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Sottosuolo - Arpa Umbria · registrata nella regione negli ultimi decenni. A partire dal 5 maggio 1997 nell’area di Massa Martana si avvertono alcune scosse sismiche che si replicano

Feb 16, 2019

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Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 7 l Sottosuolo l PRESSIONI

7.1. INTRODUZIONE

Il sottosuolo, quale componente ambien-tale, è parte integrante del territorio ed ècostituito, dal punto di vista geologico, daterre, rocce e da sostanze liquide e gas-sose di varia origine e composizione chi-mica. Sotto il profilo degli interessi pri-mari dell’uomo, il sottosuolo comprendematerie prime minerali, solide, liquide egassose, fondamentali per la vita biolo-gica sulla terra. Nell’ambito di questo rap-porto, l’attenzione è limitata alla fascia dicrosta terrestre accessibile con i mezzitecnologici attualmente disponibili esottostante la coltre pedologica; il limitetra suolo e sottosuolo è dettato dal pas-saggio tra prevalente componente bioticae prevalente componente abiotica.

7.2. PRESSIONI

Sono sostanzialmente di due tipologie lepressioni che possono interferire in modosignificativo e concorrere a modificare lostato del sottosuolo: una è riconducibilealla dinamica terrestre e l’altra all’attivitàantropica. La componente ambientalesottosuolo è dotata di caratteristiche di-namiche intrinseche molto accentuate chesi manifestano in tempi più o meno lunghi(tettonica a zolle, orogenesi, dissestoidrogeologico, ecc.). Generalmente, alcu-ne manifestazioni dei processi dinamici(per esempio l’erosione, le frane, ecc.),sono ricondotte ad azioni antropiche; inaltri termini ciò significa attribuire all’uo-mo la funzione di determinanti. In realtà,quasi sempre si tratta di fenomeni del tut-to naturali, in qualche modo prevedibili (fat-ta eccezione per i terremoti) e scarsamen-te governabili dall’uomo.Facendo riferimento all’attività antropica,occorre ricordare che non è concepibilela sopravvivenza dell’uomo senza l’utiliz-zazione del sottosuolo o di sue compo-nenti, sia per il reperimento delle materieche lo costituiscono, sia per i processiconnessi all’antropizzazione del territorio.

l 7 l Sottosuolo

Il sottosuolo rappresenta quindi per l’uo-mo una risorsa fondamentale e presso-ché illimitata, in rapporto all’attuale ca-pacità di sfruttamento e ai suoi fabbisogni,ma la sua utilizzazione spesso si scontracon la tutela dell’ambiente che fa partedelle risorse inalienabili, potenzialmenteesauribili. Ne consegue che è di primariaimportanza dare alla pressione antropicasul sottosuolo connotati di sostenibilità ecompatibilità ambientale, attraverso pro-cessi culturali in grado di fornire strumentiadeguati per la progettazione, la gestio-ne e il controllo delle attività che interes-sano direttamente o indirettamente que-sta componente della terra.

7.2.1. Pressioni antropiche

Le attività antropiche di maggiore rilevanzaregionale utili per definire e quantificare,laddove possibile, incidenza delle azionidell’uomo sul sottosuolo sono:– attività estrattiva di minerali di 2a ca-

tegoria (minerali di cava) a cielo aper-to;

– attività estrattiva di minerali solidi di1a categoria (minerali di miniera) acielo aperto;

– estrazione di CO2;– estrazione di acque minerali (miniera);– estrazione di acqua da pozzi per usi

agricoli e acquedottistici;– scavi per realizzazione di opere di in-

gegneria civile, idraulica, infrastruttu-rale quali per esempio: gallerie stra-dali, autostradali, ferroviarie e idrau-liche; sbancamenti e trincee per in-frastrutture.

Gli interventi antropici finalizzati alla rea-lizzazione di opere di ingegneria civile eidraulica hanno interessato, in pratica,tutto il territorio della regione e di conse-guenza ogni formazione geologica costi-tuente il sottosuolo.La frammentarietà delle fonti di informa-zione, imputabile in parte alla diversifica-zione delle competenze specifiche, nonpermette di delineare un quadro genera-le che consenta di quantificare precisa-

mente l’incidenza del processo di urba-nizzazione strutturale e infrastrutturalesulla componente ambientale sottosuolo.Sono stati acquisiti i dati relativi all’ultimodecennio, riferiti essenzialmente ai volu-mi di materiale scavato per la realizza-zione di strade e linee ferroviarie in gal-leria. L’incertezza sull’attendibilità delleinformazioni disponibili porta a delineareuno scenario meramente indicativo del-l’ordine di grandezza del fenomeno.Nel corso degli ultimi dieci anni in Umbriasono stati realizzati circa 10 km di vie dicomunicazione in sotterraneo, con un’a-sportazione complessiva di circa 900.000m3 di terreni e rocce. I volumi di sottosuoloderivanti dalla realizzazione di scavi peropere civili, infrastrutturali, idrauliche,ecc., sono sicuramente maggiori e il riu-tilizzo come materiali di cava, è stimabilein circa 500.000 m3 pari a circa al 10%dei quantitativi provenienti annualmentedall’estrazione in cava.

7.2.2. Pressioni naturali

La componente sottosuolo è soggetta afenomeni riconducibili alle dinamiche at-mosferiche e più in generale alla logicaevoluzione della crosta terrestre.Le pressioni naturali che maggiormentecaratterizzano l’Umbria sono:– l’elevata frequenza di fenomeni sismi-

ci;– eventi meteo climatici eccezionali

che, seppure meno parossistici chein altre regioni, hanno inciso marca-tamente sotto il profilo del dissestoidrogeologico.

A tale proposito si forniscono, di seguito,i dati relativi all’evento sismico e all’even-to meteorologico più significativi per laregione negli ultimi anni; gli effetti direttipiù tangibili per il sottosuolo, connessi atali eventi, sono sicuramente riconduci-bili a fenomeni di dissesto idrogeologico:numerose frane di entità e consistenzavariabili sono da attribuire a dinamicheendogene e atmosferiche che interessa-no e hanno interessato l’Umbria.

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Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 7 l Sottosuolo l STATO

BOXL’evento meteorologico del novembre-dicembre 1996 -gennaio 1997Nei mesi di novembre e dicembre 1996 e di gen-naio 1997 la regione dell’Umbria è stata colpitada un evento meteorologico eccezionale carat-terizzato da una consistente nevicata (con spes-sori compresi tra 0,4 m e 1 m di neve) e da unintenso e persistente evento piovoso che ha in-teressato gran parte della regione e, in particola-re, il settore di sud-est; si sono calcolate pioggecumulate in un solo giorno variabili tra il 30 e il70% della media mensile, con picchi di 213 mmgiornalieri (registrati nel bacino del fiume Nera).L’eccezionalità dell’evento meteorico, associata alrapido scioglimento della coltre nevosa, ha inne-

scato numerosi movimenti franosi, causando, in al-cuni casi, ingenti danni al patrimonio edilizio einfrastrutturale. Sono state segnalate circa 4.000frane in 12 km2 di territorio (pari allo 0,14% dellasuperficie regionale) la maggior parte delle qualiriferibili a movimenti superficiali (almeno il 65%). Lefrane profonde sono state in prevalenza frane com-plesse con lunghezze comprese tra alcune decine,e alcune centinaia di metri e con volumi di materia-le coinvolto superiori anche a 0,5 milioni di m3.La maggior parte delle frane segnalate si sonoverificate in aree note per i problemi di instabilitào, comunque, nelle immediate vicinanze. Sono

7.3. STATO

Per una sintetica descrizione, l’assettogeolitologico umbro può essere raggrup-pato in 5 complessi principali. Di seguitosono riportate le formazioni geologichedi interesse minerario (fig. 1) che costitu-iscono i complessi principali della geolo-gia umbra, associate all’attività estrattivae ai suoi principali utilizzi.1) Complesso carbonatico: costituito da

calcari, calcari marnosi, calcari selciferie marne, affioranti in corrispondenzadelle dorsali principali tra le quali il set-tore sud-occidentale della Narnese-Amerina, i massicci perugini, il monteSubasio, la parte centrale dei montiMartani e la dorsale appenninica verae propria, che si sviluppa lungo tutto ilsettore orientale dell’Umbria. Nellospecifico delle diverse formazioni checostituiscono il complesso carbonaticosi ricorda:– il calcare cavernoso estratto e uti-

lizzato nell’edilizia e per la produ-zione di calcestruzzo;

– il calcare massiccio utilizzato per laproduzione di blocchi e massi peropere marittime (portuali, difesecostiere, ecc.), granulati per cal-cestruzzi, ballast ferroviario o perla produzione di malte, cementi eleganti;

– la corniola e più raramente lamaiolica, forniscono pietrame uti-lizzato per la produzione di facciaa vista e/o per il restauro architet-tonico; la maiolica è anche utiliz-

stati interessati dai fenomeni, per lo più, i sedi-menti plio-pleistocenici di origine fluvio-lacustree secondariamente il complesso del flysch (al-ternanze di arenarie e marne). Molte frane si sonoverificate in corrispondenza di aree coltivate (inparticolare a grano); è stata avanzata l’ipotesi chele pratiche agricole guidate dalle strategie e daifinanziamenti all’agricoltura dell’Unione Europea,possano aver incrementato la densità relativa deidissesti (Cardinali et al., 2000).

(Fonte: rapporto conclusivo Regione Umbria, CNR

IRPI)

zata come base per la confezio-ne di bianco santo e di calci;

– i calcari stratificati estratti come pie-tre ornamentali per la produzionedi blocchi da telaio, utilizzati per laproduzione di lastre per lepavimentazioni o per il rivestimen-ti interni ed esterni (calcari asaccoma e aptici, scaglia rossa);

– la scaglia cinerea estratta comemarna da cemento.

2) Complesso terrigeno: costituito da al-ternanze di arenarie, marne, argille ecalcareniti. È af fiorante sia nel settoreorientale che in quello occidentale del-la regione. Le varietà delle arenarie delTrasimeno, nota come “pietra serena”,e dell’arenaria del Pianello, sonoestratte come pietre ornamentali.

3) Complesso ligure: costituito da suc-cessioni calcaree e calcareo marnose;si tratta per lo più di depositi caoticiscarsamente sfruttati nell’attivitàestrattiva. Affiora nel versante occiden-tale dell’Umbria in una circoscritta areadi circa 40 km2 posta tra i comuni diCastel Viscardo, Allerona e Fabro.

4) Complesso postorogenico fluviolacustre: rappresentato da alternan-ze di sabbie ghiaie e argille variamen-te interdigitate a costituire i fondovallee le dorsali collinari minori.Da tale complesso si estraggonogranulati:– ghiaia per la confezione di calce-struzzo;– sabbia, per la preparazione di mal-te e di miscele per intonaci;

– limi, se silicei, usati come additivinella confezione di refrattari;– argille, utilizzate per la produzionedi laterizi, maioliche e ceramiche ar-tistiche.

5) Complesso vulcanico: individuabilenell’area sud-occidentale della regio-ne (in particolare nell’Orvietano), for-nisce materiali come le piroclastici,impiegati per i rilevati stradali (poz-zolane e sabbie vulcaniche), e le lave(basaltina) utilizzate come pietre or-namentali e per granulati.

7.3.1. L’attività estrattiva

L’attività estrattiva, come è noto, interessaadunamenti geologici (sostanze mineralisolide, liquide e gassose) di interesse eco-nomico. Negli ultimi cinquant’anni ifabbisogni di materiali di cava per la rea-lizzazione di strutture e infrastrutture sononotevolmente aumentati, determinando unincremento dell’attività estrattiva a livelli maiprecedentemente registrati. Tale dinami-ca ha provocato impatti sull’ambiente ta-lora molto rilevanti, non tanto per i mag-giori prelievi di risorsa, ma per lo più a cau-sa della frammentazione dei siti estrattivi,per l’inadeguatezza delle tecniche di colti-vazione utilizzate e per la mancanza di in-terventi di riambientazione. La crescenteconsapevolezza della reale necessità distabilire un giusto rapporto tra lo sfrutta-mento della risorsa e il mantenimento del-la qualità ambientale ha portato all’ema-nazione di una nuova normativa di setto-re. Il progresso tecnologico e le recenti leg-

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gi regionali, hanno infatti determinato unmiglioramento delle tecniche di interventoe dei processi produttivi mediante una piùqualificata attività di progettazione e di con-trollo, nel rispetto dell’ambiente e della suavocazione naturale.La rilevazione delle attività estrattive pre-senti sul territorio umbro è stata effettuatasulla base dei dati presenti nell’archivioregionale e relativi ai censimenti effettuatidal 1988 al 1991 (contenuti nella relazio-ne generale della proposta di Piano Re-gionale delle Attività Estrattive - PRAE,

BOXL’evento sismico del settembre 1997 - 1998La sequenza sismica iniziata nel settembre del1997 ha colpito la fascia appenninica a cavallo tral’Umbria e le Marche e si è protratta sino al giugnodel 1998 dando vita alla calamità più disastrosaregistrata nella regione negli ultimi decenni.A partire dal 5 maggio 1997 nell’area di MassaMartana si avvertono alcune scosse sismiche chesi replicano con minore intensità nei giorni suc-cessivi. Il 26 settembre alle 2,33 del mattinol’appennino Umbro Marchigiano fu colpito da unforte terremoto di magnitudo 5,6 con epicentrolocalizzato tra Colfiorito e Annifo. Qualche oradopo, alle 11,40 del mattino, una seconda scos-sa, più severa della prima, colpisce la stessa areacon un’intensità pari a 5,8 M corrispondenti al IXgrado della scala Mercalli (scossa altamente di-struttiva): si dichiara lo stato di emergenza. Neigiorni e nei mesi successivi si susseguirono mi-

gliaia di scosse con altri due eventi principali: il14 ottobre alle 17,23 con epicentro a Sellano siavverte la più violenta scossa sismica del mesedi ottobre (VIII grado della scala Mercalli – 5,5Richter) preceduta nei primi giorni del mese daaltri due eventi leggermente meno violenti. A 9mesi di distanza dai primi tremori avvertiti dallapopolazione, alla fine del mese di marzo e neiprimi giorni di aprile si verificano altri terremoti dimagnitudo compresa tra 4,5 e 5,4 con epicentrolocalizzato tra Nocera Umbra e Gualdo Tadino.Sulla base dei dati forniti dal servizio sismico na-zionale si mostra una sintesi dei principali eventisismici che si sono verificati, l’intensità, la sequen-za e gli epicentri degli eventi principali.Nella tabella 1 si evidenzia la distribuzione dellamassime intensità sismiche cumulative. La se-quenza sismica che colpì l’Umbria dal settembre

1997 all’aprile 1998, oltre a causare ingenti dan-ni al patrimonio edilizio, infrastrutturale e cultura-le (cfr. par. 7.4.2.2.), ha provocato anche nume-rose fratture del suolo, una serie di movimentifranosi e in taluni casi ha alterato il regimeidrogeologico, determinando tra l’altro anche so-stanziali modifiche sul regime e sulla qualità del-le sorgenti. In 124 località sono state segnalate324 fratture (molte in corrispondenza della lineadi mezzeria delle strade costruite a mezza costacon riporti di terreno) estese per una distanzaminima di 2 m, sino a una massimo di 300 m.Si è trattato, prevalentemente, di frane di crollo(cadute massi, crolli in roccia e ribaltamenti). Sonostate individuate 253 frane, distribuite in 104 lo-calità poste per la maggior parte entro un raggiodi 25 km dall’epicentro e in alcuni casi entro l’ot-tavo chilometro.

Tabella 1 – Sintesi dei principali eventi sismici del 1997-1998

Fonte: Rapporto conclusivo CNR IRPI, protocollo d’intesa con la Regione Umbria (2002); www.regione.umbria.it

1993), nelle schede di rilevazione presen-tate dagli esercenti nel 1998 (contenutenel Piano straordinario delle attivitàestrattive PSAE, 1998) e nel recente sche-ma del progetto di PRAE, preadottato condelibera della Giunta Regionale n. 305 del19 marzo 2003, che aggiorna i dati sud-detti, con le informazioni raccolte in occa-sione dei sopralluoghi in cava effettuati nel-l’esercizio delle funzioni di polizia minera-ria e nelle dichiarazioni dei Comuni.I dati raccolti si riferiscono a tutto il terri-torio regionale e in molti casi la copertu-

ra del dato arriva sino al dettaglio comu-nale. Anche in questo caso, così comeper le realizzazioni infrastrutturali (galle-rie, scavi in sotterraneo e a cielo aperto,ecc.), si deve fare rilevare la frammenta-rietà dei dati e delle fonti (istituzionali omeno) e l’incertezza sull’attendibilità delleinformazioni disponibili che, peraltro, siregistra su tutto il territorio nazionale efornisce elementi di conoscenza sostan-zialmente contraddittori, in particolarmodo tra le stime dei settori produttivi equelle degli enti locali.

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7.3.1.1. Analisi dei dati

MiniereIn Umbria le concessioni per attività mi-nerarie di prima categoria sono 7 (tab. 1)e interessano circa 38,74 km2, pari allo0,46% del territorio regionale, 5 miniere,di cui 4 localizzate nel comune di Gubbioe 1 a Foligno, estraggono marna da ce-mento; le altre due sono nel comune diCastel Giorgio (estrazione di CO2) e nelcomune di Piegaro (dove si estraevalignite, ma l’autorizzazione è in scaden-za e la miniera non è in esercizio).

Cave attiveDal 1976 al 2001-2002 si registra una pro-gressiva diminuzione dell’attività estrattivadi seconda categoria, per lo piùriscontrabile nella provincia di Perugia. Inparticolare si passa da circa 277 cave at-tive nel 1976, a 215 nel 1991, che si ridu-cono a 188 nel 1994. Alla fine del 2001 lecave attive nella regione sono 147: 101nella provincia di Perugia (che rispetto al1976 ha praticamente dimezzato i sitiestrattivi) e 46 nella provincia di Terni, an-ch’essa in lieve diminuzione a partire dal1991 (tab. 2; graf. 1). Dei 147 siti segna-lati, sono in esercizio solo 132; alcune at-tività sono temporaneamente sospese oin fase di ripristino (graf. 2; fig. 2).L’analisi dei volumi totali coltivati e deimateriali estratti (tab. 3), riferita a 6annualità, comprese tra il 1987 e il 2002,evidenzia che, conformemente alla dimi-nuzione del numero di siti estrattivi, si hauna conseguente diminuzione deiquantitativi estratti, con un massimo re-

Figura 1 – Carta geolitologica dell’Umbria: principali complessi geologici

Fonte: CNR

Tabella 1 – Superficie regionale interessata da concessione mineraria per comune, numero e tipologia(dati 2001)

Fonte: Regione Umbria - Servizio Difesa del suolo, cave, miniere e acque minerali

Tabella 2 – Cave attive in Umbria

Fonte: per il 1976 CRURES; per il 1991 IRRES ; per il 1994 Regione Umbria - Servizio Difesa del suolo,cave, miniere e acque minerali; per il 2001 Regione Umbria, Schema di progetto di PRAE 2003

Grafico 1 – Cave attive in Umbria

Grafico 2 – Cave distinte per stato dell’attività

Fonte: Regione Umbria, Schema di progettodi PRAE 2003

Fonte: vedi tabella 2

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Tabella 4 – Produzione 2001 per formazione geologica

Fonte: Regione Umbria, Schema di progetto di PRAE 2003

gistrato nel 1991, con poco meno di 8milioni di m3 annui, sino ai 5 milioni di m3

circa, estratti nel 2001. Le stime relativeal 2002, elaborate sulla base delle peri-zie giurate, indicano un lieve incrementodei quantitativi prodotti rispetto all’annoprecedente (i dati sono ancora in corsodi elaborazione).L’analisi sui materiali estratti, riferita al 2001(tab. 4; graf. 3), porta ad affermare che lecave estraggono prevalentemente calca-re (52,49%), ghiaia e sabbia (23,36%) eargilla (11,86%). Da un confronto con lasituazione del 1991, e avendo a disposi-zione i dati raggruppati per complessi ge-ologici (tab. 5), si constata che la diminu-zione di circa 2,7 milioni di metri cubi ca-vati ha interessato per lo più le cave dicalcare (che passano da 91 a 49, con unariduzione dei quantitativi cavati del 25%) ele cave di terra (sabbie argille e ghiaie),che nel 2001 hanno fornito circa la metàdel materiale prodotto nel 1991, riducen-do il numero di siti estrattivi di 24 unità.È interessante notare che la tendenza delnumero totale di siti estrattivi attivi a par-tire dal 1991 è in diminuzione, per controsi registra un aumento del numero di cavedi grosse dimensioni; infatti, nel 1991 sisegnalavano 17 siti che estraevano vo-lumi di materiale superiore a 100.000 m3

all’anno, mentre nel 2001 i siti sono 22.Circa il 90% della produzione (tab. 6) in-teressa il settore degli inerti, per la mag-gior parte rappresentati da calcari, sab-

Figura 2 – Le attività estrattive in Umbria

Fonte: elabotrazione AUR su dati CNR e Regione Umbria

Tabella 3 – Quantitativi di materiale estratto

Fonte: Regione Umbria, Schema di progettodi PRAE 2003

Fonte: Regione Umbria, Schema di progettodi PRAE 2003

Grafico 3 – Produzione 2001 per formazionegeologica

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bie e ghiaie, sia in pezzame che in pietri-sco. Di fatto, almeno il 50% del settore, èsoddisfatto dalle formazioni lapideecalcaree s.l.Il settore delle argille è destinato per lopiù a usi industriali, mentre solo lo 0,44%dei volumi estratti, è destinato all’artigia-nato. Tale dato, seppur non rilevante alivello regionale, acquisisce un significa-to importante a livello locale, per alcunicomuni come Deruta e Castel V iscardo,che basano la propria economia sull’arti-gianato per la produzione di ceramiche,terrecotte e laterizi fatti a mano.Il settore delle pietre, che incide con menodello 0,2% sul totale, è rappresentato dal-le formazioni della marnoso arenacea(arenarie di Tuoro sul Trasimeno e delPianello), della scaglia rossa o variegata(pietra rosa di Assisi o di San Terenziano)e dal travertino (con la pietra sponga diSellano).La diminuzione del numero di siti estrat-tivi relativamente agli ultimi anni, puòessere per lo più imputabile sia alla at-tuale complessità gestionale di un’attivi-tà estrattiva, che indirizza verso lo sfrut-tamento di giacimenti di grande entità,incentivando l’ampliamento dei siti esi-stenti a discapito dell’apertura di nuovecave, sia per l’istituzione di ambiti tutelatiinterdetti a tale attività.In relazione ai volumi estratti si evidenzia

che la diminuzione dei totali annui nonpuò essere verosimilmente correlabile auna reale diminuzione dei consumi, inquanto non si conoscono le quote di im-portazione.Per quanto concerne l’esportazione sistima che il 20% del cavato ha una desti-nazione extraregionale; si tratta per di piùdi tufi, basalti e travertini.In materia estrattiva la Regione Umbria,attraverso il Piano regionale, adotta i se-guenti criteri:– vietare l’apertura di nuove cave, al-

meno sino all’aggiornamento dellostesso;

– privilegiare interventi di ampliamento,completamento o reinserimento su tut-to il territorio regionale con i condi-zionamenti del caso in ambiti vincolati;

– limitare le quantità estraibili con i nuoviinterventi alle effettive necessità de-gli impianti di prima lavorazione odell’industria di trasformazione deimateriali estratti e connessi all’attivi-tà di cava;

– diversificare la provenienza di mate-riali inerti, compatibilmente con la lorodestinazione d’uso e favorire il riutilizzodi materiali assimilabili e alternativi insostituzione di materiali di cava.

Sulla base dei dati a disposizione si èvoluta effettuare una lettura del territorioper ambiti territoriali, per bacini idrografici

Tabella 5 – Siti estrattivi e volumi per complessi geologici

Fonte: elaborazione AUR su dati Regione Umbria, Schema di progetto di PRAE 2003

principali e per aree sottoposte a tutela,come definiti nel PUT (Piano UrbanisticoTerritoriale approvato con legge regiona-le n. 27 del 24 marzo 2000).

Ambiti territoriali e attività estrattivaDalla sovrapposizione dei dati a disposi-zione (tab. 7) emerge che circa l’85% deisiti estrattivi sono localizzati nei territorimontuosi, basso collinari e nelle aree pia-neggianti che morfologicamente rappre-sentano quasi il 65% del territorio regio-nale; l’ambito alto collinare risulta quellocaratterizzato dalla minore densità di siti,seppur di variabili dimensioni. Rapportan-do i quantitativi di materiale estratto inogni ambito rispetto al totale estratto nel-l’anno 2001 emerge che circa il 50% ditutto il materiale estratto nel 2001 pro-viene dall’ambito montuoso, che costitu-isce il 27,2% della superficie regionale.

Bacini idrografici e attività estrattivaSovrapponendo i dati a disposizione conl’assetto idrografico principale della re-gione, così come definito dall’Autorità diBacino del Fiume Tevere nella redazio-ne del Piano di Assetto Idrogeologico(PAI ) ed elaborando i rapporti tra le ton-nellate o m 3 di materiale estratto in ognibacino e il totale del materiale estrattonel 2001 (tab. 8), si evince che il 33%del materiale totale è estratto nelsottobacino Topino-Marroggia, seguitodal bacino del Chiani-Paglia e da quellodel Tevere a monte dell’Aniene (le su-perfici ricadenti nel bacino del Tevere rap-presentano il 96% del territorio regiona-le pari a circa 8,12 km2).

Vincoli territoriali e ambientalie attività estrattivaL’analisi del rapporto tra l’attività estrattiva

Tabella 6 – Produzione 2000 suddivisa per settore, uso e prodotto di cava

Fonte: Regione Umbria, Schema di progetto di PRAE 2003

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Grafico 4 – Cave inattive nel periodo 1988-2001in Umbria

Tabella 9 – Cave ricadenti nelle aree tutelate da vincoli ambientali o territoriali

Fonte: Regione Umbria, Schema di progetto di PRAE 2003

e alcuni vincoli ambientali e territoriali (tab.9) indica che circa il 25% delle cave attivecensite alla fine del 2001 ricadono in zonevincolate, 2/3 di queste ricadono in parti-colare nelle aree di tutela delle acque. Sisottolinea che alla luce delle recentinormative, la maggior parte dei vincoli ter-ritoriali e ambientali considerati sono a oggivincoli ostativi per l’attività estrattiva.L’incidenza del cavato in aree vincolate ri-spetto al totale dei volumi estratti è circapari al 25% e si nota che la quasi la totalitàdelle cave di arenaria si colloca in aree vin-colate. Un’incidenza così rilevante potreb-be essere attribuita a un problema di loca-lizzazione dei siti che ha radici nel passa-to quando, nel definire le destinazionid’uso, non si è presumibilmente tenutoconto delle caratteristiche naturalisticoambientali del territorio umbro.

Cave inattiveDal 1988 al 2001 si assiste a una progres-siva diminuzione dell’attività estrattiva diseconda categoria, con conseguente au-mento del numero di siti riferibili a caveinattive (graf. 4). Premettendo la difficoltàa livello regionale di delineare un quadrodi riferimento, anche in considerazione

della variabile qualità del recupero ambien-tale, i dati a disposizione evidenziano chedal 1988 a oggi, i siti ascrivibili a cave inat-tive sono quasi raddoppiati. Di fatto attual-mente circa 1/6 dei 485 siti segnalati, ne-cessitano di interventi di recupero ambien-tale.

7.3.2. Acque minerali

In Umbria esistono numerose sorgenti di

Tabella 8 – Sottobacini del fiume Tevere e attività estrattiva

Fonte: Elaborazione AUR su dati Regione Umbria

Tabella 7 – Ambiti territoriali e attività estrattiva

Fonte: Elaborazione AUR su dati Regione Umbria

Fonte: elaborazione AUR su dati Regione Umbria,Schema di progetto di PRAE 2003

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Tabella 10 – Classificazione delle acque minerali imbottigliate (dati 2000)

Fonte: Regione Umbria, Servizio Difesa del suolo, cave, miniere e acque minerali

acque minerali e termali, contraddistinteda peculiari caratteristiche chimico-fisiche,strettamente dipendenti dalla composizio-ne mineralogica dei complessi rocciosi incui circolano. Le principali sorgenti mine-rali sono localizzate lungo i bordi occiden-tali delle dorsali montuose e i relativiacquiferi sono contenuti per la maggiorparte nelle rocce che costituiscono il com-plesso carbonatico. Nell’area sud-occiden-tale della regione sono localizzati acquiferidi una certa rilevanza a contatto con roc-ce del complesso vulcanico.La classificazione delle acque minerali etermali suddivide le acque in base allaconcentrazione ionica, distinguendo, sul-la base di tale parametro, le acque in: sal-se, acque sulfuree, acque arsenicate, ac-que ferruginose, acque bicarbonate e ac-que solfate. Le acque minerali imbottigliatesono classificate in base al valore del re-siduo fisso, misurato a 180 °C di tempe-ratura. Si distinguono quattro classi:

– acque minimamente mineralizzate:residuo fisso < 50 mg/l;

– acque oligominerali: 50 mg/l < resi-duo fisso < 500 mg/l;

– acque minerali: 500 mg/l < residuofisso < 1.500 mg/l;

– acque ricche di sali minerali: residuofisso >1.500 mg/l.

Le acque termali sono classificate oltreche sulla base dei parametri suddetti,anche in base alla temperatura:– acque fredde: T < 20 °C;– acque ipotermali: 20 °C < T < 35 °C;– acque mesotermali: 35 °C < T < 50 °C;– acque termali: T >50 °C.Le acque minerali imbottigliate (tab. 10)nell’Umbria orientale (Santa Chiara,Motette, Rocchetta, Flaminia, Angelica,Sassovivo, Tullia, Lieve, Misia e Viva) sonooligominerali di tipo bicarbonaticocalcitiche; quelle del settore centro-meri-dionale (San Faustino, Amerino, Sange-mini, Aura e Fabia) sono oligominerali e

minerali di tipo bicarbonatico alcalinoterrose con la caratteristica di essere,come nel caso dell’acqua Sangemini eSan Faustino, effervescenti naturali. Nelsettore occidentale dell’Umbria, scaturi-scono acque ancora oligominerali, ma ditipo bicarbonatico alcaline (Tione).Le acque minerali utilizzate per scopi ter-mali (tab. 11) differiscono notevolmentedalle acque minerali imbottigliate, sia perle caratteristiche chimiche che, piùspecificatamente, per i valori del residuofisso e della temperatura, che sono net-tamente più elevati.Le acque minerali termali fredde, nel-l’area settentrionale della regione (termedi Fontecchio) sono di tipo sulfureo bi-carbonato alcaline, nell’area centro orien-tale (terme di San Felice) sono di tipo bi-carbonato alcalino terrose e sulfureo-bi-carbonato alcalino terrose, mentre nelsettore centro meridionale (terme di SanFaustino, Sangemini e Amerino), sonoancora bicarbonato alcalino terrose.Le sorgenti di acqua ipotermale sono lo-calizzate nel comune di Parrano dovescaturiscono acque a una temperatura di26,4 °C, classificate come salse-sulfureo-bicarbonato alcaline e alcalino terrose.La concessione di prelievo per scopi in-dustriali delle acque minerali termali vie-ne rilasciata dalle regioni e ha un perio-do di validità di 30 anni rinnovabile; men-tre, i cosiddetti permessi di ricerca (richie-sti generalmente per verificare lapotenzialità dell’acquifero), durano 3 annie sono anch’essi riconfermabili.I dati a disposizione, relativi all’anno 2000(fig. 3) evidenziano che 14 comuni umbrisono interessati da 19 concessioni, perun totale di 2.677 ha di superficie auto-rizzate, pari a poco più dello 0,3% delterritorio regionale. Sul mercato sono pre-senti 16 acque minerali, di cui 14oligominerali e 2 minerali, caratterizzateda effervescenza naturale.La produzione di acque minerali imbotti-gliate presenta una tendenza generale dicrescita; dal 1981 a oggi i volumi sonodecuplicati seppur la crescita non è statalineare. I dati più recenti sui volumi im-bottigliati, mostrano, nel 2002, un calo diproduzione di quasi 100 milioni di litri, pariall’incirca all’8% in meno rispetto ai volu-mi imbottigliati nel 2001 (graf. 5).

7.3.3. La stabilità dei versanti:le frane

La franosità di un versante, in terra o roc-cia è la sua attitudine a essere interessa-to da fenomeni di instabilità per azione

Tabella 11 – Classificazione delle acque minerali termali (dati 2000)

Fonte: Regione Umbria, Servizio Difesa del suolo, cave, miniere e acque minerali

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Figura 3 – Acque minerali e termali (dati 2000)

Grafico 5 – Volumi (milioni di litri) di acquaminerale imbottigliata

zioni dei livelli delle falde, variazioni di tem-peratura, cicli giornalieri o stagionali fred-do – caldo, gelo – disgelo, terremoti, vi-brazioni indotte da attività antropiche, va-riazioni dell’apparato radicale, del livellodi copertura vegetazionale, modificazionialla morfologia del versante, ecc.)Per l’Umbria, come per qualsiasi altraregione italiana dotata di una morfologiadel terreno altrettanto movimentata, lefrane sono parte della sua storia; hannodimensioni e tipologia varie si verificanoogni anno in numero maggiore o minorein qualche parte del suo territorio, produ-cendo danni al patrimonio agricolo eforestale, alle infrastrutture di trasporto eai centri abitati.Per caratterizzare il territorio regionale inrelazione a questi fenomeni e valutarne illivello di rischio, la Regione Umbria haavviato negli ultimi anni, numerosi studi eindagini ed è in corso di redazione l’inven-tario delle frane (progetto IFFI), basatosull’acquisizione di tutti gli studi e i censi-menti esistenti, integrati dalle cartografiegeologiche e tematiche a disposizione. Ilprogetto integra lo studio condotto con ilprotocollo d’intesa tra l’AmministrazioneRegionale e il CNR-IRPI che è stato rivoltoa redigere la Nuova Carta Inventario deimovimenti franosi della regione, a indivi-duare e perimetrare le aree a rischio difrana e ad aggiornare la stima sull’inciden-za dei dissesti sul tessuto insediativo,infrastrutturale e produttivo. Allo stato at-tuale, la Nuova Carta Inventario costitui-sce la base georeferenziata dei dati piùaggiornata. Sono state individuate eperimetrate più di 40.000 frane di variabi-le entità, estensione e profondità.La Nuova Carta Inventario indica che cir-ca l’8,9 % del territorio regionale, pari acirca 750 km2 è in frana, di questi, 546km2 ricadono nella provincia di Perugia e204 km2 nella provincia di Terni (tab. 12).Si tratta per lo più di fenomeni franosiascrivibili a scorrimenti, mentre le cosid-dette frane di crollo e le colate di detrito, simanifestano con percentuali nettamenteinferiori.

Il territorio comunale e le franeLa figura 4 evidenzia la percentuale diterritorio in frana per ogni comune dellaregione. I comuni di Sant’Anatolia diNarco, Montecastello di Vibio, MonteSanta Maria Tiberina di Todi, Pietralunga,Montone, Valfabbrica e Umbertide per laprovincia di Perugia, Penna in Teverina,Allerona, Castel Viscardo, Giove e Ba-schi per la provincia di Terni, sono quellimaggiormente compromessi, con più del

Fonte: elaborazion AUR su dati RegioneUmbria, Servizio Difesa del suolo, cave,miniere e acque minerali

gravitativa di porzioni più o meno vaste eprofonde del pendio. Essa dipende dal li-vello di equilibrio locale tra forze resistentie forze attive squilibranti. L’efficacia delleforze resistenti dipende da numerosi pa-rametri quali, per esempio, la natura deiterreni, la presenza o meno di acqua, lapresenza o meno di elementi stabilizzantiquale, per esempio, l’apparato radicale,ecc. L’intensità delle forze squilibranti èlegata essenzialmente alla morfologia delversante (pendenza naturale o antropica),alla natura e alle caratteristiche dei terre-ni, alla presenza o meno di potenziali su-perfici di rottura o di discontinuità. Il livellodi equilibrio, ovvero il valore del rapportotra forze resistenti e forze squilibranti, puòvariare con il passare del tempo a causadelle caratteristiche intrinseche del mate-riale (fenomeni reologici) e/o di agentiesterni (precipitazioni meteoriche, varia-

Fonte: elaborazion AUR su dati RegioneUmbria, Servizio Difesa del suolo, cave, minieree acque minerali

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15% de territorio interessato da fenome-ni gravitativi di varia entità.Come detto, le frane più diffuse sonoascrivibili a scorrimenti più o meno com-plessi, che interessano soprattutto il com-plesso terrigeno e i sedimenti plio-pleistocenici a matrice prevalentementeargillosa.

L’assetto geologico e le franeLa sovrapposizione dei dati all’assettogeologico del territorio umbro (tab. 13),evidenzia che il complesso geologico piùfranoso è il complesso ligure, che, purestendendosi per soli 40 km2 nel territo-rio regionale è per il 42,8% in frana. Ilsecondo complesso in ordine di franositàè appunto il terrigeno e in particolar modoquello toscano (16,4%), con circa 110 km2

mappati in frana su una estensione com-plessiva di 676 km2; mentre, la percen-tuale di territorio in frana del complessoterrigeno umbro, è pari al 13,4%, checorrisponde a circa 232 km2, su un’esten-sione complessiva di 1.731 km2.Nel complesso carbonatico, interessatoda frane per circa il 7,5% della sua esten-sione, si innescano sia scorrimenti chefrane di crollo; queste ultime si verificanoin prevalenza laddove af fiorano litotipicalcarei fratturati.I litotipi marnoso-argillosi e i detriti di fal-da sono soggetti a fenomeni franosi cheimplicano scorrimenti di tipo rotazionalee traslativo, come avviene frequentemen-te in Valnerina o nei versanti dei montiSibillini. Le coltri di detrito di falda sonotipicamente interessate anche da movi-menti gravitativi più superficiali, quali le

Tabella 12 – Aree in frana rispetto

Fonte: Rapporto conclusivo CNR-IRPI, protocollo di intesa con la Regione Umbria (2002)

Tabella 13 – Aree in frana e assetto geologico del territorio

Fonte: Rapporto conclusivo CNR-IRPI, protocollo di intesa con la Regione Umbria (2002)

Fonte: Rapporto conclusivo CNR-IRPI,protocollo di intesa con la Regione Umbria(2002)

Figura 4 – Il territorio in frana (dati 2002)

cosiddette colate di detrito. Nei comples-si terrigeni, caratterizzati da una giacituradegli strati concorde con il pendio, si in-nescano frequentemente frane comples-se rappresentate da scivolamenti nellearee di distacco, che evolvono a colatenelle zone di piede. Tipici del complessoterrigeno (in particolare laddove prevaleuna facies argilloso-marnosa) e delle ar-

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Tabella 16 – Aree in frana e bacino del fiume Tevere

Fonte: elaborazioni AUR su dati Regione Umbria

gille del complesso plio-pleistocenicosono i calanchi, ossia forme di erosionemarcata e diffusa a opera delle acquesuperficiali, che si originano con mecca-nismi erosivi di tipo regressivo coinvol-gendo talvolta interi versanti. Caratteri-stici sono i calanchi della zona di Ficulle(Umbria occidentale), inseriti tra l’altronell’archivio regionale, come aree di par-ticolare interesse geologico.

Gli ambiti territoriali e le franeLa distinzione del territorio per ambiti haconsentito di effettuare una lettura incro-ciata, sovrapponendo tali ambiti con lacarta inventario (tab. 14). La maggior par-te dei movimenti franosi (51,6%) si verifi-cano nelle aree alto collinari e sono perla gran parte ascrivibili a scorrimenti. Talimovimenti gravitativi sono i più diffusi eoccupano circa 700 km2 del territorio re-gionale. In realtà, di questi, solo il 5,7%sono stati identificati come attivi oquiescenti; per la restante parte si trattadi zone con peculiarità geomorfologichetali da ricondurre a scorrimenti incerti orelitti. Le cosiddette colate di detrito, rap-presentano lo 0,15% del territorio regio-nale e si identificano per lo più in corri-spondenza dei rilievi montuosi; mentre, ifenomeni di crollo, rappresentano solo lo0,02% del totale.

Il vincolo idrogeologico e le franeEsaminando il rapporto fra fenomeni

franosi e zone sottoposte a vincolo idro-geologico1 (tab. 15) emerge che l’85,3%delle aree in frana ricade in territori sotto-posti a vincolo idrogeologico che occupa-no circa il 70% dell’intero territorio regio-nale. L’11% delle zone vincolate è inte-ressato da fenomeni franosi di varia esten-sione ed entità, per la maggior parteascrivibili a scorrimenti. Si evince pertan-to la necessità di una corretta gestione delvincolo e soprattutto dei territori vincolati.

I bacini idrografici e le franeSovrapponendo i territori in frana ai baciniidrografici principali del territorio umbro,definiti nel Piano di Assetto Idrogeologicodel fiume Tevere (tab. 16) e considerandosolo le superfici ricadenti nel bacino emer-ge che circa il 90% delle aree in frana ri-cadono all’interno del bacino del fiumeTevere. Il rapporto tra la superficie dellearee in frana in ogni sottobacino, rispetto

alla superficie del sottobacino stesso va-ria tra 0,03 e 0,13; il sottobacino più pe-nalizzato risulta la porzione di bacino delfiume Tevere posta a monte del fiumeChiascio con il 13,7% della superficie, infrana, che rappresenta il 28,8% del totaledelle aree in frana segnalate in Umbria. Isottobacini del Nestore-Trasimeno e delVelino sono quelli meno penalizzati, conmeno del 3,5% di territorio in frana.

7.3.3.1. Il rischio da frana

La pericolosità da frana è definita comela probabilità che il fenomeno con deter-minate caratteristiche di “intensità di dis-sesto” si verifichi in un dato periodo ditempo e in una data area (Varnes, 1984).La valutazione di tale parametro compor-ta la previsione di svariati fattori quali:– dove e quando una frana può verifi-

carsi, rifacendosi anche alla ricorren-za temporale dell’evento;

– il tipo di frana che può verificarsi el’intensità dell’eventuale fenomenointesa come capacità distruttiva;

– l’evoluzione spazio-temporale del-l’eventuale fenomeno.

A tale proposito l’Autorità di Bacino delTevere, nella redazione del PAI, ha con-dotto un approfondito studio finalizzatoalla perimetrazione delle aree soggettea rischio da frana e alla valutazione dellivello di rischio, così come richiesto dal-la legge 267/98. Tale studio, redatto sul-

Tabella 14 – Aree in frana e ambiti territoriali

Fonte: elaborazioni AUR su dati Regione Umbria

Tabella 15 – Aree in frana e zone sottopostea vincolo idrogeologico

Fonte: Rapporto conclusivo CNR-IRPI,protocollo di intesa con la Regione Umbria (2002)

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la base di analisi geomorfologiche, ap-plicate alle condizioni e all’evoluzionespazio temporale dei versanti, associatealla vulnerabilità del territorio, e alle sti-me del danno atteso, fornisce un fonda-mentale quadro di riferimento per le am-ministrazioni. Gli enti locali stessi, sullabase di ulteriori approfondimenti, dovran-no verificare le compatibilità delle previ-sioni urbanistiche dei piani vigenti, con ilrischio dei dissesti evidenziato.Tale modello applicato all’intero ambitoregionale ha consentito di perimetrare134 situazioni a rischio molto elevato (R4)ed elevato (R3) ricadenti in 45 comuniumbri (tab. 17). Tali ambiti sono stati og-getto di una serie di vincoli e prescrizionivolti alla limitazione delle attività di tra-sformazione del territorio al fine di salva-guardare lo stesso e il patrimonio esisten-te. Sono stati stimati costi di intervento dioltre 300.000 euro per sistemazioni mon-tane e forestali estensive e costi di quasi43,5 milioni di euro per gli interventi insituazioni di rischio da frana R3 e R4. Lesituazioni di rischio R2 non sono stateancora definitivamente censite; in ognicaso, per le aree sinora perimetrale inUmbria, si stimano costi di interventosuperiori a 35,5 milioni di euro.

7.3.4. Attività sismica

L’Umbria è una regione da sempre espo-sta ai terremoti e l’evento sismico che siè protratto per quasi un anno, a partiredal 26 settembre 1997, non è purtroppoun episodio isolato e irripetibile, ma siinserisce in una lunga e densa storia dicrisi sismiche che coinvolge tutta la fa-scia preappenninica umbra e l’intero ap-pennino Umbro-Marchigiano-Abruzze-se, storicamente interessato da eventi dimagnitudo elevata.

Il potenziamento della rete sismica na-zionale (a partire dal 1981 sono disponi-bili le registrazioni dell’Istituto Nazionaledi Geofisica - ING), l’installazione dellaRete Sismica Locale e una serie di ricer-che condotte con reti locali messe in fun-zione subito dopo il verificarsi degli eventisismici più importanti degli ultimi 20 anni,hanno fornito insieme alla sismicità stori-ca, validi dati su tre importanti aspetti deiterremoti umbri: la localizzazione, la lorointensità e i meccanismi focali ossia, lostato di tensione al quale sono sottopo-ste le rocce, nelle zone in cui gli eventisismici umbri si sono generati.Per quanto riguarda la localizzazione sipuò osservare che gli epicentri degli eventisismici umbri sono mediamente distribui-ti, seppur non in maniera uniforme, lungouna fascia larga una quarantina di chilo-metri orientata all’incirca NO-SE, che dal-l’Alta Valle del Tevere, attraverso ilpreappennino eugubino e le strutture diGualdo Tadino e di Nocera Umbra, rag-giunge le zone di Colfiorito e Sellano. Laprofondità dei terremoti varia tra 7 e 14chilometri circa; le profondità minori si re-gistrano nel lato sud-ovest della fascia at-tiva (Valtiberina e preappennino, ValleUmbra), quelle più elevate nella partenord-orientale della stessa (zona di Cagli,di Gualdo Tadino - Fabriano, di NoceraUmbra - Colfiorito - Preci e zona di Norciae Cascia). L’intensità dei terremoti Umbriè generalmente strettamente connessaalla profondità: i più severi (con magnitudo>5,5) sono quelli più profondi della fasciaappenninica (parte nord-est della fasciasismica), mentre quelli più blandi (magni-tudo <5,5), sono quelli più superficiali del-la Valtiberina, preappennino e Valle Umbra(parte sud-ovest della fascia sismica). Lamaggior parte dei terremoti umbri mostra-no meccanismi focali di tipo distensivo.

Tabella 17 – Regole per l’attribuzione dei livelli di rischio, dati Umbria per le classi R3-R4

Fonte: Autorità di Bacino del Tevere, Piano Assetto Idrogeologico

La figura 5, estratta dal vigente Piano Ur-banistico Territoriale, evidenzia i cinquedistretti sismogenetici, (internamente omo-genei per stile sismico) che caratterizza-no l’Umbria, individuati considerando i datimaggiormente significativi relativi allasismicità storica, alla frequenza dei terre-moti, all’ubicazione degli epicentri deglieventi sismici più distruttivi, alla distribu-zione in profondità degli ipocentri e allecaratteristiche tettoniche del territorio.Le crisi sismiche più significative che sisono verificate in Umbria negli ultimi 30anni sono state:– Valfabbrica: sequenza iniziata nel

1971 e potrattasi a più riprese perquasi tutta la prima metà degli annisettanta.

– Norcia e Cascia: sequenza iniziatanel 1979 con repliche che duraronoalcuni mesi dopo l’evento principale.

– Gubbio: sequenza iniziata nel 1984con repliche che si sono protratte peralcuni mesi.

Le zone 44, 45, 46, 47 appartengono alla fasciaintermedia fra quella adriatica in compressionee quella tirrenica in distensione. I meccanismi dirottura attesi sono misti, con prevalenza dip-slip.La zona 41, che interessa marginalmente il settoreoccidentale dell’Umbria, appartiene alla fasciatirrenica in distensione, con meccanismi di rotturaattesi tipo dip-slip

Figura 5 – Distretti sismografici

Fonte: Regione Umbria, PUT, 2000

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– Colfiorito-Annifo: sequenza iniziatanel settembre 1997 con repliche chedurarono quasi un anno distribuite traGualdo Tadino-Nocera Umbra-Sella-no e Preci (magnitudo max 5,8).

– San Faustino: sequenza iniziata neldicembre 2000 e potrattasi per circa2 mesi nell’area Narnese-Ternana(magnitudo max 4,1).

7.3.4.1. La classificazione sismica

Il decreto ministeriale del 26 giugno 1981,n. 515, e successive modifiche ha disci-plinato sino a oggi la classificazione si-smica. Prima di allora i comuni venivanoclassificati man mano che gli stessi era-no coinvolti in qualche terremoto. Alladata del 13 marzo 1927, 10 comuni umbrifurono inseriti in seconda categoria. In se-guito ad altri eventi sismici, il 26 novem-bre 1962 si aggiunsero altri 2 comuni.Con il DM del 1981 il territorio regionalefu riclassificato secondo criteri comuni atutto il territorio nazionale, basati essen-zialmente su tre parametri quali:– la massima intensità macrosismica

riportata nei cataloghi dei terremoti diallora per ciascun sito;

– l’intensità osservata all’interno di unperiodo di ritorno dell’evento per va-lori assegnati;

– il valore del coefficiente C della nor-mativa antisismica.

Secondo il citato decreto ministerialel’Umbria vede classificati in seconda ca-tegoria 69 comuni su 92. I restanti comu-ni, concentrati per lo più nella provincia diTerni (21 su 23), non sono classificati si-smici.Tale classificazione non consente comun-que una reale suddivisione in zone sullabase della effettiva pericolosità locale. Allaluce dei nuovi dati a disposizione e dellenuove strumentazioni utilizzate, i più re-centi studi a carattere nazionale, hannodefinito la pericolosità sismica del territo-rio, prendendo in considerazione più pa-rametri. I più significativi, utilizzati anchenella redazione del PUT sono l’intensitàmacrosismica (utilizzata per gli studi sulrischio sismico) e l’accelerazione orizzon-tale di picco del terreno (PGA) anch’essoun indice di rischio sismico, su cui tra l’al-tro, è basato l’eurocodice sperimentaleEC8. Tali criteri, unitamente a tutta unaserie di normative di recente emanazio-ne, dovranno essere utilizzati per gli ap-

profondimenti necessari a scala regiona-le al fine di definire e di ridurre il rischiosismico, in maniera da poter indirizzareadeguatamente le scelte di programma-zione e di pianificazione territoriale, in at-tesa della nuova classificazione sismicaprevista dall’euro-codice sperimentaleEC8 e proposta dal CM con ordinanza n.3274 del 20 marzo 2003 in linea con l’EC8.Con l’adozione dell’ordinanza richiamatasono stati approvati i criteri sulla base deiquali le regioni (ai sensi del decreto legi-slativo 112/98) dovranno provvedereall’individuazione, alla formazione e all’ag-giornamento dell’elenco delle zone sismi-che (fig. 8). La Regione Umbria con deli-bera di Giunta n. 852 del 18 giugno 2003ha approvato la nuova classificazione si-smica del territorio regionale secondo lelinee della suddetta ordinanza (n. 3274/2003). Tale classificazione individua 18comuni in zona 1, 51 comuni in zona 2 e23 comuni in zona 3.

7.3.4.2. Il rischio sismico

Il terremoto è un fenomeno naturale e ildisastro eventualmente associato non èun evento assoluto ma relativo alla pre-

Figura 6 – Sismicità storica dell’Umbria dall’anno 1000 al 1980in scala di intensità Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS)

Fonte: Università degli Studi di PerugiaFonte: Catalogo Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti, 1996;Università degli Studi di Perugia

Figura 7 – Macrosismicità strumentale dal 1981 al 1996 in scala di intensitàRichter (M)

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senza o meno dell’uomo e dei suoiinsediamenti. D’altro canto c’è da direcome l’entità dei disastri conseguenti aiterremoti che hanno interessato l’Umbriae tutta l’Italia negli ultimi decenni è soloin parte imputabile alla severità dellescosse, mentre un ruolo notevole deveessere attribuito alla rilevante vulnerabi-lità di gran parte del patrimonio edilizio.Pertanto, appare evidente la necessità divalutare dettagliatamente il rischio sismi-co di un territorio, in quanto, nella defini-zione di tale parametro, sono contempla-te considerazioni di carattere geologicoe sismologico (finalizzate alla definizio-ne della pericolosità sismica), associatea considerazioni e stime sulla vulnerabi-lità del patrimonio edilizio anche in con-siderazione del valore economico di ciòche è esposto a rischio2 .L’Umbria, soprattutto in conseguenza deirecenti eventi sismici e dei nuovi riferimentinormativi sia a carattere nazionale cheregionale, ha avviato una serie di studiapprofonditi sulla variazione della perico-losità sismica e sulla vulnerabilità dellestrutture secondo le metodologie dellamicrozonazione sismica integrata nellapianificazione urbanistica e territoriale.Nel Piano Urbanistico Territoriale sonostate redatte tre tavole sugli aspetti sismi-ci del territorio regionale che dovrannoessere aggiornate alla luce della nuovaclassificazione. La tavola 3 (fig. 9) illu-stra un ipotesi di microzonazione sismi-

ca, finalizzata alla pianificazione territo-riale e urbanistica, sulla base dei risultatie degli studi condotti a livello nazionale.Nella tavola 1 e 2 del suddetto PUT sonorappresentati:• il livello di pericolosità sismica di base

per territorio comunale mediante i dueparametri più significativi:- i valori massimi di intensità macro-sismiche osservate nei comuni (fig.10),- i valori assoluti di PGA (accelerazio-ne orizzontale di picco del terreno) ri-ferito al periodo di ritorno di 475 annicome previsto dall’eurocodice EC8 (fig.11);

• la vulnerabilità delle abitazioni perambito comunale secondo la meto-dologia semplificata del Servizio Si-smico Nazionale, associata anchealla popolazione residente (ISTAT,1991) nelle abitazioni più facilmentedanneggiabili (classe A), per eviden-ziare la maggiore vulnerabilità (fig. 13)

• La sintesi degli studi di rischio sismi-co condotti a livello nazionale rappre-sentata per ciascun comune e subase annua dall’ammontare dei dan-ni al solo patrimonio abitativo (fig. 12).

• i valori delI’Indice di Rischio così comedefinito dall’ordinanza ministeriale2788/98 che inserisce tale parametrotra i criteri necessari per l’individua-zione dei comuni a più elevato rischiosismico (fig. 14).

Tali studi rappresentano un primo passoimportante per la conoscenza del territo-rio regionale in un ottica di prevenzione,ma chiaramente dovranno essere utiliz-zati come base di partenza per effettua-re ricerche approfondite a scala regiona-le che consentiranno di definire il rischiosismico locale e di effettuare scelteprogrammatiche di pianificazione finaliz-zate alla riduzione dello stesso.

7.3.4.3. Attività avviate dalla RegioneUmbria dal 1997 a oggi

– Programma regionale finalizzato allarealizzazione delle indagini di micro-zonazione sismica speditiva (MSS);sono stati investigati 782 siti tra i capo-luoghi e le località umbre colpite daglieventi sismici del 1997-1998. Per ognisito sono state eseguite cartografiegeotematiche in scala 1:5.000, indivi-duando il fattore di amplificazione delmoto sismico di base dovuto a carat-teristiche morfostratigrafiche locali.

– Programma regionale finalizzato allaredazione di 184 Programmi Integra-ti di Recupero (PIR) per la ricostru-zione dei maggiori centri abitati dan-neggiati dagli eventi sismici del 1997-1998. Sono state approfondite le in-dagini di MSS con l’esecuzione di ul-teriori indagini geognostiche e geofisi-che. Si sono inoltre definite in scala1:1000 le aree soggette a pericolosi-tà sismica locale e gli specifici fattoridi amplificazione per ogni unità mini-

Figura 8 – Classificazione sismica dei comuni dell’Umbria

Figura 9 – Aspetti sismici del territorio regionale.Prevenzione del rischi sismico: livelli diapprofondimento degli studi di microzonazionesismica a supporto degli strumenti urbanistici

Fonte: Regione Umbria, PUT, 2000

Fonte: elaborazione AUR

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ma di intervento (UMI) delle 5.166 UMIindividuate nei PIR.

– Progetto Pericolosità sismica altaValtiberina Umbra; sono state esegui-te indagini numeriche e strumentaliche hanno investigato 195 tra i capo-luoghi e le località di 6 comunidell’Umbria del nord (Citerna, Città diCastello, Monte Santa Maria Tiberina,Montone, Pietralunga, San Giustino).

– Progetto Pericolosità sismica dell’areaNarni-Terni; sono state eseguite inda-gini numeriche e strumentali che han-no investigato 95 tra i capoluoghi e lelocalità di 3 comuni dell’Umbria del sud(Narni, Stroncone, Terni).

– Studio sul rischio di liquefazione infase sismica a Nocera Scalo nel co-mune di Nocera Umbra.

– Microzonazione sismica strumentaledi Foligno.

– Microzonazione sismica strumentaledi Valfabbrica.

– Realizzazione di una banca datigeofisica in continuo aggiornamento.

– Progetto per la redazione di cartogra-fie geologiche e di pericolosità sismi-ca per 81 sezioni di carte tecnicheregionali in scala 1:10.000 ubicatenella fascia orientale e meridionale

Figura 10 – Massime intensità Macrosismiche osservatesu base comunale (MCS)

Fonte: Regione Umbria, PUT, 2000

Figura 11 – Pericolosità in PGA (accelerazione orizzontale di picco del terreno)per ambito comunale: valori attesi con tempi di ritorno di 475 anni

Fonte: Regione Umbria, PUT, 2000

Figura 12 – Analisi di rischio riferita al patrimonio abitativo: danno totale attesoper comune espresso in percentuale della superficie abitativa

Fonte: Regione Umbria, PUT, 2000

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Figura 13 – Vulnerabilità delle abitazioni (secondo la metodologia semplificata del SSN per tutto il territorio nazionale)

Fonte: Regione Umbria, PUT, 2000

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Figura 14 – Ordinanza del Ministero dell’Interno n. 2788/98: comuni a elevato rischio sismico(ai sensi dell’articolo 12 della legge 449/97)

dell’Umbria, pari a 2.600 kmq, circa il30% del territorio regionale. Attual-mente è in corso di organizzazioneun progetto per l’individuazione dellearee soggette a pericolosità sismicalocale nei territori comunali individuatia elevata pericolosità sismica dalla LR27/2000 (PUT, tav. 50) e sprovvisti dicartografia geologica e di pericolosi-tà sismica locale alla scala 1:10.0000.

7.3.5. Aree di particolare interessegeologico (geositi)

La Regione Umbria alla fine degli anni ot-tanta ha avviato un censimento delle par-ticolarità geologiche presenti nel territorioregionale, allo scopo di conoscere, tute-lare e valorizzare il patrimonio geologicoambientale. Nel contesto di una serie di

iniziative, sono stati selezionati, 42 geositi,particolarmente significativi per valorescientifico, per rarità, o in quanto parti in-tegranti di ambienti fisici e naturali di par-ticolare pregio. A tale proposito, il PianoUrbanistico Territoriale (legge 27/2000)della Regione Umbria definisce all’artico-lo 16 le norme di tutela per tali ambiti redi-gendo una apposita tavola cartografica(Carta delle Aree di particolare interessegeologico e singolarità geologiche) e isti-tuendo il catasto regionale delle singolari-tà geologiche. I beni censiti rivestono in-teresse pubblico e la loro rimozione omodificazione è consentita esclusivamen-te a fini scientifici o didattici, previa auto-rizzazione del comune competente perterritorio che ne da contemporanea comu-nicazione alla Giunta Regionale. Il PianoTerritoriale di Coordinamento Provinciale

disciplina gli interventi di trasformazioneterritoriale compatibili con gli obiettivi diconservazione e tutela dei siti, mentre, ilPiano Regolatore Generale delimita in ter-mini fondiari gli ambiti delle singolarità ge-ologiche censite.

7.4. IMPATTI

Individuare e quantificare gli impatti chegli agenti di pressione determinano sullacomponente ambientale sottosuolo non èimmediato, soprattutto perché nella mag-gior parte dei casi gli impatti più significa-tivi si ripercuotono piuttosto sulle altre com-ponenti ambientali e/o sui determinanti.Un tipico impatto strettamente connessoal sottosuolo è la subsidenza, fenomenoche può essere di origine naturale oantropica. Tale fenomeno, piuttosto limi-tato e localizzato in Umbria, può esserecausato da un eccessivo emungimentodi fluidi dal sottosuolo e determinare ab-bassamento del terreno che si ripercuo-te con danni sulle strutture ivi localizza-te. L’attività estrattiva (intesa come driver)incide sulla risorsa sottosuolo, ma nondetermina impatti diretti particolarmentesignificativi. Il prelievo di materiale, seconsiderato a se stante e riferito stretta-mente alla risorsa sottosuolo, non costi-tuisce, nella maggior parte dei casi delcontesto regionale, un impatto particolar-mente rilevante, in quanto la risorsa puòconsiderarsi illimitata.Un fenomeno naturale da prendere inconsiderazione in relazione agli effettisulla componente sottosuolo è l’attivitàsismica. Le dimensioni delle modifichedell’assetto geologico-geomorfologico delterritorio umbro sono generalmente dimodesta entità (se confrontate con altrerealtà come quella giapponese ecaliforniana) e corrispondono spessosoltanto a fenomeni di assestamento. Inalcuni casi, eventi sismici di notevole in-tensità possono determinare l’innescarsidi fenomeni franosi, talvolta di grandi di-mensioni (cfr. box 7.2.2).

7.4.1. Effetti indiretti sulle altrecomponenti ambientali

In considerazione del fatto che gli impattidiretti prodotti dall’attività sismica sul pa-esaggio e sugli ecosistemi naturali sonogeneralmente trascurabili rispetto allaquantità di energia liberata3 si è ritenutosignificativo approfondire il tematismomaggiormente rappresentativo in talesenso: l’attività estrattiva.

Fonte: Supplemento alla “Gazzetta Ufficiale”,n. 146, 25 giugno 1998

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tematismo strettamente connesso alla re-altà della regione. La relativa giovinezzageologica del territorio umbro, l’articolatamorfometria e le condizioni climatiche (conparticolare riferimento all’andamento del-le precipitazioni che negli ultimi decennirisulta marcatamente concentrata soltan-to in alcuni periodi dell’anno), rappresen-tano condizioni generalmente predispo-nenti per l’innescarsi di fenomeni di dis-sesto. I numerosi studi condotti sullafranosità del territorio umbro, hanno con-sentito di delineare un quadro indicativodegli impatti che i fenomeni franosi arre-cano al patrimonio agricolo forestale, allestrutture e alle infrastrutture.Un quadro dell’incidenza dei movimentifranosi sui centri abitati è stato realizzatonel progetto SCAI (Studio dei Centri AbitatiInstabili), utilizzato anche come fonte perla redazione della Nuova Carta Inventariodei movimenti franosi dell’Umbria e redat-to nel 1994 su proposta del GNDCI del CNR.I centri abitati dichiarati da consolidare sono41, di cui 17 nella provincia di Perugia e 24nella provincia di Terni; un abitato, Attigliano(TR), è stato dichiarato da trasferire. I cen-tri abitati interessati da movimenti franosidi più grande entità sono quelli di Assisi(zona Ivancich), Gualdo Cattaneo, LeCrocicchie (nel comune di Lisciano

Tabella 18 – Gli effetti dell’attività estrattiva

7.4.2. Effetti sui determinanti

I determinanti così come definiti nel mo-dello DPSIR ossia la popolazione e tutte leattività a essa collegate, possono risenti-re in maniera significativa delle pressioniche agiscono sulla risorsa sottosuolo.

7.4.2.1. Effetti da dissestoidrogeologico

Il dissesto idrogeologico e nello specificoi movimenti franosi rappresentano un

7.4.1.1. Effetti da attività estrattiva

L’attività estrattiva si pone in maniera pe-culiare nei confronti dell’ambiente e dellealtre attività antropiche e produttive, dalmomento che rappresenta, dopo il prelie-vo idrico, la frazione maggioritaria di risor-se che sono prelevate dall’ambiente e uti-lizzate nel sistema socio-economico.L’aspetto principale da considerare, par-lando di impatti da attività estrattiva, è quel-lo legato all’atmosfera, all’idrosfera, al ter-ritorio in genere; l’attività di estrazione de-termina infatti tutta una serie di impatti chepossono continuare a manifestarsi ancheal termine dell’attività vera e propria.A tale proposito, sul modello proposto dalPRAE, si distinguono: impatti contestuali,quelli strettamente legati all’attività diescavazione e impatti differiti, quelli emer-genti alla fine dell’attività. Chiaramente lamaggior parte degli impatti individuati sonotemporanei, ossia gli effetti si esaurisconocon la fine dell’attività estrattiva. La proce-dura adeguata da seguire, al fine di ridur-ne gli effetti, è chiaramente strettamenteconnessa alla capacità tecnica ed econo-mica dell’impresa, seppur, la recente nor-mativa, imponga tutta una serie di vincolie prescrizioni volti proprio a tale scopo.Sicuramente l’impatto più significativolegato all’attività estrattiva è quello sulpaesaggio, che, anche se prevalente-mente connesso alla sola fase di attivitàdella cava, può risultare elevato, vista ladurata delle autorizzazioni. Inoltre, anchenel caso di una corretta riambientazione,con un adeguato reinserimento ambien-tale, gli impatti connessi alla variazionedella morfologia locale e i disturbi arre-cati agli ecosistemi naturali possono per-manere per lunghi periodi.Secondo i dati forniti dalla Regione, inUmbria alla fine del 2001 sono presenti132 cave effettivamente in esercizio e 485cave dismesse; di queste ultime, 398,sono state oggetto di verifica diretta, il cheha consentito di accertarne lo stato deiluoghi e definirne il grado e/o la necessitàdi recupero. Come evidenziato nella ta-bella 19 sono stati censiti 126 siti di cavadismessi recuperati, mentre esistono al-meno 65 cave dismesse che necessitanodi un intervento di recupero ambientale. Idati a disposizione, relativi al 1991,evidenziavano la presenza di 202 cavedimesse, delle quali almeno 100 necessi-tavo interventi di recupero di grande enti-tà; pertanto, la tendenza evidenzia la di-minuzione delle aree in degrado e l’au-mento degli interventi di ricomposizioneambientale di tali siti.

Tabella 19 – Grado di ripristino delle cave dismesse

Fonte: elaborazione AUR su dati Regione Umbria, Schema di progetto di PRAE 2003

Grafico 6 – Grado di ripristino delle cave dismesse

Fonte: elaborazione AUR su dati Regione Umbria,Schema di progetto di PRAE 2003

Fonte: elaborazione AUR su dati Regione Umbria,Schema di progetto di PRAE 2003

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Fonte: elaborazioni AUR su dati CNR e Regione Umbria, PUT, 2000

Figura 15 – Aree di particolare interesse geologico e singolarità geologiche Elenco delle località

1 Gola del Bottaccione 2 Valdorbia (gola del Sentino) 3 Monte Cucco - rio Freddo 4 Lago Trasimeno 5 Monte Subasio 6 Piani di Colfiorito 7 Sasso di Pale-Menotre 8 Monte Serrone 9 Popola10 Pietrafitta11 Lago di Aiso12 Calanchi di Ficulle13 Podere Rotondo14 Gola di Parrano - Bagno Minerale -

grotte di Parrano15 Poggio Ossa dei Morti16 San Venanzo - Pian di Celle17 Fonti di Tiberio18 San Faustino19 Monte Peglia20 Rupe di Orvieto21 San Giorgio22 Podere San Savino23 Tordimonte24 Forra di Prodo25 Gola del Forello - Grotte della Piana26 Dunarobba27 Monti Martani - Fosso di Pozzale28 Colle Fabbri

29 Grotta del Chiocchio30 Cascata delle Marmore31 Alviano32 Sorgente di Stifone33 Ponte Arverino34 Polino35 Piano di Santa Scolastica36 Pian Grande di Castelluccio37 Gola a valle del fiume Corno38 Pian Piccolo39 Bagni di Triponzo40 Fonti del Clitunno41 Monte Serano-Brunette42 Gole della Valnerina43 Gessaie di Cenerente

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Niccone), Loreto (nel comune di Todi),Montone, Narni, Orvieto, Todi e le aree ur-bane di Fontivegge e Montelu-ce a Perugia.Lo stesso studio ha inoltre individuato 61centri abitati (32 in provincia di Perugia e29 in provincia di Terni), potenzialmentevulnerabili da calamità naturali (tab. 20).

L’uso del suolo e i fenomeni franosiL’informatizzazione dei dati della NuovaCarta Inventario ha inoltre consentito dieffettuare una lettura incrociata attraver-so intersezioni geometriche con la cartadell’uso del suolo e con quella della via-bilità, al fine di evidenziare l’incidenza deimovimenti franosi con le diverse desti-nazioni di uso e con le infrastrutture. Datale elaborazione, evidenziata per provin-cia nella tabella 21, emerge che sono in-teressati da movimenti franosi di variabi-le tipologia e intensità circa l’8,2% dei ter-reni destinati a seminativo, a prati, pa-scoli e incolti; l’8,8% delle aree forestalie il 2,8% delle aree urbane.

L’incidenza dei fenomeni franosisul tessuto infrastrutturaleIn relazione alla viabilità regionale (tab. 22)emerge che i fenomeni franosi più o menocomplessi e significativi interessano circail 3% delle autostrade o superstrade, il6,6% delle strade statali, il 4,3% delle stra-de regionali; il 6,5% delle strade provin-ciali, il 4% delle strade comunali e il 2,9%delle ferrovie.

7.4.2.2 Effetti da attività sismica

Gli effetti determinati dall’attività sismicasono purtroppo tristemente evidenti. Ol-tre alla creazione di fratture nel sottosuoloe all’innesco di fenomeni franosi, nellamaggior parte dei casi, le crisi sismiche,sono ricordate per i danni provocati allapopolazione e al patrimonio insediativo.L’evidenza della connessione tra inten-sità del terremoto e danno conseguenteè il presupposto su cui si basa la stessascala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg)utilizzata per la classificazione dell’inten-sità dei terremoti (tab. 23), soprattutto inpassato, quando non erano state attiva-te le reti di rilevamento strumentale; talescala si basa sul livello di danneggiamen-to che una crisi sismica può determinarealla popolazione, alle strutture e alle in-frastrutture. Il terremoto è un fenomenoche non può essere evitato ma non è det-to che a un terremoto corrispondano sem-pre dei danni significativi. In effetti l’impat-to di tale fenomeno fisico sul sistema uma-no può essere limitato riducendo la vulne-

Tabella 21 – Aree in frana e uso del suolo

Fonte: Rapporto conclusivo CNR-IRPI, protocollo d’intesa con la Regione Umbria 2002

Tabella 20 – Studio dei centri abitati inst abili (Progetto SCAI)

Fonte: Rapporto conclusivo CNR-IRPI, protocollo d’intesa con la Regione Umbria 2002(dal lavoro di Felicioni et al., 1994)

rabilità del patrimonio esposto al rischio,soprattutto attraverso interventi di preven-zione atti a arginare il danno al momentodell’eventuale impatto. Nelle tabelle 24-26vengono evidenziati i danni al patrimonioumano e insediativo del territorio regiona-le conseguenti all’evento sismico che hainteressato l’Umbria nel 1997-1998.

7.5. RISPOSTE

7.5.1. Le reti di monitoraggio

Attività sismicaLa legge sulla difesa del suolo (legge 183/89) ha dettato i presupposti per una so-stanziale riorganizzazione della funzione

Tabella 22 – Incidenza dei movimenti franosi sulla viabilità del territorio regionale

Fonte: elaborazione AUR su dati Rapporto Conclusivo CNR-IRPI, protocollo d’intesacon la Regione Umbria 2002

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Tabella 24 – Distribuzione comunale della popolazione evacuata

Fonte: Regione Umbria: Osservatorio sulla Ricostruzione, 2001

Tabella 25 – Danni alle strutture

Fonte: IRRES, Speciale Terremoto, 1998

Tabella 26 – Andamento temporale della ricostruzione

Grafico 7 – Percentuale di popolazione evacuatarispetto alla popolazione residente

Tabella 23 – Scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) di monitoraggio di tutto il territorio nazio-nale, prevedendo forme di integrazionee coordinamento con le Amministrazionistatali, le regioni e altri soggetti pubblicie privati e assicurando, inoltre, un’ampiacircolazione e fruizione dei dati acquisiti.Nel contesto del settore del monitoraggiosismico la legge suddetta prevede che ilServizio Sismico Nazionale (SSN) siavvalga del concorso dell’Istituto Nazionaledi Geofisica (ING) e l’obiettivo è quello direalizzare un sistema di rilevamento e sor-veglianza sismica esteso all’intero territo-rio nazionale, come risultato di un proces-so di integrazione dell’attività svolta dal-l’insieme delle reti sismiche esistenti.Scopo principale di un sistema di moni-toraggio sismico è quello di:a) approfondire la conoscenza dei pro-

cessi geodinamici attivi sul territorio,attraverso l’identificazione e lo studiodelle strutture sismogenetiche;

b) effettuare un controllo dell’attività si-smica.

Scopo ultimo di un sistema di monitorag-gio sismico è la valutazione e di conse-

Fonte: Regione Umbria, Direzione Politiche Territoriali Ambiente e Infrastrutture, Stato di attuazione della ricostruzione, 2002

Fonte: Regione Umbria

Fonte: Regione Umbria: Osservatoriosulla Ricostruzione, 2001

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guenza la mitigazione del rischio sismi-co (cfr. 7.3.3.1).Il monitoraggio sismico del territorio na-zionale è affidato alle reti, che sotto il pro-filo tipologico, possono essere suddivisein base alla loro finalità e alla coperturadel territorio da esse posto sotto control-lo. Allo stato attuale in Italia il monitoraggiosismico è af fidato a:1) rete sismometrica nazionale centra-

lizzata dell’Istituto Nazionale diGeofisica (RSNC);

2) rete accelerometrica a copertura na-zionale con registrazione locale(RAN);

3) reti sismometriche e accelerometricheregionali, locali e osservatori sismici.

In riferimento alla RAN le postazioni ana-logiche localizzate in Umbria sono 14: Cit-tà di Castello, Pietralunga, Gubbio, Gub-bio Piana, Umbertine, Nocera Umbra,Castelnuovo di Assisi, Bevagna, Norcia,Cascia, Spoleto-Monteluco, Castel Vi-scardo, Terni e Narni.In riferimento alle reti e agli osservatorisismici locali, l’Umbria è monitorata dallarete sismica locale (RESIL istituita con LRn. 8/95) dotata di 13 stazioni, dalla rete disorveglianza del Chiascio (dotata di 7 sta-zioni), e dall’Osservatorio sismico AndreaBina (con 8 stazioni) e dal punto dimonitoraggio del sacro convento di Assisi.L’Umbria è anche inserita nella retesismometrica marchigiana e nella retedell’Italia centrale (Osservatorio sismicoAdriatico). Inoltre, il SSN ha avviato un pro-getto sperimentale di integrazione di al-cune reti locali facendosi promotore diun’iniziativa finalizzata a sviluppare i rap-porti di collaborazione tra i gestori dellereti che operano nell’appennino centrale,quali: la rete regionale dell’Umbria, la retedell’Osservatorio Geofisico sperimentaledi Macerata, la rete della Garfagnana eLunigiana e la rete dell’Abruzzo centrale.

Attività estrattivaPer il settore estrattivo, la legge regionale2/2000 e successive modifiche e il relati-vo regolamento tecnico attuativo RR 4/2000, prescrivono l’obbligatorietà, per i ti-tolari di autorizzazioni, di trasmettere alComune e alla Provincia competenti perterritorio, una perizia giurata da presenta-re entro il 30 giugno di ogni anno cheattesti lo stato di avanzamento dell’attivitàestrattiva. In riferimento all’estrazione diacque minerali e termali, i titolari di con-cessione sono obbligati ai sensi della LR48/87 e delle successive modifiche (LR 38/01), all’istallazione di contatori volumetriciper il monitoraggio dei quantitativi prele-

vati. Dall’1 gennaio 2003 i titolari di con-cessione trasmettono trimestralmente allaregione i dati relativi ai quantitativi idriciprelevati e imbottigliati.

Il dissesto idrogeologicoPer quanto concerne il dissesto idrogeo-logico e in particolare le aree in frana, laRegione Umbria mediante il VII progettoobiettivo dell’Area Ambiente e Infrastruttu-re 1999 – Inventario aree in dissesto sot-toposte a sorveglianza con strumentazionie reti geodetiche (pubblicazione FelicioniServizio Geologico Regione Umbria) hacensito le aree in frana sottoposte a mo-nitoraggio. Tale elenco in continuo aggior-namento è così sinteticamente descritto:– le aree in frana sottoposte a

monitoraggio sono 80 (61 a Perugia e19 a Terni), di cui: 62 con inclinometri,62 con piezometri, 6 con estensimetrie 7 con reti geodetiche;

Figura 16 – Aree in frana sottoposte a sorveglianza con reti di monitoraggio

Fonte: Regione Umbria, Monitoraggioaree in frana

– i principali strumenti di misura instal-lati sono: 370 inclinometri, 459piezometri e 124 estensimetri;

– le reti di controllo sono 29 su dissestirelativi a centri abitati, 48 su dissesticonseguenti alle situazioni di emergen-za geologica (sismica e metereologica)e 5 approntate e finanziate al di fuoridegli ambiti precedenti.

Il Servizio Geologico della Regione Um-bria conduce un’attività di supervisionesui controlli strumentali svolti dai comunio dalle imprese appaltanti e attività dimonitoraggio mirato su sezioni spia inalcune delle suddette aree interessate daimportanti movimenti franosi oggetto diinterventi di consolidamento finanziatidalla Regione Umbria e precisamente:1. Zona della cascata delle Marmore

(TR);2. Versante est abitato di San Lorenzo

(PG);

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3. Massa Martana (PG);4. Valderchia (Gubbio, PG);5. Colle di Todi (PG);6. Rupe di Orvieto (TR);7. Montone (PG).

7.5.2. Piani di settore

Numerosi sono i Piani di settore checome efficaci strumenti di pianificazionee programmazione, costituiscono di fat-to una risposta da parte dell’amministra-zione pubblica per la conoscenza, la tu-tela del territorio e per la definizione e ri-duzione delle condizioni di rischio.I piani di settore più significativi per lacomponente ambientale sottosuolo sono:PAI (Piano stralcio di Assetto Idrogeo-lo-

gico): redatto dall’Autorità di Bacinodel fiume Tevere ai sensi e per glieffetti della legge 183/89 e del de-creto legge 180/98, convertito nellalegge 267/98. L’ambito di applicazio-ne del Piano è costituito dall’interobacino del fiume Tevere così comedefinito dal DPR dell’1 giugno 1998e interessa i confini amministrativi di6 regioni e 12 province, tra le qualiPerugia e Terni. Il PAI adottato dalComitato Istituzionale con delibera n.101 dell’1 agosto 2002, persegue lamigliore compatibilità tra le aspetta-tive di utilizzo e di sviluppo del terri-torio e la naturale dinamica idrogeo-morfologica del bacino, nel rispettodella tutela ambientale e della sicu-rezza delle popolazioni, degli insedia-menti e delle infrastrutture.

PS2 (II Stralcio del Piano del bacinoidrografico del fiume Tevere relativoal bacino del lago Trasimeno): redat-to dall’Autorità di Bacino del fiumeTevere e adottato dal Comitato Isti-tuzionale con delibera n. 93/2001. IlPiano persegue il fine del ripristino,della tutela e della valorizzazioneambientale dell’ecosistema lacustree interessa 10 comuni dell’Umbria:Castiglione del lago, Città dellaPieve, Lisciano Niccone, Magione,Paciano, Panicale, Passignano sulTrasimeno, Piegaro e Tuoro sulTrasimeno.

PS3 (III Stralcio funzionale per la salva-guardia delle acque e delle spondedel lago di Piediluco): redatto dal-l’Autorità di Bacino del fiume Teve-re e approvato con DPCM 19 luglio2002.Il Piano persegue il fine del ripristi-no, della tutela e della valorizzazione

ambientale dell’ecosistema lacustre.Il lago e i corsi d’acqua affluenti allago per una lunghezza di 10 kmsono dichiarate aree sensibili.

PUT (Piano Urbanistico Territoriale): ap-provato con legge regionale n. 27/2000 assume come riferimenti pro-grammatici gli atti di indirizzo adot-tati dalla Commissione, dal Consi-glio e dal Parlamento dell’UnioneEuropea con particolare riferimentoa quello denominato “Europa 2000”.Insieme al Piano Regionale di Svi-luppo (PRS) costituisce lo strumen-to generale della programmazioneregionale. Il PUT individua le risorsepresenti sul territorio regionale eassume, come scelta fondamenta-le, la definizione della compatibilitàdi ogni intervento umano con la tu-tela del territorio e dell’ambiente re-gionale; indica i territori regionali adalta sensibilità ambientale; definiscei criteri per la tutela e l’uso delle partidi territorio esposte a rischio sismi-co, pericolo geologico, idrogeologicoe comunque soggette a processi didegrado ambientale.

PRAE (Piano Regionale Attività Estrat-tive): preadottato lo schema di pro-getto con DGR n. 305 del 19 marzo2003 e adottato con DGR n. 964 dell’1luglio 2003, costituisce un quadroprogrammatorio di riferimento perl’esercizio dell’attività estrattiva, attra-verso il quale perseguire l’interessegenerale della tutela e della salva-guardia dell’ambiente e del territorio.Il Piano, al fine di ridurre gli impattisull’ambiente derivanti dall’attività dicava coniuga la presenza di vincoliterritoriali, ambientali e paesaggisticicon tecniche di coltivazione ericomposizione ambientale in relazio-ne alle diverse tipologie di interventidi cava. Il grado di protezione del-l’ambiente e del territorio è perciò as-sicurato sia da vincoli ostativi o con-dizionanti l’esercizio dell’attivitàestrattiva, sia dal rispetto dei criteridi coltivazione e ricomposizione chesi pongono in posizione sovraordi-nata rispetto ai vincoli stessi.

PTCP (Piano Territoriale di Coordina-mento provinciale). Due sono i PTCPdell’Umbria, uno per la provincia diPerugia adottato con delibera CP n.59/2002 e uno per la provincia diTerni adottato con delibera CP n. 64/99. Il PTCP come strumento di pia-nificazione della provincia, costitui-

sce il quadro di riferimento per laprogrammazione economica provin-ciale e per la pianificazione di setto-re. Il PTCP è uno strumento di indi-rizzo e coordinamento per la piani-ficazione urbanistica comunale,nonché uno strumento di riferimen-to per le politiche e le scelte di pia-nificazione territoriale, ambientale epaesaggistica di rilevanza sovraco-munale.

PDT (Piano interventi urgenti sui dissestiidrogeologici). Con deliberazioni del-la Giunta Regionale n. 4568/98 e n.241/2000 sono stati approvati rispet-tivamente il I e il II Piano di attuazio-ne per interventi sul dissestoidrogeologico al fine della program-mazione degli interventi di ricostru-zione e sviluppo dei territori interes-sati dalla crisi sismica del 1997. Sul-la base degli studi effettuati gli inter-venti censiti e ammissibili sono statiripartiti in due fasce in ordine di ur-genza. Sono stati censiti 116 inter-venti da realizzare per un importo fi-nanziario pari a oltre 65 milioni dieuro. Alla data del settembre 2002,38 interventi sono stati ultimati e 78sono in corso.

NOTE

1 Istituito dal RD 3267/23 al fine di salvaguar-dare le aree boscate dei territori collinari emontuosi; interessa solo marginalmente leproblematiche più direttamente geologiche eidrogeologiche nel senso più moderno deltermine. È evidente la necessità di approfon-dire tali tematiche attraverso una normativaspecifica.

2 Rischio sismico = “valore esposto” (il valoreeconomico espresso dal rapporto perdita/danno) x “vulnerabilità” (la quantità di valoreche può prevedersi perduta a causa di unterremoto ed è espressa dal rapporto dan-no/evento sismico) x “pericolosità sismica” (siesprime con la probabilità di comparsa dideterminati valori di accelerazione, velocitàe spostamento del terreno per unità di tem-po ed è espressa dal rapporto “evento sismi-co”/”tempo”).

3 Si può perdere parte del patrimonio vegetalema generalmente si tratta di piante malate,vecchie o con radicazione insufficiente chepossono risentire del movimento tellurico.Riguardo alla fauna occorre accennare chegli animali selvatici, nel corso del loro pro-cesso adattativo, hanno sviluppato la capa-cità di prevertire l’evento, tanto da scapparepreventivamente; gli animali terricoli esconodalle tane danneggiate e difficilmente subi-scono danni fisici (Chiarappa, Gibelli e Werle,pp.24, in Speciale terremoto).