Teoria e pratica per la progettazione e la realizzazione di impianti di sicurezza negli edifici storici adibiti a museo L’Italia è ricca di palazzi, castelli, edifici storici di grandi e piccole dimensioni. La variegata storia del nostro paese ha fatto sì che anche le città minori posseggano pregiati edifici storici che spesso versano in condizioni di abbandono per ragioni economiche o sono altrettanto spesso sotto utilizzati o male utilizzati. Il revival delle identità locali, il riconoscimento della storia come valore comunitario ha spinto molte piccole e medie amministrazioni all’utilizzo museale di queste strutture, cosa che le grandi città d’arte italiane hanno fatto da sempre. Ciò ha creato una “museologia del riutilizzo delle strutture storiche” caratteristica del nostro paese, che fu teorizzata anche in alcuni articoli apparsi negli anni trenta 1 . Questa utilizzazione a scopo museale di antichi edifici storici pone naturalmente notevoli problemi per quanto riguarda la sicurezza. 1 Giovannoni 1934 – Atti del Congresso Internazionale di Madrid.
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Teoria e pratica per la progettazione e la realizzazione di impianti di
sicurezza negli edifici storici adibiti a museo
L’Italia è ricca di palazzi, castelli, edifici storici di grandi e piccole
dimensioni. La variegata storia del nostro paese ha fatto sì che anche le
città minori posseggano pregiati edifici storici che spesso versano in
condizioni di abbandono per ragioni economiche o sono altrettanto spesso
sotto utilizzati o male utilizzati. Il revival delle identità locali, il
riconoscimento della storia come valore comunitario ha spinto molte
piccole e medie amministrazioni all’utilizzo museale di queste strutture,
cosa che le grandi città d’arte italiane hanno fatto da sempre. Ciò ha creato
una “museologia del riutilizzo delle strutture storiche” caratteristica del
nostro paese, che fu teorizzata anche in alcuni articoli apparsi negli anni
trenta1. Questa utilizzazione a scopo museale di antichi edifici storici pone
naturalmente notevoli problemi per quanto riguarda la sicurezza.
1 Giovannoni 1934 – Atti del Congresso Internazionale di Madrid.
La sicurezza di queste strutture e del loro contenuto è un argomento
assai complesso e vario che comprende una globalità di problematiche che
vanno dalla conservazione preventiva alla antieffrazione, dalla prevenzione
incendi alla evacuazione, con necessità spesso in contrapposizione fra loro.
Ad un panorama già così vario si unisce poi quello degli ambiti dei
quali la sicurezza deve occuparsi, che comprende: la sicurezza delle
persone (dipendenti e visitatori), degli edifici e del loro contenuto (con un
ulteriore caso particolare per le dimore museo).
Personalmente ritengo necessario considerare la sicurezza nei musei
come un “ramo del sapere che studia i principi e le cause, e in particolare i
fondamenti della realtà …ecc.” quindi una “Filosofia” che deve
considerare contemporaneamente la globalità delle problematiche .
Dopo questa premessa ritengo utile indicare quelli che credo debbano
essere i punti fermi di detta filosofia:
1. La Sicurezza deve essere assicurata 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno.
2. La Sicurezza non è un valore assoluto conseguibile per mezzo di azioni
sempre predeterminabili, ma è un valore in continua evoluzione, da
verificare giornalmente in funzione della modificazione dell’ambiente
interno ed esterno
3. Un aumento dei rischi per la Sicurezza negli edifici storici è costituito
dalla condivisione di spazi fra diverse attività
4. I maggiori rischi per la Sicurezza si configurano in occasione
dell’esecuzione di lavori di manutenzione, interni od esterni agli edifici,
soprattutto se obbligano al disinserimento degli impianti.
Nel titolo ho indicato i termini “teoria e pratica” e ora voglio
spiegare quello che intendo con detti termini:
��Con Teoria si considera la buona e corretta conoscenza delle norme e
delle tecnologie per la sicurezza.
��Con Pratica si considera la conoscenza delle problematiche legate alla
progettazione e alla realizzazione di impianti negli edifici storici, unita
alla necessità di conoscenza della operatività all’interno di ogni singolo
edificio.
Data per scontata la teoria, ritengo utile evidenziare alcuni dei problemi
relativi alla pratica.
Un importante problema, che si configura soprattutto nel caso di
interventi in strutture già in uso è rappresentato dalla difficoltà di riuscire
ad individuare nella fase di acquisizione dei dati per la progettazione tutto
quanto necessario ai fini esecutivi. Questo perché in detta fase non sempre
esiste la possibilità di effettuare verifiche distruttive per accertare la
possibilità di realizzare collegamenti orizzontali e verticali per il passaggio
degli impianti.
Un ulteriore problema è rappresentato spesso dalla mancata
collaborazione tra il direttore del museo e il tecnico progettista della
sicurezza, tale carenza si configura quasi sempre per effetto di una
mancanza di confronto fra i diversi settori tecnici dell’amministrazione
proprietaria degli edifici, che non facilita tale contatto già nelle fasi iniziali
per la progettazione.
Tale contatto risulta estremamente importante relativamente alla
necessità di conoscere esattamente quali siano le attività svolte all’interno
di un museo.
Per esempio, poiché le leggi sulla sicurezza che i musei sono tenuti
ad applicare non impediscono lo svolgimento di alcuna attività, ma si
limitano a stabilirne le modalità o a disporre limiti di affluenza, la
collaborazione fra il museologo e il tecnico della sicurezza in questa fase
può permettere di stabilire a priori l’ubicazione delle attività a rischio e i
punti di debolezza per la sicurezza, e far fronte così ai vincoli normativi
posti all’attività del museo2. Uno studio preventivo delle attività del museo
e della loro ubicazione spaziale, quando possibile, consente inoltre un
risparmio in termini economici permettendo di ridurre la necessità degli
interventi di adeguamento. Per garantire la sicurezza del museo è essenziale
che, inoltre, vengano acquisite informazioni dettagliate sulle attività che si
svolgono in prossimità dell’edificio e vengano analizzati i possibili rischi
connessi con tali attività. Non mi risulta che un’analisi di questo tipo venga
sempre effettuata per le nuove realizzazioni, e non sono sicuro che siano
tenute sotto controllo “attività a rischio” che circondano musei già esistenti.
Per fare un solo esempio citerò il Museo Correr di Venezia ubicato,
assieme alla Biblioteca Marciana e al museo archeologico nazionale,
direttamente sopra una lunga serie di esercizi commerciali e di ristorazione
che si affacciano lungo i portici di Piazza San Marco. La situazione è
paradossale perché mentre le istituzioni culturali poste al primo piano sono
soggette a rigide norme di sicurezza antincendio, gli esercizi commerciali
sottostanti, in ragione delle piccole dimensioni non devono sottostare a
norme così rigide, pur essendo collocati nel medesimo stabile e
rappresentando quindi un analogo grado di rischio.
Poiché molti musei sono di piccole dimensioni e possono non avere
un’organizzazione per la sicurezza, le risorse e i metodi di intervento
devono iniziare con le misure di protezione più semplici , quelle primarie o
di base tipo la videosorveglianza che non obbliga alla presenza fisica di 2 Avviene non di rado che una scarsa conoscenza, se non una totale ignoranza delle leggi vigenti in termini di sicurezza dei musei induca i responsabili degli uffici tecnici delle amministrazioni proprietarie che hanno giurisdizione sui musei a vietare attività che la normativa ritiene invece del tutto lecite.
personale. I sistemi di allarme tuttavia scoprono i cambiamenti di stato o
presenze anomale, ma non interpretano o deducono cosa li abbia provocati,
sono efficaci quando qualcuno reagisce prontamente ai loro segnali. Quindi
la presenza di sistemi di allarme non può prescindere dalla necessità della
risposta del personale di controllo,anche se non obbligatoriamente ubicato
in sito.
Sebbene l’occupante di un edificio aperto al pubblico sia responsabile solo
della sicurezza al suo interno, in pratica essa deve iniziare dalla difesa
fisica del perimetro esterno. La sicurezza fisica è costituita da barriere
difficili da superare da passaggi obbligati sorvegliati a mezzo video, o da
altri sistemi da studiare caso per caso. Nel caso degli edifici storici, molta
cura dovrà essere prestata alla sorveglianza degli accessi, spesso carenti di
chiusure sufficientemente robuste (porte) e delle finestre. Un sistema di
sicurezza quindi deve basarsi sulla creazione di una serie di perimetri
concentrici di protezione, a partire dai più esterni (confini della proprietà),
fino ai più interni (aree non aperte al pubblico).
Per una migliore progettazione della sicurezza è indispensabile che il
tecnico acquisisca quante più informazioni possibili sull’operatività del
museo e sulle attività che vengono svolte al suo interno, mediante un
confronto con la direzione dell’istituto e anche con gli incaricati della
sorveglianza. Gli impianti di sicurezza dei perimetri possono prevedere
sistemi di allarme, di videosorveglianza o sistemi integrati.
Nella progettazione di tali sistemi si dovrà prevedere la possibilità del loro
adeguamento alle diverse situazioni di utilizzo giornaliero:
• Orario di apertura al pubblico con presenza del personale,
• Orario di apertura al pubblico durante la pausa pranzo,
• Orario di chiusura al pubblico con presenza del personale,
• Orario di chiusura al pubblico senza presenza del personale,
• Apertura per manifestazioni speciali in orario normale,
• Apertura per manifestazioni speciali fuori orario normale.
I componenti dell’impianto di sicurezza dovranno essere scelti in maniera
attenta, avendo cura di privilegiare quelli in grado di richiedere la minore
manutenzione e garantire la minor quantità di falsi allarmi.
Senza una collaborazione fra il museologo e il tecnico progettista
della sicurezza, che può trasformarsi in aperta conflittualità in qualsiasi
momento del percorso di progettazione e di costruzione degli impianti, sarà
infatti difficile armonizzare il contenitore e il contenuto alle necessità per
l’inserimento delle nuove tecnologie e soprattutto si correrà il rischio di
rendere difficile il loro utilizzo pratico futuro.
La riduzione dei finanziamenti per la cultura, purtroppo frequente in
questi ultimi anni, non facilita poi l’esecuzione dei lavori di adeguamento
necessari.
Il problema dei costi per l’adeguamento degli edifici storici alle
problematiche della sicurezza assume poi ulteriore maggiore importanza se
oltre alle necessità della prevenzione incendi si considerano quelle della
conservazione preventiva e dell’antieffrazione, settori che richiedono i
maggiori interventi sugli edifici, con tutte le difficoltà presenti nel caso di
quelli vincolati, che risultano essere quasi la totalità delle sede museali.
A lato dei problemi conseguenti allo stato di conservazione degli
edifici, generalmente poi si riscontrano grossi problemi legati alla carenza
di manutenzione ordinaria degli stessi, ai quali si aggiungono (fatta
eccezione per alcune città maggiori, nelle quali però si sono riscontrati a
volte problemi di competenza fra i diversi settori di una stessa
amministrazione) la mancanza di adeguate strutture tecniche incaricate di
tale compito.
Tutto questo non vuole significare che in Italia non venga fatto nulla
per la Sicurezza nei musei, da parte mia posso testimoniare (non volendo
con questo considerarlo un caso unico, ma unicamente per diretta
esperienza e conoscenza) dei notevoli sforzi del Comune di Milano per la
messa a norma dei suoi musei civici, in atto già da molti anni.
Con lo stesso valore, mi limito a ricordare poi il Museo di Santa
Maria della scala di Siena, a cui gli stretti rapporti con la locale Fondazione
bancaria hanno facilitato il raggiungimento di livelli di eccellenza.
Conclusioni
Volendo concludere in modo costruttivo, personalmente ritengo che
il nostro paese debba esprimere un maggior sforzo relativamente alla
Sicurezza nei musei rivolto anche a prevedere procedure e piani di
intervento per le emergenze .
Un maggior sforzo da svilupparsi su basi pratiche e non teoriche per la
creazione di una Organizzazione preventiva in grado di occuparsi di tutte
le realtà presenti nel nostro paese. Un’Organizzazione preventiva su base
territoriale da definire, ma in grado di occuparsi anche delle realtà minori,
considerando come primo problema principale quello dell’identificazione
di chi possa decidere l’evacuazione di un museo in caso di necessità.
Questa affermazione che potrebbe sembrare superflua, trova invece
fondamento nell’esperienza narrataci dai colleghi dell’International
Committee on Museums Security (ICMS) dell’International Council of
Museums (ICOM) durante il convegno tenutosi a Basilea nel 2003, che di
seguito riporto:
In occasione delle inondazioni verificatesi nell’Europa centrale
nell’anno 2003, a Dresda il fiume Elba si innalzò di 8,20 m. nel giro di 24
ore. In tutto quel tempo non fu possibile identificare chi potesse disporre
l’evacuazione delle opere d’arte della State Art Collection of Dresden , che
vennero pertanto interessate dall’esondazione, con notevoli danni.
Un’Organizzazione preventiva da basarsi:
• sulla conoscenza delle singole sedi museali e dei loro precedenti eventi,
• sulla conoscenza della loro ubicazione,
• su come possibile raggiungerle e con quali mezzi,
• sulla conoscenza dei rischi derivanti dalle attività limitrofe al museo,
per la definizione di linee di intervento che prevedano:
• l’inserimento delle attività limitrofe ai musei fra quelle soggette a
verifica del rispetto delle norme di sicurezza (antincendio, impianti)
indipendentemente dalla loro dimensione,
• la conoscenza del tipo di attrezzature necessarie per l’intervento per
ogni sede museale,
• la formazione di personale di custodia preparato e motivato per gestire
le situazioni di emergenza.
Un’Organizzazione preventiva strutturata come indicato nello schema
allegato.
Ultimo punto, ma non certo il meno importante, che voglio evidenziare
è quello della necessità di sviluppare una conoscenza fra il mondo delle
aziende e quello dei musei. Un incontro che, ampliando la reciproca
conoscenza, possa favorire lo sviluppo della ricerca di nuovi prodotti e di
nuove tecnologie.
Al riguardo rimando ai concetti già esposti nel mio articolo a pagina 27