Capitolo 1 - Usabilità e User Experience Pagina 1 “user behavior is not wrong; rather it is a source of information about the system’s deficiencies “ (Whiteside & Wixon, 1985) Cap. 1 Usabilità e User Experience 1.1 Usabilità I servizi web sono oramai diventati realtà di tutti i giorni. E’ raro che qualcuno non abbia a che fare oggi con quello strumento che Tim Berners Lee 25 anni fa diede alla luce al Cern di Ginevra. Dalla sua nascita, internet si è evoluto con una velocità non paragonabile all’evoluzione di altri strumenti, ed è diventato parte della vita di ognuno di noi, inserendosi in una moltitudine di aspetti, che spaziano dal mantenersi in contatto con le persone a noi distanti al fare acquisti online, tanto che fatichiamo a pensare una vita senza questi strumenti che oramai fanno parte della nostra vita quotidiana e che a volte reputiamo indispensabili. Questo ha portato negli ultimi dieci anni ad una proliferazione senza precedenti di servizi, siti e applicazioni accessibili dalla maggior parte delle persone e dei dispositivi e pronti a soddisfare (o a cercare di soddisfare) i nostri bisogni. C’è comunque un aspetto importante di questo progresso che non si sviluppa tanto velocemente quanto la tecnologia stessa : la nostra capacità di adattamento. La maggior parte dei dispositivi elettronici, così come una stragrande maggioranza di programmi, siti e servizi web sono ancora complessi da utilizzare (anche se col tempo stiamo diventando sempre più bravi), ci fanno perdere del tempo, non ci danno la possibilità di fare le cose come vorremmo, ma ci costringono appunto ad adattarci ad un modello di funzionamento pensato da qualcun altro, e spesso, quando questo succede, ci sentiamo stupidi, incapaci e colpevoli di non riuscire ad utilizzare degli strumenti apparentemente semplici. Credo che per ognuno di noi sia molto più semplice fare una lista di dispositivi o
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Capitolo 1 - Usabilità e User Experience Pagina �1
"“user behavior is not wrong; rather it is a source of information about the system’s
deficiencies “ (Whiteside & Wixon, 1985)
"Cap. 1 Usabilità e User Experience
1.1 Usabilità "I servizi web sono oramai diventati realtà di tutti i giorni. E’ raro che
qualcuno non abbia a che fare oggi con quello strumento che Tim Berners Lee 25
anni fa diede alla luce al Cern di Ginevra. Dalla sua nascita, internet si è evoluto
con una velocità non paragonabile all’evoluzione di altri strumenti, ed è diventato
parte della vita di ognuno di noi, inserendosi in una moltitudine di aspetti, che
spaziano dal mantenersi in contatto con le persone a noi distanti al fare acquisti
online, tanto che fatichiamo a pensare una vita senza questi strumenti che oramai
fanno parte della nostra vita quotidiana e che a volte reputiamo indispensabili.
Questo ha portato negli ultimi dieci anni ad una proliferazione senza
precedenti di servizi, siti e applicazioni accessibili dalla maggior parte delle persone
e dei dispositivi e pronti a soddisfare (o a cercare di soddisfare) i nostri bisogni.
C’è comunque un aspetto importante di questo progresso che non si
sviluppa tanto velocemente quanto la tecnologia stessa : la nostra capacità di
adattamento. La maggior parte dei dispositivi elettronici, così come una stragrande
maggioranza di programmi, siti e servizi web sono ancora complessi da utilizzare
(anche se col tempo stiamo diventando sempre più bravi), ci fanno perdere del
tempo, non ci danno la possibilità di fare le cose come vorremmo, ma ci
costringono appunto ad adattarci ad un modello di funzionamento pensato da
qualcun altro, e spesso, quando questo succede, ci sentiamo stupidi, incapaci e
colpevoli di non riuscire ad utilizzare degli strumenti apparentemente semplici.
Credo che per ognuno di noi sia molto più semplice fare una lista di dispositivi o
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servizi che non sono stati semplici da utilizzare, piuttosto che ricordarci quelli che
lo sono stati.
Ecco che la semplicità d’uso diviene quindi un fattore fondamentale
nell’utilizzo di dispositivi e servizi. Sul web questo è ancor più vero, tanto che, per
l’enorme scelta che internet ci mette davanti, avendone la possibilità (e quindi non
essendo obbligati “dall’alto” ad utilizzare un determinato servizio) non
impieghiamo tanto tempo a cercare un qualcosa di simile che ci permette di
raggiungere i nostri scopi con uno sforzo nettamente minore.
Negli ultimi anni, questo argomento ha acquistato sempre maggiore
importanza. Infatti, mentre prima, ogni dispositivo elettronico, così come ogni sito
web, era progettato avendo come scopo principale il mero funzionamento, in
quanto i limiti tecnici di realizzazione erano nettamente maggiori rispetto a quelli
attuali, oggi, con il progredire tecnologico, le persone e il loro “interfacciamento”
con un qualsiasi servizio/dispositivo stanno acquistando maggiore importanza (si
voglia anche per la maggior competizione).
Il termine interfacciamento non è stato scelto a caso. Infatti ogni volta che
interagiamo con un oggetto, sia esso digitale o fisico, in realtà interagiamo con la
sua interfaccia. L’interfaccia è l’unico modo in cui si può fare esperienza di una
funzionalità. Infatti spesso gli utenti confondo l’interfaccia con il sistema stesso.
Chiaramente, se il sistema non permette di utilizzare una determinata funzionalità
per una “mancanza” dell’interfaccia (es. l’interfaccia non permette di trovarla),
questa funzionalità per l’utente non esiste (Marine, 1994). Come afferma Raskin
"“una buona interazione tra un uomo e un sistema è data dalla qualità
dell’interfaccia” (Raskin, 2003).
"Chiaramente, la qualità di un’interfaccia ha un impatto diretto su un business,
sopratutto se online, come quello oggetto di questa tesi.
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Ricerche mostrano una forte relazione tra la qualità dell’interfaccia e la
fiducia che un utente ha verso il servizio (Roy et al, 2001). La qualità
dell’interfaccia non deve essere vista infatti solamente dal punto di vista estetico,
ma va considerato un fattore egualmente importante, comprendente anche
l’estetica, l’usabilità.
Il termine usabilità, sopratutto negli ultimi anni, viene largamente utilizzato.
tanto che anche i non esperti del settore ne parlano.
Ma cosa si intende per usabilità e da dove proviene questo termine?
La più comune prospettiva sull’usabilità e sui computer oggi ha origine
dall’ingegneria dei fattori umani e dai sistemi uomo-macchina (Riva e Galimberti,
2003). I fattori umani sono quella branca della scienza e tecnologia che include cosa
è conosciuto e teorizzato sulle caratteristiche del comportamento umano e
biologico che possono essere applicate in modo valido alla progettazione,
valutazione, operazione e mantenimento di prodotti e sistemi per aumentare la
sicurezza, l’efficacia e la soddisfazione d’uso degli individui (Christensen, Topmiller,
Gill, 1988).
Il concetto di usabilità proviene quindi dalla psicologia cognitiva e
comportamentale. Concetti come modellazione utente e user performance sono
stati adottati successivamente nel campo chiamato interazione uomo macchina
(HCI - human computer interaction). L’usabilità è quell’aspetto dell’HCI che si
occupa di assicurare che l’interazione tra utente e computer sia, tra le altre cose,
efficace, efficiente e soddisfacente (The UX Book)
Nel corso del tempo sono state date diverse definizioni di usabilità. Tra
queste spiccano tre visioni principali :
- una visione product-oriented : l’usabilità è misurata in termini di attributi
ergonomici del prodotto
- una visione user-oriented : l’usabilità è misurata in termini di sforzo
mentale dell’utente per eseguire dei tasks
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- una visione user-performance : l’usabilità è misurata esaminando come
l’utente interagisce con il prodotto
"Queste visioni sono completate da una visione orientata al contesto.
Una delle più concise definizione è data dall’Organizzazione Internazionale
per la Normazione (ISO - International Organization for Standardization)
"“il grado con cui un prodotto può essere usato da specifici utenti per raggiungere
determinati obbiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso” (ISO
9241-11, 1998)
"Questa definizione si può considerare come orientata all’utente, all’uso e al
contesto. Per comprendere meglio questa definizione, al fine di poterla applicare
allo studio in oggetto, ricorriamo al contributo dato da Rubin & Chisnell (2008) che
definiscono l’usabilità di un prodotto o un servizio come un insieme delle seguenti
caratteristiche che possono essere valutate o misurate :
"• Utilità : riflette il grado in cui un prodotto permette all’utente di
raggiungere i suoi obbiettivi, ed è il motivo principale per l’utilizzo del prodotto
stesso
• Efficienza : la velocità con cui gli obbiettivi possono essere raggiunti in
maniera accurata e completa. Solitamente è misurata in tempo.
• Efficacia : si riferisce al grado in cui un prodotto si comporta nella maniera
che si aspetta l’utente finale e la facilità con cui gli utenti possono usare quel
determinato prodotto per fare ciò che intendono. Solitamente viene misurata
quantitativamente attraverso i tassi di errore (percentuale di utenti che riescono a
completare un task al primo tentativo)
• Apprendibilità : parte dell’efficacia. Riflette quanto velocemente un utente
impara ad utilizzare un sistema ad un determinato livello di competenza.
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• Soddisfazione : si riferisce alla percezione dell’utente, ai suoi sentimenti e
opinioni del prodotto, solitamente ottenuti attraverso questionari o interviste
• Accessibilità : si riferisce alla possibilità di utilizzo del sistema da persone
con disabilità.
"Questi stesse caratteristiche sono state discusse successivamente da Nielsen
(2010), che definisce l’usabilità come la qualità dell’esperienza utente durante
l’interazione con un sistema.
Compito degli studi sull’usabilità è di ridurre la distanza cognitiva fra il “design
model” (modello del progettista circa il prodotto e le sue modalità d’uso) e lo “user
model” (modello di funzionamento del prodotto che l’utente si costruisce e che re-
gola l’interazione col prodotto). Shneiderman (1997) identifica, all’interno del con-
cetto di usabilità, quattro dimensioni principali: l’efficienza (efficiency), la facilità di
apprendimento (learnability), la facilità di ricordare i comandi principali (memora-
bility), la soddisfazione nell’uso (satisfaction). L’usabilità, infatti, non è insita nel
prodotto, ha senso solo in presenza di un’utente e di una relazione d’uso.
"1.2 User Experience "
Abbiamo visto come, tra i fattori che definiscono l’usabilità, rientra il
concetto di soddisfazione. Come precedentemente spiegato, la soddisfazione tiene
conto delle emozioni e delle opinioni degli utenti. Possiamo quindi affermare che
tra i fattori che caratterizzano l’usabilità di un prodotto, la soddisfazione è quello
che più si allontana da una prospettiva puramente utilitaristica e funzionale per
avvicinarsi ad una più intima ed emotiva.
Le emozioni e l’appeal estetico inizialmente non avevano alcun peso nello
studio dell’usabilità. Basti pensare a come erano le interfacce nei primi PC.
L’usabilità si concentrava prettamente sul fornire prodotti che fossero semplici da
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utilizzare e comprensibili ai “non addetti ai lavori”, dato che fino a poco tempo
prima i computer erano utilizzati esclusivamente da specialisti. L’approccio era
“technology-centered” e non “user-centered”.
Dagli anni novanta l’usabilità è entrata nel vocabolario di ogni giorno, tanto
che c’è stato uno spostamento progressivo dall’essere più soddisfatti (in quanto le
cose andavano sempre migliorando) all’essere più insoddisfatti (in quanto dopo un
certo tempo ci si aspetta di ritrovare certi standard di semplicità d’uso). Questo
perché gli utenti si aspettano un determinato livello di usabilità e ne notano
l’assenza solamente quando questa manca, quando sono quindi insoddisfatti (Green
& Jordan 1999). Questo ha portato i professionisti dell’usabilità ad adottare una
visione più aperta dell’usabilità stessa, considerando maggiormente la soddisfazione
d’uso.
La soddisfazione si riferisce quindi a quegli aspetti emotivi che creano
nell’utente un esperienza d’uso positiva del prodotto o servizio con cui sta
interagendo. Un’importante considerazione da fare è che l’esperienza d’uso di un
prodotto o servizio è influenzata non solo dalla percezione che si ha nel momento
in cui si interagisce, ma anche da aspetti dinamici come le esperienza pregresse, le
aspettative dell’utente e il contesto in cui si opera. Tutti questi fattori sono
importanti nella progettazione di un servizio che punta ad offrire una buona
esperienza utente.
Definire quindi il termine User Experience (esperienza utente in italiano, UX
d’ora in poi) è quindi molto complesso, data la dinamicità delle esperienze che le
persone fanno ogni giorno (Kuniavsky, 2003).
Il termine User Experience fu inizialmente proposto da Norman che lo
descrisse come la totalità degli aspetti dell’interazione di un utente con un prodotto
(Norman, 1998 - the invisibile computer). In realtà, ad oggi, non esiste una
definizione di UX largamente accettata. La natura multidisciplinare di questo
campo ha portato a diverse definizioni e prospettive, ognuna delle quali si
approccia al concetto in maniera differente (UX White paper).
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Ancora una volta, una delle definizioni più concise è data dalla ISO, la quale
afferma che la UX è
“tutti gli aspetti dell’esperienza dell’utente quando questo interagisce con un prodotto,
servizio, ambiente o industria” (ISO 9241-210,1998)
"Ciò che accomuna tutte le diverse definizione che sono state date nel tempo,
è che ognuna di esse parte dal presupposto che la UX è dinamica e unica per ogni
persona, contesto sociale e background culturale. Per questo motivo Roto, Law,
Vermeeren & Hoonhout (2011) affermano che la UX non può essere progettata.
Nel contesto di questa tesi, la UX è un fattore importante, e vuole porsi
come chiave di volta che permette di differenziare il servizio offerto da altri servizi
simili, in quanto è la UX che differenzia un servizio da un altro e da modo agli
utenti di ritornare ad utilizzarlo (The elements of UX design).
Quando si parla di UX, solitamente ci si concentra sull’esperienza d’uso di
un prodotto o un servizio, considerando quindi le sensazioni provate dagli utenti
nel momento in cui interagiscono con esso. Ma la UX non si colloca solamente in
quello specifico momento : le persone possono avere esperienze indirette prima di
utilizzare il prodotto/servizio, attraverso aspettative formate da esperienze
pregresse o servizi simili, brand, pubblicità, dimostrazioni e presentazioni o
opinioni altrui.
In maniera simile l’esperienza si estende successivamente all’utilizzo.
Gli autori (UX White Paper) suggeriscono che ci sono due estremi. In uno,
si considera quello che qualcuno ha esperito in un breve momento, durante l’uso,
ciò che si può definire come “la prima impressione”. Dall’altra parte vi è una UX
cumulativa formata attraverso una serie di episodi di utilizzo e periodi di non
utilizzo. Uno degli attributi fondamentali perché vi sia una buona UX è
rappresentato dalla capacità di un prodotto di rincontrare e talvolta anticipare i
bisogni degli utenti in modo chiaro, semplice e immediato. Questa caratteristica
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deve, inoltre, essere presentata con eleganza e semplicità tali da rendere i possessori
, fieri utilizzatori di un certo prodotto (Nielsen 2007). Capire che la User
Experience è più di una sensazione del momento è importante per questo progetto
di tesi, principalmente per due motivi :
"1. al fine di offrire un servizio che veramente offra una buona UX occorre
considerare non solo l’utilizzo puntuale del servizio stesso (e quindi
l’interazione sul web) ma anche cosa viene prima dell’utilizzo del servizio sul
web (e quindi l’impressione sul servizio), ma sopratutto, cosa avviene dopo e
quindi il momento del pranzo in ristorante. Progettare al fine di fornire una
buona esperienza utente significa quindi considerare i diversi punti di contatto
(touchpoints) tra le persone e il servizio offerto.
2. il fatto che la UX non è solo una sensazione del momento suggerisce che
ciò che gli utenti potrebbero dire o “sentire” durante i test di usabilità non è
l’intera verità.
"Lo stesso Hassenzhal 2008 puntualizzò che durante i test di usabilità e le
interviste con gli utenti, nonostante potesse scaturire che un prodotto era percepito,
per esempio, come originale nel momento dell’utilizzo, poteva non implicare che
l’utente apprezzava questa originalità. Vi è quindi un gap tra quello che il designer
può intendere e quello che l’utente realmente sente e vuole.
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Capitolo 2 - Metodi e strumenti utilizzati Pagina �9
Capitolo 2 Metodi e strumenti utilizzati "
2.1 Valutazione euristica "Dopo aver trattato gli aspetti caratterizzanti l’usabilità e la UX, nel contesto
di questa tesi, si considera fondamentale la comprensione di quali sono gli
obbiettivi specifici che l’usabilità e la UX vogliono raggiungere e quali saranno gli
strumenti utilizzati per valutare se tali obbiettivi sono stati raggiunti.
Per quanto riguarda l’usabilità, l’obiettivo è quello di fornire un’interfaccia
che sia “facile da usare” e che offra all’utente gli strumenti per conseguire in
maniera efficace ed efficiente i propri obbiettivi.
Questo è possibile fornendo un percorso che risulti il più naturale possibile,
assicurando quindi una corrispondenza tra il modello offerto dal sistema stesso e il
modello mentale proprio dell’utente.
Come strumento atto a garantire il raggiungimento di quest’obbiettivo, si è
fatto affidamento principalmente sulle guidelines di usabilità secondo le euristiche
di Nielsen (1990,1994,1995) estese e rivisitate da Benyon et al. (2005).
Le euristiche elaborate a partire dal lavoro di Nielsen si presentano come una
serie di principi generali, di “regole d’oro” individuate da Nielsen per l’analisi di
pagine web. Secondo l’autore, per essere usabile, un’interfaccia deve possedere le
seguenti caratteristiche :
"1. Informare l’utente sullo stato del sistema
"L’interfaccia deve essere concepita in maniera tale da comunicare
all’utente la sua posizione all’interno del sistema e lo stato del sistema stesso
(cosa sta accadendo) attraverso un appropriato sistema di feedback. Il feedback
è fondamentale nelle interazioni in quanto costituisce un’informazione di
ritorno in seguito alle azioni eseguite dall’utente. In tal modo il sistema si rende
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“visibile” agli occhi dell’utente, che può comprenderne lo stato e dialogare con
esso.
"2. Corrispondenza tra sistema e mondo reale
"L’interfaccia deve usare un linguaggio chiaro per l’’utente utilizzando
concetti a lui familiari. Un’interfaccia per instaurare un dialogo naturale con l’utente
deve evitare la terminologia tecnica. Chiaramente si deve tenere in considerazione il
contesto, quindi il dialogo che si crea tra utente e sistema deve essere basato sul
contesto di utilizzo.
"3. Fornire controllo e libertà di uscita
"L’interfaccia deve far sentire l’utente in pieno controllo delle proprie
azioni fornendo sempre un’uscita di sicurezza nel caso di errore. L’interfaccia
deve consentire agli utenti di correggere le proprie azioni, rendendo visibile il
percorso di azioni svolte.
"4. Consistenza e standard
"L’interfaccia deve essere coerente all’interno di tutto il sistema. Le stesse
parole, gli stessi comandi, gli stessi link e le stesse azioni devono produrre i
medesimi effetti attraverso tutto il sistema. Questo permette all’utente di crearsi un
modello mentale sul funzionamento del sistema e di capire meglio come interagirci.
La mancanza di consistenza porterebbe l’utente a perdersi all’interno di un sistema
e quindi a non completare il flusso di azioni che porterebbe al raggiungimento
dell’obbiettivo preposto. Per questo motivo è importante non allontanarsi troppo
dagli standard. Come detto precedentemente, gli utenti nella prima interazione con
un sistema fanno riferimento a qualcosa di già visto, a cui sono abituati. Non
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utilizzando elementi conosciuti e “reinventando la ruota” si obbliga l’utente a
memorizzare un’altro pattern d’utilizzo, aumentando quindi lo sforzo cognitivo per
il raggiungimento dell’obbiettivo.
"5. Prevenzione dagli errori
"Il sistema deve prevedere dei vincoli d’uso allo scopo di prevenire gli errori.
Non usare quindi rappresentazioni simili per funzioni differenti, mostrare sempre
lo stato del sistema in modo che l’utente non si senta abbandonato e vada a
tentativi, rendere sempre visibili e individuabili le operazioni possibili e fornire
messaggi chiari circa le operazioni irreversibili.
"6. Riconoscimento piuttosto che ricordo
"L’interfaccia deve mettere a disposizione strumenti che permettono
all’utente di minimizzare il più possibile il carico di memoria richiesto. Questo è
possibile fornendo rendendo visibile e individuabili le informazioni importanti e
limitandone inoltre il numero.
"7. Flessibilità ed efficienza
"L’interfaccia deve rispettare e comprendere le esigenze degli utenti più
esperti, fornendo loro gli strumenti necessari per eseguire azioni in rapida sequenza
e operare più velocemente sull’interfaccia. Dove previsto, sempre considerando il
contesto di utilizzo, offrire scorciatoie che permettono di velocizzare le operazioni.
Per far questo il sistema deve essere abbastanza flessibile da adattarsi ai diversi
livelli di abilità e conoscenze degli utenti,
"8. Design e estetica minimalista
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"Le informazioni mostrate devono essere sempre rilevanti e contestuali al
contenuto che si sta visualizzando. La grafica deve sostenere questo principio
riducendo al minimo gli elementi superflui e di distrazione, mettendo in risalto il
contenuto per il quale il sistema è stato progettato.
"9. Aiutare l’utente a riconoscere, diagnosticare e recuperare gli errori
"I messaggi di errore devono essere chiari e comprensibili e devono offrire
una possibilità di recuperare o risolvere quel determinato errore.
Gli errori solitamente sono di due tipi (Saffer, 2013) :
- slips (svista) - si hanno quando un utente capisce a cosa porta una
determinata azione ma fa qualcosa di inappropriato (per esempio un errore di
battitura)
- mistake (errore) - si ha quando un utente non capisce che effetto avrà la
sua azione e va a tentativi per scoprirlo
"10. Help e documentazione
"Fornire funzioni di aiuti o documentazione quando richiesto. Le funzioni
devono essere facilmente accessibili, focalizzate sui compiti e gli obbiettivi per
l’utente e espresse in un linguaggio chiaro e comprensibile.
"A queste dieci euristiche appena presentate è stato integrato il lavoro di
Benyon (2005) che prevede una rivisitazione delle euristiche in dodici punti,
raggruppate in tre macro categorie
Le macro categorie sono
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1. Apprendibilità : accesso e facilità di comprensione, apprendimento e
memorizzazione degli elementi e delle funzionalità di un sistema. Essa
comprende
• Visibilità
Assicurarsi che le cose siano visibili in modo che le persone vedano
quali sono le funzioni disponibili e cosa il sistema sta facendo (riconoscimento più
che ricordo). Se non è possibile rendere le cose visibili renderle “osservabili”
attraverso il suono o il tatto.
• Coerenza
Essere consistenti nell’uso delle funzionalità con sistemi simili o
standard di lavoro. Importante sia la consistenza fisica che concettuale.
• Familiarità
Usa linguaggio e simboli che il target cui si rivolge il servizio può
comprendere. Se non è possibilità in quanto i concetti sono abbastanza diversi da
quelli che le persone conoscono, fornire delle metafore che aiutino a trasferire delle
conoscenze simili da un dominio più familiari, al fine di comprendere i concetti
spiegati.
• Chiarezza (affordance)
Fare in modo che le cose siano chiare per quello che sono (i bottoni
sembrano bottoni). L’affordance è la proprietà che le cose hanno, suggerendo alle
persone il modo in cui possono essere usate.
2. Facilità d’uso : facilità e sicurezza d’uso. Essa comprende
• Navigazione
Fornire supporto alla persone per permettergli di muoversi tra le arie
parti del sistema.
• Controllo
Rendere cosa si sta controllando e come qualcosa si può controllare. Il
controllo è migliorato se c’è un chiaro e logico mapping tra controlli e loro effetti.
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Inoltre rendere chiara la relazione tra quello che fa il sistema e quello che avviene
nel mondo reale.
• Feedback
Fornire una risposta alle azioni degli utenti in maniera rapida in modo
che le persone sappiano quali sono gli effetti che avranno le loro azioni. Un
feedback costante e coerente aumenta la sensazione di controllo.
• Ripristino
Permetti il ripristino delle azioni, in particolare errori e mistakes, in
maniera veloce ed efficiente.
• Vincoli
Fornisci dei vincoli in modo che le persone non facciano cose
inappropriate. In particolare le persone dovrebbero essere prevenute dal fare seri
errori attraverso un sistema appropriato di vincoli che chiede una conferma per
operazione dannose.
3. Adattabilità : capacità di adattamento alle differenze presenti tra gli utenti
• Flessibilità
Permetti diversi modi di fare le cose in modo da agevolare le persone
con diversi livelli di esperienza o interessi nel sistema. Fornisci alle persone
l’opportunità di cambiare il modo in cui le cose si comportano o sembrano al fine
di personalizzarle.
• Stile
Il design grafico dovrebbe essere attrattivo e stiloso.
• Convivialità
Il sistema interattivo dovrebbe essere pacato, amichevole e
generalmente piacevole. Niente rovina l’esperienza d’uso di un sistema interattivo
più di un messaggio aggressivo o un interruzione. La convivialità suggerisce inoltre
l’integrazione e l’uso di tecnologie interattive per connettere e supportare le
persone.
"
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Questa lista di euristiche ideata da Benyon è stata utilizzata nel corso della
progettazione per valutare le diverse componenti del sistema. Si è preferita questa
impostazione in quanto ha reso più semplice l’applicazione delle regole in fase di
analisi e l’organizzazione dei risultati secondo le 3 macro categorie di apprendibilità,
facilità d’uso e convivialità.
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2.2 Test di usabilità ""Successivamente alla valutazione euristica introdotta precedentemente, al fine di
testare il prodotto con utenti reali si sono eseguiti dei test di usabilità.
La valutazione con utenti reali può essere fatta con metodi e tecniche differenti a
seconda di quali sono gli obbiettivi della ricerca e i prodotti che si intendono analiz-
zare. I metodi che prevedono il coinvolgimento di utenti reali sono una classe di
metodologie che richiede lo svolgimento di specifici compiti con specifici obbiet-
tivi, da raggiungere utilizzando le funzionalità offerte dal sistema. La letteratura
presenta una grande varietà di metodologie di test, ognuna delle quali ha un obbiet-
tivo differente. Nella decisione di quale test utilizzare, la cosa migliore è riferirsi al
ciclo di sviluppo del prodotto come punto di riferimento per descrivere diversi tipi
di test (Rubin e Chisnell, 2008). Associare un test con una particolare fase del ciclo
di sviluppo del prodotto potrebbe aiutare a capire gli obbiettivi del test e i suoi ben-
efici.
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I test di usabilità si possono dividere, secondo il ciclo di produzione, in tre tipi di
test : esplorativi (o formativi), valutativi (o sommativi) e valutativi (o di verifica)
(Rubin e Chisnell, 2008).
Secondo il paradigma UCD, il design deve essere iterativo, perciò ognuno dei test
descritti sopra si innesta in una fase del processo di UCD. I test esplorativi sono
condotti all’inizio del ciclo di sviluppo, quando un prodotto è ancora nella sua fase
preliminare e deve essere definito e progettato. L’obbiettivo principale di questa
categoria di test è esaminare l’efficacia di un concept preliminare.
I test di valutazione (o sommativi) sono i più comuni. Vengono condotti a processo
di progettazione ultimato, con lo scopo di valutare l’usabilità del prodotto nel suo
complesso. In questo tipo di test, oltre a verificare e studiare l’intuitività del prodot-
to, si vogliono osservare gli utenti e valutare quanto efficacemente eseguono tasks
realistici, in modo da identificare specifiche deficienze di usabilità nel prodotto. Gli
ultimi, i test di validazione, chiamati anche di verifica,, sono condotti solitamente in
una fase successiva nel ciclo di sviluppo e intendono misurare l’usabilità del prodot-
to secondo delle benchmark stabilite, che possono essere legate a fasi precedenti
del prodotto, all’azienda stessa o ai competitor presenti nel mercato.
Nell’ambito di questa tesi si è utilizzato un test di valutazione (o sommativo), in
quanto si vuole testare il prodotto ultimato con degli utenti reali.
Solitamente i test di usabilità presentano al loro interno delle tecniche atte a rac-
cogliere dati riguardanti i tre aspetti, visti precedentemente, di efficienza, efficacia e
soddisfazione.
Sopratutto per quanto riguarda l’ultimo di questi aspetti (soddisfazione), una tecni-
ca spesso utilizzata è quella del thinking aloud, che consiste nel chiedere agli utenti
di commentare ad alta voce l’interfaccia, dando una motivazione delle loro azioni.
Questo permette di conoscere meglio i pensieri dell’utente e il suo modello men-
tale. Nel momento in cui gli utenti non commentano il valutatore deve chiedere
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loro di spiegare cosa intendevano fare con un determinato gesto, o cosa si aspetta-
vano che succedesse in seguito ad una determinata interazione. Questa tecnica,
benché estremamente utile ha comunque un rovescio della medaglia, che consiste
nell’allungare i tempi di completamento dei tasks assegnati (anche se in letteratura
ci sono pareri contrastanti a riguardo)
Sicuramente vero è che chiedere alle persone di pensare ad alta voce, cercando di
stimolare un commento per ottenere maggiori informazioni, rende il test molto più
artificiale, meno naturale e potrebbe portare ad osservare comportamenti che
sarebbero diversi se gli utenti fossero da soli nel loro ambiente.
Inoltre è stato dimostrato come le persone che sono soggette a test modificano il
loro comportamento, semplicemente perché sanno di essere studiate. Questo è det-
to “effetto Hawthorne” dal nome del luogo in cui si è osservato questo effetto per
la prima volta (Mayo, 1932).
Per i motivi suddetti, benché un test di usabilità risulterà sempre artificiale e meno
naturale rispetto ad una situazione reale, per via della registrazione, dei questionari
pre e post test e sopratutto della presenza di una persona che osserva il comporta-
mento altrui, si è deciso comunque di non utilizzare il protocollo think aloud negli
scenari riguardanti il sito web www.appeatit.com. Si vuole infatti cercare di porre
l’utente un una situazione che sia il più possibile reale, osservando come i tasks as-
segnati vengono svolti, questo perché in questo genere di test vi è meno enfasi sui
processi cognitivi ma ci si concentra maggiormente sull’analisi del comportamento
(Rubin e Chisnell, 2008). Chiaramente si lascia comunque la possibilità di com-
mentare, se lo si desidera, ciò che si ha davanti o ciò che si sta facendo, ma non ver-
rà chiesto dal moderatore. Se durante l’esecuzione dei tasks si nota qualcosa che si
vuole approfondire, questo non verrà fatto durante l’esecuzione del task stesso, ma
successivamente, alla conclusione del task, attraverso un’analisi retrospettiva (Birns,
Joffre, Leclerc, Paulsen, 2002).
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Il protocollo think aloud è stato comunque utilizzato nei primi due scenari del test.
I primi scenari, come vedremo successivamente, hanno come obbiettivo quello di
ottenere delle impressioni e di conoscere le aspettative che gli utenti si creano una
volta che entrano in contatto, tramite campagne marketing, con la landing page, la
pagina di presentazione del servizio. Essendo questa pagina prettamente informati-
va, dove l’unica interazione possibile è la registrazione, si è pensato che lo studio del
comportamento non avrebbe avuto senso in quanto non permetteva di conoscere i
processi cognitivi del partecipante.
User Experience del servizio in ristorante
Contextual inquiry
Interviste
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Capitolo 2 - Metodi e strumenti utilizzati Pagina �19
"Capitolo 3 AppEatIt
"3.1 Il servizio ""
La società odierna è sempre più veloce. Non da la possibilità di fermarsi a
pensare, di rilassarsi, di staccare nel momento che si desidera. Siamo sempre
raggiungibili tramite cellulari, non riusciamo ad isolarci completamente per dedicare
del tempo a noi stessi. La nostra giornata è scandita dal tic-tac dell’orologio che per
noi decide i tempi della nostra giornata. Anche un momento come la pausa pranzo
diventa una corsa contro il tempo. I lavoratori hanno in media un ora di pausa
pranzo (Dati FIPE) e in questo lasso di tempo devono scegliere dove mangiare,
fare le file per ordinare o, nel migliore dei casi, accontentarsi di un panino al volo
prima di riniziare la giornata lavorativa.
Ad oggi il processo di ordinazione del cibo nella maggior parte dei ristoranti
definiti “full service” si compone di diversi step che iniziano una volta che la
persona si siede al tavolo. Ecco che da questo momento i tempi vengono utilizzati
per aspettare che il cameriere porti il menu, scegliere cosa mangiare dal menu
appena ricevuto, aspettare che il cameriere porti l’ordine in cucina e che la cucina
stessa evada l’ordine ed infine essere servito. Insomma, la parola più ricorrente in
questa serie di processi è appunto aspettare.
Il settore della ristorazione è uno dei mercati nell’industria dei servizi con la
più alta competizione (Kasikorn Research Center, 2009) quindi eliminare o ridurre
questi limiti porta sicuramente ottimi benefici sia al ristorante stesso (in quanto
promuove l’efficienza, riduce i costi del servizio e attrae più persone) sia per il
cliente che non deve perdere tempo in attese.
Alcuni ristoranti hanno ridotto questi limiti eliminando da questo flusso
l’attesa per il menu, per il cameriere e per la preparazione del pranzo, offrendo
servizi di tavola calda, dove ogni giorno il menu varia e dove i clienti possono
Capitolo 2 - Metodi e strumenti utilizzati Pagina �20
scegliere i piatti in base a questo menu. Questi sono i ristoranti “self service”, nei
quali comunque rimane un fattore limitante, sopratutto dal punto di vista
dell’utilizzatore finale (il cliente), ovvero l’attesa. Diversamente dai ristoranti “full
service” qui l’attesa non è più per la preparazione del piatto o per l’invio
dell’ordine, ma per poter ricevere il piatto e mangiare. E’ noto infatti come i
ristoranti “self service” creino comunque delle file non riuscendo quindi ad
abbattere i tempi di attesa. Inoltre la scelta del menu è “forzata”. In questo caso
infatti i clienti possono scegliere solo tra un insieme limitato di piatti, rischiando di
trovarsi tra i piatti offerti piatti non graditi. In questo discorso si inserisce anche un
fattore esperenziale. L’essere serviti in ristorante è una cosa ben diversa dal fare una
fila per prendersi il piatto per poi trovare un posto a sedere. Si va a creare un
dislivello tra ristoranti di serie A, quelli full service, dove il cliente è servito e deve
“solo” attendere il piatto ordinato, e ristoranti di serie B, dove il servizio sparisce
per permettere una gestione più veloce del tempo e l’abbattimento dei tempi di
attesa.
Il servizio appEatIt nasce con l’idea di unire i benefici dei ristoranti “full
service” e “self service” per fornire un esperienza della pausa pranzo il più simile
all’esperienza del ristornare tipica della cena, ma con i tempi di un ristorante “self
service”.
AppEatIt si rivolge principalmente ai lavoratori che hanno un tempo in
pausa pranzo limitato, permettendo di pre-ordinare il pranzo online, scegliendo dai
menu offerti dal ristorante quello preferito, comunicando l’ora di arrivo e il numero
di posti da occupare e inviando l’ordine direttamente al ristorante.
Attualmente il servizio appEatIT viene offerto attraverso una piattaforma
web (www.appeatit.com). Dopo una prima versione della piattaforma sviluppata nel
2013, ad oggi si sta sviluppando la versione successiva. Nel contesto di questa tesi,
si vuole quindi analizzare l’usabilità della piattaforma stessa. Prima di trattare quindi
la parte relativa alla valutazione euristica e allo studio di usabilità con utenti, si vuole