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INTRODUZIONE ............................................................................................................... 4
CAPITOLO PRIMO: PRESENTAZIONE DELLASSOCIAZIONE E DELCANTORE ........................................................................................................................... 7
1.LE CARATTERISTICHE DELLA CONFRATERNITADONSOTN.......................................... 7Breve storia della confraternita.................................................................................... 7Struttura della confraternita......................................................................................... 9
Il sistema di credenze specifiche................................................................................. 10Liniziazione ............................................................................................................... 15
2.DIFFUSIONE DELLA CONFRATERNITA SUL TERRITORIO............................................... 17Una teoria di area culturale su misura....................................................................... 17
Larea culturale Mande.............................................................................................. 193.LA FIGURA DEL CACCIATORE NELLIMMAGINARIO COLLETTIVO E NELLA TRADIZIONEORALE: ALCUNI ESEMPI ................................................................................................... 22
Il cacciatore nellepopea di Sunjata........................................................................... 22Il cacciatore nellimmaginario collettivo ................................................................... 23
4.MITI DORIGINE ........................................................................................................... 25Il racconto di W Kamissoko...................................................................................... 25La versione di Mamby Sidib...................................................................................... 26Il racconto di Baala Jinba Jakit................................................................................ 28
5.IL RUOLO DELLISLAM................................................................................................. 286.IL CANTORE DELLA SOCIET ....................................................................................... 29
Jeli e Sr: differenze e punti in comune .................................................................... 30Occasioni di partecipazione alla vita della confraternita .......................................... 33Composizione dellensemble del sr ......................................................................... 35
CAPITOLO SECONDO: I REPERTORI E GLI STRUMENTI MUSICALI............ 36
1.I GENERI DELLA PAROLA ORALE IN AREA CULTURALE MANDE .................................. 36
Generi profani ............................................................................................................ 38Generi specializzati..................................................................................................... 392.ILDONSOMAANA E LA SUA STRUTTURA........................................................................41
Donsodnkili............................................................................................................... 443.ILDONSOMAANA ED I SUOI CONTENUTI ........................................................................45
La figura deleroe....................................................................................................... 47Le figure femminili ed il loro ruolo ............................................................................ 49Il ruolo degli animali .................................................................................................. 51
4.GLI STRUMENTI MUSICALI CHE ACCOMPAGNANO ILDONSOMAANA ............................ 54Donsongni................................................................................................................. 56Sinbi ............................................................................................................................ 58Karinyan ..................................................................................................................... 60
Fil o Fl o Sinbon...................................................................................................... 60CONCLUSIONI ................................................................................................................ 63
APPENDICE...................................................................................................................... 65
1. GLOSSARIO ............................................................................................................. 65
BIBLIOGRAFIA............................................................................................................... 70
FILMOGRAFIA................................................................................................................ 72
DISCOGRAFIA................................................................................................................. 72
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Figura 1: Suonatori di sinbi e karinyan, dahttp://www.euronet.nl/users/edotter/jagers/Music_hunt.html
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INTRODUZIONE
Questo lavoro, basato esclusivamente sulle fonti critiche, tratta dei canti
epici di una confraternita di cacciatori dalle caratteristiche particolari: essa possiede
unideologia di fondo fortemente egualitaria e le gerarchie in essa sono stabilite
esclusivamente secondo un criterio meritocratico. Collocandola nella societ che la
circonda e di cui fa parte, queste caratteristiche risultano ancora pi singolari:
infatti, una delle mie preoccupazioni stata quella di descrivere, oltre ai canti come
produzione letteraria orale, anche il contesto in cui sono prodotti e con cui sono in
relazione reciproca. Lapproccio vuole essere il pi possibile interdisciplinare,
partendo dallantropologia, passando per lo studio delle letterature orali e inserendo
elementi di etnomusicologia, in particolare di organologia. Lo studio di un notevole
numero di fonti critiche ha reso possibile trarre alcune considerazioni sulle scuole
che pi hanno influenzato i lavori sulle produzioni orali della zona, quasi tutte
provenienti dal dominio coloniale francese. In particolare la scuola facente capo a
Marcel Griaule riconosciuta per linfluenza che ha imposto sulletnologia
africanista e sui ricercatori che hanno lavorato sulle tradizioni orali dellarea
Mande, quasi tutti francesi o francofoni. In particolare mi sono avvalso del lavoro
di uno studioso burkinab, Karim Traor1, che nel 2000 ha pubblicato la sua tesi di
dottorato, dal titolo Le jeu et le srieux. Essai danthropologie littraire sur la
posie pique des chasseurs du Mande (Afrique de lOuest). Si tratta di un
approccio che tiene in gran conto il contesto sociale, a cui devo molto.
1 Karim Traor, professore aggregato di letterature africane comparate alla University of Georgia Athens dal 1998, nato a Tcheriba, Burkina Faso. Ha compiuto i primi studi accademicialluniversit di Abidjan ed insegna letterature africane dal 1983. Ha poi conseguito il dottorato diricerca in lingua e letterature tedesche alluniversit di Saarbrcken, seguito da un titolo di livellosuperiore in letterature africane alluniversit di Colonia nel 1997. Il suo attuale campo di ricerca
investe le letterature africane orali e scritte, lantropologia letteraria, i film di produzione africana edil mondo della musica popolare, sempre con centro nellarea saheliana dellAfrica occidentale.
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Laltra caratteristica di questo lavoro quella di approfondire, per quanto
possibile in uno spazio cos limitato, laspetto musicale di una produzione che si
sviluppa tra recitazione e canto. La maggior parte degli studi sulle trascrizioni dei
testi dei musicisti specialisti dellAfrica Occidentale, soprattutto i classici sullarea
Mande prodotti da Griaule in poi, non hanno mai tenuto conto di questo aspetto,
almeno fino a tempi molto recenti. Le obiezioni degli etnomusicologi, primo fra
tutti Diego Carpitella, sono state a lungo inascoltate e solo negli ultimi anni sono
apparsi tentativi di stabilire relazioni tra la produzione verbale e quella musicale2.
Si consideri daltronde che nelle lingue Mande il verbo parlare ed il verbo
suonare si traducono con lo stesso vocabolo,f. La sua forma nominalizzata,fli,
significa sia il parlare una lingua, sia il suonare uno strumento e pu essere unatraduzione per il nostro musica, nel senso pi astratto e generale, cos come per il
significato di brano musicale.
Questa prova finale inizia con una panoramica sulla confraternita dei
cacciatori, analizzandone strutture e credenze: si cerca poi di capire quale sia la
diffusione del fenomeno e che utilit possa avere determinarla in relazione a criteri
etnici, nella specificit dellarea presa in considerazione. Dopo aver descritto lidea
che i locali hanno dei cacciatori, si riportano alcune delle credenze relative allanascita della caccia e si analizza il ruolo che la religione islamica gioca in questo
scenario. Si passa poi a presentare il personaggio centrale di questo lavoro, il
cantore che accompagna molte delle occasioni di ritrovo collettive della
confraternita: egli messo a confronto con una figura che certamente lo supera in
notoriet, quella del griot. Ne viene poi descritta la formazione e le occasioni di
esibizione in pubblico, secondo le linee guida illustrate da Alan Merriam (2000). La
seconda parte di questo studio, appoggiandosi al lavoro di Karim Traor, tenta unadescrizione dei generi orali dellarea Mande, per meglio situare i canti dei
cacciatori. I canti dei cacciatori veri e propri sono poi analizzati da un punto di vista
principalmente letterario, ma che tenga anche conto, oltre che dei contenuti, della
forma in cui vengono presentati, per rintracciare caratteristiche comuni e delineare i
tratti di un genere.
2 Si vedano ad esempio le osservazioni di Ruth Finnegan (1992). Per le relazioni musica-parola,
Agawu 1995, Eno-Belinga 1994, le opere di J.H.Kwabena Nketia, Agamennone e Giannattasio (acura di) 2002 rappresentano una piccola ma significativa porzione di quanto stato prodotto.
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Per concludere, una descrizione dettagliata degli strumenti musicali utilizzati in
queste performance e delle simbologie a loro legate completa il quadro.
Prima di entrare nel merito, ritengo tuttavia che sia utile un chiarimento sul
significato che adotter per alcuni termini che, negli studi sullarea, hanno visto
consistenti fluttuazioni semantiche.
Mali attualmente una repubblica dellAfrica Occidentale e, in riferimento
al passato, un impero sotto al quale, verso il XIV secolo, si trovava lintera area
culturale Mande.
Mande, un neologismo, indica per gli studiosi da una parte una delle
ramificazioni del gruppo linguistico Niger-Congo, dallaltra unarea culturale di cui
si tenter di dare una definizione3.Manden la regione da cui part la conquista di Sunjata, eroe unificatore
dellimpero del Mali. Si estende da Bamako a Kouroussa in Guinea, lungo le rive
del Niger.
Mandingo un aggettivo che serve a designare le lingue del gruppo Mande.
Malink, termine ultimamente in genere non pi usato dagli etnografi,
stato sostituito da maninka nellindicare un sottogruppo linguistico della famiglia
Mande ed i suoi parlanti, concentrati per lo pi nella parte sud del Mali, in Guinea enel nord-ovest della Costa dAvorio.
Bamanan, o il suo equivalente adottato dalla maggior parte degli studiosi
francesi bambara, indica dal punto di vista linguistico una sorta di standard basato
su una variante fra le pi nordiche delle lingue Mande. E la lingua dei mezzi di
comunicazione in Mali. La scuola etnologica francofona di influenza coloniale ha
poi creato una religione ed una etnia bambara4.
Dato che il lavoro riprende molti nomi comuni e nomi propri di personaggistorici o mitici appartenenti allarea culturale Mande, probabilmente non noti a
tutti, mi sembrato opportuno porre in appendice un semplice glossario per
chiarirne il significato o il contesto.
La trascrizione segue quella di recente ufficialmente adottata nei paesi
dellarea culturale Mande (Derive e Dumestre 2000), eccezion fatta per , , , ny.
3
Cfr. infra, pag.19.4 Cfr. infra, pag.18.
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CAPITOLO PRIMO: PRESENTAZIONE
DELLASSOCIAZIONE E DEL CANTORE
1. Le caratteristiche della confraternitadonsotn
Breve storia della confraternita
I cacciatori specializzati dellarea culturale Mande sono tradizionalmente
organizzati in una confraternita o societ interetnica ed interclassista, chiamatadonsotn nelle lingue mandinghe (da donso5, cacciatore e tn, associazione,
societ).
Secondo Youssouf Tata Ciss (1994: 25-28), che cita il tradizionalista W
Kamissoko, la confraternita avrebbe avuto le sue origini mitiche nellantico
Wagadu6, come reazione allinvasione di cavalieri Sonink. Essi avrebbero
soggiogato la popolazione prostrata da una prolungata siccit, importando, fra
laltro, il sistema di organizzazione socioprofessionale spesso erroneamente
definito di caste. I cacciatori nomadi autoctoni, chiamati Kakolo o Kakoro, dopo
svariate sollevazioni e rivolte fallite, avrebbero in molti preso la via
dellemigrazione verso sud, nellattuale Manden. Tuttavia, i pi giovani tra quelli
che avevano deciso di restare organizzarono la loro resistenza in una confrrie de
type maonnique prchant la libert pour chacun, lgalit, la fraternit et lentente
entre tous les hommes, et ceci quelles que soient leur race, leur origine sociale,
5
Nella regione di Bobo Dioulasso e di Kong dndaga.6 Anche antico Gana, cfr. Fage 1995: 58-63.
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leur croyances, ou la fonction quils exercent (Ciss 1994: 25). Una tale
associazione non liber i Kakolo dalloppressione Sonink, ma venne portata verso
sud, divenendo la spina dorsale di unlite militare di cacciatori-guerrieri nei paesi
mandinghi. Le tradizioni orali ci parlano infatti del ruolo dei cacciatori nella
riconquista del Manden da parte di Sunjata nel XIII secolo7 o nella fondazione del
regno Bamanan (pi conosciuto come Bambara ) tra XVII e XVIII secolo, cos
come nella resistenza di Samory Tur8 o nelle rivolte contemporanee alla prima
guerra mondiale (Beledugu 1915 e rivolta dei Bobo nel 1916) (Ciss 1994: 28), o
pi recentemente nella guerra civile in Sierra Leone ed in Costa dAvorio.
Nonostante questo racconto sullorigine della confraternita possa far
pensare ad analogie con societ segrete sorte in varie parti dellAfrica in tempi diinvasioni coloniali, il donsotn non era n una societ segreta, essendo il suo
accesso libero ed indipendente dai rituali di iniziazione allet adulta e la sua
esistenza nota a tutti. Se, a quanto risulta dal racconto di Kamissoko, lassociazione
ebbe inizialmente un ruolo politico-militare, prima e dopo i periodi di guerra (di
liberazione o di conquista) la societ non si trov mai senza una funzione, essendo i
cacciatori incaricati in tempo di pace di provvedere al fabbisogno proteico della
popolazione dei villaggi e alla sua sicurezza contro gli animali, oltre che ad operarela distribuzione della selvaggina, secondo un criterio di giustizia di grande
importanza nel loro statuto non scritto. Secondo Karim Traor, questo spiegherebbe
la sopravvivenza dellorganizzazione sino ai nostri giorni attraverso periodi cos
diversi nella storia dellAfrica occidentale (2000: 95-96). Attualmente, la siccit, la
desertificazione ed il turismo hanno provocato la scomparsa delle grandi prede
(sogofin) e la conseguente proibizione della caccia da parte dei governi. Tuttavia la
caccia (donsoya) continua ad essere praticata da parte dei pochi appartenenti allaconfraternita, secondo i quali c cacciatore e cacciatore (donso ni donso t kelen
ye), ovvero chi caccia secondo i precetti della confraternita non produce danni
allecosistema 9. Sebbene i donsow siano rimasti in pochi, Traor (2000: 97-98) ci
testimonia un rinnovato interesse da parte dei giovani maliani di citt per un
7 Cfr. infra, pag.22.8 Mercante e soldato, fondatore di un impero Mande intorno al 1865, si scontr con lavanzatadellarmata coloniale francese negli ultimi venti anni del secolo, offrendo una considerevole
resistenza e venendo infine sconfitto nel 1989.9 Il dilettante si definisce nntan, letteralmente avido.
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ritorno alle radici verso i villaggi e liniziazione alla caccia. In Mali esiste anche
unAssociation Nationale des Chasseurs du Mali, organizzazione a base cittadina,
che si pone come obiettivi la protezione della fauna, la promozione della caccia
come sport e del turismo: qualcosa, insomma, di completamente avulso dal contesto
e dalle tradizioni del donsotn. Inoltre, sul mercato maliano sono apparse negli
ultimi anni molte audiocassette contenenti inni e racconti epici di cacciatori10 che
hanno anche larga diffusione sulla radio e sulla televisione nazionali. Tutto questo
d luogo per ad un fenomeno di decontestualizzazione la cui entit ed i cui effetti
sono ancora da valutare.
Struttura della confraternita11
Anzitutto, il reclutamento avviene esclusivamente per cooptazione, secondo
un criterio di merito. Non influiscono la presenza di cacciatori in famiglia, n la
classe sociale (che si tratti di hrn, che si potrebbe tradurre con nobile proprietario
terriero, di nyamakala, artigiano, o di jn, discendente di schiavi), n let (fattodegno di nota nelle societ Mande) almeno a partire dai quindici anni, et minima
per lammissione, e nemmeno la provenienza geografica12. I membri si dividono in:
Donsoba13, o grandi cacciatori, tra cui il capo locale dellaconfraternita (donsokuntigi), anziani che hanno cessato le attivit e
che fungono da consiglieri, oppure anziani ancora in attivit
(chiamati anche donsokaramok, cio maestri cacciatori confunzioni didattiche per i giovani iniziandi).
10 Ad esempio, Sibiri Samak ha pubblicato varie cassette senza titolo per Mali Music (Mali K7SA), come anche Diakarydian Sangar e Yoro Sidib, per la stessa etichetta.11 Questo paragrafo basato soprattutto su Ciss 1994.12 Jean Derive e Gerard Dumestre (1999: 18) ci riferiscono di uneccezione al generaleatteggiamento di apertura, rappresentato dal dndagatn di Kong in Costa dAvorio, costituitoesclusivamente dai membri della famiglia Ouattara, che si tramandano il mestiere di padre in figlio.13
Anche Sinbon designa gli eroi di caccia ed uno dei soprannomi pi usati di Sunjata. Viene usatoanche wulatigi, maestro della brousse.
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Donsoden (anche chiamati donsokalanden), letteralmente figli deicacciatori, rappresentano la massa dei cacciatori ammessi nella
confraternita e affidati a maestri per completare un lungo
addestramento teorico e pratico iniziato quando erano dege den.
Donso dege den, bambini imitatori dei cacciatori, nomignoloaffettuoso con cui gli iniziati chiamano i postulanti quale che sia la
loro et.
Sr, sora, donsongnifola, donsojeli (i primi due nomi pi usati inarea malink), i cantori professionisti della confraternita. Non hanno
a che vedere con i griot, non appartenendo ad una classe
socioprofessionale n avendo obblighi di endogamia. La professione
non necessariamente ereditaria. Notare che donsojeli significa in
effetti griot dei cacciatori, ed quindi un termine formalmente
errato, anche se molto usato in area Mande e nella letteratura.
Il criterio gerarchico allinterno dellassociazione dunque quello
dellesperienza: i membri si chiamano lun laltro ndk (fratello minore) o nkr(fratello maggiore) a seconda dellanzianit di iniziazione. Raramente capita che
uomini maturi entrino a far parte della confraternita, ma se ci accade si possono
verificare situazioni di ribaltamento delle gerarchie normalmente applicate nei
contesti al di fuori dellattivit venatoria. Parallelamente a questo criterio vige
quello del prestigio degli exploitdi caccia: i donsoba, oltre ad essere personaggi di
grande esperienza, hanno abbattuto prede di grande pericolosit e rarit.
Il sistema di credenze specifiche14
La brousse abitata per il cacciatore non solo da animali ma anche da una
molteplicit di spiriti (jin15) che possono rivelarsi benevoli o malevoli nei suoi
14 Paragrafo basato essenzialmente su Ciss 1964,1994.
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confronti. Essi risiedono in territori specifici nei quali non si caccer o si caccer
solo dopo un sacrificio per attirarsi la loro benevolenza. Inoltre, i grandi antenati
cacciatori dopo la morte diventano geni della caccia (gwd), nei confronti dei quali
un adeguato culto pu favorire la battuta e proteggere dagli imprevisti (Derive e
Dumestre 2000).
Tutti i cacciatori della confraternita venerano ed omaggiano una coppia di
spiriti che considerano loro protettori, antenati mitici ed inventori della caccia. Si
tratta di Saan e Kntrn16, rappresentati a volte come madre e figlio, altre come
marito e moglie. In tutti i casi, per, Saan considerata superiore nella caccia a
Kntrn17. Questo culto si inserisce nel quadro dellinsieme di credenze,
analizzate ad esempio da Germaine Dieterlen e da Youssouf Tata Ciss, largamentediffuse nellarea culturale Mande. Inoltre, quasi tutti i cacciatori si definiscono
musulmani, ma si tratta chiaramente di un Islam sincretico che compare qua e l nei
racconti e nei miti, su cui torneremo pi avanti. In effetti, generalmente il cacciatore
considerato la roccaforte dellanimismo dagli stessi suoi pi ortodossi
compatrioti.
Saan e Kntrn sono in effetti considerati, pi che come divinit, antenati
e progenitori: i cacciatori si definiscono figli di questa coppia mitica e pertanto tuttifratelli. Ecco perch le gerarchie esterne alla confraternita non influiscono sulle
relazioni interne. A loro sono associati una serie di valori morali quali lonest, la
lealt, la fedelt (anche coniugale) e la moderazione nel comportamento.
Lammissione alla confraternita infatti subordinata pi alla presenza nel
postulante di queste virt che alla sua abilit nella caccia. Sono tenuti in gran conto
anche rituali di purificazione come le abluzioni e lastinenza sessuale prima di una
uscita per cacciare. Saan e Kntrn fungono ancora una volta da esempio, tantoche i loro figli li definiscono larchetipo del cacciatore, donsofolo. Essi non
hanno patria, non hanno ascendenza n razza, sono casti e caratterizzati da sanuya,
la purezza delloro (sanu). Il luogo di culto ad essi consacrato il dankun18, punto
15 E una parola di origine araba.16 Anche Sanene e Kontron, San e Kndlon, Snin e Kontron.17 Le donne possono essere membri del donsotn, sono spesso mogli o sorelle di cacciatori evengono chiamate donsomusolu. La donna ha un ruolo fondamentale nello svolgimento della trama
dei canti (cfr. infra, pag.49 e seguenti).18 Letteralmente la testa della brousse.
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dunione di tre cammini provenienti rispettivamente dal villaggio (dugu), dalla
brousse selvaggia e terreno di caccia (dan o wula) e dalla brousse coltivata dagli
uomini per lagricoltura (kungo o foro). Esistono vari tipi di dankun consacrati ad
altri tipi di riti, ma quello dei cacciatori (donsow ka dankun) caratterizzato da un
termitaio a cappello o da un altare chiamato allo stesso modo, toon (questa ed altre
simbologie sono spiegate pi avanti dal racconto di W Kamissoko 19). Rituali e
pantomime di caccia si svolgono qui. Ad esempio, lapertura della stagione di
caccia segnata da un rito detto dankuns (offerta al dankun),da svolgersi in pi
giorni e composto di un tributo dei cacciatori della zona al donsokuntigi, cui
vengono offerti diversi doni, e da sacrifici agli antenati tutelari. Il capo della locale
confraternita proceder, inoltre, a trarre gli auspici dal lancio di noci di cola. Spessoin questa occasione vengono anche presentati i neofiti (Derive e Dumestre 2000).
Laltro luogo cui veniva attribuito un valore cultuale il boschetto sacro
(donsotu), secondo una tipologia diffusa anche nelle societ segrete iniziatiche
come il Km.Qui si sarebbero tenuti i rituali di iniziazione e i riti funebri, ma
lusanza di tenere un luogo alberato per questi scopi praticamente scomparsa
(Ciss 1994: 74).
La purezza ideale del cacciatore per messa continuamente in gioco dalleazioni violente che compie, dallingiustizia di togliere la vita ad esseri viventi. Ogni
volta che un cacciatore uccide, si espone alleffetto vendicatore del nyama
dellanimale ucciso. Il concetto di nyama20 assolutamente centrale, nellarea
culturale Mande in generale e nellideologia dei cacciatori in particolare: si tratta di
un flusso vitale emesso con la funzione di riequilibrare un torto subito. Tanto
maggiore sar loltraggio commesso, tanto pi potente sar il nyama emesso
dalloltraggiato. Ora, individui la cui professione consiste nel dare la morte sisentono sotto la costante minaccia di una vendetta da parte di ci che resta delle
loro vittime. Gli animali maggiormente pericolosi sono quelli con un ruolo
importante nei miti cosmogonici, come lavvoltoio (duga), la iena (suruku), il gallo
(nyamatutu). Inoltre sono particolarmente temuti gli spiriti (jin ojin). Segue poi
la selvaggina di grossa taglia, come il bufalo (sigi), i grandi felini (wara) o elefante
19
Cfr. infra, pag.25.20 Per una trattazione estesa e particolareggiata di questo concetto cfr. Ciss 1964: 192-216.
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(sama) ed ippopotamo (kon sama). Naturalmente, in tempo di guerra si prendono
precauzioni particolari in caso di uccisione di un uomo.
Leffetto del nyama si pu manifestare sotto forma di imprevedibili
disgrazie, come lesplosione di un fucile sul viso del cacciatore (inconveniente
relativamente frequente, vista la qualit dei fucili usati, semiartigianali o risalenti
alle guerre di Samory), la morte precoce dei suoi figli o ancora improvvise ed
inspiegabili malattie e sterilit. Il nyama si manifesta, inoltre, al momento della
morte del cacciatore, sotto forma di particolari spasmi che sono detti essere
lequivalente dellagonia che hanno sopportato le prede da lui uccise.
Per contrastare questa forza esistono una serie di contromisure rituali che
sono valse ai membri della confraternita la fama di grandi maghi e guaritori, o ingenerale di conoscitori del mondo dellocculto: si ricorre innanzitutto alla purezza,
di cui si gi parlato sopra e alla preservazione della forza (fanka) perseguite
attraverso la moderazione e lastinenza sessuale, per rendersi pi simili e degni di
Saan e Kntrn, che sono continuamente invocati. Vengono inoltre adoperati
bagni purificatori con preparati vegetali.
Esistono poi i rituali, da svolgersi immediatamente dopo luccisione di un
animale, per difendersi (kn) dal nyama: se la preda piccola e ritenuta nonpericolosa il cacciatore la sgozza, frustando laria con quello che viene
comunemente definito scacciamosche (yafifa) recitando nel contempo formule
magiche appropriate. Inoltre taglia la coda dellanimale, ritenuta ricettacolo ultimo
del nyama. La carne pu cos essere trasportata al villaggio21. Qualora la selvaggina
sia invece ritenuta particolarmente pericolosa il cacciatore, specie se giovane ed
inesperto, dovr innanzitutto segnalare la sua posizione ai confratelli tramite il
fischietto (donsofl) ed aspettare che un donsoba si rechi sul luogo delluccisioneper compiere i riti sopra descritti22. Vengono anche usati preparati a base vegetale
per tappare gli orifizi del cadavere da cui potrebbe uscire il nyama (Kersal 2001).
Il ritorno del cacciatore al villaggio sar salutato dai confratelli e dai pi anziani,
che scacceranno da lui la cattiva influenza dellanimale ucciso con i loro
scacciamosche (yafifa). Durante la notte avvengono poi sacrifici in ringraziamento
21 Una delle etimologie pi accreditate per donso individua don, riportare o rientrare, e so
casa, con riferimento allattivit di fornitura di carne secondo la direttrice brousse-villaggio.22 Il rito viene detto waranyamagwn, cacciare il nyama dalla belva.
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a Saan e Kntrn e per calmare lo spirito dellanimale. Inoltre segue una festa a
base di birra di miglio e danze sulla musica del sr. Preparati vegetali analoghi a
quelli usati sullanimale si usano per guarire chi afflitto da un male che venga
ricondotto allattivit venatoria (si parla di scacciare o neutralizzare in nyama,
nyama fiifa).
Particolarmente degni di nota sono i riti funebri (shuko) riservati ai grandi
cacciatori. Subito dopo la morte il nyama del defunto viene raccolto dagli anziani in
un vaso di terracotta, tappato con un altro rovesciato (dagabri). Si versa poi acqua
sul suolo della camera mortuaria per calmare lanima del defunto. Successivamente
il corpo viene lavato e purificato, prima di essere esposto ai parenti e compagni.
Una sorta di orazione funebre viene eseguita dal sr: si tratta di un canto appositoche celebra i grandi e coraggiosi cacciatori mettendoli a contrasto con i pavidi e
pigri (Ciss 1994: 119-120). In seguito i confratelli eseguono giri intorno al feretro
cantando inni comeDuga, lavvoltoio (Ciss 1994: 121) e Janjon (Ciss 1994: 148
e segg.), riservati ai donsoba o agli eroi in generale23. Il defunto viene deposto nella
camera laterale della tomba24. I compagni scaricano poi i fucili nella parte vuota,
atto seguito dalla chiusura della camera sepolcrale. Comincia quindi la veglia
funebre, durante la quale il sr canta le lodi del defunto. Visite di cordoglio sisusseguono nei tre giorni dopo il funerale: il settimo ed il quarantesimo giorno a
partire dalla data della morte vengono effettuati altri versamenti dacqua per
rinfrescare e purificare lanima del cacciatore trapassato. Dopo due o tre anni si
procede alla rottura dei vasi contenenti il nyama del defunto (dagate), cerimonia
che segna la fine del lutto: al termine di una notte ed una mattina di veglia a base di
birra di miglio, carne cacciata per loccasione e danze al suono di inni e canti epici
specifici (Ciss 1994: 126-152), si fanno sacrifici (per loccasione tre galli rossi), siportano i vasi al dankun e si fa una pantomima di caccia25 prima di procedere alla
rottura vera e propria dei vasi precedentemente incendiati, compiuta prima da uno
dei cacciatori pi anziani e poi da tutti i confratelli in successione. Questo rito
23 PerJanjon cfr. anche Diabat 1972.24 Le sepolture in area Mande sono tradizionalmente costituite di unanticamera e di una camera
sepolcrale vera e propria (Ciss 1994: 122 nota 58).25 Cfr. infra, pag.33.
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avrebbe allontanato dal villaggio il nyama degli animali uccisi in vita dal defunto,
indirizzandolo verso la brousse.
La difesa dal nyama e dai rischi della caccia passa anche per una serie
numerosa di amuleti (boli), di cui i cacciatori ricoprono le loro vesti. Si tratta di
parti di animali uccisi come ossa o corna, di sacchetti in pelle contenenti pietre o
pezzi di metallo o di piccoli specchi contro il malocchio (nyajugu). Altri tipi di
amuleti apparentemente uguali servono invece a propiziare la caccia e a favorire
lincontro con la selvaggina (kunbn). Tutti gli amuleti devono comunque essere
attivati da parole e sostanze appropriate e caricati intingendoli nel sangue delle
bestie uccise (Ciss 1964: 203).
Liniziazione
Come si detto, chiunque pu diventare cacciatore. Dai quindici anni in su,
laspirante confider la sua scelta ad un donsokaramok, che lo presenter ai
confratelli in assemblea. Se nessuno sollever obiezioni sulla moralit
delliniziando, egli comincer un periodo, di durata variabile, durante il quale sarcostantemente tenuto docchio il suo comportamento: in questo lasso di tempo il
kalanden sar a disposizione del maestro per le attivit pi umili e talvolta
umilianti, che dovrebbero temprare il suo carattere. Una forma di educazione
pratica alla caccia avviene quando lallievo accompagna il maestro nellattivit
venatoria. Egli impara le tecniche pi strettamente legate alluccisione degli
animali, ma anche una serie di rituali quali il trattamento della selvaggina uccisa per
la protezione dal nyama. Qui lapprendimento avviene per osservazione diretta, main momenti di pausa si svolgono vere e proprie lezioni teoriche riguardanti la flora,
la fauna e le loro propriet. Si deve anche sviluppare un senso dellorientamento e
delle conoscenze geografiche, vitali per chi si sposta a piedi per giorni: si consideri,
inoltre, che spesso chi non quasi mai uscito dal villaggio natale non ha la minima
cognizione dello spazio intorno alla cerchia del dugu o al di fuori del raggio dei
campi coltivati. La brousse infatti generalmente vista, nellarea culturale Mande,
come spazio ostile ed alieno, in netta contrapposizione al villaggio, accogliente e
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materno. Questa formazione pu durare mediamente tre anni, al termine dei quali
laspirante cacciatore deve essere riuscito ad uccidere almeno tre piccoli animali
(boso ni ku ye, che si macella con la coda, allusione alla scarsa pericolosit del
nyama degli uccisi per il quale non si richiedono riti particolari): il maestro a questo
punto informa la confraternita e si fissa la data della cerimonia di ammissione
(bolodon, spesso nel corso del dankuns). In questa occasione liniziando prester
un giuramento che sancisce la sostituzione nella sua gerarchia di valori delle regole
della societ in cui nato con quelle della societ (tn) di cui entrer a far parte:
ba ni fa ti la Saan ni Kntrn k ?
dk ni kr ti la donsow k?
i bi sn Kntrn ka ko ma wa?
i bi sn donsow ka fn ma?
Tu nas dsormais de pre et de mre que
Saan et Kntrn
Tu nas dsormais de frres ans et frres
cadets que les chasseurs.
Acceptes-tu la chose [] de Kntrn?
Acceptes-tu la chose [] des chasseurs?
(Ciss 1994: 59 in Traor 2000: 95)
Il tutto viene ripetuto tre volte, cos come le risposte affermative del candidato;
segue un lavaggio rituale che coinvolge anche le armi: solo al suo termine il
donsoba che presiede il rito chieder ai due antenati tutelari se accettano il nuovo
membro: se la risposta, ottenuta tramite lancio di noci di cola, positiva si
sacrificano due polli e il novizio ammesso e salutato con la formula: i bolo
donna (letteralmente la tua mano dentro, ovvero sei dei nostri). In caso
contrario si fanno ulteriori sacrifici e si ripete il lancio sino ad ottenere risposta
positiva. Il nuovo membro viene affidato al maestro per completare la sua
formazione e parte, la notte stessa, per una battuta di caccia che, ritenuta sotto
ottimi auspici dato il nuovo stato di purezza. Il cacciatore che entra nella
confraternita ne membro per tutta la vita ed vincolato al rispetto delle norme e
ad un principio di solidariet incrollabile, che si manifesta in un reciproco aiuto e
presenza ai rispettivi funerali, per partecipare ai quali i cacciatori compiono
spostamenti chilometrici (Traor 2000). Secondo Ciss (1964: 184-186) era usanza,
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per coloro che erano appena stati accettati nella confraternita, partire in gruppi di
due o tre per viaggi formativi in terre lontane, anche allo scopo di acquisire fama
(tg soro) ritornando dopo circa un anno carichi di trofei di caccia, compiendo
cos un vero e proprio viaggio iniziatico.
2. Diffusione della confraternita sul territorio
Una teoria di area culturale su misura
Nella fascia saheliana dellAfrica occidentale le indagini etnologiche pi
recenti hanno evidenziato come una certa idea di etnia o comunque criteri di
assegnazione ad unetnia, dovuti soprattutto ad amministratori coloniali-ideologi
come Gallieni, Archinard, Ponty e soprattutto Maurice Delafosse, abbiano
influenzato gli etnologi che fanno riferimento alla scuola di Griaule (studiosi come
G. Dieterlen, C. Monteil, L. Tauxier, B. NDiaye). Mi riferisco soprattutto ai lavori
di Jean-Loup Amselle (ad es. 1999), che hanno rivelato la reale fluidit delleidentit etniche, di status, religiose e linguistiche. Il fenomeno delle conversioni
identitarie a seguito di conflitti interni e guerre di conquista, avvenuti in epoca
immediatamente precedente alla conquista coloniale o appena successiva, ha fatto
s che ijamu, nomi onorari secondo Amselle (1999) o patronimici secondo Traor
(2000), venissero adottati in alcuni casi dalla popolazione che invadeva, in altri
dalla popolazione assoggettata. Le motivazioni di simili comportamenti potevano
essere la legittimazione del potere per i nuovi venuti, o considerazioni legate allasopravvivenza per chi veniva sottomesso (Amselle 1999: 109). Questo
comportamento e la sua frequenza nellarea insegnano anche ad usare una certa
cautela nel trattare i dati ad esempio storico-genealogici forniti dai tradizionalisti,
cautele forse non sempre adottate da Griaule e dalla sua scuola.
Casi macroscopici di intrecci culturali difficilmente dipanabili sono
avvenuti nel Wassolon, regione della Guinea teatro di esodi di profughi peul
provenienti dal Futa Jalon nel XV secolo, dove le popolazioni immigrate hanno
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adottato moltissimi dei costumi delle popolazioni mandinghe (compresa la
confraternita dei cacciatori), oltre soprattutto ad adottarne la lingua. Sono
riconoscibili da alcuni tipici patronimici (Samak, Sangar, Jakit), che per sono
stati adottati anche da altre popolazioni, mandinghe e non, che hanno avuto rapporti
con loro. Gli abitanti della regione tengono particolarmente a distinguersi
riflettendo in tal modo una distinzione peul-bambara, semicivilizzato-selvaggio,
musulmano (monoteista)-pagano, che rimanda, ad un pi ampio livello, a una
distinzione cultura-natura frutto di una rappresentazione sfruttata e rinforzata dagli
etnologi, ma che non in realt frutto di un reale processo storico (Amselle 1999:
107). Inoltre, la loro esistenza mette in crisi il principio di appartenenza etnica
secondo la lingua parlata, tra i criteri scientifici pi usati in passato.Karim Traor (2000: 33) ci riporta un altro caso che pone in conflitto
classificazioni etiche ed emiche, mettendo in dubbio la possibilit di una
tassonomia dotata di un grado di esattezza paragonabile a quello di una
classificazione botanica. Alcuni parlanti minianka designano la propria lingua come
bamanan (bambara), ma in realt parlano un idioma appartenente alla famiglia
Gur. La polisemia del termine bambara ha designato un conglomerato di elementi
diversi (Amselle 1999: 108), che gli etnologi hanno poi cristallizzato in unetniache si pu dire inventata da Maurice Delafosse. In realt il termine assume
significati diversi a seconda di chi lo pronunci: pu voler dire pagano politeista
per i musulmani pi infervorati o agricoltore sedentario per chi appartiene a
comunit nomadi e basate sullallevamento. Lunica accezione veramente affidabile
si riferisce ad una lingua standard che il governo nazionale sta attualmente cercando
di imporre in Mali, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione come
televisione e radio. Si capisce quindi linutilit, o perlomeno linaffidabilit, deirisultati dei censimenti etnici realizzati in epoca coloniale, basati su unattribuzione
etnica eseguita secondo criteri poco attendibili.
Per questi motivi quando Youssouf Tata Ciss, scrivendo su La confrrie
des chasseurs Malink et Bambara (1994), non sente il bisogno di specificare
ulteriormente o ad un livello pi dettagliato di quello indicato nel titolo gli oggetti
della sua indagine, assume un atteggiamento scarsamente critico che si inscrive
pienamente nella tradizione etnologica che ho descritto pi sopra.
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Molto pi moderno, da questo punto di vista, il lavoro di Karim TraorLe
jeu et le srieux. Essai danthropologie littraire sur la posie pique des chasseurs
du Mande (Afrique de lOuest) (2000). Come si percepisce gi dal titolo, il campo
di indagine delimitato in maniera pi generale. Lautore si rif ad una descrizione
di area culturale molto fluida e stratificata risalente ad Amselle (1985), che ha il
vantaggio di essere stata elaborata a partire da studi condotti dallantropologo
francese proprio nella stessa zona di cui si occupa il libro di Traor.
In contrapposizione alle sterili ed immobili carte etniche, Amselle propone
un antropologia topologica basata su 1) delimitazioni di spazi di scambio, per
rappresentare i gradi di dipendenza tra gruppi, con il vantaggio di considerare i
gruppi non pi come entit isolate (monadi leibniziane, Amselle 1985: 23) macome interdipendenti ed in continua attivit di scambio; 2) di spazi statali, politici e
militari, per poter tenere presenti le influenze dovute a rapporti di dominazione di
societ inglobanti nei confronti di societ inglobate; 3) di spazi linguistici, che
devono dar conto dellestrema frammentariet causata dai fattori sopra citati e della
presenza e diffusione di lingue veicolari; 4) di spazi culturali e religiosi, basati sulla
comunanza di tratti culturali, materiali e religiosi o comunque intesi nellaccezione
pi ampia possibile (Amselle 1985 in Traor 2000: 28-31).Questo tipo di approccio, che ha il vantaggio fondamentale di essere molto
pi dinamico di una concezione eccessivamente reificata del concetto di etnia (un
freno per la disciplina antropologica, secondo Amselle) stato elaborato
specificamente per rendere conto di una realt come quella saheliana, crocevia di
popoli e culture. Il cacciatore, che intesse una rete di rapporti con i confratelli
distanti centinaia di chilometri e crede nella fratellanza umana indipendentemente
da barriere linguistiche o culturali, ha sempre rappresentato un esempio a favoredella visione amselliana e contro la visione culturalista e fondamentalista
(Amselle 1999: 91), influenzata anche dalla museografia francese.
Larea culturale Mande
Larea in questione pu dunque essere definita come quella parte dellAfrica
occidentale, interessata da antichi ed intensi scambi con il mondo arabo-berbero,
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ricalcante lestensione degli stati mandinghi medievali, pi quelli Sonink e Wolof
di epoca precoloniale. Attualmente, la gran parte coperta dallo stato maliano e
dalla met orientale del Senegal. Una porzione rilevante della Guinea (la met
orientale), del Gambia e il quarto nord ovest della Costa dAvorio ne sono parte,
insieme con il Burkina Faso occidentale, la Guinea-Bissau, le isole di Capo Verde e
piccole estensioni di Sierra Leone, Liberia e Mauritania.
Questo territorio caratterizzato dal punto di vista linguistico da unestrema
variet e frammentazione: si parlano lingue delle principali tre famiglie linguistiche
africane (Niger-Congo, Afro-Asiatica e Nilo Sahariana). Comunemente un
individuo padroneggia pi lingue: quelle del ceppo Mande sono tra le pi usate
come lingue veicolari da venti milioni di persone, secondo stime recenti. Le varietpi diffuse sono il Maninka (parlato in Guinea e nel sud del Mali), il Bamanan
(anche conosciuto come Bambara, parlato nel resto del Mali e sui mezzi di
comunicazione maliani) ed ilJula (in Costa dAvorio ed in Burkina Faso).
Il livello di intercomprensione tra queste variet buono se i parlanti provengono
da aree urbane anche lontane centinaia di chilometri, invece scarso se si tratta di
persone di ambiente rurale, per quanto relativamente prossime da un punto di vista
geografico (Traor 2000).Il quadro culturale presenta tratti comuni soprattutto per quanto riguarda la
strutturazione sociale: tradizionalmente tripartite, le societ Mande distinguono per
nascita i loro appartenenti in hrn, uomini liberi legati alla coltivazione della terra
al vertice della gerarchia; nyamakala, in un certo senso clientes degli hrn, che
svolgono lavori di tipo artigianale: sono fabbri (numu), lavoratori del cuoio
(garanke), grioto jeli, artigiani della parola specializzati nelle genealogie e nelle
lodi dei loro jatigi (patrocinatori) e nella gestione dei rapporti diplomatici. Irapporti tra queste due classi sono di formale superiorit dei primi, ma di reale
stretta interdipendenza. La terza classe sociale quella dei jn, comunemente
tradotto con schiavi e che indica attualmente i discendenti dei prigionieri di
guerra, integrati nella societ, ma a volte discriminati per la loro umile origine.
Queste tre classi sono teoricamente endogame, ma questa regola viene soprattutto
applicata per fabbri ejeli. Lendogamia quindi in un certo senso un mezzo usato
dalla struttura sociale per riprodursi e mantenersi, proibendo formalmente lascesa
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sociale e la comunicazione tra classi. In realt istituzioni come le classi det 26, che
uniscono con duraturi legami di solidariet tutti coloro che sono stati iniziati
assieme, senza distinzioni di ceto o nascita, contrastano le divisioni orizzontali con
legami verticali. La societ dei cacciatori rappresenta dunque un ulteriore ed
importante mezzo per usufruire di differenti gerarchie parallele a quelle standard,
una specie di alternativa allopposizione simbiotica hrn-nyamakala (Traor
2000).
Le confraternite di cacciatori di cui analizzer i canti provengono da aree
dove si riscontrano queste caratteristiche. Il cantore pi conosciuto e pi studiato
(Coulibaly, Grg-Karady 1985; Ciss 1994; Derive, Dumestre 2000) Jinba Jakit
di Baala27, lungo lalto Niger a 50 km da Bamako. Celebre anche Seyidu Kamara(Seydou Camara), che oper soprattutto a Bamako (Bird 1974; Cashion 1984;
Traor 2000). Derive e Dumestre hanno anche registrato in Guinea, a Nyagassola,
prefettura di Siguiri (Dyoma Moussa Sangar) ed in Costa dAvorio a Kong e a
Kanbiasso nel Kabadougou (Karamogo Doumbia). Annik Thoyer ha lavorato con
Mamadu Jara (1978), della regione di Sikasso ma si formato nel Wassolon, e con
Ndugac Samak (1995), nato nel cercle di Ke Macina ma originario ancora del
Wassolon. Nella stessa regione lquipeLes Films du Village (1987) ha registrato aMandiana, nel cercle di Kankan, i cacciatori mandingofoni di origine peul. Dalla
stessa popolazione, ma dal versante maliano, proviene Sibiri Samak (1991), di
Sbnikoro, registrato da Jacques Launay. Patrick Kersal (1999, 2001) si
occupato dei cacciatori senufo di Ouolonkoto nel Kndougou (Burkina Faso) e dei
loro canti in Jula. A Lataha, villaggio senufo nella zona di Korhogo in Costa
dAvorio Michel de Lannoy (1994) stato testimone dello spostamento di
cacciatori malink venuti a suonare al funerale di un loro confratello. Leregistrazioni di cacciatori pi datate sono state eseguite in Guinea, tra Kankan e
26 Nel testo francese groupes dge (Traor 2000: 75).27 Nato nel 1928 a Baala, lungo il Niger a 50 chilometri da Bamako, Jinba Jakit tra i piapprezzati sr del Mali. Cieco dalla pi giovane et a causa di una malattia, dice di conoscere lastoria di 44 eroi cacciatori. I suoi racconti, ricchissimi di immagini poetiche e dallintreccioestremamente articolato, sono anche tra i pi apprezzati dai ricercatori che si occupano di tradizioniorali, per i quali rappresenta un riferimento nel campo dei canti dei cacciatori. Nelle sueperformance, Jakit non narra storie che abbiano fine con il termine del racconto, ma episodi, dellalunghezza anche di seimila versi, di vere e proprie saghe che per ogni eroe si sviluppano attraversosvariate serate. Linterpretazione delle sue parole considerata di estrema difficolt dagli studiosi
che hanno avuto a che fare con lui, per la sua abitudine e caratteristica peculiare di lanciarsi senzapreavviso in digressioni, ricche di immagini oscure, che interrompono il filo della narrazione.
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Karala da Gilbert Rouget nel 1952 (1999). Questa panoramica delle pubblicazioni
rivela una significativa percentuale di cantori provenienti dal o formati nel
Wassolon, regione a cavallo tra Guinea e Mali. In effetti in tutto il Mali e nelle
regioni adiacenti i sr di questa zona sono molto apprezzati e tenuti in
considerazione: esiste anche uno stile denominato del Wassolon, basato su un
particolare modo di impugnare la donsongni28. Un altro dato degno di nota la
grande mobilit dei musicisti: che si spostino per motivi di forza maggiore (ad es. il
servizio militare, come per Seydou Camara) o volontariamente (funerali di un
confratello, riunioni regionali, ricerca di un jatigi29 ) possono percorrere centinaia
di chilometri e cambiare pi volte residenza nel corso della loro vita in unarea,
come quella Mande, che vede una grande circolazione di individui. Unaconseguenza di questa tendenza la diffusione a macchia dolio di alcune
caratteristiche delle esecuzioni, tradizionalmente associate ad una regione, in tutta
larea culturale Mande, come avviene ad esempio per lo stile del Wassolon.
3. La figura del cacciatore nellimmaginario collettivo e nella tradizione
orale: alcuni esempi
Il cacciatore nellepopea di Sunjata
La saga di Sunjata30 stata paragonata ad una sorta di carta sociale del
Manden e rappresenta il massimo riferimento per quanto riguarda il genere epico
maana. Una certa politica nazionalista nel Mali post-indipendenza ha poi cercato di
creare uno spirito di unit nazionale attorno alla figura unificatrice del Mansa
Maghan Keita. Questi, personaggio storicamente esistito, fu il creatore di un imperoche si estendeva dalle regioni occidentali dellodierno Burkina Faso fino alloceano
Atlantico, intorno al 123531. La sua famiglia, quella dei Keita, regn fino al XV
secolo, contribuendo in maniera determinante allislamizzazione e
28 Cfr. infra, pag.56.29 Letteralmente proprietario dellanima, tra lui ed il donsojeli ci sono rapporti analoghi a quelliche intercorrono tra hrn ejeli, che daltronde usa lo stesso termine per riferirsi al suopatrocinatore.30
Cfr. Niane 1960 e Ciss e Kamissoko 1987 e 1991.31 Cfr. Fage 1978: 76.
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allomogeneizzazione culturale di quella che oggi viene chiamata area culturale
Mande. La saga che narra le imprese di Sunjata (Sunjata fasa) tra le produzioni
orali ritenute pi significative e pi analizzate dagli studiosi32. Proprio una figura
leggendaria cos prestigiosa era parte dellassociazione dei cacciatori ed aveva
meritato in giovane et il titolo di Sinbon, eroe di caccia. Tuttavia i suoi exploit di
caccia non sono in primo piano nellepopea, sorpassati per importanza dalle
imprese militari. Altre figure di cacciatori sono presenti nella narrazione, primi fra
tutti Dan Massa Wulanba e Dan Massa Wulani33, fratelli cacciatori rispettivamente
maggiore e minore. La storia di come uccisero il bufalo di D rappresenta una
incursione di un vero e proprio racconto di caccia allinterno della saga di Sunjata:
essendo il bufalo una strega che ha compiuto una metamorfosi, i due fratelli devonoprendere contromisure magiche per poter abbattere lanimale. Sar il fratello
minore a compiere limpresa, meritandosi la deferenza del maggiore (come detto in
precedenza, cosa normale secondo il codice dei cacciatori) e le sue lodi, che
varranno a questultimo il titolo di Kuyat (oggi patronimico di una famiglia di
jeli). Come ricompensa i due fratelli potranno scegliere tra le ragazze della regione
la futura madre di Sunjata, che porteranno in dono al futuro padre (peraltro
anchegli cacciatore emerito). Cacciatore era anche Tiramaghan Traor,luogotenente del fondatore dellimpero del Mali (Ciss e Kamissoko 1991). Nella
versione della saga riportata da Djibril Tamsir Niane (1960) poi, un anziano
cacciatore a rivelare con una profezia al padre di Sunjata il destino del regno.
Il cacciatore nellimmaginario collettivo
Coloro che non sono membri della confraternita percepiscono la presenza diun sapere esoterico, dominio esclusivo dei cacciatori: questo viene visto
essenzialmente come un insieme di capacit taumaturgiche, le cui risorse si
reperiscono nello spazio esterno al villaggio, tipicamente quello in cui il cacciatore
si muove meglio ed i cui pericoli in grado di evitare e neutralizzare. Spesso quindi
32 Cfr. Finnegan 1992.33 Si tratta di nomi di caccia, usati per paura che uno spirito possa sentire il vero nome ed usarlo per
un incantesimo. Significano rispettivamente Grande e Piccola brousse protetta dallo spirito dellabrousse (Dan).
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il guaritore mandato a chiamare un cacciatore desperienza. Il cacciatore d anche
dimostrazione delle sue arti magiche nel corso di cerimonie pubbliche, quali
distribuzioni di carne, funerali ecc. In queste situazioni il suo ruolo diventa quello
di intrattenitore del pubblico, con giochi di prestigio che incutono molto rispetto
in chi assiste, anche se si tratta di semplici trucchi magari a base di polvere da sparo
(cfr. Kourouma 1970e Kersal 2001). Molto apprezzate nelle stesse situazioni sono
le danze e le pantomime di caccia, che hanno in realt un significato pi profondo.
Esiste inoltre, specie nelle popolazioni che si ritengono pi islamizzate, un
sentimento composito, formato da una parte da una repulsione per la componente
selvatica e idolatra che il cacciatore rappresenta, e dallaltra da unattrazione che
rispecchia un legame tra la confraternita con i suoi riti e quella che viene percepitacome lidentit pi vera e profonda, radicata nei luoghi e negli antenati di quella
gente (Kourouma 1970). Anche secondo Baala Jinba Jakit la caccia rappresenta
quanto di pi antico c nel Manden e ne il vero collante (Ciss 1994: 16).
Una visione del cacciatore come sintesi della selvaticit e del paganesimo coesiste
spesso con una sua identificazione con una figura di eroe civilizzatore: in molti
racconti gli viene assegnato il ruolo di primo scopritore del sito su cui sorger un
villaggio, appunto per le sue qualit di creatura ibrida e di tramite fra i due mondinettamente divisi della brousse e del villaggio. Egli si assume anche il compito
della difesa dellabitato e dei campi coltivati dalle bestie pericolose per luomo o
per il raccolto, problema peraltro pi frequente in passato.
Inoltre, come ricorda una delle etimologie pi accreditate, il donso34porta a casa
un prodotto della brousse di grande importanza per gli agricoltori abitanti del
villaggio: la carne ed il suo contenuto proteico e di grassi, essenziale per integrare
una dieta completamente vegetariana, eccezion fatta per gli animali dallevamento,attivit spesso molto limitata. Pi che alla conoscenza dei principi regolatori interni
alla confraternita, la considerazione per la rettitudine e la moralit dei cacciatori da
parte dei concittadini dovuta allesperienza della distribuzione pubblica della
carne: vengono infatti privilegiati anziani, invalidi, vedove e bambini, specialmente
se orfani. La gestione del frutto della caccia affidata agli anziani e non compete
allindividuo che ha materialmente cacciato lanimale: al termine di una battuta
34 Cfr. supra pg.13, nota 21.
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tutta la selvaggina viene offerta al donsoba, che provvede ad effettuare la
distribuzione ai membri della confraternita in parti uguali e a destinare una parte ai
bisognosi del villaggio (Kersal 2001).
4. Miti dorigine
Se la confraternita dei cacciatori diffusa con una certa omogeneit
nellarea culturale Mande, secondo le caratteristiche delineate, non altrettanto
omogenei sono i miti riguardo le sue origini: Karim Traor (2000) ne riporta tre,
uno raccolto da Youssouf Tata Ciss (1964) presso iljeli di Krina W Kamissoko,
un secondo di Mamby Sidib (1982) e il terzo da lui stesso ascoltato dalla bocca di
Baala Jinba Jakit.
Il racconto di W Kamissoko
Questo racconto considerato dal suo autore versione autentica dellorigine
di Saan e Kntrn, in contrapposizione ad una credenza pi diffusa, vedremo in
che senso.Durante la grande siccit che colp lo Wagadu35 in un periodo imprecisato del
passato, due cacciatori si misero in viaggio con i loro cani per attraversare il paese
senza portare con loro acqua, sebbene sapessero che non avrebbero potuto rifornirsi
lungo la strada. Giunti a met del percorso si ritrovarono cos assetati da essere
disposti a fare qualsiasi cosa per procurarsi da bere: a questo punto incontrarono
una donna con un neonato sulla schiena che faceva il loro stesso tragitto in senso
inverso, per fuggire la carestia, con un recipiente colmo dacqua sulla testa. Allarichiesta dacqua dei due viaggiatori la donna rifiut, e i cacciatori le rubarono il
prezioso liquido, bevendo a saziet e gettando il resto ai cani. A questo punto la
donna proruppe in insulti molto pesanti, cosa che fece infuriare ancora di pi i
cacciatori che uccisero il neonato, dandolo in pasto ai cani. Uno di questi ultimi,
per, uccise laltro, disputandogli i resti del corpicino e causando la vendetta
violenta del padrone sul suo compagno ed amico, e il suo conseguente suicidio. La
35 Anche antico Gana, cfr. Fage 1995: 58-63.
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madre, che davanti allo scempio si accaniva sui cadaveri dei cacciatori, fu esortata
da Dio attraverso larcangelo Gabriele36 (kebaa Jibiriilu) a dar prova di
moderazione; ma continuando la donna a fare scempio dei due cadaveri, Dio infuse
nuovamente la vita nei corpi dei cacciatori e dei loro cani, poich secondo
Kamissoko solo Dio ha il diritto di fare giustizia. I cacciatori, tornati alla vita, si
dissero: saa nn kanw ktrnb ka na diny n kokura, abbiamo provato la
morte e siamo tornati in vita. Essi seppellirono al bivio dankun dove avevano
incontrato la donna tutti gli oggetti coinvolti nella vicenda (frammenti di recipiente,
il corpo del bambino, gli escrementi da loro emessi in punto di morte e le foglie
usate successivamente per pulirsi37) in un buco sormontato da un termitaio a
cappello che divenne un altare38. I cacciatori, appena ritornati in vita, fecero voto diservire fedelmente la donna a cui avevano fatto torto e di ricordare lavvenimento
con sacrifici al dankun. Le parole saa nn ni ktr, assaggiare la morte e
ritornare, designerebbero quindi un episodio mitologico e non due divinit
protettrici. Secondo Kamissoko, per, la maggior parte dei cacciatori iniziati ad un
livello non alto crede in delle figure tutelari39. In effetti, la descrizione di Saan e
Kntrn fornita a pag. 5 viene definita daljeli di Krina popolare. Esistono infatti
due livelli di conoscenza nella confraternita dei cacciatori, come in altre societ pio meno segrete: uno per i profani, che contiene una parte della verit con mire
educative e figure facilmente comprensibili, che si pu definire essoterico; uno
invece per iniziati maggiori considerato completa verit (tnya), o dottrina
esoterica, formata da racconti come quello narrato sopra. Allo stesso modo
vedremo che anche i racconti epici (donsomaana) hanno due destinatari e due
livelli di lettura differenti.
La versione di Mamby Sidib
Il secondo racconto riportato da Mamby Sidib, uno dei primi studiosi di
tradizioni appartenenti allarea Mande con Moussa Taravl e Amadou Hampat
36 Prova evidente della cultura islamica del narratore.37 Ancora oggi, in segno di rispetto, si offrono al donsoba delle frasche, perch ci si possa sederesopra.38
Cfr. supra, pag.12.39 Cfr. supra, pag.11.
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B. Il racconto comparso in un libro destinato ai bambini, ma il suo adattamento a
partire da un testo iniziatico sembra essere opera delleditore (Traor 2000: 79-80).
Un giorno alcuni uomini scoprirono presso un incrocio di tre sentieri fuori dal loro
villaggio uno strano essere senza gambe n braccia. Incuriositi, per attirarlo nel
villaggio, si misero a suonare il sinbi40, cosa che provoc nella creatura lo spuntare
delle membra. Esso li segu nel villaggio e vi si stabil, esercitando per primo il
mestiere di cacciatore e sposando una ragazza umana. Da questunione nacquero
dapprima una bambina e poi un bambino, per curare il quale il cacciatore restava
tutto il suo tempo in casa, cosa che gli provocava lo scherno dei compaesani. A
seguito di queste provocazioni, ritornato in brousse per la caccia, vide uno strano
animale cui mancava met del corpo, che gli parl sconsigliandogli di ucciderlo: ilcacciatore invece scocc la sua freccia, uccidendo lo strano animale e venendo
tramutato per met in un vegetale chiamato nyama. Anni dopo il figlio, ormai
grande, and in cerca del padre scomparso e, trovatolo, ricevette da lui istruzioni
sulla sua futura professione, che avrebbe dovuto essere di quella di cacciatore. La
sorella maggiore e lui, chiamati Sne Kontron,divennero entrambi cacciatori e si
sposarono, ma la donna conservava unabilit superiore nellattivit venatoria. Il
marito, geloso, si fece preparare una pozione affinch la moglie e sorella rimanessesubito incinta e non potesse pi cacciare. Il figlio nato da questa unione fu chiamato
Simbo e diede origine a tutti i cacciatori moderni.
Da notare come la caccia venga introdotta nella comunit degli uomini da un essere
non umano (caratteristica che si ritrova anche in altri racconti, ad esempio
riguardanti lorigine di alcuni strumenti musicali dei cacciatori) e come i cacciatori
discendano da ununione incestuosa, cosa in conflitto con versioni pi diffuse che
attribuiscono alla coppia mitica caratteristiche di purezza e castit. E presenteanche il conflitto maschile-femminile nellattivit di caccia, su cui torneremo pi
avanti.
40 Cfr. infra, pag.58.
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Il racconto di Baala Jinba Jakit
Il terzo racconto, raccolto da Karim Traor, rappresenta il primo di 44
racconti consacrati da Baala Jinba Jakit ad altrettanti antenati mitici dei cacciatori,
divenuti spiriti per i loro atti deroismo (gwd).
Vivevano un tempo due fratellastri dalle attivit diverse: uno era cacciatore e laltro
agricoltore. La madre dellagricoltore era per spesso a corto di polvere dosso,
necessaria per filare il cotone, e dipendeva dalla madre del cacciatore, sempre benfornita. Un giorno la prima, stufa di essere presa in giro e di dover dipendere
dallaltra moglie, si lament con il figlio, che prese il fucile e si mise in caccia.
Dopo due giorni di insuccessi lex agricoltore, di nome Manbi, arriv ad una grotta
al cui interno trov un essere disgustoso e ricoperto di pidocchi che suonava uno
strumento a corde. Si rivel essere un genio pastore di animali selvatici, di nome
Nyama, che si offr di donare a Manbi dei boli che lo aiutassero a cacciare in
cambio di una ripulita dai pidocchi. Manbi impieg parecchi giorni a ripulire ilgenio, che ogni giorno gli donava un boli, compreso il pi potente chiamato
Kntrn. Quando il genio fu rimasto senza poteri, avendo regalato tutti i suoi
amuleti, Manbi lo uccise e gli rub la compagna e lo strumento musicale, chiamato
sinbi. La testa della creatura fu sepolta allincrocio di tre sentieri e grazie ai boli
Manbi e la sua unica figlia Saandivennero grandi cacciatori.
Secondo Jakit, con il passare del tempo, i cacciatori hanno cominciato a ricordare
lamuleto e la sua proprietaria come una coppia di fratelli (Traor 2000: 83-84).
5. Il ruolo dellIslam41
Come ha evidenziato Jean-Loup Amselle (1999), letnografia francese di
influenza coloniale ha sempre teso a ricercare un paganesimo originario attraverso
41 Cfr. anche B 1981: 196-197.
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un processo di ripulitura dalle influenze islamiche delle manifestazioni, culturali
in generale e legate alla sfera delle credenze in particolare, dellarea Mande.
Le amministrazioni coloniali, inoltre, hanno sempre scoraggiato lIslam a
favore del feticismo originario, dato che le maggiori e pi organizzate resistenze
allavanzata francese sono venute proprio da riformatori di ispirazione modernista42
(primo fra tutti lAlmamy Samory Tur). In realt riferimenti alla religione del
Profeta in questarea sono dettati soprattutto da questioni di prestigio e di
legittimazione: cos i Massalen Keita discendono da uno schiavo di Maometto, i
feticci di Segu sarebbero giunti dalla Mecca, lantenato del tal re avrebbe compiuto
sette volte il Pellegrinaggio (Hajj). W Kamissoko stesso manteneva un
atteggiamento ambiguo dichiarandosi a volte musulmano e trovando altre volteincompatibile linsegnamento delle tradizioni con la fede coranica. Egli stesso,
cacciatore e portavoce di una confraternita, poteva dire di credere in Allah e poco
dopo additare il cacciatore in generale come un ateo inveterato (Ciss 1994: 79).
Unaltra credenza che rivela il profondo innesto dellIslam sulle credenze pi
antiche riguarda la sostituzione del concetto di doppio (ja), che si potrebbe
avvicinare a quello di anima, con una parola di origine araba (meleke) e con la
relativa credenza in un angelo, appunto, che annota le buone azioni ed in uno cheannota le cattive. Daltronde, il livello di impregnamento ancor pi evidente se si
considera che nelle lingue Mande il vocabolo adottato per designare Dio (Ala) un
prestito dallarabo ed usato da indifferentemente da musulmani ed animisti.
6. Il cantore della societ
Il cantore della societ dei cacciatori viene chiamato, a seconda della zona,
sr43, sora, siran, donsojeli (questultimo diffuso in tutta larea Mande, significa
griot dei cacciatori e rivela una definizione data da un non membro della
confraternita). E anche diffuso lappellativo generico di donsongnifola ojrufola,
42
Sulle correnti moderniste allinterno dellIslam cfr. Bausani 198043 Unetimologia diffusa deriva da sere, testimone.
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suonatore di ngni (arpa o arpa liuto) dei cacciatori o semplicemente di corde
(jru), indicando per metonimia tutto lo strumento. Egli un musicista specialista 44
e a volte professionista, nel senso che in alcuni casi vive del suo lavoro, essendo
pagato fondamentalmente con parti di cacciagione, denaro contante inserito nella
cassa di risonanza dello strumento come segno di apprezzamento e amuleti per la
sua protezione da malattie e altre sventure. La maggior parte dei sr, per,
integrano i proventi dellattivit di cantori coltivando o pi raramente anche
cacciando. Membro a tutti gli effetti del donsotn, quindi iniziato come gli altri
cacciatori, difficilmente tuttavia accade che eserciti lattivit venatoria. Come tutti i
cantori di lodi, insieme rispettato, odiato, temuto ed amato per il potere attribuito
alle sue parole, spesso provocatoriamente derisorie o enfaticamente celebrative.
Jeli e Sr: differenze e punti in comune
Molti studi sono stati dedicati alla figura deljeli, o pi comunemente griot,
dellarea culturale Mande, ingenerando lidea che questo personaggio detenga
lesclusiva della parola letteraria e dellesecuzione musicale specializzate. In realt
esistono altre figure di professionisti dei generi specializzati (seguendo Traor2000: 154, sono generi che si distinguono per il carattere esoterico o esclusivo 45),
come ad esempio il cantore della societ segreta del Km, incaricato delle lodi
nelle cerimonie che si svolgono in presenza dei non iniziati. Il cantore dei
cacciatori, che pure tiene le sue performance per un pubblico indifferenziato,
appartiene a questa categoria, dato che i suoi testi si possono leggere su due piani
interpretativi ed hanno due destinatari differenti46. In realt tra jeli e sr ci sono
caratteristiche comuni e discordanti.Entrambi sono in relazione con una figura chiamata genericamente jatigi,
tradotto a volte con ospite, a volte con patrocinatore. Jeli o sr formavano
anticamente con il jatigi una coppia in cui il ana (eroe) provvedeva ai bisogni
materiali del aara (araldo), che aveva come compito quello di cantarne le lodi,
44 Due eccezioni principali sono note: i cacciatori Dan (Zemp 1971: 219) e i Jula di Kong (Derive eDumestre 1999: 36), mandingofoni entrambi della Costa dAvorio, non hanno musicisti specializzatima cantano tutti insieme indifferentemente.45
Cfr. infra, pag.3946 Cfr. infra, pag.46.
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ovvero di testimoniarne le gesta e renderne eterna la fama, oltre a curarne le
relazioni diplomatiche. Questo dualismo persiste ancora oggi, ma non pi legato
alle attivit belliche, essendosi trasformato in un rapporto tra, ad esempio,
candidato alle elezioni e responsabile della campagna elettorale. Invariato o quasi,
sopravvive invece il rapporto tra il sr ed il cacciatore, spesso importante e
benestante, verso cui il cantore si sente in debito. Peculiare ed unico il modo in
cui il aara si rivolge al suo ana nellambiente della caccia: il vocabolario usato
ricorda quello dei rapporti coniugali. Una formula comune nmak, con la quale
solitamente la moglie saluta suo marito, accanto ad un generico nc (il mio uomo);
i sr chiamano se stessi cacciatori donne o dicono di essere la donna del loro
jatigi.Un altro punto in comune tra jeli e sr rappresentato dalla loro
conoscenza storica associata allabilit oratoria, caratteristica che i aara non
mancano di ricordare nei loro racconti e canti, in maniera spesso esplicitamente
immodesta, comportamento normalmente malvisto nelle situazioni normali.
Una significativa differenza appare invece nella fase della loro formazione:
mentre si nasce jeli, il sr decide il suo mestiere in maniera autonoma. Questo
implica che il piccolo griotsar istruito fin dalla pi tenera et alle conoscenze chegli saranno necessarie: raggiunta la pubert, la sua formazione proseguir presso un
parente, spesso uno zio materno. Listruzione inizia quindi parallelamente alla
socializzazione primaria e non ha formalmente termine. Chi sceglie di diventare
sr, compiendo la scelta in et matura o quasi, fa invece il suo apprendistato fuori
dalla sua famiglia, presso un cantore di sua scelta che accetti di trasmettergli i
segreti del mestiere. Il futuro sr verr trattato dal suo maestro come uno di
famiglia e caricato dei lavori pi umili, punto in comune con lapprendistato delcacciatore.
Per quanto riguarda le conoscenze musicali, dapprima viene insegnato il senso del
ritmo, attraverso laccompagnamento del cantore con un idiofono tubolare in
metallo a raschio47 detto karinyan. Nel periodo, spesso lungo anni, in cui lallievo
svolge questo compito, oltre a sviluppare la capacit di battere ritmicamente in
modo costante pu prendere familiarit con il repertorio del maestro ed imparare le
47 Cfr. infra, pag.60.
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parti responsoriali dei canti. La fase successiva rappresentata dallapprendimento
dello strumento a corde, si tratti di donsongni o di sinbi. Dopo qualche anno di
lezioni inizieranno le performance in pubblico in occasioni non ufficiali, come alle
riunioni della confraternita prima dellarrivo dei dignitari, per un pubblico spesso
composto di bambini o adolescenti (Traor 2000: 159-160).
Proprio come per un jeli, allistruzione tecnica sugli strumenti si affianca
linculcamento di un codice deontologico a cui viene data molta importanza: per
esempio, la musica dei cacciatori si suona prima di tutto per i membri della
confraternita e per chi con loro si trova ad ascoltare, mai per denaro su richiesta di
non membri. Viene anche data una formazione esoterica nelle arti taumaturgiche e
sulle precauzioni contro le forze magiche. Spesso infatti i sr vengonoricompensati con boli, e la loro qualit si pu misurare in base alla quantit di
amuleti che portano addosso. Lallievo arriva poi a suonare accompagnando le
esibizioni del maestro come secondo suonatore di donsongni/sinbi e non pu
animare una serata per suo conto, senza autorizzazione da parte del pi anziano.
Tutto il processo di apprendimento si svolge in maniera completamente orale ed
attraverso processi di imitazione: il maestro fornisce una frase musicale che
lallievo deve ripetere, senza dare alcun aiuto o spiegazione. Per chi ha difficolt, siutilizza un procedimento molto diffuso nelle musiche di tradizione orale,
specialmente nellarea Mande, consistente nellimitazione orale del pezzo suonato
dal maestro: la parola viene cos utilizzata, sotto forma di non-sense sillabici
cantati, come tramite fra le due esecuzioni strumentali, del maestro e dellallievo,
per la sua maggiore comunicabilit. Oltre alle lezioni sono le esibizioni stesse ad
essere importantissime occasioni di apprendimento e di messa alla prova delle
capacit acquisite, nonch possibilit di familiarizzare con lesteso repertorio di unsr affermato. Questo il metodo di trasmissione del sapere musicale, in parte
comune a tutte le culture orali, in parte tipico dellarea Mande, che viene utilizzato
senza significative differenze per tutti i generi di musicisti, pi o meno
specializzati, nellarea culturale che stiamo analizzando.
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Occasioni di partecipazione alla vita della confraternita
Quali sono le situazioni in cui il sr ed il suo gruppo animano o
accompagnano la vita dei cacciatori ? Innanzitutto, nel dualismo villaggiobrousse,
i musicisti limitano sempre la loro azione al territorio dellabitato o poco oltre,
senza spingersi mai oltre il dankun (dove inizia wula fantan ni wula bantan, la
brousse senza padre n madre, ovvero il mondo selvaggio e lontano dalla civilt).
E questo il motivo principale per cui il cantore viene associato con una figura
femminile, tipicamente confinata allo spazio domestico.
La caccia unattivit silenziosa, per cui il musicista non viene giudicato adatto.
E invece fondamentale in tutte le occasioni di ritrovo collettivo: festivitannuali ricorrenti, festeggiamenti al ritorno da una battuta di caccia, matrimoni,
funerali e battesimi di membri o parenti, cerimonie quali presentazioni di nuovi
iniziati o determinazioni di auspici. In poche parole, dovunque i cacciatori siano
raggruppati, pubblicamente o meno, si sente la voce del sr.
Egli accompagna anche la pantomima di caccia (golobon), evento tra il
rituale ed il giocoso, destinato ai giovani cacciatori: apprendisti ricoperti da pelli di
animali vengono nascosti dai cacciatori pi anziani nei campi coltivati allesternodella cinta del villaggio (parte comunque dello spazio urbano) e lo scopo dei
cacciatori ucciderli con fucili caricati a salve, non senza averli prima
immobilizzati con una lotta corpo a corpo. Tre o pi cacciatori anziani controllano
che non avvengano incidenti e che le botte non superino un certo limite.
Linseguimento si svolge tuttintorno al villaggio e si conclude con la consegna
delle prede al donsoba, che aspetta con gli altri dignitari della confraternita
presso il dankun. Si crede che chi cattura una preda in questoccasione, spesso nelcorso delle celebrazioni funerarie, avr unannata ricca di prede. Viene tuttavia
lasciato in vita un animale (sogokun), a rappresentare la coscienza della fragilit
dellecosistema sviluppata dai cacciatori. Durante i momenti concitati che
caratterizzano questa caccia, il sr suona continuamente accompagnando i
cacciatori con esecuzioni altrettanto movimentate: si tratta di unoccasione per i
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cantori giovani di mostrare la loro bravura, dato che i suonatori anziani sono
costretti dallet ad attendere presso il dankun48.
In tutte le sue altre performance, della durata anche di svariate ore (per
esempio dalle 20 alle 5 del mattino) il narratore principale suona e canta seduto, per
la stragrande maggioranza del tempo. Avvengono tuttavia momenti di distensione
delle membra in cui si suona in piedi e muovendosi o accennando passi di danza,
oppure di soddisfazione di bisogni fisiologici durante i quali lattenzione tenuta
viva dagli accompagnatori. Secondo Baala Jinba Jakit il cantore di maggiore
talento si muove di meno e sa coinvolgere e trascinare alla danza gli spettatori con
il solo andamento della voce. Il cantore ritiene comunque che il movimento sia
utilizzato dai sr mediocri per mascherare le loro deficienze sul piano dellacomplessit dei contenuti delle loro narrazioni (Traor 2000: 166).
La danza, appunto, eseguita sulle parti di canto responsoriale, uno dei
momenti pi importanti di una performance49 e norme ben precise ne disciplinano
laccesso. Alcuni inni, comeDuga eJanjon,sono associati agli eroi, di guerra o di
caccia, e solo poche persone possono danzare su queste musiche. Ci sono poi pezzi
dedicati agli uccisori di ogni categoria di animali, dai pi pericolosi ai meno
impegnativi. Chi si riconosce in una determinata categoria pu danzare sulle paroleche celebrano quelle che sono anche le sue imprese di caccia: in questo modo,
durante le danze, si definisce quella gerarchia basata sugli exploit50 per cui un
giovane pu vantarsi in maniera implicita delle sue azioni con i compagni,
entrando nel mezzo del cerchio delle danze su una determinata aria. Continua a
vigere, per, il rispetto per gli iniziati con pi anzianit, che hanno la precedenza
assoluta quando desiderino ballare. I non membri che assistono numerosi tuttavia
vedono solamente unesibizione di danza, magari unavvincente e divertenteriproduzione musicata di una battuta di caccia, dimostrando come per le narrazioni
epiche lesistenza di un doppio pubblico.
48 E inoltre lunica occasione in cui i materiali in nostro possesso parlano di suonatori dimembranofoni (tambourins) ad accompagnare un evento cerimoniale del donsotn (Ciss 1964:214-215 e 1994: 154).49
Cfr. infra, pag.41.50 Cfr. supra, pag.10.
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Composizione dellensemble delsr
Come si sar intuito leggendo le pagine precedenti, il poeta dei cacciatori
non mai solo nelle sue performance. Egli accompagnato alla donsongni dal suo
apprendista (che pu in realt essere un musicista affermato, ma che non suona
indipendentemente dal maestro), da uno o pi suonatori di karinyan e da cantori,
uomini o donne, che riprendono le parti responsoriali dei canti. La narrazione epica
viene resa tuttavia non da una sola voce ma in una forma dialogica. Ad interloquire
con il sr il naamunamin, colui che risponde naamu (si tratta di
unespressione di incoraggiamento ed approvazione che si potrebbe tradurre con
s!). Nonostante sia stato spesso paragonato ad un buffone, il suo ruolo fondamentale per movimentare il canto, attirare lattenzione degli spettatori, forzare
il ritmo e provocare gli applausi del pubblico. Egli infatti non si limita a dire naamu
ma conferma al narratore principale che le sue parole sono ascoltate (esclamando o
ye tnya di, questo vero) e chiede chiarimenti ed ulteriori particolari,
rappresentando in questo modo lintero pubblico. Oppure, oltre a suonare il
karinyan, loda il cantore e lo incita, chiamandolo con il suo nome di famiglia,
provocando cos grida di approvazione da parte degli spettatori e colpi di fucile o difischietto. A volte il sr ed il suo agente ritmico, il naamunamin,intavolano veri
e propri scambi serrati di battute dai contenuti leggeri e dal registro decisamente
comico, che dimostrano di saper sfruttare alla perfezione il dualismo mattatore
spalla (confronta Derive e Dumestre 2000: 71-73). Perch sr e naamunamin
raggiungano un grado di affiatamento ottimale sono necessari anche anni, e i primi
considerano i secondi fondamentali per una performance ben riuscita51.
51 Occorre notare che questa figura esiste anche per ijeli dai quali viene tenuta nella stessaconsiderazione. Queste informazioni provengono da Traor 2000: 167-170. La maggior parte delletrascrizioni di canti di cacciatori pubblicati, per, tiene conto solamente delle parole del sr,ignorando il suo compagno. Uneccezione degna di nota rappresentata dalla trascrizione del cantointitolatoManou Mori presente in Derive e Dumestre 2000: qui la grande frequenza delleesclamazioni e delle domande del naamunamin permette di capire quanto questi sia importante e
quanta parte del racconto sia stata eliminata nelle trascrizioni di altri autori.
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CAPITOLO SECONDO: I REPERTORI E GLI STRUMENTI
MUSICALI
1. I generi della parola orale in area culturale Mande
Molti studiosi africani, tra cui Ki-Zerbo (citato in Traor 2000: 104-105),hanno lamentato la pericolosit degli effetti dellutilizzo di paradigmi e categorie di
provenienza estera (o pi concretamente coloniale) in applicazione al sistema
scolastico e allo studio delle culture di un paese fresco dindipendenza. Secondo
Traor:
Jusqu nos jours, la classe qui dirige le pays cause de sa matrise du franais demeure sans
concurrence sur le champ du pouvoir. Et cest sa conception de la littrature qui est la dominante.
Cette conception est base sur des thories occidentales que les Africains ont du mal assimiler
pour en faire des outils aptes rendre compte galement de la littrature orale majoritaire.
(Traor 2000: 104-105)
Cos, esattamente come avvenuto per quanto riguarda lo studio delle
popolazioni52, in Africa le categorie utilizzate per le classificazioni delle letterature
orali sono state portate dai paesi di origine degli studiosi, appartenenti tutti al
mondo occidentale. Nella prima parte del Novecento, una scuola di ispirazioneromantica andava analizzando le espressioni letterarie orali di una popolazione
primitiva alla ricerca di uno spirito del popolo, nellaccezione ottocentesca del
termine Volksgeist, e delloriginalit ottenuta attraverso successive depurazioni
da influenze successive, in una prospettiva evoluzionista. A questa ricerca era
affiancata la concezione dellartista come genio o individualit creatrice assoluta,
propria per del mondo evoluto. Successivamente ed in una sorta di continuit con
52 Cfr. supra, pag. 17-19.
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queste concezioni, la scuola etnolinguistica di Genevieve Calame-Griaule studiava
lindividuo calato nel suo contesto, ma alla luce di unidea di tradizione come entit
quasi ontologica che tralasciava completamente la capacit creativa dellindividuo,
o meglio, facendo passare celui-ci pour la socit dont il nest quun lment
(Traor 2000: 109). Sono famose per esempio le critiche rivolte allopera di Marcel
Griaule Dieu deau (1948), che dipinge il sistema cosmogonico di unintera
popolazione, i Dogon, basandosi sugli insegnamenti di un solo individuo, per
quanto iniziato di alto livello (e non a caso cacciatore). Lo studio di questo genere
di produzioni culturali stato, fino a tempi recenti, effettuato a partire da
prospettive antropologiche marcatamente alla ricerca di una essenza, senza
tentare un approccio interdisciplinare che conservasse la specificit letteraria deitesti orali e la loro caratteristica di frutto della mente di un individuo quanto della
societ che lo circonda e della tradizione dietro di lui. Inoltre, stata perlopi
tralasciata la dimensione locale a fronte di studi di portata cos ampia da essere
poco attendibili nellintera area presa in considerazione. La mancanza di una thick
description, in senso Geertziano, ha causato un approccio estensivo, poco
fruttuoso sul piano della reale conoscenza. In conseguenza di tutti questi vizi
metodologici, nelle stesse universit africane lo studio delle letterature orali locali stato introdotto solo negli anni Ottanta. Analogamente, si pensi a quanto tempo il
termine letteratura orale ha impiegato prima di essere largamente accettato dalla
comunit degli studiosi. Listituzionalizzazione della disciplina per non ancora
completa e, seguendo Karim Traor (2000: 112), ritengo che una definizione dei
generi orali secondo criteri emici, seppure con un grado di approssimazione dovuto
alle microdiversit culturali, sia un passaggio irrinunciabile su questa strada53, e
rappresenti inoltre un aiuto per inquadrare un genere specifico, come quello deicanti dei cacciatori, nellambito della concezione globale della parola orale (kuma),
in area culturale Mande. Una prima grossolana distinzione pu essere q