INDICE Introduzione …………………………………….......2 CAPITOLO I I processi di individuazione 1.1 Il preindividuale …………………………….......8 1.2 La teoria della Gestalt ……………………….....13 1.3 La teoria della Cibernetica …………………......16 CAPITOLO II Il transindividuale 2.1 L’individuazione psichica ………………….....21 2.2 Angoscia e Solitudine …………………….......24 2.3 L’individuazione collettiva ……………….......26 2.4 Il transindividuale tra psichicità e collettività…26 CAPITOLO III Contemporaneità del transindividuale 3.1 Formazione di un individuo in ambito biologico e Psicologico ……………………………….......30 3.2 Individuo nell’ambito biologico ………….......31 3.3 Individuo in ambito psicologico ………….......35 3.4 Etica del soggetto…………………………......39 Bibliografia……………………………….........42
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Soggetto Transindividuale nella riflessione di Gilbert Simondon
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INDICE
Introduzione …………………………………….......2
CAPITOLO II processi di individuazione
1.1 Il preindividuale …………………………….......8 1.2 La teoria della Gestalt ……………………….....13 1.3 La teoria della Cibernetica …………………......16
CAPITOLO IIIl transindividuale
2.1 L’individuazione psichica ………………….....21 2.2 Angoscia e Solitudine …………………….......24 2.3 L’individuazione collettiva ……………….......26 2.4 Il transindividuale tra psichicità e collettività…26
CAPITOLO IIIContemporaneità del transindividuale
3.1 Formazione di un individuo in ambito biologico e Psicologico ……………………………….......30 3.2 Individuo nell’ambito biologico ………….......31 3.3 Individuo in ambito psicologico ………….......35 3.4 Etica del soggetto…………………………......39
Bibliografia……………………………….........42
Introduzione
Questo elaborato dedica la sua attenzione al filosofo Gilbert Simondon e alla sua
ricerca sul tema dell’individuazione, ricerca che caratterizza il suo percorso
filosofico. L’obiettivo del mio lavoro è quello di trarre dalla filosofia
simondoniana alcuni spunti e riflessioni circa una nuova concezione del soggetto.
Per far ciò, mi propongo innanzitutto di ricostruire la terminologia dell’autore. A
partire da questo primo chiarimento strutturerò nei seguenti capitoli un’ampia
ricognizione sul tema tutto simondoniano del soggetto transindividuale, inteso
come un complesso divenire dell’essere attraverso continui processi di
individuazione. Per arrivare infine a constatare la contemporaneità di tale
ragionamento, attraverso una rilettura critica che altri autori hanno elaborato in
determinati campi di studio.
Una ricerca su Simondon, e la stessa diffusione del suo pensiero in Italia,
incontra numerose difficoltà, innanzitutto perché non è ancora presente una
corposa traduzione dei suoi testi e in secondo luogo perché la sua teoria non
attinge solo ed esclusivamente alla storia della filosofia bensì a una più ampia
gamma di campi di studio, quali la psicologia, la biologia, la fisica quantistica, la
cibernetica. D’altronde lo sviluppo impetuoso di tali scienze è un aspetto
caratteristico dell’epoca in cui Simondon ha vissuto. Egli approfondisce alcune
significative suggestioni provenienti dalla tradizione della fenomenologia
francese, dalla Gestaltpsychologie, dalla teoria dell’informazione e dalla fisica
quantistica, articolando, al contempo, una riflessione autonoma e sistematica, atta
a ripensare il problema dell’individualità.
Ma per comprendere meglio il tentativo di Simondon, vale la pena ricostruire
brevemente il suo percorso intellettuale. Simondon nasce il 2 ottobre 1924 a
Saint-Étienne, dove studia al liceo. In seguito, al liceo di Lione, prepara il
concorso per l’École Normale Supérieure di Parigi, dove viene ammesso nel
1944. A Parigi segue i corsi di Martial Guéroult, Maurice Merleau-Ponty, Jean
Hyppolite, George Canguilhem, Jean-Toussaint Desanti. Simondon ottiene
l’abilitazione in filosofia nel 1948 e viene nominato professore al liceo Descartes
di Tours, dove insegna filosofia dal 1948 al 1955, istituendo anche un piccolo
laboratorio di fisica e tecnologia. Oltre alla licenza di filosofia ottiene anche
quella in psicologia nel 1950, e segue i corsi di psicofisiologia, psicologia
infantile, psicologia sociale. In seguito assume un incarico alla facoltà di lettere
di Poitiers (1955-1963), inizialmente come assistente e, dopo aver sostenuto la
sua tesi di dottorato, L’individuation à la lumière des notions de forme et
d’information (1958)1, come professore. Nello stesso periodo tiene anche dei
corsi all’Università di Lione. Nel 1963, viene nominato professore di psicologia
generale alla Sorbona dove fonda il laboratorio di psicologia generale e
tecnologia (1963-1983). Il riconoscimento del suo lavoro, la sua prima nomina
alla Sorbona, le numerose attività e responsabilità all'università e al di fuori di
essa, fanno di Simondon un autore molto conosciuto in tutto il mondo filosofico
a lui contemporaneo, nonostante la traccia originale che segue. Ha numerosi
scambi all'estero, sul tema della tecnologia principalmente. È anche spesso
avvicinato da gruppi di lavoro di design, o sulla prevenzione dei rischi tecnici.
Negli anni '80, i suoi scritti hanno influenzato la riprogettazione delle scuole di
istruzione di tecnologia e collegi, e per la scuola elementare, le procedure per
l'introduzione dei computer. Per quanto riguarda la dimensione ontologica del
suo lavoro sull'individuazione, la comprensione del suo pensiero è stata data solo
grazie all'attenzione di Gilles Deleuze, che ha generato in questo modo un
impulso significativo, soprattutto all'estero, per una ricerca più approfondita su
Simondon.
I suoi studi saranno a lungo ignorati, sino a dopo la sua morte. I primi intellettuali
che si sono avvicinati al suo pensiero sono stati Marcuse, Deleuze e Baudrillard,
che hanno sicuramente attinto a diversi punti della riflessione simondoniana. Ma
1 Questo titolo è in realtà solo l’ultima parte della sua tesi, la quale è stata suddivisa, a costo di vari taglieditoriali, in due parti, sotto il titolo di L’individu et sa genèse phsico-biologique, e Du mode d’existancedes objets technique, che costituiva la sua tesi complementare di dottorato.
soltanto dal 1989 (anno della sua morte), con la riedizione congiunta del suo testo
e di L’individuation psychique et collective ci sarà una riscoperta e quindi una più
accurata attenzione alla ricerca di Simondon. Grazie ad alcuni ricercatori,
Combes, Stiegler, Bartolomeo e Balibar, ma non solo questi, il pensiero
simondoniano è stato ripreso in maniera più elaborata, e ha acquisito importanza
centrale dal punto di vista internazionale in diversi ambiti di discussione e di
analisi. L’interesse di numerosi intellettuali, e la ripresa di altri studiosi ancora
nell’età contemporanea, dimostra quanto gli argomenti trattati da Simondon siano
attuali e circoscritti all’interno di una discussione piuttosto viva. Le numerose e
continue scoperte scientifiche di inizio secolo, che hanno contribuito a mettere in
crisi le certezze assolute che parevano essere indiscutibili, sono state il contributo
essenziale per un ripensamento in campo filosofico circa la tradizione
aristotelica. Questa nel tempo ha costruito un'idea dell’individuo o della sua
essenza intese come una sostanza da conoscere grazie a delle categorie, che
sottendevano a delle leggi logiche che hanno attraversato il nostro pensiero
analitico per l’intera storia dell’occidente fino ad oggi. Simondon invece ha
reperito alla base della stessa ontologia, una frattura che necessita di ulteriore
indagine, e che egli inserisce all’interno di un ragionamento fondato su una
nozione dinamica dell’essere, entro il quale l’individuo costituisce una sua fase,
un modo dell’essere. È per questo che l’autore parlerà di ontogenesi per
comprendere la nascita dell’essere intesa come un processo in divenire. Un
termine derivante dalla biologia che come abbiamo detto sarà una delle branche
della conoscenza insita nella teoria simondoniana. Prenderò in considerazione la
teoria della Gestaltphsicology come una possibile via psicologica che si adatta
alla concezione di individuo insito in un processo di cambiamento, relazionato
all’ambiente, e che genera attraverso la percezione un’interiorità e un esteriorità
non contrapposte né scisse, piuttosto considerate come un tutto che supera la
semplice somma di elementi singolari. E sarà poi grazie alla cibernetica che si
potrà ampliare tale visione, avvalendosi della nozione di informazione, che
comprende meglio la connessione tra interiorità ed esteriorità, facendo risaltare
come si sia superata una visione dualistica del sistema organico che ha vissuto in
maniera preponderante in ogni ambito conoscitivo.
Grazie ai vari ambiti di studio presi in considerazione da Simondon nel suo testo,
possiamo affrontare un’analisi accurata di tutto ciò che ha fatto maturare una
nuova possibile decifrazione del soggetto che non sottende ad un corpo, una
mente, un ambiente, separati l’uno dall’altro, ma che è una relazione dinamica tra
questi vari fattori, e che instaura non solo con se stesso questo processo
prolungato di individuazione, quindi di relazione e cambiamento, ma che ha
necessità di collegarsi a un’esteriorità, quindi ambiente, collettivo, entro il quale
modificare se stesso e gli altri.
Stiamo oltrepassando una visione dualistica ma anche olistica del vivente, per
affrontare una complessità relazionale, con il qual termine si comprende la natura
ontologica del soggetto, che entra a far parte, in base a tale riflessione
simondoniana, del divenire dell’essere.
Per comprendere al meglio i passaggi che l’autore fa all’interno del suo testo
L’individuazione psichica e collettiva, nel primo capitolo tratteremo i concetti
chiave necessari alla spiegazione delle diverse individuazioni. Si parlerà quindi
del preindividuale, della metastabilità, di energia potenziale, di trasduzione. Tutti
elementi utili alla concezione di fondo che li lega, ossia alla speculazione
ontologica dell’ontogenesi. Nel secondo capitolo si procederà invece al
dispiegamento della transindividualità, una continuazione della dottrina
ontologica dell’individuazione, che analizza i passaggi da un’individuazione
psichica a quella collettiva, considerate fasi necessarie, nonché individuazioni
complementari che avvengono nel medesimo tempo. In questo modo il
transindividuale diviene il metro comune tra le diverse scienze umane, che sotto
la dottrina dell’individuazione rende possibile una nuova concezione di soggetto.
Ed è in questo modo che nel terzo capitolo si potrà approfondire in quali ambiti
scientifici la suddetta operazione di individuazione e di transindividualità è
caratterizzante. La dottrina che Simondon ci presenta, si dirige verso la conquista
di una nuova scienza umana che l’autore intravede come la possibile e necessaria
relazione che esiste tra diverse discipline. L’interdisciplinarietà è il fulcro della
preparazione del nostro autore, ed è anche l’orizzonte verso il quale tende la sua
proposta filosofica. In tal modo concluderemo il percorso di Simondon, con una
possibile apertura ad un nuovo soggetto, che non possa più concepirsi come
isolato, fisso e determinato, ma piuttosto come l’unità sintetica e sistematizzata
delle tre fasi dell’essere (preindividuale, individuata, transindividuale)2.
2 G. Simondon, L’individuation psychique et collective, Aubier 1989, tr. it. di P. Virno, L’individuazionepsichica e colletiva, DeriveApprodi, Roma 2001, d’ora in poi indicato nel testo con IPC.
Capitolo 1
I Processi di individuazione
Per introdurre il complesso discorso che Gilbert Simondon sviluppa intorno ad
una concezione del soggetto diversa da quella elaborata dalla tradizione filosofica
è utile muovere da alcuni concetti che il nostro autore elabora nel suo testo
chiave, L’individuazione psichica e collettiva. In particolare è grazie alla nozione
di “processo di individuazione” - nozione dalle forti implicazioni ontologiche -
che si potrà comprendere appieno, non solo la trattazione simondoniana del
problema di soggettività, ma anche la sua visione del divenire come dimensione
caratterizzante dell’essere. Il mio discorso in questa prima parte verterà quindi su
un’analisi preliminare di tali processi di individuazione, che necessitano di una
nuova terminologia e di nuovi concetti tratti anche da scienze come la
termodinamica, la psicologia, la biologia.
Il punto dal quale muove l’intera analisi simondoniana, è una critica al paradigma
ilomorfico e sostanzialista che ha caratterizzato per secoli il nostro sguardo
sull’individuo.
‹‹Due sono le vie per affrontare la realtà dell'essere individuale: una viasostanzialista, secondo la quale l'essere consiste nella sua unità, è dato a sestesso, ingenerato, refrattario a ciò che è altro da sé; e una via ilomorfica,secondo la quale l'individuo è generato dalla combinazione di una forma e di unamateria. Il monismo autocentrato del pensiero sostanzialista si contrappone allabipolarità dello schema ilomorfico. Ma questi due modi di affrontare la realtàdell'individuo hanno qualcosa in comune: entrambi ipotizzano l'esistenza di unprincipio di individuazione anteriore all'individuazione stessa.›› [IPC, 25].
Questi due approcci teorici vengono contestati da Simondon in quanto
presuppongono l’esistenza dell’individuo come già “individuato”, ossia come un
essere statico già formato da una o più parti, dunque essenzialmente un essere già
dato. Simondon propone invece un cambiamento di prospettiva, sottolineando un
problema fondamentale presente in entrambe le scuole di pensiero, le quali
presuppongono l’esistenza dell’ente senza però interrogarsi su di essa. In altri
termini, per il pensatore francese è la stessa esistenza dell’individuo in quanto
tale a dover essere messa in discussione. Per questo motivo Simondon propone
una concezione di individuo come un risultato parziale di un processo più ampio
di individuazione, che procede da una fase “preindividuale” sino alla genesi di
ulteriori strutture individuali. Nel corso di questo primo capitolo arriveremo a
comprendere come il processo in questione abbia un carattere temporale, che ci
porterà a parlare di differenti fasi, la cui prima scansione è per Simondon quella
dall’individuazione fisica a quella del vivente. Analizzeremo quindi concetti
come: preindividuale, metastabilità, trasduzione, energia potenziale, ontogenesi,
risonanza, buona forma, informazione; queste definizioni aiuteranno il lettore a
comprendere complessivamente cosa sia per Simondon un processo di
individuazione. In questa prima parte saremo così portati ad approfondire anche
le analogie e le differenze che ci sono tra la teoria dell’individuazione, le teorie
della psicologia della Gestalt e infine la teoria della cibernetica. È lo stesso
Simondon ad estrapolare da queste discipline alcuni termini, che poi riarticola e
mette in discussione per trarne il significato più ampio e adatto alla propria
teoria.
1.1 Il preindividuale
Come accennavamo prima, Simondon parte da una messa in discussione
dell’approccio sia sostanzialista che ilomorfico, che ‹‹accordano un privilegio
ontologico all’individuo costituito›› [IPC, 25] e quindi presuppongono l’esistenza
di un ente, stabile e statico, caratterizzato come una sostanza. Ma una tale visione
non è in grado di rendere conto del dinamismo e della trasformazione che
caratterizzano sempre gli individui. Per tale motivo l’analisi simondoniana volge
la propria ricerca non più verso gli elementi che possano spiegare cosa sia un
individuo, ma piuttosto verso la concezione di processo, al fine di mettere in
evidenza l’aspetto dinamico dell’individuo. Si tratta cioè di ‹‹conoscere
l’individuo attraverso l’individuazione anziché l’individuazione a partire
dall’individuo›› [IPC, 27]. Tuttavia, poiché da Simondon l’individuo viene preso
in considerazione sin dall’inizio come parte di un processo, o meglio come un
risultato parziale di un’operazione, quindi come ciò che viene “individuato”, si
pone l’esigenza di capire ciò che lo eccede. A questa eccedenza il pensatore
francese dà il nome di “preindividuale”. Infatti secondo Simondon ‹‹per pensare
l’individuazione, occorre considerare l’essere non già come sostanza o materia o
forma, ma come sistema teso, sovrasaturo, al di sopra dell’unità, che non
consiste solo in sé stesso né può essere pensato adeguatamente in base al
principio logico del terzo escluso. L’essere completo, ossia l’essere
preindividuale, è un essere che è più che unità›› [IPC, 29].
Per Simondon, quindi, il preindividuale è un campo di possibilità, di potenziali.
Esso non si può assimilare né a una causa originaria - che obbligherebbe a
prendere in conto la categoria dell’origine - né a un’equivoca sostanza
determinata da specifiche caratteristiche. L’essere preindividuale deve essere
perciò pensato come un sistema che ‹‹contiene potenziali e presenta una certa
incompatibilità rispetto a sé stesso›› [IPC, 28] e che si troverà quindi in uno stato
di equilibrio metastabile, ossia che racchiude ‹‹in sé un’energia potenziale che
può essere liberata solo dall’emergenza di una nuova struttura›› [IPC, 46].
Vediamo così comparire nel linguaggio di Simondon i primi termini presi in
prestito da un’altra disciplina, dalla fisica quantistica, che servono ad arricchire
il contenuto più che sostanziale del suo concetto di individuo. A predominare,
infatti, sin da subito, è una mancanza di staticità, una vera e propria energia insita
nell’individuo, che presuppone sempre un suo cambiamento, adattamento,
sviluppo, una predisposizione insomma a poter cambiare uno stato di cose in un
altro stato possibile. Il passaggio che abbiamo preso in considerazione rileva i
concetti termodinamici di energia potenziale e metastabilità, intesi l’uno come
una forza interna che predispone l’essere all’interno di un campo di forze, e
l’altro come uno stato di equilibrio che conserva e assimila cariche di energia
sufficienti a modificare il sistema vigente. In altri termini è come se Simondon
affermasse che l’individuo è una nuova struttura tesa a “risolvere” una situazione
di eccedenza energetica. Come si avrà modo di appurare in seguito, nelle
differenti individuazioni che ci presenterà Simondon, il preindividuale, oltre a
definire la prima fase dell’essere, è la carica energetica potenziale che ogni essere
vivente ha in sé, per attuare una perenne attività di individuazione. La condizione
metastabile sta a significare la condizione di eccedenza dell’essere che non può
essere più contenuta, e per tale motivo il sistema, trovandosi a una soglia di
rottura, deve inventare nuove strutture per poter raggiungere una nuova
condizione di equilibrio. Quindi tale procedimento si caratterizza come una
successione di fasi, ossia una realizzazione sempre nuova di ulteriori
individuazioni che permettono una continua ristrutturazione dell’essere. Questo
implica che lo stato di tensione in cui si trova un sistema, la condizione di
metastabilità, necessita di uno scambio, di una relazione con altro al di fuori di
sé. A questo proposito un esempio in campo biologico potrà aiutarci a
comprendere tale dinamica:
‹‹Un vegetale istituisce una mediazione tra ordine cosmico e ordine
intramolecolare, che classifica e ripartisce le specie chimiche contenute nel suolo
e nell’atmosfera per mezzo dell’energia luminosa ricevuta nella fotosintesi. È un
modo intra-elementare; si sviluppa come risonanza interna di quel sistema
preindividuale da due strati di realtà, da principio senza comunicazione›› [IPC,
76]. L’esempio appena fatto è interessante perché ci permette di cogliere un altro
termine di Simondon prelevato dal campo scientifico, quello di risonanza.
Questa può essere intesa come una sorta di forza oscillante che tende a
modificare un altro sistema direzionandolo verso la stessa frequenza. In un
fenomeno di risonanza, un sistema interagisce con una forza periodica esterna,
che corrisponde a una certa quantità di energia trasmessa a un corpo che si
muove con moto armonico. Grazie a questa terminologia, che si appoggia su
teorie comprovate in vari ambiti scientifici, Simondon osserva come nella genesi
della forma non si verifica unicamente la nascita dell’individuo isolato, ma la
coppia individuo-ambiente, in modo tale che il sistema strutturato possa
comprendere la problematicità di tensioni e potenziali, essendoci una
comunicazione tra l’individuo e il suo ambiente di riferimento. Inoltre questa
unità di individuo-ambiente non si esaurisce del tutto, ma conserva sempre una
carica energetica che come abbiamo detto può essere definita ‹‹una certa carica di
energia potenziale›› [IPC, 33], potendo in questo modo riprodurre un nuovo stato
di equilibrio metastabile che è predisposto a ulteriori processi di individuazione.
Quello che qui è importante sottolineare è che, con i termini di energia potenziale
e metastabilità, Simondon sta elaborando un’ontologia dinamica, che non
definisce più l’essere come sostanza, bensì lo delinea come una strutturazione di
fasi successive che partono da una condizione iniziale che è il preindividuale,
ovvero, detto in altri termini ‹‹l’essere senza fasi››. È con il termine ontogenesi
che Simondon affronta invece la questione del divenire dell’essere, estrapolando
il suo schema teorico dalla biologia. Come scrive il nostro autore l’ ‹‹ontogenesi
acquista l’intero suo senso se, invece di attribuirle il significato ristretto e
derivato di genesi dell’individuo, le si fa designare il carattere di divenire
dell’essere, ciò mediante cui l’essere diviene in quanto è, come essere›› [IPC,
28].
In base a quanto detto finora, possiamo così riassumere l’ontogenesi: la
potenzialità di divenire dell’essere è collegata al disequilibrio di un sistema di
relazioni che si instaura tra l’individuo e il suo ambiente, da questa unità munita
di risonanza interna si può comprendere il processo evolutivo delle forme che si
generano a partire da uno stato di tensione tra le due componenti. Questa nuova
genesi può essere compresa come un tentativo di risolvere una situazione
originariamente problematica e crea in questo modo una nuova struttura la quale
rimedia al disequilibrio in cui si trovava il precedente sistema. Abbiamo già
accennato che :
‹‹l’essere preindividuale è l’essere senza fasi; l’essere in cui si realizza unaindividuazione è quello in cui si ha una risoluzione mediante la suddivisionedell’essere in fasi, la qual cosa è il divenire›› [IPC, 28].
Dunque, essendo senza fasi, il preindividuale è la carica energetica necessaria
all’essere per divenire, non contiene già informazioni, né preesiste all’essere
stesso. Esso non ha vita propria e non è un principio dal quale si genera l’essere,
ma è quell’eccedenza senza la quale l’essere non diverrebbe. Parlando di fasi
dell’essere, si sta parlando dunque di campi fenomenologici attraverso cui il
divenire dell’essere si esprime, mostrando la sua attività in diversi modi nel reale.
Tenendo presente che, individuandosi, l’essere non sta producendo solamente
l’individuo, ma anche la sua parte complementare, cioè il suo ambiente di
riferimento.
Per chiarire questo passaggio che possiamo denominare come individuazione
vitale, Simondon utilizza come esempio la formazione di un cristallo. Un
cristallo inizia a strutturarsi partendo dall’introduzione di un germe cristallino
all’interno di una soluzione sovrasatura, la quale corrisponde al campo di
metastabilità all’interno del quale si trovano dei potenziali. Tale processo si andrà
strutturando dopo l’introduzione del germe, che rappresenta l’informazione
introdotta nella soluzione sovrasatura e al tempo stesso una nuova capacità di
prendere forma. Mettendo a paragone il processo di formazione di un cristallo
con il processo di individuazione che genera un individuo, si può constatare che
l'individuo, così come il cristallo, è il risultato di tale composizione. La ‹‹forma››
raggiunta subirà ulteriori trasformazioni espansive secondo una struttura
periodica. Detto diversamente: il risultato dell’operazione di individuazione,
l’individuo/cristallo diventa a sua volta un agente d’individuazione, che svolge la
funzione di germe strutturale in grado di polarizzare la materia amorfa che lo
circonda in cristallo, materia strutturata, che può divenire strutturante
propagandosi per “trasduzione”. Ciò avverrà sul limite del cristallo in
formazione, a causa della dissimmetria fra lo stato interno del cristallo e lo stato
del suo ambiente, una situazione che implica energia potenziale. Ma un punto
ricorrente della teoria dell’individuazione è proprio quello che ‹‹la genesi
dell’individuo non è una creazione, cioè un avvento assoluto dell’essere, ma
un’individuazione in seno all’essere›› [IPC, 135]. Quindi, tornando all’analogia
con il cristallo, possiamo dire che, ad individuazione avvenuta, ‹‹un cristallo è
come la struttura fissa lasciata da un individuo per un solo istante, quella della
propria formazione›› [IPC, 87]. Quando cioè parliamo di individuazione vitale,
parliamo di quel sistema che non esaurisce i suoi potenziali nel momento della
nascita dell’individuo, come avviene nel caso del cristallo, la cui forma definitiva
‹‹non è altro che le vestigia dell’individuazione compiutasi un tempo in uno stato
metastabile›› [IPC, 87], ma quello in cui, grazie alla risonanza interna, continua a
darsi individuazione, quello che offre sé stesso a sé stesso in ogni sua parte come
punto di partenza per ulteriori operazioni trasduttive. In questo modo l’individuo
vivente è un circuito complesso, dato che la relazione che lo costituisce prende
tanto dall’ambiente esterno tanto da quello interno, ulteriormente diversificato,
che lo racchiude. L’individuo vivente ‹‹è in grado di ricevere successivamente
diversi apporti informativi e di rendere compatibili diverse singolarità piuttosto
che iterare la singolarità unica ed iniziale›› [IPC, 87]. Con il termine trasduzione
si sta indicando dunque il carattere temporale di questo schema insito nel
processo di individuazione: come in campo biologico la trasduzione è la capacità
di una cellula di convertire uno stimolo esterno in una particolare risposta
cellulare, così ‹‹il vero schema della trasduzione reale è il tempo; essere del
passaggio, realtà che passa, realtà in quanto passa: questa è la realtà trasduttiva››
[IPC, 164]. L’individuo è preso in questa trama temporale che definisce il
divenire dell’essere, è solo una sua fase, transitoria ed incompleta. Se quindi ‹‹la
conoscenza dell’individuazione è il passo prioritario nella conoscenza
dell’essere›› [IPC, 43], allora il modo per arrivare a tale conoscenza è la stessa
operazione trasduttiva su cui si basa il processo di individuazione.
1.2 La teoria della Gestalt
La teoria della Gestalt è una delle teorie che ha ispirato e più fortemente inciso
sulla filosofia di Simondon. In questo paragrafo si prenderà in considerazione il
postulato di base di questa branca della psicologia e in particolare il noto assunto
il tutto è superiore alle sue parti . Questo concetto rappresenta la sintesi ultima
dell’elaborazione gestaltiana attorno alla nozione di forma. La GestaltTheory
infatti asserisce che la combinazione di singole parti possa dar vita a un’unità più
complessa attraverso una forma. Quest’unità non è meramente la somma dei
singoli elementi che la caratterizzano, ma assume una valenza superiore. Furono
proprio Wertheimer, Kohler e Koffka, i fondatori della Gestalt, che si occuparono
di sviluppare questo concetto contribuendo a mettere in discussione lo studio sui
fatti e fenomeni della coscienza, concentrandosi invece sulle nozioni di forme,
configurazioni e campi. Tali elementi hanno contribuito ad approfondire gli studi
riguardanti la percezione e in particolare la conoscenza della realtà e la relazione
tra individuo e ambiente. L’analisi della percezione viene qui intesa come
un’operazione insita nei rapporti dell’uomo con l’ambiente e ha, come obiettivo
polemico, la volontà di dimostrare che non esistono sensazioni elementari che
costituiscono la percezione di un oggetto e che addirittura non esiste un oggetto
di percezione come entità isolata o isolabile. Ciò che si percepisce invece è una
totalità che fa parte a sua volta di un’ulteriore totalità. La psicologia della Gestalt
ha elaborato delle leggi di organizzazione secondo le quali queste totalità sono
costituite. Tra queste è presente la legge della buona forma che sarà proprio il
cardine della teoria gestaltiana che Simondon troverà inadatto e contestabile.
Rielaborando e arricchendo i concetti della psicologia della Gestalt, Simondon li
estende oltre il campo d’azione e di applicazione dal quale derivano, convinto del
fatto che l’entrata di nuovi concetti nel campo logico può provocare la
ristrutturazione dell’insieme di concetti; è quel che fa ogni dottrina metafisica.
Uno dei principali motivi di interesse che portano l’autore ad avvicinarsi a
quest'analisi, è la sua volontà di mettere in relazione le diverse scienze umane
grazie a un nuovo modello epistemologico con alla base la filosofia
dell’individuazione. Il pensatore francese afferma che sia possibile istituire una
nuova scienza umana che riesca a oltrepassare i limiti delle singole e disparate
teorie di ogni campo, cogliendo una serie di concetti-chiave che si arricchiscono
sostanzialmente l’uno con l’altro. Secondo Simondon è proprio la ripresa e
l’incrocio di alcuni concetti-chiave prelevati a tre teorie prese in analisi
(individuazione, Gestalt e cibernetica) a poter far fronte ai limiti che ognuna di
loro singolarmente non riuscirebbe a oltrepassare. Ci riferiamo ai concetti di:
potenziale, forma e informazione. Avendo approfondito il primo dei tre nel
precedente capitolo, vediamo ora più nello specifico gli altri due.
Secondo Simondon il concetto di forma della teoria della Gestalt ha il limite di
non comprendere in sé il senso più ampio che è contenuto nella nozione di
campo. Anche se alcuni studi hanno assunto e approfondito tale concetto
all’interno della propria analisi della percezione, secondo Simondon non hanno
comunque tenuto conto del carattere processuale del soggetto.
‹‹Una paradigmaticità fisica troppo sommaria ha portato la Teoria della Forma aconsiderare, come stato di equilibrio di un sistema capace di risolvere tensioni,soltanto l'equilibrio stabile: la Teoria della Forma ha ignorato la metastabilità››[IPC, 42].
Queste considerazioni portano Simondon a mettere in discussione le teorie
psicologiche a lui precedenti, teorie nelle quali un soggetto e un oggetto vengono
intesi come due sostanze separate, interpretate singolarmente piuttosto che in
relazione tra loro. L’autore inoltre, affermando il concetto di processualità del
soggetto, entra in diretta polemica con uno dei fondamenti del pensiero
gestaltiano cioè il concetto di buona forma. L’essenza di una buona forma
secondo la teoria gestaltiana, implica che questa preesista già, cioè che abbia una
sua vita propria e che l’unico processo percettivo possibile per il soggetto sia
quella di ricercarla e sceglierla. Dunque per buona forma viene inteso tutto quello
che è più probabile, più stabile, più semplice da cogliere. Simondon a tal
proposito smentisce tale concezione asserendo che: ‹‹La percezione non è
l’afferramento di una forma, ma la soluzione di un conflitto, la scoperta di una
compatibilità, l’invenzione di una forma. La forma che fa tutt’uno con la
percezione modifica non soltanto la relazione tra il soggetto e l’oggetto, ma
anche la struttura dell’oggetto e quella del soggetto›› [IPC, 84] . Il lavoro teorico
presente nella GestaltTheory non viene però criticato interamente da Simondon,
il quale attingerà da essa l’ulteriore nozione di campo3, entro la quale inserirà
successivamente il concetto di informazione. È merito infatti della Gestalt di aver
sviluppato nelle scienze umane il concetto di campo, in base al quale si considera
la percezione come un orizzonte di totalità esplicitato nella nozione di “campo
percettivo”, all’interno del quale sono considerati analiticamente sia il soggetto
che gli oggetti della percezione. Simondon riesce a complessificare ulteriormente
questa posizione, affermando che ‹‹nell’ambito psicologico, l’insieme in cui
avviene la percezione (che Lewin chiamerà campo psicologico) non è costituito
soltanto dal soggetto e dal mondo, ma anche dalla relazione tra soggetto e
mondo›› [IPC, 83-84].
In termini simondoniani, il campo va inteso come lo spazio materiale e
immateriale all’interno del quale vengono presi in considerazione sia la coppia
individuo-ambiente, che l’energia potenziale che ne determina la metastabilità. In
altre parole per Simondon è attraverso il campo che il soggetto acquisisce la
capacità di orientarsi alla ricerca di nuove forme e pertanto di rimanere in uno
3 Secondo Lewin per campo si intende “lo spazio vitale di un organismo, come la totalità degli eventipossibili” dalla quale deriverebbe il comportamento dell’individuo stesso. Citato in N. Abbagnano,Dizionario di filosofia, Mondadori, Roma 1999.
stato metastabile grazie al quale possono esserci nuove individuazioni e quindi
nuove percezioni possibili. Con le parole dell’autore: ‹‹Se la forma fosse
veramente data e predeterminata, non vi sarebbe nessuna genesi, nessuna
plasticità, nessuna incertezza sull’avvenire di un sistema fisico, di un organismo,
di un campo percettivo›› [IPC, 82]. La divergenza quindi tra la teoria della
Gestalt e la posizione di Simondon circa l’individuazione sta nel fatto che ‹‹non
basta dire che la percezione consiste nel cogliere totalità organizzate; in realtà
essa è l’atto che organizza le totalità›› [IPC, 96].
1.3 Teoria della cibernetica
Vediamo ora quali sono gli altri concetti-chiave su cui lavora Simondon.
L’analisi del nostro autore realizza, in effetti, un’ulteriore viraggio concettuale,
prendendo in prestito dalla scienza cibernetica il concetto di informazione.
Questa mossa teorica gli darà la possibilità di ampliare il concetto di forma. Tale
nozione è necessaria per pensare l’attività della presa di forma in relazione alla
complessità del campo che è in via di strutturazione. Simondon, a tal proposito,
afferma che ‹‹bisogna sostituire la nozione di forma con quella di informazione:
quest’ultima presuppone l’esistenza di un sistema in stato di equilibrio
metastabile, in grado di individuarsi. A differenza della forma, l’informazione
non è mai un termine unico, ma il significato che nasce da una disperazione››
[IPC, 42]. Dato che il concetto di informazione, a differenza di quella di forma, è
un concetto relazionale, che tiene conto del processo, è maggiormente adeguato a
spiegare le operazioni che definiscono una strutturazione di un sistema.
L’informazione pretende la possibilità di uno scambio e di una modalità
risonante intorno alla quale l’individuazione può avvenire. L’interpretazione
simondoniana dell’informazione va pensata come ciò attraverso cui ‹‹l’essere
condiziona sé stesso, secondo una modalità che si può chiamare risonanza
interna›› [IPC, 222]. Tale risonanza rappresenta la tensione del campo in via di
strutturazione, e in questo modo l’informazione ‹‹non è definibile a partire da un
solo termine, sia esso la fonte o il ricettore, ma a partire dalla relazione tra fonte e
ricettore›› [IPC, 61] che necessita quindi di una terza dimensionalità. Quindi si
può comprendere che la teoria dell’informazione in cibernetica serve a Simondon
per ampliare in senso dinamico alcuni assunti della teoria della Gestalt.
Riassumendo quanto detto fino ad ora in questo primo capitolo, si può definire
una concezione nuova ed ampia di individuo, non più considerato come sostanza
né come il conseguimento di una buona forma riconosciuta. Si è compreso
l’individuo come una delle fasi dell’essere, una parte di un processo in divenire,
che è sé stesso ma allo stesso tempo superiore a sé, in quanto determinato da una
carica energetica potenziale che lo anima e gli permette di procedere verso nuove
individuazioni. Tramite le concezioni attinte da altri studi scientifici, Simondon
ha realizzato una teoria dell’individuazione che concepisce l’individuo in questo
senso appena rielaborato. Si è giunti alla conclusione che non esiste un’unica
individuazione, bensì una molteplicità di individuazioni volte al proseguo del
divenire dell’essere. Si è centrato nel preindividuale il potenziale energetico che
permette il susseguirsi di nuove individuazioni. Il processo dinamico delle
diverse individuazioni che caratterizza l’essere viene chiamato ontogenesi,
proprio per dare rilevanza al mutamento sempre in atto dell’individuo, in
associazione al suo ambiente e alla carica potenziale che lo eccede. Grazie a una
critica serrata delle filosofie sostanzialiste e ilomorfiche, l’autore ha superato una
visione statica del soggetto che non era capace di spiegare gli interventi di
scambio relazionale tra individuo-ambiente e la relazione stessa. Simondon
spiega, quindi, che:
‹‹l’individuo comincia a partecipare associandosi al proprio interno, prima chegli si manifesti la presenza di qualsiasi altra realtà individuata. A partire daquesto primo sentimento di presenza possibile, si sviluppa la ricerca di quelsecondo compimento dell’essere, che gli rende manifesto il transindividuale
strutturando la realtà preindividuale acclusa all’individuo insieme ad altre realtàsimili e per mezzo di esse›› [IPC, 188].
Sarà grazie a questa nuova elaborazione di transindividuale che l’analisi
simondoniana arricchirà una nuova possibile definizione di soggetto, che aprirà
quindi nuove prospettive in diversi campi di studio come quello psicologico,
biologico o politico. Ed è quanto affronto nel secondo capitolo dell'elaborato.
2. Il transindividuale
In questo secondo capitolo stringeremo più da vicino il tema del transindivuale.
Partiremo innanzitutto da un’analisi del termine simondoniano per come viene
presentato dall'autore nel testo L’individuazione psichica e collettiva, lo
metteremo poi in relazione con la riflessione della critica filosofica successiva e
in particolare con la trattazione del transindividuale che viene intrapresa in un
recente testo curato da E. Balibar e V. Morfino, Il Transindividuale. Soggetti,
relazioni e mutazioni. In particolare in quest’opera vengono proposti una serie di
saggi di diversi autori che contribuiscono ad arricchire il senso del termine,
cercando, in primo luogo, una tradizione filosofica all’interno di pensieri
filosofici precedenti a Simondon, e in secondo luogo una contestualizzazione in
diversi ambiti contemporanei di ricerca che possano concorrere a una nuova
concezione del soggetto. Balibar traccia infatti un filo conduttore , attraverso i
trattati elaborati da altri studiosi che hanno partecipato alla stesura della raccolta,
tra diversi pensatori che nella storia hanno usufruito del termine transindividuale
in diversi ambiti ma con significati analoghi, e che hanno quindi contribuito alla
centralità del discorso simondoniano. Si inizia da Spinoza che, secondo Balibar,
concepisce la coscienza in opposizione alla visione di Cartesio e di Locke, perché
mette in evidenza che l’individuo non è esistente di per sé, ma è piuttosto un
composto di individui, ossia sempre e solo un passaggio, un livello tra varie
individualità. Rileggendo Spinoza, attraverso Balibar e Morfino, in opposizione
alla visione cartesiana e lockeiana, traspare che:
‹‹L'individuo, che si immagina come ego e come coscientia, è sempre-giàattraversato dall'alter, ma non in quanto alter-ego, anch'esso evidentemente tantoimmaginario quanto l'ego, ma in quanto trama complessa di corpi, di passioni, dipratiche, di idee, di parole, trama complessa di temporalità non riducibile alla
contemporaneità essenziale della comunità husserliana né al giorno spiritualedella presenza che costituisce il destino del processo storico hegeliano››4.
L’individuo spinoziano è dato quindi come un composto di individui, che si
costituisce, a un livello superiore ancora, con altri individui, ossia l’individuo si
trova sempre come un momento provvisorio tra due livelli di individualità –
proprio come in Simondon l’individuo è colto sempre come successivo al
processo di individuazione che lo costituisce poi come tale. Ma secondo Balibar
anche Marx, che considera il soggetto come il risultato della società, dato che il
mondo è ‹‹l’insieme delle attività di produzione, di scambio e di consumo››5, è
uno dei pensatori che prepara la questione del transindividuale attraverso la sua
sociologia dialettica. Ora però, soffermiamoci sui caratteri del transindividuale in
Simondon che, pur attingendo da pensatori a lui precedenti, riesce effettivamente
a sviluppare qualcosa che li supera nell’analisi stessa della realtà. Nel ricostruire
la genesi e i caratteri del transindividuale, si deve infatti tenere presente quanto
questo sia una continuazione della teoria dell’individuazione, in quanto
caratterizza un prosieguo e un chiarimento ulteriore del concetto di
preindividuale.
‹‹È l'affettività a far sì che la carica di natura preindividuale divenga supportodell'individuazione collettiva; essa media tra il preindividuale e l'individuale; èl'annuncio e la ripercussione nel soggetto dell'incontro, dell'emozione provocatadalla presenza e dall'azione. Senza la presenza e l'azione, l'affettività e l'emotivitànon possono realizzarsi ed esprimersi›› [IPC, 111].
Ulteriore approfondimento necessitano i termini di percezione ed emozione,
definite come due individuazioni psichiche che completano l’individuazione del
vivente, incanalandola verso ulteriori direzioni. Cominciamo col dire che il titolo
dell’opera di Simondon congiunge, non a caso, due individuazioni, in quanto
4 E.Balibar, V. Morfino (a cura di), La relazione transindividuale, Il transindividuale. Soggetti, relazioni,mutazioni. Mimesis, 2014, p. 17.5 E. Balibar, La filosofia di Marx, tr. it. di A. Catone, Manifestolibri, Roma 1994, p. 72. Cfr. anche E.Balibar, Le contrat social des marchandise: Marx et le sujet de l’échange, in id., Citoyen sujet et autresessais d’anthropologie philosophique, PUF, Paris 2011, p. 315-342.
mette in risalto l’inseparabilità delle due operazioni che possono in realtà venire
intese come un’unica operazione che sfocia nell’individualità psichica e nella
costituzione del collettivo. Il processo che determina tale congiunzione è proprio
il concetto di transindividualità. Il transindividuale, dal punto di vista ontologico,
rappresenta l’unione relazionale di questi due versanti di una nuova
individuazione del vivente. Mentre dal punto di vista di metodo, rappresenta
quella condizione che permette di pensare le dinamiche psico-sociali al di fuori
dello psichismo e del sociologismo. Il problema, secondo Simondon, è che questi
due approcci non sono in grado di spiegare le complesse relazioni che si
instaurano tra gli individui nella società, dato che non prendono in
considerazione il transindividuale. Si tratta quindi di ripensare lo psichico e il
sociale come due poli di un unico sistema metastabile, la cui possibilità di
modificarsi e divenire altro è determinata da una risonanza interna.
Quindi possiamo accennare a dire che il transindividuale è quella categoria
fondamentale di quella scienza umana richiamata da Simondon, che si propone di
riunificare i diversi ambiti disciplinari in un unico schema operativo, che sia in
grado di studiare la realtà dell’individuo e della società attraverso la
comprensione dell’individuazione dei sistemi in cui sono presi e all’interno dei
quali si evolvono. A questo proposito Balibar evidenzia nell’introduzione al testo
collettaneo come Simondon abbia messo in discussione, con il principio di
metastabilità, i principi della logica formale aristotelica, rendendo inefficace il
principio di non contraddizione.
2.1 L’individuazione psichica
Simondon ci ha presentato l’individuazione fisica e quella del vivente come casi
di risoluzione di un sistema metastabile, sottolineando come in quella del vivente
sia presente un carico di forza per ulteriori individuazioni. È ‹‹proprio questo
carattere dell’individuazione nell’ambito del vivente che consente a Simondon di
pensare il livello psichico e quello collettivo, in termini di individuazioni
successive a quella vivente››6. Per questo Balibar sintetizza il transindividuale di
Simondon come una trama complessa di relazioni , sintesi che ci rinvia alla base
teorica dell’autore, ossia il primato ontologico della relazione rispetto ai termini
che la compongono. In questo senso tornando al passaggio da individuazione
vitale a individuazione psichica, è necessario chiarire il passaggio che Simondon
fa circa l’individualizzazione. Con tale termine Simondon designa
l’organizzazione permanente dell’individuo vivente che è come una continua
‹‹nascita relativa›› [IPC, 166], poiché non dà vita a un nuovo tipo d’individuo,
ma piuttosto all’individuazione di nuove funzioni e strutture interne al sistema
vivente. Si sta definendo un processo all’interno del processo di individuazione,
che permette in questo modo di dar luogo al somatico e allo psichico del vivente,
contraddistinti l’uno come specializzazioni fisiologiche e l’altro come
schematizzazioni mentali. L’individuazione psichica è quindi un’individuazione
vitale perpetua che produce in maniera complementare una sorta di nuovo
individuo e di nuovo ambiente, la mente e il corpo, che insieme definiscono il
sistema somato-psichico. L’individuazione psichica si mostra essa stessa
composita, dato che è munita di due ulteriori individuazioni psichiche al suo
interno, determinate a loro volta dall’emozione e dalla percezione. Il sistema di
Simondon, si va via via costruendo, per comprendere queste ulteriori
individuazioni, come una serie di scansioni che rendono possibile un processo
ancora più elaborato. Siamo di fronte a una molteplicità di individuazioni, non
soltanto dinanzi a due individuazioni, come pure poteva apparire dai termini
dello stesso titolo del testo simondoniano.
Riepilogando, si sono definiti i viventi come esseri individuati che sorgono da
una prima individuazione, quella biologica. Questi esseri viventi/individuati, per
mantenersi in vita, necessitano di ulteriori individuazioni individualizzanti. In
6 La relazione transindividuale, E.Balibar, V. Morfino (a cura di), Il transindividuale. Soggetti, relazioni,mutazioni. Mimesis, 2014, p. 12.
questo senso parliamo di individualizzazione, vale a dire il proseguimento della
prima individuazione. Ora, se prendiamo in considerazione il termine percezione,
come ‹‹quell’atto di individuazione che risolve un conflitto, e sottolineiamo che
tale atto non è semplicemente cogliere una forma, ma l’atto attraverso il quale il
soggetto, all’interno dell’insieme costituito dalla relazione tra il soggetto stesso
ed il mondo, inventa una forma e modifica così sia la propria struttura che quella
dell’oggetto: si percepisce solo all’interno di un sistema in tensione del quale si è
un sottoinsieme››7 si può comprendere come un’individuazione psichica consista
nel prolungamento di una prima individuazione del vivente che avviene
attraverso ogni nuovo stimolo affettivo o concettuale che fa in modo che si
sviluppi un nuovo schema strutturale. Quindi la prima individuazione genera
l’individuo individuato, e le successive sono una modifica perenne
dell’individuato, sotto il profilo somatico che quello psichico, dato che:
‹‹l'individuo non è un essere sostanziale come un elemento, né un mero rapporto,ma la realtà di una relazione metastabile›› [IPC, 87].
In questo senso l’individuazione psichica è ‹‹una nuova strutturazione del
vivente, che si trova suddiviso in due domini distinti: il dominio somatico ed il
dominio psichico››8, intendendo per dominio il modo in cui il sistema individuo-
ambiente si modifica nel tempo.
Simondon definisce tale individuazione psichica, ‹‹interna››, nel senso che l’atto
del percepire si attua all’interno del soggetto, anche se l’atto prevede una
modifica sia del soggetto che del sistema in cui esso si trova e che lo orienta. Pur
definendo tale individuazione ‹‹interna››, il pensatore sottolinea come non sia da
confondere con un’interiorità. Questo perché non si può comprendere questo
processo come una sostanza insita nell’individuo, ma piuttosto come
individualizzazione interna all’individuo. In questo senso si può dire che per
7 Ivi, p. 51.8 Ivi, p. 52.
Simondon, lo psichismo assume il valore di una relazione tra la relazione al
mondo e la relazione a sé. Dunque una relazione di relazioni. Con il termine
trasduzione abbiamo visto che si intende proprio tale connessione tra più
relazioni, una relazione che ne collega delle altre.
‹‹La vita psichica non è pura interiorità né pura esteriorità, ma permanentedifferenziazione e integrazione, secondo un regime in cui coesistono causalità efinalità, per il quale useremo il termine trasduzione›› [IPC, 102].
Questa trasduttività è innanzitutto definita dal fatto che l’individuazione psichica
è al suo interno già relazionale, in quanto è istituita dall’emotività e dalla
percezione che sono a loro volta il riflesso di un universo interiore e uno
esteriore; e successivamente è data dal fatto che questa individuazione psichica
non è autosufficiente, e sfocerà, come vedremo, nel collettivo transindividuale.
L’individualità, per Simondon, si situa in questa relazione che si compie
nell’individuo come individualizzazione, determinata dall’affettività e
dall’emotività. In questo modo ha preso ulteriormente le distanze dalla teoria
dell’esistenza di una coscienza o di un inconscio come fulcro reale di un essere
vivente. Da questo punto di vista Simondon è molto vicino a una teoria
spinoziana del soggetto, inteso come ‹‹luogo di una continua variazione della
potenza di agire, in funzione della sua capacità di affettare gli altri soggetti (di
essere la causa di affetti che aumentano o diminuiscono la propria potenza) e di
essere affetto da essi (vale a dire di provare gli affetti delle loro azioni nella
forma di affetti che aumentano o diminuiscono la propria potenza)››9. Il fulcro
della teoria spinoziana del soggetto è relativa a tale capacità di affettare e di
essere affetti che si relaziona alla potenza di agire. Il passaggio successivo al
quale arriva Simondon è relativo all’insufficienza della problematica psichica di
risolversi in sé stessa. Come abbiamo accennato prima, l’individuazione psichica
9 Ivi, p. 54.
non è autosufficiente, in quanto la problematica percettiva è relativa all’esistenza
di una molteplicità di mondi percettivi.
‹‹Il problema dell'individuo è quello dei mondi percettivi, ma il problema delsoggetto è quello dell'eterogeneità tra i mondi percettivi e il mondo affettivo, tral'individuo e il preindividuale›› [IPC, 111].
Mentre l’affettività mette in relazione l’essere individuato con una parte della
realtà preindividuale che porta con sé, la percezione deve trovare un’eterogeneità
tra i vari mondi percettivi. Il problema del soggetto è propria tale ricerca di
eterogeneità, dato che è individuo e più che individuo. Questa tensione del
soggetto, può essere risolta, secondo Simondon, solo attraverso il collettivo. Ma
esiste un tentativo intrasoggettivo di risolvere tale tensione, che secondo l’autore
è l’esperienza dell’angoscia.
2.2 Angoscia e solitudine
Simondon si sofferma sullo stato dell’angoscia come un’impossibilità,
dell’individuo di risolvere la tensione tra individuato e preindividuale.
Nell’angoscia il soggetto sente la propria esistenza come un problema per sé
stesso, e vorrebbe risolvere sé stesso attraverso sé stesso, senza passare per il
collettivo. Simondon sottolinea che l’angoscia non è un vissuto passivo, ma è
uno sforzo che il soggetto fa per risolvere la divisione che avverte tra
preindividuale ed essere individuato, sperando di ricostruire in sé un’unità tra i
due.
‹‹L’angoscia è come un’ontogenesi rovesciata; disfa ciò che è stato tessuto,procede all’incontrario in tutti i sensi. L’angoscia è rinuncia all’essereindividuato sommerso dall’essere preindividuale; essa accetta di attraversare la
Simondon giunge alla conclusione che lo stato dell’angosciato è l’atto in cui
l’individuo si scopre soggetto constatando questa parte di preindividuale
all’interno di sé, ed è una sostituzione alla relazione transindividuale, in quanto
colui che si scopre soggetto resta immobile difronte alla possibilità di incontro
con un altro soggetto. In assenza di tale incontro tenta di risolvere la sua
eccedenza in solitudine, ma è un tentativo volto al fallimento che prende la forma
di una distruzione dell’individualità. È grazie a tale esempio dello stato di
angoscia, che si chiarisce quanto non sia possibile contenere solo nell’individuo
un’intera soggettività.
‹‹L'angoscia è un'emozione senza azione, un sentimento senza percezione; è puraripercussione dell'essere in se stesso [IPC, 114]››.
Si è compreso con l’esperienza dell’angoscia come non sia possibile quindi
risolvere la tensione tra preindividuale e individuato all’interno dell’essere stesso.
Mentre invece, l’esperienza della solitudine inizia con un incontro, con un
evento, dal quale il soggetto si sottrae. Questa, al confronto con l’angoscia, è
piuttosto una conseguenza di un avvenimento che fa in modo di sospendere la
modalità relazionale con l’altro, portandoci però a rendere conto dell’eccedenza
che esiste nell’altro. Neppure in questo caso si risolve la tensione ma, come
vedremo successivamente, attraverso la solitudine sarà possibile accedere al
transindividuale. Simondon giunge quindi ad identificare solo nel collettivo la
possibilità di ricongiunzione dei due versanti dell’attività psichica.
2.3 L’individuazione collettiva
A questo punto è doveroso rendere noto cosa si intenda per collettivo, e in che
modo collettivo si identifica con il transindividuale. Come ha osservato Muriel
Combes nella prefazione al testo L'individuazione psichica e collettiva, la
costruzione della “fase collettiva” da parte dell’individuo interagisce
contestualmente con l’elaborazione di quella psichica. Ci si individua
psichicamente e collettivamente. L’emersione del transindividuale, fase
d’innesco di un’individuazione collettiva, consente una ristrutturazione fattuale
dello psichico, che pertanto non si configura come un blocco monolitico, una
sostanza, bensì come un’area dai confini mobili, soggetti all’ampliamento o nei
casi più gravi, alla sua distruzione. Simondon dichiara che:
‹‹il collettivo, per un essere individuato, è il nucleo misto e stabile nel quale leemozioni sono dei punti di vista percettivi e i punti di vista percettivi sono delleemozioni possibili›› [IPC, 123].
Quindi risolve nel collettivo la problematica psichica. Per Simondon il collettivo
è l’ambito di risoluzione della tensione tra le problematiche che resterebbero
incomprensibili e irrisolvibili al soggetto isolato. L’individuazione collettiva è il
passaggio in cui il soggetto entra in relazione con altri soggetti, necessariamente,
per poter affrontare le tensioni psichiche che non avrebbe altrimenti risolto.
2.4 Il transindividuale tra psichicità e collettività
Il termine transindividuale entra in gioco rispetto alla reciprocità che esiste tra
queste due individuazioni, quella psichica e quella collettiva. È chiaro che il
passaggio dallo psichico al collettivo non coincide con l’appartenenza
dell’individuo a una comunità, non si tratta di una semplice disposizione alla
socialità. Anzi, pare piuttosto che l’attraversamento della solitudine sia
comparato a quello della transindividualità, come abbiamo accennato
precedentemente. L’esperienza della solitudine inizia con un evento, dal quale il
soggetto si sottrae. Questo avvenimento è un evento disindividuante nel senso
che mette il soggetto in discussione, provocando una libertà momentanea
dall’individualità costituita che era sommersa dal preindividuale. Al contrario
dell’angoscia, la disindividuazione è una condizione per una nuova
individuazione possibile. Quindi la scoperta del transindividuale deriva da un
incontro, un evento, e necessita della solitudine come campo da attraversare.
Costituire il collettivo significa destituire la comunità, o meglio cercare di
mettere in discussione ciò che impedisce il riconoscimento del preindividuale
che c’è in essa per fare in modo che ci sia l’incontro con il transindividuale.
‹‹La relazione transindividuale dei soggetti appare così come una relazione
autocostituente del soggetto a se stesso attraverso ciò che nell’altro non è ruolo o
funzione, ma realtà preindividuale››10.
Si può quindi dire, seguendo il ragionamento effettuato da Simondon nella sua
analisi e la relativa interpretazione di Combes al riguardo, che ciò che rende
consistente la relazione, o la dimensione psicologica dell’individuo, è ciò che lo
eccede e lo orienta in direzione del collettivo. Questa eccedenza ed orientamento
è il transindividuale. Secondo Combes il paradosso che contraddistingue il
transindividuale consiste nel fatto che questo si autodetermina, ma fuoriesce solo
in relazione ai rapporti interindividuali che contraddistinguono la nostra socialità.
In altri termini:
‹‹il transindividuale emerge da ciò che in noi è altro da noi, si costituisce a partireda ciò che nel soggetto non è il nucleo individuale costituito: in ogni istantedell’autocostituzione il rapporto tra l’individuo e il transindividuale si definiscecome ciò che SUPERA L’INDIVIDUO PROLUNGANDOLO›› [IPC, 153].
Combes coglie pienamente il tratto saliente del transindividuale simondoniano,
che è sempre un processo ulteriore dell’individuo che per procedere necessita di
altro al di fuori di sé, ma che può recepire solo grazie a un carattere insito in se
stesso. Il tema della relazione è la connessione tra tutti i passaggi presentati sino
ad ora, ed è ciò che contraddistingue anche lo stesso collettivo. Si sta10 Ivi, p. 64.
oltrepassando il binomio di individuo-società per caratterizzare un ambito ben
più ampio e complesso che meglio si innerva in un’analisi del rapporto tra i due
elementi e della realtà. Il reale non viene inteso come una somma di individui in
una società, dato che non esistono, separatamente presi, né gli individui né la
società. Il reale è conoscibile solo se considerato come ‹‹un sistema di relazioni››
[IPC, 175]. Dunque la realtà è in evoluzione, e definisce una comune storicità tra
individui e società. È tale realtà che viene definita come transindividuale. Ciò di
cui sta parlando Simondon è uno stato prerivoluzionario, che ha a che fare con
stati metastabili, quindi determinato da stati di sovrasaturazione, che dovrebbero
essere colti proprio in quegli eventi che sono sul punto di accadere, quando cioè
delle strutture sono sul punto di rompersi per costituirne delle nuove.
‹‹Il vivente è un organismo in base alla prima individuazione; ma può vivere solose è un organismo che organizza, e si organizza, attraverso il tempo.L'organizzazione dell'organismo è il risultato di una prima individuazione, che sipuò chiamare assoluta; ma quest'ultima, più che vita, è condizione di vita; ècondizione di quella nascita perpetua che è la vita. Vivere significa avere unapresenza, essere presente a sé e a ciò che è fuori di sè›› [IPC, 166].
Simondon, attraverso il transindividuale vuole dunque costruire le fondamenta
per quella scienza umana che dovrebbe riunificare i vari ambiti disciplinari,
proprio in virtù di uno studio sulla realtà dell’individuo e della società attraverso
la comprensione dell’individuazione.
Ora possiamo dunque capire meglio ciò che Simondon intende per soggetto.
Abbiamo infatti attraversato i vari stadi della sua filosofia dell’individuazione
che hanno esplicitato cosa siano i processi di individuazione, cosa sia
un’individuazione psichica e cosa un’ individuazione collettiva. Quindi l’unità di
questa serie di individuazioni è stata identificata nel transindividuale, inteso
come una relazione di relazioni che fa in modo che il processo di divenire
dell’essere sia considerato come un flusso da poter comprendere nelle sue fasi.
L’obiettivo dei vari studi di Simondon è volto alla costituzione di una nuova
scienza che sia in grado di tenere insieme e comprendere la relazione che vige tra
i vari ambiti disciplinari. Tutto ciò ha smosso l’interesse di diversi studiosi, in
cerca di una definizione altra di soggetto. E questo è proprio il punto al quale si è
arrivati. Se ci volessimo rifare ad un termine presocratico, per arricchire il senso
dei termini simondoniani, potremmo adoperare quello di àpeiron, i cui caratteri di
indeterminatezza possono essere riconducibili a quelli della carica potenziale di
energia preindividuale di cui parla l’autore. Simondon definisce il soggetto come
‹‹individuo e altro dall’individuo; è incompatibile con sé stesso›› [IPC, 111]. In
questo senso, dunque, il soggetto è l’individuo più questa carica di àpeiron a lui
associata. Si è chiuso un cerchio dal quale siamo partiti, dato che con
preindividuale si intende anche la possibilità del transindividuale. La carica
energetica è ciò che può innescare nuove individuazioni, ma solo grazie alla
relazione transindividuale del soggetto connesso al collettivo, allora si procederà
verso l'attuazione di nuove individuazioni.
Capitolo 3
Contemporaneità del transindividuale
3.1 Formazione di un individuo in ambito biologico e
psicologico.
Questo terzo capitolo si articolerà sulla base di ulteriori studi in altri campi di
ricerca che hanno cercato attraverso il transindividuale un ampliamento di alcuni
concetti fondamentali in tali campi di studio mettendo così in risalto la
contemporaneità della filosofia di Simondon. Nello specifico, si terrà conto di
alcuni saggi tratti dal testo di Balibar e Morfino Il transindividuale.Soggetti,
relazioni e mutazioni dai quali si trae un filo conduttore tra i campi della
biologia, dello storicismo, della politica e della psicologia. In particolar modo il
saggio di Andrea Cavazzini Cellule, organismi, comunità. Il transindividuale
nelle scienze della vita contemporanea traccia un percorso entro il quale vediamo
risuonare la presenza del termine simondoniano come risolutore di una serie di
ambiguità che le scienze biologiche hanno tentato di superare e rimodulare. Nel
saggio infatti vengono presi in analisi gli elementi fondamentali, quali forme
viventi, organismo,cellule e geni che non rispondono più all’esigenza di elementi
primi in grado di spiegare la formazione degli individui. Il presupposto dal quale
parte Cavazzini è proprio la messa in discussione di forme ed entità singole che
siano in grado di caratterizzare da sole l’andamento e la combinazione di esseri
viventi costitutivi di qualcosa di più complesso. Mentre invece nel testo di Felice
Cimatti L’individuo è l’essere sociale. Marx e Vygotskij sul transindividuale
mette al centro la questione di un animale umano comprensibile solo se preso in
considerazione insieme alla sua realtà sociale. In esso, l’ominazione sul piano
ontogenetico viene pensata in una prospettiva di una psicologia evolutiva
costituita sulla base di un materialismo delle relazioni, contrapposto alle teorie
del comportamentismo e del cognitivismo. Tale studio si orienta sulla base della
relazione come centro dello studio della mente umana. I due ricercatori che
trattano del transindividuale nei propri campi di ricerca sono quindi consapevoli
dell’importanza trasmessa dalla teoria dell’individuazione di Simondon, e ne
traggono benefici per ulteriori approfondimenti. Sia Cimatti che Cavazzini hanno
quindi contribuito a rendere vivo il pensiero di Simondon all’interno di altre
scienze, rendendo forse possibile quel progetto a cui aspirava lo stesso Simondon
,ossia la costituzione di una nuova scienza umana.
3.1 Individuo nell’ambito biologico
Partendo dall’analisi di Cavazzini si può dunque affrontare il tema
dell’individuazione come l’intervento strutturante dell’organizzazione che esiste
tra i diversi ‹‹elementi primari›› che costituiscono un organismo. Cavazzini parte
dalla definizione di organismo che esisteva prima di Darwin, ossia come un
accidente di ‹‹Forme (specie, tipi ideali) […] concepite come una sorta di realtà
trascendente››11. Tale sistema di forme presupponeva che fossero inderivabili e
che ci fosse un equilibrio tra di esse. In questo modo gli individui si sarebbero
moltiplicati in maniera identica, e la loro appartenenza a una specie dava loro dei
caratteri ereditari. Con Darwin si riconduce invece l’individuo specie a una serie
di processi di individuazione che contrassegnano l’importanza delle differenze
esistenti tra i singoli organismi; e la stessa specie non è contraddistinta da
un’armonia stabile, bensì da processi di continuo cambiamento. ‹‹In altri termini,
la sopravvivenza del vivente (organismo o specie) in un ambiente dato non è un
presupposto ma un risultato possibile della sua condotta, e nel corso
dell’esecuzione di tale compito il vivente modella la propria forma (cioè si
individua) entro una relazione all’ambiente già-da-sempre presupposta alla forma
11 A.Cavazzini, Cellule, organismi, comunità. Il transindividuale nelle scienze della vita contemporanea,Mimesis, p. 233.
stessa››12. Cavazzini rielabora con il pensiero di Darwin il primo passo che ha
messo in discussione una visione dell’individuo, organismo, come forma stabile,
e sottolinea come tale rielaborazione delle forme dipenda invece proprio da
processi di rottura e di ristabilimento di un equilibrio, eccedendo l’individualità.
L’autore prende in considerazione il modo in cui ‹‹la fisiologia post-bernardiana
mostra l’organismo come il prodotto di un lavoro di integrazione e
coerentizzazione di processi la cui unificazione a partire dalla molteplicità ancora
una volta si presenta come un compito, cioè come un processo di
individuazione››13. Si può quindi evidenziare che anche in questa teoria
fisiologica è posto al centro il processo di individuazione come necessario per la
costituzione di un organismo, inteso proprio nella sua molteplicità che tende ad
un’unificazione precaria ed instabile e perciò stesso intimamente cangiante in
relazione a se stesso e all’ambiente circoscritto. Si tratta nuovamente di reazioni
al disequilibrio, questa volta tese a mantenere un’unità dell’organismo. La
‹‹un organismo vivente è in stato di disequilibrio permanente, ed è più esattoparlare di uno stato centrale fluttuante che di una costanza dell’ambiente interno[…] Spector parla di uno stato centrale fluttuante definito da due proposizioni:‘1. Ogni organismo vivente, dalla nascita alla morte, è in uno stato di non–equilibrio, 2. La reazione di un organismo ad uno stimolo dipende ed è modulatoda […] uno stato centrale definito come la condizione reattiva totale ad unmomento dato di un neurone, di un insieme funzionale di cellule, di un elementosubcellulare all’interno del sistema nervoso o di quest’ultimo considerato cometutto.’ Questo stato fluttuante cambia incessantemente, cambia con l’ora delgiorno, il giorno dell’anno […] e […] gli eventi della vita quotidiana. È ad untempo, il tutto e la parte degli insiemi e dei sottoinsiemi che lo costituiscono››14.
È evidente che tale citazione ci mostra una corrispondenza leggibile nella teoria
dell’individuazione: uno stato centrale energetico paragonabile a una fase
preindividuale dell’essere, che è reattivo (quindi implica uno stato energetico
12 Ivi, p. 235.13 Ivi, p. 236.14 J.D. Vincent, Biologie des passions, Odile Jacob, Paris 1998, p. 184-189.
insito in esso) in virtù di determinati stimoli (altri elementi ed altro ambiente). La
visione d’insieme di un tutto costituito da insieme e sottoinsiemi, riconduce alla
visione di un essere polifasico, visto come la la somma che è più delle sue parti.
L’unità del vivente non è un dato immanente, piuttosto esso è in continuo
movimento, si articola in diverse ristrutturazioni che comprendono degli
aggiustamenti tra i vari componenti.
‹‹La vita, è una prima individuazione; ma questa prima individuazione non èstata in grado di esaurire e assorbire tutte le forze; essa non ha risolto tutto;abbiamo un movimento per andare sempre più lontano, dice Melabranche; ineffetti, abbiamo tensione e potenziali per diventare altri, per una nuovaindividuazione che non distrugga la prima›› [IPC, 186].
Il lavoro di Cavazzini procede con l’analisi del funzionamento di una cellula,
anch’esso determinato come unità inteso solo come risultato (parziale). Le cellule
regolano il loro funzionamento solo in relazione tra loro, in un processo di
comunicazione. Infatti hanno due modi per comunicare, tramite gli ormoni e
tramite il sistema nervoso. I primi agiscono a distanza mentre il sistema nervoso
in modo locale. I legami tra cellule sono provvisori, e in relazione all’ambiente.
Ciascuna cellula dipende dalla sopravvivenza delle altre. Cavazzini qui intravede
un’ analogia con la tesi sociologica che elabora l’esistenza di ciascun individuo
in relazione agli altri grazie a processi comunicativi e di cooperazione. Qui
emerge un dato importante che vedremo ripetuto anche nell’analisi di Vygotskij.
Ossia il linguaggio come elemento determinante per la vita di una singola cellula,
senza il quale non potrebbe sussistere l’organismo stesso, dato che non ci sarebbe
comunicazione tra le differenti cellule che solo nella loro complessità possono
integrarsi con il resto del sistema e quindi determinarne l’esistenza. Infine,
continuando a seguire l’analisi di Cavazzini, si affronta il concetto di gene, sul
quale è stato a lungo centrato l’interesse di varie branche della scienza che hanno
provato a ritrovare in esso un’entità ultima che potesse spiegare la genesi degli
individui e la loro formazione. A partire da Mendel, che ha mostrato i geni come
ciò che determinano i caratteri ereditari tra individui, questi hanno assunto il
significato di ‹‹atomi del vivente››, intesi come costituenti l’identità di un
individuo, la forma di questo in relazione alla progenie dalla quale derivano. In
questo modo i geni appaiono come immutati, sfuggendo ad ogni possibile
integrazione con una teoria dell’individuazione, dato che, essendo già individuati,
sembrano entità che si ripetono nel tempo in maniera identica. Essi, in termini
simondoniani, avrebbero il carattere di preindividuale perché attraversano gli
organismi e le generazioni, ma non avrebbero il tratto del transindividuale dato
che su di essi non agisce nessun processo di modificazione.
‹‹L'individuo non è soltanto individuo, ma anche riserva di essere ancora nonpolarizzata, disponibile, in attesa. Il transindividuale esiste con l'individuo, manon è individuo individuato›› [IPC, 187].
Ma, come mostra Cavazzini nel suo elaborato, gli ulteriori studi di biologia
molecolare hanno smentito questa presunta autosufficienza dei geni, dato che ‹‹il
genoma è incomprensibile […] finché non è tradotto in funzioni fisiologiche››15di
cui sono responsabili le proteine. Questa definizione fa in modo che i geni, se
non contestualizzati nelle loro specifiche funzioni, restino individuati.
‹‹Gran parte di ciò che fanno le proteine non dipende per nulla dalle istruzioni deigeni. Ciò appartiene all’ambito della chimica dei sistemi complessiautorganizzatori […] non vi sono geni per le proprietà dell’acqua, dei grassi o deilipidi che costituiscono membrane cellulari. Peggio ancora, non vi sono geni […]per le interazioni. Tutta questa informazione è implicita nelle proprietà stessedell’ambiente in cui operano i geni››16.
Ed eccoci arrivati a constatare che è l’ambiente a regolare un legame
transindividuale tra un organismo e il suo genitore. Ciò che viene trasmesso da
un organismo ad un altro nell’atto della nascita, non è semplicemente una realtà
già individuata come appare essere il gene, bensì tutto un insieme di materiali e
15 D. Noble, La musica della vita, tr. it. di S. Ravaioli, Bollati Boringhieri, Torino 2009, p. 51.16 Ivi, p. 68.
di condizioni che ne determinano l’interazione, e solo la connessione tra le varie
interazioni fa in modo che si costituisca un organismo. Il legame
transindividuale, in questo caso, è quindi un flusso di forze e materiali,
determinando in tal senso l’eredità, intesa come un processo di individuazione
che avviene tra più organismi.
‹‹Il DNA non agisce mai fuori dal contesto di una cellula. Noi ereditiamo ben piùche il nostro DNA. Ereditiamo l’ovulo di nostra madre e tutto il macchinario,compreso i mitocondri, i ribosomi e altri componenti citoplasmatici […]ereditiamo un mondo. La chimica dell’acqua, dei lipidi e di altre molecole di cuiné la forma né la proprietà sono codificate dal DNA, tutto ciò è semplicementeun dato››17. Cavazzini termina in questo modo la sua analisi, concludendo che idifferenti livelli di vita organici sono delle fasi, non del tutto stabili, di uninterminabile processo di individuazione. Dopo aver toccato per gradi i processiche hanno portato all’elaborazione degli organismi, l’esito del suo ragionamentoarriva a constatare che ‹‹l’umanità è quindi l’effetto di un individuarsi, di undivenir-uomo, […] l’individuazione stessa dell’uomo è sempre provvisoria,problematica, incerta, attraversata da punti ciechi e ambiguità, poiché dipendestrettamente dalla contingenza degli incontri dell’uomo con una pluralità disignificati, affetti, gesti, la cui estraneità è mobile ma non superabile››18.
In questo modo, le ricerche di biologia molecolare hanno creato un substrato
analitico alla teoria dell’individuazione di Simondon, facendo in modo che tali
assunti fossero intesi in maniera chiara e determinata, in un campo che va oltre la
terminologia filosofica.
17 Ivi, p. 77.18 A.Cavazzini, Cellule, organismi, comunità. Il transindividuale nelle scienze della vita contemporanea,Mimesis, Milano, p. 249-250.
3.2 Individuo in ambito psicologico.
Nel saggio di Felice Cimatti si affronta invece l’evoluzione psichica
dell’individuo all’interno del contesto sociale. Attraverso il pensiero di Vygotskij
si potrà comprendere in che modo il transindividuale simondoniano è
ulteriormente attinente al campo psicologico, oltrepassando anche la teoria della
Gestaltpsychology che abbiamo precedentemente trattato.
Il pensiero di Vygotskij si definisce materialismo delle relazioni, in
contrapposizione al comportamentismo e al cognitivismo, perchè il nucleo del
suo apparato teorico è il concetto di relazione. Le precedenti scuole psicologiche,
partivano in effetti da uno stacco tra dentro e fuori, così nel caso del cognitivismo
viene prima la mente e poi una relazione con il fuori, oppure, nel caso del
comportamentismo, una mente vuota, una black box insondabile, che non può
divenire oggetto di indagine scientifica e che può solo apprendere dall’esterno.
Vygotskij, invece, parte dal considerare lo sviluppo cognitivo come processo
sociale, ed è tramite questo che, secondo lui, si possono spiegare le funzioni
intellettuali superiori, quali l’attenzione, la volontà e la percezione. E’ un
modello che si fonda sul concetto di transindividuale perché esclude la possibilità
di esistenza di qualcosa (essenza, sostanza, mente) innato. Lo schema generale
del suo pensiero è determinato dalla relazione storico-sociale che si identifica
come un processo di individuazione. ‹‹Le relazioni fra le funzioni psichiche
superiori della mente individuale, la sua coscienza, sono state un tempo relazioni
fra persone››19, quindi appunto transindividuali. Per Vjgotskij sin dall’inizio lo
sviluppo organico si intreccia con quello socio-culturale, oltrepassando una
visione puramente biologica dell’individuo. Il suo carattere originale si evince
dal fatto che non pensa che ci sia un primo sviluppo organico dell’individuo
susseguito da un’aggiunta culturale, bensì vi sia sin dall’inizio un intreccio di
questi due sviluppi alla formazione di un individuo. E’ questo intreccio ad essere
19 F.Cimatti, L’individuo è essere sociale.Marx e Vygotskij sul transindividuale, Mimesis, 2014, p. 260.
lo schema del processo di individuazione per Vygotskij che in tal modo si
distacca sia da quello comportamentista che da quello cognitivista. Il dato
innovatore della teoria vygoskijana risiede nell’individuazione della relazione tra
corpo/mente e società, e questa scoperta rende davvero la psicologia il campo
della conoscenza della mente umana in senso materialista. Vjgotskij oltrepassa
anche gli studi di Piaget relativi a un immagine del bambino solitario, che non si
può considerare infatti come un organismo universale che opera nel vuoto. La
mente è per sua natura sociale. Ogni funzione nel corso dello sviluppo del
bambino appare prima su un piano sociale, intesa come categoria interpsichica, e
poi sul piano psicologico come categoria intrapsichica. Il processo di
interiorizzazione è similare a quello di transindividualità, in quanto processo di
crescita, è appunto qualcosa che da esterno diventa interno al tempo stesso
sviluppandosi dinamicamente. Vygotskij spiega come all’inizio ci sia un piccolo
della specie Homo Sapiens, le cui cure sono date dagli adulti, i quali in maniera
implicita e poi esplicita gli insegnano in che modo agire. Il piccolo prosegue la
sua formazione acquisendo gli insegnamenti e le esperienze che gli altri hanno
avuto con lui, applicandoli a sé in maniera autonoma. In questo senso lo sviluppo
culturale del bambino si presenta su due piani diversi: prima su quello sociale e
poi su quello psicologico; quindi prima come categoria interpsichica (nella
relazione con gli altri) e poi come categoria intrapsichica (quando ha acquisito
del materiale per una propria indipendente capacità d’azione). L’esempio che
meglio chiarifica il processo di sviluppo è quello del bambino che tramite il suo
sguardo indica il proprio interesse verso un oggetto, e che tramite il gesto
dell’indicare esprime la propria volontà che non prende immediatamente forma.
In questo caso il suo gesto è trainato dalla percezione. Questo gesto è
transindividuale in quanto altri individui, ai quali non ha esplicitamente chiesto di
agire, comprendono il significato del gesto e completano l’azione che il bambino
aveva espresso.
‹‹Il significato non è dell'essere ma tra gli esseri, o piuttosto attraverso gli esseri:è transindividuale›› [IPC, 192].
Vygotskij spiega in questo modo come il riflesso trasformato in un gesto sia il
contesto transindividuale del processo di sviluppo del bambino. Tramite tale
passaggio da gesto a significato, si collegano uno sviluppo naturale con uno
sviluppo culturale. In questo modo ‹‹dal transindividuale emerge l’individuo,
perché alla fine il bambino giunge alla consapevolezza del proprio gesto››20. Ciò
che opera tra questi due momenti, cioè il transindivuale come fase interpsichica,
e l’individuale come intrapsichica, è l’operazione storico-sociale
dell’interiorizzazione.
‹‹Il linguaggio è strumento espressivo e veicolo di informazione, ma non creasignificati. Il significato non è una mera espressione, ma rapporto tra esseri; ilsignificato è relazionale, collettivo, transindividuale›› [IPC, 193].
Il passo successivo della teoria di Vygotskij è il ricongiungimento tra pensiero e
linguaggio, che struttura il pensiero verbale. Questo è ‹‹il punto di svolta
nell’ontogenesi della mente individuale, quando queste due distinte linee
evolutive si incontrano e danno vita ad un nuovo sistema storico-naturale, […] in
cui il linguaggio diventa intellettivo e il pensiero diventa verbale››21. Quindi il
pensiero verbale per Vygotskij è un’operazione naturale in quanto l’individuo è
predisposto a tale azione, ed è storico-culturale in quanto c’è un incontro tra dato
biologico e lingua, quindi tra universale e particolare. Il termine di questo
processo dello sviluppo è il linguaggio interno, ossia il pensiero verbale. Si può
quindi sintetizzare tale processo in fasi distinte in : linguaggio sociale, linguaggio
egocentrico e linguaggio interno. Solo con quest’ultimo passaggio è possibile lo
sviluppo delle funzioni psichiche superiori, che come abbiamo detto sono quelle
dell’autocontrollo, dell’intenzione e della volontà. Si noti come la volontà sia
l’esito di un processo e non un dato innato all’interno dell’individuo, e sia
20 Ivi, p. 265.21 Ivi, p. 266.
concatenata ad altri fattori che vengono innescati e raccolti tramite il contatto con
gli altri. Una visione che mette in discussione parecchie metodologie di
apprendimento, nonché di giudizio e di punizione. Secondo Vygotskij infatti ‹‹la
mente umana è il punto di arrivo di un processo di emancipazione dalle
condizioni naturali, ma anche da tutte le relazioni storico-sociali che si
presentano di fronte all’individuo come se fossero naturali. Il transindividuale
prende infine forma concreta e storica nell’individuo››22. L’ulteriore esito al quale
arriva Vygotskij è che l’individuo umano ha una potenzialità politica, creativa,
che non è originaria, ma che si struttura proprio lungo il processo di
interiorizzazione delle risorse sociali. Anche per Vygotskij è implicita una carica
potenziale dinamica all’interno dell’individuo, dato che il processo di sviluppo
non è mai compiuto definitivamente, perché il transindividuale è sempre più
ricco dell’individuo singolo, tanto da eccedere e tendere a una ricerca sempre
continua di nuove determinazioni e formazioni. Un ultimo elemento d’analisi
della teoria di Vygotskij è relativo all’attività creatrice dell’immaginazione,
messa in stretta relazione con l’esperienza acquisita da un individuo. È proprio
l’esperienza il materiale di cui si compongono le costruzioni della fantasia, e si
mostra come un’attività assolutamente indispensabile per tutte le altre attività
intellettuali umane.
Il percorso di Vygotskij ci ha indicato in che modo lo sviluppo di un essere
vivente è un processo di individuazione continuo, così come lo ha elaborato
Simondon. Quest' analisi ci ha dimostrato la valenza dei vari passaggi tra
pensiero, linguaggio, incontro con un collettivo e necessario processo di
concatenzione reciproca tra queste diverse variabili. Così come Simondon ci ha
presentato le fasi dell'essere in divenire, costituite dal preindividuale e dalle
reciproche individuazioni, psichica e collettiva.
Il percorso ontologico che Simondon ci ha esposto, è una struttura fluida che
indica una morale del soggetto né trascendente né immanente. Essa è piuttosto
22 Ivi, p. 269.
una mediazione costruttiva di cui il soggetto prende coscienza attraverso il
proprio agire, attraversando le problematiche e ristrutturando, nuovamente e
continuamente, sé e gli altri.
3.3 Etica del soggetto
‹‹È grazie all'etica che il soggetto resta soggetto, rifiutando di diventare individuoassoluto, ambito chiuso di realtà, singolarità separata. L'etica fa sì che il soggettopermanga in una problematica interna ed esterna sempre tesa, ossia in unpresente reale, vivendo nella zona centrale dell'essere, senza voler diventare néforma né materia. L'etica esprime il senso dell'individuazione perpetua, lastabilità del divenire in quanto divenire dell'essere preindividuato eindividuantesi››. [ IPC, 232].
La ricchezza sociale è transindividuale proprio perché non è proprietà di nessuno,
ma è propria dell’essenza umana. ‹‹Quando qualcuno si appropria del
transindividuale letteralmente si appropria di una potenzialità di esperienza
umana; e così è l’intera essenza umana ad essere sminuita. Il tema politico che
pone la questione del transindividuale è quindi quello della sua completa
accessibilità››23. Tutto ciò non solo evidenzia la portata significativa della teoria
dell’individuazione nell’ambito psico-sociale, ma mette in discussione anche
l’approccio formativo ed educativo a cui si dovrebbe tendere all’interno della
nostra società contemporanea.
Alla luce di tali acquisizioni, si può constatare quanto sia arretrato un certo
dispiegamento didattico all’interno delle scuole o delle università, o come negli
ambiti di ricerca, dove taluni presupposti ricalcano delle teorie già ampiamente
superate dalla ricchezza di questi nuovi parametri di studio e di analisi che
Simondon, e gli altri che abbiamo preso in considerazione, hanno fornito da
tempo.
23 Ivi, p. 271.
‹‹Il senso umano, l’umanità dei sensi, si formano soltanto attraverso l’esistenzadell’oggetto loro proprio, attraverso la natura umanizzata, L’educazione deicinque sensi è un’opera di tutta la storia del mondo fino ad oggi […] e così lasocietà già formata produce l’uomo in tutta questa ricchezza del suo essere,produce l’uomo ricco e profondamente sensibile a tutto come sua stabilerealtà››24.
Secondo Simondon, è grazie ad un etica del soggetto, intesa nelle ultime pagine
dell'Individuazione psichica e collettiva come società, ossia una comunità in
espansione, che si esprime una soggettività e non si rimane un individuo chiuso
nella propria singolarità separata dal resto della realtà. Un'etica che fa in modo
che il soggetto resti in una problematica interna ed esterna sempre in tensione.
Essa esprime il senso dell'individuazione perpetua dell'essere, esprime cioè il
divenire dell'essere preindividuato che continua ad individuarsi. L'individuo e
l'ambiente non sono che due fasi dell'essere che si mostrano nei processi di
individuazione.
Occorre pertanto rileggere Simondon quale alternativa a quell’ infruttuoso
destino che vede sempre più spesso gli specialisti di ciascun settore disciplinare
(soprattutto nel campo delle scienze umane) accapigliarsi gli uni contro gli altri,
pregiudicando la libera circolazione e l’interattiva relazione delle loro ricerche.
Si potrebbe forse intravedere, in questo, una sorta di procedimento votato
all’affermazione di una certa multimedialità dei saperi, se è vero che, con essa, si
intende generalmente quel metodo atto a fornire informazioni per mezzo di
combinazioni di diversi tipi di dati.
24 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, tr. it. a cura di N. Bobbio, Einaudi, Torino 2004, p.110.
Bibliografia
1.Scritti di Gilbert Simondon
Du mode d'existence des objets techniques, Paris, Aubier, 1958; ed.ampliata nel 1989.
L'individu et sa genèse physico-biologique, Paris, Puf, 1964; riedizioneMillon, 1995.
L'individuation psychique et collective, Paris, Aubier, 1989, tr. it. di P.Virno, L’Individuazione psichica e collettiva, DeriveApprodi, 2006.
L'individuation à la lumière des notions de formes et d'information, Paris,Millon, 2005, tr. it. a cura di G. Carrozzini, pref. di J. Garelli,L'individuazione alla luce delle nozioni di forma e informazione), vol.1,Mimesis, Milano 2011.
Deux leçons sur l'animal et l'homme, Paris, Ellipses, 2004. L'invention dans les techniques. Cours et conférences, Paris, Seuil, 2005. Cours sur la Perception (1964-1965), Chatou, Éditions de La
Transparence, 2006. Imagination et Invention (1965-1966), Chatou, Éditions de La
Transparence, 2008. Communication et Information. Cours et Conférences, Chatou, Éditions
de La Transparence, 2010.
2.Altri testi di lettura critica presi in considerazione:
E.Balibar, V. Morfino (a cura di), Il transindividuale. Soggetti, relazioni,mutazioni, Mimesis, Milano, 2014.
E. Balibar, La filosofia di Marx, tr. it. di A. Catone, Manifestolibri, Roma1994, Cfr. anche E. Balibar, Le contrat social des marchandise: Marx etle sujet de l’échange, in id., Citoyen sujet et autres essais d’anthropologiephilosophique, PUF, Paris, 2011.
A.Bardin, Gilbert Simondon. Studio della nozione di animalità: note perun’antropologia politica, Kath’autón, n.2, 2008.
A.Bardin, Gilbert Simondon: trascendentale e filosofiadell’individuazione, in G. Rametta (a cura di), Metamorfosi deltrascendentale. Percorsi filosofici tra Kant e Deleuze, CLEUP, Padova,2008, (tr. fr. Simondon: transcendantal et individuation in id., Lesmétamorphoses du transcendantal. Parcours multiples de Kant à Deleuze,Hildesheim - Zurich - New York, Olms, 2009.
A.Bardin, Epistemologia e politica in Gilbert Simondon. Individuazione,tecnica e sistemi sociali, FuoriRegistro, Valdagno, 2010.
G.Carrozzini, Gilbert Simondon: per un’assiomatica dei saperi.Dall'«ontologia dell'individuo» alla filosofia della tecnologia, San Cesariodi Lecce, Manni, 2006.
A.Cavazzini, Cellule, organismi, comunità. Il transindividuale della vitacontemporanee, Mimesis, Milano, 2014.
F.Cimatti, L'individuo è l'essere sociale. Marx e Vygostskij sultransindividuale, Mimesis, Milano, 2014.
G.Deleuze, Che cos’è un dispositivo, Cronopio, Napoli, 2010. P.Gambazzi, La forma come sintomo e l’idea come costellazione
problematica. Sul preindividuale e il trascendentale nella criticaall’ilomorfismo: Merleau-Ponty, Simondon, Deleuze (ma anche Plotino,Bruno, e Ruyer), “Chiasmi International n.7“, Merleau-Ponty. Vie etIndividuation, Vrin/Mimesis/Memphis U.P., 2005.
H.Marcuse, L’uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 2012. K.Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, tr. it. a cura di N.
Bobbio, Einaudi, Torino 2004. M.Mastropaolo, Una psicologia ingenua, Effigi Editori, Napoli, 2010. D.Noble, La musica della vita, tr. it. di S. Ravaioli, Bollati Boringhieri,
Torino, 2009. B.Spinoza, Etica. Trattato teologico-politico, Utet, Novara, 2013. J.D.Vincent, Biologie des passions, Odile Jacobs, Paris, 1998. P.Virno, Moltitudine e principio d’individuazione, in L'individuazione
psichica e collettiva (a cura di P. Virno), DeriveApprodi, Roma, 2001. P.Virno, Grammatica della moltitudine, DeriveApprodi, Roma, 2002.
P.Virno, Convenzione e Materialismo, DeriveApprodi, Roma, 2010.
3.Articoli e saggi reperibili su internet:
G.Amendola, Il primato della relazione, 2014, 13/10/2014.http://www.sinistrainrete.info/teoria/3757-giso-amendola-il-primato-della-relazione.html G.Corazzini, Perché rileggere oggi Simondon ,filosofo della tecnica,2013, 13/10/2014http://www.rivistadipsicologia.it/perche-rileggere-simondon-oggi,filosofo-della-tecnica.html R.Esposito, Perchè siamo diventati tutti transindividuali, 2014,13/10/2014.http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/04/14/perche-siamo-diventati-tutti-transindividuali.html P.Virno, Leggere Gilbert Simondon, in Multitudes. 13/10/2014.
http://www.multitudes.net/Leggere-Gilbert-Simondon/ P.Virno, Moltitudine e principio di individuazione, 2001, 13/10/2014.http://www.filosofia.it/images/download/essais/Virno_2_individuazione-general_intellect.pdf S.Zanobetti, Per un’etica transindividuale:la relazione come immanenza,13/10/2014.http://www.ladeleuziana.org/wp-content/uploads/2014/05/141-148-PDF.pdf