Universit` a degli Studi di Napoli “Federico II” Dipartimento di Ingegneria Navale Tesi di Dottorato di Ricerca in Ingegneria Navale —— Sviluppo e applicazione di un metodo numerico per lo studio di flussi turbolenti intorno a geometrie navali —— Ing. Francesco Capizzano Ottobre 2002
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Tesi di Dottorato - din.unina.it dottorato/Francesco_Capizzano.pdf · Universit`a degli Studi di Napoli “Federico II” Dipartimento di Ingegneria Navale Tesi di Dottorato di Ricerca
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Universita degli Studi di Napoli “Federico II”
Dipartimento di Ingegneria Navale
Tesi di Dottorato di Ricerca in Ingegneria Navale
——
Sviluppo e applicazione di un metodonumerico per lo studio di flussi turbolenti
V.41 Carena HSVA: vista 3D del campo di moto all’interfaccia fra i blocchi. . V–42
Premessa
La domanda piu frequente che un architetto navale si pone al termine di un estenuante
lavoro di progettazione teorica riguarda sicuramente la possibilita di conoscere in anteprima
il comportamento idrodinamico della “sua” carena. In altre parole il suo sogno e premere un
bottone sul PC e avere all’istante una risposta anche solo qualitativa della distribuzione di
pressione e sforzi alla parete e del sistema ondoso in modo da agire sulla geometria laddove
necessario con modifiche mirate.
La messa a punto di un sistema progettuale integrato basato sul disegno CAD, su analisi
numeriche CFD e su prove in vasca sembra incuriosire ora piu che mai molti progettisti navali.
Le attuali tecniche di simulazione basate sulla risoluzione, piu o meno diretta, delle
Equazioni di Navier-Stokes hanno preso il posto dei gloriosi metodi a pannelli considerati
ancora oggi gli strumenti di design piu robusti. Tuttavia un notevole contributo alla ricerca
si e avuto solo con l’introduzione degli effetti legati alla viscosita del fluido: in primis i
metodi di strato limite e successivamente, con l’aumento della potenza dei sistemi di calcolo,
i metodi RANS (Reynolds Averaged Navier–Stokes) basati sul concetto di eddy viscosity.
I metodi di strato limite funzionano bene nella zona che va dalla prua della nave alla
parte finale del corpo cilindrico, in cui lo spessore dello strato limite rimane relativamente
ridotto. Laddove invece si ha un rapido ispessimento della zona viscosa tali metodi quasi–
bidimensionali risultano insufficienti a catturare la fisica 3D del flusso. I metodi RANS, pur
rappresentando un’approssimazione delle piu generali equazioni di Navier–Stokes, sono in
grado di stimare con maggiore accuratezza il flusso nelle zone poppiere.
Naturalmente l’esigenza di simulare al calcolatore il comportamento fisico di flussi piu o
vi
vii
meno viscosi era nata soprattutto in ambito aeronautico per cui gran parte dei modelli erano
stati messi a punto per quest’ultimo. Successivamente si e sentita l’esigenza di sviluppare e
testare nuove versioni dei piu popolari modelli attualmente in uso al fine di dare una risposta
adeguata anche alla nuova richiesta del settore navale.
Capitolo I
Flussi turbolenti in campo navale
I.1 Introduzione
Molti flussi in natura e nell’ingegneria sono turbolenti. A bassi numeri di Reynolds
gli effetti viscosi dominano ed il flusso si presenta regolare nello spazio e nel tempo (flusso
laminare). Man mano che il numero di Reynolds aumenta l’inerzia del fluido prende il
sopravvento sulla diffusione viscosa e compaiono le prime fluttuazioni nella pressione e nella
velocita (flusso turbolento).
Per fluidi poco viscosi come acqua ed aria dire alti numeri di Reynolds equivale a
considerare circostanze fisiche molto frequenti, d’intensita insignificante, quali possono es-
sere piccole increspature marine o una leggera brezza estiva [51]. Non e pensabile, quindi,
studiare il flusso intorno ad un natante, un automobile o un velivolo senza considerare la tur-
bolenza. Pertanto la messa a punto di modelli di turbolenza rappresenta una delle branche
fondamentali della Computational Fluid Dynamics.
Relativamente al campo navale suscita molto interesse lo studio delle carene nella zona
d’elica. Ivi il flusso e alquanto complesso e presenta diverse caratteristiche quali effetti di
tridimensionalita (cross flow), gradienti avversi di pressione e, spesso, una coppia di intensi
vortici trasversali che fuoriescono dallo strato limite (bilge vortices). Nessun modello di
turbolenza e progettato per questo specifico tipo di flusso. In quest’ottica si puo capire come
I–1
I.2 Dalle prime vasche idrodinamiche alle attuali tecniche di simulazione numerica I–2
lo sviluppo e il testing di nuove soluzioni numeriche risulti un problema centrale ed ancora
inesplorato della moderna idrodinamica computazionale [5].
I.2 Dalle prime vasche idrodinamiche alle attuali tec-
niche di simulazione numerica
La costruzione di navi e un arte antica. Fin dai primi tempi la costruzione di navi era
basata sull’esperienza ed i miglioramenti avvenivano molto lentamente in quanto tutte le
nuove idee dovevano essere testate in scala 1 : 1. Quando le dimensioni delle navi comin-
ciarono a crescere le spese ed i tempi di costruzioni si fecero altrettanto pesanti. Di quı il
desiderio di acquisire la capacita di una stima preventiva delle prestazioni delle imbarcazioni
prima della loro costruzione. Uno dei pionieri in questo campo fu Frederick af Chapman, il
quale costruı una delle prime vasche idrodinamiche al mondo nella sua fabbrica a Blekinge
in Svezia.
Una vasca idrodinamica ha lo scopo di testare modelli di imbarcazione in scala o altre
geometrie misurandone la loro resistenza a varie velocita. Nel 1975 af Chapman pubblico
un lavoro contenente valori di resistenza per un gran numero di geometrie [7], [14]. Lo
scaling dei dati sperimentali dal modello in vasca al modello reale in maniera corretta era,
ed e ancora, un problema aperto. Nel 1868 questo metodo divenne piu accurato grazie al
lavoro di William Froude [13] che introdusse il numero di Froude mentre nel 1883 Osborne
Reynolds introdusse il numero di Reynolds [37]. Questi due numeri sono fondamentali nel
processo di scaling e rappresentano le basi del metodo standard, a livello mondiale, per
le procedure sperimentali nelle vasche navali. Tale standard comprende tutta una serie
di istruzioni su come ricondurre i dati sperimentali dal modello in scala a quello reale.
Tale standard fu approvato dall’International Towing Tank Conference 1957 (ITTC–57) [20].
Successivamente, con la comparsa di nuove forme di carena come la Very Large Cude Carrier
(VLCC) si dovette modificare la procedura sperimentale dando origine, nel 1978, ad un nuovo
standard (ITTC–78 [21] ).
Ogni qual volta viene esaminata una carena completamente nuova non e lecito pre-
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.2 Dalle prime vasche idrodinamiche alle attuali tecniche di simulazione numerica I–3
sumere che le equazioni adimensionali siano valide ed accurate. L’unico modo per scoprirlo
e costruire l’imbarcazione reale oppure, in alternativa, effettuare accurate prove numeriche.
Alla fine degli anni ′70 la tecnologia informatica era evoluta al punto tale che divenne ra-
gionevole calcolare campi di moto per via numerica. Negli ultimi vent’anni, in campo navale,
sono stati messi a punto un certo numero di codici commerciali in grado di stimare in poche
ore il campo di moto intorno ad una carena. La stessa stima richiederebbe circa tre setti-
mane in una vasca navale. L’unico problema, se cosı si puo dire, riguarda il margine d’errore
molto piu elevato delle soluzioni numeriche rispetto a quelle ottenute in vasca. Per contro
l’accuratezza delle prove sperimentali in vasca puo esser garantita solo per quelle forme di
carena che presentano una geometria molto simile a quelle gia largamente collaudate. In
linea di principio i metodi numerici, tenendo conto della fisica del flusso, non necessitano di
modifiche quando si esaminano nuove forme di carena; essi sono in grado di generare una
soluzione numerica con la stessa accuratezza per carene di famiglie differenti.
Dagli anni ′80 in poi molti convegni sono stati promossi sull’argomento [25, 30, 31, 33].
L’aspetto piu rilevante evidenziato nel corso di tutti i lavori ha riguardato lo studio del
vortice che si genera quando il flusso attraversa la zona della geometria ad elevata curvatura
in prossimita dell’elica (bilge vortex). Questo vortice (fig. I.1) incontra il disco dell’elica e
causa una distorsione del flusso lungo le pale. Tale distorsione e causa di vibrazione, rumore
e cavitazione.
Per la corretta progettazione dell’elica e della carena e necessario prevedere con una certa
precisione la presenza del vortice. Questa stima risulta talvolta complicata da tutta una
serie di fattori: modello di turbolenza, qualita della griglia computazionale ed accuratezza
della discretizzazione delle equazioni del moto [5].
Ognuno di questi aspetti e oggetto di studi approfonditi ma va detto che la modellistica
della turbolenza rappresenta essa stessa uno dei compiti piu gravosi che il mondo accademico
e quello industriale si troveranno ad affrontare nel prossimo futuro.
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.3 La ricerca idrodinamica sui flussi turbolenti I–4
Figura I.1: Bilge vortex : campo di vorticita al disco dell’elica dellapetroliera DYNE.
I.3 La ricerca idrodinamica sui flussi turbolenti
Il livello qualitativo dei modelli di turbolenza per la stima di flussi intorno a geometrie
navali e migliorato con la crescita della potenza dei computers. Nel corso del First Interna-
tional Symposium on Ship Viscous Resistance tenuto a Gotheborg in Svezia nel 1978 [29] fu
presentato un solo lavoro sulla stima numerica del flusso intorno ad un carena.
Due anni piu tardi al SSPA-ITTC Workshop on Ship Boundary Layers [30] si concluse
che i metodi di strato limite erano idonei a risolvere il campo di moto su gran parte della
carena, tuttavia nelle regioni poppiere scoppiavano o fornivano risultati erronei. Queste
conclusioni in accordo con la crescente potenza dei computers agevolarono lo sviluppo dei
metodi numerici per la risoluzione delle equazioni di Navier–Stokes complete (RANS).
Tutti i partecipanti al SSPA-CTH-IIHR Workshop del 1990 [31], eccetto uno, usarono
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.3 La ricerca idrodinamica sui flussi turbolenti I–5
la stessa forma delle equazioni RANS. La modellistica raggiunse un livello migliore: quattro
metodi implementarono un modello a zero–equazioni, undici un modello κ− ε standard con
wall–functions e due un modello κ − ε zonale. Uno dei modelli algebrici fu quello della
eddy–viscositydi Smagorinsky utilizzato nella simulazione large eddy.
I metodi RANS della nova generazione erano ormai in grado di simulare, almeno qual-
itativamente, la maggior parte delle caratteristiche del flusso nelle regioni a poppavia ed
in scia. Tuttavia erano evidenti discrepanze tra i valori numerici e quelli sperimentali, in
particolare nelle regioni centrali della scia (ad esempio in prossimita del disco dell’elica). Nel
1993 Deng et al. [11] mostrarono come una riduzione ad hoc della eddy–viscositynel cuore
del bilge vortex aumentasse vistosamente la distribuzione della veolocita in scia mostrando
un ottima rispondenza fra dati numerici e sperimentali. Sung et al. [42] e Zhu et al. [52]
giunsero alla conclusione che piccole variazioni dei modelli piu semplici potevano portare a
notevoli miglioramenti.
Nei lavori del convegno sulla CFD tenutosi a Tokyo nel 1994 [25] furono utilizzati per
la prima volta i near-wall Reynolds stress models con apprezzabili miglioramenti delle stime
numeriche. Negli anni successivi con l’evoluzione di nuovi e piu sofisticati modelli di tur-
bolenza il livello delle simulazioni e migliorato ma ha comportato al tempo stesso una forte
complessita matematico-numerica. Sicuramente tutto cio non ha agevolato le applicazioni di
interesse pratico. In pratica il livello dei modelli ha subito un arresto a partire dal 3rd Osaka
Colloquium del 1998 sulle applicazioni CFD in campo navale [44]. Piuttosto l’attenzione
si e spostata su altre problematiche di carattere piu applicativo come lo studio di eliche
rotanti dietro semplici forme di carena, calcoli numerici di flussi viscosi per imbarcazioni con
interazione di superficie libera, carene con appendici idrodinamiche.
Al Gothenburg 2000 Workshop [33] materia di studio era la stima dell’incertezza legata
alle soluzioni numeriche. La maggior parte dei partecipanti utilizzavano griglie tra i 500000 e
i 2600000 punti appena sufficienti ad ottenere una maggiore precisione dei risultati numerici.
Tuttavia e auspicabile che nei prossimi anni grazie alle nuove tecnologie informatiche si possa
incrementare la risoluzione con l’utilizzo di griglie molto piu fitte tali da catturare in maniera
soddisfacente molte delle caratteristiche peculiari dei flussi di interesse navale.
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.4 Obiettivi della tesi I–6
I.4 Obiettivi della tesi
Questo lavoro affronta le problematiche connesse con la simulazione per via numerica
di flussi turbolenti in ambito navale. Questi sono calcolati utilizzando un algoritmo che
risolve le equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds RANSE in coordinate curvilinee
generalizzate tridimensionali. A tale scopo viene utilizzato uno schema alle differenze finite
su griglie monoblocco e multiblocco. L’integrazione nel tempo si ottiene con uno schema
esplicito multistadio Runge-Kutta. Per il campo di pressione si risolve una equazione di
Poisson ricavata da un opportuno accoppiamento delle equazioni della continuita e della
quantita di moto.
Per valutare la eddy viscosity si ricorre a due modelli di turbolenza: il modello algebrico
di Baldwin-Lomax ed il modello ad un’equazione di Spalart-Allmaras. Per accelerare la con-
vergenza vengono utilizzati i metodi multilevel, multigrid e residual averaging. La convalida
del codice Ship3D–MB viene effettuata attraverso il noto caso della lastra piana sia in regime
laminare che in quello turbolento. Il metodo viene poi applicato ad alcuni casi reali gia noti
in letteratura quali le carene HSVA e Dyne.
Tutte le prove eseguite considerano la geometria completamente immersa in modo da trascu-
rare gli effetti della superficie libera dell’acqua.
I.5 Lavoro di ricerca
La mia tesi di Dottorato si inquadra in un progetto di ricerca avviato circa tre anni fa
presso il Dipartimento di Ingegneria Navale per la progettazione e lo sviluppo di un solutore
numerico in grado di simulare flussi tridimensionali intorno a geometrie navali discretizzate
a blocchi.
La prima versione del codice denominato SHIP3D–MB era il frutto del paziente e
scrupoloso lavoro di Dottorato dell’Ing. Agostino De Marco [10].
SHIP3D–MB era in grado di ottenere una discreta convergenza del residuo della equazione
della continuita per flussi laminari con topologia della griglia di tipo monoblocco. Inoltre la
gestione topologica delle griglie multiblocco era funzionante ed affidabile. Alcuni tests con-
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.5 Lavoro di ricerca I–7
dotti da De Marco e me su griglie di carene multiblocco indicavano come causa di problemi
il passaggio delle informazioni alle interfacce fra i blocchi. Inoltre il codice era gia predis-
posto per l’implementazione di modelli di turbolenza algebrici. Di fatto la prima versione
del codice ha rappresentato, con la sua architettura informatica, una solida base per la mia
attivita di ricerca.
Il primo passo da me intrapreso e stato quello di consolidare l’efficienza del codice nel
caso di flussi laminari con prove mirate sulla lastra piana completamente immersa verifi-
cando l’effettiva rispondenza tra soluzione analitica e risultati numerici ottenuti con griglie
monoblocco. In effetti si e trattato di un lavoro lungo e faticoso non solo per la compren-
sione del modello numerico ma soprattutto per la complessita dell’implementazione che vede
l’impiego di quasi duecento routines.
Architettura, gestione delle variabili, ricorsione, allocazione dinamica dei dati sono solo
alcuni degli aspetti informatici da me affrontati per apportare numerose migliorie e modifiche
sostanziali al codice. Un esempio su tutti e quello della messa a punto di una procedura
per l’allocazione con successiva deallocazione di numerose variabili locali necessarie per la
successiva implementazione del modello di turbolenza di Baldwin-Lomax. La gestione di
grosse griglie computazionali 3D era ostacolata dalla conseguente esigenza di utilizzo di
memoria RAM superiore ai 500 Mb. Una volta stabilite le variabili globali si e applicata la
procedure a tutte quelle variabili locali che, in base ad una stima effettuata a tappeto su
tutte le porzioni di programma, richiedevano maggiore memoria volatile. In questo modo
a parita di griglie si e ottenuto un risparmio di RAM di oltre il 60%. Cio ha determinato
come logica conseguenza un risparmio di tempo di CPU per iterazione sostanziale tale da
velocizzare anche il lavoro di indagine degli errori legati all’implementazione del modello
numerico. Il risultato finale e stato una diminuzione di circa il 50% sul tempo necessario per
una simulazione.
Oltre alla correzione di errori di vario genere sono state aggiunte numerose righe di
programma che hanno riguardato le condizioni al contorno, la metrica, la gestione dei termini
viscosi e di pressione nel bilancio di quantita di moto.
Il secondo step e stato quello di dotare il codice di alcune tecniche di accelerazione della
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.5 Lavoro di ricerca I–8
convergenza come il residual averaging, il multilevel ed il multigrid (vedi IV.7). Infatti sin
dalle prime prove monoblocco su flussi laminari si e sentita l’esigenza di contenere i tempi
di calcolo visto l’elevato numero di punti griglia necessario per una corretta simulazione 3D.
Cio anche in vista di successive prove su flussi turbolenti la cui buona riuscita, come e noto,
e intimamente legata ad una elevata raffinatezza della griglia.
Proprio l’implementazione dei modelli di turbolenza ha impegnato l’ultima parte del
mio lavoro di sviluppo di SHIP3D–MB. In prima analisi si e scelto di impiegare il modello
di turbolenza di Baldwin-Lomax: questo per la semplicita dell’implementazione nel caso di
griglie monoblocco, accoppiata ad un limitato aumento del calcolo ed a una interessante
capacita di prevedere in modo abbastanza corretto flussi moderatamente separati [4]. Il
suo limite maggiore e dovuto al fatto che non e previsto l’impiego in domini multiblocco in
quanto richiederebbe il salvataggio di un numero eccessivo di informazioni da passare da un
blocco all’altro.
Per il modello di Spalart-Allmaras e previsto l’impiego su griglie multiblocco grazie al
fatto che nella sua formulazione ed implementazione non viene calcolata la distanza diretta
dalla parete, come nel modello di Baldwin-Lomax, ma la distanza dalla parete piu vicina;
tale distanza viene calcolata indipendentemente dal blocco che si sta processando ed at-
traverso questi. Inoltre essendo un modello ad un’equazione ha un costo computazionale
relativamente basso rispetto ai modelli a due equazioni e la sua semplicita lo rende un mod-
ello robusto e notevolmente stabile; questa caratteristica lo fa spesso preferire ai modelli a
due equazioni in quanto consente di definire un CFL del solver della turbolenza (CFLT)
maggiore.
Il lavoro di correzione e sviluppo del codice e stato portato avanti in parallelo con altre
attivita non meno importanti quali:
• progettazione e design di geometrie navali (CAD)
• progettazione di griglie di calcolo tridimensionali monoblocco e multiblocco(Grid Gen-
eration)
• preparazione e realizzazione delle prove numeriche
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
I.5 Lavoro di ricerca I–9
• rappresentazione grafica della soluzione numerica e analisi dei dati
Per la progettazione ed il design e stato utilizzato un pacchetto CAD versatile ed intuiti-
vo quale THINK3. I parametri di progetto sono stati fissati in base al test che si voleva
condurre. Fissate lunghezza di riferimento e numero di Reynolds si e stimato il far-field ed
in base a questo disegnato il volume di controllo. Il file di dati CAD e stato poi passato
al grigliatore ICEM-CFD, con il quale si e costruita una griglia che tenesse conto di una
stima di avanprogetto circa un plausibile strato limite. Particolare attenzione ha richiesto la
progettazione di una griglia multiblocco intorno alla carena della petroliera HSVA.
Per l’analisi dei dati si e ricorso all’uso del pacchetto di visualizzazione Tecplot della
Amtec.
La fase di preparazione dei test comprende anche un complesso lavoro di definizione
della topologia necessaria a rendere comprensibile la geometria da parte del solutore nu-
merico. Soprattutto per i volumi multiblocco e necessario fare in modo che le convenzioni
sugli indici dei nodi, delle facce, e dei blocchi adottate dal programmatore siano le stesse di
quelle adottate dall’utilizzatore. Da non trascurare poi la fase di definizione di tutti quei
parametri necessari affinche lo schema alle differenze garantisca un buon rateo di conver-
genza del residuo. Si parla quindi di una paziente messa a punto del numero di Courant
CFL, del coefficiente di rilassamento e di quello dissipativo nell’equazione di Poisson per la
pressione senza trascurare la scelta degli stadi della Runge-Kutta e del CFLT nel caso di
flussi turbolenti. La realizzazione delle prove numeriche richiede quindi un lungo e attento
lavoro di preparazione.
A tal proposito basti pensare che la fase cosı detta di pre-processing puo assorbire fino
al 90% del tempo totale di realizzazione di una prova numerica [3]. Mentre il calcolo vero e
proprio rappresenta soltanto l’1% del tempo totale. Infine la fase di post-processing incide
sul tempo totale con una percentuale che puo oscillare tra il 20% ed il 30%.
Cap. I. Flussi turbolenti in campo navale F. Capizzano
Capitolo II
Modello matematico
In questo capitolo vengono presentate le equazioni del moto di un fluido intorno ad un corpo
solido in regime incoprimibile nella loro forma generale anche note col nome di equazioni di
Navier-Stokes. Naturalmente l’obiettivo principale rimane la valutazione della resistenza al
moto.
II.1 Idrodinamica della nave
Si consideri una nave in moto ad una velocita uniforme U in acqua calma. Si ritenga
la superficie di interfaccia fra acqua ed aria di estensione indefinita in tutte le direzioni. Si
supponga inoltre che il fondale sia tale da poterne trascurare la presenza. Si fissi un sistema di
coordinate (O, x, y, z) solidale alla carena, come in fig. II.1. L’origine sia posta all’estremita
prodiera in corrispondenza della perpendicolare avanti (FP). Sia l’asse x un asse longitudinale
orientato da prua verso poppa. Per il principio di invarianza galileiana e possibile immaginare
il galleggiante in quiete rispetto al fondale ed investito da una corrente con velocita U = Ui,
dove i e il versore dell’asse x. L’asse y giacera sul piano di galleggiamento e sara normale
all’asse x. L’asse z e quindi verticale, diretto verso l’alto e giace nel piano di simmetria della
carena.
In fig. II.1 e indicato un volume di controllo VC di frontiera Σ ∪ A. Per A si intende
II–1
II.1 Idrodinamica della nave II–2
la superficie di carena mentre Σ = Σl ∪ Sf ∪ S0 ∪ S1, nella fig. II.1, e la superficie del
parallelepipedo che circonda inizialmente la nave. La sua faccia superiore Sf e una porzione
della superficie libera che a regime assume una forma diversa da quella piana iniziale. Le
due facce trasversali S0 ed S1 sono delle superfici di controllo perpendicolari alla corrente
uniforme, la prima presa sufficientemente a monte, le seconda a valle della nave. Infine Σl e
l’insieme delle rimanenti facce del volume di controllo.
Figura II.1: Sistema di coordinate e volume di controllo nel problemadella nave.
Per il flusso intorno alla nave valgono le leggi classiche della meccanica dei fluidi viscosi.
Applicando localmente ad un generico volume elementare dV il principio di conservazione
della massa e della quantita di moto, in ipotesi di flusso stazionario, si ottengono le equazioni
∇ · V = 0 (II.1)
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.1 Idrodinamica della nave II–3
ρ V · ∇ V = ∇ · τ + ρ F (II.2)
valide in ogni punto al di sotto della superficie libera, con V il vettore velocita locale del
fluido, ρ la densita del fluido, F la forza esterna per unita di massa, che di solito e pari alla
forza di gravita g = −gk , e τ il tensore degli sforzi. Lo sforzo tn sulla generica unita di
superficie dS in seno al fluido, di normale n , e dato dalla seguente espressione
tn = n · τ = −p n + µ (2 n · ∇ V + n ∧ ω) (II.3)
dove si sono ritenuti trascurabili gli effetti della tensione superficiale e dove p e la pressione,
µ la viscosita, n il versore normale alla superficie elementare considerata, ed orientato nel
verso uscente dalla porzione di fluido assoggettata allo sforzo, ed infine ω = ∇ ∧ V e la
vorticita.
Le equazioni di Navier–Stokes per flussi incomprimibili, in coordinate cartesiane (x, y, z) ≡
(x1, x2, x3), si scrivono, in forma adimensionale partendo dalle II.1 e II.2,
∂ui
∂xi
= 0 (II.4)
∂ui
∂t+ uj
∂ui
∂xj
= −∂P
∂xi
+ χ∂τxixj
∂xj
(II.5)
dove gli indici ripetuti, salvo avviso contrario, indicano una sommatoria, per i, j = 1, 2, 3.
Le grandezze (u, v, w) ≡ (u1, u2, u3) denotano le componenti cartesiane adimensionali del
vettore velocita V mentre P e la pressione statica adimensionale p divisa per la densita. Il
parametro χ e 0 in ipotesi di flusso non viscoso (equazioni di Eulero) mentre e 1 per un flusso
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.1 Idrodinamica della nave II–4
viscoso.1 Le τxixjrappresentano le componenti adimensionali del tensore degli sforzi τ nel
mezzo fluido considerato.
Vedremo piu avanti nel cap. III che per un flusso viscoso in regime turbolento valgono
le stesse equazioni scritte sopra, a patto che con p e V si indichino delle grandezze mediate
nel tempo e che, sotto alcune ipotesi, si consideri la viscosita cinematica come somma di un
contributo laminare e di un contributo turbolento chiamato eddy–viscosity,
νt = νe +1
ReL
(II.6)
In questo modo e possibile esprimere le τxixjcome
τxixj= νt
(∂ui
∂xj
+∂uj
∂xi
)(II.7)
Il numero di Reynolds, ReL, e basato sui valori caratteristici della velocita e del-
la lunghezza di riferimento che vengono utilizzati per adimensionalizzare le variabili nelle
equazioni finora riportate. Per il calcolo della eddy–viscosity e necessario formulare un
modello di turbolenza, che esprima la νe in funzione delle grandezze mediate (vedi cap. III).
Per un dato problema fluidodinamico, oltre alle equazioni di base (II.1) e (II.2) valide
all’interno del volume di controllo devono essere considerate anche le condizioni al contorno
sulla frontiera di VC .
Detta n la normale locale alla superficie di contorno considerata, sulla superficie A della
carena, per un fluido viscoso, vale la condizione di no–slip:
V |A = 0 (II.8)
Sul pelo libero Sf devono essere soddisfatte: (i) la condizione cinematica
1Alcuni autori preferiscono porre χ pari al reciproco del numero di Reynolds, 1/Ren, per un fluido viscoso.In questa Tesi si preferisce mantenere tale termine nell’espressione adimensionale degli sforzi.
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.2 Equazioni in coordinate curvilinee II–5
(n · V )|Sf= 0 (II.9)
e (ii) la condizione dinamica 2
(n · τ
)∣∣Sf
= 0 (II.10)
.
II.2 Equazioni in coordinate curvilinee
Quando si calcola il flusso intorno ad un corpo di forma complessa, come ad esempio la
carena di una nave, l’approccio migliore alla risoluzione delle equazioni del moto, al fine di
applicare in maniera relativamente agevole le condizioni al contorno, risulta dalla risoluzione
delle equazioni del moto in coordinate curvilinee generalizzate.
Il dominio fisico in cui e fissato un sistema di coordinate cartesiane (x, y, z) ≡ (x1, x2, x3)
viene trasformato, attraverso un processo di discretizzazione, nel dominio computazionale
che si identifica con il sistema di riferimento (ξ, η, ζ) ≡ (ξ1, ξ2, ξ3). A questa trasformazione
geometrica e associato uno jacobiano J ed un tensore metrico controvariante [gij], definiti
come segue
J = det
[∂ξj
∂xi
](II.11)
[gij
]= ξi
xξjx + ξi
yξjy + ξi
zξjz (II.12)
per i, j = 1, 2, 3. Per i dettagli sulla teoria che regge questo tipo di trasformazioni il lettore
puo fare riferimento a Sotiropulos [40] e a Warsi [49].
Utilizzando la regola di derivazione di funzioni composte e dopo alcuni passaggi algebrici,
le equazioni del moto di un fluido incomprimibile in coordinate curvilinee si scrivono come
segue
2Gli effetti della tensione superficiale vengono di solito trascurati in problemi del genere.
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.2 Equazioni in coordinate curvilinee II–6
J
[∂
∂ξ
(UJ
)+
∂
∂η
(VJ
)+
∂
∂ζ
(WJ
)]= 0 (II.13)
∂Q
∂t+ A
∂Q
∂ξ+ B
∂Q
∂η+ C
∂Q
∂ζ= −H + χ
[J
(∂E1
v
∂ξ+
∂E2v
∂η+
∂E3v
∂ζ
)](II.14)
Nelle equazioni appena scritte Q = (u, v, w)T ≡ (u1, u2, u3)T e il vettore velocita nello spazio
fisico, (U ,V ,W) ≡ (U1,U2,U3) sono le componenti controvarianti della velocita date dalle
U i = uξix + vξi
y + wξiz (II.15)
per i = 1, 2, 3. A ≡ A1, B ≡ A2, C ≡ A3 sono matrici diagonali definite come
Ai = diag(U i,U i,U i
)(II.16)
I cosiddetti vettori di flusso viscoso E1v , E2
v and E3v sono dati dalle espressioni
Eiv =
νt
J
(ξxξix + g1i)uξ + (ηxξ
ix + g2i)uη + (ζxξ
ix + g3i)uζ + S1j
(ξyξiy + g1i)vξ + (ηyξ
iy + g2i)vη + (ζyξ
iy + g3i)vζ + S2j
(ξzξiz + g1i)wξ + (ηzξ
iz + g2i)wη + (ζzξ
iz + g3i)wζ + S3j
(II.17)
per i = 1, 2, 3, con
S1i = ξiyR21 + ξi
zR31 (II.18)
S2i = ξixR12 + ξi
zR32 (II.19)
S3i = ξixR13 + ξi
yR23 (II.20)
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.3 Coefficienti di resistenza idrodinamica II–7
Rij = (ui)ξξxj+ (ui)ηηxj
+ (ui)ζζxj(II.21)
Infine, il vettore H = (H1, H2, H3)T e dato dalla seguente espressione
H =
Pξξx + Pηηx + Pζζx
Pξξy + Pηηy + Pζζy
Pξξz + Pηηz + Pζζz
(II.22)
L’equazione della continuita (II.13) risulta, numericamente, soddisfatta se viene utiliz-
zata una tecnica di risoluzione basata su una equazione di Poisson per la pressione (Pressure–
Poisson–Equation approach, PPE). Nei paragrafi successivi, quando ricaveremo le equazioni
discretizzate che approssimano le (II.13) e (II.14), verra illustrata una tale strategia e si
ricavera un’equazione di Poisson discretizzata per la pressione.
II.3 Coefficienti di resistenza idrodinamica
Senza entrare nel dettaglio delle origini della resistenza idrodinamica diremo solo che
comunemente questa viene suddivisa nelle due componenti (i) la resistenza viscosa RV dovuta
al moto della carena in un fluido viscoso e (ii) la resistenza d’onda RW (wave resistance)
dovuta alla presenza della superficie libera, presente anche se la viscosita dell’acqua fosse
idealmente nulla.
A sua volta la resistenza viscosa puo suddividersi in due componenti legate essenzialmente
alla presenza dello strato limite: la resistenza d’attrito e la resistenza (viscosa) di pressione
(viscous pressure drag). La prima e dovuta all’azione degli sforzi tangenziali sulla superficie
solida. La resistenza di pressione puo essere invece immaginata come il contributo alla
resistenza totale dovuto alla presenza dello strato limite, che in un fluido viscoso ridistribuisce
gli sforzi normali rispetto al caso di fluido perfetto. Nel caso di flussi con estese separazioni si
ha un ulteriore componente di resistenza detta resistenza dovuta ai vortici (eddy resistance).
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.3 Coefficienti di resistenza idrodinamica II–8
Per maggiori approfondimenti su questo argomento si vedano i lavori di Baba e Larsson [32]
e [1]. Spesso per motivi di carattere pratico legati alla sperimentazione in vasca (metodo
di Froude [13]) si considera la resistenza totale come somma della resistenza d’attrito e del
rimanente contributo, detto resistenza residua RR (residuary resistance), pari a RT −RF .
Per il calcolo della resistenza totale di un qualsiasi oggetto in moto in un fluido si parte
dalla forma integrale della quantita di moto (II.2) in regime stazionario,
∫Σ∪A
[ρ V (V · n) + pn− τ · n
]ds = 0 (II.23)
in cui, facendo riferimento alla fig. II.1, A e la superficie del corpo mentre Σ = Σl ∪ Sf ∪
S0 ∪ S1 e la superficie “lontana” dal corpo. In base a questa decomposizione e ricordando
la condizione di velocita nulla sul corpo si ricava il risultante delle forze idrodinamiche che
il fluido in movimento esercita punto per punto sulla carena,
F T =
∫A
[pn− τ · n
]ds = −
∫Σ
[ρ V (V · n) + pn− τ · n
]ds (II.24)
La resistenza totale si definisce proprio come RT = F T · i. Dalla (II.3) si vede come il calcolo
delle forze agenti sul corpo possa avvenire in due modi differenti:
• Metodo di campo vicino. Consiste nel valutare F T attraverso l’integrazione degli sforzi
normali e tangenziali sulla superfice solida del corpo.
F T =
∫A
[pn− τ · n
]ds (II.25)
• Metodo di campo lontano. Si integra il bilancio di quantita di moto sulla superfice Σ
fissandola opportunamente distante dal corpo
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.3 Coefficienti di resistenza idrodinamica II–9
F T = −∫Σ
[ρ V (V · n) + pn− τ · n
]ds (II.26)
Osserviamo brevemente, che da un punto di vita prettamente numerico alcune ricerche,
hanno mostrato come l’accuratezza della stima di resistenza viscosa dipenda dalla fittezza
della griglia e quindi dall’accuratezza della soluzione (vedi [4] par. III.13).
Se scegliamo metodo di “campo vicino” e ricordando la II.3 si ottiene
RT =
∫A
p i · n dS +
∫A
µ i · (n ∧ ω) dS = RP + RF (II.27)
in cui (II.27) rappresenta la resistenza di pressione RP mentre n ∧ ω non e altro che la
resistenza d’attrito RF .
L’implementazione numerica del calcolo dei contributi di resistenza richiede quindi
la conoscenza del campo di moto e del corrispondente campo di pressione con una certa
accuratezza. Si introducono a tale scopo i coefficienti di resistenza di pressione e di attrito
Cp =RP
12ρ S V 2
(II.28)
e
Cf =RF
12ρ S V 2
(II.29)
in cui ρ e la densita, ν la viscosita cinematica dell’acqua ed S la superfice della geometria
immersa.
In questo lavoro si considerano corpi “profondamente immersi” ma risulta evidente che
qualora si tenesse conto della presenza del sistema ondoso questi interferirebbe in qualche
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
II.3 Coefficienti di resistenza idrodinamica II–10
misura con lo strato limite intorno alla carena modificando la distribuzione degli sforzi
tangenziali ed influenzando le altre componenti di resistenza.
Cap. II. Modello matematico F. Capizzano
Capitolo III
Modelli di turbolenza
La valutazione del campo di moto intorno alle moderne carene navali rappresenta un compito
veramente arduo per i modelli di turbolenza. Gli alti numeri di Reynolds del flusso attorno
alle navi determinano uno strato limite sottile su gran parte della carena. Questo porta a
bruschi gradienti di pressione e spesso ad elevati valori del rapporto fra le lunghezze delle
celle computazionali (stretching). Le superfici a forte curvatura nella zona poppiera danno
origine a gradienti di pressione avversi causando un rapido ingrossamento dello strato limite.
Il flusso proveniente dalla zona bassa della carena incontra quello proveniente dalle fiancate
determinando una separazione tridimensionale e spesso una coppia di intensi vortici chiamati
bilge vortices. Tali vortici hanno origine nello strato limite in corrispondenza dei gradienti di
pressione avversi e passando attraverso l’elica si estinguono nella scia. Molti modelli di tur-
bolenza, anche con modifiche mirate, hanno provato a simulare questo fenomeno. Nessuno
tra i modelli piu semplici finora costruiti e in grado di trattare in modo accurato tutte le
caratteristiche del flusso in esame il che rende difficoltosa la scelta del modello di turbolenza.
In questo capitolo viene affrontato il problema della chiusura delle equazioni RANS ponendo
particolare attenzione ai modelli di turbolenza di Baldwin-Lomax e Spalart-Allamars imple-
mentati nel codice SHIP3D-MB. Per entrambi si fa un’analisi dei pregi e dei difetti. Per
una trattazione completa della fisica e delle problematiche connesse con lo studio dei flussi
III–1
III.1 Modelli completi e modelli incompleti III–2
turbolenti si rimanda a testi specifici quali Wilcox [51] e Piquet [36].
III.1 Modelli completi e modelli incompleti
Nello studio di flussi turbolenti l’approccio matematico piu comune rimane quello della
soluzione delle equazioni di Navier-Stokes mediate. L’idea risale alla fine dell’ottocento ed
e dovuta a Reynolds ma il primo tentativo di chiusura delle RANS si deve a Boussinesq
che alcuni anni prima aveva introdotto il concetto di eddy–viscosity. Questo consiste nel
considerare la viscosita cinematica come somma di un contributo laminare e di un contributo
turbolento appunto chiamato eddy–viscosity,
νt = νe +1
ReL
(III.1)
In effetti l’operazione di media sulle equazioni di Navier-Stokes introduce una forte sempli-
ficazione con la conseguente perdita di numerose informazioni in esse contenute. Tuttavia il
vantaggio risulta evidente per flussi di carattere turbolento in quanto non siamo in grado di
prevedere le fluttuazioni spazio-temporali delle variabili fluidodinamiche. Il voler considerare
solo i loro valori medi ci permette di ridurre il numero delle incognite con la possibilita di
utilizzare un set di equazioni formalmente identico alle (II.4)–(II.5) di carattere piu generale
con la sola differenza di considerare le τxixjcome
τxixj= νt
(∂ui
∂xj
+∂uj
∂xi
)(III.2)
somma del tensore degli sforzi classico e di un nuovo tensore comunemente noto come
“tensore degli sforzi di Reynolds”.
Volendo risolvere un siffatto sistema di equazioni abbiamo bisogno di relazioni fra le
quantita incognite e le corrispondenti variabili mediate. I modelli di turbolenza introducono,
appunto, tali relazioni frutto di considerazioni teoriche ed informazioni di carattere empirico.
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.1 Modelli completi e modelli incompleti III–3
Uno studio sistematico dei flussi turbolenti si deve a Prandtl con la sua teoria basata
sull’ipotesi della ‘lunghezza di mescolamento’ secondo cui in prossimita di una parete solida
e
νturb =µturb
ρ= ` 2
∣∣∣∣du
dn
∣∣∣∣ (III.3)
dove u e un opportuna velocita media del flusso ed n la normale alla parete.Per rendere
completo il modello occorre esprimere ` in funzione di condizioni note del flusso. Prandtl
e von Karman analizzarono accuratamente i profili di velocita turbolenti ricavando una
suddivisione dello strato limite in tre zone,
inner layer o viscous sublayer in cui dominano le forze molecolari,
outer layer in cui dominano gli stress turbolenti,
overlap layer o log layer in cui entrambi i tipi di stress hanno la stessa importanza.
Per ciascuna regione dello strato limite ricavarono una legge di dipendenza
` ≈ y2 nelviscous sublayer (III.4)
` ≈ ky nellog layer (III.5)
` ≈ cost. nell′outer layer (III.6)
Ma non tutti i flussi si svolgono in prossimita di una parete; nel caso di flussi particolari come
scie, getti e superfici libere e/o di contatto la lunghezza di mescolamento e proporzionale allo
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.1 Modelli completi e modelli incompleti III–4
spessore dello strato limite δ. La verita e che la lunghezza di mescolamento ` varia con il
tipo di flusso esaminato e quindi deve conoscersi a priori se si vuole ottenere una soluzione.
Queste idee sono riprese in gran parte dei modelli di turbolenza utilizzati nella CFD.
In particolare si parla di “modelli algebrici o modelli a zero equazioni” con riferimento
alla caratteristica comune di essere basati sulla ipotesi della lunghezza di mescolamento
mixing-lenght.
L’esigenza di produrre una descrizione matematica piu aderente alla fisica delle τ turbo-
lente spinse lo stesso Prandtl all’introduzione di una ulteriore equazione differenziale basata
sul trasporto di energia cinetica turbolenta k in aggiunta ai consueti bilanci di massa, quan-
tita di moto ed energia. In questo modo si tiene conto della storia del flusso da cui dipendono
le τ turbolente e quindi la eddy viscosity . Si parla, in tal caso, di “modello di turbolenza
ad una equazione”.
In verita il vantaggio di avere una descrizione piu realistica dell’evoluzione del flusso
turbolento fa sorgere il problema di definire, comunque, una lunghezza di scala opportuna
da cui far dipendere la eddy viscosity cinematica. Poiche la lunghezza caratteristica deve
essere legata alla dimensione caratteristica degli eddies , differente per ogni flusso, modelli di
questo tipo, che non prevedono una lunghezza di scala, sono “incompleti”. In altre parole, per
ottenere una soluzione, dobbiamo conoscere qualcos’altro circa il flusso oltre alle condizioni
iniziali ed al contorno [51].
Al contrario si parla di modelli “completi” quando applicabili ad un dato flusso tur-
bolento con le opportune condizioni al contorno e/o iniziali ottenendo una soluzione senza
conoscere, a priori, alcun dettaglio su di esso. Il primo di questi, detto modello k-ω, fu in-
trodotto da Kolmogorov negli anni quaranta e si basa sull’aggiunta di una ulteriore equazione
differenziale, analoga a quella formulata per k, relativa ad una nuova grandezza ω da lui
definita come “gradiente di dissipazione dell’energia” per unita di volume e tempo; l’energia
a cui egli si riferisce e l’energia cinetica turbolenta k. Modelli completi come questo vengono
detti “modelli di turbolenza a due equazioni” e solo nell’ultimo decennio sono stati ricon-
siderati grazie all’avvento di calcolatori potenti in grado di risolvere in tempi relativamente
piu veloci le equazioni differenziali non lineari che li caratterizzano.
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.2 Modelli algebrici e modelli con equazioni di bilancio III–5
III.2 Modelli algebrici e modelli con equazioni di bi-
lancio
In definitiva i modelli di turbolenza possono dividersi in due grandi classi
• Eddy viscosity models
• Stress–transport models
I primi sfruttano l’ipotesi di Boussinesq calcolando l’eddy–viscositytramite soluzione di ap-
posite relazioni; i modelli stress–transport, detti anche di chiusura al II ordine, calcolano lo
stress di Reynolds risolvendo in modo approssimato le equazioni del tensore di Reynolds.
Per un flusso 3D si introducono in pratica sette equazioni: una per la scala di lunghezza e
le altre sei per le componenti del tensore di Reynolds (tensore simmetrico).
I modelli eddy–viscositysi possono ulteriormente suddividere in tre categorie, a seconda
del numero di equazioni differenziali da risolvere,
• modelli algebrici
• modelli ad una equazione
• modelli a due equazioni
Nei modelli ad una equazione questa rappresenta in genere il trasporto dell’energia cinetica
turbolenta k. Anche nei modelli a due equazioni la prima riguarda il trasporto di k mentre
la seconda equazione puo rappresentare il trasporto di ε, dissipazione di k per unita di
massa, oppure ω, rateo di dissipazione specifica di k, dando luogo ai ben noti modelli κ− ε e
κ−ω. Esiste comunque una tale varieta di modelli a piu equazioni che elencarne le differenze
sarebbe difficoltoso. Una pregevole panoramica e disponibile in Wilcox [51].
Va detto che una tale produzione di modelli eddy-viscosity dimostra come si sia lontani
dall’aver risolto tutti i problemi legati alla simulazione dei flussi turbolenti. Ciononostante
l’impiego di tali modelli risulta certamente indispensabile ove si vogliano ottenere risultati
di interesse ingegneristico.
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.3 Il modello di Baldwin-Lomax III–6
Nella simulazione di flussi intorno a geometrie navali i modelli eddy-viscosity sono
largamente impiegati a patto di operare opportune calibrazioni rispetto ai casi di interesse
aeronautico.
Nei paragrafi successivi vengono proposti il modello a zero equazioni di Baldwin-Lomax
ed il modello ad una equazione di Spalart-Allmaras.
III.3 Il modello di Baldwin-Lomax
Largamente testato sia in campo aeronautico che in campo navale, si tratta del primo modello
implementato sul codice per lo studio di flussi turbolenti. Inoltre la sua semplicita accoppiata
con una bassa richiesta di sforzo computazionale lo rende ideale per un primo approccio
numerico su griglie monoblocco.
Al pari degli altri modelli algebrici Baldwin e Lomax operano una suddivisione dello
strato limite come auspicato dalla mixing lenght theory in una zona interna (inner layer) ed
in una piu esterna (outer layer) [2]; sicche la viscosita turbolenta e data da
νe =
(νe)in se y ≤ y
(νe)out se y > y(III.7)
in cui y e la distanza dalla parete solida ed y e il valore della y in corrispondenza della quale
le formulazioni per (νe)in ed (νe)out coincidono.
In effetti il primo modello basato sulla suddivisione dello strato limite si deve a Cebeci e
Smith [51] ma la loro formulazione richiedeva la stima dello spessore di strato limite per cui
era applicabile solo per la chiusura delle Thin Layer Navier Stokes (TLNS). Al contrario nella
risoluzione delle RANS non si risolve lo strato limite per cui Baldwin e Lomax proposero un
metodo che utilizza la vorticita per stimare, in modo indiretto, il bordo dello strato limite.
Quindi la lunghezza caratteristica ` e legata alla vorticita il cui modulo in 3D vale,
ω =
[(∂V
∂x− ∂U
∂y
)2
+
(∂W
∂y− ∂V
∂z
)2
+
(∂U
∂x− ∂W
∂x
)2]1/2
(III.8)
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.3 Il modello di Baldwin-Lomax III–7
Seguono le formulazioni per la zona interna ed esterna dello strato limite 1
• Inner Layer.
(νe)in = ` 2|ω| (III.9)
` = ky[1− e−y+/A+
0
](III.10)
y+ =uτ
νw
y (III.11)
uτ =√
τw/ρ (III.12)
• Outer Layer.
(νe)out = αCcpFwakeFKleb (y; ymax/CKleb) (III.13)
Fwake = min[ymaxFmax; CwkymaxU
2dif/Fmax
](III.14)
1I pedici e e w indicano rispettivamente le parole inglesi eddy e wall
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.3 Il modello di Baldwin-Lomax III–8
FKleb (y; ymax/CKleb) =
[1 + 5.5
(yCKleb
ymax
)6]−1
(III.15)
in cui ymax ed Fmax rappresentano, rispettivamente, il punto di massimo ed il massimo
della funzione
F (y) = y|ω|[1− e−y+/A+
0
](III.16)
il cui andamento tipico e mostrato in fig. III.1.
• Coefficienti di chiusura
k = 0.40 α = 0.0168A+
0 = 26 Ccp = 1.6CKleb = 0.3 Cwk = 1.0
(III.17)
La Udif rappresenta la velocita euleriana se ci si trova in presenza di strato limite mentre, nel
caso di scia, getti etc., rappresenta la differenza fra la velocita massima nella zona viscosa e
quello alla quota y = ymax:
Udif =(√
U2 + V 2 + W 2)
max−
(√U2 + V 2 + W 2
)y=ymax
(III.18)
Osserviamo che tale modello risulta affidabile sia per la stabilita del processo di con-
vergenza sia la qualita della soluzione per flussi moderatamente separati. La sua implemen-
tazione e agevole nel caso di griglie monoblocco mentre viene sconsigliato il suo utilizzo per
griglie multiblocco essendo la formulazione legata alla distanza da un prefissato punto della
parete solida in corrispondenza del quale si stima la τw. Il che crea non pochi problemi nel
caso di formulazione delle equazioni in coordinate curvilinee.
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.3 Il modello di Baldwin-Lomax III–9
Figura III.1: Profili tipici delle grandezze caratteristiche nel modellodi turbolenza di Baldwin e Lomax.
III.3.1 Modifiche al modello di Baldwin-Lomax per flussi navali3D
Il modello ora illustrato risale al 1978 ed e stato calibrato per la chiusura delle RANS in
campo aeronautico. Le prime prove effettuate in campo navale con questa formulazione risal-
gono agli anni ’90 [24], [43], [46]; queste indicarono una sovrastima della eddy–viscositynella
zona di scia a poppavia con elevata diffusione nei vortici longitudinali. Tra le tante modifiche
al modello di Baldwin-Lomax sviluppate in seguito per modellare i flussi navali ricordiamo
l’SR222 proposto al convegno di Osaka nel ’98 da Kodama [26]. Si tratta di una variante
semplice che ha dato risultati molto buoni e, sostanzialmente, si basa su due modifiche. La
prima riguarda la riduzione della eddy–viscositynell’Outer Layer in presenza di un gradiente
avverso di pressione
(νe)out −→ (νe)out[1− tanh(βPGymax
ρFmax2 (∇p · es))] (III.19)
in cui βPG = 10.0 mentre es rappresenta il versore del vettore velocita.
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras III–10
Il passo successivo consiste nel ridurre gli effetti della vorticita longitudinale ed il cross
flow. In generale nei flussi 3D il vettore della vorticita non e angolato correttamente rispetto
al locale vettore della velocita. Quindi in questi casi il valore di (νe) va ridotto
(νe) −→ (νe)[1− |es · eω|] (III.20)
e successivamente l’intensita del vettore vorticita viene ridotta di una quantita che dipende
dagli angoli tra i vettori vorticita, il locale vettore degli sforzi tangenziali ed il vettore normale
alla superficie
|ω| −→ |en × eτw · ω| (III.21)
in cui eω e il versore del vettore vorticita mentre eτw e il versore del vettore degli sforzi
tangenziali alla parete.
Osserviamo che le modifiche ora illustrate non hanno effetti in 2D o in flussi simmetri-
ci. Il valore di βPG e stato calibrato in base a prove sperimentali condotte su geometrie
simmetriche per i quali non si hanno fenomeni di vorticita longitudinale o cross flow.
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras
Il modello di Spalart-Allmaras e rappresenta il primo tentativo di dotare SHIP3D–MB di
un modello con equazione di bilancio. Si tratta di “un modello ad una equazione” in quanto
comporta la risoluzione di una sola equazione differenziale che esprime il trasporto di una
quantita legata direttamente alla eddy-viscosity [41]. Il trasporto di questa quantita e stato
ricavato a partire da considerazioni empiriche ed analisi dimensionali.
Il modello e del tipo eddy-viscosity nel senso che si ritiene valida l’ipotesi di Boussinesq,
ed e “completo in quanto definisce automaticamente la scala di lunghezza della turbolenza.
Non entriamo nel particolare della calibratura del modello rimandando a Wilcox [51], ma
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras III–11
riportiamo la formulazione globale del modello. Per i coefficienti di chiusura che saranno
introdotti il suffisso b sta per basic, t per trip (inizio transizione), τ per viscoso e infine w
per wall. La eddy-viscosity e calcolata come
νe = νfν1 (III.22)
L’equazione del trasporto di ν per flussi incomprimibili e
∂ν
∂t+ uj
∂ν
∂xj
= cb1(1− ft2)Sν
+1
σ
[∂
∂xj
(1
Re+ ν
)∂ν
∂xj
+ cb2
(∂ν
∂xj
)2]
(III.23)
−(cw1fw −
cb1
k2ft2
) [ν
d
]2
+ ft14U2
I termini a secondo membro rappresentano rispettivamente
cb1(1− ft2)Sν produzione
1σ
∂∂xj
( 1Re
+ ν) ∂ν∂xj
diffusione conservativa
1σcb2(
∂ν∂xj
)2 diffusione non conservativa
−cw1fw( νd)2 distruzione sotto parete
cb1
k2 ft2(νd)2 incremento di produzione dovuto alla transizione
ft14U2 sorgente di turbolenza dovuta alla transizione
Costanti “basiche” per i free shear flows sono
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras III–12
cb1 = 0.1355 cb2 = 0.622 σ =2
3(III.24)
Costanti addizionali e relazioni ausiliarie per i termini di distruzione nello strato limite
turbolento sono
cw1 =cb1
k2+
1 + cb2
σr =
ν
Sk2d2
cw2 = 0.3 g = r + cw2(r6 − r) (III.25)
cw3 = 2.0 fw = g
(1 + c6
w3
g6 + c6w3
) 16
La funzione fw viene introdotta per avere un veloce decadimento del termine distruttivo nell’
outer layer, mentre g funge da limiter per evitare valori di fw troppo elevati. Sia fw che
g assumono valore unitario nel log layer per poi decrescere nell’outer layer. Coefficienti e
relazioni relative alla regione vicino alla parete sono
χ = Reν cν1 = 7.1
fν1 =χ3
χ3+c3ν1
fν2 = 1− χ
1 + χfν1
(III.26)
S = |ω|+ ν
k2d2fν2
La funzione di smorzamento fν1 viene introdotta per collegare il viscous sublayer al log layer
in cui ν deve assumere un comportamento tipico (kyuτ ). Il modulo della vorticita ω viene
modificato introducendo S in modo da ottenere il classico andamento del log layer (S = uτ
ky).
Termini e relazioni relativi alla transizione
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras III–13
ft1 = ct1gt · exp
(−ct2
ωt2
4U2
[d2 + (gtdt)
2])
fν1 =χ3
χ3 + c3ν1
fν2 = 1− χ
1 + χfν1
(III.27)
ct1 = 1.0 ct2 = 2.0
ct3 = 1.2 ct4 = 0.5
dove ωt e la vorticita nel punto di transizione, 4U il modulo della differenza tra la velocita
locale e la velocita nel punto di transizione, 4xt e il 4x della cella in corrispondenza del
punto di transizione e d la distanza dalla parete piu vicina. Le condizioni asintotiche sono
0.5 ≤ χ ≤ 1.341946 (III.28)
Sulla parete solida e
ν = 0 (III.29)
Le prime prove in campo aeronautico mostrarono una convergenza scadente dell’equazione
del trasporto specialmente in prossimita del riattacco della vena fluida. Cio e imputabile al
fatto che S puo diventare negativo influenzando r il cui valore comincia ad oscillare durante
il processo di calcolo. Lo stesso Spalart nel 1993 [38] propose le seguenti modifiche alle III.26
S = fν3|ω|+ν
k2d2fν2 fν3 =
(1 + χfν1)(1− χfν2)
χ
fν2 =
(1 +
χ
cν2
)−3
cν2 = 5.0 (III.30)
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras III–14
In questo modo si ha sempre S ≥ 0. Tuttavia quando ν ed S si annullano anche S assume
valore zero. La funzione fν2 cosı modificata rimane positiva lungo la parete solida. Ivi
assume valori molto diversi da uno e cio comporta una modifica della transizione naturale
del modello da regime laminare a regime turbolento.
Nell’implementare il modello si e trascurato il termine ft14U2 in quanto, come spesso
riportato in letteratura [], non produce sostanziali modifiche dei risultati, mentre si e riscon-
trato un effettivo miglioramento della convergenza utilizzando le modifiche date dalle III.30.
Inoltre come valore asintotico di χ per le nostre prove numeriche si e scelto di utilizzare il
valore di 1.341946 in quanto valori piu bassi portano ad instabilita numerica.
III.4.1 Equazione di Spalart-Allmaras in coordinate curvilinee
Analogamente a quanto fatto per le equazioni di bilancio di massa e quantita di moto nel
par.II.2 possiamo scrivere il bilancio di ν in coordinate curvilinee generalizzate. Seguendo
la teoria secondo cui alla trasformazione geometrica (x, y, z) −→ (ξ, η, ζ) e associato uno
jacobiano J ed un tensore metrico controvariante [gij] definiti nelle II.11 e II.12, possiamo
ricavare, per flussi incomprimibili, l’espressione
∂ν
∂t+ U j ∂ν
∂ξj= Prod + Diffc + Diffnc + Distr (III.31)
per i, j = 1, 2, 3. Le U j sono le componenti controvarianti della velocita
U j = uξjx + vξj
y + wξjz (III.32)
A secondo membro della III.31, trascurando il termine di sorgente dovuto alla tran-
sizione, si distinguono i contributi di produzione, diffusione conservativa, diffusione non
conservativa e distruzione. Di seguito ne sono riportate le espressioni in coordinate curvilinee
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.4 Il modello di Spalart-Allmaras III–15
Prod = cb1(1− ft2)Sν (III.33)
Diffc =J
σ
∂
∂ξj
[1
J
(1
Re+ ν
)gij ∂ν
∂ξi
](III.34)
Diffnc =cb2
σ
(ξjxi
∂ν
∂xj
)2
(III.35)
Distr = −(cw1fw −
cb1
k2ft2
) [ν
d
]2
(III.36)
per i, j = 1, 2, 3. Osserviamo che nelle equazioni su riportate la notazione con gli indici
ripetuti implica una sommatoria.
III.4.2 Modifiche al modello di Spalart-Almaras per flussi navali3D
Il modello e in grado di simulare flussi viscosi turbolenti con moderate separazioni in
campo aeronautico. Chiaramente ci si aspetta che in campo navale il modello venga calibrato
opportunamente. Come gia accaduto per i modelli algebrici le limitazioni per i flussi intorno
alle carene sono legate alla sovrastima della eddy-viscosity in tutta la zona a valle del disco
dell’elica.
Nella sua formulazione originale il modello di Spalart-Allmaras non e in grado di ripro-
durre le caratteristiche 3D di un flusso in scia tanto complesso da meritarsi l’appellativo
inglese di (hook shape flow). Elevati valori di eddy-viscosity implicano una diffusione consid-
erevole nei vortici logitudinali. Per ovviare a queste deficienze del modello si puo agire at-
traverso correzioni del termine di produzione della viscosita turbolenta cb1|ω|ν. Per simulare
i vortici di estremita, in campo aeronautico, Dacles-Mariani nel 1995 [9], seguendo le indi-
cazioni di Spalart, hanno suggerito una nuova forma del termine di produzione modificando
la ω come di seguito riportato
|ω| −→ |ω|+ C min(0, |τ | − |ω|) (III.37)
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.5 Alcune considerazioni sulla scelta del modello III–16
in cui |τ | rappresenta l’intensita del tensore degli sforzi (|τ | = det(τij)). Il vantaggio di una
tale formulazione consiste nella riduzione della eddy-viscosity nelle zone in cui l’intensita
della vorticita e maggiore di quella del tensore degli sforzi, ad esempio nel cuore del vortice.
D’altro canto la correzione del vortice longitudinale non avviene negli strati limiti sottili in
cui i valori di |ω| e |τ | sono molto vicini. La funzione di C e quella di calibrare il modello;
infatti il comportamento della distribuzione di scia e sensibile alle variazioni di C sicche
il suo valore va assegnato in maniera accurata [16], [17]. Nel caso della carena KLV CC2
Hirata & Hino [18] confrontano le soluzioni numeriche al disco dell’elica al variare di C.
Con l’aumentare di questo parametro la viscosita cinematica turbolenta nel cuore del vortice
diminuisce e cosı pure la velocita assiale. Superato il valore 20 si comincia a vedere la
caratteristica distorsione ad “uncino” della distribuzione di velocita in scia. Valori ancor piu
elevati determinano un aumento della resistenza d’attrito ed una diminuzione della resistenza
di pressione. Cio puo esser dovuto all’aumento della zona di separazione. Di conseguenza
la resistenza totale lentamente diminuisce all’aumentare di C. Dal confronto fra le soluzioni
numeriche e le prove sperimentali Hirata & Hino trovano, per C = 30, una distorsione del
campo di moto al disco dell’elica prossima a quella misurata in laboratorio.
III.5 Alcune considerazioni sulla scelta del modello
I modelli algebrici sono stati per lungo tempo una soluzione ideale per la simulazione numer-
ica dei flussi turbolenti. La semplicita di implementazione ed il basso costo computazionale,
nonche le buone capacita di valutazione di flussi con moderati gradienti di pressione, erano
le caratteristiche che li facevano preferire ai modelli basati su “equazioni di trasporto”. Con
lo straordinario sviluppo della tecnologia informatica ed elettronica dell’ultimo decennio, la
comunita CFD era pronta a investire le proprie risorse nella simulazione numerica di flussi
turbolenti piu complessi. E’ con questa prospettiva che si e sviluppata una nuova generazione
di modelli di turbolenza, sicuramente piu onerosi ma con un maggiore campo di applicabilita
dei modelli algebrici. Questi, pur restando ancora validi per molte tipologie di flussi hanno
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
III.5 Alcune considerazioni sulla scelta del modello III–17
dei limiti ampiamente riportati in letteratura [51]. Sono state proprio le aumentate poten-
zialita dei calcolatori a metterne in evidenza i principali difetti, legati alla loro interazione
con la griglia computazionale. Infatti la simulazione di flussi turbolenti complessi necessita
di tecniche di grigliatura (multiblocco, griglie non strutturate etc...) che mettono in crisi
la maggior parte dei modelli algebrici, i quali non danno alcuna informazione sulla scala
di lunghezza della turbolenza (i.e. modelli incompleti) che viene definita da un’apposita
relazione ausiliaria, contenente quasi sempre una dipendenza dalla distanza diretta dalla
parete. Se consideriamo ad esempio una griglia strutturata a blocchi intorno ad un profi-
lo con scia, non c’e alcun modello algebrico che garantisca la continuita dell’eddy-viscosity
attraverso l’interfaccia fra il blocco contenente il profilo e quello contenente la scia. Tutti
questi problemi vengono superati con lo sviluppo o comunque con la possibilita di utilizzo
dei modelli “a una o piu equazioni”.
Questi ultimi sono attualmente i piu ampiamente utilizzati nei codici Navier-Stokes.
Quello ideato da Spalart e Allmaras nel 1992 [41] e un modello di gran successo . Il motivo di
tale successo, e dovuto alla sua semplicita e, benche “calibrato specificamente per applicazioni
di interesse aeronautico, ha trovato un certo impiego anche in ambito navale. Il limitato
aumento dei tempi di calcolo viene sicuramente superato dal vantaggio di avere una flessibilita
ed una robustezza tali da permettere il riconoscimento di caratteristiche di flussi complessi
quali separazione, bilge vortex e cross flow. Infine l’applicabilita a domini multiblocco, come
gia accennato nel par. I.5, lo rende sicuramente preferibile al modello di Baldwin-Lomax per
la chiusura nelle equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds.
Cap. III. Modelli di turbolenza F. Capizzano
Capitolo IV
Modello numerico
Il metodo numerico proposto in questo lavoro si basa sull’accoppiamento dell’equazione
di continuita con le tre equazioni relative al bilancio della quantia di moto nello spazio.
Quest’accoppiamento da origine ad una equazione di Poisson per la pressione la cui risoluzione
e legata allo schema di discretizzazione spazio temporale adottato (volumi finiti, differenze
finite, elementi finiti). Nel caso delle differenze finite applicate ad un flusso incomprimibile
si pone un problema di instabilita numerica dovuto essenzialmente alla rappresentazione
“nodale” delle grandezze fluidodinamiche. Per ovviare a quest’inconveniente Sotiropoulos
ed Abdallah [47] propongono una metodologia di calcolo in grado di ottenere una soluzione
del campo di moto coerente con il bilancio di massa. In effetti Sotiropoulos con la sua
tesi di dottorato dimostra l’efficacia del metodo per domini monoblocco con l’utilizzo del
modello di turbolenza di Baldwin-Lomax [40]. In questo lavoro viene utilizzato in linea
di massima un approccio analogo. Le differenze sostanziali riguardano l’utilizzo di co-
ordinate cartesiane anziche cilindriche, approccio zonale (multiblocco), acceleratori della
convergenza (Multilevel, Multigrid), modello di turbolenza “completo”(Spalart-Allmaras)
opportunamente modificato per i flussi navali.
IV–1
IV.1 Operatori di discretizzazione spaziale IV–2
IV.1 Operatori di discretizzazione spaziale
La risoluzione delle equazioni di bilancio avviene in un dominio computazionale reso rettan-
golare grazie al passaggio in coordinate curvilinee. In fig. IV.1 viene mostrata la suddetta
trasformazione per un dominio monoblocco intorno ad una generica carena. La discretiz-
zazione spaziale (II.5 e III.23) viene effettuata utilizzando delle formule alle “differenze finite”
a tre punti, di tipo “centrato”, sia per i termini in cui compare una derivata del tipo ∂φ/∂ξj,
che per i termini diffusivi, in cui compare una derivata del tipo ∂2φ/∂ξj2.
Figura IV.1: Dominio fisico e dominio computazionale.
I termini “convettivi”, del tipo U j (∂φi/∂xj) , vengono discretizzati invece utilizzando formule
alle differenze di tipo upwind del secondo ordine. Dal momento che le formule upwind
presentano comunque degli effetti di “diffusivita numerica” ( si veda [19] e [40]), nello schema
presentato in questa Tesi non e stato introdotto alcun termine di “viscosita artificiale al fine
di stabilizzare la convergenza dell’algoritmo di risoluzione delle equazioni del moto.
Si indichi con la tripletta (i, j, k) un generico nodo della griglia strutturata all’interno di
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.1 Operatori di discretizzazione spaziale IV–3
Figura IV.2: Un generico nodo (i, j, k) , di coordinate curvilinee(ξi,j,k, ηi,j,k, ζi,j,k) , ed uno degli half–nodes, di indici(i + 1
2, j − 1
2, k) .
un generico blocco computazionale, si veda la fig. IV.2. I termini convettivi nelle equazioni
di bilancio vengono approssimati secondo la formula alle differenze
(U ∂φ
∂ξ
)i,j,k
=1
2(|Ui,j,k|+ Ui,j,k) δ−ξ φi,j,k +
1
2(|Ui,j,k| − Ui,j,k) δ+
ξ φi,j,k (IV.1)
in cui φ rappresenta la grandezza trasportata (φ = uj nel bilancio di quatita di moto, φ = ν
nell’equazione di Spalart-Allmaras).
I termini diffusivi nelle equazioni in coordinate curvilinee ( II.14 e III.23) assumono la
forma alle differenze
∂
∂ξ
[νt
J
(ξ2x + g11
) ∂u
∂ξ
]i,j,k
= δξ
[νt
J
(ξ2x + g11
)δξui,j,k
](IV.2)
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.1 Operatori di discretizzazione spaziale IV–4
∂
∂ξ
[1
J
(1
Re+ ν
)g11∂ν
∂ξ
]i,j,k
= δξ
[1
J
(1
Re+ ν
)g11δξνi,j,k
](IV.3)
Per i termini di pressione si usa la formula alle differenze
(ξx
∂P
∂ξ
)i,j,k
= (ξx)i,j,k δξPi,j,k (IV.4)
e analogamente per la diffusione non conservativa nel bilancio di ν (cfr.eq. III.23)
(ξx
∂ν
∂ξ
)i,j,k
= (ξx)i,j,k δξνi,j,k (IV.5)
Gli “operatori di differenza” che compaiono nelle sopraelencate espressioni sono
δ±ξ ( )i,j,k = ± 1
2∆ξ[−3( )i,j,k + 4( )i±1,j,k − ( )i±2,j,k] (IV.6)
δξ( )i,j,k =1
2∆ξ[( )i+1,j,k − ( )i−1,j,k] (IV.7)
δξ( )i,j,k =1
∆ξ
[( )i+1/2,j,k − ( )i−1/2,j,k
](IV.8)
Le quantita metriche e lo Jacobiano della trasformazione geometrica tra coordinate
cartesiane e coordinate curvilinee vengono scritte per convenienza senza pedici ma e sottin-
teso che i loro valori sono valutati nel grid–point (i, j, k) utilizzando formule alle differenze
centrate a tre punti. Nel caso dei termini diffusivi in cui compaiono delle derivate seconde e
necessario valutare tali quantita negli half–nodes ((i + 12, j, k) , (i, j + 1
2, k) , ecc.); si procede
allora effettuando una media tra i corrispondenti valori nei nodi circostanti cfr.fig. IV.2 come
suggerito in [40]. Nei termini diffusivi IV.2 e IV.3, e richiesta la valutazione delle grandezze
νt e ν anch’esse interpolate negli half–nodes.
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.2 Integrazione nel tempo IV–5
IV.2 Integrazione nel tempo
Le equazioni del moto stazionario sono risolte secondo un approccio detto “pseudo-
instazionario”, o time-marching, in cui la variabile temporale rappresenta un parametro di
iterazione. Per integrare nel tempo il sistema di equazioni alle differenze ricavato applicando
le formule suddette in ciascun nodo della griglia viene utilizzato uno schema “esplicito del tipo
Runge–Kutta ad n stadi. Questo schema appartiene alla famiglia dei cosiddetti Multistage
Time–Stepping Schemes, introdotti per la prima volta da Jameson [22] per la risoluzione
delle equazioni di Eulero e di Navier–Stokes per flussi comprimibili. Gli autori del metodo
numerico qui presentato sono stati i primi ad utilizzare uno schema di time–stepping esplicito
a piu stadi per la soluzione delle equazioni del moto di un fluido incomprimibile, si veda [47],
in tre dimensioni ed in coordinate curvilinee generalizzate. Un’analisi delle caratteristiche
di stabilita di questo schema numerico e presentata in [40].
Si definisca un operatore di divergenza discreta D(·) come
D (Qi,j,k) = J
[δξ
(UJ
)i,j,k
+ δη
(VJ
)i,j,k
+ δζ
(WJ
)i,j,k
](IV.9)
Applicando lo schema di Runge–Kutta a quattro stadi al sistema di equazioni del moto
(II.13)–(II.14), si ottiene
D(Q `
i,j,k
)= 0 (IV.10)
Q `i,j,k = Q n
i,j,k − α` ∆ti,j,k R `−1i,j,k (IV.11)
per ` = 1, 2, 3, 4. Nelle equazioni appena scritte il pedice n denota il passo temporale corrente,
al quale la soluzione numerica e nota, mentre ` denota il “livello” o “stadio” all’interno dello
schema di avanzamento della soluzione dal passo n (` = 1) al passo temporale successivo n+1
(` = 4). I coefficienti di peso α` assumono i valori seguenti: α1 = 1/4, α2 = 1/3, α3 = 1/2,
α4 = 1. Infine, il termine R nell’equazione (IV.11) denota il “residuo” dell’equazione della
quantita di moto (II.14) ed e definito come
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.3 Metodo di Accoppiamento fra campo di moto e campo di pressioni IV–6
R = A∂Q
∂ξ+ B
∂Q
∂η+ C
∂Q
∂ζ+ H − χ
[J
(∂E1
v
∂ξ+
∂E2v
∂η+
∂E3v
∂ζ
)](IV.12)
nel nodo (i, j, k). L’incremento temporale ∆ti,j,k e il cosiddetto Local Time Step. Esso
viene valutato localmente, anziche essere unico per tutti i grid–points, al fine di accrescere il
“rateo” di convergenza complessivo dell’algoritmo di risoluzione di tipo time–marching, cfr.
[22], e viene definito come
∆ti,j,k = CFL ·min √g11,√
g22,√
g33 (IV.13)
Nella (IV.13) il termine CFL rappresenta il cosiddetto numero di Courant–Fridrichs–Lewis o
Courant number. Esso viene mantenuto costante per tutti i nodi al fine di rendere massimo lo
smorzamento dell’errore numerico durante le iterazioni dell’algoritmo di risoluzione. Il CFL
e un parametro fondamentale per la convergenza, soprattutto in schemi espliciti come quello
qui introdotto. Inoltre, nella (IV.13), le quantita g11, g22, g33 rappresentano gli elementi
diagonali del tensore metrico controvariante [gij] = [gij]−1
. L’esistenza di [gij]−1
e possibile,
in ogni nodo, solo se Ji,j,k 6= 0.
IV.3 Metodo di Accoppiamento fra campo di moto e
campo di pressioni
Il sistema (IV.10)–(IV.11), cosı come e scritto non puo essere direttamente integrato nel
tempo per l’assenza di termini in cui compaia la derivata temporale della pressione.
La pressione in flussi incomprimibili perde il suo carattere di grandezza termodinamica.
Inoltre l’equazione di continuita, che nasce come equazione di bilancio di massa, per flussi
incomprimibili diventa semplicemente un vincolo cinematico per il solo campo delle velocita.
La pressione in questo caso va riguardata come una grandezza scalare, un campo scalare, il cui
gradiente ha il principale compito, attraverso l’equazione della quantita di moto, di assicurare
che il campo delle velocita sia indivergente. In tal senso si asserisce che solo le differenze
di pressione sono importanti in simulazioni di flussi incomprimibili [12]. Quindi l’equazione
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.3 Metodo di Accoppiamento fra campo di moto e campo di pressioni IV–7
di continuita discreta (IV.10) verra rimpiazzata da un’equazione discreta equivalente che
fornisca, al passo successivo, dei valori di pressione che assicurino una distribuzione di velocita
a divergenza (discreta) nulla. Una tale equazione per la pressione avra delle condizioni al
contorno alla Newmann.
Nello schema numerico presentato in questo capitolo, come in quello implementato nel
codice di calcolo SHIP3D–MB, la disposizione delle incognite rispetto ai nodi della griglia
e di tipo non–staggered, cfr. [12], sia per quanto riguarda le componenti di velocita che la
pressione. Cioe le incognite sono considerate “collocate” effettivamente nei nodi della griglia,
a differenza di altri metodi in cui l’associazione delle incognite e di tipo diverso. Sotiropoulos
ed Abdallah [47] hanno dimostrato che il particolare trattamento della pressione illustrato
piu avanti permette di ottenere delle soluzioni regolari, ovvero soluzioni in cui vengono
smorzate le oscillazioni derivanti da eventuali comportamenti instabili di tipo checkboard e
che soddisfano l’equazione di continuita entro limiti accettabili di accuratezza.
Se si sviluppano le tre equazioni scalari implicate dalla (IV.11) si ha
u `i,j,k = u n
i,j,k − α` ∆ti,j,k[F 1
i,j,k + (ξxδξ + ηxδη + ζxδζ) Pi,j,k
]`−1(IV.14)
v `i,j,k = v n
i,j,k − α` ∆ti,j,k[F 2
i,j,k + (ξyδξ + ηyδη + ζyδζ) Pi,j,k
]`−1(IV.15)
w `i,j,k = w n
i,j,k − α` ∆ti,j,k[F 3
i,j,k + (ξzδξ + ηzδη + ζzδζ) Pi,j,k
]`−1(IV.16)
dove F ri,j,k contiene le approssimazioni discrete dei termini convettivi e viscosi presenti nell’e-
quazione scalare della quantita di moto per la componente lungo ξr. Differenziando rispetto
a ξ, η e ζ , rispettivamente, le tre equazioni appena scritte e sommando, tenendo anche conto
dell’equazione di continuita (IV.10), si ottiene la seguente equazione discreta di Poisson per
la pressione (Discrete Pressure Poisson Equation)
J∆ (Pi,j,k)`−1 =
1
α`
D(Q `
i,j,k
)− Jσ `−1
i,j,k (IV.17)
con ∆(·) l’operatore di Laplace discreto in coordinate curvilinee definito come
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.3 Metodo di Accoppiamento fra campo di moto e campo di pressioni IV–8
∆ (Pi,j,k) =
δξ
[∆t
J
(g11δξ + g12δη + g13δζ
)]+ (IV.18)
δη
[∆t
J
(g12δξ + g22δη + g23δζ
)]+
δζ
[∆t
J
(g13δξ + g23δη + g33δζ
)] Pi,j,k
e
σi,j,k = δξ
[∆t
J
(ξxF
1 + ηxF2 + ζxF
3)]
i,j,k
+ (IV.19)
δξ
[∆t
J
(ξyF
1 + ηyF2 + ζyF
3)]
i,j,k
+
δξ
[∆t
J
(ξzF
1 + ηzF2 + ζzF
3)]
i,j,k
L’operatore applicato alla pressione e scomponibile in due parti
∆ (Pi,j,k) = L (Pi,j,k) +N (Pi,j,k) (IV.20)
in cui L (·) contiene i soli termini diagonali dell’equazione (IV.18)
L (Pi,j,k) =
δξ
(g11∆t
Jδξ
)+ δη
(g22∆t
Jδη
)+ δζ
(g33∆t
Jδζ
)Pi,j,k (IV.21)
mentre N (·) contiene i rimanenti termini “incrociati” che risultano in generale dalla non
ortogonalita locale della griglia.
L’equazione (IV.17) e un’equazione ellittica del secondo ordine per la pressione. Essa
puo sostituire l’equazione di continuita (IV.10). Per griglie non–staggered ovvero collocated
il sistema (IV.17)–(IV.11), cosı come e stato derivato, risulta instabile, cfr. [12] (checkboard
instability), e deve essere corretto al fine di garantire la regolarita delle soluzioni numeriche
e la stabilita in generale dell’intero algoritmo iterativo di risoluzione.
Riordinando i termini dell’equazione (IV.10), viene proposto un approccio in cui il
campo di pressione al passo di tempo n + 1 e ottenuto attraverso la seguente riformulazione
dell’equazione di continuita
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.3 Metodo di Accoppiamento fra campo di moto e campo di pressioni IV–9
D(Q `
i,j,k
)= ε J
[L
(P `−1
i,j,k
)− L
(P `−1
i,j,k
)](IV.22)
in cui ε e una costante positiva (ε ≤ 1), introdotta al fine di controllare il valore del termine
di “sorgente di massa artificiale” a secondo membro. La definizione dell’operatore L (·) e
analoga a quella dell’operatore L (·), eccetto il fatto che nel primo vengono applicati gli
operatori di differenza agli half–nodes, cfr. eqq. (IV.8) e (IV.21). Tale definizione viene
introdotta per evitare le classiche instabilita dovute a campi di pressione che presentano un
andamento noto in letteratura col nome di odd–even decoupled pressure field. Nel contributo
di massa artificiale a secondo membro della (IV.22) compaiono tipicamente solo i termini
diagonali degli operatori, essendo essi sufficienti a garantire la regolarita della pressione.
In termini degli operatori di differenza, la sorgente di massa artificiale si scrive nella
forma
ε J[L
(P `−1
i,j,k
)− L
(P `−1
i,j,k
)]= −
ε
4J
∆ξ2δξξ
(g11∆t
Jδξξ
)+ (IV.23)
∆η2δηη
(g22∆t
Jδηη
)+
∆ζ2δζζ
(g33∆t
Jδζζ
) Pi,j,k
dove
δξξ( )i,j,k =1
∆ξ2
[( )i+1,j,k + 2( )i,j,k + ( )i−1,j,k
](IV.24)
L’equazione finale, detta Corrected Discrete Pressure Poisson Equation, e la seguente
(1− ε)L(P `−1
i,j,k
)+ εL
(P `−1
i,j,k
)+N
(P `−1
i,j,k
)=
1
α`
D(Q n
i,j,k
)− σ `−1
i,j,k (IV.25)
e puo essere sostituita, incorporando le equazioni discrete (IV.14)–(IV.15)–(IV.16), a primo
membro della (IV.22).
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.4 Condizioni al contorno IV–10
IV.4 Condizioni al contorno
Se un blocco computazionale viene considerato come una regione dello spazio per la quale si
pone un problema fluidodinamico differenziale allora le condizioni al contorno si riferiscono
a tutte le sue facce. In generale, per le interfacce fra due blocchi si parla di “condizioni al
contorno interne” o di “condizioni di interfaccia”, cioe le condizioni al contorno corrispon-
dono all’imporre, nei nodi dell’interfaccia, il verificarsi delle equazioni che reggono il moto
all’interno del dominio fluido. In pratica le condizioni al contorno standard sono applicate
a quelle facce dei blocchi computazionali che appartengono alla frontiera del dominio di
calcolo. Si parla in quel caso anche di “condizioni al contorno esterne”.
Per fissare le idee, si assuma che la generica superficie di contorno del dominio di calcolo
corrisponda, in coordinate curvilinee, all’equazione: ζ = 0. Nel codice di calcolo SHIP3D–
MB la condizione al contorno per la pressione e una condizione alla Newmann. Essa si
ricava direttamente dall’equazione della quantita di moto, con l’approssimazione valida as-
intoticamente per 1/Ren → ∞ e tenendo conto della condizione di no–slip per la velocita
g13Pξ + g23Pη + g33Pζ = f(u, v, w) (IV.26)
dove f(u, v, w) e una funzione nota una volta imposte le condizioni al contorno sulle veloc-
ita. La discretizzazione della (IV.26) si ottiene utilizzando una formula alle differenze non
centrata (one–sided) per la derivata nella direzione ζ e delle formule centrali per le direzioni
rimanenti.
In corrispondenza delle pareti solide viene implementata la condizione di no–slip per le
componenti di velocita: u = v = w = 0.
Per le pareti dei blocchi appartenenti alle cosiddette “superfici di far–field”, o “campo
lontano”, in cui le condizioni del flusso sono praticamente quelle di flusso indisturbato, si
impongono le condizioni: uζζ = vζζ = wζζ = 0 .
In corrispondenza di superfici a flusso assegnato, note anche come “pareti di inlet”, le
componenti di velocita vengono specificate a partire da dati sperimentali disponibili per il
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.5 Algoritmo di risoluzione numerica IV–11
problema da simulare, oppure da correlazioni basate sui risultati teorici del problema della
“lastra piana”.
Per le superfici attraversate in uscita dal fluido, nel campo lontano, si impongono ancora
le condizioni: uζζ = vζζ = wζζ = 0 .
In corrispondenza di superfici di simmetria si impone infine: g13fξ + g23fη + g33fζ = 0,
per f = u, v, w.
Nei nodi appartenenti alle interfacce tra i blocchi, l’ordine dell’accuratezza globale dello
schema numerico viene conservato essendo implementato effettivamente lo stesso sistema di
formule valide per i nodi interni ai blocchi, a patto che la griglia in prossimita delle interfacce
sia sufficientemente regolare. L’implementazione delle formule alle differenze finite presentate
fin qui e un compito non banale, dal momento che in generale l’orientamento e la famiglia
delle coordinate curvilinee cambiano nel passaggio da un blocco a quello adiacente. A tal
proposito si veda il par. IV.6.1.
Limitatamente al caso della lastra piana profondamente immersa si e introdotto il con-
cetto di “parete periodica” per simulare una condizione bidimensionale nota col nome di
“lastra piana infinita”. Si tratta di imporre l’uguaglianza delle grandezze fluidodinamiche
sulle pareti ad η = y = cost. in modo da simulare numericamente la condizione geometrica
di lunghezza trasversale infinita (cfr.fig. V.1). In questo modo e possibile studiare con un
dominio monoblocco 3D un caso tipicamente bidimensionale (cfr.par. V.1).
IV.5 Algoritmo di risoluzione numerica
Si assuma di conoscere la soluzione numerica al livello di tempo n. La soluzione al livello
successivo n + 1 si ottiene seguendo, per ciascun nodo, il seguente procedimento:
1. Si calcolano i termini F 1, F 2, F 3, cfr. eqq. (IV.14)–(IV.15)–(IV.16), allo stadio `−1.
2. Per il calcolo della pressione, si costruisce il secondo membro (IV.23) dell’equazione di
Poisson corretta.
3. Si risolve iterativamente l’equazione (IV.25), con un algoritmo del tipo point successive
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.6 Schema multiblocco IV–12
relaxation method, [19], ottenendo un campo di pressione allo stadio `− 1. Dato che si
desidera conoscere la soluzione stazionaria, per ciascun passo di tempo, detto in gergo
outer iteration, vengono eseguiti solo pochi passi di integrazione dell’equazione della
pressione, inner iteration, ipotizzando che alla fine delle iterazioni sul tempo anche
l’algoritmo di soluzione dell’equazione per la pressione sia andato a convergenza.
4. Utilizzando i termini F 1, F 2, F 3, ed aggiungendovi i gradienti di pressione H 1, H 2,
H 3, valutati una volta noto il nuovo campo di pressione, cfr. (IV.12), vengono calcolati
infine i residui R delle equazioni della quantita di moto.
5. Vengono aggiornate le componenti di velocita attraverso le equazioni di time–stepping
(IV.14)–(IV.15)–(IV.16).
In un algoritmo di Runge–Kutta a quattro stadi le azioni precedenti, da 1 a 5, vengono
ripetute per ` = 1, . . . , 4, essendo Q n ≡ Q `=0 e Q n+1 ≡ Q `=4 . L’algoritmo di time–
marching si ferma quando la norma della differenza tra le due soluzioni |Q n+1 −Q n| scende
al di sotto di un dato valore di soglia.
Per abbattere i tempi di calcolo, la parte dei termini F 1, F 2, F 3 che contiene la
viscosita viene valutata solo al primo stadio dell’algoritmo di Runge–Kutta. Analogamente,
anche il passo di integrazione dell’equazione di Poisson per la pressione viene effettuato solo
per ` = 1 , senza un significativo peggioramento del rateo di convergenza dell’algoritmo
risolutivo.
IV.6 Schema multiblocco
Lo scafo di una nave e in genere una superficie liscia ed il dominio reale associato allo
scafo puo essere trasformato piuttosto facilmente in una parallelepipedo rettangolare in cui
effettuare calcoli numerici. I flussi navali sono quindi buoni candidati per griglie strutturate
monoblocco, e da tempo gran parte dei metodi RANS implementano griglie di questo tipo.
Nei seminari del 1990 e del 1994 [31], [25] tutti i metodi usavano griglie strutturate
monoblocco. Esistono, comunque, molteplici ragioni per introdurre griglie piu avanzate.
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.6 Schema multiblocco IV–13
Benche lo scafo in se risulti liscio, presenta spesso appendici idrodinamiche di ogni genere.
Queste vengono di solito trascurate, ma per effettuare simulazioni piu spinte si deve consid-
erare la presenza di un timone, di supporti porta albero, carenature di sentina, pinne, etc.
Una griglia monoblocco che tenga conto di tutte queste appendici presenta necessariamente
punti singolari, spigoli davanti e dietro lo scafo e cio richiede un trattamento speciale da
parte del solutore. Inoltre le griglie strutturate monoblocco presentano spesso un gran nu-
mero di punti griglia in zone in cui non ce ne bisogno e questo pregiudica una alta qualita
di griglia in prossimita delle estremita dello scafo.
Tali considerazioni sono la causa del crescente interesse nello sviluppo di metodi basati su
tecniche di grigliatura meno restrittive. Un esempio e rappresentato dalle griglie totalmente
non strutturate, comuni in meccanica delle strutture. Tali tecniche offrono molti vantaggi
ma necessitano di un lavoro maggiore per la costruzione del solutore il quale deve tener
conto delle informazioni di connessione e deve gestire grosse matrici sparse. Inoltre risulta
molto complicato sviluppare schemi di ordine superiore e tecniche di accelerazione della
convergenza del tipo multigrid. Griglie totalmente non strutturate risultano inappropriate
anche per strati limite agli alti numeri di Reynolds, dove per esperienza sono presenti forti
gradienti in direzione normale alla superficie. Questi svantaggi sono spesso controbilanciati
dal vantaggio di una certa flessibilita per applicazioni CFD di carattere generale per le
quali l’utilizzo di griglie non strutturate puo certamente rappresentare una valida alternativa
alle griglie strutturate monoblocco. Tuttavia non sembra essere il caso dell’idrodinamica
computazionale in cui hanno preso piede i metodi basati sull’utilizzo di griglie strutturate
multiblocco. Non sorprende il fatto che questo sviluppo sia cominciato con l’idrodinamica
sottomarina, in cui le appendici giocano un ruolo importante.
La complessita di gestione di una griglia multiblocco, anche se C0–continuous ma senza
particolari vincoli topologici (quindi dotata di facce compound), risulta comunque sostenibile
quando si voglia sviluppare una tecnologia di soluzione delle equazioni di Navier–Stokes in
domini di calcolo complessi e basata su discretizzazione con griglie strutturate.
Fin dalla prima stesura del codice SHIP3D–MB e stata prevista per il dominio di calcolo
la suddivisione in blocchi, in ognuno dei quali costruire una griglia strutturata. Questo
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.6 Schema multiblocco IV–14
accorgimento possiede un triplice vantaggio:
• approccio zonale: in ogni zona del campo di moto si puo decidere quale modello sia
piu conveniente applicare in base alle caratteristiche che il flusso presenta localmente
(flusso non viscoso, viscoso laminare, viscoso turbolento, ecc.);
• la suddivisione in blocchi permette di avere, ove possibile, una griglia meno fitta a
vantaggio del risparmio di memoria e della velocita di calcolo. In altre parole la tecnica
multiblock puo vedersi come un metodo per accelerare la convergenza alla soluzione
stazionaria;
• si e in grado di trattare geometrie tridimensionali complesse con appendici idrodi-
namiche e configurazioni multiscafo (catamarani e trimarani).
L’insieme dei blocchi computazionali e degli enti geometrici che definiscono una griglia multi-
blocco viene qui chiamato col nome di topologia della griglia multiblocco o semplicemente
topologia.
L’elemento topologico fondamentale e il blocco computazionale o semplicemente blocco.
Il blocco corrisponde ad una distribuzione tridimensionale strutturata di nodi di una griglia,
localizzata in una regione dello spazio all’interno del dominio di calcolo, i cui contorni definis-
cono un cuboide. Il cuboide e individuato da 6 facce (faces), 12 spigoli (edges) ed 8 vertici
(vertices). In fig. IV.3 sono rappresentati tutti gli elementi topologici che appartengono ad
un blocco. La stessa figura definisce anche le convenzioni di numerazione delle diverse entita
rispetto alla posizione del sistema di indici, detto anche spazio computazionale, (ξB, ηB, ζB) .
Ad esempio, le facce che delimitano il blocco sono ordinate per coppie, a due a due opposte.
Per una trattazione piu approfondita del metodo si rimanda a De Marco [10].
Le tecniche multiblocco attuali offrono maggiore flessibilita rispetto alle griglie monobloc-
co, ma sono ancora limitate dalla necessita di interfacciare i contorni comuni dei singoli
blocchi.
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.6 Schema multiblocco IV–15
Figura IV.3: Nomenclatura e convenzioni di numerazione degli el-ementi topologici che definiscono un generico bloccocomputazionale.
IV.6.1 Trattamento dell’interfaccia fra blocchi
L’uso di tecniche multiblocco introduce nuove zone di frontiera “non fisiche” all’interno
del dominio di calcolo. Lo sviluppo di un metodo che assicuri un appropriato scambio di
informazioni fra i blocchi e di cruciale importanza per l’accuratezza della soluzione.
Nel caso di codici come questo, l’uso di tecniche di discretizzazione alle differenze finite
non-staggered costringe il progettista ad ideare un algoritmo che risolva le equazioni anche
nei nodi appartenenti all’interfaccia fra i blocchi utilizzando gli stessi operatori applicati ai
nodi interni.
In un metodo ai volumi finiti si ricorre al concetto di ghost cell ([4], [12]) il che garantisce
alle celle di frontiera lo stesso ordine di accuratezza delle celle interne. Lo stesso concetto
non puo applicarsi ai metodi alle differenze in quanto i nodi sull’interfaccia appartengono
ad entrambi i blocchi. Qualsiasi tecnica di interpolazione fra i nodi interni di due blocchi
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.6 Schema multiblocco IV–16
adiacenti avrebbe come conseguenza la mancata risoluzione delle equazioni del moto nei nodi
di interfaccia.
Dovendo soddisfare le equazioni del moto ai nodi di interfaccia con la stessa accuratezza
dei nodi interni si puo pensare di estendere gli schemi numerici a nodi fittizi detti ghost
vertex situati oltre l’interfaccia del generico blocco come mostrato in fig. IV.4.
Figura IV.4: Trattamento dell’interfaccia fra blocchi.
In altre parole ogni blocco e costituito da una zona di frontiera ed una zona interna organiz-
zate in modo tale che la zona di frontiera di un blocco sia posizionata completamente dentro
la zona interna del blocco adiacente. Questo sistema e sufficiente ad assicurare che, nei nodi
situati all’interfaccia, le equazioni del moto vengano discretizzate usando esattamente gli
stessi “operatori di differenza” usati per i nodi interni.
Ad ogni iterazione viene quindi assegnato al ghost vertex il valore della variabile fluido-
dinamica (velocita, pressione, eddy-viscosity) del nodo interno al blocco adiacente e questo
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–17
garantisce lo scambio di informazioni fra blocchi. Questo metodo non introduce alcun
errore nella soluzione stazionaria e produce variazioni molto piccole di tutte le variabili
caratteristiche del flusso attraverso le interfacce fra blocchi.
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza
Come osservato nel par. I.3 una buona simulazione idrodinamica 3D richiede un numero
di grid points dell’ordine di 105 ÷ 106. Lo sviluppo informatico pur rendendo realistiche
simulazioni su configurazioni navali complesse richiede tempi di calcolo ancora elevati. Per
contenere entro limiti accettabili la fase di risoluzione numerica delle equazioni del moto si
ricorre spesso ad algoritmi per l’accelerazione del processo di convergenza. Tali considerazioni
acquistano ancor piu valore se si pensa che all’aumentare del numero di Reynolds lo strato
limite richiede un infittimento dei punti griglia sempre maggiore.
Il vantaggio nell’implementazione di tali acceleratori risulta evidente se si pensa che
anche le fasi di ricerca degli errori e convalida del solutore risultano piu snelle. Inoltre con
le tecniche multilevel e multigrid si ha la possibilita di effettuare simulazioni con griglie di
fittezza via via crescente partendo da un unica griglia opportunamente progettata. In altre
parole si e in grado di raffinare la soluzione numerica senza dover riprogettare ex novo griglie
piu fitte: basta generarne una con una fittezza molto elevata stabilendo in seguito quale delle
sottogriglie meno fitte risponde meglio alle nostre esigenze.
IV.7.1 Multilevel
Si tratta di una tecnica che permette il trasferimento del problema numerico da un dominio
computazionale con pochi punti griglia ad uno piu fine in cui il numero di punti griglia e
raddoppiato. Si parte dalla griglia piu grossolana coarse per poi passare tramite un op-
portuno operatore di prolungamento alla griglie piu fine. Supponiamo di avere due livelli
di griglie: Lc e Lf (fig. IV.5). Detto W il vettore delle variabili fluidodinamiche incognite
W = (u, v, w, P, ν)T, il suo trasferimento dalla griglia coarse a quella fine si scrive 1
1Per rendere piu leggibile la formulazione tensoriale talvolta si utilizza la notazione in grassetto. Quindil’espressione A(W ) = f equivale a scrivere A ·W = f.
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–18
Wf ← IcfW
c (IV.27)
in cui Icf e l’operatore di prolungamento basato su una interpolazione 3D.
Figura IV.5: Trasferimento delle incognite dalla griglia coarse allagriglia fine.
Nel caso di discretizzazione alle differenze finite (vertex-centered) e sconsigliabile una inter-
polazione lineare soprattutto in flussi che contengono una certa simmetria. Al contrario una
interpolazione bilineare o trilineare riproduce esattamente anche le caratteristiche simmet-
riche del problema [50]. Per SHIP3D–MB si e scelto di utilizzare un operatore trilineare il
cui stencil, e riportato in fig. IV.6.
La routine che si occupa del prolungamento delle variabili non fa altro che assegnare ai nodi
della griglia fine opportune medie pesate delle quantita associate ai nodi della griglia coarse
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–19
(a) Operatore P 0. (b) Operatore P 1.
(c) Operatore P.
Figura IV.6: Operatore di prolungamento P: interpolazione trilin-eare.
utilizzando i “pesi” mostrati in fig. IV.6(c). Nelle figg. IV.6(a) e IV.6(b) vengono riportati
gli schemi relativi alla definizione di P
P0 =1
8
2 4 24 8 42 4 2
P1 =1
8
1 2 12 4 21 2 1
(IV.28)
In SHIP3D–MB i livelli di griglia sono organizzati come mostrato in fig. IV.7. Ad esempio
per il generico punto Pf si ha
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–20
Wf2i,2j,2k =
1
8(W c
i,j,k + W ci+1,j,k + W c
i,j+1,k + W ci,j,k+1 +
W ci+1,j+1,k + W c
i+1,j,k+1 + W ci,j+1,k+1 + W c
i+1,j+1,k+1) (IV.29)
in cui Wf e Wc rappresentano la generica variabile fluidodinamica rispettivamente su griglia
fine e coarse. Analogamente per il punto E ad “est” di Pf si ha
Wf2i+1,2j,2k =
1
4(W c
i+1,j,k + W ci+1,j,k+1 + W c
i+1,j+1,k + W ci+1,j+1,k+1) (IV.30)
mentre per NE a “nord-est” di Pf
Wf2i+1,2j+1,2k =
1
2(W c
i+1,j+1,k + W ci+1,j+1,k+1) (IV.31)
e cosı via.
Per i nodi fine che coincidono con i nodi coarse si opera una semplice “iniezione”
Wf2i−1,2j−1,2k−1 = W c
i,j,k (IV.32)
La gestione dei livelli di griglia non solo permette il controllo del grado di approssimazione
raggiunto dalla soluzione ma rende piu robusto il processo di convergenza in quanto, nel pas-
saggio dalla griglia coarse a quella fine, assegno un campo di moto preesistente migliorando
la qualita della convergenza.
IV.7.2 Multigrid
Per la soluzione delle equazioni di Navier-Stokes sono richiesti degli schemi di discretizzazione
sufficientemente accurati e delle griglie molto fitte. L’alta accuratezza puo essere ottenuta
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–21
Figura IV.7: Gestione delle griglie coarse e fine in SHIP3D–MB
solo a spese dell’efficienza computazionale dell’algoritmo di risoluzione. Le tecniche Multigrid
sono tipicamente adoperate per accelerare la convergenza verso soluzioni stazionarie e per
incrementare l’efficienza dello schema numerico.
Inizialmente sviluppati per la risoluzione di problemi lineari, i metodi a griglie multiple
sono stati applicati con successo a problemi di fluidodinamica per la prima volta da Jameson
per flussi non viscosi [23] e successivamente per flussi viscosi [34]. L’idea che e alla base
delle strategie multigrid consiste nel trasferire alcuni dei compiti associati alla procedura di
risoluzione ad una sequenza di griglie sempre meno fitte.
Fissata una griglia con il desiderato livello di accuratezza (griglia fine) si introducono
successivamente griglie via via piu grossolane ottenendole dalla griglia di partenza tramite
eliminazione alternata dei nodi (griglie coarse). Avendo a disposizione, allora, piu livelli di
griglia, si puo pensare di demandare alla griglia piu accurata l’abbattimento della parte ad
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–22
alta frequenza dell’errore tra soluzione di nmo tentativo e soluzione esatta, ed alle griglie piu
grossolane l’abbattimento della parte a bassa frequenza. In tal modo, essendo effettuato lo
smorzamento dei modi a bassa frequenza su una griglia con un numero minore di punti, si
ottiene una accelerazione della convergenza del processo iterativo.
Come risultato si ottengono (i) un aumento dei passi temporali sulle griglie piu grossolane
senza violare i limiti di stabilita dello schema, (ii) una riduzione del numero di operazioni
richieste e quindi (iii) una maggiore velocita di convergenza.
Il metodo multigrid si puo interpretare come una tecnica generale applicabile a diverse
classi di problemi fluidodinamici se del loro carattere si tiene opportunamente conto nella
costruzione degli operatori di trasferimento da un livello di griglia all’altro [35].
Una tecnica multigrid deve sempre smorzare in maniera ottima tutte le frequenze dello spet-
tro dell’errore numerico associato allo schema di discretizzazione spaziale. Le alte frequenze
sono generalmente abbattute con poche iterazioni su una data griglia grazie alle proprieta
di smorzamento dell’errore caratteristiche dell’algoritmo di avanzamento nel tempo (l’RK
nel caso dello schema JST). Le basse frequenze sono abbattute invece grazie alla strategia
multigrid sulle griglie piu grossolane.
Per una trattazione accurata e completa della teoria dei metodi multigrid, che esula
dalle finalita della Tesi, e utile consultare il riferimento [50].
La strategia adottata e di tipo multiblock inside multigrid. Cio significa che il ciclo sui
blocchi e interno al ciclo sui livelli di griglia. E possibile usare un metodo Full Approximation
Storage (FAS), oppure, per ottenere un buon pre-condizionamento della soluzione di primo
tentativo sulla griglia fine, un metodo Full MultiGrid (FMG).
Full Approximation Storage Multigrid
Siano ancora Lf e Lc rispettivamente il livello di griglia fine e coarse. Indichiamo con indici
crescenti i livelli di griglia via via piu accurati essendo 1 l’indice della griglia piu grossolana.
Supponiamo di voler risolvere sul livello di griglia fine (Lf ) il problema non lineare stazionario
A(W ) = f (IV.33)
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–23
con A un generico operatore non lineare ed f termine noto. Indichiamo con R il residuo di
IV.33
R(W) = A(W )− f (IV.34)
Un ciclo FAS a V si basa sulla seguente procedura
(a) Ciclo FAS a V : γL = 1. (b) Ciclo FAS a W : γL = 2.
(c) Ciclo FAS a dente di sega: γL = 3.
Figura IV.8: Cicli FAS.
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–24
SUBROUTINE MG(WL, fL, L, γL)
1. IF (L=1) THEN
2. esecuzione di Niter rilassamenti al livello di griglia corrente L;
3. ELSE
4. esecuzione di NPRE rilassamenti al livello di griglia corrente L;
(a) restrizione del residuo sulla griglia L− 1
RL−1 ← ILL−1RL (IV.35)
(b) restrizione della soluzione sulla griglia L− 1
W0L−1 ← IL
L−1WL (IV.36)
(c) calcolo del temine noto sulla griglia L− 1
fL−1 ← RL−1
(W0
L−1
)− IL
L−1RL (IV.37)
(d) esegue γL cicli multigrid
FOR I = 1 to γL DO
MG(WL−1, fL−1, L− 1, γL)
END DO
(e) esegue il calcolo e il prolungamento della correzione
WL ←WL + IL−1L
(WL−1 −W0
L−1
); (IV.38)
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–25
END IF
5. esecuzione di NPOST iterazioni al livello di griglia corrente L;
END SUBROUTINE
La procedura descritta fa uso del concetto di ricorsione (previsto nel linguaggio di pro-
grammazione Fortran90 ) e in base all’intero γL da luogo a cicli FAS differenti. Se ad esempio
la griglia computazionale prevede quattro livelli di approssimazione, fissando γL = 1, 2, 3 si
ottengono rispettivamente i cicli a V , a W e a dente di sega mostrati in fig. .
L’operatore di prolungamento IL−1L e quello descritto nel par. IV.7.1 (cfr.fig. IV.6). La
restrizione del residuo e la restrizione della soluzione, che abbiamo indicato rispettivamente
con gli operatori IL−1L e IL−1
L si ottengono attraverso una semplice iniezione della variabile
corrente dal nodo fine al nodo coarse corrispondente [50]
Wci,j,k = W f
2i−1,2j−1,2k−1 (IV.39)
Lo schema Full Multigrid
Si consideri il livello di griglia iniziale Lin, con Lin compreso tra il livello di griglia piu coarse
Lc e quello piu fine Lf . Lo schema FMG consiste nell’applicare lo schema multigrid FAS a
partire dal livello di griglia Lin fino al livello Lf secondo lo schema
1. si assegna una soluzione di primo tentativo W0L sul livello di griglia L = Lin
2. FOR L = Lin to Lf − 1 DO
(a) esecuzione di Nc cicli FAS sul livello di griglia L, con l’ottenimento di una soluzione
WL;
(b) interpolazione, tramite l’operatore di prolungamento, della soluzione WL al livello
di griglia successivo
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.7 Tecniche di accelerazione della convergenza IV–26
WL+1 ← ILL+1WL (IV.40)
END DO
3. esecuzioni di Nf cicli FAS sul livello di griglia finale.
Qualora si eseguisse tale schema effettuando cicli FAS ad un solo livello di griglia, che
coincidono, ovviamente, a delle semplici iterazioni sul livello di griglia corrente, lo schema
FMG si riduce semplicemente ad un refining di una soluzione di primo tentativo da una
griglia piu grossolana alla griglia finale, effettuando dei rilassamenti sulle griglie intermedie
che contribuiscono senz’altro ad ottenere una soluzione ben condizionata sulla griglia fine.
In altre parole si ritorna alla tecnica multilevel poc’anzi descritta anche nota come Nested
Iteration.
IV.7.3 Residual Averaging
Inoltre un certo carattere implicito gli deriva dall’utilizzo della tecnica del Residual Averaging
che, tra l’altro, aumenta la velocita di convergenza nella simulazione di flussi stazionari.
Allo schema di avanzamento del tempo proposto puo essere dato un carattere implicito
attraverso una tecnica nota con il nome di residual averaging o residual smoothing. L’ef-
fetto pratico risulta in una estensione dei limiti di stabilita dell’algoritmo RK. Inoltre viene
migliorata l’efficienza dei metodi di risoluzione a griglie multiple.
Al generico stadio “`”, il residuo calcolato nel vertice (i, j) viene sostituita da una
grandezza “mediata” R`
i,j. Il residuo mediato e legato a quello non mediato dalla formula
alle differenze fattorizzata
(1− εξ δ2
ξ
) (1− εη δ2
η
) (1− εζ δ2
ζ
)R
`
i,j = R`i,j (IV.41)
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.8 Aspetti numerici IV–27
dove εξ, εη sono dei coefficienti. Per ottenere le incognite Ri,j dalla (IV.41) e necessario
risolvere un sistema lineare di equazioni con matrice tridiagonale per ciascuna direzione
coordinata.
Per un problema modello lineare ed unidimensionale si dimostra [23] che, detto σ∗ =
CFLmax il limite di stabilita dello schema di partenza, il numero di Courant σ dello schema
con residuo mediato deve essere tale che
εξ ≥1
4
( σ
σ∗− 1
)(IV.42)
In generale i coefficienti εξ, εη vengono calcolati vertice per vertice con formule ottimiz-
zate [34]. Osserviamo che i parametri di smoothing hanno ordine di grandezza unitario e
possono esser scelti in maniera indipendente per ogni direzione nello spazio.
IV.8 Aspetti numerici
Per evitare sprechi di memoria e limitare il tempo di una singola simulazione e prevista
una modalita di funzionamento detta di pre-processing per il calcolo preventivo di tutta una
serie di grandezze geometriche che serviranno per prove successive su una stessa geometria.
Ad esempio risulterebbe poco pratico valutare per ciascun ciclo di prove le distanze carat-
teristiche dei punti griglia dalle pareti solide. A tal proposito si e prevista una apposita
routine che calcola la distanza minima di ciascun nodo del dominio di calcolo dalla parete
solida piu vicina. La valutazione delle distanze puo avvenire anche attraverso i blocchi il
che permette l’utilizzo di domini sia monoblocco che multiblocco. Le distanze cosı trovate
sono quelle richieste dal modello di Spalart-Allmaras. Per il modello di Baldwin-Lomax e
necessaria una ulteriore procedura che effettui il sorting di tutti i punti del dominio ordi-
nandoli in base alla loro distanza da un prefissato punto sulla parete solida. Questo perche
il modello calcola la νe a partire dalla parete solida verso il bordo dello strato limite lungo
la normale geometrica. Chiaramente un modello del genere pone seri problemi informatici
nel caso lo si voglia implementare in uno schema multiblocco. In SHIP3D-MB e previsto il
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
IV.8 Aspetti numerici IV–28
modello algebrico solo per domini monoblocco; diversamente il modello ad una equazione e
utilizzabile anche in domini multiblocco.
La simulazione vera e propria avviene in modalita running dopo la lettura del file
contenente le informazioni geometriche calcolate in precedenza. Nell’algoritmo di risoluzione
numerica esposto nel par. IV.5 il primo passo consiste nel calcolo dei termini viscosi F 1, F 2,
F 3 ma solo al primo stadio della Runge-Kutta. Entrambi i modelli di turbolenza calcolano
il contributo νe a monte del ciclo di rilassamento delle equazioni del moto e richiedono il
calcolo preventivo della vorticita nei nodi interni al blocco. Nel modello di Baldwin-Lomax si
prevede una apposita routine che valuta la vorticita anche sulla parete solida. Per il modello
di Spalart-Allamras e prevista una procedura di rilassamento disaccoppiata da quella che
risolve le Navier-Stokes. In altre parole prima di risolvere le Navier Stokes al generico passo
di tempo n si effettua un ciclo Runge-Kutta sull’equazione di bilancio di ν. In questo modo
e possibile utilizzare un CFL turbolento in maniera indipendente dal CFL utilizzato per le
Navier-Stokes e di conseguenza si controlla meglio la stabilita di tutto il processo iterativo.
Infine dopo un certo numero di prove si e visto che utilizzando un valore asintotico per χ di
1.341946 [28] si evitano i problemi di instabilita insorti ponendo χ = 0.5 come consigliato
da Spalart.
Cap. IV. Modello numerico F. Capizzano
Capitolo V
Risultati
Il progetto idrodinamico di una carena si basa sulla conoscenza delle caratteristiche del suo
campo di moto. Le prove sperimentali in vasca sono e continueranno ad essere il principale
strumento di indagine per le stime di resistenza ed efficienza propulsiva ma dobbiamo anche
riconoscere che la CFD si sta dimostrando un utile strumento di avanprogetto in campo
navale. I metodi numerici sono in grado di stimare almeno qualitativamente il comporta-
mento idrodinamico della carena sicche il progettista e in grado di apportare le opportune
modifiche per migliorarne le prestazioni.
Il flusso turbolento che si genera intorno alla geometria di una nave e alquanto complesso
a causa di separazioni del filetto fluido soprattutto in zone con forti gradienti di pressione e
ad elevate curvature della geometria. L’interesse e gli sforzi si concentrano principalmente
sulla previsione delle caratteristiche del flusso nella zona d’elica in cui l’efficienza propulsiva
peggiora a causa di grosse strutture vorticose. Detto cio si capisce quanto sia importante la
simulazione numerica nel processo di design e sviluppo di una carena navale.
In questo capitolo sono riportate una serie di simulazioni ottenute con il solutore vis-
coso SHIP3D–MB. Il test-case sulla lastra piana profondamente immersa ha lo scopo di val-
idare il metodo numerico proposto dimostrando contemporaneamente una buona robustezza
per un problema che spesso mette in difficolta anche i codici commerciali piu affermati.
merico in una sezione longitudinale qualunque. 1 Si noti nella fig. V.4(a), come lo spessore
di strato limite numerico sia prossimo alla curva nera corrispondente al δ teorico di Blasius.
Le isocurve di pressione (fig. V.4(c)) mostrano una compressione della corrente in corrispon-
denza della discontinuita geometrica al bordo d’attacco seguita dalla zona a P ' 0 e da una
leggera espansione in prossimita del bordo d’uscita dovuta allo spessore di strato limite.
Una vista 3D dello sviluppo dello strato limite in scia viene proposto nelle figg. V.5(a)
e V.5(b).
(a) Componente u. (b) Componente w.
Figura V.5: Soluzione numerica per lastra piana isobarica a Re∞ =103 su griglia (65× 9× 33).
Il coefficiente d’attrito alla parete teorico ricavato da Blasius per il regime laminare vale [39]
Cf =0.664√
Rex
(V.2)
Questo viene confrontato con il Cf ricavato numericamente nella fig. V.6 dove si nota un
1Per simulare la lastra piana infinita si e imposta la condizione di parete periodica sulle facce lateralisicche il campo di moto, a carattere 2D, e lo stesso in tutte le sezioni longitudinali.