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IL CINABRO Via Crociferi, 54 95124 Catania Tel. e Fax (095)
322150
Finito di stampare nel mese di aprile 1994 dalla ZangaraStampa -
Siracusa
ln copertina: AFFRESCHI DI SAN MARCO Firenze -
Trasfigurazione
E NEL
SILVANO PANUNZIO
IL VISIBILE L'INVISIBILE CRISTIANESIMO
Metafisica del Credo
IL CINABRO
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l. OLTRE I CONFINI I punti che debbo trattare sono tre in uno:
il visibile
e rinvisibile nel Cristianesimo, ossia nel Cristo; S.
Fran-cesco, ossia, come detto nel Medioevo, l'alter Christus; Padre
Pio, ossia, come da me formulato, l'idem Christus.
* * *
Far alcune premesse pi o meno brevi: e poi la con-clusione
essenziale risulter brevissima e sintetica, pro-prio in virt delle
analisi filologiche e spirituali che hanno aperto la via e condotto
alla meta 1.
Anzitutto una premessa metodologica. Tra qualche mese compir
sessanta anni. Ma non
qui in Italia. In Oriente. Ho cio sulle mie spalle - la Dio merc
- un sessantennio di ispirazioni e meditazio-ni, studi e ricerche,
percorso su tutte le fonti dell' Annun-zio cristiano, unitamente ai
testi sacri, alle tradizioni e al-le scuole dell'intero Oriente
asiatico. Preciso che per gli Antichi anche l'Egitto era Asia, la
quale terminava alla depressione di Al Qattara, all'incirca verso
l'odierna Marsa Matruk. (Il che sottintende un'antica unit
territo-riale prima che esistesse Suez).
Questo che chiamo "orientalismo cristiano", il cui
1. Conferenza tenuta il4 Luglio 1992, a S. Giovanni Rotondo, per
un Convegno_ for-mativo sull'impegno cristiano che si svolgeva in
quei mistici luoghi. Il suo sottotitolo portava, appunto: Padre Pio
"novus Franciscus" .
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Cerchiamo allora di rimettere in piedi la questione alla luce
del Simbolismo universale e della Metafisica dell'Oriente asiatico,
ivi inclusi Egitto e Israele.
Che s'intende per Adm? L'Uomo Universale, ovve-ro la piu
completa proiezione di Dio oltre il cosmo fisico. Questa
Manifestazione dell'Essere, una volta evolvendo-si nel Cosmo,
giunger prima a sdoppiarsi in Eva (la "Vi-ta") e quindi a
moltiplicarsi in modi di essere sempre de-crescenti. Il Serpente
simboleggia, appunto, con la sua spirale, l'evoluzione cosmica
discendente. E la mela? L'intellettualismo rabbinico lo spiega: la
mela tonda co-me la Terra, la mela dunque la Terra offerta ad Eva
che la preferir al Cielo, origine di Adamo.
Il resto chiaro ed noto. Ma il processo per intero si svolto in
miliardi di anni. E Ges, il Cristo Eterno, ancora piu antico, anzi
senza inizio e senza fine (i Fari-sei: Chi credi di essere? il
Principio, Gv VIII-25). Perci i fatti di Palestina, dei Patriarchi,
di Caino e Abele e dello stesso Adamo terrestre, sono infinitamente
trasce-si: e il Cristo non pu essere limitato a fare_ il portatore
del fardello umano per riscatto tribunalizio. E troppo Ro-co.
Mentre il suo dono agli uomini molto molto maggiO-re di questo,
come si dir vedr. . . , . .
Ripulito e restaurato Il c1 s1 puo d1 nuovo In-contrare tra
Oriente e Occidente. E. soprattutto co? l'Egitto e l'India che
sono, nella fase del nostro Cl-do, le radici e le madri dell'intera
Scienza Sacra del glo-bo. , l'E d Mi si potr domandare cosa c gitto
a -d . l'Ind1'a col Vangelo Potrei parlarne con dtmo-tnttura . . d'
strazioni per giorni e giorni. M1 s1 1
a due elenchi di prove tratti da quella scienza de1 appena, . h'
. . l l' Eb . Nomi in cui eccelsero gli Anuc 1, 1? partico are g 1
re1, h l. Padri della Chiesa tennero m grande onore anche e c e . d
., Il' l' er il Testamento Nuovo, nentran o, c1o, ne evange 1co
Pc dono delle lingue"
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Il. EGITTO Basta l'.Antic.o e si trover una
tinua osmosl tra 1 Patnarch1 ebret e la terra dei Fara _ con . .
. l o ni Mos, po1, era eg1z1ano a meno per met. Secondo M.anetone,
aut,? re. nel. di una "Sto-. dell'Egitto d1 cm s1 serv1ra Flav1o
G1useppe Mos na d d' O 'd 11 ' un sacer ote 1 s1n e scampato a e
persecuzioni
era tro il Faraone solare e riformatore Akhnaton, il qua-con 'd
. . . h l pu ben cons1 erars1 un protocnsttano anc e piu di Mos. Il
suo Inno al Sole parafrasato quasi alla lettera dal Salmo (103).
addirittura il vero nome d1 Mose: .. precnsttano Strabo-ne massimo
geografo dell ant1ch1ta, conferma tale noti-
Pu essere interessante sapere che l'ebreo moderno Sigismondo
Freud, osservando e a lungo Mos di Michelangelo, concluse
esphcuamente: (
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la demotica o popolare (le prime due erano: la gero-glifica, o
ieratica, o sacerdotale). (" Mose la figlia Kuscita di ]etr
.sua. ), oss1a dt un personaggio che nel centro sacro Euop1a
arcaica- ispiratrice dello stesso Egitto d al Melchisedech biblico.
Questi, sacerdote
el Alusstmo (El Elyn), tramite di un Sacerdozio che precede
tutte le Religioni e si tramanda
dali Creazione, della Terra e dell'Uomo. . Al prmc1p1o del
Vangelo di Matteo si riporta l'adora-
d t Magi che provengono "dagli Orienti" .plurale, non
dall'Oriente) ossia dai Centri
d.el.l 'Etiopia, della Persia-Babilonia, dell Indta. La
trad1z10ne ha infatti conservato i tre nomi Meclch-or ("re di
_luce", il piu simile a Melchisedech) thasar e Gaspare, Il quale
ultimo indica strettamente una voce e una gente indiana. La
venerata e stimmatizzata
Emmerich- colei che seppe intiicare con la Cas.a della B. V. in
Efeso, solo dopo sco-perta sostenne che un giovane del cor-teo di
in . Palestina e che accompagn N. S. per alcum mesi m India
allorch, dopo la resurrezio-ne di Lazzaro, si era decisa la
condanna di Lui a morte. C' effettivamente un lasso di tempo tra il
miracolo di Betania, la scomparsa di Ges, e la sua riapparizione
fina-le in Gerusalemme.
Ben noto il rifugio della Sacra Famiglia in Egitto e la profezia
di Osea ricordata con intenzione non solo ester-na, ma interna,
dall'evangelista Matteo: dall'Egitto ho chiamato il mio Figlio
(II-15). Ultima pennellata: Qu-an-do gli Apostoli e i Discepoli si
recarono a evangelizzare l'?gitto trovarono che il Cristianesimo vi
era gi stato im-piantato! Come, e da chi?
lO
III. INDIA Ab-ram indica nel modo piu chiaro e piu netto il
"ci-
clo diRama", ossia dell'Impero Universale ario creato ot-to
millenni avanti Cristo ed estendentesi fino all'Egitto e
all'Europa, dalla quale erasi inizialmente mosso. Questa radicale
arcaica Ram si ritrova non a caso nel nome Ram-ses, cio della
dinastia sotto cui l'Egitto raggiunse il mas-simo fastigio; e si
ritrova nella tribu dei Ram-nensi, la piu autorevole nella
fondazione di Ram-Roma. noto che la popolazione degli zingari,
fuoriuscita dall'India, indica con Rom l'Uomo. Si ricordi Romolo.
Persino nell'odierno Islm ritroviamo questa radice arcaica nel
liturgico Rama-dn. Rama era partito dal centro nord dell'Europa: e
an-che oggi, in tedesco, Ramm designa l'Ariete, e cosi anche
l'inglese Ram. L'Ariete era appunto il simbolo diRama; e, del
resto, la voce ebraica El, impiegata per il Nome Di-vino,
simboleggia il grande montone solare che tutti supe-ra. L'Agnello,
oltre il simbolismo pasquale anche il con-trassegno, nel Tibet, del
Dalai Lama e, prima ancora, dell'Apocalisse di S. Giovanni.
Ab, ossia "padre", nella Lingua sacra arcaica indica un
missionario di Rama e dei suoi successori. Infatti Abramo non era e
non poteva essere ebreo in quanto il progenitore degli Ebrei e
degli Arabi. Geograficamente proveniva da Ur (fuoco) citt dei
Sumeri: questi, tremila anni a. C h. rappresentano una stirpe
speciale alla con-fluenza territoriale ed etnica dei Semiti e degli
Ariani. E Abramo nella sua prima migrazione si ferm ad Ha-ram (onde
gli A-ramei).
Si deve umilmente, apprendere a voce "ai piedi del rabbl", del
(U-pan-shad, cfr. il latino "sedeo",
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indica parimenti in India chi "siede accanto a lui" gli
i?segnamenti interiori trasmessi).
PIU alto ce l offre la Maddalena ai piedi di Gesu' add' . il . '
lrlt-tn s, enz1o. bastava la Divina Presenza (la Sheki-nah), cos1
come pm avver per gli adoratori e le adoratrici del Sacramento
Eucaristico.
. Anch'io sono stato ai piedi del mio Gamaliele, Ga-chiamo
scherzosamente; provenuto
dagh hasszdzm della Polonia austriaca, trattasi di Israel
Zoller., pm a Trieste, Israele Zolli, e infi-
a Roma, 1n omaggio a Pio XII, Eugenio Zolli. Ricono-scmt? come
un? dei massimi biblisti dei nostri tempi, fu rabb1?o-capo d1 Roma.
Una volta battezzato, spieg che non Sl era banalmente "convertito"
ma che era "arriva-
cio era giunto a l'Atteso dei suoi pa-dn. Sta dt fatto che molte
formule di base non si trovano nei libri. Egli invero mi ha
insegnato a scrutare le "Ge-nealogie'', elenchi fastidiosi e
creduti insignificanti che i biblisti cristiani, in ispecie
moderni, saltano a pi pari. 1:1a Luca, applicando l'insegnamento
superiore rabbinico, ct d, soprattutto, la chiave di volta del
mistero messiani-co, facendo risalire Gesu a Dio e ad Adm (onde il
fatidi-co ed enigmatico ben Adm che non affatto il "figlio
dell'Uomo" della versione greca). Seguendo Luca, ridi-scendiamo a
No, a Seme ad Arphaxd presentato qui co-me figlio di Sem pur se il
senso dell'accomunamento al-tro.
Il piu grande semitologo dell'Ottocento - non an-cora superato
almeno in quanto filologo - Ernesto Re-nan, in un suo libro tecnico
sulla filologia semitica compa-rata, spiega che l'importantissimo
nome Arphaxd indica sia un luogo sia una gente del Pamir; era l che
Semiti e Ariani formavano ancora un ceppo unico, donde,
sepa-randosi, si diramarono verso Est o verso Ovest. Ecco di nuovo
l'India e il Vangelo. La stessa voce Arphaxd pu avere due
interpretazioni, una indoeuropea con Ar, l'altra semitica e
mediterranea arcaica richiamante Or-feo (chi guarisce raf mediante
la luce or). Tale reincontro lingui-
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stico semitico-ariano si ritrova innmeri volte. Un esem-pio.
A-ram detto figlio di Sem: eppure appare nuova-mente con lui la
voce Ram. E gli Aramei finirono con l'identificarsi con gli
abitanti della Siria; orbene Surya , in sanscrito, il Dio Sole dei
Veda. L'aramaico palestinese , ricordiamolo, la lingua in cui si
esprimeva il Signore Ges, Sole di Giustizia. No, simbolo
dell'umanit scam-pata al diluvio dell'Atlantide (circa dieci
millenni a.Ch.), ebbe simbolicamente tre figli: Cam, onde i Camiti
Egizi, Sem, onde i Semiti, cio gli Accadiani, gli Ebrei, infine gli
Arabi, e Jafet, onde gli Ariani Indoeuropei. Il nome Jafet,
interpretato nel Genesi come "colui che si allarga", rkompare
persino nel tipico accento e?raico al-larga il suono vocalico. E la
stessa radtce del dto egtztano Fta, l'Immenso. E nella guarigione
del sordomuto_ (Mc VII-34) Ges pronunzi in aramaico: Effat, apriti.
E ad-dirittura la formula, si dovrebbe dire "giapetica',
perpe-tuata nel Battesimo Cristiano! Quanto a Giaffa-Joppe, fu una
delle piu antiche citt del mondo fondata da J afet. li che Pietro
la resurrezione, eb?e l.a visione relativa a Corneho, centunone
della coorte ttali-ca indi il comando dell'universale predicazione
evangeli-ca: Non a caso a Joppe, porto di Gerusalemme, no i cedri
del Libano che il re di Tiro, Hiram, formva per il Tempio. Secondo
la profezia di N.o, Jafet, "estenden-dosi" avrebbe abitato nelle
tende dt Sem.
E torniamo al cuore del V angelo. Chi era il Precurso-re
Giovanni? Inizialmente si era formato anche lui, come piu tardi
Stefano, .nel Centro essenic
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dente, di punto in bianco, a battezzare nel Giordano. Ma donde
proveniva questo rito del battesimo? Niente e nes-suno, nell'Antico
Testamento, parla di battesimo nelle acque e lo mette in pratica.
Senza entrare nel merito dei differenti valori, un fatto che la
forma di questo rito quella tipicamente indiana di immersione nel
Gange. Del resto, una viva sorpresa ci coglie rileggendo con
attenzio-ne i sempre occulti inizi del Vangelo di Matteo, in cui il
velato accenno a Rama di Betlemme (Il-18). Scrutando la storia di
Rachele ("pecora di Dio"), di suo padre Labano ("il bianco") nipote
di Ab-ram, si conferma l'unit ance-strale di semiti e ariani nel
ciclo "polare" di Ram. Infatti sono velati, nel simbolo, tanto le
connessioni con la tradi-zione adamica ovvero rossa-atlantida (Adm
significa "rosso") quanto le rinnovate prese di contatto "polari"
con la bianca tradizione iperborea: i venti anni di Giacob-be
presso Labano (Albano), la sua fuga e la riconciliazione finale in
Galaad. Non a caso Caterina Emmerich avrebbe visto che Elia sarebbe
stato rapito e trasportato sulla "montagna dei Profeti" che si
troverebbe su una cima nascosta e inviolata dell'Himalaya. Un
ultimo dettaglio: il nardo con cui la Maddalena profum il corpo del
Signore pianta che cresce solo sulle pendici himalayane.
Concludo questa rapsodia rammentando che Dante, nel canto
dedicato a Francesco, non a caso nomina il Gange. Sempre "legati
con amore in un volume" Oriente e Occidente, India e
Mediterraneo.
Mi si perdoni la digressione linguistica fin qui com-piuta e che
in parte continuer. Eugenio Zolli ammoniva: senza preparazione
filologica non si deve assolutamente lavorare. Ma poi, a
consolazione dei ''piccoli'', afferma-va in pubblico: la parola,
realt finita, non pu contene-re Dio, realt infinita. E soggiungeva:
badate, un filo-logo che parla.
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IV. AGNUS - IGNIS DEI
Proprio Giovanni Battista, qui da ultimo rievocato, ci fa
entrare "in medias res" .
Ecce Agnus Dei. Punto. Silenzio di ore, di giorni. Il resto, se
c', pu
attendere. Pu contare o non contare. La contemplazione apertaci
dalle Scritture Divine non il de Noi in cotal modo diciamo anche le
pregh1ere: di corsa. S. c'insegna invece la preghiera respiratoria:
una forma, in Occidente, di vero raja-yoga, dello yoga reale della
potenza. Il Pater lo si pu recitare in un'ora e piu, respi:ando e
meditandolo parola per parola. Ne do un esemp10 ...
Lo stesso vale per qualsiasi versetto biblico, tanto piu se
evangelico: va almeno isolato. S. Gregorio Magno: scriptura sive
pictura. Si tratta i?vero. di 9-uad.ri. E, nel ca-. so nostro anche
se nel passo s1 trov1 po1 scntto: ecce qut tollit pecdatum mundi,
ci del tutto secondario, sfioran-do appena la proclamazione
solenne: ecce Agnus Dei.
Agnus cio Ignis Dei, fuoco di Dio. Eugenio Zolli mi scriveva: il
testo ebraico e il testo
greco (dei Settanta e del Nuovo Testamento) sono ancora inediti.
Da parte mia oserei aggiungere: se ci fu un'ispi-razione nella
versione che i Settanta sapienti ebrei fecero dalla Lingua di Mos
in quella di Platone (e il greco. del Nuovo Testamento dipende dai
Settanta, ergo contiene di gi in re ipsa la mediazione cosi c'
stata un'ispirazione che va oltre il dato sc1enuftco nella versione
latina, ossia nella lingua dei Martiri, operata da S. Girolamo.
INRI, il titolo della Santa Croce, fu apposto in tre Lingue:
Ebraico, Greco, Latino.
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INRI: In nobis regnai ]esus. lgne natura renovatur integra.
Cosi, e in modi simili, leggevano i cristiani illumi . del
Medioevo. natt
Agnus una radice universale. Infatti, in India A . il Dio
sacerdotale dei Brahmani, il Fuoco
dei di eccelso dell Scritture Antiche, propno nel formidabili e
sublimi e setti finali che il Padre Pio soleva ripetere spesso
pver-1 ' c amato:
L'amore forte come la morte, la gelosia dura come l'inferno;
sono fiamme ardenti, ardentissime, sono una fiamma di ]h.
L'ultimo versetto in genere saltato, o tradotto con analogie
arbitrarie. Ma il testo recita: shalbet ]h fuoc di Dio, lgnis Dei.
Si omette, per ci, proprio la chiave lettura dell'intero Cantico,
non facendo intendere che il crudo verismo dell'amore umano
descrittovi non che simbolo dell'amor divino, della deificazione
dell'anima e d'altro ancora.
T ornando ali' annunzio del Battista, che il primo suo "detto"
in tre parole sia l'essenziale, il piu veramente ve-ro (vere verius
espressione di S. Tommaso) lo dimostra quel che segue. Quando si
accostano, al Battista, Andrea e Giovanni discepoli suoi (e
indirettamente di Qumrn) al versetto 36 del capitolo I del Vangelo
gioannico c' una sola esclamazione: ecce Agnus Dei. (A viva voce:
hinn se ha-Elohlm).
Come mai? Perch non ci si rivolge, come prima, ai Farisei,
"razza di vipere", ma ai discepoli di una dottrina superiore
previsti per una consacrazione ancora piu alta.
Ma non dobbiamo contentarci neppure di questa precisazione. Si
pu scoprire molto di piu.
Il testo greco leggeva dianzi: ideo amnos tu Theu, o airon
amartan kosmu.
.s. cui versione insuperata per esattez-za e mtelhgenza, s1a
nell'ebraico sia nel greco, pu sugge-
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rirci un'altra interpretazione. Peccata (''qui tollit peccata
mundi") , 1 al d , e un p ur e stranamente a operato nell uso
liturgico ma a , , l P . G. l m ama e singo are. ropno Iro amo pu
spingerei a tradur . d' ff d re e m-terpretare m l erente mo o. E
non sarebbe fuor1 Il G l' l d qua-dro.. rmo . ama 1e e. che i testi
evangelici son
stati pensati e m prima di es-sere dalla medesima penna volu e
vergati in greco. Ora l'Ebraico, come tutte le Lingue semitiche ha
un'elasticit che Lingue non sapere che ogni pa-rola e composta d1
una radicale tnhttera fatta di sole con-sonanti: le vocali non si
segnano e possono riempire una medesima radicale a piacere. Ma le
stesse voci radicali (e migliaia di pagine della Bibbia sono
compilate solo con poche centinaia di parole che ricorrono!)
possono molto variare nell'intendimento.
In concreto, il passo relativo al Battista potrei tra-ciurlo
cosi: ecco Colui che ci solleva (verbo "airo") dall'er-rore
cosmico. ("Amartia", cfr. i classici ed Eschilo, signi-fica errore
di giudizio e non peccato. L'etimologia, alfa privativa e radice
smer - "amartno" -, ci offre uno squisito senso antologico: non
partecipare alla verit e al bene).
Ma esaminiamo lo stesso Latino. Peccato viene da peccus che
significa "piede difettoso" come mancus indi-ca difetto della mano
(mancino) . Per il difetto non consi-ste nello zoppicare come in
Edipo ("pi gonfio") bensi nello sbagliare strada nella foresta:
Dante, "che la diritta . . ,, v1a era smarnta .
Ora, qual il vocabolo ebraico che con un abuso alla millesima
potenza viene tradotto nei con il solo e solito "Peccato" come se
non esistessero si-nonimi piu espressivi e rispondenti, a.
un'esistenza all'inesistenza, e al Peccato una quas1 dtgmta di
persona giuridica: sua altezza il .
Il vocabolo att voce maschile mdtcante 1 ri: attam. Ma il att,
che ne sta all'origine, non si-gnifica peccare, bens "fallire",
"errare''
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Eugenio Zolli spiegava: questo vocabolo d l'idea di una
mancanza, di un venir meno. Per non si tratta di vuoto
morale-psicologico, ?lolto di piu. vero che questo vuoto poteva
vemr rtparato, ossia riem . to, toccando il sangue del re sparso in
battaglia o anchepl" polvere del santuario. Si tratta, dunque, di
una deficien a h ll . d ll' o . . l za c e at.tenta. a a .P17nezza
e .. t.omgt 'Areopa i-
ta, po1 Plotmo, mfme S. Agostmo defmtscono il male ag _ punto
come "una deficienza di essere" ; ergo il Male in P, I l B se non
es1ste. n senso ana ogtco, m quanto ene ed Esser si identificano,
Nostro Signore diceva, apparendo a se Caterina: lo sono e tu non
sei.
. I,l di .i e rinomati pecca-tori, e de/zczentt; se s1 voghono
evttare allusioni, dicasi mancanti ... E il Papa Giovanni, coniando
e lanciando una classica e ormai famosa formula ha parlato, con
sapienza del cuore e propriet di lingua, di errore (da condannare)
e di erranti (da comprendere e perdonare) .
La questione linguistica ridonda in quella sostanziale e
viceversa. Intanto la Lingua italiana, che la piu ricca rispetto a
tutte quelle del mondo antico e del mondo mo-derno, avrebbe
sinonimi senza numero molto piu rispon-denti di "peccato" e
"peccatori", parole che, coine tutte le cose umane, si corrompono e
si corrodono; e oggi non sono nemmeno esenti da untuosit,
ipocrisia, e vittimi-smo.
Questo vocabolo "peccato" oltre tutto antiestetico e persino
morboso: pu ricordare i "buchi neri". Anche la colpa ha diritto ad
avere la sua dignitas. S. Agostino da-vanti al peccato originale
esclam: o felix culpa! Perch ci avrebbe procurato il Redentore. Il
Prometeo di Eschilo afferma: volli, volli trasgredire; per donare
il fuoco agli uomini. E, secondo me, da accogliere in senso anche
umoristico la tirata di Lutero: esto peccator et pecca forti-
sed /ortius crede in Christo qui est vietar peccati. Com.e dtre:
pensate a credere piuttosto che rivangare peccati, compiacendovi di
farne una bella collezione. In tal senso, il massimo dell'umorismo
fu toccato addirittura da un
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e chiaroveggente. Don or d carst d Pto X e prima pens bene dt.
ftone ?vleva re-d al h d 1 . con essarst eggen-o mo e confessionale
al sacerd t ' l li P h' il f ' o e, una sua unga sta. mc e con
essore lo ammoniva p l, 1 unto per punto e e eneo conunuava, don
Luigi a un cert p . p d . o punto scap v1a. resentan os1 al Papa
questi lo rt.mp ' b. d l d ll ' rovero su tto e ntar o. A a ftne
dell'udienza lasciand 1 d. l. d. 1 ' o o 1 stucco g 1 tsse: e un a
tra volta non portate con vo1 dal f ' l l. d. con es-sore una unga
1sta 1 peccati mai commessi
tra i moderni, solo gli spagnoli inter-pretato il senso del
vocabolo ebraico discostandosi dalla-tino, dall'italiano, come dal
frances; ''pch'': essi dicono /alta:, mancanza. Quanto a1 tedesco
sun-de, l etimo md1ca piUttosto "trasgressione": e il derivato
inglese sin, esprime " macchia", da "to sin", macchiare.
Ecco un'altra espressione dimenticata. Maria sine la-be
originali concepta l'Immacolata. Ovverosia il contra-rio di
macchiata. Qui ci si pu ricordare che i Creatore (cosi il libro di
trova macchie persino nelle Stel-le, cio negli Angeli. E chiaro che
questi Spiriti sono mac-chiati, cio mancanti, non per un peccato
morale-psicolo-gico, ma per deficienza di essere. Un neo "eterico",
dir S .. Bonaventura, che li differenzia dal Purissimo Spirito.
Vtceversa, la Gran Madre di Dio "priva di macchia", "piena di
grazia", e traboccante di essere fino a costituire il complementum
Trinitatis.
Nel mondo classico non c'era "il peccato", categoria non ariana,
ma la giustizia o l'ingiustizia, la rettitudine o la tortuosit. Nel
mondo cinese- simile al romano- lo stesso. Nel mondo indu c' la
responsabile scelta tra le vie della mano destra oppure sinistra,
ossia della coesione da una parte o della disintegrazione
dall'altra, della sicu-rezza ovvero del rischio: e ci con
deliberata assunzione di tutte le possibili conseguenze. Tuttavia,
se esaminiamo sul testo ebraico le Sacre Scritture, troveremo che
la pec-caminosit morbosa e quasi ormai psichiatrica non vi
ri-sulta. Apriamo il Salterio che il libro di preghiera piu al-to
di tutta la terra. Il Salmo n. l offre appunto la segnala-
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d ile due vie: la via degli empi e la via dei giusti. La z10ne e
d , , . d D. da quella degli tza iqtm, e conoscmta a 10 e dar secon
, li d . h , d , . 1 frutti. la prima que a et res az m an ra m
rovina. l suo ' . ' . d . " . . , h" Dove si trovano 1 costd etti 1
sono? Stanno in mezzo e sono appunto l mancanti .
Leggiamo parola per parola: ,
-
... ...
Non dice "Signore", come inesattamente si ripete; dice
semplicemente, familiarmente, "Ges". Ed la prima volta nella storia
universale che questo Nome soavissimo viene umanamente pronunziato.
Da un assassino (Luc. XXIII-43). Risposta. Oggi sarai con me nel
mio regno.
La Beata Angela da Foligno - da Padre Pio ben co-nosciuta -
nella nudit della sua contemplazione metafi-sica che precorre di un
secolo le vertiginose punte di un Eckhart, afferma: davanti
all'Infinit Divina ultraperso-nale, ultraformale, scompaiono come
inesistenti i ladri gli adlteri, gli assassini. Ella aggiungeva:
pure i dmo: nh>. Ma qui il discorso, senz' altro valido, si
farebbe pi lungo. Chi vuole, lo ricerchi nei Nomi Divini di Dionigi
l'Areopagita. Piuttosto, ci si consenta una minuscola ana-logia
concepita in stile rabbinico col procedimento a mi-nori ad maiorem.
Alle Scuole Elementari, nelle prime no-zioni di Geografia, ci si
fece vedere che sulla raffigurazio-ne sferica della Terra le pi
alte catene dell'Himlaya si appiattiscono come una buccia di
limone. Coslle ombre, tutte le ombre, davanti alla smisurata
grandezza della Lu-ce.
Con ci non si intende fare, e non si fa, l'apologia di reato. I
Dieci Comandamenti vanno osservati in tutte le loro implicazioni
morali. Anche se c' una lettura metafi-sica e mistica del medesimo
Decalogo che riduce tutto al-la particella Lo, ossia "Non". Ancor
meno di Lo tahmd, "non desiderare" ecc. Semplicemente Lo: un "No"
quasi identico al neti-neti dei Vedantini, alla "ex-tintio",
nir-vana buddhistico e allo stesso nada di S. Giovanni della
Croce.
Ci posto, eccoci finalmente al nodo e al suo sciogli-mento. Noi
uomini dell'ultima epoca terrestre viviamo al massimo dagli ottanta
ai cento anni. Mos fiss 80, Pita-gora, ripetuto da Dante, 9 x 9. E
con l'arguzia del novan-tatreenne Leone XIII, (non mettiamo limiti
alla Divina Provvidenza) auguriamoci pure un'aggiunta argentata! Ma
l'Universo, creato per l'Uomo, ha 15 miliardi di anni. E prima? E
poi? Solo questo Universo? Un amico islami-
22
co, criticandoci, mi osserv che nella Bibbia antica e nuo-va si
parla sempre di un Dio "creatore del mondo" e non dei mondi
(plurale) come nella prima Sura del Corano. Er-rore. Nella Epistola
agli Ebrei, la quale secondo me, sulla scorta di autorevoli Padri
greci, di Barnaba, ossia, di co-lui che, anche prima e anche pi di
Saulo, fu allievo di Gamaliele "splendore della Legge", scritto:
Dio, me-diante il Figlio, ha creato i mondi (l-2: "epiesen tus
ai-nas"). Un riflesso di questa verit rivelata trovasi nella se-rie
dei "Simboli" della Fede, da Nicea in poi, per l'intero IV secolo.
Se in tutti proclamato che il Cristo genera-to dal Padre "prima di
tutti i mondi", pro pnton ton ai-non, implicito ed evidentissimo
che Dio creatore degli universi e non di uno solo. (Cfr. Denzinger,
"Enchiri-dion Symbolorum"). D'altra parte, si badi che v?.lore
di-verso ha la dossologia del Gloria, "in saecula saeculorum", che
traduce l'ebraico olm, alla lettera "lun-ghezza di tempi'' .
Tuttavia, tralasciando gli Universi, per i nostri rag-guagli piu
che sufficiente cominciare a confrontarci con un solo ordine
cosmico. Da decenni osservo che non pure nelle nostre "metropoli
luciferiche" (coslle chiama il mio carissimo sacerdote indiano
Raimund Panikkar) ossia nelle citt ultramoderne le quali abbagliano
con le loro false luci, ma persino nelle libere campagne, gli
uomini non alzano pi il capo a rimirare le stelle, cosl come il
Si-gnore Iddio sollecitava Abramo. Eppure, allora, dopo il tramonto
del Sole, che all'anima diurna subentra quell'anima notturna cara
ai romantici e che sempre lo ai mistici. Amerei qui si ascoltasse
quello che potre_bbe chiamare l'attacco di una Decima Sinfonia. E
una delle pagine pi alte della Poesia universale e. si
trova_al_centr? della "Ginestra" di Giacomo Leopard1. Non Cl s1
stupi-sca e non ci si lasci condizionare dal suo cosiddetto
pessi-mismo che poi altro da s, e copre e nasconde un di-sperato e
amor di vita: Non per niente l' .dei Canti fu grandemente ammirato
da un Pontefice arusta come Pio XII.
23
-
Ecco i versi. Siamo alle falde del Vesuvio, sui camp impietriti
dalla lava. 1
Sovente in queste rive, che, desolate, a bruno Veste il flutto
indurato, e par che ondeggi, Seggo la notte; e su la mesta landa,
In purissimo azzurro V eggo dall'alto fiammeggiar le stelle, Cui di
lontan fa specchio Il mare, e tutto di scintille in giro Per lo vto
seren brillare il mondo. E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
C h 'a /or sembrano un punto, E sono immense, in guisa Che un punto
a petto a /or son terra e mare V eracemente; a cui L'uomo non pur,
ma questo Globo ove l'uomo nulla, Sconosciuto del tutto; e quando
miro Quegli ancor pi senz'alcun fin remoti N odi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo E non la terra sol, ma
tutte in uno, Del numero infinite e della mole, Con l'aureo sole
insiem, le nostre stelle O sono ignote, o cos paion come Essi alla
terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora,
o prole Dell'uomo?
Certo, una risposta a Leopardi la si potrebbe trovare invocando
il Salmo ottavo di David dedicato alla gran-dezza dell'Uomo
"coronato di gloria e d'onore" e fatto quasi un Dio (''di poco
inferiore a Eloht'm" non indica gli Angeli). Onde tutte le opere
del cielo e della terra sono state poste sotto il suo dominio e
sotto i suoi piedi. Ma
24
qui interviene il solito equivoco: il testo non parla dell'Uomo,
ma del misterioso ben-Adm, dell'Uomo-Dio , del Cristo. L'Uomo
corporeo dell'attuale fase della deca-denza cosmica, ossia Aensh,
viene indicato innanzi eri-chiamato ai suoi limiti. Nel Salmo uno,
all'inizio del Sal-terio, si profila invece, e si elogia, la
potenzialit dell'Uo-mo intellettuale: Ish.
Innalziamoci, allora, alla grandezza di Dio: e racco-gliamo
l'esortazione di quegli che i cattolici di lingua in-glese, in
Europa e in America, chiamano "a saint without an a/tar", un santo
senza altare; Antonio Rosmini. Il qua-le ammoniva: sentite
altamente di Dio. E tale formula l.a ripeteva spesso il geniale,
dotto, santo, e tragicamente sacrificato, Papa Albino Luciani.
Sentiamo, dunque, altamente di Dio, magari ripe-tendo con S.
Francesco alla Verna: mio Dio chi sono io, mio Dio chi sei Tu!. E
riflettiamo sul fatto che Dio man-da in terra suo Figlio nella
pienezza dei tempi. Ma quali tempi? Quelli soltanto biblici,
seimila anni? O non piut-tosto nella pienezza e al centro dei tempi
cosmici, centi-naia di migliaia di anni per questo emiciclo e
miliardi per l'intero ciclo? Come narra Platone, l'egizio sacerdote
di Sais cosl apostrof l'avo Salone, che pure si presentava come uno
dei sette sapienti dell'Ellade: voi greci siete dei fanciulli e non
avete alcuna idea dell'enorme passato umano. Sulla base delle pi
antiche e autorevoli tradizio-ni d'oriente, spiegai tutto ci al
millimetro nei capitoli "Le quattro et del mondo e il percorso
ultimo", "Pro-fessione di fede di un innamorato di Cristo"; e, nel
pre-sentare l'opera in cui si trovavano, il sinologo e missiona-rio
padre Fernando Bortone S.I., aggiungendovi la sua scienza,
pubblicamente conferm3.
Si deve sapere - e non vale nascondere la testa nella sabbia
come gli struzzi - che nella gerarchia celeste bud-
3. Cfr. Metapolitica - La Roma eterna e la nuova Gerusalemme,
Roma 1979. V. anche Contemplazione e Simbolo - Summa iniziatica
orientak-occidentak, Roma Con Cristianesimo Giovanneo, cit., sono i
tre libri, in cinque volumi, finora apparsi della "Dottrina dello
Spirito".
25
-
dhica dei "liberati" lo spirito minimo avrebbe una me-moria che
gli fa ricordare 80.000 cicli cosmici; cio, attri-buendo 15
miliardi di anni a un Universo, ben 5-6 Uni-versi. T ali cifre
possono essere reali oppure simboliche. Ma, anche in questo secondo
caso, il pi probabile, sta di fatto che nell'istruzione religiosa
dei giovani tibetani o ci-nesi si ha familiarit con un quadro di
codeste proporzio-ni. Quale effetto pu fare l'apprendere che il Dio
infinito ed eterno manda in terra suo Figlio perch gli uomini si
sono corrotti e maculati da seimila anni circa? Ecco spie-gata la
benevola indulgenza del Saggio cinese gi ricorda-to.
Allora, il Verbo, il Figlio di Dio, il Cristo Eterno, viene
inviato in terra dal Padre come Cristo storico al fi-ne di espiare
i peccati degli uomini? Ma questa psicologia che rasenta la psicosi
propria della concezione che del Divino hanno i Babilonesi, con
l'aggravante dei Cartagi-nesi che han bisogno di offrire vittime
umane nelle fauci del dio Moloch: N si dimentichi- e in genere non
si sa - che il supplizio della croce fu importato dai Romani
proprio da Cartagine. Tutta la realt dell'essere e dell'Es-sere
degli Esseri si esaurisce su questo punto?
No. Il vittimismo troppo poco per la realt di Dio e non
l'essenziale. Ges, poi, non significa affatto l'Espiatore. E
nemmeno, principalmente, il. Salvatore. Il verbo jash significa:
liberare, soccorrere, vmcere.
Ges non solo il Crocefisso che stato relegato nelle Chiese. Sl,
anche questo. Ma il Santissimo s.acra-mento, che vivo, rappresenta
moltissimo di pi; e il Sa-cro Cuore ne una raffigurazione pi ancora
fedele, di lampi di luce e di fiamme d'amore. l'Agnus-Ignzs Dei,
del Vangelo, la fiamma diJah del Canuco. E .s. Ber: nardino, nel
Quattrocento, intese appieno questl creando la sua celebre tavola
solare che incastonava d No: me Santissimo. Fu accusato, proprio
lui, di eresia, perche superava la Croce: la quale va, sl,
rivissuta, ma infine su-perata. E allora aggiunse una crocetta al
centro, a tua memoria, nel fulgore delle sacre iniziali JHS.
M1che-
26
!angelo, nel Cinquecento, provveder al resto, perch nel Giudizio
Universale - affresco gigantesco troneggiante nella Cappella
Sistina l dove si eleggono i Pontefici -dipinger in alto gli Angeli
che portano via la Colonna ro-mana e la Croce, facendo campeggiare
solenne, nella sua maest, il Cristo Giudice. Appunto perch Ges
significa ed : il Liberatore, il Soccorritore, il Vittorioso.
27
-
VI. PRIMATO DELLA VERITA'
Abbiamo visto che il vero senso del peccato la mancanza. Ma qual
la mancanza pi gr3:_ve, totale, da cui tutte le altre discendono o
dipendo"no? E la mancanza di Verit.
Dio Verit. In S. Giovanni c' sempre la diade Ve-rit e Amore:
amore della Verit e verit dell'Amore.
Dio Suprema Verit. E il Difensore terribile della Verit di Dio
contro tutte le falsificazioni luciferiche del cielo e della terra
Mikael, l'Arcangelo a custodia del Nome Ineffabile.
In S. Giovanni, nel finale del Prologo, scritto: la Legge stata
data da Mos; la grazia e la verit stata operata da Cristo.
Ges afferma: Ego sum Veritas. S. Atanasio, il con-futatore
diArio e il Vescovo e Dottore pi autorevole del Concilio di Nicea,
sottolinea che Ges Cristo, prima an-cora di liberarci dal male, ha
riportato in terra la Verit: e questo il suo massimo titolo per la
nostra venerazione e gratitudine. Infatti, Ges, prima e sopra di
tutto, il Di-vino Rivelatore del Padre. A sua volta S. Agostino
inse-gna che tre sono le cose che ogni anima chiede: la Verit, il
Bene, la Felicit. Ma, domandiamoci, chi si avvolge rtel-la Verit,
pu essere intaccato dal male? Qui ha ragione l'incompreso Socrate.
Si compie il male per ignoranza metafisica: conoscendo la Verit,
tutta la verit, non vi si cadrebbe. E i cristiani, ammaestra
Giacomo, sono stati appunto generati dalla parola di Verit (l-18).
Spiega Zol-li: il fratello del Signore seguiva l'esegsi rabbinica
ed Ae-mt, ossia Alef, Mem, Tau, contiene come nell'alfabeto sacro,
il principio, il mezzo, e la fine d'ogni cosa.
29
-
Anche la parola adoperata da Giovanni, altheia ricca di misteri.
Alfa privativa e radice leth onde "lantha-no", nascondo. La Verit
perci il non-pi-nascosto, il sollevamento del velo dell'Invisibile,
l'Invisibile che si rende Visibile. Come appunto opera il Verbo
mediante Ges il Cristo.
Ecco finalmente la chiave. Ecco chi era il Cristo e che cosa ha
veramente donato agli uomini, i quali manca-vano del non plus
ultra, della verit dello Spirito e dello Spirito di verit. Egli ci
ha offerto la testimonianza tangi-blle, palpabile, dell'esistenza
dell'Invisibile, della realt dei Mondi Superiori, della Gloria del
Regno celeste. di-vino non gi saldare i conti degli uomini,
formiche dell'Universo, ma rivelare ad essi l'immensit dd Vero del
Bene, del Bello; e cos farli crescere nelle dell'evoluzione cosmica
ascendente che non avr mai fi-ne, perch Infinito l'Oggetto cui si
tende, il sempre pi allargantesi e innalzantesi abbraccio di Dio.
Cos annun-zia il Vangelo veramente universale del Logos, il
"Vangelo Eterno: e qui i Saggi di tutti gli Orienti
assentirebbero.
L'uomo si interrato in modo sempre pi materiale (il 666
dell'Apocalisse che oggi impera dall'Occidente). L'uomo si era
incarnito, come si dice delle unghie marce, in tutto il suo essere;
onde la necessit dell'Incarnato per riattingere le regioni
dell'Eccelso.
Con dottrine, con i discorsi, per quanto sapienti, si resta
sempre nell'incerto. Ma quando la Sapienza di Dio, il suo Verbo,
s'incarna, si fa Uomo, allora noi tocchiamo con mano l'Invisibile,
non ci restano pi ombre di dub-bio, tutte le nebbie si dissolvono
al Sole. Esso, l'Invisibi-le davanti a noi, non possiamo negarlo e
neppure affer-
perch queste categorie dialettiche vengono di col-po trascese
dalla Presenza totale; paradoss.al.mente, proiettati oltre i sensi
e la mente da una forza dtvma che chiamasi Grazia, possiamo vedere
l'Invisibile con il occhio, stella del mattino che spunta nei
nostri cuort. (Cos S. Pietro: II, I-19).
In quest'ordine di verit, la definizione perfetta e
30
insuperabile del Cristo ce l'ha data un discepolo dei disce-poli
di Giovanni, Ireneo:
il Figlio il Visibile del Padre, il Padre l'Invisibile del
Figlio.
Posto ci, ci si guardi per dal restringere l'infinit di Cristo
!asciandolo inchiodato nella croce a quattro bracci dello spazio
geografico e del tempo storico. Va?-a sarebbe la sua Discesa e
ancor pi vana la sua ne e Ascensione! Il Cristo non solo quello
apparso m Pa-lestina in un data epoca e tra una data gente: alla
quale non appartiene affatto, essendo stato generato da. una
Vergine pi che edenica, l'Immacolata. Ancora, Ireneo, questa la
rivelazione esplicita trasmessa a lut da Giovanni. Con la Nascita
di Maria la storia, attesta Ire-neo, compie un rigiro oltre Adamo,
oltre le o.rigini. Il Cristo storico come Uomo, ma eterno come Dto:
eppu-re, ecco il Mistero, Uomo e Dio inter se osculati sunt et
fa-ciunt idem.
Si badi che dell'Eternit noi abbiamo un concetto del tutto
errato, come se si trattasse di un tempo prolun-gato senza fine. Il
tempo solo una parentesi nell'Eterno, la cui caratteristica proprio
nel contrario, cio di essere senza tempo. Inoltre, esprimendoci
ancora coi nostri sim-boli, Dio non abbraccia solo l'eternit del
futuro, ma, co-sa cui non si pensa e si dimentica, abbraccia
tutt'intera l'eternit del passato.
I critici domandavano a S. Agostino: cosa faceva Dio prima di
creare il mondo? Risposta: non faceva nien-te perch il tempo nato
col mondo. Si noti come qui il santo Dottore anticipi di millenni
le rumorose trovate re-lativistiche sulla quarta dimensione
spazio-tempo.
Possiamo a nostra volta chiederci: cosa faceva il Cri-sto prima
di scendere in terra? a questa sconosciuta co-noscenza che dobbiamo
puntare perch la Vita Eterna non pu consistere in una rilettura
delle narrazioni evan-geliche, bens, in uno svelamento di tutti i
Misteri per un assaporamento amoroso di sempre maggiori verit.
Dun-que, dal Visibile all'Invisibile in una perpetua
Trasfigura-
31
-
zio ne del T abor. Ecco Chi era ed veramente il Signore Ges e
che
cosa ha veramente fatto per gli uomini donando a loro Se stesso.
Egli ci ha liberati dall'errore cosmico (amartha tu Kosmu), ha
sollevato per noi quello che gli ind chiamano "il velo di Maya",
l'illusione che ci separa dall'Unit tra noi, e di noi con il
Principio Divino degli esseri. Ecco il
e ecco la pi ampia, pi dtffusa, pm persistente, e pi grave. E la
mancanza della Verit, il rion credere alla Rivelazione dell'Alto
discesa a toccarci: e quindi continuare a rotolarsi nell'ignoranza
dei miraggi. Risiede qui il significato profondo del gesto della
Veronica che asciuga gli occhi insanguinati, ottene-brati dal peso
terrestre, affinch il velo sia tolto e una nuova superiore vista
sia miracolosamente raggiunta.
Viene a mancare la Verit a causa della mancanza di Fede. la
colpa da cui tutte le altre discendono. Il Signo-re Ges ha
compreso, commiserato, e perdonato ogni co-sa; ma ha sempre
richiesto imperiosamente a tutti una professione sola: la Fede.
Senza di questa, nulla. E cos' la Fede? Ce lo definisce la Lettera
agli Ebrei e ce lo tradu-ce Dante:
fides est sperandarum substantia rerum, argumen-tum non
apparentium;
fede sostanza di cose sperate ed argomento delle non
parventi.
L'oggetto precipuo della Fede dunque la realt di-vina
invisibile, perch al visibile, in quanto tale, possono provvedere
le arti e le scienze. Eppure anche queste, inse-gna il dottore
serafico san Bonaventura, han bisogno dell'Invisibile come stella
di orientamento, come traccia di luce. ("De reductione artium ad
theologiam").
32
VII. CRISTICA TEOFANIA
Le premesse e le analisi che precedono ci consentono di
pervenire speditamente siJ.?tesi co?clusiva: Era cessario
soffermarvisi, perche tah e tanu sono gli errori e gli equivoci
accumulatisi e addensatisi sul Sef!SUS Cht}sti che impossibile
procedere senza una professiOne chtara ed esauriente. D'altra
parte, solo cosl si possono porre nel dovuto risalto i pi
cristi/armi luminari della Cristianit, ancorch astri di prima
grandezza per l'intero Uman ge-nere.
Uno dei massimi scrittori di valore e di fama mon-diale apparsi
nel Novecento, Hermann Hesse, met occi-dentale e met orientale, met
cristiano e met ind, pri-ma del celebre romanzo buddhico Siddharta
che ha fatto il giro del mondo in milioni di copie ispirando
persino grup-pi spirituali, sui venticinque anni aveva scritto un
profilo di Francesco di Assisi che, poco noto nello stesso spazio
germanico, solo adesso, dopo una fugace edizione nel 1926, viene
tradotto e pubblicato in Italia. (Sugarco 1991).
L'autore cosl esordisce. Fin dai tempi antichi son vissuti sulla
terra uomini grandi e splendenti che hanno esercitato un enorme
influsso su interi popoli ed epoche non gi mediante gesti, opere,
discorsi o artifici, ma solo perch la loro vita intera pareva nata
da un unico spirito grande ed armonico e si presentava agli occhi
di tutti co-me un simbolo, come esempio luminoso e divino. Questi
uomini con la sola loro vita si sono resi indimenticabili maestri e
soggiogatori di cuori, sempre operando e viven-do con eccezionale
elevatezza di spirito. Furono anime infocate e possenti, arse da
un'intensa sete d'infinito e di
33
-
eterno. La vita di un uomo straordinario vissuta in questo modo
non ppo. da: dre Pio, si suole croce, l uodo" e! dolori; Francesco
di Assisi, Il quale morl cantan o ' e l'uomo della poesia e luce..
. . . .
Mi permetto di offrire agh Padri cappuccini un mio ghiribizzo,
sostenendo, l?er chi non se ne fosse ac-corto che vi sono due Padre
P1o. .
V' il "Padre Pio doloroso", il quale non ha bisogno di essere
illustrato, e v' il "Padre Pio glorioso". Anzi parr strano, ma
proprio questo seconqo che pi si co-nosce, si ammira, e si ricorda
nel mondo. E il Taurnaturgo straordinario e magnanimo, si direbbe
regale, delle con-versioni e delle guarigioni, della scrutazione
dei cuori e delle profezie, dei fenomeni prodigiosi a distanza,
delle bilocazioni e dei salvataggi in extremis, delle apparizioni e
dei consigli in sogno, addirittura dei voli per allontanare con le
ma!li velivoli da bombardamento: e cos via senza numero. E lui
medesimo che parla: alle volte, quando sull'altare sono affranto ed
esausto, sudato, affocato dalla cal,ca, esco chiesa e, non visto da
alcuno, vado fuori ali;> a o a tirare un respiro. Domanda: ma se
ne accor-ge.. certo che me ne accorgo.
dAgh1Imzt del .u.n cardinale francese cui era de-man ata a causa
dt beatificazione dt" don B . d. ' d ll'O osco gtgante l santlta e
ttocento esclam' . h . , . ' o. o esamtnato cenu-
35
-
naia di processi canonici, ma non mi sono mai t . . . il l
rovato uno come questo m cm soprannatura e ovunqu tn - 11 h . e
trab ca. E esattamente que o c e va ripetuto per il gi oc: santit
del Novecento. gante d1
Orbe?e, Padr.e in maestra: il Calvario e il monte det santi; ma
di l arn-ad un. altro monte Tabor. Ecco dre P10 doloroso s1
trasfigura m quello glorioso. La " a-
di lui - scrive appropriatamente il padr menico Mondrone S.I.-
sta appunto nel dare un l o-
l l h' ff Il' 0 en-to co po su v1so, quasi uno se Ia o, a
incredulita' con-temporanea. Sta nel metterla di fronte, senza
poter proferire sill _
ba, al fatto compiuto, incontestato e incontrovertibil:
dell'irruzione soprannaturale; e nel condurla a viva alla presa di
contatto, miracolosa e permanente, con un Mondo a noi
superiore.
Queste due vie, la dolorosa e la gloriosa, costituisco-no
altresl due distinte ma convergenti pedagogie. France-sco si
presenta come tutta luce e viene frainteso dal dilet-tantismo
letterario e pseudo-culturale perch manifesta la luce, ma nasconde
e insegna la croce; Pio si presenta come tutta croce e invece,
frainteso anche lui, manifesta e inse-gna la luce. Onde la
reciprocit della formula: per lucem ad crucem Francesco;
-
PUBBLICAZIONI PRINCIPALI DELL'AUTORE scritti remoti: Il
misticismo di S Fra .1 c. Roma e t ,rancescanesimo dell'anima
italiana, Difesa dell'Aristocrazia _ Il c . . Pagine Libere Roma
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Onente e Sacra Scrittura, l'Ultima Firenze 1950 Il
C,ristianit-Islm, Roma 1950, Firenze 1954. Catto_ltct sveglt (T di
Apocalisse - Oriente e Occidente _ Esca-
ed Ecumemsmo- L'ora di Giovanni), Firenze 1953, Verona Vecchia e
nuova Cosmologia, Dialoghi, Roma 1952. Ispirazione e Tradizione,
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Approfondimenti crono-escatologici sul Die Kirche in der
Endzeit-Apocalypse del padre Dlustusch, Roma 1983. Il gioannismo di
S. Caterina e il vero volto di Giovanni, Quaderni Ca-teriniani,
nn.56-57, Cantagalli, Siena 1990. Le divine negazioni dell'Orso
forte (saggio critico introduttivo alla traduzione del Saint
Bernard di Ren Gunon), Il Cinabro, Cata-nia 1990. Solo, nel mistero
di Dio. Sinossi ascetico-mistica da tutti gli Scritti del Padre Pio
(Proemio, Compilazione, Commenti - Presentazione del
Vicepostulatore, padre Gerardo Di Flmeri), p.400, I Classici
Cristiani, nn.285-286, Cantagalli, Siena 1992. Il simbolismo di
Rita. Disegno inedito della mistica rosa di Roccapo-rena, p.56,
Thule, Palermo 1993. Le frontiere dell'aldil nel poema di Dante e
negli aneliti di Padre Pio, p.60 (Relazione al Convegno di
Spiritualit nel XXV anniversario del transito del Servo di Dio), S.
Giovanni Rotondo, Atti 1994. Il mistero metafisica di Maria vera
Dea e vera Donna, p.40 , Thule, Palermo 1994.
Scritti in collaborazione: - Rivista del Regno Universale, 54
fascicoli con firme
ttahane ed europee. Complessivamente 5 volumi, Roma 1976-1990.
Trascendente Michele Arcangelo - ATMA. Nel XV cente-
nano Celesti Apparizioni sul Monte Gargano. (Prindpi _ Ap-pello
- Programma. In appendice: Mikael e la
fmale del padr.e s._d.B. Johannes Dlustusch). Opera colle-gtale
f.c ., p.60, Cantagallt, Stena 1990. (Ed. precedenti: Roma 1959
Verona 1961). '
39
-
INDICE
pag. L OLTRE I CONFINI
.................................................................................
5
II. EGITTO .. ......... .. ........... ..........
.........................................
........................... 9 III. INDIA . .... . .. .. .. .. ....
.. .. ... .. ................ .. .. .. .......
............................................... 11 IV. AGNUS- IGNIS
DEI ..............................................................
............ 15 V. OPUS REVELATIONIS ... .. ..... .........
.................................................... 21
VI. PRIMATO DELLA VERITA' .......... ............ .. ..
........................ ......... 29 VII. CRISTICA TEOFANIA
................................... .. .. .............
.................... 33
QUADERNI DEL FRONTE DELLA TRADIZIONE Opere pubblicate in questa
collana:
1. JULIUS EVOLA, Orientamenti 2. RUTILIO SERMONTI, Rapporto
sull'Evoluzionismo 3. ALFREDO BONATESTA, La Sinarchia Universale:
progetto
di un Nuovo Ordine Mondiale 4. REN GUNON, San Bernardo 5.
SILVANO PANUNZIO, Il visibile e l'invisibile nel Cristianesi-
mo - Metafisica del Credo
l