Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi 1 Indice Pagina Premessa 3 Introduzione 4 1. Stakeholder Engagement 5 1.1) La Teoria degli Stakeholder 5 1.2) Classificazione degli Stakeholder 6 1.3) Lo Stakeholder Engagement 7 1.3.1) Definizione ed elementi generali 7 1.3.2) Implementazione 8 1.3.3) Benefici e rischi 10 1.4) Stakeholder Engagement nelle università 10 1.4.1) Identificazione e classificazione degli Stakeholder nelle università 10 1.4.2) Il “modello di Mitchell” applicato alle università 13 2. Social media per lo Stakeholder Engagement 15 2.1) Social media 15 2.2) Social network 16 2.3) Come utilizzare i social media 16 2.4) Perché le università utilizzano i social media 18 2.5) Facebook e Twitter 18 2.5.1) Facebook 18 2.5.2) Twitter 20 3. Ricerca su social media e Stakeholder Engagement nelle università 22 3.1) Metodologia 22 3.1.1) Content analysis 22 3.1.2) Descrizione della ricerca 23 3.2) Caratteristiche del campione utilizzato 26
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Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
1
Indice
Pagina Premessa 3
Introduzione 4
1. Stakeholder Engagement 5
1.1) La Teoria degli Stakeholder 5
1.2) Classificazione degli Stakeholder 6
1.3) Lo Stakeholder Engagement 7
1.3.1) Definizione ed elementi generali 7
1.3.2) Implementazione 8
1.3.3) Benefici e rischi 10
1.4) Stakeholder Engagement nelle università 10
1.4.1) Identificazione e classificazione degli Stakeholder nelle università 10
1.4.2) Il “modello di Mitchell” applicato alle università 13
2. Social media per lo Stakeholder Engagement 15
2.1) Social media 15
2.2) Social network 16
2.3) Come utilizzare i social media 16
2.4) Perché le università utilizzano i social media 18
2.5) Facebook e Twitter 18
2.5.1) Facebook 18
2.5.2) Twitter 20
3. Ricerca su social media e Stakeholder Engagement nelle università 22
3.1) Metodologia 22
3.1.1) Content analysis 22
3.1.2) Descrizione della ricerca 23
3.2) Caratteristiche del campione utilizzato 26
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3.3) Analisi per tipo di contenuto 26
3.4) Analisi secondo i feedback ricevuti 29
3.4.1) Analisi overall 29
3.4.2) Analisi tipo di feedback – tipo di post/tweet 29
3.5) Analisi per risposte delle università 31
3.6) Analisi per risposte degli utenti ad altri utenti 32
3.7) Analisi per tono commenti 33
3.7.1) Analisi tono commenti – tipo di post/tweet 33
3.7.2) Analisi tono commenti per singola università 34
Conclusioni 36
Bibliografia 38
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
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Premessa
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione della mia Tesi.
Ringrazio il mio Relatore, il Prof. Giacomo Manetti, per avermi dato la possibilità di svolgere
questo lavoro sotto la sua guida e per la professionalità e la cordialità che ha avuto sia
nell’aiutarmi a redigere la Tesi, sia nell’insegnamento dei corsi di “Economia Aziendale” e di
“Contabilità e Bilancio”.
Ringrazio il mio Co – Relatore, il Dott. Marco Bellucci, per il sostegno e per i suggerimenti che mi
ha dato nella scrittura di questo lavoro.
Ringrazio infine tutte le persone che mi sono state vicine in questi 3 anni, in particolare i miei
genitori, Maria Teresa ed Alessandro, e tutti i “colleghi – amici” con i quali ho condiviso un
percorso che, senza di loro, sarebbe stato sicuramente meno bello.
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Introduzione
Questa trattazione ha l’obiettivo di approfondire le modalità attraverso cui le università di
rilevanza internazionale utilizzano i social media per lo Stakeholder Engagement e di fornire
proposte su come dovrebbe svilupparsi questa attività nei prossimi anni. La stesura di questo
lavoro è stata preceduta da una ricerca empirica sui profili ufficiali Facebook e Twitter di 40 tra i
più prestigiosi atenei al mondo, da cui sono stati estrapolati ed analizzati un totale di 1327 post e
1578 tweet. La trattazione è suddivisa in tre capitoli, seguiti da una breve conclusione.
Nel primo capitolo, dopo un’introduzione sulla Teoria degli Stakeholder e sull’identificazione e
classificazione dei portatori di interessi di un’organizzazione, viene approfondito il processo di
Stakeholder Engagement. Vengono in particolare descritti l’evoluzione storica dei rapporti tra
l’azienda e i suoi Stakeholder, i vari metodi di coinvolgimento e i potenziali benefici e rischi. Il
focus si sposta poi sulle università, individuando gli Stakeholder specifici di questa particolare
organizzazione e proponendo modelli di categorizzazione.
Nel secondo capitolo vengono trattati i social media. Viene data una definizione analitica di “social
media” e viene proposta la classificazione in 6 categorie di Kaplan e Haenlein (2010). Vengono poi
date una serie di indicazioni su come utilizzare questi strumenti al meglio e sono esposte le
motivazioni per cui le università debbano oggi essere necessariamente presenti sui social media.
Infine viene fatto un approfondimento su Facebook e Twitter.
Il terzo e ultimo capitolo elabora i dati raccolti nella ricerca. Dopo aver esposto la metodologia
della ricerca, effettuata seguendo i princìpi della “content analysis”, sono riportate una serie di
analisi relative ai principali aspetti dell’interazione degli utenti sugli account ufficiali delle
università del campione, corredate da una serie di grafici e tabelle a titolo esemplificativo.
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1. Stakeholder Engagement
1.1) La Teoria degli Stakeholder
Il termine “Stakeholder” significa letteralmente “to hold a stake”, ossia “detenere un interesse”
(Pubblica Amministrazione di Qualità, 2013). É stato definito in ambito accademico per la prima
volta nel 1963 dallo Stanford Research Institute, secondo il quale sono Stakeholder i “gruppi che
forniscono supporto essenziale ed interagiscono con l’ente impresa” (Viviani, 2006). Il concetto di
Stakeholder si è però diffuso solo nel 1984 con il lavoro di Robert Edward Freeman, il quale è
considerato l’ideatore della cosiddetta “Teoria degli Stakeholder.” Secondo Freeman è uno
Stakeholder qualsiasi individuo o gruppo che può influenzare un’organizzazione o può essere a sua
volta influenzato dalle attività dell’organizzazione stessa (Mitchell R. K., Agle B. R., Wood D. J.,
1997).
Prima dell’avvento di questa Teoria le organizzazioni erano caratterizzate da una “stockholder (o
“shareholder”) view”, un approccio secondo cui l’attività d’impresa deve tendere esclusivamente
all’interesse degli azionisti, ossia alla realizzazione del massimo profitto. La Teoria di Freeman è
fondata invece sulla cosiddetta “stakeholder view”: l’organizzazione deve avere un “rapporto
fiduciario” con tutti i suoi portatori di interessi, i quali non sono più visti come semplici mezzi per il
perseguimento degli utili, ma come veri e propri fini a cui deve tendere l’attività d’impresa
(D’Orazio, E., 2003).
La “Teoria degli Stakeholder” è stata ripresa e sviluppata da molti studiosi, il più importante dei
quali è forse Max B. E. Clarkson. Clarkson ha dato una definizione di Stakeholder più specifica
rispetto a quella di Freeman, affermando che sono Stakeholder le “persone o gruppi che hanno (o
che hanno diritto di avere) diritti o interessi in una organizzazione e nelle sue attività passate,
presenti o future” (Clarkson, M. B. E., 1995).
Questo studioso propone inoltre una distinzione tra Stakeholder primari e secondari. Sono primari
tutti quei soggetti che hanno una relazione diretta con l’organizzazione, ossia tutti coloro che
forniscono all’azienda i capitali finanziari e umani necessari al mantenimento dell’attività
(Romenti, S., 2008). Gli Stakeholder primari così definiti sono pertanto gli investitori, gli azionisti, i
dipendenti, i clienti, i fornitori, i regolatori e la comunità. I portatori di interessi secondari sono
invece coloro che sono influenzati dalle attività dell’organizzazione e/o le influenzano a loro volta,
ma che non sono impegnati in transazioni dirette con l’azienda. Esempi di Stakeholder secondari
sono i media e i gruppi di interesse (Clarkson, M. B. E., 1995).
Non è possibile individuare un elenco generico di Stakeholder che sia valido per tutte le aziende, in
quanto i soggetti che influenzano o sono influenzati da un’organizzazione saranno diversi a
seconda del core business dell’impresa e della sua collocazione geografica (Krick, T., Forstater M.,
Monaghan P., Sillanpää M., 2005).
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Secondo Krick, Forstater, Monaghan e Sillanpää (2005) gli Stakeholder possono essere individuati
utilizzando 5 variabili:
1. Responsabilità: figure verso le quali l’organizzazione ha, o potrebbe avere in futuro,
2. Influenza: soggetti che possono, o che potranno, incidere sull’efficacia dell’organizzazione,
ossia sulla capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati;
3. Vicinanza: individui o gruppi con cui l’organizzazione interagisce molto frequentemente, a
volte anche a causa di una prossimità anche fisica alla sede operativa dell’azienda;
4. Dipendenza: soggetti con un alto grado di dipendenza dall’organizzazione, come i
lavoratori dell’azienda;
5. Rappresentanza: figure che, con diversi livelli di formalizzazione, hanno il compito di
rappresentare delle persone, ad esempio le rappresentanze sindacali.
1.2) Classificazione degli Stakeholder
Gli Stakeholder non hanno tutti la stessa importanza, pertanto è importante che, una volta
identificati, siano anche classificati. Per fare ciò è comune utilizzare un modello a matrice a due
variabili: “interesse” e “potere.” L’interesse dello Stakeholder verso una determinata impresa è
situato sull’asse delle x, mentre sull’asse y è espresso il potere, ossia il grado di influenza che ha lo
Stakeholder verso l’impresa (Caracciolo, S., 2008).
Con questa matrice si individuano quindi 4 tipologie di Stakeholder, a seconda dei valori assunti
dalle 2 variabili:
1) Stakeholder Marginali (basso interesse/basso potere): sono i soggetti meno importanti,
vengono informati tramite comunicazioni di tipo generale non indirizzate specificatamente
a loro (Morphy, T., 2015).
2) Stakeholder Istituzionali (basso interesse/alto potere): sono gli individui e i gruppi che
esercitano una funzione di supporto e/o di controllo. Spesso hanno l’obiettivo di
aumentare il loro grado di influenza in modo tale da diventare Stakeholder Chiave.
3) Stakeholder Operativi (alto interesse/basso potere): sono le figure che sono coinvolte in
maniera significativa nell’impresa, ma che hanno però scarso potere decisionale.
4) Stakeholder Chiave (alto interesse/alto potere): come suggerisce il nome sono gli
Stakeholder più importanti, infatti hanno sia un forte interesse verso i risultati
dell’organizzazione, sia un alto potere decisionale (Caracciolo, S., 2008).
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Figura 1: Matrice di classificazione degli Stakeholder P
OTE
RE
ALT
O
STAKEHOLDER ISTITUZIONALI (Meet their needs)
STAKEHOLDER CHIAVE (Key players)
BA
SSO
STAKEHOLDER MARGINALI (Least important)
STAKEHOLDER OPERATIVI (Show consideration)
BASSO ALTO
INTERESSE
Fonte: adattato da Caracciolo, S. (2008), Gli Stakeholder di progetto, e da Morphy, T. (2015), Stakeholder Analysis, Project Management, templates and advice.
1.3) Lo Stakeholder Engagement
1.3.1) Definizione ed elementi generali
Dopo aver individuato e classificato gli Stakeholder di un’organizzazione è importante che essi
vengano coinvolti, per questa ragione sta acquisendo sempre più rilevanza il processo di
Stakeholder Engagement. Il termine inglese “Engagement” può essere tradotto in italiano con la
parola “coinvolgimento”, quindi da questo punto della trattazione in poi il vocabolo inglese e
quello italiano saranno utilizzati come sinonimi. L’Engagement può essere definito come l’insieme
degli sforzi “compiuti da un’organizzazione per comprendere e coinvolgere gli Stakeholder e le
loro aspettative nelle proprie attività e nei processi decisionali” (Krick, T., Forstater M., Monaghan
P., Sillanpää M., 2005).
L’Engagement include i processi di individuazione, mantenimento e sviluppo di relazioni con gli
Stakeholder. I principi ISO 26000 per la responsabilità sociale definiscono lo Stakeholder
Engagement come tutte le attività che sono intraprese per “creare opportunità di dialogo tra
un’organizzazione e uno o più Stakeholder con l’intento di fornire una base adeguata per le
decisioni organizzative” (O’Riordan, L. e Fairbrass, J., 2013).
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UNI ISO 26000 è un insieme di linee guida che sono state pubblicate il 1° novembre 2010 e che
hanno lo scopo di “aiutare le organizzazioni a contribuire allo sviluppo sostenibile, di incoraggiarle
ad andare al di là del mero rispetto delle leggi, di promuovere una comprensione comune nel
campo della responsabilità sociale e di integrare altri strumenti e iniziative per la responsabilità
sociale.” Essendo linee guida e non norme non possono essere certificate da terzi, quindi nel caso
in cui l’organizzazione intenda seguirle la loro effettiva implementazione sarà valutata dagli stessi
Stakeholder (Unioncamere, no anno).
1.3.2) Implementazione
Da quando Freeman sviluppò la “Teoria degli Stakeholder” nel 1984 ad oggi il livello e le tecniche
di coinvolgimento degli Stakeholder sono profondamente cambiati. L’evoluzione dello Stakeholder
Engagement può essere idealmente distinta in tre generazioni. Nella prima le organizzazioni si
limitano a rispondere alle pressioni dei vari portatori di interessi per scongiurare una perdita di
reputazione. Nella seconda fase si comincia ad implementare un approccio più attivo,
caratterizzato dalla maggiore partecipazione degli Stakeholder. In questi ultimi anni, nelle
organizzazioni più all’avanguardia, si sta invece affermando il modello dell’inclusione dei principali
Stakeholder nei processi decisionali (Hoffmann, C. P., Lutz, C., 2014).
Mentre in passato gli Stakeholder venivano coinvolti solo per limitare e risolvere dei conflitti sorti
tra essi e l’azienda stessa, oggi molte organizzazioni considerano lo Stakeholder Engagement
fondamentale per la competitività dell’azienda. Le imprese di maggior successo implementano una
forte strategia di coinvolgimento degli Stakeholder, nell’ottica di assumere decisioni strategiche
migliori, di apprendere e di innovare (Krick, T., Forstater M., Monaghan P., Sillanpää M., 2005).
Alcune organizzazioni tendono ad interpretare l’Engagement come una relazione a una via, in cui
l’organizzazione si limita a comunicare le decisioni intraprese agli Stakeholder senza includerli nel
processo decisionale (Foster, D., Jonker, J., 2005). Implementare un buon processo di Stakeholder
Engagement, invece, non significa semplicemente coinvolgere gli Stakeholder soddisfacendo o
riducendo le loro aspettative, ma significa includere i vari portatori di interessi nel processo
decisionale, creando un network di responsabilità reciproca tra gli Stakeholder e l’organizzazione
in cui confrontarsi e condividere informazioni (Manetti, G., Bellucci, M., Bagnoli., L, 2016). Uno
Stakeholder Engagement a due vie richiede una forte disponibilità al confronto, sia da parte
dell’organizzazione sia da parte dei vari portatori di interessi (Rinaldi, L., 2013).
La base dello Stakeholder Engagement è la comunicazione, definita come “quella forma di
interazione in cui i piani di azione dei vari soggetti sono coordinati attraverso lo scambio di atti
comunicativi orientati alla comprensione reciproca”. Questa definizione non esclude l’ipotesi che
uno Stakeholder operi per perseguire fini personali, in tal caso l’azione sarà stata comunque
preceduta da un confronto con l’organizzazione (Foster, D., Jonker, J., 2005).
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Krick, Forstater, Monaghan e Sillanpää (2005) propongono di suddividere idealmente i livelli di
Engagement in otto classi, e per ognuna di queste categorie i metodi di coinvolgimento
implementati saranno diversi. Più il grado di Engagement sarà alto, più la comunicazione sarà
effettivamente bidirezionale.
Figura 2: livelli di Engagement, tipi di comunicazione e metodi di coinvolgimento
Livelli di coinvolgimento
Tipi di comunicazione Metodi di coinvolgimento
Restare passivi Nessuna comunicazione attiva Preoccupazioni degli stakeholder espresse attraverso siti web, media o lettere e pressione su enti di vigilanza
Monitorare Unidirezionale: Stakeholder azienda
Analisi dei media e di Internet
Informare Unidirezionale: azienda Stakeholder
Bollettini e lettere. Brochure, report e siti web. Discorsi, conferenze, interviste, presentazioni pubbliche e pubblicità
Trattare Limitatamente bidirezionale Partnership pubblico-privato, iniziative di finanza privata, sovvenzioni
Consultare Mediamente bidirezionale (“l’impresa domanda e gli Stakeholder rispondono”)
Social media, indagini, focus group, valutazioni sul luogo di lavoro, meeting individuali, incontri pubblici e workshop
Coinvolgere Bidirezionale
Forum multi-stakeholder, comitati consultivi, processi di costruzione del consenso, sistemi di partecipazione ai processi decisionali, social media
Collaborare Fortemente bidirezionale Progetti in comune, iniziative, partnership
Autorizzare L’organizzazione delega alcuni processi decisionali agli Stakeholder
Integrazione degli stakeholder nelle strutture di Governance
Fonte: adattato da Krick, T., Forstater M., Monaghan P., Sillanpää M. (2005). Il Manuale dello Stakeholder Engagement. Volume 2: Il manuale per il professionista dello Stakeholder Engagement. AccountAbility, United Nations Environment Programme, Stakeholder Research Associates. 26
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1.3.3) Benefici e rischi
Secondo Cantù (2014) un buon processo di Stakeholder Engagement può portare
all’organizzazione diversi benefici:
- una migliore comprensione dell’ambiente in cui opera l’organizzazione;
- un aumento della legittimazione sociale;
- una maggiore consapevolezza di quali siano i bisogni e le aspettative degli Stakeholder;
- una più alta capitalizzazione delle relazioni con le risorse interne (dipendenti) ed esterne
(fornitori, clienti e comunità) dell’organizzazione.
Un valido coinvolgimento può favorire inoltre uno sviluppo più equo e sostenibile e una migliore
gestione del rischio, sia attraverso la costruzione di un rapporto di fiducia tra l’organizzazione e i
portatori di interessi, sia tramite lo sviluppo della reputazione aziendale (Confetto, M. G., 2016).
L’effettivo conseguimento di tutti o anche solo di alcuni di questi vantaggi è molto importante per
l’organizzazione. Henisz, Dorobantu e Nartey (2014) hanno infatti dimostrato nel loro studio che
una buona cooperazione con gli Stakeholder aumenta la valutazione finanziaria dell’impresa.
Lo Stakeholder Engagement espone però l’organizzazione anche ad alcuni rischi, come la perdita di
parte del potere decisionale a favore degli Stakeholder più influenti, la perdita di tempo e/o
denaro e la formazione di conflitti (Brunswick Insight, 2013).
1.4) Stakeholder Engagement nelle università
1.4.1) Identificazione e classificazione degli Stakeholder nelle università
Negli ultimi 30 anni la struttura e il business model delle università sono molto cambiati. Amit e
Zott (2001) affermano che un business model definisce il contenuto, la struttura e la governance
dell’organizzazione progettati per creare valore attraverso lo sfruttamento delle opportunità di
business. Lo sviluppo della cosiddetta “economia della conoscenza” sta portando le università ad
avere un ruolo sempre più centrale per lo sviluppo e l’innovazione del territorio di appartenenza e,
di conseguenza, ad aumentare le relazioni con gli Stakeholder (Miller, K., McAdam, M., McAdam.,
R., 2014).
In passato le università coinvolgevano un numero ridotto di categorie di Stakeholder,
principalmente studenti, professori, amministratori, donatori e organizzazioni accreditate. Lo
Stakeholder Engagement nelle università avviene oggi invece con un numero ben maggiore di
soggetti (Burrows, J., 1999).
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Figura 3: Categorie di Stakeholder per le università
Categoria di Stakeholder Principali gruppi di Stakeholder inclusi
nella categoria
Governmental entities Enti governativi Governo nazionale, Consiglio di