UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA MASTER ITALS IN DIDATTICA DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANA A STRANIERI T ESI LA METAFORA ITALIANA Percorso didattico di italiano per stranieri Livello intermedio – avanzato. Tutor: CHIARA ZAMBORLIN Candidata: OLGA MARIA ISABEL ROSEMBERG Anno Accademico 2003/2004
Analiza el uso de la metáfora conceptual en las imágenes identitarias de los italianos.
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA
MASTER ITALS IN DIDATTICA
DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANA A STRANIERI
TESI
LA METAFORA ITALIANA
Percorso didat t ico di i ta l iano per s t ranier i Live l lo intermedio – avanzato.
Tutor: CHIARA ZAMBORLIN
Candidata: OLGA MARIA ISABEL ROSEMBERG
Anno Accademico 2003/2004
Ringraziamenti
• A Milena Catarossi, per la sua amicizia, per la sua generosità e per la paziente lettura e revisione della bozza iniziale di questo lavoro.
• Alla tutor Chiara Zamborlin, per il rispetto per i miei punti di vista e i
validi contributi alla stesura di questa tesi.
• A Marcello Pavlicevich e a Nicolas e Rafael Driutti per i loro preziosi contributi semiotici e informatici.
• Alla collega Marina Sbrizzai per essermi stata sempre vicina, anche nei
momenti difficili.
1
INDICE
Introduzione
1. Perché la metafora?
2. Con le mani nel testo
2.1. Analisi pre-pedagogica 2.2. Didattizzazione del testo
3. La raccolta dei testi
4.1. Prima Parte: Manuale di zoologia fantastica
4.1.1. Primo testo: Italiani pecore anarchiche
4.1.2. Secondo testo: Il Gattopardo
4.1.3. Terzo testo: Occhio agli squali.
4. Conclusioni: Alcune riflessioni in itinere
2
La metafora italiana
Percorso didattico transculturale d’italiano per stranieri.
Livello intermedio – avanzato (C1 e C2 del Framework).
Introduzione
Questo studio ha una struttura e una finalità triplice.
1. Nella prima parte si intende giustificare brevemente un approccio alla lingua
e alla cultura italiana che trae implicazioni da contributi provenienti dalla
pragmatica: in particolare quegli studi che ci permettono di osservare uno
dei meccanismi di costruzione di modelli culturali della società italiana, vale
a dire l’uso della metafora e della metonimia. Basandoci su Balboni (1999:
19)1 possiamo dire che il tipo di orientamento qui seguito è inquadrabile
nell’approccio allo studio della comunicazione interculturale che trae origine
dalla conceptual metaphor theory, nell’accezione di Lakoff e Johnson
(1980). Balboni (1999: 19) ritiene che tale approccio sia “interessante e
utile”, e risulta infatti molto utile per chi, come l’autrice di questo lavoro, ha
voluto sfruttare tale impianto concettuale per giustificare la scelta di testi
adatti all’insegnamento transculturale2 dell’italiano come lingua straniera a
1 Oltre ai “capisaldi” rappresentati da Robert Lado (1957) in Linguistics Across Cultures e da Dell Hymes (1964) con la sua etnografia della comunicazione – Balboni (1999) affianca all’approccio in questione “quello che spiega i problemi di comunicazione interculturale sulla base della teoria dell’attribuzione, che è propria della psicologia sociale: secondo questo approccio, gli uomini hanno bisogno di spiegazioni che diano un senso agli eventi e consentano sia di attribuirli a categorie come «buono/cattivo» […] sia di predire, sulla basi di una serie di attribuzioni il comportamento delle varie persone negli eventi (Lalljee, 1987)” 2 Con il termine ‘transculturale’ ci riferiremo alla riflessione sulle variazioni delle modalità pragmatiche attraverso lingue e culture diverse. Useremo il termine ‘interculturale’ con riferimento all’osservazione di incontri reali in cui i parlanti di
3
livello avanzato che costituiscono la parte propriamente applicativa di questa
proposta.
2. Nella seconda parte del lavoro si presenteranno i fondamenti teorici-
metodologici che partono dai presupposti glottodidattici della centralità
dell’allievo (nel rapporto docente-discente) e della centralità del testo (nel
rapporto di essi con la lingua, cfr. Consiglio d’Europa, 2002: 11-25) dei
quali ci siamo avvalsi per realizzare la nostra proposta didattica.
3. Infine, nella terza parte, presenteremo un corpus di tre testi con le rispettive
indicazioni didattiche finalizzate a soddisfare i fabbisogni formativi e
comunicativi di studenti stranieri del livello C1-C2 del Quadro Comune
Europeo delle Lingue (Consiglio d’Europa, 2002). Quest’ultima parte
intende essere il ‘manuale propriamente detto’, composto dal libro dello
studente (che contiene i testi e le attività propedeutiche allo sviluppo delle
competenze linguistico- comunicative) e dal libro dell’insegnante in formato
CD Rom, che supporta la presentazione ipertestuale dei testi in oggetto. Un
altro CD Rom completerà il libro dello studente fornendo i testi audio e
video compresi nella raccolta3.
1. Perché la metafora?
Thus, metaphors are a way of life. No wonder, then, that different ways of life
engender different metaphors, and that all understanding in life depends on,
and even crucially presupposes, an understanding of metaphors.
Jacob Mey (1993:62)
differenti lingue e culture interagiscono (Pallotti 2000: 136. Tratto da Zamborlin, C., in revisione) 3 Per motivi di spazio in questa tesi si presenterà soltanto la prima parte del manuale, consistente in un capitolo intitolato “Manuale di zoologia fantastica” che comprende tre testi con le rispettive analisi pre-pedagogiche e didattizzazioni disposte in formato cartaceo. Il libro, nella sua complessità, comprenderà due ulteriori capitoli, intitolati “Corpo ed Anima” e “La Sacra Famiglia”.
4
La parola metafora – come espresso inizialmente da Lakoff & Johnson (1998:
22) nella loro opera inaugurale sull’argomento – ci riporta, nella sua prima e
immediata accezione, all’universo poetico, a «un artificio retorico, qualcosa
insomma che ha più a che vedere con il linguaggio straordinario che con quello
comune». Questa definizione ristretta della metafora viene però immediatamente
contestata dai due autori:
“ [...] Noi abbiamo invece trovato che la metafora è diffusa ovunque nel
linguaggio quotidiano, e non solo nel linguaggio ma anche nel pensiero e
nell’azione: il nostro comune sistema concettuale, in base al quale
pensiamo e agiamo, è essenzialmente di natura metaforica.” (Lakoff &
Johnson, 1998: 22).
E’ dunque su una concezione allargata di metafora che poggia questo saggio
e nonostante essa sia considerata da Paolo Balboni nel suo libro Parole comuni
culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale (1999:21) come lo
“strumento più a-scientifico che si possa immaginare”, osserviamo che,
paradossalmente, è uno degli strumenti più usati dalle scienze umanistiche. La
prova di ciò si trova in questa stessa opera ove, nel punto 0.I intitolato «Software
of the mind», l’autore si vale della metafora informatica coniata da Hofstede
(1991) per rappresentare figurativamente la struttura della mente e il ruolo della
lingua come interfaccia fra un “software” e altro (cioè fra una mente e altra) e,
infine, per illustrare la complessità che il background culturale propone alla
comunicazione interculturale.
Resta comunque la domanda del perché scegliere la metafora come
strumento privilegiato di presentazione di una lingua/cultura. Qui ci si pone la
questione della scelta glottodidattica ispirata al Quadro Comune Europeo delle
Lingue (Consiglio d’Europa, 2002: 19) che, a questo riguardo, s’esprime nei
seguenti termini: «L’approccio qui delineato a grandi linee è chiaramente
5
orientato all’azione» (enfasi aggiunta). Ovviamente un documento ufficiale
transnazionale come il “Framework”, non può diventare strumento di marketing
di un metodo glottodidattico piuttosto che di altro, specialmente considerando
l’appartenenza culturale marcata di questi metodi (cf. Luise, 2001). In ogni caso la
parola “azione” marcata in grassetto non è una menzione casuale poiché il suo
carico semantico ci riporta a una costellazione di concetti che ci obbligano a dare
uno sguardo nella storia delle Scienze del Linguaggio.
Verso l’inizio degli anni ’60, il filosofo del linguaggio John L. Austin
inaugurò, attraverso una serie di conferenze che sono diventate poi la sua opera
postuma How to Do Things With Words (1962), una corrente di pensiero che
rivoluzionò l’universo della linguistica nella sua variante pragmatica o
pragmalinguistica. Sin dall’inizio della sua opera Austin dichiara che il suo
approccio riguarda il “linguaggio corrente”, quello cioè dell’uomo concreto e
reale, superando, con questo gesto, “il parlante ideale” chomskiano che a
quell’epoca dominava la scena degli studi linguistici. La lingua-oggetto di studio
passa dal essere una struttura sintattica formale a essere un elemento concreto
attraverso il quale le persone fanno delle cose. Le conseguenze irreversibili di
questa rivoluzione copernicana nella concezione del(la) Lingua(ggio) furono
parecchie. Ai fini della presente argomentazione quelle che ci interessa
evidenziare sono: a) la necessità di prendere in considerazione il contesto (storico,
politico, geografico, culturale, ecc.) di ogni produzione linguistica – strategia che
risulta indispensabile in qualsiasi proposta di comunicazione transculturale – e b)
il superamento della frase come unità minima di analisi del linguaggio: infatti essa
passa all’atto linguistico ossia a quel campione di lingua destinato al “fare
qualcosa con le parole”. Insegnare una lingua/cultura, dunque, indipendentemente
e forse prioritariamente alla definizione del metodo da seguire, esige dal
professionista dell’insegnamento, uno sforzo di riflessione su cosa significa per
lui la lingua che dovrà insegnare. Questo chiarimento gli permetterà di realizzare
le scelte testuali e didattiche coerenti con gli obiettivi proposti.
In questa scia, l’approccio “orientato all’azione” della presente proposta
glottodidattica, trova un proficuo sviluppo nel concetto allargato di metafora di
6
Lakoff (1998) poiché essa costituisce un continente di significati costruiti
storicamente all’interno di una cultura. Possiamo dire, e questo sarà dimostrato
più avanti, che una società costruisce i suoi miti, i suoi pregiudizi e i suoi
stereotipi attraverso il meccanismo di produzione di metafore. Quindi la presenza
del/i contesto/i all’interno del testo popolato di metafore è inevitabile. In più,
come espresso da Mey (1993: 62-63) e come anche noi intendiamo mostrare
attraverso il corpus che sarà analizzato nell’ultima parte del lavoro, «le metafore
sono sempre cariche di esplosivi pragmatici; sono ‘armi caricate’ – utilizzando
una proficua espressione di Bolinger (1980) – anch’essa una metafora». Quindi è
utile sapere che un testo “caricato” con una metafora “innocente” e facile da
capire per tutti, non è un testo ingenuo anzi, c’è al suo interno un contenuto
sottointeso di alto potere persuasivo: ecco l’uso del linguaggio per “fare” o “farci
fare” qualcosa che va necessariamente smascherato.
Tuttavia, come ben spiega Balboni (1993: 20) citando Danesi & Mollica
(1998: 3): « … le metafore concettuali non sono universali, e quindi si verificano
problemi di comunicazione interculturale …». Un approccio glottodidattico
transculturale orientato all’azione può trovare, nell’osservazione contrastiva delle
metafore costruite dalla propria cultura con quelle costruite dalla lingua/cultura-
bersaglio, un ottimo campo di analisi che permetta scoprire un piano comune sul
quale negoziare significati e capire i sottintesi, i fraintesi e i malintesi. Ecco ciò
che questo approccio al linguaggio ci permette di “fare”: “disinnescare le bombe
pragmatiche” che ci possono portare inconsapevolmente al pregiudizio e allo
stereotipo.
2. Con le mani nel testo
Nel paragrafo precedente avevamo detto che una proposta didattica orientata
all’azione ha come compito ineluttabile il superamento della frase come unità
minima d’analisi e l’adozione di un concetto fornito dalla Pragmatica chiamato
7
“atto linguistico”4. La concretizzazione materiale di quest’atto o serie di atti in un
testo ci obbliga a ripensare il concetto di testo partendo dal suo etimo latino
(textu(m): propriamente participio passato di texere ‘tessere’) dal quale, secondo
Mey (1993:194), possiamo estrarre due accezioni: una ristretta, che lo considera
come una serie concatenata e intrecciata di frasi in un conglomerato maggiore.
Questo “senso stretto” della parola, nel nostro approccio, appare insufficiente. La
seconda accezione invece ci permette di vedere il testo immerso all’interno della
rete testurale sociale «nella quale non solo le parole sono tessute insieme, ma gli
atti e le vite umane». Dal punto di vista glottodidattico, la materializzazione di
questa immersione viene fatta attraverso la risorsa dell’ipertesto offerta dal
computer con collegamento internet.
Utilizzando dunque il senso esteso del concetto di “testo” e considerando
che il trattamento didattico ulteriore sarà centrato su di esso, si è realizzata la
ricerca di testi adatti. Essi devono essere5:
a) Variati dal punto di vista diamesico, per garantire l’esercitazione delle
quattro abilità linguistiche primarie: ascoltare, leggere, parlare e
scrivere; più le cinque integrate: dialogare, parafrasare, riassumere,
prendere appunti e scrivere sotto dettatura (cfr. Balboni, 1998:12-13).
b) Variati anche dal punto di vista della tipologia testuale: si è cercato
d’inserire testi verbali e non verbali o misti.
4 L’espressione “atto linguistico” (Speech Act) coniata da John Austin negli anni ’60 ha avuto uno sviluppo ulteriore sia nell’ambito della Pragmatica che della Glottodidattica. Nel primo troviamo l’interessante concetto di “atto pragmatico” (cfr. Mey, 1993: 5-6 e 256-265), un impianto concettuale molto utile nel caso della metafora. Infatti, attraverso questi tipi di “atti”, s’identificano e si spiegano situazioni in cui la presenza “significante” del contesto comunicativo è così forte che non servono “le parole” – prese nel suo senso primario o significato diretto – per realizzare un’azione o provocare un effetto comunicativo. D’altro canto, nell’ambito prettamente glottodidattico, la nozione pragmatica di Speech Act si è sviluppata verso il concetto di “atto comunicativo” (per una più esaustiva spiegazione di questo concetto cfr. Balboni, 1994: 43-44). 5 Per definire queste condizioni si è preso – con abbastanza libertà – le indicazioni offerte dal Framework (Consiglio d’Europa, 2002: 201)
8
c) Variati pure dal punto di vista del genere discorsivo: si sono presi in
considerazione testi che vanno dalla pubblicità al testo storico, passando
per la canzone popolare e il discorso sociologico.
d) Pertinenti dal punto di vista del contenuto: tutti i testi devono contenere
immagini della cultura italiana espresse in metafore.
e) Pertinenti anche dal punto di vista della loro complessità linguistica:
adatti allo sviluppo delle competenze linguistico-comunicative dei livelli
più alti del Framework i cui parametri si trovano nel capitolo 5
(Consiglio d’Europa, 2002: 201)
f) Limitati dal punto di vista della loro lunghezza: in generale si è cercato
di non eccedere le due pagine o le 1.500 parole per i testi più lunghi.
Una volta formato il corpus, ciascun testo ha dovuto passare per i seguenti
stadi:
2.1. Analisi pre-pedagogica6:
Con questa espressione definiamo una tecnica presa in prestito dall’universo
francofono che ci risulta molto produttiva nel caso specifico della preparazione
dell’insegnante non nativo. Infatti, a questo riguardo, la sua autrice, Sophie
Moirand nell’opera Situations d’ecrit. Comprension/production en français
langue étrangère (1979:74), s’esprime nei seguenti termini (traduzione nostra7):
6 Un esempio di scheda di analisi pre-pedagogica abbinata alla rispettiva scheda pedagogica la si può trovare on line in http://www.ac-amiens.fr/casnav/explorer/fle_fls/activites/musee.pdf 7 Abbiamo deciso di mantenere il termine “pedagogico” utilizzato da Moirand piuttosto che “didattico” che potrebbe essere un’altra possibilità di traduzione. Entrambi i termini spesso sono usati in modo interscambiabile in quanto tutti e due alludono alla situazione d’incontro/dialogo docente-discente nello scenario socio-istituzionale dell’aula di lezione. Tuttavia la questione cruciale che va tenuta in considerazione in questo vocabolo è il prefisso “pre”. Con ciò s’intende dire che l’analisi pre-pedagogica può comportare un gran numero d’aspetti linguistici che non necessariamente devono essere utilizzati nella fase didattica.
Italiani pecore anarchiche. Prologo (frammento) Genere discorsivo: Saggio di divulgazione storica e sociologica Autore: Roberto Gervaso Biografia9: Roberto Gervaso è nato a Roma il 9 luglio 1937. Ha studiato in Italia e negli Stati Uniti e si è laureato in Lettere moderne, con una tesi su Tommaso Campanella. Collabora a quotidiani e periodici, alla radio e alla televisione, dove è commentatore politico e di costume, e da decenni si dedica alla divulgazione storica.
1. Aspetti morfologici a) Plurali
il distinguo - i distinguo (99) Sostantivo invariabile
2. Aspetti sintattici
a) Costruzioni lessicali10:
1) Uso del verbo “andare”: Unito a un participio, può essere sinonimo
di dover essere:
• “la colpa va fatta ricadere” (59); questa tassa va pagata; quel
volume va riposto in biblioteca
2) Frase incidentale con effetto enfatizzante dovuto alla presenza
della voce dell’enunciatore: Il ché con accento sostituisce il
“perché”: …, perché fu pateracchio, …
8 Per approfondire i concetti di metafora ed altri tropi proposti nelle due primi attività sotto, ci riportiamo a Mortara Garavelli (1998: 142-272) 9 Tratta dall’alletta posteriore del libro. 10 Ispirato a Renzi, Salvi & Cardinaletti (2001), Trifone & Palermo (2000: 72) e a Gruppo Metta (1994: 204-205)
17
• “Frutto del pateracchio, ché pateracchio fu, il
consociativismo: maggioranza e opposizione
appassionatamente e spudoratamente insieme” (103) :
b) Comparativi di superiorità e inferiorità
I. Introdotti da di:
a. Quando il secondo termine di paragone è un nome o un pronome
non preceduti da preposizione:
• “Un Paese dove niente è più definitivo del provvisorio” (7)
b. Quando il secondo termine di paragone è un avverbio:
• Sembrerebbe che oggi il Paese sta peggio di prima
c. Quando il secondo termine di paragone è una proposizione
subordinata, questa viene introdotta da “di come”, “di quello
che”, “di quanto”. In quest’ultimo caso il verbo va spesso al
congiuntivo e/o è preceduto da “non”:
• Il fatto è che gli italiani amano la propria patria più di
quanto possiamo immaginare
II. Introdotti da che:
a. Quando il secondo termine di paragone è un nome o pronome
retto da preposizione:
• “... dove è meglio avere torto in molti che ragione in
pochi...” (7-8)
• “Un popolo più fedele al matrimonio che alla moglie o al
marito.” (15-16)
• “… adoriamo l’Italia, anche se più a morsi che a baci.”
(46)
18
b. Quando si mettono a confronto due aggettivi riferiti allo stesso
nome:
• “Un popolo più guicciardiano che machiavellico, ...” (16)
c. Quando si paragonano avverbi o verbi:
• Loro pensano più a badare a se stessi che a costruire una
società unita.
• Gli italiani hanno più benessere ora che prima delle grandi
guerre.
c) Pronome clitico “ci”:
I. In funzione di pronome personale atono di prima persona
plurale:
• “In Italia non ci è facile vivere, ma lontano ci sarebbe
impossibile” (32).
II. In funzione di pronome dimostrativo con valore neutro:
• “Il fascismo, […], s’illuse di chiudere in bellezza il capitolo
ancora aperto del Risorgimento, realizzando, e non solo ope
legis, l’unità rimasta di fatto incompiuta. Non ci riuscì, e l’8
settembre ne fu l’invereconda dimostrazione” (83 – 87). [ci
a realizzare l’unità]
d) Pronome clitico “ne” in funzione di pronome dimostrativo con
valore neutro:
• “Il fascismo, […], s’illuse di chiudere in bellezza il capitolo
ancora aperto del Risorgimento, realizzando, e non solo ope
legis, l’unità rimasta di fatto incompiuta. Non ci riuscì, e l’8
settembre ne fu l’invereconda dimostrazione” (83 – 87). [ne
del fatto di non essere riuscito a realizzare l’unità].
19
3. Aspetti lessicali: A. Glossario
a) Incudine (0) Attrezzo del fucinatore formato da un blocco in acciaio
con due appendici laterali dette corni, avente lo scopo di resistere agli
urti impressi dalla mazza usata per i lavori di fucinatura (fig.) Essere,
trovarsi fra l'incudine e il martello: avere di fronte due alternative
ugualmente sgradite o pericolose.
b) Arabesco (2) (est.) Insieme di linee capricciose, bizzarre e intricate
(scherz.) Scrittura decifrabile a fatica.
c) Ludibrio (26) Beffa, scherno: mettere in ludibrio le istituzioni.
d) Scodinzoliamo (28) Avere un atteggiamento molto deferente e talvolta
servile, adulatorio o sim.: E allora io la guardai, scodinzolando
(SVEVO).
e) Sbertucciare (29) Schernire, beffare.
f) Arruffona (35) Scompigliare, mettere in disordine, detto spec. di
capelli, fili e sim.: gli arruffai i capelli con la mano. Arruffare la
matassa, scompigliarne i fili; (fig.) imbrogliare, complicare le cose.
g) Cavillo (35) Argomento sottile, formalmente valido ma pretestuoso,
che ha soltanto lo scopo di trarre in inganno, creare ostacoli o perdite
di tempo e sim.: senza cavilli e trappole per pigliare gli incauti
(SARPI). SIN. Sofisma, sottigliezza.
h) Burbanzosi (55) Pieno di burbanza: cipiglio, atteggiamento
burbanzoso; modi burbanzosi. SIN. Arrogante, borioso, superbo.
i) Agiografi. (64) (spreg.) Biografo, scrittore che esalta con tono
adulatorio un personaggio o un evento storico.
j) mantecare (74) Ridurre sostanze grasse allo stato di manteca. Fig.
Unire, amalgamare.
k) valetudinario (78) Che è molto cagionevole di salute: vecchio
valetudinario. SIN. Infermiccio, malaticcio.
20
l) tentennone (79) persona irresoluta, esitante. SIN. Cacadubbi.
tentennino, dim. (V.) tentennone, accr. (V.).
m) tardone (82) Pigro, non sollecito (est.) Lento: tardo a muoversi; passi
tardi; in un moto in sé considerato e solo dir si può veloce o tardo
(SARPI) (lett.) Che rivela una lentezza grave e severa: Genti v'eran
con occhi tardi e gravi (DANTE Inf. IV, 112) (fig.) Ottuso, poco
sagace: ingegno tardo; essere tardo a capire.
n) adunate (83) Raccogliere, mettere insieme, radunare: adunare le
forze; adunare gli amici (lett. o raro) Contenere, comprendere:
Aduna e vita e morte il bianco mare (D'ANNUNZIO).
o) invereconda (87) Privo di verecondia (est.) Sfacciato, spudorato:
lunge il grido e la tempesta / de' tripudi inverecondi (MANZONI).
p) smussare (95) Privare dell'angolo vivo, arrotondare lo spigolo:
smussare uno stipite Far perdere il filo a una lama o alla sua punta:
smussare un coltello.
q) contraente (97) Chi conclude o ha concluso un negozio giuridico, spec.
un contratto.
r) inciucio (101) Nel linguaggio giornalistico: accordo pasticciato,
pateracchio.
s) pateracchio (103) (est., spreg.) Patto, accordo poco chiaro raggiunto
mediante compromessi, opportunismi e sim., spec. in campo politico.
t) Bipolarismo (109) Situazione per cui, nell'ambito di uno Stato
pluripartitico, il sistema politico tende a polarizzarsi in due blocchi
contrapposti.
B. Questioni contrastive11
a) “… riconoscere i propri torti e i propri errori e di ridere dei propri
difetti” (18-19)
11 Spiegazioni etimologiche tratte da Cortelazzo & Zolli (1999).
21
b) “Non funziona la giustizia, che in primo grado, dopo dieci anni, ti da
torto” (41)
• torto: Ciò che è contrario al diritto, la ragione, la giustizia.
(avanti 1294) [etimo: Lat. tõrtu(m), propriamente participio
passato del verbo torquëre usato come contrapposto a directu(m)].
“Avere torto”: non avere la ragione dalla propria parte, nel dire o
fare q.c. “Dare torto a qc.: contraddirlo, disapprovarlo
• errore: Allontanamento dal vero, dal giusto, dalla norma e sim.
(avanti 1292) [etimo: Voce dotta dal latino errare coi derivativi:
errabundu(m), errante(m), ecc.]: errore di calcolo; un errore di
grammatica, di ortografia.
• sbaglio: (avanti 1735, probabilmente da abbagliare). Errore di
ordine materiale o morale: grosso, piccolo sbaglio; fare,
commettere, uno sbaglio; sbaglio di calcolo, di misura; che
sbaglio ad agire così!. 2 Equivoco, disattenzione, svista: è stato
uno sbaglio Per sbaglio, (disus.) per isbaglio, in seguito a
disattenzione, inavvedutezza: per sbaglio ho preso il suo libro.
3 Colpa morale (anche eufem.): sono sbagli di gioventù.
• difetto: Tendenza, abitudine sgradevole o riprovevole: “la
pigrizia è un brutto difetto”; “ha il difetto di parlare troppo”; “un
uomo pieno di difetti” Debolezza, vizio: “cerca di perdere questo
difetto”. Colpa, peccato: “attribuire q.c. a difetto di qc.”; “essere
in difetto”.
c) “... che hanno rubato il Duomo o il Castello Sforzesco, ...” (44)
• rubare (ausiliare “avere”, enfasi semantico in chi ha commesso
l’azione). Prendere con la violenza o di nascosto ciò che
appartiene ad altri: rubare una valigia, dei gioielli.
• derubare (ausiliare “essere”, enfasi semantico nel danno di chi
l’ha subito. Più soggettivo). Privare qc. con la violenza o l'inganno
22
di ciò che gli appartiene o gli spetta: lo attirarono in un vicolo
buio per derubarlo; è stato derubato del portafoglio.
4. Aspetti culturali
a) Espressioni Idiomatiche
• “... alla resa dei conti ... saldare in attivo...” (5) : (fig.)
momento di affrontare le proprie responsabilità subendone le
conseguenze
• “... secondo l’aria che tira...” (23) Col vento, con l'aria che
tira, (fam.) coi tempi che corrono, vista la situazione
• “... a babbo morto...” (42) di debito che si salderà coi denari
dell'eredità paterna
• “... ci daremmo alla macchia...” (44-45) Darsi, buttarsi alla
macchia, (fig.) darsi al brigantaggio o nascondersi per evitare
la cattura; o, anche, darsi alla lotta partigiana o alla
guerriglia
• “Ad onta di...” (46) a dispetto di, malgrado
• “… con buona o cattiva pace di …” (64) Con buona pace di
qc.: senza volerlo offendere; che lo voglia o meno
la tua risposta con riferimenti testuali (trascrivi la frase e indica il
numero di riga) .
2. Testo, cotesto e contesto
a) Nel pronunciare la frase: …; e dopo sarà diverso, ma peggiore. (21-22), il
Principe utilizza una costruzione avversativa con la quale oppone due
aggettivi: diverso e peggiore. Il termine “peggiore” ci riporta a un
sottinteso instaurato tacitamente fra “gli interlocutori”. Identifica il
sottinteso e da i riferimenti testuali.
39
B. Competenza morfosintattica
1. Proposizioni relative. Considerando il senso del testo letto, completa le
frasi seguenti inserendo una proposizione relativa al termine
sottolineato come nell’esempio:
Don Ciccio Tumeo, che era con loro, portava sulle spalle il doppio peso dei
due fucili.
a) Il Principe, …………., aveva brutti pensieri a riguardo del futuro.
b) I rifiuti, ……………., si accumulavano lungo i muri lebbrosi.
c) I bambini, ……………, erano sorvegliati dalle mamme.
d) La Sicilia, ……………., cambierà con la nuova amministrazione
e) Il cavallo, ……………, iniziò il viaggio.
2. Proposizioni subordinate temporali e condizionali. Trasforma le
seguenti proposizioni subordinate implicite in esplicite come
nell’esempio:
Salutato Chevalley, Don Fabrizio e Don Ciccio partirono a caccia.
Dopo che ebbero salutato Chevalley, Don Fabrizio e Don Ciccio partirono a
caccia.
a) Comparso il chiarore livido del mattino, Donnafugata appariva
disperata.
b) Aprendo le porte delle case miserabili, la puzza dei dormenti dilagava
nella strada.
c) Entrando nei vicoli, avremmo trovato i mariti delle donne in lutto.
d) Arrivata la nuova amministrazione, tutto cambierà.
e) Pulito il vetro con la punta dell’indice bagnato di saliva, Chevalley
guardò il paesaggio irredimibile.
3. Proposizioni coordinate avversative. Considerando il contenuto del
testo, completa le seguenti frasi con una proposizione coordinata
avversativa utilizzando le congiunzione MA o PERO’ e la
punteggiatura corrispondente.
40
Esempio: Il Principe Salina fu molto gentile con Chevalley però non riuscì a condividere il suo ottimismo per il futuro della Sicilia.
a) Erano le cinque e trenta del mattino del mese di novembre .........................
b) I cani tremebondi rimestavano con avidità i rifiuti delle mense miserabili
.........................
c) Gli uomini, “zappone” in mano, cercavano lavoro .....................................
d) Il Principe pensava: “Il nuovo governo cercherà di cambiare le cose
...................................
e) Si pensa che il cambiamento porterà progresso e benessere,
…………........................
C. Produzione scritta
1. Così come la Donnafugata di Tomasi di Lampedusa, tutti i posti
familiari ci sembrano piuttosto irreali o più brutti del solito nelle prime
ore del mattino. In un brano di non più di 200 parole, racconta qualche
esperienza avuta da te all’alba in un posto particolare.
2. Abbiamo visto come l’autore fa uso dell’immagine animale per
rappresentare diversi tipi di ruoli o di personalità umane. Se tu dovessi
identificarti con un animale, quale sceglieresti? Giustifica la tua
risposta in un paragrafo di 200 parole circa.
41
Terzo testo: Occhio agli squali.
Parmalat. Cirio. Banca 121. Come investire in un mare di truffe.
Genere discorsivo: testo mediatico17: Copertina della rivista settimanale L’espresso dell’8 gennaio 2004.
17 Secondo il criterio suggerito da Balboni nel modulo del Master Itals: “La comunicazio-e mediatica” (punto 1.1.) per definire il materiale proveniente dai “mass media”:
Tipo testuale: Testo – immagine Descrizione dell’immagine18. Un surfista vestito da uomo d’affari (un cosiddetto yuppie), cerca di mantenersi in
equilibrio su una fragile tavola da surf rappresentata da una banconota da 200
euro (nella zona Euro esistono banconote fino ai € 500.-). Ci troviamo in un
ambiente marino, di acque abbastanza mosse, tipico di questo sport. Sappiamo che
lui è un uomo d’affari perché tiene, nella mano sinistra, una “ventiquattrore”;
veste un abito blu – un completo maschile blu gessato – e usa la cravatta,
anch’essa della stessa tonalità. Il surf è uno sport che consente molta libertà di
movimenti il cui unico scopo consiste nel tenersi o stare in equilibrio mentre la
tavola scivola nel ventre dell’onda provocata dal frangente del mare sulla
spiaggia. Il testo verbale dice a grossi caratteri “Occhio agli squali”: si tratta
dunque di acque infestate da squali. Figurativamente essi sarebbero gli speculatori
ma, lo stesso individuo sulla tavola da surf rappresenta la categoria, nel senso che
è uno speculatore vestito da agente finanziario a cui gli investitori affidano il loro
denaro. Dunque il paradosso che l’osservatore italiano trova in quest’immagine è
il fatto che anche l’uomo d’affari debba difendersi dagli altri squali più grossi di
lui. Qui c’è un’implicita allusione alla biologia marina in cui troviamo la legge per
la quale il pesce più grande si mangia il più piccolo. In questa catena alimentare il
pesce più piccolo risulta essere, purtroppo, il cittadino risparmiatore.
D’altro canto c’è il fatto che, nell’immagine, lo squalo compare soltanto
come parola e non come immagine. Questo fa sì che lo si percepisca come
qualcosa di subdolo, che provoca paura, perché si avverte la sua presenza ma, non
vedendolo, si sa che può colpire all’improvviso, in qualsiasi momento. Ed è
proprio questo ciò che è successo agli investitori i quali, fidandosi dell’apparente
sicurezza del sistema finanziario, hanno affidato i loro risparmi a un consulente
http://venus.unive.it/itals/Itals/modules.php?op=modload&name=Downloads&file=index&req=viewsdownload&sid=7 18 Interpretazione costruita con il contributo di un informatore italiano studente al corso di Comunicazione Sociale dell’Università di Trieste e di una professoressa italiana di Lettere che ha subito una delle truffe in questione.
che avrebbe dovuto galleggiare tranquillo, ma che non ci è riuscito perché
improvvisamente è stato lui stesso travolto dal colpo e/o dal morso di uno squalo.
La metafora dello squalo come animale carnivoro in ambiente economico
ci fa pensare che, dalla terra (ambiente politico in cui vivevano “i gattopardi”, “i
leoni”, “gli sciacalli” e “le pecore”), lo scenario del conflitto è passato a quello del
mare. Nel mare, oltre al pericolo dell’animale carnivoro, c’è il rischio
rappresentato dall’ambiente stesso: un ambiente già di per sé ostile all’uomo in
quanto aggiunge la possibilità dell’annegamento. L’unico scampo
all’annegamento e cioè alla perdita del valore dei risparmi dovuta all’inflazione,
alla caduta nella povertà o nelle mani della mafia o in qualsiasi altro affare sporco,
sarebbe stare a galla. Però il galleggiamento che oggigiorno si può fare sulla
tavola dell’euro non è certo stabile, perché non è una barca e nemmeno un
transatlantico19: è affidato a una fragile tavola da surf che può essere ribaltata in
qualsiasi momento da uno squalo carnivoro.
Approfondendo dunque l’analisi dei significati che l’immagine di questa
rivista del gruppo Repubblica ci offre, cogliamo un effetto subdolo di
giustificazione del fallimento verificatosi nel compito di tutelare il risparmio del
piccolo investitore. Fallimento inflitto da un consulente esperto che, in un primo
momento, suggerisce l’operazione per poi lasciare naufragare un “prodotto
finanziario” che non è altro che il prodotto di una vita di lavoro dei singoli
cittadini. Questa operazione di giustificazione avviene attraverso la
“naturalizzazione”20 della meccanica della truffa identificandola metaforicamente
– cioè miticamente – con la catena alimentare marina; con l’ineluttabilità della
presenza degli squali, cioè dei truffatori, in ambiente marino – cioè economico – ;
con la fragilità della “tavola di salvezza” che ingenuamente, in un momento ormai
passato, si è creduto fosse l’euro. Insomma, come dice Barthes (1966: 223), “il
19 Nell’evitare queste immagini ci si allontana del mito storico dell’arca di Noè, in cui la possibilità di salvezza è stata concretizzata. 20 Un’eccellente spiegazione del processo di “naturalizzazione” nella costruzione dei miti moderni attraverso l’utilizzo “... di immagini poveri, incomplete, dove il senso già è molto scarnito ...” si può trovare in Barthes (1966: 220-224). Secondo questo autore, “il mito trasforma la storia in natura” trasformando un “sistema semiologico” in “sistema fattuale”.
44
mito è una parola eccessivamente giustificata” (enfasi dell’autore). Se facciamo
invece una lettura dal punto di vista della Pragmatica, ci troviamo davanti alla
tecnica della “coopzione” (co-opting): atto pragmatico tipico del discorso
pubblicitario (Mey, 1993: 256) utilizzato per “sedurre ‘l’ascoltatore’ attraverso
una promessa identificazione con un ambiente prestigioso o un insieme di
“persone per bene”: giovani, intelligenti e ricchi”.
1. Aspetti lessicali.
a. Campo lessicale riguardante l’economia.
• ADUSBEF: Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari E Finanziari.
• Azienda, società multinazionale: grande società industriale,
commerciale o bancaria che, pur mantenendo il centro direttivo e
organizzativo in un unico paese, ha importanti attività produttive,
commerciali e finanziarie dislocate in vari Paesi del mondo.
• Bond: (econ.) Titolo obbligazionario
• BOT: Buono Ordinario del Tesoro. (econ.) Titolo di credito a scadenza
annuale, semestrale o trimestrale emesso dallo Stato italiano.
• Capitalizzazione di Borsa: valore di mercato di una società quotata,
ottenuto moltiplicando il numero di azioni emesse per il loro valore.
• Fare, muovere causa: compiere le attività necessarie a instaurare un
processo
• Falso in (bilancio): (dir.) Reato consistente sia nella falsificazione di
oggetti, documenti, banconote, ecc., sia nell’asserzione di cose false in
giudizio o in atti pubblici: f. monetario, testamentario; commettere un f. in
atto pubblico
• Favoreggiamento reale: reato consistente nell'aiutare qualcuno ad
assicurarsi il prodotto o il profitto di un reato
• Globalizzazione: (econ.) Tendenza di mercati o imprese ad assumere una
dimensione mondiale, superando i confini nazionali o regionali.
45
• Obbligazione: (econ.) Titolo di credito emesso all'atto dell'accensione di
un debito da parte di un ente pubblico o di una società privata,
rappresentativo di un'aliquota del debito, fruttifero di un interesse,
estinguibile entro il prestabilito numero di anni.
• Paradiso fiscale: nazione, Paese in cui i redditi sono liberi da imposte o
soggetti a imposte non gravose
• Portafoglio: Complesso delle cambiali esistenti presso una banca in
attesa di riscossione, e dei titoli che rappresentano un investimento
dell'istituto stesso Portafoglio estero, complesso di titoli o divise estere
posseduti da una banca o da un'impresa Complesso delle azioni, dei
depositi, dei titoli, dei fondi comuni e di altre obbligazioni possedute da
una persona o da un ente in un certo momento Complesso delle polizze
emesse da una compagnia d'assicurazione in una certa data.
• Reddito: Entrata netta, espressa in moneta, che un individuo o un ente
realizza in un dato intervallo di tempo tramite l'impiego di capitali,
l'esercizio di un'attività economica o professionale, la prestazione di un
servizio. Titoli a reddito fisso, quando il reddito che danno non è soggetto
a variazioni. Titoli a reddito misto, quelli che al reddito fisso percentuale
aggiungono quello conseguibile dalla partecipazione agli utili eventuali
dell'azienda o dell'ente pubblico emittente.
• Truffa: (dir.) Reato di chi con artifizi o raggiri, inducendo taluno in
errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
(gener.) Frode, raggiro, imbroglio: esser vittima di una truffa; truffa
all'americana. SIN. Inganno, trappola.
b. Campo lessicale riguardante il mare: nomenclatura21
Mare (oceano)
a) Caratteristiche:
• mosso = agitato
21 Tratto da Zingarelli (2001).
46
• grosso = Fiume, lago, mare grosso, gonfio per la piena, per la tempesta,
per la marea.
• burrascoso liscio = calmo = bonaccia
• increspato = Mare increspato, leggermente mosso.
• trasparente torbido
• caldo freddo
• interno = Mare interno, circondato da terre e comunicante con l'oceano
2. Completa le frasi con la protasi e determina il tipo d’ipotesi che
esprime26.
25 Per costruire queste frasi si è tenuto in considerazione l’articolo “Benvenuta tra i figli di Enron” sul crack Parmalat reperibile sul sito: http://www.ecn.org/reds/lavoro/economia0312parmalat.html 26 Per costruire queste frasi si è tenuto in considerazione l’articolo “Crac Cirio, oltre 35 mila i risparmiatori coinvolti” sul crack Cirio reperibile sul sito: http://www.repubblica.it/2003/g/sezioni/economia/cirio/risparmiatori/risparmiatori.html
Sembrerebbe, secondo queste metafore, che l’Italia veda i suoi uomini e le sue
donne come incapaci di stare meglio, perché incapaci di decidere di fare del male
agli altri e quindi rassegnati a lasciarsi fare del male dagli “altri”.
A questo punto e considerando che siamo in ambito transculturale e perciò stiamo
producendo un discorso rivolto ai non italiani, ci si può chiedere: per gli italiani
chi sono questi “altri”?
56
Riferimenti Bibliografici Austin, J. (1962). How to Do Things with Words. Oxford: Oxford University Press. Balboni, P. (1994). Didattica dell’italiano a stranieri. Roma: Bonacci Editore. Balboni, P. (1998). Tecniche didattiche per l’educazione linguistica. Torino: Utet Libreria. Balboni, P. (1999). Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale. Venezia: ed. Marsilio. Balboni, P. (s/d). “La comunicazione mediatica”. Modulo del Master Itals. http://venus.unive.it/itals/Itals/modules.php?op=modload&name=Downloads&file=index&req=viewsdownload&sid=7 . Dipartimento delle Scienze del Linguaggio. Venezia: Università Ca’ Foscari. Barthes, R. (1966). Miti d’oggi. Milano: Lerici editori. Bolinger, D. (1980). Language, the Loaded Weapon: the Use and Abuse of Language. Londra: Longman. Borges J.L. e Guerrero M. (1979). Manuale di zoologia fantastica. Trad. dallo spagnolo di F, Lucentini. Torino: Einaudi. Consiglio d’Europa, (2002). Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Trad. dall’inglese di F.Quartapelle, & D. Bertocchi, RCS Scuola, Milano. Firenze: La Nuova Italia. Cortelazzo M. & Zolli P. (1999). DELI – Dizionario Etimologico della Lingua Italiana. Seconda edizione in volume unico. Bologna: Zanichelli. Danesi, M. & Mollica, A. 1998: “Conceptual Fluency Theory and Second Language Teaching”. In Mosaic 2. Diadori, P. (2001) (Ed.). Insegnare italiano a stranieri. Firenze: Le Monnier. GERVASO, R. (2003). Italiani pecore anarchiche. Milano: Mondatori. Gruppo META (1994). DUE. Corso comunicativo di italiano per stranieri. Secondo livello. Libro degli esercizi e sintesi di grammatica. Quinta edizione. Roma: Bonacci. Hofstede, G. (1991). Cultures and Organizations: Software of the mind. Londra: Mc Graw-Hill. Hymes, D. (1964). Language in Culture and Society. New York: Harper & Row. Lado, R. (1957). Linguistics Across Cultures. Ann Arbor: Uiversity of Michigan Press. Knapp, K; Enninger, W & Pothoff, A. (1987) Analysing Intercultural Communication. Berlino: Mouton De Gruyer. Lakoff, G. & Johnson M. (1998). Metafora e vita quotidiana. Milano: R.C.S. Libri.. [Trad. Italiana di P. Violi, dell’originale in inglese: Metaphors we live by. (1980). Chicago, USA: University of Chicago Press]. Lalljee, M. (1987). Attribution Theory and Intercultural Communication. In Knapp, K; Enninger, W; Pothoff, A. (1987). Lepschy L. & Lepschy G. (1977). La lingua italiana. Storia, varietà dell’uso, grammatica. Milano: Tascabili Bompiani. Luise, M.C. (2001): “Storia della glottodidattica del 20° secolo” . Modulo del Master Itals. Venezia: Università Ca’ Foscari. Dipartimento delle Scienze del
Linguaggio.http://venus.unive.it/itals/Itals/modules.php?op=modload&name=Downloads&file=index&req=viewsdownload&sid=7 . Marmini, P & Vicentini, G. (1998). Passeggiate italiane. Roma: Bonacci editore. Mey, J. (1993). Pragmatics. An Introduction. Oxford: Blackwell. Moirand, S. (1979). Situations d’ecrit. Comprension/production en français langue étrangère. Paris: CLE International. Mortara Garavelli, B. (1998). Manuale di Retorica. Milano: Bompiani. Pallotti, G. (2000). La seconda lingua. Milano: Bompiani. Renzi, L., Salvi, G & Cardinaletti A. (2001). Grande Grammatica italiana della consultazione. Bologna: Il Mulino. Spagnesi, M. (2001). “L’uso didattico di un testo”. In P. Diadori (a cura di) (2001: 245-251). Firenze: Le Monnier Tomasi di Lampedusa, G. (2003) Il Gattopardo. Milano: Feltrinelli. Trifone P. & Palermo, M. (2000). Grammatica italiana di base. Bologna: Zanichelli. Zamborlin, C. (in revisione): “Dissonanze di atti linguistici: richieste dirette, ringraziamenti e scuse in italiano, giapponese e inglese. Un confronto pragmatico transculturale alla ricerca dei presupposti della scortesia verbale involontaria”. Zingarelli, N. (1994). Lo Zingarelli minore. Vocabolario della Lingua Italiana. Bologna: Zanichelli. Zingarelli, N. (2001). Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della Lingua Italiana. Bologna: Zanichelli.