui il nido familiare è potuto entrare all'interno del nido istituzionale, e
questo, è stata un'occasione di vera felicità.
104 M. C. STRADI, Dialogo insegnanti genitori nido-scuola dell'infanzia, op. cit., p. 34.
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CONCLUSIONI
"Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre,
ma avere un occhio nuovo.”
Proust
La mia famiglia ha creato per me una rete di relazioni che ho poi dovuto continuare a tessere
attraverso le mie esperienze, i miei bisogni e con le persone che ho incontrato lungo questo viaggio.
Mi ritrovo adesso a dover creare un ponte tra quello che sono stata e quello che vorrò essere,
essendo al momento contemporaneamente sia studentessa, sia futura educatrice.
Questa tesi mi è servita per capire ciò che voglio nel mio lavoro, e ciò che c'è da migliorare,
partendo dall'idea che questo non è possibile solamente con il lavoro delle educatrici ma è
indispensabile la figura e la presenza dei genitori. I genitori hanno il compito, infatti, di dimostrarsi
disponibili nella relazione con le educatrici, perché è proprio attraverso questa che il bambino si può
sentire sicuro e libero di provare ed avere nuove esperienze all'interno del nido. Avere una
progettualità, essere disponibili al confronto con l'altro, affrontare il cambiamento, sono questi i
requisiti che una famiglia deve avere per poter raggiungere, insieme alle educatrici, l'obiettivo che
si è prefissato insieme: la crescita del bambino stesso.
Educare i bambini è un compito molto difficile e complesso. Non si può decidere cosa insegnare
loro, si può scegliere solamente chi essere. Dopo aver vissuto diversi anni all'interno del sistema
scolastico, seguendo il proprio curricolo, attraverso poi i tirocini, l'ambiente di lavoro risulta essere
noto. Ma pur essendolo, bisogna sempre ricordarsi che si lavora con persone, che sono tutte diverse
le une dalle altre grazie alla loro unicità e, dunque, bisogna avere la capacità di essere flessibili in
qualsiasi situazione. Questa qualità si può ottenere imparando a conoscere sé stessi, per poter dare
poi il buon esempio a chi ci troviamo davanti. Non bisogna dunque cercare nuove terre in cui
andare a lavorare, ma avere occhi nuovi di fronte ad ogni situazione che si presenta, imparando da
quelle passate e mirando sempre a migliorare. Solo conoscendo sé stessi e rispettando l'unicità
dell'altro si possono ottenere risultati di qualità. Solo in questo modo è possibile creare la relazione
che risulta essere indispensabile all'interno del nido per poter raggiungere il ben-essere del
bambino.
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BIBLIOGRAFIA
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26/04/14
• www.psicopedagogika.it/view.asp?id=627, Cosma C., Asilo nido: ieri, oggi e domani; la
legge 1044/1971,2012, 23/04/14
• http://www.thepsychologist.org.uk/legacyforum/legacyforum_home.cfm?
&ForumID=1&fuseAction=displayMessage&messageID=6032, 07/05/14
61
RINGRAZIAMENTI
“Vietato dire:
NON CE LA FACCIO”
Ogni volta che pensavo “devo scrivere la tesi”, pensavo subito a queste ultime pagine. E adesso
che ci sono, sembra che non trovo più le parole. Inizio col dire che ce l'ho fatta, sto raggiungendo
questo grande e primo traguardo della mia vita. Ho scelto questa frase per iniziare perché, una volta
uscita dalle superiori, non pensavo minimamente di avere le capacità di poter fare così tanto. E
invece, sono solamente fiera dei miei risultati. Perciò per prima ringrazio me stessa per non aver
creduto alle parole delle persone al momento della mia scelta universitaria. Ma questo è stato
possibile solamente grazie agli insegnamenti che ho ricevuto durante la vita dalla mia famiglia.
“Un bacio in fronte a mia madre
perché a lei devo tutto”
Ringrazio l'amore di mia madre che in ogni momento e in ogni occasione c'è. In questo percorso
universitario è stata capace di lodarmi quando doveva e consolarmi nei momenti più difficili, senza
farmi pesare niente ma semplicemente aprendomi gli occhi in quei momenti che non riuscivano a
vedere bene la realtà. La ringrazio per avermi insegnato tanto nel lavoro più difficile, il suo: gestire
la casa e creare un clima favorevole con le persone che ci vivono. Ho potuto notare, in questi anni,
quanti “segreti della mamma” conoscevo, e quante cose mi ha insegnato senza spiegazioni ma
solamente vivendo.
“Se c'è soluzione perché ti preoccupi?
Se non c'è soluzione perché ti preoccupi?”
Ringrazio mio padre, il primo lettore della mia tesi. Colui che mi ha insegnato a buttarmi, a
credere sempre in quello che faccio ma soprattutto a fare quello in cui credo. Poche volte gli
dimostro quanto sono importanti le sue parole, ed è proprio in queste righe che sento il bisogno di
dirgli quanto è stato fondamentale nella stesura della mia tesi. Ma non solo. Quando le mie amiche
mi ripetono che servirebbe un po' del mio ottimismo in tutto, questo ottimismo è tutto merito suo.
Ma più che ottimismo, io credo sia la traduzione del verbo “crederci” nella vita, in ogni momento
ed in ogni situazione.
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Ringrazio mamma e papà che hanno creduto in me, che mi dimostrano ogni giorno che la vita
non è fatta solo di cose belle ma quelle brutte sono solamente ostacoli da superare, che basta volere
ed aspettare per arrivare a dei traguardi e che ogni traguardo è importante e da festeggiare, sempre.
“Non so cosa pensavi quelle notti con papà
ma grazie mamma ne hai fatti due su due”
Modifico il testo della canzone: “ne hai fatti tre su tre”. Ringrazio le mie sorelle, la Sicilia che
non si vede in me. Selene, la sorella maggiore che non finirò mai di scoprire. Come una grotta, si
mia sorella è una grotta. Fuori dura, appuntita, scura ma dentro c'è solamente tanto spazio in cui
poter stare. Ed è uno dei pochi luoghi in cui ti puoi riparare durante un temporale, e rinfrescare sotto
il sole cocente, nel bene e nel male ti aiuta sempre, proprio come lei. E poi c'è Matilde, la sorella
minore di cui dovrei prendermi cura, ma è lei che lo fa con me. Con lei ho scoperto il senso di
protezione verso gli altri, il senso di responsabilità e il divertimento incondizionato a casa. Il
“coccolone” che ci accompagna da quando siamo piccole e in ogni momento è il modo più bello
che abbiamo per sfogare la nostra ansia, i nostri butti pensieri e per scaricare l'adrenalina nel corpo
nei momenti di gioia. È il nostro modo di dirci che ci siamo l'una con l'altra, è il modo di
ringraziarla quando manca carta e penna.
“Ridere è una cosa seria.
Non puoi farlo con chiunque.”
Ringrazio chi ride insieme a me. I miei amici.
Ilaria, la mia compagna di stanza, l'amica che ho sempre cercato e adesso ho trovato. Siamo la
prova vivente che gli opposti si attraggono: l'ottimismo e la realtà, l'affetto e la freddezza, il
sentimento e la ragione. E mostrandomi sé stessa mi sta rendendo una persona migliore, mi sta
facendo scoprire quello che non sapevo di poter essere. È grazie a lei se adesso credo un po' di più
nell'amicizia e meno nelle belle parole che solo gli uomini sanno dire.
Sofia, il raziocino della comitiva. È la persona a cui puoi confidare qualsiasi cosa senza sentirti
giudicato, ma ascoltato e compreso. Non è da tutti saper ascoltare, e questo è sicuramente il suo
dono più grande e io la ringrazio per il semplice fatto di avermi fatto scoprire quanto una persona
può dare anche restando in silenzio e guardandoti negli occhi.
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Martina, l'enigma del gruppo. Può sembrarti indifferente verso qualsiasi cosa ma quello che può
darti è al di sopra del pensabile. Grazie a lei ho scoperto quanto una persona può nascondere quello
che ha e quanto poco basti per poterla scoprire. Basta semplicemente esserci.
Michela, si dice che se un'amicizia supera gli otto anni, dura per sempre. E noi ci stiamo
lavorando. Non è mai facile soprattutto quando si prendono strade diverse, ma sono spesso le strade
diverse che riuniscono, come è successo a noi. Ringrazio i nostri caffè, che non sono semplici caffè
ma sono racconti di vita, di quei momenti che non possiamo condividere direttamente e insieme ma
che abbiamo voglia e necessità di raccontarci. Ringrazio Matteo, che insieme a lei mi fa credere nel
vero amore. E soprattutto ringrazio tutti e due per aver creduto in me in questa esperienza di studio.
Marisa, la mia madrina non ufficiale. Nei momenti di dubbio, di difficoltà so che c'è qualcuno
che mi può aiutare a riprendere a ridere, e nei momenti di gioia ride insieme a me. Grazie a lei ho
scoperto quanto posso dare e quanto i dubbi facciano parte della propria vita. Lei e Lorenzo hanno
fatto sì che io restassi nella vita della parrocchia, senza discorsi o obblighi ma semplicemente
testimoniandomi che c'è qualcosa che ci ha portato a vivere insieme questi momenti e non ne vale la
pena lasciarli perdere.
Le mie coinquiline. Quando si intraprende la vita universitaria ciò che più affascina è la vita fuori
casa, e come dare torto. Iniziare a cucinare, a dividersi i compiti, a convivere con persone che non
avevi mai visto prima è la parte più divertente e interessante del percorso universitario. Ringrazio
Sarah per aver iniziato insieme questo cammino, per averci illuminato a casa con i suoi nuovi piatti
e i suoi piani di lavoro impeccabili, schemi che quest'anno, senza di lei, mi sono mancati molto.
Silvia, per aver portato un po' di pazzia, l'olio nelle padelle e tanta musica degli anni '90 a casa, per
non stancarci mai con le sue cotolette, le sue battute e i suoi modi di fare. Fabrizia, la nuova
arrivata, per averci trasmesso l'accento pescarese e la moda di chiamare tutti “compà”.
Il mio passato, tutte le persone che ne hanno fatto perché è grazie a loro se adesso sono felice.
Anche se ci sono stati molti cambiamenti, ci sono quelle persone che restano nonostante tutto. Un
grazie va anche a lei, Ena. Se penso al passato penso direttamente a lei, e capisco che niente finisce
per sempre. La ringrazio per aver capito che nonostante abbiamo preso strade diverse, niente può
cambiare quello che abbiamo costruito insieme nel corso del tempo e che le camminate al lungo
mare al tramonto non saranno mai abbastanza per raccontarci e per continuare a conoscerci.
Le mie “colleghe”, non amo questo termine ma è così che si dice. Ringrazio tutte coloro che
hanno reso speciali i miei esami semplicemente condividendo l'ansia insieme, che hanno spezzato le
lezioni del pomeriggio insostenibili con due chiacchiere e una risata alle pause, che hanno cercato di
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rendere il meno ansiosa possibile la stesura della tesi, la consegna dei documenti e tutto ciò che
c'era di collegato per arrivare a questo grande traguardo. In particolare Simona per avermi
sostenuta ogni momento tra esami e tesi e Federica per le paure condivise su facebook che
sembravano non avere fine.
E poi ringrazio tutti coloro che ho incontrato durante la mia vita, che mi hanno insegnato
qualcosa pur non sapendolo, e che mi hanno reso la persona che sono adesso, che hanno riso
insieme a me per qualsiasi cosa, perché ridere alla fine è la cosa più bella che possa legare due o più
persone.
“Chi va al Sud piange due volte:
una quando arriva e una quando va via.”
Non smetterò mai di ringraziare i miei per aver avuto il coraggio di andare via, di spostarsi per
cercare un po' di fortuna. Non smetterò perché è grazie a loro che oggi posso godere della Sicilia
ogni volta che scendo, sempre come fosse la prima volta.
Ringrazio i miei nonni per la gioia di viverci ogni volta che vado da loro, per la voglia di stare
insieme e di vivere come se non ci fosse mai la distanza a dividerci. I miei zii per l'interesse verso
ciò che sto facendo. I miei cugini per la capacità di stare insieme come se ci fossimo sempre anche
se non abbiamo mai molto tempo per poterlo fare.
La mia comitiva d'infanzia, perché grazie alle persone con cui sono cresciuta ho imparato a
capire cosa vuol dire “distanza” e a conviverci, capendo che non è importante la distanza fisica tra
due o più persone ma ben altro. Gabriella mi ha insegnato a essere sempre me stessa, e a credere
che nonostante le difficoltà, i momenti in cui ci si puo' perdere, c'è qualcosa di più forte che sta alla
base del rapporto. Tiziano mi ha fatto capire ciò che voglio al mio fianco e chi posso essere, anche
se non lo sa. Maria Luisa mi ha insegnato a lottare per quello che si vuole, ed ad andare avanti
“nonostante tutto”. E tutti gli altri che ho incontrato e conosciuto in Sicilia mi hanno dimostrato
come basta poco per poter vivere insieme dei momenti di gioia, basta semplicemente prendere dei
momenti e renderli piacevoli e da ricordare, insieme.
Concludo la mia tesi, ringraziando tutti coloro (vicini e lontani) che stanno leggendo questa tesi e
festeggeranno insieme a me questo grande e importante giorno e ricordandovi (e ricordandomi) che
l'unica cosa da fare è seguire i propri sogni, desiderarli e soprattutto crederci, perché:
“C'è un solo tipo di successo:
quello di fare della propria vita
ciò che si desidera.”
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