POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Ingegneria Industriale Corso di Laurea in Ingegneria Aeronautica SPERIMENTAZIONE E MODELLAZIONE DELLA PROPAGAZIONE DI FRATTURE INTERLAMINARI IN MODO II NEI LAMINATI IN COMPOSITO Relatore: Prof. Giuseppe SALA Co-relatori: Prof. Alessandro AIROLDI Ing. Andrea BALDI Tesi di Laurea di: Mario BLASI Matr. 711569 Anno Accademico 2010 – 2011
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SPERIMENTAZIONE E MODELLAZIONE DELLA … · 2.3.1 Configurazione della prova ... spostamento tipico di una prova DCB ………22 Figura 2.7 MTS 858 Mini Bionix II...
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POLITECNICO DI MILANO
Facoltà di Ingegneria Industriale
Corso di Laurea in
Ingegneria Aeronautica
SPERIMENTAZIONE E MODELLAZIONE DELLA PROPAGAZIONE DI
FRATTURE INTERLAMINARI IN MODO II NEI LAMINATI IN COMPOSITO
Relatore: Prof. Giuseppe SALA
Co-relatori: Prof. Alessandro AIROLDI
Ing. Andrea BALDI
Tesi di Laurea di:
Mario BLASI Matr. 711569
Anno Accademico 2010 – 2011
Ai miei genitori,
per avermi insegnato ad amare la vita
A mio fratello Luca,
il mio sostegno e la mia forza nel lottare
A Francesca,
il mio Amore e la mia vita
Ringraziamenti
Ringrazio i Professori G. Sala ed A. Airoldi per avermi proposto un argomento
di tesi interessante ed attuale, e per essersi dimostrati decisivi nei momenti di
difficoltà incontrati, e gli Ingegneri A. Baldi e P. Bettini per la loro grande
professionalità, per l‟aiuto e l‟infinita pazienza mostrata nei miei confronti.
Ringrazio il Dott. Zioni per la sua disponibilità e professionalità.
Ringrazio con affetto Erika per il suo sostegno e collaborazione instancabile,
ed anche Alessandro, Angelo, Carlo, Elena, Federico, Francesco, Gabriele,
Omar, Matteo, Mauro, Mirco, Riccardo, Tommaso, per essere stati degli ottimi
compagni di questo viaggio.
Un ringraziamento particolare a nonna Mary, ed a Gemma, Franco, Daniela e
Maurizio per avermi accolto come una famiglia, ed anche ai miei zii, i miei
cugini, ai miei amici più cari, perché sono loro ad avermi sostenuto mentre
imparavo a volare alto.
I
Indice
Indice ..................................................................................................................... I Elenco delle figure ..............................................................................................III Elenco delle tabelle ............................................................................................ VI Sommario .......................................................................................................... VII
Abstract ............................................................................................................. VII Introduzione ..........................................................................................................1
Capitolo 1 ..............................................................................................................3 Danneggiamento interlaminare e monitoraggio strutturale ...................................3
1.1 Meccanica della frattura nei materiali compositi ........................................3
1.1.1 Modi di propagazione del danno interlaminare ...................................7
1.2 Il monitoraggio strutturale ..........................................................................8
1.2.1 Tecnica di monitoraggio strutturale tramite utilizzo di fibre ottiche
con sensori a reticolo di Bragg ....................................................................10
3.2.1 Modello di prova implicito per test DCB .......................................... 50
3.2.2 Modello di prova esplicito per test DCB ........................................... 55
3.3 Modello numerico ENF a 3 punti ............................................................. 62
3.4 Modello numerico ENF a 4 punti ............................................................ 69
4. Confronto dei risultati tra le attività numeriche e sperimentali ..................... 75 4.1 Prove ENF ............................................................................................... 75
Da questo grafico si può notare che i sensori vedono una zona d‟influenza che si
estende fino ad un valore di propagazione della cricca pari a 60 mm, valore
concorde al dato espresso dalle teorie Modify Beam Theory MBT e Modify
Compliance Calibration MCC.
La stima della zona di processo è fondamentale per la successiva modellazione
della stessa attraverso i modelli numerici. Vedremo, infatti, nel paragrafo 3.1
come tale dato influenzi la generazione della mesh per poter simulare al meglio
il valore di inizio e propagazione del danno interlaminare.
Le prove DCB portano ad una sovrastima della zona di processo a causa del
fenomeno del fiber bridging descritto in precedenza, verrà quindi posta
0 20 40 60 80 100 1200
1000
2000
[]
da [mm]
0 20 40 60 80 100 1200
50
100
150
F [
N]
0 20 40 60 80 100 1200
100
200
F [
N]
Capitolo 2
32
attenzione nel descrivere correttamente nel modello FE lo strato interlaminare
affetto dal danneggiamento, effettuando una analisi di sensitività rispetto alla
dimensione in pianta degli elementi ed utilizzando modelli analitici che
permettono di ridefinire la lunghezza della zona coesiva da riprodurre.
2.4 Prove ENF
In Figura 2.18 è mostrato lo schema descrittivo della prova ENF, che costituisce
un test di Modo II attraverso una prova di flessione a tre punti di un provino
parzialmente delaminato. L‟apice della cricca deve trovarsi tra uno dei cilindri
inferiori e il superiore, secondo la configurazione riportata in Figura 2.18.
Figura 2.18: Schema descrittivo della prova ENF
A differenza delle prove DCB l‟avanzamento della delaminazione risulta
instabile. Nonostante non sia ancora stato precisato in una specifica normativa il
rapporto a0/L si consiglia essere inferiore a 0,69.
Prove sperimentali per caratterizzare le tenacità interlaminari di Modo I e II
33
I problemi principali relativi a questo tipo di prova sono:
attrito generato tra le superfici dalla forza che si applica nella zona
delaminata (reputabile marginale);
propagazione instabile delaminazione (una sola valutazione di tenacità
per ciascun provino)
campagna di prove precedenti su provini non ancora delaminati per la
calibrazione della cedevolezza necessaria, essendo la propagazione
instabile in questa configurazione
Dato che non sono ancora presenti precise normative che consentano di
determinare la prova, Davidson [20] suggerisce una serie di specifiche sia per
definizione della geometria sia per la riduzione dati.
2.4.1 Configurazione della prova
La procedura descritta da Davidson prevede l‟esecuzione di una pre-apertura
effettuata in Modo II avente come scopo quello di ottenere un fronte di
delaminazione rappresentativo di un danneggiamento reale, ovvero
relativamente rettilineo e perpendicolare alla direzione di avanzamento della
cricca.
Di questa procedura si sono effettuate solo le pre-aperture. Questi provini sono
successivamente stati utilizzati per prove ENF4. Sui dati delle pre-aperture non
è possibile fare analisi di riduzione dati, ma si possono comunque utilizzare al
fine di avere un raffronto qualitativo con la pendenza della curva ottenuta
numericamente con il modello ENF.
La configurazione utilizzata prevede che, riferendosi allo schema mostrato in
Figura 2.17, l‟interasse tra i cilindri inferiori sia 2L= 125 mm e il cilindro
superiore sia equidistante da quelli inferiori.
La fase di posizionamento dei cilindri di carico dell‟attrezzatura permette di
stabilire il valore iniziale di propagazione della cricca a0 e di conseguenza il
corretto posizionamento del provino essendo quest‟ultima, per definizione, la
distanza tra l‟apice della cricca e il cilindro inferiore.
Deve infatti essere rispettata la relazione:
quindi con la configurazione usata è stato ottenuto a0= 37.5 mm.
Capitolo 2
34
Le prove sono state condotte ad una velocità costante della traversa di 1 mm/min
sia nella fase di carico che in quella di scarico, durante le quali la macchina
MTS ha acquisito i valori forza e spostamento con una frequenza di 10 Hz.
Un esempio di installazione della prova descritta è mostrato in Figura 2.19
Figura 2.19: Prova ENF
2.4.2 Grafici forza – spostamento
In Figura 2.20 si riportano tutte le curve forza – spostamento dei provini della
serie 6-7 utilizzati, da cui si può osservare un‟ottima ripetibilità della prova ENF
sui provini prodotti. Essi presentano la medesima rigidezza flessionale e lo
stesso comportamento a rottura. La differenza tra i picchi di carico che comporta
tale rottura è dovuta in parte al fatto che trattandosi di pre-aperture, il fronte di
danno all‟apice della cricca presenta geometria diversa essendo inizialmente
riprodotto artificialmente dal film di teflon.
Prove sperimentali per caratterizzare le tenacità interlaminari di Modo I e II
35
Figura 2.20: Diagramma forza – spostamento prove ENF
2.5 Prove ENF4
E‟ una prova di flessione a 4 punti ideata nel 1999 da Martin e Davidson [20]
che induce sul provino una sollecitazione flessionale costante e nulla a taglio
nella zona tra i due cilindri superiori (Figura 2.21).
Figura 2.21: Schema descrittivo della prova ENF4
Capitolo 2
36
Così facendo si ottiene una propagazione di cricca stabile dalla quale è possibile
ricavare una curva R-a per eseguire una compliance calibration durante
l‟avanzamento della cricca.
Sono però presenti numerose problematiche in questa prova:
risultati dipendenti dalla geometria dei provini;
i valori di tenacità interlaminare GIIc sono superiori dell‟8-20% rispetto a
quelli ottenuti con le prove ENF; questa differenza si incrementa con
l‟aumento del rapporto tra la distanza dei cilindri interni e quella dei
cilindri esterni d/2L [23];
gli effetti dell‟attrito tra le due superfici sottoposte a delaminazione sono
superiori rispetto alla prova ENF e, anche in questo caso, la differenza
viene incrementata aumentando il rapporto geometrico d/2L tipico
dell‟attrezzatura. Tuttavia questi effetti possono essere trascurati in
quanto le maggiorazioni della tenacità interlaminare GIIc sono al
massimo del 5% nella prova ENF4 e del 2% nella ENF [24];
cedevolezza e gioco dell‟attrezzatura di prova;
non linearità geometriche: spostamento punti di contatto e rotazione
punto di carico.
Questa metodologia di prova richiede un'attrezzatura decisamente più complessa
rispetto a quella necessaria per una semplice flessione a quattro punti.
Il provino, parzialmente delaminato, presenta una distribuzione di rigidezza
asimmetrica rispetto al punto di applicazione del carico, dunque i cilindri che
trasferiscono il carico al provino devono essere in grado di muoversi
diversamente in direzione verticale: a tal fine è necessario prevedere la libertà di
rotazione dell'attrezzatura di carico.
2.5.1 Configurazione della prova
Prima di procedere con la prova vera e propria è necessario effettuare una pre-
apertura, tramite ENF, in modo da ottenere un fronte di cricca reale, facendo
propagare istantaneamente in modo instabile quello artificiale generato
dall‟inserto in teflon inglobato in fase di produzione.
Prove sperimentali per caratterizzare le tenacità interlaminari di Modo I e II
37
La procedura del test ENF4 [11],[23] prevede, successivamente, di procedere
con la fase di carico imponendo all‟attuatore della macchina MTS uno
spostamento verticale della traversa, e quindi dei cilindri interni dell‟attrezzatura
schematizzata in Figura 2.21, alla velocità Vc = 1 mm/min.
Questa fase continua fino a quando la cricca, inizialmente posizionata tra i due
cilindri interni, avanza al massimo fino a circa 10 mm di distanza dal secondo
cilindro interno, al fine di garantire le stesse condizioni di carico nel tratto
d‟interesse durante tutta la prova.
Infine deve essere effettuata la fase di scarico.
Assumendo che lo spostamento dei cilindri superiori, schematizzati in Figura
2.21, siano uguali a quello della traversa, e quindi trascurando eventuali giochi,
vengono continuamente acquisiti i valori di forza e spostamento applicati
dall‟attuatore collegato alla traversa superiore della MTS con una frequenza di
campionamento di 10 Hz.
Inoltre durante la fase di carico si deve monitorare la propagazione della cricca
su almeno un lato del provino; nel caso in questione l‟operazione è stata
effettuata fotografando periodicamente il lato sinistro del provino con uno step
di 0.1 mm e annotando lo spostamento trasversale ad esso corrispondente.
Ciascun provino può essere riutilizzato per più prove, riposizionandolo
opportunamente dopo ciascun test. L‟attrezzatura è stata configurata in modo
tale per cui la distanza tra i cilindri interni, centrati rispetto a quelli esterni, è
pari a d = 75 mm, mentre quella dei cilindri esterni è pari a 2L = 125 mm.
Affinché l‟origine della cricca sia compresa tra i perni interni e abbastanza
lontana dall‟influenza di ciascuno di essi il provino deve essere posizionato in
modo tale che la lunghezza iniziale della cricca rispetti la seguente relazione
geometrica:
Tenendo conto della configurazione utilizzata il provino deve essere posizionato
in modo tale che la lunghezza iniziale di propagazione della cricca a0 sia pari a
43.75 mm.
In Figura 2.22 sono illustrate le operazioni necessarie al montaggio
dell‟attrezzatura per le prove ENF4: (a) particolare della testa di carico e dei
cilindri superiori, (b) forcella per inserimento della testa di carico e cilindri
inferiori, (c),(d) assemblaggio completo.
Capitolo 2
38
Figura 2.22: Operazioni di allestimento dell’attrezzatura (a) testa e cilindri superiori di
carico; (b) cilindri inferiori e forcella; (c),(d) attrezzatura di carico completa
2.5.2 Grafici forza-spostamento
Si esegue una pre-apertura ENF del provino avvicinando le traverse sino a che
non inizia a propagare la cricca per poi invertire tale spostamento scaricando il
provino. Solo in seguito si riprende ad avvicinare le traverse completando più
prove ENF4 sullo stesso provino.
In Figura 2.23 si riportano tutte le curve forza – spostamento dei provini della
serie 7.
Prove sperimentali per caratterizzare le tenacità interlaminari di Modo I e II
39
Figura 2.23: Curva forza – spostamento delle prove ENF4.
La figura 2.22 mostra che le curve ottenute sono molto simili tra loro con un
basso scostamento dei valori di forza misurati durante la propagazione delle
cricche.
Tuttavia nella prova ENF4 il monitoraggio della delaminazione al variare dello
spostamento trasversale delle traverse è più complesso rispetto alle prove DCB e
ENF a causa dell‟ingombro dell‟attrezzatura utilizzata che obbliga a posizionare
la macchina fotografica ad un distanza e con un‟inclinazione che rende
difficoltosa l‟individuazione della propagazione della cricca ed inoltre la messa
a fuoco della stessa.
Figura 2.24: Punto di vista che è stato necessario adottare per monitorare l'avanzamento
della delaminazione nelle prove ENF4.
-3.5 -3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5-8000
-7000
-6000
-5000
-4000
-3000
-2000
-1000
0
mm
N
PFE712
PFE713
PFE722
PFE732
PFE742
Capitolo 2
40
I punti di inizio e fine propagazione della cricca sono stati letti togliendo il
provino dall‟attrezzatura mentre i punti intermedi sono stati monitorati, anche in
questo caso, sfruttando il più possibile le immagini fotografiche.
Figura 2.25 : Diagramma propagazione della cricca – spostamento trasversale.
Da Figura 2.24 si nota che curve di propagazione delle cricche presentano lo
stesso andamento per tutti i provini e che nonostante le difficoltà nel
monitoraggio si è riusciti a ricostruire correttamente i tratti intermedi.
2.5.3 Tecniche di riduzione dati applicate alle prove ENF4
Per quanto riguarda i metodi di riduzione dati, grazie alla propagazione stabile
della delaminazione, è possibile utilizzare anche in questo caso il metodo di
Compliance Calibration adattato alle prove in esame.
Compliance Calibration (CC)
La tenacità interlaminare critica di Modo II GIIc è stata stimata sfruttando un
metodo di Compliance Calibration sui dati sperimentali.
Questo metodo di riduzione approssima la cedevolezza come funzione lineare
della lunghezza di delaminazione:
(2.6)
-3 -2.8 -2.6 -2.4 -2.2 -2 -1.8 -1.640
50
60
70
80
90
100
110
s [mm]
a [
mm
]
PFE712
PFE713
PFE722
PFE732
PFE742
Prove sperimentali per caratterizzare le tenacità interlaminari di Modo I e II
41
dove C è la cedevolezza del provino e a è la lunghezza della cricca.
La tenacità GIIc definita come:
(2.7)
che può essere riscritta trascurando la cedevolezza statica della macchina C0
come:
(2.8)
dove Pc è il carico critico, C1 è la pendenza della curva di cedevolezza in
funzione della lunghezza di propagazione della cricca e b è la larghezza del
provino.
Figura2.26: Retta di regressione per il calcolo di C1 nella CC.
40 50 60 70 80 90 100 1100.32
0.34
0.36
0.38
0.4
0.42
0.44
0.46
0.48
0.5
a [mm]
C [
m/N
]
PFE712
PFE713
PFE722
PFE732
PFE742
Capitolo 2
42
Anche in questo caso è stata ricavata la pendenza C1 della curva cedevolezza –
lunghezza di propagazione della cricca che, in analogia con altri lavori [11],[23],
è stata ottenuta ricavando la retta dei minimi quadrati dai dati sperimentali.
Questo valore è stato sostituito nell‟eq. (2.8) in modo da ottenere le curve R-a.
Figura 2.27: Curva R-a per la stima della tenacità interlaminare di Modo II GIIc.
A differenza della tenacità di Modo I che presenta un andamento inizialmente
crescente fino al raggiungimento di un valore costante in corrispondenza di una
lunghezza di propagazione della cricca superiore all‟estensione della zona
processo, il valore di tenacità in Modo II è caratterizzato da un andamento
crescente in funzione della lunghezza di propagazione senza manifestare alcuna
tendenza alla stabilizzazione, come apprezzabile dagli andamenti riportati in
Figura 2.27.
40 50 60 70 80 90 100 1100.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
2
a [mm]
GIIc
[kJ/m
2]
PFE712
PFE713
PFE722
PFE732
PFE742
43
Capitolo 3
Modelli numerici
Le analisi numeriche hanno come obiettivo quello di riprodurre il più
fedelmente possibile quelle sperimentali.
Un modello ad elementi finiti permette di riprodurre un numero di prove
elevatissimo abbattendo i costi e presentando un‟elevata riproducibilità.
Esso diventa quindi uno strumento molto utile per un‟analisi di sensitività
rispetto a tutti i parametri, quali la tenacità e la resistenza a frattura del laminato,
ed offre la possibilità di individuare le zone migliori dove collocare i sensori a
fibra ottica per il monitoraggio strutturale.
Nel presente capitolo verranno illustrati i modelli di prova DCB, con lo scopo di
un primo confronto con i dati sperimentali, ma soprattutto di messa a punto del
modello numerico esplicito per riprodurre le prove ENF ed ENF4 e giungere ad
avere una stima del valore di tenacità di Modo II.
3.1 Tecniche di modellazione dell’interfaccia
3.1.1 Modellazione del danno interlaminare attraverso elementi coesivi
tradizionali
La prova DCB simula la rottura di Modo I all‟interno del laminato in
corrispondenza del piano di mezzeria, quindi si conosce il punto di origine della
cricca e il piano di propagazione.
Utilizzando una modellazione classica, propria degli studi di meccanica della
frattura, andrebbe discretizzata la zona di processo in maniera molto fitta
soprattutto nelle vicinanze dell‟apice della cricca.
Introducendo l‟uso degli elementi coesivi di interfaccia si riduce notevolmente il
numero di elementi sfruttando una caratteristica propria della delaminazione,
ovvero la propagazione autosimile della cricca.
Questi elementi permettono di modellare in modo specifico il comportamento
del materiale degli strati interlaminari riproducendone le caratteristiche tramite
separazione delle proprietà ad essi associati, da quelle che descrivono il
materiale composito globalmente.
Capitolo 3
44
Un limite però è rappresentato dal fatto che i modelli coesivi convenzionali
hanno spessore molto basso o addirittura nullo. Come riportato in letteratura [9],
questo porta ad assegnare loro un valore di rigidezza fuori dal piano, detta
rigidezza di interfaccia, elevato (fino ad oltre 107 N/mm
3 ).
Tale parametro consente il corretto comportamento degli elementi coesivi nel
riprodurre la rottura interlaminare senza premature fratture e viene indicato di
solito con K [N/mm3]. Il legame che esso ha con lo sforzo di rottura nel caso di
prove DCB è espresso dalla relazione (3.1):
σ33 = E33ε33 = KΔ (3.1)
dove si è indicato con Δ la distanza tra due sub-laminati che costituiscono il
provino, ovvero lo spessore dello strato interlaminare di resina tra i due.
Valori molto alti del parametro K comportano però problemi numerici con
approcci di tipo esplicito, sia in termini di definizione del minimo passo di
integrazione necessario alla stabilizzazione dello schema di integrazione per sua
natura condizionatamente stabile sia in termini di livello di oscillazioni nella
risposta forza-spostamento durante la fase di propagazione della cricca.
Nel paragrafo 3.2.1 viene indicata una relazione analitica tramite la quale si può
stabilire un valore di K che sia sufficiente a garantire un buona risposta del
modello numerico che simula prove di tipo Double Cantilever Beam mediante
un modello implicito che impiega elementi coesivi tradizionali.
Nel seguente paragrafo, invece, verranno specificate le leggi di danneggiamento
proprie degli elementi di interfaccia utilizzati con la particolare tecnica
impiegata nelle simulazioni numeriche di tipo esplicito, la quale porta ad un
netto miglioramento rispetto all‟approccio coesivo tradizionale appena descritto.
3.1.2 Modellazione del danno interlaminare attraverso elementi coesivi non
convenzionali
Nei materiali compositi la nucleazione del danno generalmente non comporta
una rottura completa, quanto piuttosto una riduzione delle prestazioni
difficilmente valutabile. Un supporto a tale indagine viene fornito dai modelli
FE come quelli descritti nel seguito, ed in particolare quelli di tipo esplicito,
molto impiegati nella descrizione di prove di tenacità interlaminare.
Il principale difetto dell‟utilizzo dei codici espliciti è rappresentato dal fatto che
i tempi di calcolo sono molto elevati, a fronte di essere adatti a modellare
fenomeni tipicamente non lineari come i complessi meccanismi di frattura e
contatto di superfici.
Per questi motivi in letteratura si ritrovano differenti tecniche di modellazione in
grado di caratterizzare le zone interlaminari e al contempo abbattere il costo
Modelli numerici
45
computazionale [9]. L‟approccio più usato è quello di utilizzare elementi di
interfaccia di tipo coesivo tradizionale, il quale però richiede ancora un certo
grado di infittimento della mesh nell‟intorno dell‟apice della delaminazione,
come esposto nel paragrafo 3.1.1. In particolare, una tecnica che si è rivelata
molto efficiente nel descrivere i fenomeni di delaminazione è l‟utilizzo
congiunto di elementi di interfaccia e leggi di danno assegnate che ne
descrivono il legame sforzi/deformazioni.
La legge deve descrivere in modo corretto le principali caratteristiche di un
laminato in composito, sapendo riprodurre rigidezza, resistenza e tenacità
dell‟interlamina [12], [13], [14].
Nello specifico, la tecnica di modellazione utilizzata, sviluppata nel corso degli
ultimi anni presso il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di
Milano ,[4],[5],[6], utilizza un modello costitutivo dell'interfaccia applicato ad
una tecnica di modellazione che include strati interlaminari all'interno di uno
schema ad elementi finiti di laminati in composito.
Questa tecnica permette di ottenere diversi gradi di raffinamento della mesh sia
nello spessore del laminato che in pianta, permettendo di cogliere la nascita e la
propagazione del danneggiamento in tempi di calcolo piuttosto limitati.
Non è richiesto un grado molto elevato di infittimento della griglia di calcolo
nella zona di processo a differenza degli elementi coesivi di solito impiegati, ed
inoltre la cricca può potenzialmente originarsi e propagare in qualsiasi punto del
modello, questo grazie alla modellazione di tutti gli strati interlaminari.
E‟ sufficiente infatti che in tale zona gli elementi solidi di tipo C3D8R, che
rappresentano l'interlamina, rilascino l'intera quota di energia che compete loro,
raggiungendo la deformazione massima consentita dalla legge di
danneggiamento assegnata.
La tecnica impiegata sfrutta una legge costitutiva del materiale implementata in
una subroutine Fortran® richiamata dal codice esplicito Abaqus/Explicit®.
[21],[22],[19].
La tecnica si basa sulla visione del generico laminato in materiale composito
come collezione di sub-laminati modellati nel loro comportamento nel piano
attraverso l‟impiego di elementi bidimensionali posti nel piano medio degli
stessi sub-laminati ed elementi solidi di interfaccia che connettono attraverso lo
spessore gli elementi bidimenionali. Ne consegue uno schema ibrido
caratterizzato dalla presenza di elementi bidimenionali, di tipo membranale o
piastra ed elementi solidi di tipo convenzionale (C3D8R). Gli elementi solidi
sono completati con una legge costitutiva bi-lineare analoga a quelli degli
elementi coesivi tradizionali, ma che per tenere conto dello spessore finito è
definita sulla base di un legame sforzo-deformazione.
In Figura 3.1 si possono notare gli spostamenti riferiti ai piani medi dei
sublaminati connessi da uno strato di interfaccia solido.
Capitolo 3
46
(a) (b) Figura 3.1. (a) Spostamenti relativi dei sub laminati connessi dallo strato di interfaccia. (b)
Accoppiamento tra gli elementi solidi e gli elementi shell
Come si nota in figura, tramite i vettori spostamento rappresentati è possibile
definire gli spostamenti relativi {Δ} e le deformazioni {ε} medie a essi connessi,
nell‟ipotesi di piccole deformazioni:
(3.2)
Da cui attraverso la matrice di rigidezza ricaviamo gli sforzi {σ}:
(3.3)
Il materiale assegnato agli elementi solidi, che modellano l‟interlamina, ha un
comportamento elastico come rappresentato nell‟equazione (3.3) solo fino al
valore σ0
i3, ovvero fino alla componente di sforzo che corrisponde all‟inizio del
danneggiamento. Da questo punto in avanti bisogna simulare la progressiva
riduzione della capacità di sostenere il carico; questo avviene mediante l‟uso di
una legge bi-lineare, in cui il percorso di carico e scarico ha luogo con rigidezza
ridotta e senza deformazioni residue (Figura 3.2)
Modelli numerici
47
Figura 3.2 Legge costitutiva bi-lineare del materiale
L‟area sottesa alla curva è direttamente connessa alla tenacità critica a frattura in
caso di puro Modo I, II o III e può essere espressa in termini di lavoro per unità
di superficie:
(3.4)
dove con e ε
F33 si intendono le componenti di deformazione finali, ovvero al
termine del processo di danneggiamento e con t lo spessore del laminato.
La legge bi-lineare risulta perciò completamente determinata dai valori con ,
εF
33, σ0
i3, E33, Gi3.
Per analizzare, invece, la condizione di Modo misto, e considerando che
l‟interfaccia modella la matrice epossidica, si può assumere un equivalente
comportamento per i Modi II e III, e si ricava: σ0
13 = σ023, G13 = G23 e GII = GIII,
di conseguenza definiamo sforzi e deformazioni come:
Capitolo 3
48
(3.5)
Si può notare dalle relazioni (3.5) espresse su σI che nel caso in cui lo sforzo
normale applicato sia negativo, ovvero uno sforzo di compressione, σI risulta
essere nullo. In questo modo viene garantita una corretta modellazione delle
lamine adiacenti, in particolare il contatto definito tra loro che rimane anche nel
caso l‟interlamina tra esse sia completamente danneggiata.
Si introduce, inoltre, un parametro d che permette di esprimere il valore dello
sforzo in seguito all‟inizio della delaminazione (eq. 3.6). Tale parametro di
danno, inizialmente nullo, raggiunge il valore unitario quando il materiale è
completamente danneggiato:
(3.6)
Un criterio quadratico che permette di determinare quando l‟interlamina inizia a
danneggiarsi in modo misto è il seguente:
(3.7)
Quindi la nascita del danno, in Modo misto, può avvenire prima che venga
superata la soglia di sforzo di inizio del danneggiamento σ0
I e σ0
II .
Indicando con GIc e GIIc rispettivamente le tenacità critiche in puro Modo I e II,
si descrive un simile criterio quadratico (eq. 3.8) che una volta soddisfatto indica
completo il danneggiamento dell‟interfaccia:
Modelli numerici
49
(3.8)
dove :
(3.9)
È inoltre possibile introdurre un ulteriore parametro β indicativo della modalità
di sollecitazione dell‟interlamina e la conseguente modifica sulla legge
costitutiva (Figura 3.3):
β = εII / εI
(3.10)
(a) (b)
Figura 3.3 Modifica della legge costitutiva a seguito della definizione del parametro β. (a) Rappresentazione sul piano ε33 γ13. (b) Rappresentazione della legge bi-lineare
Capitolo 3
50
3.2 Prove DCB
3.2.1 Modello di prova implicito per test DCB
Il modello implicito sviluppato riproduce la prova DCB di un provino della serie
1 – 2 prodotta in laboratorio sperimentale.
Il modello, le cui dimensioni totali sono 250 x 25 x 9.8 mm, è costituito da due
semitravi con elementi tridimensionali a 8 nodi C3D8I, aventi dimensione in
pianta di 0.625 x 2.5 mm [19].
Questi sono elementi del prim‟ordine in cui i convenzionali gradi di libertà di
spostamento sono completati da ulteriori modi di deformazione (“incompatibile
modes”) che ne incrementano l‟accuratezza nel descrivere modi di
deformazione che tipicamente richiederebbero un numero elevato di elementi,
come la flessione. Si dimostra infatti come l‟impiego di un numero limitato di
questi elementi nello spessore di una trave sia sufficiente alla descrizione dello
stato di sollecitazione conseguente ad una azione di flessione.
Queste considerazioni giustificano l‟impiego di soli due elementi nello spessore
di ognuno dei due bracci che compongono un provino DCB, come visibile dal
modello riportato in Figura 3.4
Questi elementi C3D8I sono caratterizzati dalle proprietà delle lamine che
costituiscono il provino riportate in tabella 3.1
Caratteristiche degli elementi C3D8I
E1 [MPa] 47790 G12 [MPa] 5896
E2 [MPa] 13600 G23 [MPa] 5896
E3 [MPa] 10000 G13 [MPa] 5896
υ12 0.257 T [MPa] 25
υ23 0.257 GIc [ 2] 0.75
υ13 0.257 th [mm] 9.8
Tabella 3.1 Caratteristiche degli elementi solidi modellati
Come espresso in tabella 3.1 le proprietà di rigidezza modellate concordano con
le caratteristiche proprie di un laminato in composito in fibra di vetro e resina
epossidica.
Modelli numerici
51
Il valore di tenacità interlaminare di modo I è GI = 0.75, ovvero pari al valore di
regime osservato nella riduzione dati riportata al paragrafo 2.3.3.
Questo valore vedremo che garantisce la corretta modellazione con
l‟avanzamento del fronte di danno nel modello numerico impiegato.
Tale valore è stato assegnato per caratterizzare l‟unica interlamina modellata tra
le due semitravi tramite elementi coesivi COH3D8, i quali hanno legge di
danneggiamento come quella descritta al paragrafo 3.1.1 ma già implementati
nel solutore Abaqus/Standard®.
La rigidezza di interfaccia descritta al paragrafo 3.1.1, è stata ricavata secondo la
legge analitica [9]:
K = α E3 / t (3.11)
con E3 modulo di Young trasversale, t lo spessore dei bracci del provino ed
α >>1 parametro scalare fissato a α = 50.
Dalla formula 3.11 si ricava un valore K =102040 [N/mm3] che è perfettamente
in linea con quanto espresso in letteratura, dove si prevede un valore di
K = 1.1x105 [N/mm
3] per laminati con spessore del singolo braccio di 5 mm.
La dimensione in pianta degli elementi coesivi è la medesima degli elementi
solidi C3D8I essendo ad essi legati, scegliendo un valore di 0.625 mm lungo
l‟asse x del provino in modo da avere un numero di 400 elementi.
Tale dimensione in pianta è più che sufficiente secondo Davila [9] per
riprodurre il corretto comportamento della zona coesiva, visto che si ritiene
essere già un buon valore una lunghezza pari ad 1 mm.
La zona di processo viene di solito ricavata per prove numeriche tramite la
formula 3.12 secondo Hillerborg [25]:
lcz = ME3GI / (σ0)2 (3.12)
dove σ0
è lo sforzo nominale di rottura a trazione fissato come da tabella 3.1 ad
un valore T = 25 [MPa] ed M=1.
L‟equazione 3.12 porta ad una stima della zona di processo lcz = 12 mm, quindi
un quinto di quella ricavata dalle prove sperimentali considerando il fenemeno
del fiber bridging. La dimensione in pianta della mesh porta a dire che sono
presenti più di 19 elementi a discretizzare questa zona di processo, e da una
analisi di sensitività effettuata si evince che si può ulteriormente ridurre tale
numero senza alterare i risultati conseguiti in termini di curva forza –
spostamento.
Nelle Figure 3.4, 3.5, si può osservare il modello FE completo in configurazione
deformata, in rosso si nota il danneggiamento dell‟interlamina discretizzata.
Capitolo 3
52
Figura 3.4 Modello implicito DCB completo in configurazione deformata
Figura 3.5 Particolare del fronte di danno nell’interlamina
Il carico viene introdotto attribuendo una legge di spostamento ad una delle due
semi-travi del provino consentendo uno spostamento finale pari al valore
raggiunto durante l‟esecuzione delle prove, mentre l‟altra estremità viene
vincolata alla traslazione verticale in z tramite la card di Abaqus®:
*BOUNDARY, in figura 3.6 si nota il progressivo danneggiamento
dell‟interlamina, come evidenziato dal raggiungimento del valore unitario del
parametro SDEG.
Modelli numerici
53
(a)
(b)
(c)
Figura 3.6 (a),(b),(c) Progressivo danneggiamento dell’interlamina
Capitolo 3
54
Questo modello implicito riesce a cogliere bene la rigidezza flessionale del
provino con soli 4 elementi nello spessore, ma rimane un modello di prova in
quanto una singola legge di danno coesiva non riesce a riprodurre bene il
comportamento della curva forza – spostamento reale.
Questo perché il fenomeno del fiber bridging comporta un aumento della
tenacità di Modo I al crescere della cricca (Figura 3.5), fino al valore di regime
utilizzato per calibrare la legge bi-lineare delle prove numeriche.
Il risultato è una sovrastima della forza di rottura, sino al progressivo
raggiungimento della curva sperimentale come da Figura 3.7.
Figura 3.7 Correlazione numerico sperimentale con una curva forza-spostamento di una
prova DCB eseguita
Come riportato alla fine del paragrafo 3.2.2, per poter riprodurre più fedelmente
la curva sperimentale di una prova DCB, il modello numerico deve impiegare
una legge di danno modificata introducendo un doppio strato di elementi coesivi
ognuno avente legge differente.
Modelli numerici
55
3.2.2 Modello di prova esplicito per test DCB
Il modello esplicito sviluppato per riprodurre le prove DCB, riproduce non solo
la geometria reale, ma anche il numero totale di plies del laminato pari a 48
(Figura 3.8).
Dovendo fornire da supporto per la conseguente modellazione delle prove ENF
ed ENF4 si è scelto inizialmente di infittire la griglia del modello, al fine di
valutare la sensitività rispetto a parametri quali:
il numero di sub-laminati riprodotti sino al limite della singola lamina
la dimensione in pianta degli elementi di interfaccia
i parametri del materiale UD utilizzato
Figura 3.8 Modello esplicito modellato con 48 plies
Il modello è composto da 48 membrane costituite di elementi shell S4R ad
integrazione ridotta, intervallati da strati di elementi brick C3D8R che
modellano l‟interfaccia come secondo l‟approccio descritto nel paragrafo 3.1.2.
Il provino ha le stesse dimensioni geometriche di quello implicito, ma oltre al
tipo di elementi impiegati, si è introdotto il carico in maniera differente.
Sono state riprodotte le cerniere di carico della macchina MTS tramite corpi
rigidi che vincolano tutti gli elementi corrispondenti alla zona di incollaggio.
Capitolo 3
56
I nodi di tali elementi sono stati inglobati in un set utilizzando la card di
Abaqus® *RIGID BODY, all‟interno della quale si specifica il nodo di
riferimento, REF NODE, e il gruppo di nodi di tipo *TIE NSET, i quali hanno
tutti i gradi di libertà associati al corpo rigido. Analogamente a quanto accade
nelle prove sperimentali, il nodo di riferimento di un corpo rigido è vincolato nei
suoi gradi di libertà (fatta eccezione per quello relativo alla rotazione attorno
all‟asse di cerniera). Il nodo di riferimento del secondo corpo rigido viene
caricato tramite una curva di spostamento ed ha come unici gradi di libertà la
traslazione in direzione z e la rotazione attorno all‟asse di cerniera, come nella
prova reale (Figura 3.11 e 3.12).
Figura 3.9 Particolare dei nodi relativi all’incollaggio delle cerniere di carico e nodi di
riferimento dei corpi rigidi
Modelli numerici
57
Figura 3.10 Nodi di incollaggio delle cerniere di carico
Il danneggiamento iniziale introdotto tramite la striscia in teflon nel provino
sperimentale, è stato riprodotto assegnando agli elementi che sono in quella
zona interlaminare un valore unitario alla variabile di danno (Figura 3.11).
Figura 3.11 Set di elementi di interfaccia che riproducono il pre-danneggiamento
Capitolo 3
58
Figura 3.12 Set di elementi pre-danneggiati
Si sono effettuate le analisi di sensitività sopra descritte, in particolare una volta
ottenuto il valore di GI = 0.75 [ 2] dalla riduzione dati, si è ridotto
progressivamente il numero delle lamine modellate, fino al dimezzamento del
valore iniziale, passando quindi a 24.
La sequenza di laminazione omogenea ha permesso la riduzione del numero di
sub-laminati, quindi da un modello inizialmente definito con un grado di
discretizzazione nello spessore a livello della singola lamina (48 lamine) si è
passati ad un modello caratterizzato da 24 sub-laminati definiti
dall‟accoppiamento di due lamine.
Non avendo riscontrato differenze, si è notato che il parametro che influenza
maggiormente la rigidezza flessionale del provino è la lunghezza iniziale della
cricca a0. Quest‟ultima è stata riprodotta fedelmente misurando la pre-apertura
effettuata sui provini sperimentali.
Le caratteristiche dei materiali modellati sono riportate in tabella 3.2..
Modelli numerici
59
Shell Brick
E1 [MPa] 47790 G12 [MPa] 10000
E2 [MPa] 13600 G23 [MPa] 5896
E3 [MPa] 10000 G13 [MPa] 5896
υ12= υ23= υ13 0.257 T [MPa] 25
G12 [MPa] 5896 S [MPa] 60
G23 [MPa] 5896 GIc [ 2] 0.75
G13 [MPa] 5896 th [mm] 0.416
Tabella 3.2 Caratteristiche degli elementi modellati
Nella Figura 3.13 si riporta graficamente il comportamento dell‟interlamina
interessata dal danneggiamento durante il suo sviluppo, si nota che lo sforzo σ33
assume valore pari a quello limite T in corrispondenza dell‟apice della cricca.
Figura 3.13 Andamento dello sforzo σ33 nell’apertura del provino
Questo modello porta ai medesimi risultati dell‟implicito (Figura 3.7 e 3.14), ma
ha permesso di avere una mesh completa e dettagliata di base per la
modellazione delle prove di Modo II descritte successivamente.
I risultati conseguibili con una modellazione a doppio coesivo sono riportati in
Figura 3.17.
Capitolo 3
60
Figura 3.14 Confronto curva forza-spostamento del modello esplicito con una prova
sperimentale al variare di GI
Figura 3.15 Confronto curve forza-spostamento tra i due modelli DCB descritti ed una
prova sperimentale
Modelli numerici
61
Introducendo un doppio elemento coesivo per modellare l‟unica zona
interlaminare interessata da rottura, si perviene ad un modello FE in grado di
riprodurre meglio anche il tratto iniziale della curva di figura 3.15.
Questo tramite una sovrapposizione di elementi coesivi COH3D8 di Abaqus®,
ai quali vengono assegnate proprietà differenti di tenacità di modo I e di sforzo
di rottura σ33.
Di conseguenza la legge bi-lineare complessiva sarà data da una
sovrapposizione delle corrispettive leggi dei due coesivi impiegati come da
figura 3.16.
,
Figura 3.16. Legge bi-lineare risultante dalla sovrapposizione di due elementi coesivi posti
nell’interlamina
Le due leggi sovrapposte sono governate dal parametro scalare m e dal
parametro n che modula i valori di sforzo di rottura.
Si riporta, a titolo di esempio, un grafico in figura 3.17 di una correlazione
numerico sperimentale ottenuta da un lavoro precedente di tesi[13], mediante
l‟uso del doppio coesivo applicato al medesimo modello numerico descritto per
valori di GIc = 0.75, m = 0.11 ed n = 0.998.
Capitolo 3
62
Figura 3.17 Effetto dell’impiego di doppio coesivo sui modelli DCB descritti
3.3 Modello numerico ENF a 3 punti
Il modello numerico di base è quello esplicito visto per le analisi DCB del
paragrafo 3.2.2. Si è utilizzata la medesima tecnica per la discretizzazione
dell‟interfaccia, ma i provini rappresentati sono diversi perché appartengono
alla serie 6 – 7, quindi presentano uno spessore più elevato (th = 10.4 mm) e di
conseguenza una rigidezza a flessione differente.
Le dimensioni sono 250 x 26 x 10.4 mm e si sono modellate 24 sub-laminati,
ognuno costituito dall‟accoppiamento di due lamine caratterizzati pertanto da
uno spessore pari a 0.433 mm (Figura 3.18).
Le dimensioni in pianta degli elementi sono 0.625 x 1.25 mm, ma aumentando
il valore in direzione x da 0.625 a 1.6 mm non si sono riscontrate differenze
sostanziali nella risposta del modello.
Modelli numerici
63
Figura 3.18 Modello esplicito ENF
Tutti i cilindri sono stati discretizzati con superfici rigide di rivoluzione legate
ad un nodo di riferimento, tramite la card *SURFACE, TYPE=REVOLUTION.
A tali nodi si impongono le condizioni di vincolo, in particolare i nodi di
rifermento dei cilindri inferiori sono stati vincolati rigidamente, mentre il nodo
di riferimento del cilindro superiore è stato lasciato libero di traslare in direzione
verticale z e di ruotare attorno all‟asse y di figura 3.18.
A quest‟ultimo viene assegnata una curva di velocità in direzione z tramite la
card *BOUNDARY, TYPE=VELOCITY (Figura 3.19).
I cilindri inferiori hanno diametro Φ = 20 mm, mentre quello superiore ha
Φ = 30 mm.
Da notare il progressivo aumento di velocità fino ad un valore costante, questo
permette di garantire l‟applicazione del carico in condizioni quasi statiche senza
eccitare troppo la dinamica del modello evitando in questo modo eventuali
oscillazioni nella risposta flessionale dello stesso.
Capitolo 3
64
Figura 3.19 Curva di spostamento del cilindro superiore
Essendo il cilindro superiore libero di traslare e ruotare, si specificano anche le
sue caratteristiche reali di massa e momento d‟inerzia attorno all‟asse y tramite
le card *MASS e *ROTARY INERTIA, assegnando i valori reali della testa di
carico.
Come nella prova sperimentale, si riproducono le misure tra i cilindri e la zona
pre-danneggiata dal teflon introducendo un set di elementi „cricca‟ come da
Figura 3.20 ai quali viene assegnato valore unitario alla variabile di danno
assegnata all‟interno della legge costitutiva.
Figura 3.20 Pre-danneggiamento e interasse tra i cilindri nella prova ENF
Modelli numerici
65
Shell Brick
E1 [MPa] 47790 G12 [MPa] 5896
E2 [MPa] 13600 G23 [MPa] 5896
E3 [MPa] 10000 G13 [MPa] 5896
υ12= υ23= υ13 0.257 T [MPa] 25
G12 [MPa] 5896 S [MPa] 60 - 80
G23 [MPa] 5896 GIc [ 2] 0.75
G13 [MPa] 5896 GIIc [ 2] 1.6 - 2.2
th [mm] 0.433
Tabella 3.3 Caratteristiche dei materiali modellati
Per quanto riguarda il materiale assegnato agli elementi di tipo shell e quello
degli elementi C3D8R assegnato alla legge bi-lineare in Fortran®, rispetto alla
caratteristiche assegnate nel modello DCB esplicito, descritte al paragrafo 3.2.2,
si sono eseguite alcune modifiche quali:
incremento dello spessore assegnato ad ogni elemento di shell
incrementato a th = 0.433 mm per rappresentare due lamine di
composito unidirezionale
sforzo di rottura a taglio S in un intervallo 60 ≤ S ≤ 80 [MPa]
tenacità di modo II in un intervallo 1.6 ≤ GII ≤ 2.2 [KJ/m2]
questo ha permesso di effettuare su tali parametri degli studi di sensitività al
variare degli stessi.
Particolare attenzione è stata data anche alla simulazione dei contatti tra i
cilindri ed il provino. Dopo aver creato due set di elementi rispettivamente
comprendenti la membrana superiore ed inferiore del provino, si è introdotta una