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La redazione:
http://www.diecieventicinque.it/ 1968
Pag. 3 E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti. di Salvo Ognibene
Pag. 4 - 5 Intervista a PAOLO BOLOGNESI, Presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna di Beniamino Piscopo e Salvo Ognibene
Pag. 6 - 7 La verità, quella giudiziaria. di Valeria Grimaldi
Pag. 8 2 Agosto 1980. In attesa della storia di Danilo Palmeri
di Salvo Ognibene
Stazione di Bologna: 2 agosto 1980, ore
10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe
della stazione di Bologna, un ordigno a
tempo, contenuto in una valigia
abbandonata, esplose.
Un boato , 85 morti, 200 feriti e le
lancette di quell’orologio che si
fermarono.
Per la Strage politica di Bologna esiste
una verità giudiziaria. Condannati come
autori materiali della strage i terroristi di
destra Giuseppe Fioravanti, Francesca
Mambro e Luigi Ciavardini, che, ad ogni
modo, continuano a dichiararsi innocenti.
Sui mandanti, invece, non esistono
certezze.
“E’ nel cuore torbido delle istituzioni che
vanno ricercati i mandanti” recita il
manifesto dell’associazione delle vittime
del 2 agosto per il 32° anniversario
ricorso ancora senza verità.
L’associazione dei parenti delle vittime
nata con lo scopo di "ottenere con tutte le
iniziative possibili la giustizia dovuta”.
DIECIeVENTICINQUE a Bologna vuol
dire qualcosa.
E’ un simbolo, un orologio interrotto con
quelle ferme lancette che stiamo provando
a rimettere in moto. Quell’orologio è il
simbolo di una storia, che ci unisce e che
da nord a sud ci rende uguali.
Bologna come Palermo. Palermo come
Bologna. Due città tanto vicine quanto
lontane, vicine come le verità mancanti,
lontane come quell’aereo che non arrivò
mai a destinazione ma che si squarciò in
volo e scomparve in mare, nei pressi di
Ustica.
Verità che mancano, troppe. Pezzi dello
Stato che segnano la storia,
negativamente, tra depistaggi, servizi
segreti , piani oscuri e un popolo, un
paese, da sud a nord che lotta insieme
ricercando sempre la pubblica verità.
Nord e sud, partigianeria e rivoluzione
antimafia, unite da un’unica resistenza.
Pertini, che in quel tragico sabato si recò
subito nella città felsinea, in lacrime
affermò: “non ho parole, siamo di fronte
all’impresa più criminale che sia avvenuta
in Italia”.
Dopo due anni di assenza, le istituzioni
nazionali tornano a Bologna ma soltanto
in parte.
Non si presenteranno sul luogo della
strage ma presenzieranno soltanto alla
ricorrenza in Comune.
Come a dire, lo Stato c’è ma non troppo.
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Da allora la fiducia nello Stato nel corso
degli anni è diminuita o aumentata?
Per quanto riguarda noi, senza fiducia
nelle istituzioni non avremmo nemmeno
un senso da dare a quest’associazione.
Con la nostra presenza e la nostra ricerca
noi vogliamo dare una mano alle
istituzioni. Un conto è lo Stato, fare
valutazioni su chi ne ricopre le cariche è
un altro.
Qualcuno dice cinicamente che lo Stato
non può condannare se stesso. Lei è
d’accordo con questa affermazione?
Questa è un’affermazione generica che
semplifica troppo le cose. Ricollegandomi
periodo della strage di Bologna, tutti i
vertici dei servizi fossero iscritti alla P2.
Chi è stato?
Facciamo un discordo molto chiaro. In
Italia ci sono state tredici stragi, escluse
quelle di mafia. In tutte non si è arrivati
ai mandanti, in tutte abbiamo avuto i
servizi segreti che hanno cercato di
depistare, proteggendo gli esecutori
materiali. In alcuni casi si è arrivati a
trovare gli autori materiali attraverso i
collaboratori di giustizia. Una sola volta
per via giudiziaria: nel caso della strage di
Bologna. Ora, i vertici dei servizi sono
nominati dalla presidenza del consiglio,
quindi è lì che bisogna cercare i mandanti,
quelli che hanno la responsabilità politica
delle stragi. Una prova che non si sta
parlando di fantapolitica ne è la trattativa
tra Stato e mafia nei primi anni novanta,
che oggi è ormai un fatto indiscutibile.
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di Beniamino Piscopo e Salvo Ognibene
La domanda che credo tutti si siano fatti
ripensando al 2 Agosto è “perché?”.
Tutti gli atti, anche i più brutali, hanno
uno scopo o una logica seppur orribile.
Qual è il senso di quella bomba?
Creare una situazione di tensione,
affinché l’opinione pubblica fosse
orientata verso un blocco moderato. Noi
abbiamo avuto un periodo piuttosto lungo
in cui il regolare corso democratico del
nostro paese è stato condizionato da stragi
e terrorismo. Prima c’è stata la strategia
della guerra rivoluzionaria promossa
dall’istituto Pollio, quella che considerava
qualsiasi metodo, anche il più
riprovevole, lecito e giusto purché il
partito comunista non andasse al governo
. Poi c’è stata la strategia della loggia P2
che prevedeva lo svuotamento
dall’interno delle istituzioni attraverso il
controllo di quest’ultime: il cosiddetto “
piano di rinascita”. Non è un caso che nel
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Intervista aPAOLO BOLOGNESIPresidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna
ha dato il suo impegno nell’associazione? Vedere che l’associazione è diventata un punto di riferimento a livello internazionale, anche per studiosi esterni. A volte capita che le ambasciate che hanno visto i propri concittadini coinvolti in incidenti qui in Italia, chiamino prima noi e poi il ministero degli interni. Questo giornale si chiama Diecieventicinque perché crediamo che il modo migliore per evitare che simili fatti si ripetano sia conservarne la memoria. Lei vede questa consapevolezza nelle nuove generazioni? Si, la vedo. Facciamo molta attività nelle scuole ed è bello vedere i ragazzi reagire con partecipazione alle nostre iniziative. Penso anche alle commemorazioni che ogni anno celebriamo il 2 Agosto qui a Bologna in ricordo della strage. Ogni anno di giovani ne vedo sempre di più e sempre più consapevoli. Lo considero un segnale importante: vuol dire voler esserci.
al discorso di prima, io credo nelle istituzioni, la valutazione su chi ricopre le cariche è un altro conto. Crede che un periodo difficile, pieno di tensioni sociali come questo, possa ricreare le condizioni che portarono alle stragi? Oggi sarebbe possibile un nuovo 2 Agosto?
È un momento che può portare a rivivere situazioni molto tragiche. Ovviamente il quadro è molto diverso da allora, tuttavia oggi c’è un movimento tra i partiti e un rimescolamento che può scombussolare le carte, creare dei vuoti di potere a cui bisogna stare molto attenti. Inoltre oggi con la rete è molto più semplice organizzarsi. Qual è lo scopo dell’associazione? Avere giustizia, che per noi significa sapere la verità. Conoscere gli esecutori materiali è importante ma il cerchio si chiuderà quando e se si arriverà ai mandanti. O arrivi a svelare e punire determinate azioni in via giudiziaria, oppure sei condannato a riviverle
La Corte definisce la sentenza pronunciata dalla Corte d'Assise di Bologna quale "illogica, priva di
coerenza, non ha valutato in termini
corretti prove e indizi, non ha tenuto
conto dei fatti che precedettero e
seguirono l'evento, immotivata o
scarsamente motivata, in alcune parti i
giudici hanno sostenuto tesi inverosimili
che nemmeno la difesa aveva sostenuto".Il nuovo processo d'appello, con sentenza del 16 maggio 1994, conferma l'impianto accusatorio ricostruito nel processo di primo grado, salvo l'assoluzione degli
costantemente, senza arrivare alla parola fine su questa strategia che ha frenato lo sviluppo democratico del nostro paese.
Dopo dieci anni è arrivata la sentenza definitiva della cassazione sui fatti della Diaz, che ha decapitato i vertici della polizia. È un segnale positivo? Può fare da caso apripista per avere in Italia una giustizia vera e terza?
Certo, secondo me si. È solo un fatto positivo che ci sia stato un riconoscimento delle responsabilità di alti vertici delle istituzioni. Anche qui però mancano i politici. Crede sul serio che potrà mai venire a galla la verità sulle stragi?
Perché no? Noi ci proviamo. Ci impegneremo affinché si rendano pubblici i documenti dei tribunali e continueremo a portare avanti la nostra battaglia per l’abolizione del segreto di Stato. Sono sfide proibitive ma se non ci provi non potrai mai vincerle. Qual è la soddisfazione più grande che le
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all’isolamento: è una castrazione, è la
rinuncia a una parte importante dei
sentimenti e della vita di relazione.
Alla luce di tutto questo vi starete
chiedendo: lo rifaresti? Sì, lo rifarei.
E il mio gesto è la mia eredità per i miei
figli, i miei genitori, i miei amici. Io sono
un uomo onesto. Incensurato, se questo
serve per confermare il mio stato. Non
sono diventato testimone di giustizia
masticando certe terminologie, certi
codici, stringendo talvolta o per sbaglio
qualche mano collusa. Non avevamo in
famiglia nessun mafioso.
Ecco perché quando nel gennaio del 1995
mi han chiesto di sottoscrivere il docu-
mento per la richiesta di un protocollo
definitivo, sono rimasto senza parole.
Anzi, a bocca chiusa. Come quando
non si ha nemmeno più la forza di
controbattere. Il documento era lo stesso
che usavano i pentiti. Il primo punto
richiedeva di impegnarsi a non commet-
tere più reati. Reati, ma quale reati? Li ho
denunciati, non commessi. Per non
rimanere senza protezione ed essere
costretti a tornare a casa con tutti i rischi
che ciò avrebbe comportato, fui costretto
a firmare, ma con un senso di nausea.
Giuro che questa è stata tra le peggiori
cose che mi sono capitate.
La domanda di protezione firmata
avrebbe dovuto avere una durata annuale
anche'essi parte del movimento "Ordine
Nuovo"; Sergio Picciafuoco, un
pregiudicato per delitti comuni, da più
anni latitante, legato ai movimenti di
destra eversiva, in particolare al
movimento dei NAR e all'organizzazione
denominata "terza posizione".
Il primo grado, con sentenza dell'11 luglio
1988 porta alla formula dubitativa dei
maggiori imputati in relazione ai delitti di
costituzione, organizzazione e
partecipazione relativa ad un’associazione
con fine di terrorismo ed eversione (art.
270 bis c.p.); alla condanna degli imputati
Fachini, Fioravanti, Mambro, Signorelli,
Cavallini e Giuliani, Picciafuoco e Rinani
in relazione ai delitti di costituzione,
organizzazione e partecipazione relativi a
una banda armata (art. 306 c.p.);
all'assoluzione con formula dubitativa gli
imputati Signorelli e Rinani e alla
condanna di Fachini, Fioravanti, Mambro
e Picciafuoco in relazione al reato di
strage; alla condanna di Gelli, Pazienza,
Musumeci e Belmonte in relazione al
delitto di calunnia, con l'aggravante della
finalità di eversione e terrorismo.
Però, davanti alla Corte d'Assise di
Bologna, il quadro dell'esito cambia:
vengono assolti tutti gli imputati dal reato
di costituzione, organizzazione e parteci-
pazione ad un'associazione con fine di
terrorismo ed eversione; assolti per il
delitto di banda armata gli imputati
Signorelli, Picciafuoco, Melioli, Rinani e
Fachini; assolti per il reato di strage per
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di Valeria Grimaldi
L'iter giudiziario della Strage alla stazione
di Bologna fu tutt'altro che fluido e
lineare.
La condotta delle indagini si mosse su tre
filoni: il primo riguardante l'evento
bolognese, la bomba esplosa alle 10:25 di
sabato 2 agosto 1980, provocando 85
vittime e 200 feriti; il secondo riguardante
il depistaggio che ha coinvolto le
indagini; il terzo riguardante
l'accertamento di una strategia
eversivo-terroristica dispiegatasi nel corso
di più anni. Sin dalle prime fasi subito
dopo la tragedia, si cercano di raggirare
sul vero movente e sui soggetti che
l'avevano messo in atto. Si era cominciata
ad avvallare l'ipotesi di un caso fortuito,
lo scoppio di una caldaia, ma a seguito
delle dovute ispezioni e rilievi effettuati,
la natura dolosa dell'atto prende corpo
palesando la natura terroristica. Le
indagini si indirizzano verso l'area del
terrorismo nero: il lavoro svolto dalla
Procura della Repubblica di Bologna
aveva portato, già a fine Agosto, ad un
quadro accusatorio verso ideatori e
depistatori; ma l'indagine viene trasferita
all'ufficio istruzioni e da lì spezzata, con
una parte dell'inchiesta (quella relativa
all'indagine sull'associazione eversiva)
inviata per competenza a Roma. Si cercò
di depistare ulteriormente le indagini
seminando l'ipotesi, ripresa anche dalla
stampa nazionale, della pista
internazionale: il più grave atto di
depistaggio fu quello messo in atto dai
vertici del SISMI che fecero porre in un
treno a Bologna una borsa contentente lo
stesso esplosivo utilizzato per la strage del
2 agosto e oggetti personali di due
estremisti di destra, uno francese e uno
tedesco.
Il 19 gennaio 1987 comincia il processo
di primo grado: i maggiori imputati
dell'intero processo sono Giuseppe
Valerio Fioravanti e Francesca Mambro,
neofascisti dei NAR (Nuclei Armati
Rivoluzionari); Licio Gelli, ex capo della
P2; Francesco Pazienza, ex capo del
Sismi; gli ufficiali del servizio segreto
militare Pietro Musumeci e Giuseppe
Belmonte; Paolo Signorelli, Massimiliano
Fachini, esponenti di spicco del
movimento eversivo "Ordine Nuovo";
Roberto Rinani e Giovanni Melioli ,
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Nella foto: Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti
La verità, quella giudiziaria.
non aver commesso il fatto tutti gli
imputati; assolti con stessa formula dal
reato di calunnia gli imputati Gelli e
Pazienza, ed invece vengono confermate
le responsabilità degli imputati Musumeci
e Belmonte, escludendo però l'aggravante
della finalità terroristico-eversiva.
La Corte di Cassazione, ultimo grado di
giudizio, respinge l'esito del processo
d'appello: con sentenza del 12 febbraio
1992 annulla e rinvia gli imputati per i
reati di strage e loro connessi, per il reato
di banda armata e per il reato di calunnia,
compresa l'aggravante della finalità
terrosistico-eversiva.
La Corte definisce la sentenza
pronunciata dalla Corte d'Assise di
Bologna quale "illogica, priva di
coerenza, non ha valutato in termini
corretti prove e indizi, non ha tenuto
conto dei fatti che precedettero e
seguirono l'evento, immotivata o
scarsamente motivata, in alcune parti i
giudici hanno sostenuto tesi inverosimili
che nemmeno la difesa aveva sostenuto".
Il nuovo processo d'appello, con sentenza
del 16 maggio 1994, conferma l'impianto
accusatorio ricostruito nel processo di
primo grado, salvo l'assoluzione degli
imputati Massimiliano Fachini e Roberto
Rinani per il reato di banda armata e
strage.
La Cassazione, con sentenza del 23
novembre 1995, chiude il difficile ed
altalenante iter giudiziario riguardante la
strage alla stazione di Bologna del 2
agosto 1980, confermando il quadro
costruito nel processo di primo grado e
confermato dal processo di rinvio della
Corte d'Assise di Bologna.
Nonostante questa vittoria (se così
possiamo definirla), della giustizia contro
uno dei momenti più bui della nostra
storia, purtroppo il processo della Strage
di Bologna costituisce uno dei rari spiragli
di luce all'interno del quadro che ha
caratterizzato quegli anni. Insieme a
questo, sono state pronunciate condanne
definitive solo per la strage alla Questura
di Milano e per la strage del rapido 904.
Le stragi che hanno caratterizzato la
cosidetta strategia della tensione,
rimarranno senza colpevoli?
"Una delle cause, per cui i processi nelle
altre stragi si sono chiusi con un nulla di
fatto, è da ascriversi ai depistaggi che
hanno avuto successo e ai collegi di
difesa che si sono divisi affermando,
molte volte, convinzioni di singoli
avvocati. I depistaggi arrivarono a volte a
provocare perfino la divisione all'interno
dei collegi di difesa delle parti civili."
Associazione tra i familiari delle vittime
della strage alla Stazione di Bologna del 2
agosto 1980
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destra Giuseppe Fioravanti, Francesca
Mambro e Luigi Ciavardini, che
continuano a dichiararsi innocenti.
Sui mandanti, invece, come spesso accade
in Italia, non esistono certezze. In
compenso, non mancano supposizioni,
dichiarazioni, depistaggi che si
susseguirono dal giorni dopo la strage e
non intendono fermarsi.
E pensare che c’è chi, come
L’Associazione delle vittime delle stragi,
si batte per ottenere la “giustizia dovuta”.
C’è stato pure chi, come Cossiga, in una
lettera al Corriere della sera del 2008, ha
dichiarato convinto che la strage non
sarebbe imputabile al terrorismo nero, ma
ad un “incidente” di gruppi della
resistenza palestinese operanti in Italia.
Tesi demolita dal “comandante Carlos”
che tira in ballo in ballo addirittura la Cia.
Anni di fango. Così vennero ribattezzati
gli anni che seguirono gli anni di piombo.
E dal fango di quegli anni un’altra
vittima, la più illustre, si aggiunge alle 85
che provocò quella bomba: la verità.
Perché a più di 30 anni di distanza non si
riesce a far luce, fino in fondo, su questa
brutta vicenda. La parola fine a questo
caso tutto italiano la porrà la Storia. Storia
che di certo non disdegnerebbe un aiuto
da parte dello Stato, per chiarire le zone
d’ombra. Stato che troppo spesso ha
preferito, tradendo un principio
evangelico, tacere. Perché la verità rende
liberi. Non sia mai.
tendeva a controllare e condizionare la
politica, tramite una drammatica sequenza
di eventi. Roba vecchia, storia del secolo
scorso.
Obiettivo delle stragi che falcidiarono
l’Italia dal 1969 era quello di turbare
l’ordine pubblico per poi trovarsi
legittimati nel ristabilirlo con metodi poco
ortodossi e ancora meno democratici. A
conferma di tale ipotesi nei primi mesi di
marzo del 1981, veniva a galla la storia
della Loggia Massonica Coperta
Propaganda 2. Licio Gelli si
materializzava al grande pubblico. Un
pubblico fatto di sudditi, impotente. Gente
poco importante. Di persone importante,
invece, Gelli ne conosceva tante. Da
tempo. Negli elenchi della P2 c’erano i
nomi di Magistrati, alti ufficiali,
parlamentari, ministri. E poi:
imprenditori, direttore di giornali,
giornalisti ecc. Scusate se è poco.
Per la Strage politica di Bologna esiste
una verità giudiziaria. Condannati come
autori materiali della strage i terroristi di
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di Danilo Palmeri
Il 2 agosto 1980 un’Italia ancora scossa
dalla strage aerea di Ustica si preparava
alle immeritate vacanze. Radio Vaticana
passava la voce di un Papa giovane e
straniero, eletto due anni prima, dopo 456
anni di privativa italiana. Pertini era
Presidente della Repubblica. Cossiga
presiedeva il suo secondo governo
sostenuto da DC, Psi e PRI. Alle 10.25 un
ordigno a tempo, piazzato nella sala
d’aspetto di seconda classe della stazione
di Bologna, compiva un atroce dovere.
Nel pomeriggio, l’onnipresente Pertini,
visitava l’ospedale Maggiore dove era
stata allestita una delle tre camere
mortuarie. Applauditissimo, naturalmente.
In quei momenti concitati Pertini
dichiarava: "Signori, non ho parole, siamo
di fronte all'impresa più criminale che sia
avvenuta in Italia". Impresa criminale, è
vero. Ma non unica. Infatti la strage di
Bologna può essere inquadrata in una
prospettiva che porta il nome di strategia
della tensione. In un’epoca in cui il
mondo era diviso in due blocchi, esisteva
un meccanismo, non sempre univoco, che
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Nella foto: Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti
2 Agosto 1980. In attesa della storia
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Stazione Bologna Centrale
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Copertina: Flavio Romualdo GarofanoSito web: Salvatore Naso Impaginazione e grafica: Ida Maria Mancini
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Un saluto particolare va a quanti ci hanno
dato una mano in queste settimane.
Vogliamo ringraziarti. Esatto!Proprio te che ci stai leggendo. Grazie per il tuo tempo, grazie anche se non ti siamo piaciuti, se quello che hai letto ti è sembrato tutto sbagliato. Grazie per aver dato un senso a quello che facciamo.
La redazione