STORIA DELLE TECNICHE (Appunti) Appunti del corso di Storia delle tecniche tenuto presso la Scuola di Ingegneria dal Professor Francesco Lensi. Si tratta di appunti presi a lezione, riscritti e ai quali sono state aggiunte figure e spiegazioni per completezza. Per avere gli appunti potete inviare una mail all’indirizzo: [email protected]Se a qualcuno andasse di approfondire un argomento e aggiungere altre spiegazioni o figure a questi appunti sarò ben lieto di arricchirli. Scrivetemi anche se trovate inesattezze o cose da correggere. Gli appunti sono in questo formato per poter essere stampati fronte-retro. Il Garante
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STORIA DELLE TECNICHE (Appunti)
Appunti del corso di Storia delle tecniche tenuto presso la Scuola di
Ingegneria dal Professor Francesco Lensi.
Si tratta di appunti presi a lezione, riscritti e ai quali sono state aggiunte
figure e spiegazioni per completezza.
Per avere gli appunti potete inviare una mail all’indirizzo:
2.2 Sezione del Pantheon ........................................................................................................................................ 5
Cap.3. Le murature ..................................................................................................................................................... 9
Cap.4. Pietre e rocce.................................................................................................................................................. 13
4.4 Utilizzo delle rocce ......................................................................................................................................... 16
4.5 Problemi delle rocce........................................................................................................................................ 16
Cap.5. Archi, cupole e volte ...................................................................................................................................... 17
Cap.6. Costruzioni in muratura portante ............................................................................................................... 25
Cap.7. Volte sottili ..................................................................................................................................................... 27
8.1 Sistema a spina di pesce .................................................................................................................................. 31
8.2 Cupole varie .................................................................................................................................................... 32
8.3 Cupola di Santa Maria del Fiore (Duomo di Firenze 1420-1436) .................................................................. 34
10.1 Le macchine semplici: carrucole, bozzelli e paranchi..................................................................................... 43
10.2 La vite ............................................................................................................................................................. 47
Cap.11. Ghisa e acciaio ........................................................................................................................................... 51
11.1 Processo di produzione della ghisa ................................................................................................................. 51
11.2 Processo di produzione dell’acciaio ................................................................................................................ 55
12.1 Ponti ad arco ................................................................................................................................................... 59
12.2 Ponti a struttura tubolare ................................................................................................................................. 60
Cap.13. Coperture per grandi luci ......................................................................................................................... 67
13.1 Coperture per stazioni ferroviarie ................................................................................................................... 68
15.3 Edilizia di base ................................................................................................................................................ 76
16.1 Metodo di precompressione freyssinet ............................................................................................................ 78
Cap.1 - Introduzione Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-1
CAP.1. INTRODUZIONE
Scrivere una mail al Professor Francesco Lensi con scritto “Storia delle Tecniche” all’indirizzo:
Ghisa grigia → detta ghisa lamellare per la presenza di lamelle di grafite ed alla frattura ha colore grigio; può essere
sottoposta a trattamenti termici per aumentarne alcune caratteristiche meccaniche. È lavorabile
all’utensile per la presenza delle lamelle di grafite, si dice che è truciolabile, resiste bene allo
scagliamento almeno fino a 300° C, è assai fragile e non può essere saldata.
Ghisa bianca → non contiene carbonio grafitico ma solo cementite ed alla frattura ha colore argento; può essere
sottoposta a trattamenti termici per ottenere ghisa malleabile. Ha una durezza elevatissima, non è
lavorabile all’utensile, è estremamente fragile e non può essere saldata.
Il più importante fattore per ottenere una ghisa grigia o ghisa bianca è fondamentale la velocità di raffreddamento:
- elevata velocità (103÷105 K/s) → ghisa bianca;
- modesta velocità (<102 K/s) → ghisa grigia.
Nella composizione della ghisa antica (1600) c’erano problemi di fragilità e resilienza, dovuti alla presenza di fosforo e
zolfo, che impoverivano tali caratteristiche. La ghisa di prima fusione è quella che esce direttamente dall’Altoforno ed
è un materiale molto scadente che ha bisogno di un’altra fusione in un forno di affinamento “cubilotto” (simile ad un
altoforno ma di dimensioni ridotte).
Nell’altoforno di inseriscono:
- minerale di ferro → magnetite (Fe3O4), ematite (Fe2O3) o pirite (FeS2);
- agente riducente → carbone di legna, carbon fossile o carbon coke;
- fondente → carbonato di calcio CaCO3, rende fluido il letto di fusione, incorpora le scorie ed è detta loppa.
Le reazioni che avvengono sono:
1. il carbone reagisce con l’ossigeno e forma anidride carbonica che a temperature elevate forma ossido di
carbonio:
CO2 + C ⇔ 2·CO
2. il processo di riduzione del minerale ferroso avviene gradualmente man mano che il materiale di carica viene
a contatto con il fluido gassoso ascendente di ossido di carbonio:
3 ∙ 𝐹𝑒2𝑂3 + 𝐶𝑂 ⇒ 2 ∙ 𝐹𝑒3𝑂4 + 𝐶𝑂2
𝐹𝑒3𝑂4 + 𝐶𝑂 ⇔ 3 ∙ 𝐹𝑒𝑂 + 𝐶𝑂2
𝐹𝑒𝑂 + 𝐶𝑂 ⇔ 𝐹𝑒 + 𝐶𝑂2
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.11 - Ghisa e acciaio
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Nell’altoforno la ghisa di prima fusione si scalda per l’azione dei fumi ma anche per il riverbero del calore sulle pareti
del forno (da ciò il nome “forno a riverbero”).
La ghisa di prima fusione, esclusa la preparazione di “pani” per la formazione dell’acciaio, non viene impiegata
direttamente ed ha la seguente composizione:
Dalla cottura nel “cubilotto” si ottiene la ghisa di seconda fusione e si ricava “ghisa di seconda fusione” o “ghisa da
getto”; nei forni moderni il rivestimento interno è poroso, in modo tale da poter assorbire le impurità della ghisa di prima
fusione.
La ghisa da getto ha le seguenti caratteristiche:
Cap.11 - Ghisa e acciaio Appunti di Storia delle Tecniche
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Un esempio di cubilotto:
L’altoforno pre-industriale funzionava con carbone di legna ed aveva una serie di difetti. Il carbon fossile (detto anche
carbone marino, poiché la prima volta fu trovato alla foce di un fiume) ha un poter calorifico molto basso e va quindi
cotto con un determinato processo. L’ingegner Coke inventò il processo di “distillazione distruttiva”, cuocendo il carbon
fossile e oltre ad aumentare il suo potere calorifico eliminava anche parte dello zolfo e del fosforo.
Già nel 1619 si diceva che fosse possibile ottenere la ghisa dal carbon coke e infatti dal 1709 a Coalbrook si iniziò a
produrre ghisa proprio dal carbon coke, materiale reperibile in natura su vasta scala. L’avvio della produzione fu aiutato
dal forno “ad alveare”:
In Italia per tutto l’800 si continuò ad usare legna, non essendoci traccia di carbon fossile sul territorio.
Iniziarono a nascere anche i forni di seconda fusione per la ghisa (forni fusori) nei quali non c’era contatto diretto tra
materiale e combustibile. Nella ghisa di seconda fusione si abbassa il contenuto di carbonio: risulta essere meno fragile
proprio per il fatto che non c’è contatto diretto tra materiale e combustibile.
In Inghilterra nel 1760 erano presenti 17 forni coke, mentre nel 1790 ben 81; tra queste due date (1784) Henry Cort
brevettò il forno di puddellaggio (forno a riverbero), dove si creava il ferro puddellato (usato anche per la Torre Eiffel)
ottimo per i bulloni. Il puddellaggio è un processo di ossigenazione e rimescolamento cui viene sottoposta, in appositi
forni, la ghisa per ottenere maggiore duttilità e malleabilità (primo processo storico per ottenere l’acciaio).
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.11 - Ghisa e acciaio
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Storicamente l’ordine cronologico è questo:
I trattamenti termici sull’acciaio erano conosciuti anche nell’800, ma il problema riguardava sempre la quantità che era
possibile produrre e infatti nel campo civile non venivano fatti questi trattamenti per mancanza di strutture che ne
potessero creare a sufficienza.
I trattamenti termici sono:
Ricottura → le fasi sono:
1. riscaldamento dell’acciaio circa 50° C sopra al punto in cui il tipo di acciaio in esame è
completamente costituito da austenite;
2. raffreddamento lento (50÷100 °C/h).
Esito → vengono annullati tutti gli effetti dovuti a trattamenti termici o meccanici precedenti.
Normalizzazione → le fasi sono:
1. riscaldamento dell’acciaio circa 50° C sopra al punto in cui il tipo di acciaio in esame è
completamente costituito da austenite;
2. raffreddamento in aria calma.
Esito → vengono annullati tutti gli effetti dovuti a trattamenti termici o meccanici precedenti, con particolari tipi
di acciai può portare a risultati simili a quelli della tempra.
Cap.11 - Ghisa e acciaio Appunti di Storia delle Tecniche
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Tempra → le fasi sono:
1. riscaldamento dell’acciaio circa 50° C sopra al punto in cui il tipo di acciaio in esame è completamente costituito
da austenite e tale riscaldamento avviene in atmosfera controllata per evitare ossidazione superficiale;
2. brusco raffreddamento in soluzioni acquose o in olio minerale.
Esito → aumento di durezza e resistenza a trazione, diminuzione della resilienza, dell’allungamento percentuale e
della strizione.
Rinvenimento → le fasi sono:
1. riscaldamento dell’acciaio a temperatura inferiore a quella in cui può esistere solo austenite;
2. brusco raffreddamento naturale.
Esito → grazie alla mobilità degli atomi di ferro dovuta all’aumento di temperatura, la struttura martensitica evolve
verso strutture più equilibrate. Si ottiene pertanto un deciso aumento della resilienza a scapito di una
modesta diminuzione della durezza e della resistenza a trazione.
Tempra superficiale → le fasi sono:
1. riscaldamento rapido in modo che solo uno strato superficiale del metallo raggiunga una determinata
temperatura;
2. brusco raffreddamento in soluzioni acquose o in olio minerale.
Esito → aumento di durezza superficiale e quindi di resistenza a fenomeni di usura.
Cementazione → le fasi sono:
1. riscaldamento in presenza di sostanze solide, liquide o gassose dotate di buone proprietà carburanti che
innalzano il tenore del carbonio superficiale;
2. trattamento di tempra (800÷820 °C) e di rinvenimento (180 °C).
Esito → aumento di durezza superficiale e quindi della resistenza ai fenomeni di usura.
11.2 PROCESSO DI PRODUZIONE DELL’ACCIAIO
Nel forno di puddellaggio lo scopo era quello di decarburare la ghisa grezza. Il forno era di tipo a riverbero, raffreddato
con acqua attraverso dei condotti, ed il materiale in fusione era tenuto in agitazione da un operatore, grazie alle feritoie
(porta di lavoro), e successivamente raffreddato fino ad ottenere un massello che veniva estratto ancora incandescente,
poi avviato alla forgiatura.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.11 - Ghisa e acciaio
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Con questo nuovo processo veniva abbattuto in maniera considerevole il quantitativo di carbonio, perciò si ottenne un
ferro molto scadente, che in compenso non era fragile. Una volta ottenuto il ferro puddellato (allo stato liquido)
seguivano alcune fasi:
1. estrazione di un lingotto di questo ferro;
2. passaggio del panetto riscaldato in cilindri rotanti di ghisa;
Il processo di laminazione che produceva profilati di ogni tipo, inoltre, in base alla forma dei cilindri, “distendeva” il
materiale e “rilassava” gli stati anomali derivanti dal processo di raffreddamento. Nei profili in acciaio si distingue tra
profilati laminati a caldo e profilati laminati a freddo.
In alternativa ai cilindri di laminazione c’era il maglio che formava il pezzo di acciaio grazie ai colpi dati in testa al
panetto riscaldato.
L’acciaio Alto Legato costava troppo per essere usato nelle costruzioni, fino al 1860. La differenza sostanziale tra acciaio
e ferro puddellato è lo scarso controllo che si ha durante l’asportazione del carbonio nella produzione del ferro
puddellato.
Nel 1856 Bessmer descrive il procedimento per la creazione dell’acciaio: attraverso un tino che ruotava si poteva inserire
il materiale fuso e, riportandolo in posizione verticale, si insufflava aria ad altissima pressione che asportava dalla ghisa
il carbonio. Il grande problema di questo convertitore era la fuoriuscita di parte del materiale liquido dal becco di
inserimento quando l’aria veniva insufflata nel tino. Il prodotto che usciva era proprio acciaio, in lingotti, che doveva
essere laminato.
Il convertitore Bessmer oltre ad un trattamento siderurgico effettuava anche un trattamento chimico di eliminazione di
zolfo e fosforo.
Grazie a Cowper nacquero i recuperatori di calore, simili a dei silos formati da grandi masse di materiale permeabile
all’aria, che recupera il calore derivante dai fumi della fusione e rispedisce quest’aria calda nel forno. Si ottiene così un
acciaio Siemens, con percentuali di carbonio più elevate. L’acciaio che si ricava è sempre duttile ma più resistente ed il
fondo del forno è sempre basico così da permettere un trattamento chimico.
Nasce poi l’acciaio Martin-Siemens (1865) che unisce la possibilità di puddellaggio, con fondo basico, all’inserimento
di altre sostanze nel letto di fusione.
Gli acciai Siemens e Bessmer vengono messi in commercio contemporaneamente, anche se quello più diffuso è il
Bessmer.
Fino al 1800 le strutture si fanno in ghisa ed in acciaio puddellato:
- ghisa → per elementi verticali, caricati a sforzo normale;
- ghisa + ferro puddellato → elementi orizzontali.
Il cromo rende inossidabile tali acciai.
Cap.12 - Ponti Appunti di Storia delle Tecniche
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CAP.12. PONTI
Il primo ponte in metallo è quello sul Severn (Iron Bridge), costruito da Wilkinson nei pressi di Coalbrookdale, luogo
dove erano sorte le prime fonderie.
L’importanza di questo ponte non sta tanto nelle dimensioni (31 m di luce) quanto nella tecnologia usata per costruirlo:
la prefabbricazione, che permetteva di avere tanti pezzi in maniera tale da poter comporre il ponte in tempi brevi. La
parte siderurgica ed ingegneristica del ponte fu affidata a Wilkinson, che fu affiancato per la parte architettonica da
Pritchard.
Un altro aspetto importante erano le unioni, poiché ancora non esistevano unioni chiodate o saldature (saldature solo
per la bollitura). Si usarono gli stessi metodi usati nel legno, quindi incastri a coda di rondine, profili metallici con zeppe
che entravano in cravatte, ecc…. Il problema di queste unioni era la fragilità, poiché erano in ghisa, e corrodendosi si
indebolivano e si rompevano.
Un’idea rivoluzionaria fu quella di Paine che prese un concetto dai ponti di pietra: si doveva costruire in blocchi di ghisa
scheletrati, invece che in blocchi di pietra. Il problema derivava dalla precisione degli stampi, infatti nelle costruzioni
in pietra la malta minimizza i difetti di squadratura aumentando la superficie di contatto tra i conci, mentre nella ghisa
questo non avveniva ed inoltre si dovevano costruire centine che sorreggessero questi blocchi di ghisa.
Unico pezzo non
giuntato di 12 m di
lunghezza.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.12 - Ponti
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Nel 1811 Manetti propose di costruire il ponte per la villa di Poggio a Caiano (ponte Leopoldo II) utilizzando la tecnica
di Paine, ma tale idea fu bocciata per il problema della precisione degli stampi. Sarebbe bastato sbagliare di qualche
millimetro per non ottenere un’esatta curvatura delle 2 semicampate. Un altro problema era quello di dover inserire delle
microlamine di piombo (con funzione di zeppe) tra blocco e blocco. Idea bocciata a Manetti:
Nel 1812 Telford costruì un ponte in Scozia (ponte ad arco) chiamato Craigellachie Bridge (luce di 57 m), in ghisa e
ferro, in cui si aveva il problema dell’ossidazione galvanica. Le aste della struttura reticolare erano a croce (profilo che
non si instabilizza), le unioni con bulloni a testa quadrata e i nodi formati da incastri ottenuti con sedi e controsedi nei
profili. Questo modo di intendere un nodo andava a conferire un grado di iperstaticità ulteriore alla struttura ed era molto
pericoloso poiché in caso di assestamenti strutturali l’incastro si sarebbe potuto rompere.
Cap.12 - Ponti Appunti di Storia delle Tecniche
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12.1 PONTI AD ARCO
In Portogallo Eiffel fece un ponte ad arco parabolico (1877) che risultava essere, per tale forma, molto stabile. In
mezzeria la sezione è molto grande e risulta essere un incastro, mentre nelle sezioni di appoggio si hanno delle cerniere
continue. Eiffel non vuole l’arco a 3 cerniere poiché per carichi viaggianti la parabola del ponte non è più funicolare dei
carichi.
Il ponte fu costruito senza centine, ma con l’aiuto di cavi tirati da gru. Il fatto che non fosse stata utilizzata la centina
presupponeva un dimensionamento dell’impalcato e del pilone anche durante la fase di montaggio dell’arco, in quanto
la trazione sull’impalcato e la flessione sulla gru erano notevoli.
Röthlisberger costruì un ponte simile a quello di Eiffel sul fiume Adda, ponte lungo 266 m, che a differenza di quello
di Eiffel era un ponte a 3 cerniere e l’andamento della sezione è opposto (sezione grande agli appoggi → incastri, sezione
piccola in mezzeria → cerniera).
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.12 - Ponti
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12.2 PONTI A STRUTTURA TUBOLARE
I ponti a struttura tubolare sfruttano le doti di resistenza a flessione delle sezioni scatolari ma presentano notevoli
difficoltà di montaggio ed hanno realizzazione costosa per la quantità di materiale impiegato. Ne esistono di due tipi:
1. completamente chiusi da lamiere piene chiodate;
2. a struttura reticolare.
Hanno dei limiti nell’ampiezza della luce e sono talvolta impiegate delle sospensioni per avere maggiore portanza.
Nello stesso periodo in cui si hanno le tipologie precedenti di ponti, venne provata un’altra via, di cui è esempio il ponte
Britannia sullo stretto di Menai, costruito da Robert Stephenson, che ha piloni in pietra ed impalcato sospeso. La cosa
curiosa fu che nel progetto erano previsti dei cavi per tenere l’impalcato, ma una volta costruito venne collaudato prima
di mettere tali cavi e dato che reggeva lo stesso fu deciso di non metterli in opera, anche perché erano molto costosi.
Il problema fu che tale ponte durante il passaggio del treno il ponte raggiungeva una freccia di 30 cm in mezzeria, per
cui venne smontato l’impalcato tubolare e venne montato un arco inferiore per sostenere il passaggio del treno.
Inizialmente l’elemento centrale era molto tozzo e gli incastri molto rigidi, ma col passare del tempo e calcoli più rigorosi
si arrivò ad avere sezioni più snelle e più simili a quelle dei ponti ad arco.
PRIMA
DOPO
Cap.12 - Ponti Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-61
Ponte a mensola
I ponti a mensola necessitano di un materiale ad elevate prestazioni come l’acciaio ed il montaggio prevede quote di
unione controllate con grande precisione, con costo di materiale e costruzione elevato
Il caso più eclatante di ponte a mensola fu quello costruito in Scozia a nord di Edimburgo: il Forth Rail Bridge (1883-
1890) che ha una lunghezza totale di 2,5 km e consiste in 2 campate principali di 520 m, 2 campate laterali di 200 m,
15 campate di avvicinamento di 50 m e 7 campate di 5 m. Fu progettato da John Fowler e Sir Benjamin Baker che non
usarono ferro puddellato ma acciaio Martin-Siemens.
Ogni mensola ha lunghezza di 207 m e luce sospesa di 107 m e gli elementi in tubolare metallico arrivano ad avere un
diametro di 370 cm, formate da lamiere piegate.:
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.12 - Ponti
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12.3 PONTI SOSPESI
2 𝑡𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑠𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 {𝑡𝑟𝑎𝑚𝑖𝑡𝑒 𝑐𝑎𝑣𝑖 (𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑖𝑎)
𝑡𝑟𝑎𝑚𝑖𝑡𝑒 𝑐𝑎𝑡𝑒𝑛𝑒, 𝑏𝑖𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑚𝑒𝑡𝑎𝑙𝑙𝑖𝑐ℎ𝑒 (𝐼𝑛𝑔ℎ𝑖𝑙𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎)
Cronologicamente i primi ponti sospesi sono del 1825-1826 (senza trasporto ferroviario, che sarà accolto molto più
tardi). Il ponte sospeso è strettamente legato al materiale metallico poiché resiste bene a trazione (cavo) ed è una sorta
di ribaltamento dello schema del momento flettente.
In questo tipo di ponte il carico accidentale ha all’incirca lo stesso valore del peso proprio, per cui tale azione non è
trascurabile; in teoria tali ponti dovrebbero avere impalcati molto rigidi per funzionare bene.
Il ponte sospeso a catene (scuola inglese) ha appunto molte catene, brevettate da Brown, con un sistema di bielle
incernierate tra loro, di cui si riportano alcuni dettagli costruttivi:
Nel 1820 venne realizzato il primo ponte sospeso che serviva anche il traffico carrabile: era il ponte di Berwick sul
Tweed, con il metodo Brown, lungo 110 m (lunghezza sensazionale per l’epoca) con 6 coppie di catene in 3 file
sovrapposte.
Il ponte è largo 5,5 m e non è simmetrico, infatti in una sponda le catene poggiano su piloni in muratura alti 18 m e
larghi 10 m, mentre sull’altra sponda i piloni erano alti solo 6 m. e murati nell’argine roccioso.
Cap.12 - Ponti Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-63
Il ponte è ancorato alla roccia per evitare lo strappamento ed il problema principale di questi ponti era legato alla minor
resistenza a trazione dei materiali usati per gli ancoraggi a terra, rispetto al ferro usato per i cavi. Le catene scorrevano
sui piloni grazie ad appoggi con carrucole ed i tratti di ritenzione erano ancorati nel sottosuolo tramite robuste piastre in
ghisa e strutture murarie di fondazione resistenti alla trazione imposta dalle catene. Il ferro dei ponti sospesi, come le
catene, seguiva prescrizioni di progetto precise, infatti gli elementi venivano colorati di bianco per evidenziare eventuali
stati di ossidazione del ferro. Questi ponti erano fortemente svantaggiati rispetto all’azione del vento, che fa oscillare
l’impalcato sia nel piano verticale che in quello orizzontale, così come il cavo di sospensione può oscillare fuori dal suo
piano. Le catene di ritenzione devono formare un angolo di almeno 120° con la catenaria, per sollevare i sostegni.
Il rapporto freccia/luce (f/L) domina la meccanica delle strutture a fune e pertanto è indispensabile cogliere l’influenza
della sua variazione sullo stato di sollecitazione e sul dimensionamento della fune stessa. L’influenza di f/L è illustrabile
analizzando il caso nel quale una fune di luce libera prefissata viene sottoposta alternativamente ad un carico concentrato
in mezzeria e ad un carico uniformemente distribuito e di uguale risultante.
Per alti valori di f/L (freccia elevata e quindi elevato angolo di deflessione) lo stato di sollecitazione è poco influenzato
dalle variazioni di f.
Per bassi valori di f/L (freccia contenuta e quindi piccolo angolo di deflessione) lo stato di sollecitazione è molto
influenzato da variazioni anche molto contenute di f.
Lo stato di sollecitazione corrispondente al carico concentrato al centro è sempre più elevato di quello relativo allo stesso
carico distribuito. L’intervallo di convenienza economica per il rapporto f/l può essere individuato nell’intervallo:
0.04 < f/L < 0.1
Si può risparmiare sul materiale tenendo una freccia contenuta (f1) ma sorgono 2 problemi molto gravi:
1. stress elevato sulle fondazioni;
2. perturbazioni geometriche date da un carico viaggiante comportano un aumento elevatissimo delle tensioni
nei piloni del ponte
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.12 - Ponti
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Il giunto in sommità del pilone è un carrello poiché si deve evitare la formazione di sollecitazioni orizzontali.
Un altro caso di risparmio si può avere costruendo l’impalcato del ponte in legno
Il primo ponte sospeso in Italia venne fatto nel 1825 ed era lungo appena 10 m.
Manetti nel 1833 costruì il primo ponte sospeso in Toscana, chiamato Ponte Leopoldo II, tramite funi metalliche. Il
ponte si trovava presso Poggio a Caiano e sovrastava il fiume Ombrone, aveva una luce di 30 m ed era costituito da 6
fasci di sospensione per lato lunghi 45 metri e di diametro di 5,6 cm. Il ponte fu realizzato con il ferro di elbano (superiore
a tutti per le caratteristiche meccaniche) e l’impalcato in charpente economique, ovvero 25 travi di quercia 38x28x570
con impalcato rigido e schema reticolare a maglia quadrata.
Con questo ponte si passò da cavi di ferro a fasci di fili di ferro; tali fasci potevano essere rettangolari o circolari ma
c’era il problema dell’arrugginimento dei fili interni del fascio, senza la possibilità di poter vedere a occhio nudo tale
degrado.
Ponte alla Vittoria e Ponte San Niccolò a Firenze servono il traffico veicolare ed hanno impalcato in legno.
Un accorgimento che veniva usato per combattere le azioni orizzontali e/o di sollevamento del vento era quello di
curvare anche in pianta i cavi, anche se in realtà le azioni dinamiche del vento non erano assolutamente calcolate. Il
calcolo veniva portato avanti nella sola condizione statica.
La tecnica per curvare i cavi consisteva in una sorta di martellatura a freddo, poiché a caldo i fili esterni si sarebbero
fusi e quelli interni non si sarebbero riscaldati.
Anche nell’800 le prove di carico sui ponti venivano eseguite con 200 kg/m2 e la progettazione era fatta con le tensioni
ammissibili e coefficienti di sicurezza di circa 2.
Crollo dei ponti sospesi
Dal 1818 al 1940 ci furono una serie di crolli di ponti in cui uno dei problemi principali stava nella stabilità flesso
torsionale degli impalcati. Il Tacoma, con campata centrale di circa 800 m, a seguito di una leggera brezza crollò non
per via dell’impalcato che era molto sottile, ma per via dell’instabilità aeroelastica, la quale si verifica nel caso in cui un
materiale venga attraversato da un fluido poco viscoso. Il fenomeno dell’aeroelasticità è studiato anche dalla NASA per
le ali degli aerei e a seconda della velocità del fluido si creano delle turbolenze (strato limite, scie di Von Karman) che
per certi valori generano alternanza di spinte dovute alle turbolenze. Le turbolenze danno origine ad un’oscillazione che
rimane costante finché rimangono costanti velocità del vento e proprietà fisiche del ponte.
Cap.12 - Ponti Appunti di Storia delle Tecniche
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È molto importante irrigidire l’impalcato, ma non si deve eccedere nell’aumentarne lo spessore dell’impalcato, perché
si va ad aumentare la superficie che si oppone al vento, andando incontro al fenomeno dello sbandamento. Inoltre si
deve stare attenti ad un errore che affligge tutte le costruzioni fino all’800: costruire in proporzione.
Galileo Galilei aveva notato che se una struttura viene aumentata mantenendo la propria forma, cederà per dimensioni,
questo perché le leggi costitutive dei materiali sono lineari.
12.4 PONTI STRALLATI
I ponti strallati sono costituiti essenzialmente da 3 elementi:
1. impalcato;
2. piloni;
3. stralli.
Sotto molti aspetti sono uguali a strutture reticolari, perché ci si può ricondurre ad elementi tesi e compressi. Il ponte
strallato inizia ad essere usato molto tardi a causa dell’assenza di un materiale adatto, come l’acciaio. Un altro problema
è quello della regolazione degli stralli per la messa in opera dell’impalcato, problema che non esiste nei ponti sospesi in
quanto una volta messo il cavo principale vengono regolati i pendini.
La componente orizzontale del tiro è assorbita dai cavi di ormeggio e trasferita all’impalcato, mentre quella verticale va
sui piloni. Alcune caratteristiche che distinguono i ponti strallati da quelli sospesi sono:
- autoancorati;
- più rigidi dei ponti sospesi;
- travata rettilinea e libera da sollecitazioni flessionali.
Un altro problema è quello della risoluzione del nodo in cui arrivano gli stralli (soprattutto nel caso a ventaglio) e
nell’800 questi problemi non erano di facile risoluzione. Inoltre il funzionamento di un ponte strallato non può essere
sempre assimilato a quello di una reticolare, soprattutto se si hanno pochi stralli e la presenza di flessionale e sforzo
normale.
La travata presenta una configurazione rettilinea ed è libera da sollecitazioni flessionali, quindi lo stato di tensione è
rappresentato da soli sforzi assiali sia negli stralli, che nella travata e nelle torri, manifestando quindi un prevalente
funzionamento reticolare dello schema.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.12 - Ponti
Pagina-66 Il Garante
Se la disposizione degli stralli è molto ravvicinata (Δ<<L) si può ipotizzare una strallatura continua lungo la travata.
Se si trascura la deformabilità estensionale della travata, lo studio del ponte può essere fatto secondo la teoria di Eulero-
Bernoulli e tramite la teoria torsionale dei prismi di De Saint-Venant.
Equilibrio flessionale
Equilibrio torsionale
Cap.13 - Coperture per grandi luci Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-67
CAP.13. COPERTURE PER GRANDI LUCI
Le coperture per grandi luci nascono per varie esigenze:
- tettoie ferroviarie;
- mercati;
- gallerie;
- biblioteche/musei;
- esposizioni internazionali.
Le tipologie di copertura sono diverse e vengono classificate a seconda della geometria:
- a falde piane:
- a struttura portante curvilinea:
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.13 - Coperture per grandi luci
Pagina-68 Il Garante
e anche a seconda del materiale usato:
- legno:
- legno misto metallo:
- metallo:
L’aumento della popolazione nelle grandi città vide la necessità di conservare un numero consistente di prodotti
alimentari e quindi di coperture che permettessero ricircolo dell’aria attraverso impianti di ventilazione e riscaldamento.
Per quanto riguarda le coperture ferroviarie furono costruite in dimensioni maggiori rispetto a quelle dei mercati (si
trovano anche in ghisa) e le unioni erano fatte con chiodi (non esistevano i bulloni). I fumi delle locomotive corrodevano
il ferro e nel ‘900 la maggior parte di queste coperture venne smantellata.
La I.I.C.M. (industria italiana costruzioni metalliche) produce quasi tutti i materiali metallici in Italia.
13.1 COPERTURE PER STAZIONI FERROVIARIE
Le grandi coperture delle stazioni ferroviarie rappresentano un’applicazione tipica dell’ingegneria civile dell’Ottocento
e le coperture per le stazioni hanno una collocazione temporale abbastanza circoscritta, almeno per l’Italia, tra il 1859 e
il 1890.
Le tettoie ferroviarie sono pensate per la copertura completa di quella zona binari in prossimità delle stazioni adibita
all’accesso di viaggiatori e convogli, ma anche in prospicienza dei magazzini di carico e scarico delle merci. Tali
strutture erano costruite in ferro e vetro, molto luminose e tecnologiche (specchio della società borghese).
Le strutture a falde piane erano più economiche e semplici ma coprivano luci modeste, mentre le coperture voltate
erano di 2 tipi:
1. corpo rigido con centine rigide → incastrate agli appoggi;
2. ad arco snodate → per le quali le centine potevano essere dotate di una cerniera interna oppure un appoggio
scorrevole ad una delle estremità.
Per evitare problemi rispetto alle tensioni portate dalla coazione dovuta alle dilatazioni termiche si usava un appoggio
scorrevole e negli anni 1870 la copertura ad arco ribassato divenne la più diffusa.
Le cause della scomparsa di tali strutture ad inizio ‘900 sono il deterioramento sempre più incisivo delle membrature
metalliche e delle parti in vetro, l’avvento delle più economiche pensiline, le difficoltà legate all’ampliamento richiesto
dall’aumento delle dimensioni e del numero dei convogli.
Coperture dei mercati
Le Halles di Parigi furono i primi mercati con impianti, sistema di persiane in vetro smerigliato orientabili, che
permettevano di far circolare l’aria e impedivano al sole di entrare.
Cap.13 - Coperture per grandi luci Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-69
Il mercato centrale di Firenze, progettato da Mengoni, era costruito con materiali influenzati dalla necessità di conservare
gli alimenti. I mercati fiorentini erano dotati di coperture in laterizio (tegole piatte) invece che di metallo; le tegole erano
usate per la coibentazione e per il rumore generato da pioggia o grandine, poiché il vetro non isola (l’obiettivo principale
era la conservazione del cibo). Mengoni scelse di usare le tegole ovunque tranne che nei lucernari, che poi dovettero
essere riverniciate con vernici a olio poiché gli accorgimenti termici non erano sufficienti.
Per ritenere i costi si iniziò ad usare una lamiera doppia, liscia all’intradosso e ondulata all’estradosso in modo tale da
contenere il rumore e dare la possibilità di avere un’intercapedine di coibentazione.
Per quanto riguarda il trattamento dell’aria e la circolazione dell’acqua non era previsto un sistema di ventilazione per
cui nei seminterrati si avevano problemi di circolazione sia di acqua che di aria. Con la copertura in ferro zincato si
formava un pacchetto in cui le 2 lastre erano tenute insieme da correnti metallici posti a intervalli regolari in modo che
si avesse ventilazione mentre per l’acqua non si avevano problemi di approvvigionamento, bensì di smaltimento, legati
all’inclinazione delle tubature o ad un non corretto posizionamento delle tubature.
13.2 GALLERIE
Non si tratta di una vera e propria categoria edilizia, però la presenza delle gallerie distingueva i quartieri commerciali
dagli altri; le prime gallerie (Parigi) erano molto luminose ed il primo esempio di grande struttura è a Milano, Galleria
de Cristoforis (1831), molto semplice in pianta, con copertura a falde piane tale da far vedere il meno possibile i profili
metallici. Le gallerie erano costruite in Ferro + Vetro.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.13 - Coperture per grandi luci
Pagina-70 Il Garante
Cap.14 - Esposizioni universali Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-71
CAP.14. ESPOSIZIONI UNIVERSALI
Eretto in occasione della prima esposizione mondiale del 1851 a Londra, progettato da Joseph Paxton, giardiniere del
duca di Devonshire, fu un’opera importante per:
- importanza della standardizzazione dei pezzi;
- costruzione scatolare;
- utilizzo dei controventi;
- precompressione.
La seconda esposizione universale di Parigi nel 1867 fu allestita al Campo di Marte in un edificio provvisorio di forma
ovale costituito da 7 gallerie concentriche, la Galerie des Machines, che ha una luce di 35 m ed è sostenuta da archi
metallici, i pilastri sono prolungati oltre la copertura e sostengono questa assieme agli archi per mezzo di tiranti. Il
progettista fu J. B. Krantz e le armature metalliche provengono dall’officina del giovane ingegnere Gustave Eiffel.
La terza esposizione universale di Vienna del 1873, il progetto è dell’architetto inglese Scott Russel ed il diametro
della copertura è di 102 m.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.14 - Esposizioni universali
Pagina-72 Il Garante
La quarta esposizione universale di Parigi del 1878: edificio provvisorio al Campo di Marte, su progetto di Léopold
Hardy, la luce delle Galerie des Machines è circa 35 m come quella del 1867, ma gli archi ribassati di forma ogivale
sono stati progettati dall’ingegner De Dion secondo una soluzione geometrica che riduce la luce effettiva, elimina le
spinte e permette di adottare membrature più snelle ed eliminare i contrafforti.
La quinta esposizione universale di Parigi del 1889, la Galerie des Machines Progetto di Ferdinand Dutert con gli
ingegneri Contamin, Pierron e Charton. È un arco a tre cerniere, con una luce di 115m. La lunghezza della galleria è di
420m.
Sempre per l’esposizione universale del 1889 venne costruita la Tour Eiffel che raggiunse un’altezza maggiore di
300 m e fu affidata da Eiffel per la parte ingegneristica a Nouguier e Koechlin, mentre per la parte architettonica a
Sauvestre. I lavori iniziarono nel 1887 e per la prima volta si effettuò uno studio scientifico degli effetti del vento, dal
quale emerse che sarebbe stato meglio fare la struttura aperta. Il materiale che venne usato per costruirla fu il ferro
puddellato a caldo. Per la stabilità delle fondazioni non doveva esserci eccentricità e vennero fatti 4 appoggi separati
inclinati a 45°, mentre in fase di costruzione si poteva regolare la verticalità della struttura attraverso dei martinetti.
La torre venne progettata per sopportare 400 kg/m2 in termini di vento (forza di un uragano) ed ogni appoggio era
“appoggiato” su altri 4, per un totale di 16 appoggi, con la fondazione costruita in cls + pietra.
Cap.15 - Calcestruzzo Armato Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-73
CAP.15. CALCESTRUZZO ARMATO
Il primo calcestruzzo nacque per le navi, era molto sottile e Lamboì presentò nel 1849 una barchetta in cemento con
inerte sottile (sabbia) che a detta sua era immarcescibile. Si passò poi ai brevetti per costruzioni e nel 1852 Coignet creò
il primo solaio di copertura per un’abitazione.
Si parlava di elementi orizzontali (solai piani) e nel 1887 Monier diffuse un sistema coadiuvato da Koenen che prevedeva
un sistema di travetti di acciaio (IPE) ed una soletta di cls poggiata sopra, armata con barre che seguivano l’andamento
del momento flettente.
L’asse neutro viene considerato fisso in mezzeria della sezione:
Quindi c’è il concetto di “sezione parzializzata”, ma il problema è che l’asse neutro è bloccato.
Nel 1889 si ha il brevetto di Cottancin che prevede barre molto fini φ 6÷8 con sezione circolare e un getto di cls in
casseforme a perdere che rimarranno in opera perché fatte di mattoni.
Questo sistema fa da antesignano ad un sistema che a sua volta farà da antesignano al bausta, infatti anche qui il getto
è previsto in casseri di laterizio. Tutti questi sistemi precederanno il “sistema Hennebique” (1892) che si proponeva
come sistema durevole e resistente al fuoco: prevede elementi costruttivi come solette, solai, pignatte, travi ecc e barre
a sezione circolare e lisce e inoltre esiste un’armatura a taglio composta da piatti metallici.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.15 - Calcestruzzo Armato
Pagina-74 Il Garante
Hennebique si riservava la facoltà di fare calcoli, ma questi erano sbagliati perché pensava che acciaio e cls
raggiungessero contemporaneamente lo stesso stato di sollecitazione (asse neutro non più fisso).
Le staffe dei pilastri erano diverse da quelle usate nelle travi, costituite da un piatto metallico che circondava le armature.
La società Gabellini dal 1901 al 1906 produce imbarcazioni in cls armato, con strutture doppie fatte in reticolare, infatti
assomiglia molto alle tipologie di reticolare metallica. I profili delle sezioni sono snelli mentre il problema del c.a. per
le imbarcazioni era il mare aperto: le sollecitazioni a cui è sottoposta un’imbarcazione in mare aperto sono molto elevate
e se l’acciaio deformandosi le sopportava bene, il cls essendo fragile si rompeva.
Allora la strada che utilizza il cls nelle costruzioni è portata avanti da Luigi Santarella. Si basava su di un utilizzo del
cls come quello della ghisa, infatti le strutture create, con la loro snellezza, la loro forma, ricordano molto le strutture in
acciaio. Santarella faceva grandi strutture, molte delle quali reticolari che venivano gettate in opera.
Il cls armato in realtà si presta molto male a forme particolari, questo perché c’è il problema della casseratura.
Avendo il settore navale bisogno di forme complesse e superfici curve → Problema
15.1 ARTEMIO FRANCHI
Progettato da Nervi per il calcolo della pensilina centrale della tribuna centrale adotta una reticolare equivalente e la
calcola con il Metodo Willot (metodo grafico per il calcolo degli spostamenti). Il problema è che sovrastima di molto la
deformata di tale struttura, infatti si vede che la freccia era stata sovradimensionata di circa un ordine di grandezza.
Inoltre, Nervi ammette di non essere stato in grado di calcolare la trave elicoidale delle passerelle → questo ci fa capire
come si muoveva la progettazione in questi tempi, seppure vada sottolineata la nuova concezione che si utilizza nel
progettare.
Cap.15 - Calcestruzzo Armato Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-75
15.2 DECRETI
Il regio decreto del 10/01/1907 prevedeva che:
- res. cls > 150 kg/cm2;
- res. a trazione > 20 kg/cm2;
- coefficiente di omogeneizzazione 10;
- sovrapposizione ferri minima 20 φ.
e teneva conto della resistenza dinamica del materiale, aumentando del 20% i carichi accidentali.
Successivamente al terremoto di Messina nel 1908 avviene la redazione di un nuovo decreto: (R.D 18 aprile 1909) dove
si danno disposizioni per le ricostruzioni e la riabilitazione di abitazioni colpite dal terremoto.
Si passa poi al R.D 23/10/1924 il quale riporta che nei calcoli devono essere considerati p.p. e carichi massimi che
dovranno essere aumentati del 50 % per terremoto sussultorio e inoltre si tiene conto delle azioni orizzontali, le quali
dipendono da masse e accelerazioni sismiche. Devono soddisfare i seguenti rapporti:
- Foriz/Pmasse = 1/8 (piano terra)
- Foriz/Pmasse = 1/6 (piani superiori)
Nel 1939 si danno nuove disposizioni sull’acciaio e si distingue tra acciaio dolce semiduro e duro; negli anni ’40 e ’50
si trova molto cls prefabbricato (molto spesso travetti pesantissimi). Il cls è di buona qualità mentre l’acciaio è spesso
sotto forma di barre “tor” e barre “cap” che a loro modo hanno aderenza migliorata. (Nota: in Italia acciaio tipo Tor: φ
pari→ gettate in opera; φ dispari→ per prefabbricati).
Nelle abitazioni, in questi anni, i solai di mansarda avevano bassissima resistenza portante e quasi nulla resistenza
sismica; inoltre in questi anni, vista la gravissima crisi ed il costo dell’acciaio elevatissimo si potevano trovare elementi
strutturali sottoarmati. Anche gli anni ’80 dal punto di vista delle realizzazioni sono disastrosi.
Un’altra evoluzione importante è il Ferro Kahn, molto diffuso negli Stati Uniti, che prevedeva un traliccio di ferri il
quale andava inserito nel getto ed il suo pregio è che non si mette armatura a taglio (essendo un traliccio) mentre il suo
difetto è che oltre a mancare l’aderenza migliorata, l’acciaio è molto tenero.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.15 - Calcestruzzo Armato
Pagina-76 Il Garante
Dagli anni ’80 in poi le barre ad aderenza migliorata si standardizzano; inoltre ogni metro e mezzo di barra, si deve
apporre su di esse un codice il quale sottintende una sorte di informazioni sulla barra stessa.
Per le Autorimesse di Orvieto, progettate da Nervi nel ’35-’38, viene fatto un modello al quale vengono applicati i
carichi. Ovviamente il modello non poteva essere fatto in cls: ne vengono fatti più di uno e con doversi materiali:
- gesso → per misurare la deformazione
- celluloide → per capire gli stati tensionali all’interno del modello, in quanto tale materiali è un primo prodotto
grezzo, parzialmente trasparente (vedo linee di tensione e le isostatiche) giallognolo (sfrutto la fotoelasticità).
- vetro
- bachelite
È chiaro che tali modelli venivano fatti perché a quei tempi (e tutt’ora) era molto difficile pervenire a una soluzione
analitica e al contempo ancora non era stato elaborato il calcolo numerico.
Parlando di “resistenze per forma”, Nervi è un maestro in questo e lo si vede nell’autosalone di Torino così come nel
Palazzetto dello sport di Roma nel quale gli elementi soletta aumentano la loro resistenza, per l’irrobustimento delle
isostatiche di trazione e di compressione.
15.3 EDILIZIA DI BASE
È fortemente legata al territorio, ai materiali che si trovano sul territorio stesso poiché spesso sono proprio questi ultimi
a caratterizzare queste architetture.
La residenza tipica contadina toscana nasce da una concezione fondata proprio sui materiali che si hanno a disposizione.
Niente sbalzi, perché sia pietre che mattoni e laterizi non resistono a trazione.
Quindi dove è necessario fare grandi aperture si utilizzano archi molto resistenti. Un altro aspetto fondamentale è quello
della protezione degli elementi costruttivi che avveniva con l’intonaco. Questo elemento era fondamentale perché
proteggeva la muratura.
Inoltre, il contadino non farà mai una capriata per sostenere le spinte della falda, ma ordirà le travi longitudinalmente
allo sviluppo della casa in modo che la struttura non sia spingente. Ecco dove arriva l’importanza dei muri portanti
trasversali all’interno della casa: hanno funzione di sostenere il grande sviluppo delle travi.
Infine, nelle case dei contadini dell’800 non si usavano neanche i vetri perché costavano troppo ma piccole aperture con
teli semitrasparenti ingrassati con la sugna.
Cap.16 - Calcestruzzo armato precompresso Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-77
CAP.16. CALCESTRUZZO ARMATO PRECOMPRESSO
È una soluzione abbastanza recente, così come lo è il modo di pensare:
- capacità di prevedere lo stato di sollecitazione e quindi di tensione dell’oggetto futuro.
- alta conoscenza del materiale per poter prevedere il suo cambiamento nel tempo → bisogna prevedere con un
piano di manutenzione specifico come varia l’elemento nel tempo a causa di vibrazioni, cicli di carico e
scarico.
Nel 1847 Barlow utilizzò una trave a doppio T in ghisa con due fettucce di acciaio solidarizzate alla base e qualcuno
dice che questo fu uno dei primi tentativi di pre-compressione ma in realtà è solo un modo per far resistere meglio la
trave a trazione, in quanto la ghisa non è molto resistente.
Nel 1894 Chaudy effettua la prova su una trave in cls post-compresso: viene prima fatto un getto di cls non armato nel
quale viene lasciata una scanalatura per inserire una barra di acciaio ad aderenza migliorata che post-comprime la trave,
ma l’esperimento non funziona per via del comportamento dell’acciaio che si rilassa nel tempo e non garantisce uno
stato tensionale duraturo nel cls (effetto che si perde poco dopo).
Uno dei motivi per il quale si sperimenta il cls precompresso è per evitare la fessurazione. Si utilizzano inizialmente
materiali con bassissime resistenze a trazione (circa 100.000 N/mm2)
Nel 1925 Vianini costruì dei tubi da utilizzare per la precompressione nei quali veniva fatto passare del liquido ad
altissima pressione.
Negli anni ’30 c’è un impulso molto forte all’ uso dell’acciaio e Gustavo Colonnetti è un ing. Promotore del
precompresso:
1. se si usa il precompresso l’armatura sollecitata non è più per reggere i carichi esterni, non c’è più collaborazione
ferro-cls ma una coazione, la parte metallica serve a rendere il cls capace di sopportare determinati sforzi, ma
lavora solo in cls in questo ambito;
2. sfrutto meglio il ferro e ne metto meno;
3. Colonnetti inventa un metodo di calcolo pre travi compresse.
Inizialmente le travi precompresse erano sollecitate da un’armatura baricentrica, poi negli anni ’30 si capisce che è
meglio metterla in basso nella zona tesa.
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.16 - Calcestruzzo armato precompresso
Pagina-78 Il Garante
La precompressione può essere interna (cavi di acciaio aderenti o a cavi mobili non aderenti) o esterna (cavi di acciaio
non aderenti).
I cavi più utilizzati sono:
- trecce (cinque o più fili intrecciati ad elica);
- trefolo (un filo centrale più fili che si avvolgono su di esso elicoidalmente).
Nei primi esperimenti si verificano cedimenti a causa di:
- ritiro del cls;
- fenomeni viscosi del cls.
16.1 METODO DI PRECOMPRESSIONE FREYSSINET
Freyssinet fa delle prove su elementi precompressi, post-tendendo le armature con un sistema cilindrico cavo (armato
elicoidalmente per sopportare le enormi tensioni di post tensione) ed un tronco di cono scanalato che infisso nella testa
cilindrica dell’elemento, post-tende automaticamente le armature.
Tale sistema funziona bene se gli spessori in gioco delle travi sono grandi.
La perdita di azione della precompressione può essere stimata come il 30 % della forza di tiro. Questa percentuale viene
persa pressoché subito.
La post tensione si può utilizzare a seguito di una perdita di tiro ed è chiaro che mettendo una precompressione esterna
può essere facilmente “sabotabile”.
Con il c.a.p. si ottengono strutture abbastanza esili (es. viadotti autostradali), Morandi utilizza molto questa soluzione
soprattutto per i ponti, inoltre un altro impiego molto efficace è quello nei serbatoi, soprattutto perché un’anima esile
deve sorreggere un grande peso in sommità.
Nota: una grave pecca del c.a.p. è la resistenza al fuoco. Oggi viene garantito un R120 se ha un adeguato copriferro ed
un’adeguata armatura.
Dopo un incendio è comunque difficile capire che grado di danno ha subito la struttura precompressa. Il ferro in tensione,
appena sente un po' di calore, si allenta e le altissime temperature lasciano un colore bianco o rosina sul cls, quindi già
dal colore possiamo avere dei responsi iniziali.
Inoltre, il c.a.p. non si presta bene ad una modellazione agli elementi finiti così come è difficile capire come lavorano
assieme c.a.p. e c.a. gettato in opera.
Cap.16 - Calcestruzzo armato precompresso Appunti di Storia delle Tecniche
Il Garante Pagina-79
In termini di deformazioni e tensioni, da questo grafico si osserva la differenza tra acciai “normali” ed acciai da
precompressione:
Appunti di Storia delle Tecniche Cap.16 - Calcestruzzo armato precompresso
Pagina-80 Il Garante
La precompressione può essere suddivisa in 3 tipi:
1. a cavi interni aderenti;
2. a cavi interni non aderenti;
3. a cavi esterni non aderenti.
Figura 16-1 Precompressione esterna
Indice delle figure Università degli studi di Firenze
Il Garante Pagina-81
INDICE DELLE FIGURE Figura 2-1 Pantheon .......................................................................................................................................................... 3 Figura 2-2 Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, nell'anno del suo terzo consolato ................................................ 3 Figura 2-3 Sezione del Pantheon ...................................................................................................................................... 5 Figura 2-4 Pianta e assonometria dei giunti di bronzo e piombo ...................................................................................... 5 Figura 2-5 Laterizio romano Bipedale .............................................................................................................................. 6 Figura 2-6 Catenelle .......................................................................................................................................................... 6 Figura 2-7 Materiali cupola............................................................................................................................................... 6 Figura 2-8 Ipotesi della centina ......................................................................................................................................... 7 Figura 2-9 Tensioni derivanti dalla spinta dell’arco ......................................................................................................... 7 Figura 2-10 Fessurazione lungo i meridiani...................................................................................................................... 7 Figura 2-11 Passaggio da compressione a trazione ........................................................................................................... 8 Figura 2-12 Falso arco ...................................................................................................................................................... 8 Figura 3-1 Isodomo ........................................................................................................................................................... 9 Figura 3-2 Opus quadratum in blocchi di tufo giallo ...................................................................................................... 10 Figura 3-3 Travertino chiaro ........................................................................................................................................... 10 Figura 3-4 Opus Incertum ............................................................................................................................................... 10 Figura 3-5 Opus Reticulatum .......................................................................................................................................... 11 Figura 3-6 Opus Spicatum .............................................................................................................................................. 11 Figura 3-7 Opus Africanum ............................................................................................................................................ 11 Figura 3-8 Archipendium ................................................................................................................................................ 11 Figura 3-9 Opus Vittatum ............................................................................................................................................... 12 Figura 3-10 Opus Reticulatum Mixtum .......................................................................................................................... 12 Figura 4-1 Granito ........................................................................................................................................................... 13 Figura 4-2 Granito rosso ................................................................................................................................................. 13 Figura 4-3 Peridotite ....................................................................................................................................................... 13 Figura 4-4 Tufo ............................................................................................................................................................... 13 Figura 4-5 Basalto ........................................................................................................................................................... 14 Figura 4-6 Travertino ...................................................................................................................................................... 14 Figura 4-7 Arenaria ......................................................................................................................................................... 14 Figura 4-8 Marmo ........................................................................................................................................................... 14 Figura 4-9 Botticino ........................................................................................................................................................ 15 Figura 4-10 Breccia ......................................................................................................................................................... 15 Figura 4-11 Quarzite ....................................................................................................................................................... 15 Figura 4-12 Serpentite ..................................................................................................................................................... 15 Figura 4-13 Ardesia ........................................................................................................................................................ 15 Figura 4-14 Fillade .......................................................................................................................................................... 16 Figura 4-15 Muratura a filaretto, Torre degli Alberti, Firenze........................................................................................ 16 Figura 5-1 Nomenclatura di archi e volte ....................................................................................................................... 17 Figura 5-2 Trabeazione che devono sostenere le colonne............................................................................................... 17 Figura 5-3 Frenelli .......................................................................................................................................................... 18 Figura 5-4 Volte a botte .................................................................................................................................................. 18 Figura 5-5 Occhiello e cuneo .......................................................................................................................................... 19 Figura 5-6 Tipi di centine................................................................................................................................................ 19 Figura 5-7 Metodo grafico .............................................................................................................................................. 19 Figura 5-8 Regola geometrica di Leonardo da Vinci ...................................................................................................... 20 Figura 5-9 Rottura secondo De la Hire ........................................................................................................................... 20 Figura 5-10 Pinnacoli gotici ............................................................................................................................................ 21 Figura 5-11 Rottura secondo De Belidor ........................................................................................................................ 21 Figura 5-12 Rottura secondo Couplet ............................................................................................................................. 21 Figura 5-13 Meccanismo di collasso secondo Coulomb ................................................................................................. 21 Figura 5-14 Distribuzione delle tensioni Navier ............................................................................................................. 22 Figura 5-15 Curve di minima e massima spinta .............................................................................................................. 22 Figura 5-16 Curva delle pressioni dentro il terzo medio ................................................................................................. 22 Figura 5-17 Unica curva con spinta massima e minima coincidenti ............................................................................... 23 Figura 5-18 Vari tipi di arco ........................................................................................................................................... 23 Figura 7-1 Tubi o tubuli fittili ......................................................................................................................................... 27 Figura 7-2 Cupola di Santa Sofia, Turchia...................................................................................................................... 27 Figura 8-1 Serraglio della cupola .................................................................................................................................... 34 Figura 8-2 Santa Maria del Fiore .................................................................................................................................... 35
Appunti di Storia delle Tecniche Indice delle figure
Pagina-82 Il Garante
Figura 9-1 Capriata (monaco, saetta, puntoni, catena, staffa) ......................................................................................... 38 Figura 9-2 Capriata palladiana ........................................................................................................................................ 38 Figura 9-3 Sistema di carrucole per misurare sforzi in puntoni e catene ........................................................................ 38 Figura 9-4 Incastro a coda di rondine ............................................................................................................................. 40 Figura 10-1 Argano a 3 velocità di Brunelleschi ............................................................................................................ 48 Figura 16-1 Precompressione esterna ............................................................................................................................. 80