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Sent. n. 379/2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL LAZIO
Composta dai magistrati:
Ivan De Musso Presidente
Franco Mencarelli Consigliere
Chiara Bersani Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità n. 74007, ad istanza della Procura Regionale per la Sezione
Lazio, in persona del V.P.G. Rosa Francaviglia, contro:
1. Raniero Vincenzo DE FILIPPIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Prof. Angelo Clarizia
e Giorgio Leccisi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, alla Via
Principessa Clotilde, n.2;
2. Raimondo Luigi BESSON, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Costantini ed
elettivamente presso di lui in Roma, al Corso d’Italia, n. 19;
3. Bernardo Maria FABRIZIO, rappresentato e difeso dall'Avv. Alberto Costantini ed
elettivamente presso di lui domiciliato in Roma, al Corso d'Italia, n. 19;
4. Francesco STORACE, rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Scacchi e presso di lui
elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Crescenzio, n. 19;
5. Giulio GARGANO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alessandro Diddi e Grazia
Iannarelli, ed elettivamente domiciliato presso lo Studio di quest’ultima in Roma, al Viale
Santi Pietro e Paolo, n. 21;
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6. Patrizio CUCCIOLETTA, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Raffaele Izzo e Prof. Diego
Vaiano ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, al Lungotevere Marzio, n.
3;
7. Andrea ABODI, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Raffaele Izzo e Prof. Diego Vaiano, ed
elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, al Lungotevere Marzio, n. 3;
8. Ruggiero BORGIA, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Costantini, e presso di lui
elettivamente domiciliato in Roma, al Corso d’Italia, n. 19;
9. Flavio DE LUCA, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Angelucci e presso di lui
elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Dardanelli, n. 13;
10. Roberto SERRENTINO, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Lepore, e presso di
lui elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Polibio, n. 15;
11. Aurelio SAITTA, rappresentato e difeso dall’Avv.to Angelo Vallefuoco, dall’Avv.
Valerio Vallefuoco e dall’Avv.to Filippo Loria, e elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Roma , al Viale Regina Margherita, n. 294;
uditi alla pubblica udienza del 7 luglio 2015, con l’assistenza del Segretario di udienza
Ernestina Barbone, il P.M. in persona del V.P.G. Rosa Francaviglia e, per i convenuti:
- l’Avv.to Alberto Costantini per Abodi, Borgia, Besson, Fabrizio;
- l’Avv.to Giuseppe Angelucci per De Luca;
- l’Avv. Angelo Vallefuoco per Saitta;
- l’Avv.to Yuri Cataldo per delega dell’Avv. Raffaele Izzo per Cuccioletta;
- l’Avv. Torchia per delega degli Avv.ti Alessandro Diddi e Grazia Iannarelli per Gargano;
- l’Avv. Maria Romana Ciliutti per delega dell’Avv. Lepore per Serrentino;
- l’Avv. Francesco Scacchi per Storace.
Ritenuto in
FATTO
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I fatti storici e i presupposti normativi dai quali la Procura di questa Corte trae l’azione di
responsabilità oggetto del presente giudizio sono ampiamente ricostruiti in maniera
sostanzialmente conforme nell’atto di citazione e negli scritti difensivi delle parti e si possono
così brevemente riassumere.
Con la L.R. 28 ottobre 2002, n. 37 veniva prevista la costituzione della società mista a
prevalente capitale regionale ARCEA LAZIO S.p.a. (con previsione della partecipazione
azionaria della Regione Lazio non inferiore al 51%), con lo scopo di provvedere alla
progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione a tariffa o a pedaggio della rete
autostradale e di infrastrutture di viabilità a pedaggio nel Lazio; per detta società il socio di
minoranza veniva individuato, a seguito di procedura selettiva, nella ATI composta da
Concessione e costruzione Autostrade s.p.a, Monte dei Paschi di Siena Merchant e Consorzio
2050 (composto, a sua volta, da SOCOMASTRO s.r.l., Consorzio cooperative costruzioni,
SPEA Ingegneria Europea s.p.a. e Ingegneri associati s.r.l.), e la società veniva costituita con
Statuto approvato con D.G.R. n. del 16 maggio 2003, n. 448.
L’art. 5 della citata legge prevedeva la stipula di un Contratto di servizio tra la Regione Lazio
e la ARCEA (mai stipulato) volto, tra l’altro, a disciplinare le modalità di affidamento da
parte della stessa società a soggetti privati dei lavori inerenti l’oggetto sociale; la
disposizione prevedeva che i lavori, se sotto soglia comunitaria, “sono realizzati direttamente
dalla società o attraverso l’affidamento diretto ad imprese collegate e/o al socio privato”, e, se
sopra la predetta soglia, “possono essere realizzati mediante affidamento diretto ad imprese
collegate e/o al socio privato, nella misura massima del settanta per cento dei lavori stessi”,
con la ulteriore precisazione che “l’affidamento diretto al socio privato equivale ad
esecuzione diretta delle opera da parte della società affidante”.
Detta previsione è stata successivamente abrogata dalla L.R. n.11 del 20 ottobre 2006, per
incompatibilità con i principi comunitari sulla selezione pubblica dei soggetti affidatari di
pubblici lavori e a seguito dei rilievi di organi competenti a pronunziarsi in materia (delibera
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n.1 del 14.01.004 della A.V.L.P., atto di avvio della procedura di infrazione n.2000/4837
notificato allo stato italiano dalla Commissione Europea il 30 marzo 2004, e provvedimento
n. 2987/08 dell’11.08.2006 emanato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).
In risposta all’invito della Commissione europea a procedere alla modifica della legge in
conformità ai principi comunitari, il Presidente della Regione Lazio p.t., Francesco Storace,
con nota del 23.03.2005 n. 24498, assicurava la disponibilità della Regione a procedere alla
predetta modifica, e così confermava il Presidente succeduto, Dr. Pietro Marrazzo, con nota
del 13 maggio 2005 n. 59834, atti in base ai quali la procedura di infrazione è stata archiviata.
La nuova L.R. n. 11/2006, emanata a termine del procedimento di revisione della L.R. n.
37/2002, ha sottratto alla ARCEA le funzioni relative alla esecuzione, manutenzione e
gestione della rete autostradale, che sono state riattribuite dalla Regione Lazio ad altra
stazione appaltante, ed ha abrogato il citato art. 5 sull’affidamento diretto dei lavori; tuttavia,
con una clausola di salvaguardia, contenuta nell’art. 7 della medesima legge, ha previsto che
restassero salvi “limitatamente alle prestazioni eseguite anteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge gli affidamenti della progettazione preliminare ed esecutiva del
corridoio autostradale Tirrenico Sud”.
In virtù del previgente art. 5 dell’abrogata L.R. n. 37/2002, tuttavia, si è compiuta e
formalizzata tutta la progettazione preliminare e definitiva relativa agli interventi sulle tratte
autostradali denominati Corridoio Tirrenico Meridionale (A12-Pontina-Appia) e Bretella
Cisterna-Valmontone.
Tale intervento era ricompreso nel primo programma delle opere strategiche da realizzarsi ai
sensi della “Legge Obiettivo” 27 dicembre 2001, n. 443, in armonia con quanto stabilito dalla
delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, approvativa del “1° Programma delle
infrastrutture strategiche”, e per esso la Regione aveva avviato l’iter procedurale per
l’ottenimento del contributo previsto dal D.lgs. n. 190/2002.
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Per tale intervento la Regione ha acquisito da ARCEA i progetti preliminari, connessi
all’originario progetto “Corridoio Tirrenico Meridionale”, che ARCEA ha direttamente
commissionato al socio di minoranza Consorzio 2050 (ad eccezione della progettazione
preliminare inerente la “Bretella Cisterna Valmontone” realizzata dalla società Mele
Engineering in R.T.I con la Pigreco s.r.l., di cui la Procura si occupa per una distinta e diversa
voce di danno, come si dirà appresso) mediante stipula dei seguenti contratti stipulati tra
ARCEA e Consorzio 2050:
- “contratto di servizi di assistenza per l’istruttoria e l’approvazione del CIPE dei progetti e
dei finanziamenti del Corridoio Tirrenico Meridionale tratto A 12 Pontina Appia Formia e
della tratta Cisterna Valmontone”, stipulato il 19.05.2004, dell’importo di euro 340.000,00
oltre IVA;
-“contratto di servizi di progettazione”, stipulato il 28.05.2004, per la progettazione
preliminare del collegamento A12 (Civitavecchia - Roma), in corrispondenza con lo svincolo
con l’autostrada Roma-Fiumicino, con la S7 (Via Appia), in corrispondenza di Formia, per
l’importo di euro 6.488.290,00, oltre IVA, per i servizi di progettazione, ed euro 707.980,00,
oltre IVA, per indagini topografiche, geognostiche, ambientali e di traffico. Con delibera n.
50 del 29/09/2004 il CIPE approvava entrambi i progetti preliminari e deliberava
l'assegnazione dei primi contributi in favore della Regione Lazio, imponendo a titolo di
condizione risolutiva alcune prescrizioni da osservare in sede di progettazione definitiva.
I progetti definitivi sono stati forniti alla Regione da ARCEA, con il consenso o
l’autorizzazione o la richiesta di diversi soggetti interni alla Regione, dalla fine del 2004 al
2010, sempre mediante affidamento diretto da parte della società al socio di minoranza:
a) in attuazione delle prescrizioni del CIPE è stato depositato un primo progetto definitivo
inerente lo stralcio del CTM, tratto Aprilia Nord – collegamento con Cisterna e della Bretella
Cisterna–Valmontone, consegnato a dicembre 2004, nonché un progetto definitivo di un
primo stralcio di quest’ultima, della lunghezza di km 12, fra l’interconnessione con il
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Corridoio Tirrenico e lo svincolo con la S.S.7 Appia. Quest’ultimo progetto stralcio fu
sottoposto alla Conferenza dei Servizi del 22 febbraio 2005 e ripresentato il 23 febbraio 2005,
recependone le indicazioni;
b) il 15 giugno 2005 ARCEA ha commissionato al socio di minoranza Consorzio 2050, con il
“contratto quadro per l’affidamento dei servizi di progettazione”, la progettazione definitiva
del Corridoio Tirrenico Meridionale e della Bretella Cisterna Valmontone, e con nota del 3
agosto 2005, n. 89/05, ARCEA Lazio S.p.A. ha comunicato tale iniziativa al Dipartimento
del Territorio della Regione Lazio.
Intervenivano, poi, modifiche del sistema normativo e di riferimento per la progettazione.
La Regione, infatti, nel luglio del 2005 modificava il disegno dell’intero sistema viario,
sostituendo il quadro del “Corridoio Tirrenico Meridionale”, del quale facevano parte i
progetti preliminari di ARCEA già approvati dal CIPE, con quello del “sistema integrato
intermodale asse pontino Roma (svincolo Pontina)–Latina Nord, bretella Cisterna
–Valmontone”, approvato dal C.I.P.E. nella seduta del 2 dicembre 2005, che ha costituito un
nuovo quadro di riferimento per la progettazione.
c) Un nuovo progetto definitivo è stato consegnato da ARCEA all’Amministrazione
Regionale, presso gli Uffici della Direzione Infrastrutture Assessorato Regionale ai Lavori
Pubblici, con nota del 16 dicembre 2005, n. 0122/05/A, in prima recezione delle nuove
indicazioni di cui al “sistema integrato intermodale Asse Pontino Roma (svincolo Pontina)
–Latina Nord, bretella Cisterna–Valmontone” approvato dal C.I.P.E. nella seduta del 2
dicembre 2005.
d) A richiesta della Regione, in recezione delle indicazioni fornite dal Tavolo Tecnico,
ARCEA, con nota 3 febbraio 2006 diretta all’Assessorato ai Trasporti ed alla Mobilità,
depositava una nuova versione del progetto definitivo.
e) Con nota 10 marzo 2006, n. GAB/2006/2194/B05, la Commissione del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio si era espressa in merito al progetto definitivo
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della Bretella Cisterna–Valmontone, rilevando che “il progetto definitivo è sensibilmente
diverso da quello preliminare oggetto di compatibilità ambientale e che le varianti hanno
significativo Impatto sull’Ambiente”, e aveva disposto, per tali motivi, l’aggiornamento dello
Studio di Impatto Ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso nei modi previsti dalla
legislazione vigente; seguiva l’intesa, sottoscritta l’8 novembre 2006 tra la Regione Lazio, il
Ministero delle Infrastrutture e l’ANAS, per la realizzazione del Progetto Integrato Corridoio
Intermodale Roma–Latina e Collegamento Cisterna–Valmontone, che poneva ulteriori
elementi di novità, alla luce dei quali sarebbe stata condotta per il futuro la progettazione dei
lavori interessati, della quale si occupava un Tavolo tecnico istituito nel luglio 2007 dopo il
cambio ai vertici politi della Regione.
f) A fronte di ciò, la Regione ha acquisito da ARCEA una ulteriore versione del progetto e i
documenti di progettazione suddetti, con nota del 30 luglio 2007.
Nel frattempo era già intervenuta la citata L.R. 20 ottobre 2006, n. 11, che, a termine del
procedimento di revisione della L.R. n. 37/2002, disponeva per la costituzione di una nuova
stazione appaltante in sostituzione di ARCEA (in attuazione della quale previsione era
costituita nel marzo 2008 la nuova stazione appaltante Autostrade Lazio, che si sostituiva ad
ARCEA “per l’affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e
gestione del Corridoio intermodale Roma-Latina e collegamento Cisterna Valmontone”, e la
delibera CIPE del n.50/2004 era, conseguentemente, sostituita dalla delibera n. 55 del
02.04.2008) e, all’art. 7, “bloccava” la posizione di ARCEA abrogando l’art.5 della L.R.
37/2002 e facendo salve le sole prestazioni di progettazione preliminare e definitiva del
corridoio autostradale Tirreno Sud eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della
legge (ottobre 2006).
Tuttavia, sempre su sollecitazione o autorizzazione della Regione a vari livelli, ARCEA ha
continuato a svolgere l’attività di progettazione definitiva e di integrazione progettuale,
commissionandola in via diretta al Consorzio 2050 e producendo ulteriori modifiche, sino
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alla versione del progetto definitivo depositata da ARCEA nel luglio 2009, con le successive
correzioni e integrazioni che si sono rese necessarie per l’approvazione del progetto
definitivo consegnato il 22 luglio 2010 (approvato dal CIPE nella seduta del 18 novembre
2010).
Ad esito di tale attività sono state avanzate pretese per la liquidazione delle competenze
inerenti la produzione degli elaborati progettuali redatti dal Consorzio 2050 e fatturati alla
ARCEA, e del parco progetti che ARCEA ha messo a disposizione della Regione Lazio (e del
nuovo affidatario, Autostrade Lazio s.p.a.).
Da un lato, sia ARCEA che Autostrade Lazio hanno attivato procedura arbitrale per il preteso
danno che entrambe lamentano prodotto dalla Regione Lazio, rispettivamente, la ARCEA,
per l’emanazione della nuova legge in violazione della precedente convenzione di
affidamento dell’opera del 21.05.2003, successivamente limitata alla sola fase della
progettazione (tale contenzioso esitava nel lodo arbitrale tra Consorzio 2050 e Regione Lazio
del 7 marzo 2012, con il quale la Regione era condannata al pagamento dei danni subiti dal
Consorzio 2050 oltre interessi e spese, nella somma complessiva di euro 42.745.402,64) e ,
Autostrade Lazio, per gli affidamenti che erano stati fatti direttamente ad ARCEA e da questa
al Consorzio 2050. Dall’altro lato, e per quanto concerne il presente giudizio, ARCEA ha
chiesto alla Regione Lazio la liquidazione del corrispettivo del parco progetti ceduto, ed ha
ottenuto la sua stima e liquidazione secondo quanto da lei stessa proposto (in base alla stima
del parco progetti effettuata nel luglio 2009 dalla società RSM, incaricata dalla stessa
ARCEA, in applicazione delle tariffe professionali) e la Regione ha interamente riconosciuto
tale determinazione con la sottoscrizione di un “Atto ricognitivo con effetto transattivo”
stipulato, previa delibera di autorizzazione della Giunta Regionale n. 661 del 07.08.2009, il 3
dicembre 2009 tra la Regione Lazio, in persona del Direttore del Dipartimento territorio p.t.,
Dr. Raniero Vincenzo De Filippis, ed i rappresentanti di ARCEA. In virtù di tale atto,
ARCEA si impegnava a consegnare tutta la progettazione e gli studi svolti, autorizzandone
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ogni utilizzo, a fronte del corrispettivo di euro 40.000.000,00 (euro 48.000.000,00 con IVA)
per tutta l’attività di progettazione svolta, e la Regione procedeva a pagare la differenza tra
tale valore e quanto già corrisposto con le precedenti liquidazioni, avvenute nel periodo 2005-
2007 (euro 18.012.593,20, comprensivi di Iva); il corrispettivo erogato a seguito dell’atto
transattivo del 2009 ammontava ad euro 29.987.406,82, liquidati dalla Regione con i mandati
di pagamento nn. 14589 e 14590 del 29.01.2010 a fronte della fattura di ARCEA n. 1/2009
del 03.12.2009.
A fronte di tali fatti, la Procura ha individuato due profili di danno erariale, che, in tesi,
sarebbe stato arrecato alla Regione Lazio nell’intera vicenda attinente l’affidamento e la
liquidazione dell’attività progettuale di ARCEA.
A. Sotto un primo profilo, la Procura formula rilievi critici in ordine alla stima degli elaborati
progettuali, compiuta a favore della società ARCEA dalla società RSM Italy.
Tale stima (euro 40.133.482,96 per il valore effettivo del complesso delle prestazioni di
progettazione, con la riduzione del valore pieno di euro 53.131.635,13 effettuata dalla società
in considerazione delle criticità, mancanze ed incompletezze riscontrate) sarebbe eccessiva,
in quanto, pur compiuta in base alle correnti tariffe professionali, non tiene conto dei“ ribassi
praticati su tali importi che determinano, negli atti di affidamento dei servizi di ingegneria di
pari importanza, significative economie per la stazione appaltante”; ne conseguirebbe che il
valore determinato sarebbe significativamente superiore al valore di mercato della
progettazione liquidata, che si assesta nel valore delle prestazioni diminuito del ribasso medio
praticato nelle selezioni operate per servizi equivalenti. A base di tale rilievo la Procura pone
la stima redatta dal CTP incaricato, Ing. Boeri, nonché ulteriori accertamenti svolti presso la
A.V.C.P. al fine di ottenere elementi comparabili con le prestazioni progettuali liquidate, ed
accertare quale fosse la percentuale media di ribasso praticata nell’ambito delle gare per
l’affidamento di prestazioni analoghe aggiudicate in tempi coincidenti con l’arco temporale
nel quale è stata redatta la progettazione della quale si tratta. In particolare, il CTP ha
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ulteriormente elaborato i dati acquisiti dalla A.V.C.P. relativi al periodo 2008-2010, tenendo
a punto di riferimento l’aggiudicazione alla S.p.a. Autostrade Brescia Verona Vicenza
Padova dei servizi di ingegneria per il tratto autostradale Autostrada A31-Trento-Rovigo,
tronco Trento-Valdastino-Piovene Rocchette tramite gara d’appalto, su una offerta di importo
similare a quello valutato per il parco progettuale valutato dalla RSM Italy, ed equivalente
sotto il profilo del contenuto della prestazione; il CTU rileva che, per l’affidamento dei
servizi di progettazione stradale, il ribasso medio offerto dalle società di ingegneria è
corrispondente al 49,78%, ed è di norma comunque superiore al 45% del valore della
prestazione professionale posta a base d’asta. Applicando tale percentuale di ribasso al valore
del parco progettuale complessivamente fornito dalla ARCEA come valutato dalla RSM
Italy, la Procura rileva che il suo valore effettivo di mercato si assesta, al netto di IVA, ad
euro 20.088.000,00, a fronte degli euro 40.000.000,00 stimati e liquidati, e che,
conseguentemente, la Regione Lazio avrebbe subìto un danno da mancato risparmio di euro
19.912.000,00. Tuttavia, da tale valore la Procura, ai fini della quantificazione del danno, ha
detratto la quota di ricavo lordo conseguito dalla medesima Regione Lazio quale socio di
ARCEA, calcolata in citazione in euro 3.728.617,65 in funzione della percentuale di
partecipazione azionaria della Regione (51%) al ricavo lordo conseguito da ARCEA; tale
ricavo è individuato nella differenza tra il corrispettivo liquidato al socio di minoranza
Consorzio 2050 per l’attività di progettazione da esso svolta (euro 32.688.985,00 oltre IVA,
come è documentato agli atti) ed il corrispettivo fatturato alla Regione Lazio per il parco
progetti ad essa fornito (euro 40.000.000,00 oltre IVA), e dunque in euro 7.311.015,00.
In conclusione, la Procura ha quantificato il danno concretamente arrecato alla Regione per
effetto della liquidazione del parco progetti di ARCEA, con detrazione di tale quota di ricavo
lordo, determinandolo in euro 16.183.382,35 (euro 19.912.000,00 – euro 3.728.617,65) al
netto di IVA, e, in definitiva, nell’importo di euro 19.420.058,82 comprensivo di IVA.
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La tesi della Procura è che tale danno costituisce un illecito erariale in quanto arrecato alla
Regione Lazio con comportamenti affetti da plurimi profili di illegittimità.
A.1 Osserva la Procura che la Regione, nell’“Atto ricognitivo” del 3 dicembre 2009 ha
pianamente accettato la stima della RSM Italy senza alcuna osservazione in merito al valore
ivi indicato, pur se esso era stato determinato da una società privata incaricata dalla stessa
ARCEA, parte in causa, e senza alcuna considerazione del valore di mercato delle prestazioni
di progettazione, inciso fortemente dal ribasso medio ordinariamente praticato. Per tale
motivo, la Procura ha inizialmente individuato, quali responsabili, il funzionario della
Regione Lazio che ha sottoscritto il predetto atto ricognitivo, nella specie Dr.Raniero
Vincenzo De Filippis, per aver sottoscritto l’atto nella sua qualità di Direttore pro tempore
del Dipartimento Territorio della Regione, ed i componenti della Giunta Regionale Lazio che
nella seduta del 7 agosto 2009 hanno approvato alla unanimità la deliberazione n. 661, che
accertava il valore della predetta progettazione sulla scorta della citata perizia della RSM
Italy e autorizzava il predetto De Filippis alla sottoscrizione dell’accordo, ai quali ha
notificato nel dicembre-gennaio 2014 un primo invito a dedurre; a seguito della relazione
integrativa del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma del 13 febbraio 2014, la Procura ha poi
emesso invito a dedurre integrativo e cumulativo a carico anche di ulteriori soggetti,
unitamente a quelli già destinatari del precedente, per complessivamente 24 posizioni, ed ha
chiesto ed ottenuto la proroga del termine per l’emissione dell’atto di citazione (ordinanze
n.13/2014 del 12 giugno 2014 e n.18/2014).
Definita in sede istruttoria e senza addebito la posizione degli altri soggetti, per la voce di
danno in questione il responsabile è stato definitivamente individuato, in citazione, nella
persona di Raniero Vincenzo De Filippis a titolo di dolo o colpa gravissima, in quanto
firmatario del predetto atto ricognitivo, nonché firmatario della nota/proposta della delibera di
Giunta n. 13484 del 24 luglio 2009, che costituisce l’antecedente della delibera di G.R. n.661
del 7 agosto 2009 con la quale è stato autorizzata la stipula dell’atto ricognitivo del 3
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dicembre 2009, nonché in ragione del fatto che, secondo la Procura, lo stesso De Filippis
sarebbe il soggetto a cui avrebbe fatto concretamente capo tutto l’iter procedimentale tecnico-
amministrativo culminato nella sottoscrizione del predetto atto ricognitivo, per cui nei suoi
confronti sarebbe escluso che detta sottoscrizione possa aver rappresentato un atto meramente
esecutivo del deliberato regionale.
A.2 Rileva, poi, la Procura che gli affidamenti diretti effettuati a favore di ARCEA e di
Consorzio 2050 sarebbero illegittimi per contrasto con la normativa comunitaria, come era
stato inequivocabilmente chiarito dai rilievi sollevati dalla A.V.C.P. (nella citata delibera n.1
del 14.01.004) e dalla Commissione Europea (nel citato atto di atto di avvio della procedura
di infrazione n.2000/4837, notificato allo stato italiano il 30 marzo 2004), e che
l’applicazione da parte di ARCEA della normativa sull’affidamento dei lavori pubblici, alla
quale era soggetta quale stazione appaltante, avrebbe invece garantito l’applicazione dei
ribassi medi percentuali su prezzi della progettazione stessa.
Pertanto, a titolo di corresponsabilità la Procura ha citato anche una serie di altri soggetti, per
il ruolo e le responsabilità che per servizio essi avevano, rispettivamente, in seno ad ARCEA
ed in seno alla Regione Lazio, in base alle quali, in tesi, essi avrebbero dovuto impedire tale
illegittima modalità di affidamento, e precisamente i rappresentanti della parte pubblica in
seno ad ARCEA, nelle persone dei Sig.ri Andrea Abodi, Presidente p.t. di ARCEA, Ruggiero
Borgia, amministratore delegato, Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta,
Consiglieri di parte pubblica componenti del C.d.A. di ARCEA. A tali convenuti la Procura
imputa che, pur consapevoli sin dal marzo 2004 del provvedimento della A.V.C.P., come
risulta dal verbale della seduta del C.d.A. del 17 marzo 2004 (nella quale l’A.D. Ruggiero
Borgia ne rappresentava ampiamente sia l’esistenza, che i contenuti, facendo specifico
riferimento alle osservazioni dell’Autorità sulla natura di organismo di diritto pubblico di
ARCEA ed alla necessità del rispetto, da parte sua, della normativa sull’affidamento con
procedura ad evidenza pubblica), nelle sedute del 28 maggio 2004 e del 19 maggio 2005 essi
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hanno espresso parere favorevole alla stipula dei relativi affidamenti diretti al Consorzio
2050, pur nella consapevolezza della loro illiceità; precisa la Procura che il Borgia, nella sua
qualità di A.D., è stato anche firmatario di tutte le scritture private intercorse tra il Consorzio
2050 ed ARCEA aventi ad oggetto l’affidamento diretto della progettazione preliminare ed
esecutiva.
A.3 Infine, rileva la Procura che tali affidamenti sono stati attuati dai predetti soggetti con il
concorso del comportamento equivoco e contraddittorio della Regione Lazio che, sul punto
dell’applicazione dell’art. 5 della L.R. n. 37/2002, ha omesso di indirizzare ai propri organi
ed ai rappresentanti di parte pubblica in seno ad ARCEA chiare direttive che fossero coerenti
con la linea di intervento che era stata assunta, invece, nei confronti della Comunità Europea.
In tesi, la Regione avrebbe tenuto un comportamento del tutto contraddittorio, da un lato
assicurando alla Commissione europea la modifica della citata disposizione, che tali
affidamenti diretti consentiva (note dei Presidenti p.t. Sig.ri Francesco Storace, del 23
febbraio 2005, e Pietro Marrazzo, del 13 maggio 2005) e, dall’altro, autorizzando ARCEA a
procedere all’affidamento diretto della progettazione definitiva integrata del Corridoio
Tirrenico Meridionale e della tratta Cisterna-Valmontone (nota del 3 maggio 2005 a firma
dell’Ing. Patrizio Cuccioletta, nella sua qualità di Capo Dipartimento del Territorio pro
tempore). In base a tale nota di autorizzazione, la ARCEA (contratto del giugno 2005)
procedeva all’affidamento al Consorzio 2050 anche della progettazione definitiva dell’opera
e delle fasi integrative e successive, in contrasto con i contenuti dei citati provvedimenti che
avevano ben evidenziato l’illegittimità dell’art. 5 della L.R. 37/2002 in base al quale tali
affidamenti erano stati fatti, per contrasto con la normativa comunitaria e con il dovere di
adeguamento ad essa, il cui rispetto era stato assicurato dalla Regione stessa alle rispettive
autorità emananti. Tale condotta costituirebbe un disallineamento inescusabile rispetto ai
parametri di legalità e buon andamento dell’agire amministrativo, in diretta violazione degli
obblighi di servizio incombenti a diverso titolo sui soggetti coinvolti, senza che per le loro
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azioni omissioni possa essere individuata una valida causa giustificativa. I responsabili sono
stati individuati nei seguenti:
- il Presidente della Regione Lazio p.t., Francesco Storace, nonché l’Assessore ai Trasporti
p.t. , Giulio Gargano, poiché essi non procedevano all’emanazione di alcun atto,
provvedimento o disposizione idoneo a conseguire in capo alla controllata ARCEA l’effettiva
osservanza delle disposizioni il cui rispetto, da parte della Regione, era stato invece
assicurato, nonostante essi fossero a conoscenza dell’indirizzo della Commissione Europea
sin dal marzo 2004, come dimostrerebbe il “fax urgentissimo” trasmesso alla Regione in
quella data dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea, fax registrato
a protocollo in entrata della Regione n. 977 del 30 marzo 2004, pervenuto alla Presidenza il 7
aprile e diramato, tra gli altri, anche all’On. Giulio Gargano, che anticipava la contestazione
della infrazione comunitaria;
-il Capo Dipartimento del Territorio della Regione Lazio, Fabrizio Cuccioletta, in quanto
firmatario della nota del 3 maggio 2005, diretta ad ARCEA, contenente l’autorizzazione alla
stipula diretta del contratto di progettazione definitiva con il Consorzio 2050.
Per tutti i convenuti, in conclusione, previa notifica dell’invito a dedurre integrativo e
cumulativo (ultima notifica dell’invito a dedurre in data 4 gennaio 2014 alla Sig.ra Tibaldi
Alessandra), e ottenuta con ordinanza n. 13/2014/IP del 12 giugno 2014 la proroga di 120
giorni del termine per l’emissione dell’atto di citazione, la Procura ha chiesto la condanna a
favore della Regione Lazio, a titolo doloso ed in via solidale, per complessivi euro
19.420.058,82 oltre rivalutazione, interessi legali dal deposito della sentenza fino al soddisfo
e spese di giustizia, comprensive dell’importo di euro 4.992,00 pari al costo della consulenza
tecnica di ufficio, e, in via subordinata, la condanna a titolo di colpa grave dei medesimi
convenuti nelle seguenti quote:
- il 40% del danno da ripartirsi in quote uguali tra i Sig.ri De Luca, Abodi, Serrentino, Saitta e
Borgia;
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- il 10% del danno a carico dei Sig.ri Storace e Gargano, ripartito in parti uguali tra loro;
- il 25% del danno a carico del Sig. Cuccioletta;
- il 25% del danno a carico del Sig. De Filippis.
B. Un ulteriore voce di danno, per l’importo di euro 438.062,14, è individuato dalla Procura
nella vicenda della soluzione transattiva del contenzioso intercorso tra la Regione Lazio e la
Mele Engineering s.p.a. in R.T.I con la Pigreco s.p.a., che ha portato alla determinazione del
valore della progettazione preliminare della “Bretella autostradale Cisterna Valmontone”.
In citazione si riporta una breve ricostruzione dei fatti, nella quale si rappresenta che la
Regione Lazio, nell’anno 1997, affidava al citato R.T.I la progettazione definitiva ed
esecutiva di tale tratto autostradale, e che, nel periodo successivo all’aggiudicazione, il R.T.I
rappresentava alla Regione la mancanza di un’adeguata progettazione preliminare, allo stato
insufficiente per poter procedere alle successive fasi di progettazione affidate. Il R.T.I si
dichiarava disposto al completamento della progettazione preliminare, e la Regione, con nota
n. 2778/32 del 5 agosto 1998 a firma dell’Ing. Raimondo Besson, nella sua qualità di
Direttore p.t. dei Sistemi Infrastrutturali dell’Assessorato Opere e reti di Servizi e Mobilità,
autorizzava il medesimo R.T.I. a procedere alla progettazione preliminare; a seguito di ciò, il
R.T.I sollecitava la stipula di un atto aggiuntivo, che però non è mai intervenuto, e, pure in
assenza di questo, nel settembre 2002 portava a termine e consegnava la progettazione
preliminare. Detta consegna era certificata dal R.U.P., Ing. Bernardo Maria Fabrizio,
firmando la nota n.34936 del 6 giugno 2003 nella quale si attestava che il R.T.I aveva
elaborato e consegnato il progetto preliminare relativo al collegamento tra l’Area Pontina e
Cisterna Valmontone. Sulla spettanza e la quantificazione del relativo compenso nasceva un
contenzioso, poi oggetto di procedura arbitrale nata nel 2004 e definita con la soccombenza
della Regione Lazio, condannata anche alle spese del giudizio arbitrale.
In tale ambito, la Procura rileva che la Regione, in persona dell’Ing. Luigi Raimondo Besson,
con la sua nota autorizzativa del 1998, determinava di fatto l’affidamento al R.T.I della
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progettazione preliminare, e l’Ing. Bernardo Maria Fabrizio, nella sua qualità di RUP,
certificando la consegna della progettazione preliminare con la sua nota del 2003, emetteva
un atto che, sempre di fatto, avrebbe assunto la valenza di una accettazione della
progettazione medesima da parte della Regione e favorito l’esito negativo del contenzioso
arbitrale, come indicherebbe anche il parere dell’Avvocatura regionale chiesto, all’epoca dei
fatti, dai competenti organi regionali per valutare l’opportunità di resistere in giudizio alle
pretese del R.T.I.., nel quale si afferma, testualmente, che “la certificazione del 6 marzo
2003… ove si attesta che il R.T.I ha eseguito e consegnato il progetto preliminare…può
assumere valenza giuridica di accettazione della prestazione resa..”. Rileva la Procura che
entrambi tali atti, non solo avrebbero disposto per l’esecuzione e l’accettazione di una
prestazione resa in esubero rispetto alle previsioni contrattuali, ma si sarebbero posti in
espresso contrasto con quanto disposto dalla Regione con la nota n. 7604 del 18 gennaio
1999, che chiedeva al R.T.I di astenersi da ogni ulteriore attività, e avrebbero determinato un
indebolimento della posizione della Regione nell’ambito dei rapporti contrattuali con il R.T.I.
e delle pretese di quest’ultimo, sicché entrambi i comportamenti si porrebbero quali elementi
concausali del danno inerente il contenzioso, che, dalla lettura del complesso tenore delle
argomentazioni controdeduttive che la Procura in citazione svolge avverso le deduzioni dei
due convenuti, è quantificato in funzione degli interessi da ritardato pagamento e delle spese
del giudizio arbitrale.
Per tale voce di danno, in conclusione, la Procura ha chiesto la condanna a titolo di colpa
grave a favore della Regione Lazio per euro 438.062,14, ripartiti a carico dei due convenuti
nelle seguenti quote:
- l’80% del danno a carico del Sig. Luigi Raimondo Besson;
- il 20% del danno a carico del Sig. Bernardo Maria Fabrizio;
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oltre rivalutazione, interessi legali dal deposito della sentenza fino al soddisfo e spese di
giustizia, rilevando, quanto al termine prescrizionale, di aver notificato atto di messa in mora
ex art. 1219 e 2943 il 17.11.2011 per il predetto importo.
Ha concluso la Procura per la condanna dei 9 convenuti per l’ipotesi di danno di cui alla
lettera A sopra, a titolo doloso in via solidale e per l’intero, o, in via subordinata, a titolo
gravemente colposo pro quota come sora indicato, alla somma di euro 19.420.058,82 a
favore della Regione Lazio, oltre a rivalutazione , interessi e spese del giudizio comprensive
di euro 4.992,00 per la perizia d’ufficio, e per la condanna dei due convenuti per l’ipotesi di
danno di cui alla lettera B sopra, a titolo gravemente colposo, pro quota, alla somma di euro
438.062,14 , oltre a rivalutazione ed interessi fino al soddisfo e spese del giudizio, sempre
comprensive del costo della perizia suddetta.
Francesco Storace si è costituito conferendo rappresentanza all’Avv. Francesco Scacchi, che
ha preliminarmente rilevato che l’arco temporale nel quale sono ascrivibili ipotetiche
responsabilità si estende necessariamente dal momento in cui il Presidente ha avuto
conoscenza del contrasto dell’art.5 della L.R. n. 37/2002 con la normativa comunitaria (4
aprile 2004, come dimostrerebbe il protocollo di entrata presso la Presidenza regionale) sino
2 maggio 2005 (data di nomina del successivo Presidente Piero Marrazzo), con due
conseguenze.
In primo luogo, sarebbe estranea qualunque imputazione concernente sia l’approvazione dei
progetti, che l’autorizzazione alla ARCEA a stipulare il progetto definitivo, di cui alle note
dell'Ing. P. Cuccioletta 186/2/01 del 28/01/2005, 322/2/01 del 16/02/2005, e 894/2/01 del
3/05/15, con le quali si invitava la società regionale a voler procedere alla progettazione
definitiva del progetto integrato del Corridoio Tirrenico Meridionale (Roma-Terracina), tutte
successive alla sua cessazione.
In secondo luogo, rimarrebbero prescritte le singole componenti del preteso danno derivanti
dai pagamenti effettuati dalla Regione ad ARCEA, con computo del termine dalla data dei
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singoli pagamenti (relativi alle Fatture n. 1/2005 del 1.04.2005, n. 1/2006 del 21.06.2006, n.
2/2006 del 12/07/2006, n. 1/2007 del 30.03.2007 e n. 2/2007 del 28.09.2007 per un totale di €
15.010.494,32 + IVA).
In merito al preciso addebito di tipo omissivo a lui contestato, di non aver provveduto
«all'emanazione di alcun atto, provvedimento o disposizione idonei a conseguire in capo alla
controllata ARCEA l'effettiva osservanza della posizione assunta dalla Commissione U.E. »,
ha rilevato, con tre ordini di censure:
- che la pretesa condotta attiva esulerebbe dai poteri forniti al Presidente della Regione Lazio
(così come alla sua Giunta e agli Assessori), che sarebbero limitati prettamente alla funzione
legislativa ed attuativa, e, semmai, potrebbero estendersi all’emanazione di atti autorizzativi
della stipula di accordi ma sulla base della riserva agli uffici tecnico amministrativi
competenti delle relative valutazioni discrezionali, con conseguente limitazione della
responsabilità, da ripartirsi tra gli organi elettivi e quelli burocratici secondo le rispettive
competenze e funzioni come espressamente dispone l'art. 1, comma 1 ter, della L. n.20/1994,
per il quale, nell'ipotesi in cui il (presunto) danno erariale sia derivato da atto (o omissione di
atto) di competenza degli uffici tecnici o amministrativi di una P.A., «la responsabilità non si
estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano ovvero ne abbiano
autorizzato o consentito l'esecuzione». In materia di rapporti tra Regione ed ARCEA, rileva
la difesa, in virtù della natura della società, della sua autonomia e dell’assenza di qualsiasi
disposizione che ponesse a carico di organi di indirizzo polito alcun potere di gestione o
controllo o indirizzo, sussisterebbe solo un potere di coordinamento della Regione, che nella
fattispecie era esercitato dal Dipartimento del Territorio, posto sotto la direzione dell’Ing.
Cuccioletta, il quale, infatti, risulta aver comunicato ad ARCEA le autorizzazioni di cassa
previste nella Legge di Bilancio Regionale (approvata dal Consiglio Regionale) e le ulteriori
disposizioni con le citate note autorizzative a sua firma;
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- che mancherebbe un nesso causale tra l’imputata condotta omissiva ed il presunto danno
erariale della Regione, atteso che la successiva Legge Regionale 11/2006, che ha proceduto a
modificare l’art. 5 citato per renderlo compatibile con le prescrizioni dell’ordinamento
comunitario, ha comunque previsto all’art.7 che «restassero salvi limitatamente alle
prestazioni eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, gli
affidamenti della progettazione preliminare ed esecutiva del Corridoio autostradale Tirrenico
sud», e che tale clausola di salvezza, che legittimava ARCEA a proseguire nella realizzazione
della progettazione dell'opera, in ragione degli affidamenti già ottenuti, avrebbe trovato il
vaglio positivo della Commissione Europea, come dimostrerebbe l’avvenuta archiviazione
della procedura di infrazione; rimanendo detti affidamenti legittimi, non ci sarebbero stati
effetti diversi nell'iter di pagamento delle opere di progettazione ARCEA-CONSORZIO
2050, consegnati nel novembre 2003 e si sarebbe comunque giunti il 3/12/2009 alla
sottoscrizione dell'Atto Ricognitivo;
- sempre alla mancanza di nesso causale può ascriversi un’ulteriore argomentazione del
convenuto, e cioè che gli organi direttivi di ARCEA erano autonomamente a conoscenza
della richiesta della Commissione U.E. di avviare una procedura d’infrazione per la gestione
nell'affidamento diretto dei lavori, e che, per quanto detto sopra sull’assenza di ogni potere di
intervento diretto o sollecitazione da parte della Presidenza regionale, ogni iniziativa in
merito non poteva che provenire dai suoi propri organi, tanto più che, rileva la difesa, in virtù
dello stesso art. 5 della L.R. 37/2002 ARCEA aveva la facoltà, non l’obbligo, di avvalersi del
socio di minoranza per l'esecuzione dei lavori;
- che, infine, il comportamento ascritto non potrebbe dirsi "grave", non configurando una
macroscopica ed inescusabile negligenza ed imprudenza nell'espletamento delle mansioni e/o
nell'adempimento dei propri doveri istituzionali;
La difesa di Storace ha contestato anche la sussistenza del preteso danno, censurando le
risultanze della perizia del CTU utilizzata dalla Procura per la quantificazione del danno
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erariale ed il metodo di quantificazione del prezzo delle prestazioni progettuali; si sostiene
che il CTU avrebbe semplicemente applicato la percentuale di ribasso sul prezzo delle
prestazioni progettuali (euro 40.000.000,00), mentre questo deve invece essere determinato in
base al valore dell’opera da realizzare, incidendo per una percentuale spesso di circa il 4-5%
sul costo totale (come dimostrerebbe il caso citato dal C.T.P. relativo alla progettazione dell'
"Autostrada A31 Trento—Rovigo, tronco Trento-Valdastico-Piovene Rocchette", in cui, su
un costo totale dell'opera di € 1.395.806.806,89, la progettazione definitiva messa a base
d'asta fu fissata in € 66.270.794,01, pari, appunto, al 4,75% del prezzo totale dell'opera); su
tale costo andrebbe poi applicata la percentuale di riduzione. Applicando tali criteri, atteso
c he i l c os to s t ima to a ba se de l l ' a ppa l to e s i cu re zza de l l 'Au tos t rada Roma
Latina—Cisterna—Valmontone è stato di € 1.882.000.000,00 (approvazione del progetto
definitivo di cui alla delibera CIPE n. 88 del 18/11/10 pubblicata sulla GU 26.8.11), il prezzo
a base d'asta per i servizi di ingegneria sarebbe potuto/dovuto oscillare fra € 75-96 milioni (il
4-5% del totale); applicando il ribasso medio percentuale del 49,78%, si giungerebbe ad un
costo di progettazione di euro € 37-48.000.000,00. Ne conseguirebbe che la somma
complessiva di € 40.000.000,00 netti, versata dalla Regione ad ARCEA, rimarrebbe
assolutamente congrua rispetto ai valori di mercato, se non addirittura minore, atteso che essa
risulta pari ad appena il 2,13% del totale previsto per l'opera (sia per la progettazione
preliminare sia definitiva).
Ha concluso la difesa, in via principale, per l’assoluzione di Francesco Storace e, in
subordine, per la condanna a corrispondere l'importo minore che sarà accertato in corso di
giudizio in considerazione non solo della condotta generale tenuta da medesimo, ma
soprattutto dell'errata interpretazione del danno da parte dell'accusa.
Giulio Gargano si è costituito eccependo pregiudizialmente la nullità dell’atto di citazione
ex art. 17, comma 30-ter, del D.L. n.78/2009, convertito con modifiche nella legge 3 agosto
2009, n. 102, e s.m.i., in quanto sarebbe privo del presupposto della notizia di danno specifica
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e concreta, la nullità ex artt. 163 e 164 c.p.c.. per assoluta indeterminatezza del suo contenuto,
in quanto non sarebbe individuato il contributo causale di Gargano nella vicenda, ed in via
preliminare ha eccepito la prescrizione del danno, indicando a termine di decorrenza la data
del pagamento da parte della Regione Lazio in favore di ARCEA di una somma pari ad e
9.212.593,20, avvenuta il 01.04.2005. Nel merito ha sostenuto che non sarebbe a lui
imputabile, nella sua qualità di assessore ai lavori pubblici, alcuna colpa grave, né in
relazione al danno da mancato risparmio (in quanto non ha partecipato alla redazione della
perizia), né in relazione all’imputazione di essere stato a conoscenza della procedura di
infrazione della comunità europea sin dal aprile 2004, sulla quale egli non aveva alcuna
competenza, nonché la non incidenza della sua condotta sotto il profilo causale (in quanto
ARCEA stessa era a conoscenza della procedura sin dal mese precedente, e si sarebbe
comunque autonomamente determinata), oltre che l’inesistenza di alcun danno collegabile a
detta procedura, attesa la sua archiviazione. Ha concluso per la dichiarazione di nullità
dell’atto di citazione e per il proscioglimento in accoglimento dell’eccezione di prescrizione,
e nel merito per la assoluzione o per l’esercizio del potere riduttivo da parte del Collegio.
Patrizio Cuccioletta si è costituito eccependo preliminarmente la prescrizione dell’azione, e
comunque la prescrizione parziale, relativamente alla quota di danno riferibile alla somma di €
18.012.593,20, corrisposta in favore di ARCEA nel biennio 2006-2007, e, nel merito, ha chiesto
l’assoluzione per insussistenza di tutti i presupposti della responsabilità nei suoi confronti,
poiché :
- non sussisterebbe il nesso causale con il danno da mancato risparmio, che sarebbe da
ricondurre alla sottoscrizione dell’Atto ricognitivo del 2009, al quale egli è stato del tutto
estraneo perché ha ricoperto l’incarico di Direttore del Dipartimento del Territorio della
Regione Lazio dal 7 ottobre 2002 al 3 agosto 2005 (alla data dell’atto ricognitivo la carica era
ricoperta dal suo successore Dr. Raniero Vincenzo De Filippis, al quale sarebbe imputabile la
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valutazione di congruità della stima degli elaborati progettuali effettuata dalla società RSM
Italy);
- non sussisterebbe alcuna colpa grave, né nell’aver inviato ad ARCEA la nota prot. n.
894/2/01 del 3 maggio 2005 a sua firma, la quale, contrariamente alla prospettazione della
Procura, non avrebbe contenuto una autorizzazione a procedere all’affidamento diretto, ma
un sollecito ad ARCEA a procedere alla progettazione esecutiva in conformità alla delibera
CIPE, senza alcuna indicazione sulla specifica modalità di affidamento di tale fase
progettuale, che è rimasta nella scelta della ARCEA stessa, né nel comportamento omissivo
contestato dalla Procura, in quanto la disapplicazione di una vigente normativa regionale –
mediante l’adozione di comportamenti atti ad evitare che ARCEA procedesse ad affidamento
della progettazione definitiva - avrebbe comportato, al suo livello decisionale, una violazione
dei doveri di ufficio, tenuto conto delle competenze di natura meramente esecutiva
demandate all’ufficio tecnico al cui capo egli era posto, le quali comportavano in assenza di
ogni indicazione da parte del vertice regionale, la necessità di adottare atti in conformità alla
vigente L.R. n. 32/2002 ed agli atti e convenzioni già posti in essere dalla Regione
(Convenzione stipulata in data 21 maggio 2003, disattendendo gli obiettivi fissati nell'Intesa
Generale Quadro del 20 marzo 2002); la Procura non avrebbe, poi, dimostrato il presupposto
della colpa grave che trae dalla pretesa conoscenza, da parte del Cuccioletta,
dell’orientamento assunto dalla Commissione europea sulla L.R. n. 32/2000, in quanto il fax
del 19 aprile 2005 della Rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione Europea,
concernente la procedura di infrazione, non era a lui diretto, bensì all'Ing. C. Costanzo, a capo
della Direzione Regionale Infrastrutture all'epoca dei fatti;
- non sussisterebbe alcuna contraddittorietà tra il preteso comportamento omissivo e
l’indirizzo assunto dal Presidente della Regione verso la Commissione Europea, atteso che
con la nota a sua firma, n. 24498 del 23 febbraio 2005, il Dott. Francesco Storace avrebbe
assicurato l’impegno della Regione a procedere alla modifica della L.R. 32/2002 quanto
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all’affidamento dei lavori, e non alla modifica fase progettuale, che, infatti, ha costituito
oggetto di clausola di salvaguardia nella successiva L.R. n.11/2006;
-infine, il danno sarebbe stato quantificato in misura eccessiva, dovendosi considerare che per
le stesse previsioni della legge obiettivo n. 190/2002, nell’ambito della cui attuazione i
progetti erano stati approvati ed affidati, sarebbe stato possibile per l’amministrazione, per
contenere i tempi procedimentali ed in virtù delle specifiche procedure introdotte dal D.lgs. n.
190/2002) e dell’art. 1, comma 2, lett. h), della 1. n. 443/2001, procedere in deroga "alla
vigente disciplina in materia di aggiudicazione di lavori pubblici e di realizzazione degli
stessi" al fine di "favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti
giuridici" , sì che dovrebbe tenersi conto, non già del ribasso medio del 49,78% offerto nel
corso di ordinarie gare d'appalto, bensì di quello applicato nell'ambito di situazioni
"emergenziali". Ha concluso per la dichiarazione di nullità della citazione, per l’accertamento
della prescrizione, per l’assoluzione del convenuto nel merito e, in via subordinata, per
l’applicazione del potere riduttivo.
Raniero Vincenzo De Filippis ha pregiudizialmente eccepito la nullità dell’atto di citazione
per non sussistere “notizia specifica e concreta di danno” negli articoli di stampa che hanno
sollecitato l’iniziativa della Procura, e, preliminarmente, la prescrizione dell’azione maturata
alla data di notifica dell’invito nei suoi confronti (07.11.2013), con riferimento agli
affidamenti ad ARCEA avvenuti negli anni 2002-2006 , rilevando che la Corte dei conti si
era già interessata della vicenda, come si evincerebbe dalle note di richiesta di
documentazione inviate alla Regione Lazio nel 2006 delle quali, affermando di aver
inutilmente presentato domanda di accesso, chiede l’esibizione in giudizio ai sensi dell’art.14
del R.D. 13.08.1933, n. 1038 – o, in subordine, con riferimento ai pagamenti avvenuti dal
2005 al 2007, in quanto essi non avrebbero costituito meri acconti rispetto al totale saldato,
ma autonomi corrispettivi liquidati ad ARCEA per singoli progetti.
Nel merito ha contestato ogni responsabilità in ordine ai due atti a lui imputati, la proposta di
deliberazione di G.R., di cui alla nota n. 13484 del 24 luglio 2009, avente ad oggetto
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l’“autorizzazione alla stipula con ARCEA Lazio s.p.a. di un Atto ricognitivo con effetto
transattivo”, e la sottoscrizione del predetto atto ricognitivo del 2009, in quanto, sotto il
profilo della legittimità, tali atti sarebbero conformi alle previsioni delle leggi regionali n.
37/2002 e n. 11/2006, tanto più che le delibere del CIPE avrebbero subordinato l’indizione di
procedure di gara per l’affidamento in concessione della progettazione esecutiva e
costruzione delle opere alla definizione di ogni forma del contenzioso in essere; nel merito,
ha sostenuto che l’unico criterio per la determinazione di tali prestazioni era quello di
computarle in base alle tariffe vigenti, secondo gli impegni assunti con i contratti del 2004 e
del 2005, che la pretesa diseconomicità non sarebbe comunque sindacabile in assenza di una
illegittimità ad essa afferente, come nella fattispecie, e, comunque, essa costituirebbe
l’oggetto di una valutazione di merito dell’amministrazione nell’ambito della sua autonomia
contrattuale e discrezionalità, effettuata anche alla luce della comparazione con il costo delle
medesime in caso di contenzioso, motivo per cui la scelta sulla sua determinazione
esulerebbe anche dal sindacato di questa Corte, avverso al quale la difesa solleva
espressamente censura di difetto di giurisdizione (richiamando anche l’ordinanza della Corte
di Cassazione n. 16249/2014, che negherebbe tale giurisdizione anche sotto il diverso profilo
della attinenza al giudice ordinario delle questioni sulla corretta determinazione del
corrispettivo in esecuzione di un contratto di cui sia parte l’amministrazione, e SSUU n.
3349/2004). Ha contestato di aver svolto un ruolo determinante nell’adozione di tali atti,
poiché, diversamente da quanto prospetta la Procura, la nota n.13484 del 24/07/2009 non
sostanzierebbe una “proposta” relativamente alla successiva deliberazione della Giunta n. 661
del 07.08.2009 di quantificazione delle prestazioni di ARCEA, bensì un atto preparatorio
definito uno “schema di deliberazione”, redatto ai sensi dell’art. 65, comma 2, del Reg.reg. n.
1/02 di riorganizzazione degli uffici della Giunta regionale e, comunque, proveniente dal
Dirigente regionale e sottoscritto anche dal RUP, dal quale si evincerebbe anche la
provenienza della proposta dall’Assessorato ai lavori pubblici; la difesa cita anche la nota
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diretta ad ARCEA a firma degli Ing. Fabrizio e Meiattini, n.143098/2D/00 del 22/07/2009,
con al quale si anticipava sia l’intenzione della Regione di addivenire alla sottoscrizione di un
atto transattivo, sia l’importo del medesimo, a dimostrazione del fatto che entrambe le
decisioni sarebbero già state prese prima della nota a sua firma, e che quest’ultima si
presenterebbe, dunque, come mero atto conseguenziale ed attuativo delle previsioni del
regolamento. Ha concluso “per il rigetto della domanda per tutti i motivi sopra indicati”,
previo accoglimento della istanza istruttoria e previa integrazione del contraddittorio con i
soggetti coinvolti nei medesimi fatti a lui imputati, e, in via subordinata, per l’esercizio del
potere riduttivo dell’addebito.
Andrea Abodi e Ruggiero Borgia si sono costituiti tramite l’Avv. Costantini ed hanno
eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione, sostenendo che il preteso danno da
mancato esperimento della gara pubblica inciderebbe direttamente sul patrimonio di ARCEA
e non su quello della Regione Lazio, nonché la prescrizione dell’azione erariale, sia con
riferimento al danno collegabile alla stipula dell’Atto ricognitivo (dovendosi identificare
come primo atto interruttivo della prescrizione la notifica dell’atto di citazione, avvenuta nei
loro confronti il 2 febbraio 2015, e individuare, quale termine iniziale di decorrenza, la data
della stipula della transazione, il 3 dicembre 2009), sia per la parte di danno afferente i soli
contratti del 2004 e 2005 (gli unici atti compiuti nel periodo in cui essi erano in servizio),
poiché questo ultimo sarebbe comunque prescritto, assumendo come termine iniziale quello
della relativa stipula. Nel merito, quanto al danno correlabile all’atto ricognitivo del 2009, al
quale essi sono rimasti estranei, hanno sostenuto l’assenza di ogni nesso causale con gli
affidamenti diretti del 2004 e 2005, i quali ne costituirebbero un mero antecedente storico
privo di autonoma rilevanza causale, mentre gli antecedenti aventi diretta rilevanza causale
sul predetto atto andrebbero, invece, correttamente identificati nella Delibera della Giunta
della Regione Lazio n.661 del 7 agosto 2009, con la quale si diede "mandato al Direttore del
Dipartimento Territorio di sottoscrivere con ARCEA Lazio Sp.a. il predetto "Atto
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Ricognitivo", e nella delibera CIPE n.55/2008, di sostituzione della società interamente
pubblica "Autostrade del Lazio" alla Regione Lazio quale "soggetto aggiudicatore" della
Roma-Formia e della Cisterna-Valmontone, con la quale l’autorità, valorizzando la
progettazione sino a quel momento sviluppata da ARCEA, avrebbe fatto integralmente salva
la progettazione fino a quella data sviluppata dalla ARCEA medesima, limitandosi a
rideterminare il termine entro il quale i progetti definitivi avrebbero dovuto essere sottoposti
al CIPE. Quanto, invece, agli affidamenti diretti del 2004 e 2005, la difesa ne sostiene la
perfetta legittimità, sia richiamandosi all’art. 7 della L.R. n.11/2006, sia con riferimento alle
originarie previsioni dell’art.5 della L.R. n.32/2002 in base al quale essi erano stati conferiti,
sostenendo che ARCEA non avrebbe costituito un organismo di diritto pubblico soggetto alla
disciplina comunitaria sugli appalti. Sostiene la difesa, inoltre, l’assenza di dolo e colpa
grave, sia per essere al tempo controversa l’identificazione della figura dell’organismo di
diritto pubblico e, conseguentemente, la titolarità in capo ad ARCEA di doveri di procedere
ad affidamenti con selezione pubblica, sia perché gli amministratori di ARCEA avrebbero
comunque dovuto dare prevalenza al dovere di attuare l’oggetto sociale, e dar corso alla
attività di progettazione nei modi in cui essa era disciplinata e procedimentalizzata dallo
Statuto e dalla legge regionale, non potendo essi percorrere la strada di individuare in altro
soggetto un diverso affidatario, sia in quanto, come specificatamente si afferma, “la
percezione soggettiva che, in quel dato contesto, il Borgia e l'Abodi maturarono sulla
correttezza e conformità a legge del proprio operato non può non aver risentito delle pressanti
richieste della Regione Lazio in ordine al celere avanzamento della progettazione, in
occasione delle quali nessuna perplessità o riserva sulle modalità di selezione del progettista
fu mai avanzata da chicchessia” (richiama la difesa la nota del Dipartimento del Territorio
del 3 maggio 2005 prot. n.894/2/01, nella quale la Regione confermava il proprio pieno
consenso ed interesse all'avvio della "progettazione definitiva integrata del Corridoio
Tirrenico Meridionale (....) e della Cisterna Valmontone così come previsto dall'ordinanza del
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CIPE approvativa dei relativi progetti preliminari" e comunicava ad ARCEA che "codesta
Società può procedere all'affidamento della progettazione definitiva integrata del Corridoio
Tirrenico Meridionale (Roma- Terracina) e della Cisterna—Valmontone così come previsto
dalla delibera del CIPE approvativa dei relativi progetti preliminari finalizzato al pagamento
di tutte le attività da quest'ultima svolte relativamente alle progettazioni ed agli studi resi e
serviti alla Regione per l'istruttoria e l'approvazione in sede CIPE dei progetti preliminari e
definitivi e relativi studi, riferiti al progetto integrato "Corridoio Tirrenico Meridionale" (oggi
Roma—Latina) e collegamento Cisterna—Valmontone, di cui alla deliberazione CIPE
n.50/2004". Nemmeno sarebbe configurabile una colpa per aver essi omesso di rilevare il
preteso danno da mancata applicazione delle percentuali di ribasso in detti contratti, poiché,
quanto ai due contratti preliminari, “la delibera CIPE n. 50/2004, oltre ad approvare i progetti
preliminari, aveva approvato anche il Piano Economico Finanziario”, e, quanto al definitivo,
il relativo contratto era stato preceduto dalla approvazione da parte del Comitato Tecnico
Consultivo Regionale, istituito con legge regionale 8 novembre 1977 n.43 (poi sostituito dal
Comitato regionale per i lavori pubblici, istituito con Legge Regionale 31 gennaio 2002 n. 5)
di un apposito modello tariffario (doc. 36 difesa), poi effettivamente applicato per
determinare il detto corrispettivo”, e comunque in quella sede era stato altresì applicato un
coefficiente di riduzione del 22%”. Ha sostenuto, infine, l’assenza del preteso danno,
producendo una "Valutazione economica della progettazione preliminare e definitiva della
stima del valore di ribasso medio atteso del mercato per gare di affidamento dei servizi
d’ingegneria", commissionata alla Società Proto Check a r.l, che individua diversamente il
ribasso da applicare al valore della progettazione fornita alla Regione Lazio, sostenendo che
per “ una progettazione di qualità, non può e non deve passare il principio che una gara di
progettazione, qualunque essa sia, con un valore a base d'asta correttamente stimato, possa
essere assegnata con ribassi maggiori del 25%/30%”, e ha confutato la perizia del CTU in
quanto “errata per la quantificazione delle percentuali di ribasso offerte per il progetto
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preliminare, in quanto il periodo analizzato è diverso (2004-2008, e non 2003) dal momento
temporale dell'eventuale gara, ed è limitativa per la quantificazione delle percentuali di
ribasso offerte per il progetto definitivo e SIA, in quanto il periodo analizzato è in parte
diverso (2004-2008 e non 2005) dal momento temporale dell'eventuale gara di selezione.” Ha
concluso la difesa per l’accertamento del difetto di giurisdizione, per la dichiarazione
dell’intervenuta prescrizione, per il rigetto della domanda in quanto infondata o, in subordine,
per l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito.
Si sono costituiti e difesi anche Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta,
componenti del C.d.A. di ARCEA.
La difesa di Flavio De Luca ha eccepito in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione a
favore del giudice ordinario, per mancanza di rapporto di servizio tra ARCEA e Regione
Lazio e perché il preteso danno sarebbe stato arrecato direttamente ad ARCEA. Nel merito,
dopo aver precisato di aver ricoperto la carica di consigliere di Amministrazione di Arcea dal
21 maggio 2003 al 15 settembre 2006, ha sostenuto la legittimità degli affidamenti diretti del
2004 e 2005, avvenuti in base alla gara a doppio oggetto (vinta dal Consorzio 2050 “socio
privato non solo finanziatore degli interventi ma anche, almeno in parte, esecutore”) sia in
quanto i minimi tariffari all’epoca dei fatti erano inderogabili, sia in quanto Arcea non
sarebbe stato un organismo di diritto pubblico tenuto all’espletamento di gara pubblica, nella
vigenza dell’art. 5, comma 3, della L.R. n. 37/2002 e della L.R. n. 11 del 20 ottobre 2006,
che avrebbe conservato salvezza agli affidamenti; ad esclusione della colpa grave ha
richiamato la nota della Regione Lazio del 3 maggio 2005 già citata sopra, autorizzativa alla
progettazione, e l’efficacia non vincolante della delibera della AVCP del 2004, nonché la non
prevedibilità dell’evento dannoso. Ha contestato sia la sussistenza e attualità del danno,
rilevando che nella stessa delibera regionale n. 661 del 7 agosto 2009 si legge che l'importo
corrisposto dalla Regione ad Arcea riceverà "copertura finanziaria nell'ambito di quanto
Autostrade del Lazio S.p.A. corrisponderà alla Regione relativamente ai finanziamenti di cui
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alla deliberazione CIPE n. 50 del 2004 tramite idonea operazione di bilancio", sia la
sussistenza del nesso causale tra gli affidamenti del 2004 e 2005 ed il corrispettivo versato ad
ARCEA in virtù dell’atto transattivo, dovuto a diverse e maggiori attività progettuali
commissionate dopo le delibere cui l'Avv. de Luca ha partecipato e che avrebbero fatto
lievitare i costi della progettazione, dai 18 mln di euro iniziali, ai 40 mln di euro, poi
riconosciuti come complessivamente spettanti per l'intera progettazione. Sarebbe errata
anche la quantificazione del preteso danno, sia per eccessività della percentuale di ribasso
applicata dal CTU, considerando che nel 2005 i ribassi medi si sarebbero invece attestati
intorno al 19%, sia perché non avrebbe tenuto conto che ai 18 mln di euro si era pervenuti già
a seguito del ribasso del 22%. Ha concluso, in via pregiudiziale, per il difetto di giurisdizione,
in via subordinata e nel merito per l’improcedibilità e/o l'inammissibilità e, in ogni caso,
l'infondatezza della domanda .
Roberto Serrentino si è costituito sollevando le medesime censure in tema di giurisdizione
(difetto di giurisdizione sull'azione di responsabilità degli amministratori di una società
partecipata per il danno inferto al patrimonio della società) e prescrizione dell’azione
(individuando il termine di decorrenza nel 29 gennaio 2010, ovverosia dal giorno in cui
l'Amministrazione Regionale ha emesso i mandati di pagamento nn. 14589 e 14590, e con
riferimento al primo atto interruttivo da individuarsi nella notifica dell’atto di citazione, il 12
febbraio 2015). Nel merito ha rilevato l’estraneità del Serrentino, quale membro del
Consiglio di Amministrazione dell’Arcea Lazio S.p.A., a qualsivoglia attività riferibile alla
stipula dell'atto ricognitivo sottoscritto il 3 dicembre 2009, ha sostenuto la legittimità degli
affidamenti diretti del 2004 e 2005 con considerazioni analoghe a quelle già sopra riportate in
merito alla doverosità di medesimi, che la difesa svolge anche ai fin di escludere non solo il
dolo, che afferma non provato, ma anche la colpa grave (vincolatività dell’indirizzo
regionale, necessità di dare attuazione all’oggetto sociale, portata non vincolante sia della
delibera AVCP, peraltro gravata da impugnazione sia dall'Amministrazione Regionale, che
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dall’Arcea Lazio S.p.A., che della procedura di infrazione europea, previsione espressa di
legge regionale e, semmai, incertezza normativa sull’indirizzo da intraprendere in materia di
affidamenti). Infine, ha contestato la sussistenza del danno, sia per la congruità della
valutazione del parco progetti eseguita da RSM, sia in quanto l’esborso sarebbe stato
comunque inferiore a quello che si sarebbe presumibilmente dovuto liquidare a seguito di
azioni contenziose del Consorzio 2050 avverso ARCEA. Ha concluso per l’accertamento del
difetto di giurisdizione e, nel merito, per l’improcedibilità e/o l'inammissibilità e, in ogni
caso, l'infondatezza della domanda .
Aurelio Saitta si è costituito precisando di aver svolto attività quale consigliere di parte
pubblica dal 2003 al 30 giugno 2006, ed ha eccepito pregiudizialmente il difetto di
giurisdizione, sotto i medesimi profili sopra esposti per le altre difese, la nullità dell’atto di
citazione e degli atti istruttori compiuti in assenza di una notizia di danno qualificata, la
prescrizione del danno computata dalla piena conoscenza da parte della Corte dei conti della
problematica ARCEA sin dal 2006. Nel merito, ha sostenuto la legittimità degli affidamenti
diretti, la mancanza di alcun profilo soggettivo di addebito e la mancanza del nesso causale,
facendo riferimento alla doverosità degli stessi con argomentazioni analoghe a quelle sopra
esaminate per le altre difese. Ha richiamato, a ulteriore giustificazione, i verbali delle
assemblee ordinarie tenute nelle sedute del 22 dicembre 2004 (il verbale sarebbe chiaramente
illustrativo della posizione della Regione manifestata da Gargano in quella sede), del 17
febbraio 2005 (seduta nella quale egli avrebbe espressamente rilevato agli amministratori
l’opportunità di agire diversamente, perlomeno non procedendo agli affidamenti o dell’uso
della progettazione), e dell’11 maggio 2005 (seduta alla quale il Saitta, interrogandosi
sull’opportunità di percorrere la strada dell’affidamento degli incarichi di progettazione,
avrebbe considerato la possibilità di sospendere momentaneamente l’affidamento degli
incarichi di progettazione, nell’attesa di un previo confronto volto a verificare l’effettivo
gradimento dell’attuale maggioranza politica”, posizione mantenuta anche nell’intervento alla
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seduta del 12 luglio 2005). Ha rilevato, inoltre, che “risulta quanto riportato nella perizia
Boeri (pagine 103 e seguenti) nella quale viene scritto, testualmente, “dalla Memoria
dell’Ing. Antonio Mallamo, Consulente Tecnico di Parte della Regione Lazio nella
controversia insorta con il Consorzio 2050, emerge che gli Uffici Regionali (l’Assessore ai
Trasporti e Lavori Pubblici ed il Direttore Infrastrutture dello stesso Assessorato della
Regione Lazio), al fine di acquisire rassicurazioni sulle possibili lesività della Legge
Regionale nei termini esposti dall’ANCE, chiese delucidazioni a un professionista esterno,
nella fattispecie l’Avv. Mario Rocco (Racco). L’Avv. Rocco (Racco) nel parere reso il 9
settembre 2003 chiarì che la Legge Regionale 37/2002 si muoveva all’interno della disciplina
generale di cui al D.Lgs. n.190/2002 (di attuazione della Legge 443/2002) e, pertanto, non
solo ARCEA poteva effettuare direttamente i lavori relativi all’Oggetto Sociale, ma tutte le
preoccupazioni espresse dai Servizi della Commissione Europea erano prive di fondamento,
cosi come le affermazioni dell’ANCE”. Ha infine contestato la sussistenza del danno,
riferendo la stima della società Protos Check, della quale ha chiesto l’acquisizione. Ha
concluso pregiudizialmente per l’accertamento della nullità degli atti istruttori e per la
dichiarazione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti, e, nel merito, per l’assoluzione
per insussistenza dei fatti contestati, per mancanza di nesso causale e per mancanza di dolo e
colpa grave, e, in estremo subordine, per la prescrizione del presunto danno erariale.
B. L'Ing. Luigi Raimondo Besson e l'Ing. Bernardo Maria Fabrizio si sono costituiti
tramite l’Avv. Alberto Costantini precisando, in punto di fatto, che il danno loro ascritto trova
origine nel lodo arbitrale del 7 ottobre 2005, con il quale il Collegio arbitrale accolse "...la
domanda proposta dalla società Mele Engineering in ordine al credito residuo vantato nei
confronti della Regione Lazio per l’elaborazione del progetto preliminare e per l'attività
svolta per la redazione dello studio di impatto ambientale, condannando la Regione Lazio al
pagamento della somma di euro 5.662.161,21, oltre gli interessi legali dalla data della notifica
della domanda di arbitrato, e condannando altresì la Regione Lazio al pagamento delle spese
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di giudizio che liquida nella somma di €15.000,00 e alle spese di funzionamento del Collegio
arbitrale e agli onorari degli arbitri, che vengono liquidati con separata ordinanza".
Hanno eccepito preliminarmente la prescrizione, con riferimento a tali fatti ed alla notifica
dell’atto di citazione (12 febbraio 2015), ma anche con riferimento alla notifica dell’invito a
dedurre (notificato all'Ing. Besson il 6 novembre 2013 e all'Ing. Fabrizio il successivo 7
novembre) che si pone oltre il quinquennio prescrizionale dall’ultimo dei pagamenti degli
importi accessori liquidati a seguito del lodo nel 2007. Nel merito hanno rilevato che
l’addebito trarrebbe origine da un errore di lettura del lodo, che dirimeva il giudizio arbitrale
avviato nel 2004 dal medesimo RTI, avente ad oggetto il contenzioso sulla progettazione
preliminare di una superstrada il cui importo presunto superava i 400 milioni di Euro, il
quale, però, non riguarderebbe la progettazione presa in considerazione dalla Procura a base
degli addebiti colposi dei convenuti (che è la progettazione relativa alla gara aggiudicata nel
1998 al RTI Mele-Pigreco, la quale aveva ad oggetto l'acquisizione della progettazione
definitiva ed esecutiva relativa al potenziamento ed all'adeguamento del collegamento viario
tra Cisterna di Latina e l'uscita autostradale di Valmontone, per un importo presunto dei
lavori, di euro 80.000,000.000) .
Ampiamente descrivendo i fatti attinenti ai due diversi procedimenti, e rilevando l’estraneità
a quelli di cui in citazione, hanno concluso per l’assoluzione per prescrizione, e nel merito
per l’erroneità dei presupposti della responsabilità, indeterminatezza del danno, mancata
descrizione del profilo soggettivo dell’illecito, rilevando anche l’assoluta estraneità dei
convenuti all’addebito concernente le spese per la perizia del CTU ( che si riferisce ai diversi
fatti dannosi contestati agli altri convenuti a diverso titolo di danno).
All’udienza del 7 luglio 2015 il P.M. e le parti hanno ripercorso le tesi, ampiamente
integrandole e concludendo come in atti.
DIRITTO
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Le due voci di danno azionate dalla Procura devono essere esaminate partitamente, avendo
esse diverso titolo.
A. Danno imputato a titolo di mancata applicazione del corrente ribasso d’asta nella
determinazione del valore del parco progetti liquidato ad ARCEA a seguito dell’“Atto
ricognitivo” del 3 dicembre 2009.
1. L’eccezione di nullità degli atti ex art. 17, comma 30-ter, del D.L. n.78/2009, convertito
con modifiche nella legge 3 agosto 2009, n. 102, e s.m.i., per assenza del presupposto della
notizia di danno specifica e concreta di danno, è palesemente infondata, emergendo agli atti
che, sia le notizie di stampa che hanno originato la prima istruttoria (articolo pubblicato sul
settimanale l’Espresso n. 8 del 25 febbraio 2010), sia gli atti dai quali la Procura si è
determinata ad aprire istruttoria a stralcio per fatti connessi a quelli originariamente rilevati
(esposto – denuncia del Codacons del 22 novembre 2010, relazione della Corte dei conti -
Sezione del Controllo sugli enti su A.N.A.S. S.p.A. – Esercizio 2009 – Determinazione n. 9
dell’8 marzo 2011), istruttorie compendiate entrambe nell’atto di citazione di cui al presente
giudizio, presentano ampia descrizione dei fatti e degli effetti dannosi che, in sede istruttoria,
sono stati poi ulteriormente sceverati, identificati e posti a base degli addebiti.
2. Sulla eccezione di difetto di giurisdizione.
Il danno è individuato dalla Procura nel mancato risparmio, ovvero, recte, nel maggior costo
della attività di progettazione liquidata ad ARCEA in attuazione dell’Atto ricognitivo del
2009, in ragione del fatto che in quella occasione il corrispettivo di progettazione sarebbe
stato calcolato solo in base alle tariffe professionali applicabili al valore del parco progetti,
senza tener conto del ribasso percentuale medio ordinariamente applicato in sede di gara per
l’affidamento dei servizi di progettazione.
La questione di giurisdizione è stata posta dai soggetti convenuti in qualità di componenti del
C.d.A. di ARCEA (Andrea Abodi, Presidente p.t. di ARCEA, Ruggiero Borgia,
amministratore delegato, Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta, Consiglieri di
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parte pubblica componenti del C.d.A. di ARCEA) in ragione del fatto che, seguendo la
ricostruzione dei fatti operata dallo stesso CTU nella perizi agli atti, il preteso danno sarebbe
stato causato, semmai, ad ARCEA, e, dunque, ad un soggetto privato, distinto dalla Regione e
non in rapporto di servizio con essa, con conseguente mancanza del rapporto di servizio
anche nei confronti degli amministratori della medesima società.
Va premesso che l’impostazione del CTU nella ricostruzione della dinamica dei fatti e
nell’incidenza del danno non é stata seguita dalla Procura, la quale, basandosi solo sui dati
tecnici della perizia, ha individuato, invece, una ipotesi di danno sofferto dalla Regione, e non
dalla ARCEA; è in relazione al petitum ed alla causa petendi che va vagliata la sussistenza o
meno della giurisdizione, e non alla perizia in atti, peraltro disattesa, sul punto, dalla Procura.
2.1 Ciò posto, la questione concerne un presupposto necessario perché, secondo la più recente
giurisprudenza della Corte di cassazione, si radichi la giurisdizione di questa Corte sul
preteso danno arrecato da amministratori di parte pubblica delle società partecipate; in realtà,
la questione coinvolge tutte le posizioni dei convenuti, ed è quella dell’individuazione del
soggetto sul quale il preteso danno incide, poiché rimane esclusa la giurisdizione di danno
erariale per i danni sofferti dalla società direttamente, e, dunque, anche per i danni sofferti dal
socio (anche pubblico) in ragione della partecipazione espressa nella sua quota sociale, cioè
per i danni incidenti sulla quota stessa quale parte del patrimonio della società.
Il Collegio rimarca, però, che nella fattispecie la giurisdizione di questa Corte va decisamente
affermata, ed è conforme ai criteri di riparto succitati, per il motivo che appresso si dirà.
Il petitum dell’odierna azione di danno erariale non è il recupero del danno arrecato alla quota
pubblica di ARCEA, bensì il danno arrecato alla Regione quale soggetto con essa contraente.
Infatti, il danno azionato è costituito dal maggior costo di progettazione che la Regione ha
corrisposto ad ARCEA, e cioè dall’eccesso di corrispettivo corrisposto da un contraente
pubblico (Regione Lazio) ad un soggetto privato (ARCEA) in violazione della normativa
pubblicistica sugli appalti e degli obblighi di servizio dei convenuti; a fronte dell’incidenza
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del danno direttamente sull’ente pubblico, e della sussistenza di rapporto di servizio con i
convenuti, il fatto che il contraente avvantaggiato da tale eccesso di corrispettivo sia una
società a partecipazione maggioritaria regionale non pone di certo problemi di giurisdizione,
incidendo il danno interamente sulla Regione quale contraente, e non quale socio.
L’eccezione è quindi palesemente infondata; valga a maggior ragione, del resto, considerare
che nessun danno si è prodotto a carico di ARCEA (e della quota di partecipazione della
Regione).
A meglio precisare, infatti, le due posizioni della Regione – da un lato contraente, e dall’altro
socio di ARCEA – sono del tutto antitetiche quanto agli effetti delle vicende illegittime qui
prospettate.
Rispetto al mancato ribasso prospettato dalla Procura, la posizione della società – e del socio
- non è affatto una posizione di danno, in quanto ARCEA, al contrario, ha lucrato un
vantaggio ricevendo una liquidazione, in tesi, superiore a quella che sarebbe stata in linea con
i prezzi di mercato; ciò, nei fatti, è dimostrato dalla differenza tra il corrispettivo per la
progettazione liquidato ad ARCEA con l’atto del 2009 e quello corrisposto da ARCEA al
Consorzio 2050 (il vantaggio del socio pubblico – come ha correttamente osservato la
Procura - si è ridotto in proporzione alla sua quota di partecipazione). Ciò che preme ribadire,
però, è che, comunque, in relazione a tale posizione (di vantaggio o danno di ARCEA, e,
indirettamente, della sua compagine sociale), prima ancora che un danno, non sussiste la
giurisdizione di questa Corte, e che, conseguenzialmente, come non può la Corte dei conti
accertare un danno arrecato alla quota del socio pubblico di una società a partecipazione
pubblica, in quanto tale danno è arrecato direttamente alla società e solo pro quota e di
riflesso al socio, così, anche, questa Corte non può avere giurisdizione sull’eventuale
vantaggio che la quota di partecipazione del socio pubblico abbia maturato nella vicenda di
danno erariale, nemmeno nella ipotesi, come la presente, in cui vi sia identità del socio
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pubblico con il soggetto erogatore del corrispettivo, rimanendo i due patrimoni perfettamente
separati.
Da tali considerazioni emerge non solo la piena giurisdizione di questa Corte sul danno, che è
arrecato direttamente alla Regione quale contraente e non quale socio di ARCEA, ma anche
la mancanza di giurisdizione sul possibile vantaggio ad essa derivante quale socio, con la
conseguenza che ne è precluso l’accertamento in questa sede. Nella determinazione del danno
la Procura ha invece detratto, quale quota di utile, il vantaggio conseguito dalla Regione in
quanto socio di ARCEA – vantaggio che la Procura, come detto, ha commisurato alla quota
di partecipazione del 51% alla società, e determinato nella differenza tra quanto ARCEA ha
corrisposto al progettista-socio Consorzio 2050 nella scrittura privata coeva all’“Atto
ricognitivo con effetto transattivo” del 3 dicembre 2009 – e quanto percepito dalla Regione a
titolo di compenso contrattuale in forza dell’atto ora citato.
Il Collegio, per quanto ora detto, dissente da tale criterio.
La relativa somma (euro 3.728.617,65, oltre IVA), costituisce una parte del maggior costo di
progettazione indebitamente erogato ad ARCEA, e come tale la sua valutazione esula
dall’ambito di questa giurisdizione anche ai soli fini della compensazione per utile versum:
ne consegue che l’oggetto del presente giudizio, sotto il profilo della quantificazione del
danno, è costituito dalla somma rappresentata dalla percentuale di mancato ribasso, non
applicata sul corrispettivo erogato ad ARCEA in esecuzione dell’atto ricognitivo del 2009,
senza decurtazione della predetta somma.
2.2 A reiezione di un rilievo formulato dalla difesa del De Filippis, il Collegio osserva che in
nessuna occasione la recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha ritenuto
l’inesistenza della giurisdizione di questa Corte in connessione al fatto che il danno di cui il
procuratore erariale chiede il ristoro a favore dell’ente pubblico, imputabile a soggetti legati
ad essa da rapporto di servizio, possa essere costituito da una differenza (in più) di
corrispettivo contrattuale.
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Il richiamo che la difesa fa alla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 16240 del
2014 non giustifica affatto tale tesi; anzi, in quella occasione (danno sofferto da ANAS in
occasione di un appalto di costruzione di opere stradali) la Corte ha affermato
inequivocabilmente la giurisdizione della Corte dei conti proprio in una fattispecie di danno
costituito da eccesso di riserve su lavori, che, in tesi, sarebbero state iscritte in assenza di
presupposti e con metodi di calcolo errati, e che erano state nonostante ciò liquidate al
contraente a seguito della procedura di accordo bonario ex art. 31 bis della legge n. 109/94.
Tale giurisdizione è stata affermata in applicazione degli ordinari criteri di riparto, e cioè in
base alla sussistenza o meno del rapporto di servizio, e, dunque, è stata affermata nei
confronti dei soggetti dipendenti dell’ANAS e dei componenti della commissione di
collaudo, ed è stata esclusa nei confronti dei componenti la commissione ex art. 31 bis,
nonché del contraente generale (art. 176 del codice contratti pubblici), soggetti entrambi nei
confronti dei quali non sussisteva rapporto di servizio, quest’ultimo in quanto, in quella
fattispecie, esso era stato convenuto non sulla base della trasgressione di regole pubblicistiche
su di esso gravanti, ma come mera controparte contrattuale – come tale non in rapporto di
servizio con l’amministrazione. La frase dalla quale la difesa ritiene di poter trarre il principio
generale, che alla Corte dei conti sarebbe sottratta la giurisdizione sul danno derivante da
erronea o eccessiva corresponsione di corrispettivo contrattuale, è quella con la quale la
Cassazione, argomentando con esclusivo riferimento alla posizione del contraente generale, si
dà carico di precisare il criterio di riparto applicabile a tale peculiare soggetto, e ricostruire
sistematicamente i molteplici precedenti nei quali la stessa Cassazione ha, invece, affermato
nei suoi confronti la giurisdizione di danno erariale. Tale frase è la seguente “Ciò di cui si fa
carico alla – OMISSIS - S.p.a. è di aver iscritto in contabilità riserve per le quali si assume
che non ricorressero i presupposti o che sarebbero state computate in misura maggiore del
dovuto: cioè, in definitiva, di aver preteso ed ottenuto, grazie al parziale riconoscimento di
dette riserve, una contropartita della propria prestazione che non le sarebbe spettata; siffatta
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pretesa, con ogni evidenza, innesca una controversia tra le parti contrattuali, avente ad
oggetto la corretta determinazione del corrispettivo dovuto per l’esecuzione del contratto,
che, come tale, manifestamente non appartiene ala giurisdizione della Corte dei conti”. Tale
frase non ha alcuna valenza se estrapolata da tale contesto argomentativo, né si riferisce in
generale alla ipotesi di danno da eccesso di corrispettivo, come dimostra con altrettanta
evidenza il fatto che la stessa decisione, per la medesima ipotesi di danno da eccesso di
corrispettivo, lì costituito da eccessivo riconoscimento di riserve, afferma la giurisdizione
della Corte dei conti nei confronti di soggetti legati, invece, da rapporto di servizio con
l’amministrazione. Il Collegio concorda pienamente con questo criterio, e osserva che,
peraltro, di esso la Procura mostra di aver tenuto perfettamente conto, laddove ha citato per
danno erariale i soli soggetti legati da rapporto di servizio con la Regione Lazio che hanno
permesso, in violazione dei rispettivi e specifici doveri di ufficio, e del generale dovere di
agire nell’interesse pubblico, che questo venisse determinato in maniera incongrua, favorendo
la ARCEA per la differenza tra il corrispettivo a lei erogato e i prezzi medi di mercato per le
prestazioni offerte. Nessuna imputazione è stata sollevata nei confronti del contraente
ARCEA, controparte contrattuale, per la differenza in tesi indebitamente lucrata.
2.3 In merito alla specifica posizione dei convenuti Abodi, Borgia, Saitta, Serrentino e De
Luca, che sono stat i convenuti in quali tà di “componenti di parte pubblica di
ARCEA” (Presidente e membri del C.d.A.), l’eccezione di difetto di giurisdizione va
esaminata anche sotto il profilo della sussistenza o meno di un rapporto, tra i convenuti e la
Regione, assimilabile ad un rapporto di servizio.
Ritiene il Collegio che, pur se il rapporto che nasce dall’atto di designazione, con il quale la
Regine individua alcuni dei componenti dei vertici decisionali della società, non è
assimilabile a quello che nasce da un mandato, né costituisce una forma di rappresentanza in
senso tecnico, esso ha indubbiamente il contenuto di un rapporto fiduciario, tale che il
designato debba svolgere la propria funzione di organo istituzionale della società, seppure
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nell’interesse della società delineato dall’oggetto sociale – e dunque anche se, in ipotesi, esso
sia economicamente confliggente con quello del soggetto dal quale promana l’investitura – ,
nel pieno rispetto quantomeno della normativa, e, specificatamente, della disciplina
pubblicistica che vincola l’azione della società partecipata. L’affermazione che i
rappresentanti di parte pubblica non sono legati da un rapporto di vera e propria
rappresentanza legale con la Regione, perché esso contrasterebbe con il rapporto di
amministrazione che essi hanno con la società, è altrettanto vera come l’affermazione che il
rapporto tra la pubblica amministrazione ed i soggetti da essa designati in seno alla società
partecipata nasce ed esiste in funzione del rapporto di fiducia con quelli, che è la ragione
della designazione di un particolare soggetto, e che l’atto di designazione vincola gli
amministratori “di parte pubblica” ad agire rispondendo alle aspettative che sono il legittimo
ed esigibile contenuto di quel rapporto di fiducia con l’amministrazione designante; questo
contenuto, pure se oggettivamente limitato nel senso ora detto, non è di certo irrilevante nei
rapporti con l’amministrazione designante, al momento in cui al designato si contesti proprio
la trasgressione al dovere di aderenza al complesso normativo di natura pubblicistica
(ordinato al perseguimento del pubblico interesse ed alla sua tutela) che costituisce, insieme
alla competenza tecnica o agli altri profili curriculari richiesti, la ragione per la quale
l’amministrazione ha individuato fiduciariamente quel soggetto, tra gli altri, come idoneo a
svolgere, in seno alla società, i propri compiti sia in aderenza all’interesse della società, sia
all’interesse del soggetto pubblico designante al rispetto delle norme pubbliche con le quali
esso è obbligato ad agire. Una tale interpretazione è confortata dalla stessa Corte di
Cassazione, che in una recente decisione (Cassazione civile, sez. I, 15 ottobre 2013) ha
accertato che “ In una società di capitali a partecipazione pubblica, il venir meno del
rapporto fiduciario tra socio Amministrazione comunale e amministratori è rilevante, ai fini
di integrare una giusta causa di revoca del mandato, solo quando i fatti che hanno determinato
il venir meno dell’affidamento siano oggettivamente valutabili come idonei a mettere in forse
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la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore. Altrimenti lo scioglimento del
rapporto fiduciario deriva da una valutazione soggettiva della maggioranza, che legittima da
un lato il recesso ad nutum ma legittima altresì l’amministratore revocato senza una giusta
causa a richiedere il risarcimento del danno derivatogli dalla revoca del mandato”,
conferendo così particolare rilevanza al rapporto fiduciario nascente dalla designazione.
Limitando l’esame agli aspetti di pertinenza del presente accertamento, tale peculiare
contenuto del rapporto che nasce dalla designazione è sufficiente a radicare la giurisdizione
di danno erariale per i danni prodotti all’ente designante mediante la perpetrazione di illeciti
in violazione della normativa pubblicistica. Altro, poi, è verificare quali siano i limiti della
esigibilità del comportamento contestato, questione che non concerne la giurisdizione ma,
semmai, la verifica dell’elemento soggettivo (l’estensione del sindacato sulla loro colpa
grave).
3. In merito all’eccezione di prescrizione, sollevata da tutti i convenuti relativamente al danno
da “mancato risparmio”, va precisato che, nella fattispecie, il corrispettivo di ARCEA stato
liquidato dalla Regione Lazio in due diverse occasioni.
3.1 Nel periodo dal 2005 al 2007 la Regione ha liquidato corrispettivi ad ARCEA in
connessione ai contratti stipulati nel 2004 e nel 2005, secondo la seguente tabella dei
pagamenti, che riporta dati non contestati dalle parti:
QUADRO DEI PAGAMENTI EFFETTUATI DALLA REGIONE LAZIO
IN FAVORE DI ARCEA
ESTREMI FATTURE
ARCEAIMPONIBILE I.V.A. 20% IMPORTO
1/2005 del 01.04.2005
(cfr.all.n.56)€ 7.677.161,00 € 1.535.432,20 € 9.212.593,20
1/2006 del 21.06.2006
(cfr.all n.56)€ 2.000.000,00 € 400.000,00 € 2.400.000,00
2/2006 del 12.07.2006
(cfr.all.n.56)€ 2.000.000,00 € 400.000,00 € 2.400.000,00
1/2007 del 30.03.2007
(cfr.all.n.56)€ 1.666.666,66 € 333.333,34 € 2.000.000,00
2/2007 del 28.09.2007
(cfr.all n.56.)€ 1.666.666,66 € 333.333,34 € 2.000.000,00
TOTALE € 15.010.494,32 € 3.002.098,88 € 18.012.593,20
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Pagamenti ai quali corrispondono le fatture emesse dal Consorzio 2050 a carico di ARCEA:
QUADRO DEI PAGAMENTI EFFETTUATI DA ARCEAIN FAVORE DEL CONSORZIO 2050
ESTREMI
FATTURE
CONSORZIO
2050
IMPONIBILEC.N.P.A.I.A.
2%
TOTALE
IMPONIBILE
I.V.A.
I.V.A. 20% IMPORTO
1/04 del
14.07.2004
(cfr.all.n.57)€ 35.000,00 ========= € 35.000,00 € 7.000,00
€ 42.000,00*
2/04 del
01.09.2004
(cfr all.n.57)€ 1.800.000,00 € 36.000,00 € 1.836.000,00 € 367.200,00 € 2.203.200,00**
3/04 del
13.09.2004
(cfr.all.n.57)€ 100.000,00 ========= € 100.000,00 € 20.000,00 € 120.000,00*
6/04 del
23.11.2004
(cfr.all.n.57)€ 205.000,00 ========= € 205.000,00 € 41.000,00 € 246.000,00*
1/05 del
01.04.2005
(cfr all n.57)€ 5.396.270,00 € 107.925,40 € 5.504.195,40 € 1.100.839,08 € 6.605.034,48**
06/05 del
01.09.2005
(cfr.all.n.57)€ 1.200.000,00 € 24.000,00 € 1.224.000,00 € 244.800,00 € 1.468.800,00***
01/06 del
03.07.2006
(cfr.all n.57)€ 1.633.986,94 € 32.679,73 € 1.666.666,67 € 333.333,33 € 2.000.000,00***
06/06 del
04.09.2006
(cfr.all.n.57)€ 1.307.189,53 € 26.143,80 € 1.333.333,33 € 266.666,67 € 1.600.000,00***
01/07 del
11.05.2007
(cfr.all.n.57)€ 1.411.404,19 € 28.228,08 € 1.439.632,27 € 287.926,45 € 1.727.558,72***
06/07 del
05.12.2007
(cfr.all.n.57)€ 1.633.986,94 € 32.679,73 € 1.666.666,67 € 333.333,33 € 2.000.000,00***
TOTALE € 14.722.837,60 € 287.656,74 € 15.010.494,34 € 3.002.098,87 € 18.012.593,21
* importi derivanti dal “contratto di servizi di assistenza per l’istruttoria e l’approvazione CIPE dei progetti e dei
finanziamenti del corridoio tirrenico meridionale e della Cisterna- Valmontone” (Doc. n. 13 .All. n.19).
** importi derivanti dal “contratto di servizi di progettazione” (Doc. n. 13 All. .n.20).
*** importi derivanti dal “Contratto quadro per l’affidamento dei servizi di progettazione” (Doc. n. 13 All. n. 21).
Giova premettere che è irrilevante la questione, insorta tra le parti, se i pagamenti effettuati
sino al 2007 siano o meno da considerarsi degli anticipi rispetto alla liquidazione avvenuta
nel 2009 in esecuzione del citato “atto ricognitivo”.
Anche a voler accedere alla tesi che essi costituiscano un saldo, in quanto differenza tra
quanto liquidato alla ARCEA per competenze di progettazione con riferimento all’intero
“parco progetti” da essa consegnato alla Regione Lazio e quanto già liquidato alla stessa
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società per i servizi di progettazione sino al 2007, rimane che il preteso depauperamento che
ad essi si ricollega (la quota di ribasso che, in tesi, anche su tali liquidazioni non sarebbe stata
praticata) si è compiuto in maniera definitiva al momento dell’emissione dei mandati di
pagamento ad ARCEA, dei quali l’ultimo è stato emesso nel 2007. Ne consegue che, rispetto
alle liquidazioni a tutto il 2007, e rispetto alla quota di mancato ribasso su di esse
prospettabile, il termine prescrizionale risulta ampiamente maturato, anche con riferimento
alla data di notifica dell’ultimo invito a dedurre (4 gennaio 2014).
La conclusione non muta anche a voler più correttamente inquadrare la vicenda della
liquidazione del parco progetti di ARCEA.
Tale vicenda, come si è visto, è caratterizzata dalla stipula di soli tre contratti di
progettazione, tra ARCEA e Consorzio 2050, nel 2004 e nel 2005, e dal fatto che tutta
l’attività di progettazione successiva all’esecuzione di quelli è stata svolta di fatto, in assenza
di idoneo titolo contrattuale, con continue variazioni e ripresentazioni di progetti che
avrebbero dovuto, invece, sicuramente essere oggetto di separati incarichi, per la diversità sia
dell’oggetto progettuale che della normativa di legge e programmatica in cui esso doveva
avere i suoi riferimenti, e che ne costituiva un presupposto del tutto diverso rispetto ai
precedenti incarichi di progettazione. Solo a maggior riprova di tale evidenza, del tutto
intuitiva solo all’esame degli atti, si rilevi che già nella nota del 10 marzo 2006, n.
GAB/2006/2194/B05, la Commissione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio, valutando la seconda versione del progetto definitivo della Bretella Cisterna –
Valmontone, trasmessa da ARCEA il 3 febbraio 2006 alla Regione Lazio-Assessorato ai
Trasporti ed alla Mobilità, rilevava che “il progetto definitivo è sensibilmente diverso da
quello preliminare oggetto di compatibilità ambientale e che le varianti hanno significativo
Impatto sull’Ambiente”, e per tali motivi disponeva l’aggiornamento dello Studio di Impatto
Ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso nei modi previsti dalla legislazione vigente.
La progettazione definitiva, recependo le modifiche programmatiche del nuovo piano di
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viabilità varato dalla Regione nel luglio del 2005, aveva assunto contenuti assai diversi, tali
che la stessa progettazione preliminare doveva essere rifatta partendo dai documenti basilari
(ivi compreso il SIA); è evidente l’impossibilità di inquadrare l’attività di progettazione
svolta dopo il luglio del 2005 nell’ambito dell’attività di esecuzione dei contratti del 2004 e
del 2005, e che essa avrebbe, invece, necessitato di autonomo titolo, nei modi di legge,
nonché la reale funzione dell’“atto ricognitivo” del 2009, che pur premettendo una
valutazione globale sin dal 2004 della progettazione fornita da ARCEA, è stata quella di
valorizzare contrattualmente l’attività progettuale svolta al di fuori di un titolo formale di
incarico, attribuendo ad essa un titolo contrattuale (l’atto stesso) ed un valore (la differenza
con quanto liquidato al 2007).
Anche ciò considerando, l’attività progettuale remunerata a tutto il 2007 rimane egualmente
coperta dalla prescrizione rispetto al termine di maturazione, fissato per legge al quinquennio
antecedente il primo atto interruttivo e decorrente dalla data di maturazione del preteso
danno, poiché detta data coincide egualmente con l’ultima delle liquidazioni del 2007; anche
a voler considerare l’ultima notifica dell’invito a dedurre originario, avvenuta in data 4
gennaio 2014, tale termine è maturato alla data del 4 gennaio 2009, per cui la quota di
mancato ribasso applicabile all’importo di euro 18.012.593,20, liquidato a tutto il 2007,
rimane comunque prescritta.
Va anche precisato che in questa sede è irrilevante la questione, posta dalle parti,
dell’ammontare di tale quota (le parti sostengono che i contratti del 2004 e del 2005 avevano
comunque stabilito un compenso di progettazione sul quale era stata applicata la percentuale
di ribasso del 22%); l’invocato ribasso è elemento che, comunque, afferisce unicamente quei
contratti, la cui liquidazione è avvenuta a tutto il 2007. In altri termini, la percentuale di
ribasso eventualmente applicata nei contratti del 2004 e 2005 tra ARCEA e Consorzio 2050
rimane fatto irrilevante nella parte in cui essa afferisce a quota di danno prescritta; invece,
nella vicenda della liquidazione del 2009, che riguarda i diversi rapporti tra ARCEA e
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Regione, è evidente che nessuna percentuale di ribasso è stata applicata, per cui non può
correlativamente detrarsi alcun ribasso invocando quei contratti, pure volendo accedere alla
tesi che con l’atto ricognitivo si sia operata una “rideterminazione” del corrispettivo in modo
complessivo e globale con inclusione della valutazione anche dell’attività di progettazione
svolta dal 2004 dalla ARCEA, poiché a tale complessiva rivalutazione è rimasto del tutto
estraneo il criterio del ribasso, convenuto in quei contratti.
3.2 Il corrispettivo spettante ad ARCEA in virtù dell’atto del dicembre 2009 è stato liquidato
alla società con i mandati di pagamento nn. 14589 e 14590, entrambi datati 29.01.2010, e
nessun pagamento si registra in data antecedente a questa; ne consegue che nessuna
prescrizione è maturata, invece, sull’intera quota di danno computabile sul “saldo”, così
definito nel citato atto del 2009, liquidato ad ARCEA nell’importo di euro 29.987.406,82.
Tale conclusione è conforme al principio, del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa
Corte e condiviso dal Collegio, per il quale la prescrizione comincia a decorrere dal momento
in cui si verifica la concreta lesione del patrimonio pubblico, cioè nel momento in cui è
effettuato il pagamento (SSRR 14/QM/2011); è infondata la diversa prospettazione difensiva,
che farebbe decorrere il termine iniziale di prescrizione dalla data di stipula del predetto atto
del 3 dicembre 2009, poiché una tale decorrenza non trova motivo di essere nella presente
fattispecie, trovando la sua genesi giurisprudenziale, e la sua ratio (come è evidente nella
decisione di questa Corte SSRR, 3/QM/2003), in materia di prescrizione del danno indiretto,
cioè del danno che l’amministrazione subisce per effetto della condanna patrimoniale che
essa sia costretta a liquidare in virtù di una sentenza (o, appunto, di un atto transattivo con i
terzi danneggiati); in tali ipotesi, infatti, il danno è determinato in virtù di un autonomo titolo
genetico (la sentenza o l’accordo transattivo) che ne determina immediata liquidità ed
esigibilità per l’intero importo in esso indicato, che il giudice non può contestare né nei
presupposti della sua imputazione, né nell’ammontare nei confronti dell’ente pubblico (salvo
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il potere, in seno al giudizio di responsabilità patrimoniale, di accertare quale parte sia
concretamente imputabile al convenuto).
Peraltro, l’eccezione è infondata anche se si volesse computare, a termine di decorrenza
iniziale, la data di stipula dell’atto, il 3 dicembre 2009, atteso che il termine, in questo caso, si
maturerebbe comunque il 3 dicembre 2014 e che il primo atto interruttivo della prescrizione
(la notifica del primo invito a dedurre cumulativo) è intervenuta in data antecedente al 3
dicembre 2014 (atteso che il 4 gennaio 2014 è avvenuta l’ultima notifica dello stesso invito).
In considerazione del fatto che l’invito a dedurre riveste ad oggi piena efficacia interruttiva
del termine di prescrizione, se fornito, come nella fattispecie, di tutti gli elementi sufficienti
per definire il preteso credito sia sotto il profilo quantitativo che del titolo che si va ad
azionare (Corte dei Conti, SS.RR., 18 luglio 2007, n. 4/QM/2007; 20 dicembre 2000, n.
14/QM/2000; SS.RR. 20 marzo 2003, n. 6/QM/2003;SS.RR. 27 gennaio 2004, n.
1/QM/2004), l’eccezione, pertanto, è comunque infondata.
Con riferimento alle liquidazioni esecutive dell’atto transattivo del 2009, rimane del tutto
irrilevante il rilevo di alcune difese che la Procura di questa Corte fosse già a conoscenza dei
fatti sin dal settembre 2006 (come dimostrerebbe la nota prot. 149984 del Direttore regionale
infrastrutture Ing. Meiattini, indirizzata ad ARCEA, con la quale si chiede documentazione
da trasmettere alla Procura regionale presso la Sezione Lazio, la quale avrebbe richiesto in
quella occasione “atti di qualsiasi natura - contratti, convenzioni, accordi programma, ecc. -
stipulati da codesta società e la Regione Lazio”); è, infatti, evidente che la richiesta, semmai,
è riferibile ai fatti antecedenti il 2006, e non a quelli successivi, nei quali rientra la seconda
liquidazione, e, conseguentemente, la questione è irrilevante poiché quei fatti sono già
accertati come prescritti. Per conseguenza, è inammissibile anche la richiesta della difesa del
De Filippis di esibizione in giudizio degli atti medesimi.
In conclusione, rimane azionabile, perché non coperto da prescrizione, tutto il preteso danno
derivante dall’emissione dei mandati di pagamento del 2010, i quali liquidano alla ARCEA la
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differenza tra quanto corrisposto sino al 2007 e quanto accertato spettante in esecuzione
dell’atto transattivo.
4. La Procura afferma l’illegittimità degli affidamenti diretti fatti da ARCEA in collegamento
alla sua natura di organismo di diritto pubblico ai sensi delle Direttive 93/37/CEE, 92/50/CEE
e 93/36/CEE, alla correlata qualità di amministrazione aggiudicatrice ai sensi delle stesse, ed
al correlato obbligo di attuare le norme delle direttive comunitarie sopra citate, e porre in
essere le procedure di aggiudicazione ivi previste, sostenendosi che “ARCEA, per
l’esecuzione dei lavori pubblici e, quindi, anche per l’espletamento dell’attività di
progettazione, quale organismo di diritto pubblico, non avrebbe potuto rivolgersi né al socio
privato di minoranza né a società collegate, bensì agire alla stregua di un’amministrazione
aggiudicatrice”.
Il Collegio premette di concordare perfettamente con quanto rilevato specificatamente per
ARCEA nella Deliberazione AVCP n. 1 del 14/01/2004; in quella sede, in breve, l’Autorità
rilevava che “Una società per azioni dotata di personalità giuridica, controllata dalla regione,
che detiene la maggioranza del capitale sociale, ed istituita per svolgere un’attività che non
riveste carattere industriale o commerciale, quale l’attività di costruzione ed esercizio di
autostrade e strade, finalizzata ad un interesse generale in quanto rapportata ad esigenze
qualitative dei livelli di servizio e di sicurezza, possiede le caratteristiche dell’organismo di
diritto pubblico e, come tale, è assimilabile alle amministrazioni aggiudicatrici. Da ciò
discende che per la realizzazione di opere e l’esecuzione di lavori pubblici, nonché per
l’espletamento di attività di progettazione, detta società non potrà rivolgersi né al socio
pr ivato d i minoranza né a società co l legate , ma dovrà agi re , a l la s t regua d i
un’amministrazione aggiudicatrice, nel rispetto della disciplina normativa e regolamentare sui
lavori pubblici, ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. a) della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e
s.m. nel rispetto della disciplina normativa e regolamentare sui lavori pubblici, ai sensi
dell’art. 2, comma 2, lett. a) della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.”. Tale principio,
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rileva il Collegio, trovava rafforzato obbligo di attuazione da parte della Regione Lazio dopo
l’entrata in vigore della legge quadro (D. Lgs. n. 163/2006 e ss.mm.ii., cd. testo unico sugli
appalti di lavori e forniture), che recepisce i principi comunitari in materia, senza che,
diversamente da quanto afferma la difesa di alcuni convenuti, potesse prospettarsi alcun
dubbio, al momento dei fatti, sulla natura di organismo di diritto pubblico di ARCEA (dubbio
oggettivamente da escludersi, in base alle caratteristiche di ARCEA e alla giurisprudenza
comunitaria e nazionale già consolidata al tempo, e soggettivamente da escludersi, per i
convenuti, in quanto in radice escluso dalla pronunzia della AVCP su citata).
Ne consegue che gli affidamenti diretti effettuati da ARCEA con i contratti del 2004 e del
2005 dovevano considerarsi illegittimi pur nella vigenza dell’art. 5 della L.R. n.37/2002, in
quanto tale disposizione è contraria alla predetta disciplina e non doveva essere applicata.
Per gli affidamenti successivi, cioè per la progettazione consegnata dopo il 2007, la questione
- che è rilevante perché afferisce fatti non coperti da prescrizione - è ancora più semplice in
punto di diritto.
In primo luogo, si deve rilevare che gli affidamenti successivi alla legge regionale n. 11/2006,
che sono avvenuti nel corso del 2006 e per tutti gli anni successivi sino al 2009, sono
illegittimi non solo per lo stesso motivo sopra detto, ma anche perché la sopravvenuta L.R. n.
11/2006 (dalla quale, invece, la difesa pretende di trarre la loro legittimità), non aveva
comunque un contenuto tale da consentirli.
Difatti, la clausola di salvezza di cui all’art. 7 della medesima legge prevedeva che
dall’effetto abrogativo dell’art. 5 della previgente L.R. 32/2002 (per opera del quale ARCEA
non poteva più commissionare in via diretta al socio privato la progettazione de qua) erano
fatti salvi “gli affidamenti della progettazione preliminare ed esecutiva del corridoio
autostradale Tirrenico Sud” ma solo “limitatamente alle prestazioni eseguite anteriormente
alla data di entrata in vigore della presente legge” (ottobre 2006); dunque, le prestazioni di
progettazione eseguite successivamente all’ottobre del 2006 non potevano né trovare
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legittimo titolo nell’invocato art. 5 della L.R. 37/2002, al quale non poteva darsi applicazione
perché abrogato, né trovare legittimo titolo nella norma transitoria della legge abrogativa (art.
7 della L.R. n.11/2006), poiché il limite temporale dell’ottobre del 2006, da questa indicato a
definizione dell’arco temporale della ultrattività della norma abrogata, riguarda il momento
della effettuazione delle prestazioni di progettazione, non già al momento del loro
affidamento.
La norma fa salve (dall’applicazione delle nuove norme regionali che impongono la scelta del
progettista tramite le ordinarie procedure di appalto) le sole prestazioni di progettazione
eseguite entro la data di legge, e pertanto rimanevano comunque fuori da tale “deroga”, e
illegittime anche per questo precipuo motivo, tutte le prestazioni di progettazione eseguite
dopo l’ottobre del 2006, e, dunque, tutte quelle remunerate con il “saldo” del 2009, anche a
voler ritenere - e ciò non è affatto, come si è visto - che esse fossero state rese in esecuzione
degli affidamenti del 2004 e del 2005.
Ciò posto, preme a questo Collegio sgombrare il campo da una falsa prospettiva di analisi
della illegittimità dei fatti qui contestati, e conseguente illiceità del preteso danno, emersa
nelle argomentazioni di alcune difese che, anche in udienza, hanno sostenuto che a base della
contestata illiceità la Procura abbia posto la violazione delle regole sugli affidamenti diretti
da parte di ARCEA, ed hanno a ciò opposto sia l’inapplicabilità ad ARCEA di tali regole, sia
che di tale violazione non potrebbero essere chiamati a rispondere soggetti che non avevano
alcuna competenza su tali affidamenti.
L’imputazione, viceversa, non afferisce direttamente il metodo di affidamento da parte di
ARCEA delle attività di progettazione, bensì la corresponsione, da parte della Regione, di un
corrispettivo per la progettazione non determinato sulla base del prezzo di mercato, cioè
mediante applicazione al valore tariffario del ribasso medio praticato in gara; la Procura
contesta che nell’atto ricognitivo del 2009 tale corrispettivo è stato determinato sulla base
delle tariffe professionali senza tale ribasso, e che ciò costituisce una illegittimità, e nella
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imputazione del preteso danno, determinato nel mancato ribasso, coinvolge anche i soggetti
che hanno permesso che l’attività di progettazione fosse affidata da ARCEA senza gara
perché, in tesi, a ciò sarebbe conseguita la pretesa ad un corrispettivo superiore a quello che,
in gara, sarebbe stato determinato dai meccanismi concorrenziali.
La tesi è corretta, sia nelle premesse di diritto (illegittimità di un compenso non in linea con il
prezzo di mercato) che nell’esame dei fattori causali.
In punto di diritto, anche l’affidamento diretto, pur quando consentito (e dunque anche
nell’ipotesi in cui non si volesse affermare che ARCEA fosse obbligata, per l’attività di
progettazione specificatamente commissionata al Consorzio 2050, ad affidare tale attività
mediante pubblica gara), non costituisce un legittimo motivo per remunerare in base alla
piena tariffa professionale, e senza alcun riferimento al valore di mercato, le prestazioni
professionali che ARCEA ha reso alla Regione.
Nel sistema degli affidamenti diretti consentiti dall’ordinamento è espressa la regola che, in
ogni caso, l’amministrazione aggiudicatrice debba tener conto del valore di mercato delle
prestazioni; anche in tali casi occorre una previa verifica di tale valore, ed una comparazione
del corrispettivo richiesto con il prezzo ordinariamente praticato, e ciò a maggior ragione
dopo l’abrogazione dei cd. “minimi tariffari” avvenuta nel 2006, cioè in un periodo nel quale,
come dopo si vedrà, tale valore di mercato si è ampiamente e progressivamente ridotto, in
corrispondenza all’aumento della percentuale di ribasso ordinariamente praticata non solo
nelle procedure aperte, ma anche in quelle ristrette (dati OICE agli atti).
La libera contrattazione del corrispettivo senza riferimento a prezzo di mercato, sulla base
della libera autonomia contrattuale delle parti, è possibilità che rimane caratteristica delle
contrattazioni tra soggetti privati o regolate da norme di diritto privato, ma non è contemplata
nei rapporti regolati dalla disciplina pubblicistica, e tipicamente dalla disciplina degli
affidamenti di lavori, servizi e forniture, perché il riferimento a un prezzo parametrato a
quello di mercato serve alle esigenze pubblicistiche in una doppia misura: nelle procedure
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aperte, esso tutela la concorrenza (e offre garanzia di qualità delle prestazioni) impedendo
affidamenti a prezzi notevolmente inferiori alla media di quelli rilevabili dalle offerte, e, nelle
procedure ristrette o negli affidamenti diretti, tutela l’amministrazione committente dal
rischio di acquisire un bene ad un prezzo ingiustificatamente superiore a quello di mercato.
Nei rapporti tra Regione e ARCEA, pertanto, tale regola doveva trovare comunque
applicazione, trattandosi di committenza di servizi di progettazione, comunque si voglia
inquadrare la peculiare struttura del rapporto tra i due soggetti, poiché non si può di certo
ammettere che il fatto che ARCEA fosse una società partecipata dalla stessa Regione, e
riservataria (per un certo arco di tempo) in virtù della L.R. 37/2002 dell’affidamento della
progettazione (ed esecuzione) delle opere de quibus, possa costituire un legittimo motivo per
violare tale regola pubblicistica, e acquisire dalla stessa servizi di progettazione ad un prezzo
superiore a quello di mercato.
In punto di fatto, e in ciò le argomentazioni della Procura colgono un elemento
obiettivamente rilevante sotto il profilo causale, come si vedrà, se tutta l’attività di
progettazione fosse stata commissionata da ARCEA nel rispetto delle norme di legge, cioè
mediante l’espletamento di gara nei casi in cui essa era obbligatoria per l’ordinamento,
ovvero, negli altri, con fissazione di un corrispettivo in linea con i prezzi di mercato e
previamente oggetto di incarico, il corrispettivo complessivamente dovuto per la
progettazione sarebbe stato semplicemente la somma dei corrispettivi di progettazione, già
determinati in linea con i prezzi di mercato, corrisposti al progettista, e poco o nessuno spazio
vi sarebbe stato per una maggiorazione del “valore del parco progetti” in seno all’accordo del
2009.
La riprova della validità della tesi sta agli atti: gli incarichi di progettazione che ARCEA ha
commissionato con affidamento diretto al Consorzio 2050 nel 2004 e nel 2005 sono stati
retribuiti, per affermazione concorde di tutte le perizie agli atti, applicando alle tariffe una
percentuale di ribasso medio del 22%, e l’ammontare delle fatture che il Consorzio 2050 ha
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emesso nei confronti di ARCEA per i predetti contratti (euro 18.012.593,21) corrisponde
perfettamente con l’ammontare delle liquidazioni che la Regione Lazio ha erogato ad
ARCEA a tutto il 2007 (euro 18.012.593,21). Viceversa, nessun ribasso è stato applicato alla
progettazione che ARCEA ha fornito alla Regione dopo il 2007, liquidata con i mandati del
2010 in esecuzione dell’atto ricognitivo del 2009.
5. Accertamento del preteso danno.
La Procura basa la richiesta risarcitoria sulla quantificazione del mancato ribasso sul servizio
di progettazione offerto da ARCEA come valutato nell’atto transattivo del 2009, cioè di euro
48.000.000,00 comprensivi di IVA (anche se liquidato nel 2010 per la sola differenza di euro
29.987.406,82, rispetto alle liquidazioni già avvenute al 2007 di euro 18.012.593,20, sempre
comprensivi di IVA).
Va premesso che la Procura richiama gli accertamenti del CTU incaricato, Ing. Massimo
Boeri, contenute nella perizia agli atti, ma segue una linea del tutto indipendente dalle sue
conclusioni, e chiede il risarcimento a favore della Regione Lazio dell’importo di euro
19.912.000,00 oltre IVA, corrispondente al danno che la Regione ha subito per il mancato
ribasso del predetto corrispettivo, di 48 mln, nella percentuale media praticata nelle gare di
affidamento dei servizi di progettazione stradale, in tesi corrispondente al 49,78% (pag. 26
atto di citazione), concludendo per la condanna, per questa voce di danno, ad euro
19.420.058,82 comprensivi di IVA (decurtando dal danno, come si è visto, la quota di utile,
pari ad euro 3.728.617,65, determinato dalla differenza tra il corrispettivo liquidato ad
ARCEA e l’utile conseguito verso il Consorzio 2050 dalla Regione Lazio in qualità di socio
della società stessa, in ragione della quota di partecipazione pubblica del 51%).
Va anche premesso che tutte le parti convengono nella stima del valore del parco progetti
ceduto da ARCEA alla Regione Lazio, e forniscono dati corrispondenti a quelli accertati nella
perizia della RSM (le parti concordano anche sulla correttezza dell’applicazione del
Tariffario contenuto nel D.M. Giustizia 4 aprile 2001 “Corrispettivi delle attività di
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progettazione e delle altre attività, ai sensi dell’art.17, comma 14 bis, della legge 11 febbraio
1994, n.109 e successive modifiche”).
Tali dati sono i seguenti:
- una prima perizia estimativa della RSM, effettuata in data del 30 settembre 2008, ha
accertato che il “valore pieno” delle prestazioni professionali necessarie a produrre il progetto
delle opere in programma era di € 53.131.635,13. In considerazione delle carenze progettuali
riscontrate, il “valore effettivo” della progettazione fornita, derivante dalla applicazione delle
percentuali di riduzione previste dalla vigente normativa, diminuiva ad euro € 35.54121 1,74;
- in una seconda perizia, redatta in data 24 luglio 2009, RSM Italy S.p.A. valutava il valore
della progettazione all’esito delle modifiche ed integrazioni a quest’ultima apportate, e ne
determinava il “valore effettivo” in euro 40.130.000,00 oltre IVA (48 mln);
- con tale stima concorda la stima del CTU della Procura, che così riporta il valore di tutti i
documenti progettuali consegnati da ARCEA dal 2004 al 2010, distinti nelle seguenti fasi e
valori:
precisando che “L’importo di € 53.131.635,13 rappresenta il valore della progettazione delle
opere in caso di piena rispondenza di contenuti e forma degli elaborati di progetto” (cd.
valore pieno), e che il valore effettivo al luglio del 2009 era minore, in quanto al valore pieno
erano da apportare riduzioni in relazione a carenze riscontrabili in diversi livelli di
progettazione, come di seguito elencate:
concordando, dunque, con il “valore effettivo” del progetto al luglio del 2009 di euro
40.133.482,96 (48 mil. con IVA);
- la stima di parte prodotta dalla difesa di Abodi e Borgia riporta identici valori: fase di
progettazione preliminare completa (aprile 2004) € 15.573.776,09; fase di progettazione
definitiva completa (definitivo + SIA al 22 aprile 2010) € 37.557.859,04, per un “valore
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pieno” della progettazione, cioè valore della progettazione delle opere in caso di piena
rispondenza di contenuti e forma degli elaborati di progetto, di € 53.131.635,13, ed
“effettivo” di euro 40.000.000,00 + IVA (48 mil. comprensivi di Iva).
Di tali valori dà atto anche l’“atto ricognitivo” del 2009, il cui art.3 testualmente recita: “Gli
importi sino ad oggi erogati, come indicati al precedente art. 2” – ndr.: gli acconti a tutto il
2007 – “vengono concordemente imputati dalle parti ad acconto e parziale pagamento
dell’importo complessivo di € 40.000.000,00 + IVA. Le parti, avuto riguardo anche alle
risultanze della perizia di RSM ltaly citata in premessa, hanno concordemente definito tale
importo di € 40.000.000.00 + IVA, come la somma integralmente dovuta dalla Regione ad
ARCEA a fronte dell’attività di progettazione eseguita da quest’ultima sino alla data
odierna, comprensiva di tutte le spese legali inerenti l’assistenza e redazione del presente
atto”.
Dunque, il valore effettivo della progettazione al luglio del 2009 era di euro 48 mil.
comprensivi di IVA, e su tale valore è stata liquidata la differenza “a saldo” rispetto ai
pagamenti già effettuati ad ARCEA sino al 2007, liquidandosi ad ARCEA nel successivo
2010 euro 24.989.505.68 + IVA.
Vi è, invece, discussione in ordine a tre questioni.
5.1 La difesa del De Filippis rileva che il valore del parco progetti effettivamente consegnato
alla Regione sino al 2010 non corrisponderebbe al valore “effettivo” accertato al 2009, che
soffriva delle decurtazioni percentuali per carenze progettuali, bensì quello “pieno”, pari ad
euro 53.131.635,13, poiché dopo il 2009 ARCEA ha consegnato alla Regione ulteriori
documenti integrativi. Tale maggior valore, per la difesa, costituirebbe un vantaggio
necessariamente da scomputarsi sul preteso danno, e tale da annullarne l’entità.
Rileva in contrario il Collegio che nell’atto ricognitivo le parti convenivano, all’art. 4, comma
1, che “La somma di € 40.000.000.00 + IVA concordata tra le parti si considera a saldo di
tutta l’attività di progettazione di cui all’art. 2, nonché delle integrazioni e dei completamenti
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progettuali forniti successivamente da ARCEA e comunque per la progettazione nello stato di
avanzamento risultante nella perizia integrativa di RSM Italy Spa del 24 luglio 2009, che si
allega al presente atto”. Al comma 2 dello stesso articolo si prevedeva una procedura di
verifica della effettiva corrispondenza della progettazione allo stato accertato dalla RSM nel
luglio del 2009, per la correzione di difetti che era facoltà della Regione di rilevare anche
tramite altri soggetti diversi dalla RSM: “In ogni caso, ARCEA, senza oneri aggiuntivi per la
Regione, si impegna ad effettuare qualunque modifica si rendesse necessaria a seguito della
disamina, effettuata nel termine di cui all’articolo 5, ad opera della Regione, per supplire a
carenze, incompletezze, inesattezze e/o vizi della progettazione non esplicitamente
considerate nelle due perizie di RSM Italy SpA.”. Dunque, il valore accertato e il compenso
liquidato facevano esclusivo riferimento allo stato della progettazione al luglio del 2009, già
rivista a seguito delle carenze riscontrate, e che la RSM aveva dichiarato esente da vizi (pur
se non valutabile nel valore pieno di euro 53 mln), inclusa nel compenso l’ulteriore attività si
rendesse necessaria per supplire “carenze, incompletezze, inesattezze e/o vizi della
progettazione non esplicitamente considerate nelle due perizie di RSM Italy SpA.”; in altri
termini, tale valore si riferiva ai documenti progettuali già depositati al luglio del 2009 nel
caso di mancanze, di carenze e difetti loro propri, mancanze non rilevate dalla RSM ma che si
concordavano rilevabili anche da soggetti diversi dalla RSM, come è concretamente risultato
in seguito.
Nella fattispecie è avvenuto proprio che gli elaborati progettuali, consegnati in più giorni dal
4 dicembre del 2009 sino al 15 gennaio 2010 (Allegato n.46 perizia del CTU), sono stati
sottoposti all’esame della nuova stazione appaltante, Autostrade per il Lazio S.p.A., che con
nota 16 febbraio 2010, ADL 46 P (Allegato 42 CTU) li ha ritrasmessi alla Regione Lazio,
Dipartimento del Territorio, Direzione regionale Infrastrutture e all’Assessorato ai Lavori
Pubblici, unitamente ai risultati (negativi) della verifica del Progetto Definitivo effettuata da
ANAS S.p.A.. L’ANAS aveva, infatti, rilevato incompletezze e carenze di informazioni in
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molti elaborati, riassunte in allegato alla nota stessa, per le quali la Regione, nei termini di cui
all’art. 4, comma 2, dell’atto, ha chiesto i relativi adattamenti ed integrazioni ad ARCEA alla
progettazione depositata (nota 16 febbraio 2010, n. 41440/2D/00 , All. 4 CTU).
Dunque, come risulta anche evidente dal verbale di consegna del 15 marzo 2010 di ARCEA,
e da quello del successivo 22 luglio (agli atti), le integrazioni progettuali non hanno
ulteriormente incrementato il valore della progettazione consegnata al luglio del 2009 rispetto
a quello accertato a quella data, ma sono servite per eliminare imperfezioni che già a quella
data essa presentava, pur se non rilevate dalla RSM, e senza considerare le quali la RSM
aveva attribuito al parco progetti un “valore effettivo” di euro 40 mln oltre IVA: il valore
“effettivo” della progettazione consegnata al 2010, pertanto, rimane esattamente quello del
luglio del 2009, cioè euro 48 mln comprensivi di IVA, valore che essa non avrebbe avuto
senza le successive correzioni del 2009 e del 2010.
5.2. Un secondo elemento di discussione concerne l’individuazione della percentuale di
ribasso plausibilmente applicabile alle progettazioni liquidate ad ARCEA.
Per la Procura il valore della progettazione liquidato ad ARCEA “non trova corrispondenza
con i reali valori di mercato delle prestazioni che, qualora sottoposte ad offerta economica,
avrebbero determinato una riduzione del valore del 49,78 % corrispondente al ribasso medio
delle selezioni operate per Servizi equivalenti”.
In ordine a tale questione il Collegio rileva che nella perizia del CTU, della quale il Collegio
tiene conto unicamente nei limiti in cui essa possa fornire elementi per estrapolare i dati
tecnici relativi al valore dell’attività di progettazione svolta, ed al ribasso ordinariamente
praticato per una tale attività in ipotesi di affidamento mediante gara, si premette che il
consulente ha operato sulla base dei “dati ufficiali relativi alle percentuali di ribasso offerte,
nel periodo 2004-2008, a seguito di selezione pubblica per progettazioni definitive di opere
stradali con valori di progetto analoghi a quelli di cui trattasi”, dati che il CTU afferma di
aver chiesto e ottenuto dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici e dall’O.I.C.E.,
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Associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni
italiane di Ingegneria, Architettura e consulenza tecnico–economica; in base a questi dati, il
CTU afferma che “il ribasso medio valutato per i Servizi di Ingegneria di opere stradali
offerto dalle Società di Ingegneria è corrispondente al 49,78%”. La Procura, pur
disattendendo la perizia nelle argomentazioni svolte in punto di soggetto leso e di criteri di
computo del danno, ne ha recepito il dato sulla percentuale di ribasso, applicandola al valore
dell’attività di progettazione resa da ARCEA (come correttamente suggeriva il CTU,
“all’Importo posto a Base di Gara, determinato ai sensi dell’art. 17, comma 14 bis, della
Legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche “Corrispettivi delle attività di
progettazione e delle altre attività”) per ricavarne il compenso di progettazione
legittimamente spettante, ed ha computato come danno la differenza concretamente
corrisposta ad ARCEA.
La difesa di Abodi e Borgia ha prodotto una diversa stima del valore di ribasso medio atteso
del mercato per gare di affidamento dei servizi di progettazione, commissionata alla Società
Proto Check a r.l., nella quale si sostiene che per “una progettazione di qualità, non può e non
deve passare il principio che una gara di progettazione, qualunque essa sia, con un valore a
base d'asta correttamente stimato, possa essere assegnata con ribassi maggiori del 25%/30%”,
e richiamando l'art. 4, comma 12-bis della l.n. 155/1989, sul presupposto che questo sia
applicabile considerato “il periodo di assegnazione del progetto al Consorzio 2050 (2003-
2005)”, ai sensi del quale “per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri enti
pubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque di interesse
pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e degli altri enti pubblici, la
riduzione dei minimi di tariffa non può superare il 20%”; in base a tali argomentazioni ha
sostenuto che la percentuale di ribasso atteso in caso di gara non avrebbe potuto comunque
superare il 20% del valore della progettazione. Applicando tale percentuale al “valore pieno”
della progettazione prodotta da ARCEA (€ 53.131.635,13), ne ha concluso che il prezzo
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d’asta presunto sarebbe stato superiore del 6,2% al corrispettivo liquidato nell’atto ricognitivo
e che, pertanto, nella fattispecie non sussisterebbe alcun danno a carico della Regione.
Le conclusioni del documento di parte non sono attendibili per due motivi.
In primo luogo, la stima privata computa a base d’asta il “valore pieno” della progettazione, e
non il “valore effettivo” che è stato ad essa concretamente attribuito nell’atto del 2009 a
seguito della stima ANAS, valore che, come si è visto, non era di € 53.131.635,13 ma di €.
40.133.482,96 (euro 48 mln. comprensivi di IVA); è a tale valore che deve essere rapportato
il ribasso, non al valore che essa avrebbe avuto se fosse stata conforme agli elaborati
progettuali in linea con il programma, per le ragioni che più avanti saranno meglio precisate.
In secondo luogo, la stima di parte erra nell’individuazione della normativa applicabile
all’attività di progettazione svolta da ARCEA e liquidata nell’atto del 2009, ritenendo che
essa vada individuata nelle norme in vigore nel 2003 e nel 2004, date in cui si sarebbero
concretati i titoli contrattuali in virtù dei quali essa si sarebbe svolta (la perizia offre un
“campionamento delle gare esperite negli anni compresi tra il 2000 e il 2005 -Acquisizione
dati OICE -”, precisando che “si è proceduto ad analizzare in modo approfondito gli
affidamenti nel periodo antecedente al 2003 per l’affidamento unico; e nei periodi antecedenti
al 2003 e al 2005 per affidamenti parziali”). In tale arco temporale però, come detto, sono
collocabili i soli contratti di affidamento della progettazione preliminare del 2004 approvati
dal CIPE nella determina n.50/2004 ed il contratto di progettazione definitiva stipulato nel
giugno del 2005, ma la successiva attività progettuale, che è stata svolta di fatto ed in assenza
di alcun titolo sia tra ARCEA e Consorzio 2050, sia (in assenza anche del contratto di
servizio) tra Regione ed ARCEA. Ne consegue che gli anni 2003 e 2004 possono essere presi
in considerazione solo per evidenziare le percentuali di ribasso applicabili ai contratti del
2004 e del 2005 (e dunque sono qui irrilevanti, perché la relativa percentuale di preteso danno
è coperta da prescrizione), ma per il resto dell’attività di progettazione svoltasi senza titolo in
tutto l’arco temporale dal 2005 sino al 2009, è a questo arco temporale che si deve fare
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riferimento, perché è in quegli anni che hanno avuto maturazione i relativi incarichi di
progettazione.
Rimane da accertare se sia corretta la percentuale di ribasso medio individuata dal CTU della
Procura.
Il CTU premette di aver analizzato i dati emergenti da “selezione pubblica per progettazioni
definitive di opere stradali con valori di progetto analoghi a quelli di cui trattasi”, e conclude
nel senso che “per ordinarie prassi seguite dagli studi di Ingegneria nell’affrontare gare ad
evidenza pubblica” gli sconti sono “di norma superiori al 45%”.
Tuttavia, la perizia del CTU non fornisce sufficiente prova della consistenza della percentuale
di ribasso praticata nel periodo che interessa il presente giudizio.
Infatti, cosi come per la perizia di parte, anche per la perizia del CTU vale l’osservazione che
non sono rilevanti, ai fini del presente giudizio, i dati che si collocano in un arco temporale
diverso da quello in cui si è svolta l’attività di progettazione di ARCEA; dunque, le
conclusioni che il CTU formula basandosi sulla gara per l’affidamento dei Servizi di
Ingegneria finalizzati alla realizzazione dell’Autostrada A31 Trento-Rovigo, tronco Trento-
Valdastico-Piovene Rocchette, che si è svolta nel 2010, e che ha scontato una percentuale di
ribasso del 66,00%, non sono qui in alcun modo rilevanti, come non lo sono le altre
percentuali di ribasso medio riferibili a periodi successivi al 2009.
Ciò posto, l’unico dato relativo a tale periodo, riportato nella perizia del CTU è relativo al
bando di gara del 2009 per l’“affidamento della progettazione definitiva per appalto integrato,
comprensiva delle indagini geognostiche ed ambientali necessarie e delle prime indicazioni
sulla sicurezza per i lavori di costruzione della variante di Pieve”, per una base d’asta di euro
3.350.000,00, alla quale è stata applicata la percentuale ribasso del 51,23%. Tale dato,
costituendo un dato isolato, non è indicativo per determinare una media per l’anno in
questione; inoltre, la perizia non riporta i dati per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2008, così
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mancando di fornire al giudice la prova della correttezza delle conclusioni tratte sulla
percentuale di ribasso medio applicata in gara per il periodo in questione (2005-2009).
In ciò può supplire la citata perizia di parte, che, pur erronea nelle premesse e conclusioni per
i motivi sopra detti, riporta la tabella dei dati OICE per tali periodi, che, come tali,
costituiscono un elemento oggettivo e incontestato a disposizione del Collegio, e che si
assestano nei seguenti:
2005 : ribasso medio del 26,1% (per base d’asta E. 1.729.000)
2006 : ribasso medio del 25,1% (per base d’asta E. 844.000)
2007 : ribasso medio del 30,5% (per base d’asta E. 466.000)
2008 : ribasso medio del 35,4% (per base d’sta E. 445.000)
2009 : ribasso medio del 38,7% (per base d’asta E. 499.000).
La citata perizia di parte precisa che le percentuali dei ribassi, nel periodo 1996-2006
(abolizione delle tariffe minime professionali –Decreto Bersani – GU del 11/08/2006) e
anche in parte per il 2007, risentono dell’applicazione dell'art. 4, comma 12-bis della L. n.
155/1989 (limite del 20% alla riduzione del limite di tariffa), e che le percentuali di ribasso
maggiori a tale entità si spiegano con il fatto che “la norma consente un ribasso del 100%
sulle prestazioni accessorie, che in quanto tali incidono in maniera minore sul totale
dell’affidamento (Determinazione n. 30 del 13 novembre 2002 dell’Autorità per la vigilanza
sui lavori pubblici)”. Tale analisi è corretta, e, rileva il Collegio, i predetti dati OICE
mostrano con evidenza il fenomeno di progressivo incremento delle percentuali di ribasso
d’asta per gli affidamenti dei servizi di progettazione, che notoriamente è occorso dopo il cd.
Decreto Bersani (fenomeno che, negli anni successivi, è arrivato a determinare riduzioni sino
alle percentuali ben più alte rilevate dal CTU).
In base a tali dati si può, con base oggettiva, fondatamente ricavare una percentuale media di
ribasso per tutti gli anni in questione, percentuale che si assesta nel 31,16% della base d’asta;
ponendo per dato certo che alla base d’asta corrisponda il valore del progetto, come è nelle
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ipotesi fisiologiche, è questa la percentuale da applicare al valore della progettazione fornita
da ARCEA.
5.3 Una terza questione concerne l’ammontare del corrispettivo di progettazione sul quale
applicare la percentuale di preteso ribasso.
In conseguenza dell’accertata prescrizione della percentuale di danno afferente le liquidazioni
corrisposte a tutto il 2007, la percentuale sopra individuata non può essere applicata
sull’intero valore del “parco progetti” di euro 48 mln., come è nella ricostruzione della
Procura, bensì sulla sola parte di tale valore che è stata effettivamente e concretamente
retribuita in esecuzione dell’atto transattivo del 2009, cioè su euro 29.987.406,82. Se ne
ricava che il ribasso che sarebbe stato conseguito, riferendo il valore della progettazione al
suo prezzo di mercato, è di euro 9.344.076,00.
Il preteso danno, pertanto, è provato in tale ammontare.
E’ infondata la censura che la percentuale di ribasso andrebbe applicata non sul valore della
progettazione, bensì sul valore del progetto a base d’asta (il “valore pieno” del progetto);
nella fattispecie si deve accertare se sia o meno legittimo corrispondere per una progettazione
avente un dato valore certo calcolato sulla base delle tariffe professionali (euro 40 mln più
IVA) esattamente quel prezzo, ovvero, come prospetta la Procura, e come qui si afferma, il
costo che essa avrebbe avuto se, nello stato in cui essa è stata resa disponibile alla Regione,
essa fosse stata commissionata nel rispetto della regola del valore di mercato, dunque con
applicazione della percentuale di ribasso medio applicata in gara (che ne determina il prezzo
corrente di mercato). Nelle ipotesi in cui una gara vi sia stata, è ovvio che, poiché il progetto
consegnato deve corrispondere al progetto posto a base d’asta, il valore da prendere in
considerazione è quello a base d’asta; nella presente fattispecie, dove una gara non vi è stata,
il valore su cui applicare la riduzione percentuale per rendere la prestazione in linea con il
mercato è quello della documentazione di progetto concretamente consegnata, la quale, come
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si è visto, è inferiore (valore euro 40 mln) per qualità e compiutezza a quella che sarebbe stata
in linea con il programma (valore euro 53.131.635,1353 mln).
5.4 Sono infondate le altre censure addotte dalle parti in punto di quantificazione del danno.
Per alcune difese si dovrebbe tener conto del fatto che, in virtù delle specifiche procedure
introdotte dal D.lgs. n. 190/2002 e dell’art. 1, comma 2, lett. h, della legge n. 443/2001,
sarebbe stato possibile per l’amministrazione, per contenere i tempi procedimentali,
procedere in deroga "alla vigente disciplina in materia di aggiudicazione di lavori pubblici e
di realizzazione degli stessi" al fine di "favorire il contenimento dei tempi e la massima
flessibilità degli strumenti giuridici", sì che dovrebbe tenersi conto, non già del ribasso
medio del 49,78% offerto nel corso di ordinarie gare d'appalto, bensì di quello applicato
nell'ambito di situazioni "emergenziali". Il Collegio ribadisce che, come sopra detto, la
deroga alle ordinarie procedure di affidamento non comporta la deroga alla regola generale,
vigente per tutte le modalità di affidamento ed anche per gli affidamenti diretti, della
congruità del compenso, che si concreta nell’obbligo di corrispondere un compenso
parametrato al valore di mercato della prestazione, soprattutto quando l’affidamento si
inserisce in un rapporto stabile tra i due soggetti, come quello istituzionale tra la Regione ed
ARCEA, cristallizzato nella costituzione della società e definito entro un preciso obiettivo e
ambito di progettazione, e dunque nient’affatto caratterizzato da situazioni emergenziali,
peraltro non provate e nemmeno descritte dalla difesa, ma da ordinarie necessità di produrre i
documenti progettuali circoscritti alle opere contemplate nell’oggetto sociale.
Per altre difese sarebbe stata esclusa ogni possibilità di determinare il compenso con criteri
diversi da quelli pattuiti nei contratti del 2004, che avrebbero fatto esclusivo riferimento alle
tariffe professionali; l’osservazione è priva di pregio, in primis, perché anche ammettendo
che tale fosse stato il criterio remunerativo di tali pattuizioni, intervenute tra ARCEA e
Consorzio 2050 (e agli atti emerge che non è così), esso di certo non vincolava la Regione,
che non era parte in quelle. Inoltre, come detto, l’attività di progettazione complessivamente
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valorizzata comprendeva quella svolta in esecuzione dei contratti del 2004 e del 2005 ma
anche quella successiva, che non poteva in alcun modo essere considerata conseguenziale a
quella, per i motivi già detti.
E’ infondata anche la censura, che la difesa del De Filippis traduce in una formale eccezione
di difetto di giurisdizione, che un sindacato sull’entità del compenso pattuito tra le parti si
tramuterebbe in un’indebita invasione, da parte di questo giudice, della sfera di
discrezionalità amministrativa; è del tutto pacifica la separazione delle valutazioni di merito
(sulla opportunità di una scelta, nell’ambito di più scelte legittime e razionali) da quelle di
legittimità (sulla conformità a legge della stessa), nelle quali ultime rientra la decisione del
criterio da adottare per la determinazione di un corrispettivo congruo, non eccessivo e in linea
con i valori di mercato, oltre che, anzi, prima di tutto, determinato in seno alle procedure di
affidamento prescritte dalle vigenti disposizioni. La questione della pretesa invalicabilità dei
cd. minimi tariffari, poi, rimane irrilevante perché circoscritta, semmai, agli affidamenti
anteriori alla entrata in vigore del cd. Decreto Bersani del 2006, ma non a quelli successivi,
per i quali, non coperti da prescrizione, qui si procede.
Infine, è infondata anche la tesi che non sussisterebbe alcun danno in ragione dei successivi
eventi che hanno riguardato l’acquisizione della progettazione da parte della Autostrade
Lazio S.p.a. (l’intero importo del corrispettivo liquidato dalla Regione ad ARCEA sarebbe
stato chiesto in rimborso ad Autostrade Lazio, alla quale la progettazione è stata consegnata,
e che l’avrebbe inserito nel quadro economico connesso alla realizzazione delle opere,
assicurando il versamento nelle casse della Regione di un pari importo. Detto importo, si
riferisce, sarebbe destinato a gravare sul concessionario che risulterà vincitore della gara
indetta nel 2014 dalla nuova stazione appaltante); tali eventi sono irrilevanti, perché non
incidono sulla attualità e concretezza del danno riferito all’erogazione del surplus di
corrispettivo che si è invece avuta nel 2010, la quale rappresenta un danno che ad oggi è
concreto ed attuale, non ristorato da meri impegni di soggetti terzi la cui vincolatività, ad
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oggi, è limitata all’efficacia (non certo contrattuale) della iscrizione di somme in bilancio o
degli atti di partecipazione ad una selezione pubblica - motivo per cui va respinta, per
irrilevanza, la domanda di esibizione del documento con il quale la predetta stazione
appaltante avrebbe indetto la gara, atteso che, per i motivi suddetti, a differenza di quanto
sostiene la difesa tali documenti non proverebbero comunque alcun “ribaltamento dei costi” a
carico di Autostrade o del futuro affidatario .
E’ infine irrilevante il rilievo della medesima difesa, che gli affidamenti del 2004 e del 2005
avrebbero già scontato una percentuale di ribasso del 22% circa; come detto, tale percentuale
è comunque stata applicata sui corrispettivi che ARCEA ha determinato contrattualmente con
il Consorzio 2050, e non sul corrispettivo che ARCEA in virtù dell’atto del 2009 ha preteso
dalla Regione per i progetti presentati, che sono stati complessivamente rivalorizzati senza
ribasso in euro 48 mln con IVA, comprendendovi anche le attività rese in esecuzione dei
suddetti contratti; ma, prima ancora, esso è irrilevante perché su tale quota di preteso danno è
comunque intervenuta la prescrizione, sicché le liquidazioni effettuate sino al 2007 sono state
detratte dal computo del preteso danno.
6. All’esame delle singole posizioni deve necessariamente precedere un inquadramento dei
fatti sotto il profilo della loro concatenazione causale rispetto al danno che è prospettato.
Il danno risale a due distinte serie causali.
Una prima serie causale sta nella serie di fatti che hanno determinato gli affidamenti diretti di
ARCEA, sia nel regime dell’art. 5 della L.R. 37/2002, inapplicabile per contrasto con la
normativa in materia di appalti, che sotto la vigenza della L.R. 11/2006, che prevedeva
espressamente, con i due commi dell’art. 7, non solo che “1. Le modifiche apportate dalla
presente legge alla legge regionale 37/2002 costituiscono titolo per l’esercizio della facoltà di
recesso, a norma degli articoli 2437 e seguenti del codice civile, dei soggetti o enti che
partecipano, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla società già costituita ai
sensi dell’articolo 1 della legge regionale 37/2002.”, ma anche che “2. Resta salvo,
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limitatamente alle prestazioni eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della
presente legge, l’affidamento della progettazione preliminare e definitiva del corridoio
autostradale Tirreno Sud”, introducendo anche a livello di normazione regionale il divieto per
ARCEA di conferire direttamente incarichi di progettazione, divieto comunque sussistente
anche in precedenza, in base all’ordinamento nazionale e comunitario. A questa serie causale
sono ascrivibili i comportamenti di tutti i convenuti che, nel periodo di tempo dal 2004 al
2009, hanno concorso a che la ARCEA iniziasse e continuasse la attività di progettazione a
favore della Regione Lazio al di fuori delle ordinarie procedure di affidamento dei servizi, in
spregio alla normativa vigente.
Un secondo fattore causale sta nel fatto che, ai fini della definizione dei rapporti tra ARCEA
e Regione Lazio, tale attività è stata valorizzata determinandone il corrispettivo senza
applicazione del ribasso medio ordinariamente praticato per gli affidamenti dei servizi di
progettazione; ciò è avvenuto nell’ambito dell’accordo del 2009 anche con riferimento alle
prime liquidazioni avvenute nel periodo 2005-2007, come si evince dal fatto che, come detto,
il relativo importo è entrato nella valutazione del corrispettivo, complessivamente valutato
nel 2009 senza ribasso.
Quanto all’individuazione dei soggetti i cui comportamenti sono riferibili anche a questa
seconda serie causale, a differenza di quanto le rispettive difese dei convenuti sostengono al
fine di escludere la responsabilità di un convenuto per mancata partecipazione all’una o altra,
va osservato che le due serie causali hanno entrambe concorso al fatto dannoso, senza che
l’una elimini l’efficacia causale dell’altra.
In particolare, non si può negare, in linea di principio, che l’affidamento dell’attività di
progettazione, senza alcuna preclusione ad ARCEA in merito al metodo dell’affidamento
diretto previsto dall’art. 5 cit., costituisca un antecedente causale (e non solo “storico”, come
alcune difese ritengono) dei fatti del 2009 (e dunque del danno ad esso eventualmente
collegabile), per il motivo che l’efficacia causale dei comportamenti va rilevata in
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connessione a quei fatti che, secondo un criterio di prevedibilità ex ante, basato sulle
conoscenze professionali dell’agente e sull’id quod plerumque accidit, essi sono
ordinariamente in grado di produrre.
Limitando l’indagine ai fatti non coperti da prescrizione, l’affidamento diretto della attività di
progettazione per il periodo successivo ai contratti liquidati nel 2007, in mancanza, evidente
agli atti, non solo di alcuna gara nel senso proprio e dovuto, ma anche di alcuna procedura di
previa contrattazione sul corrispettivo, non poteva che ingenerare l’aspettativa ad una forte
pressione verso la retribuzione in base alle ordinarie tariffe professionali, e dunque era una
circostanza che non poteva che fare prevedere già da allora l’esito delle pretese economiche
di ARCEA nei confronti della Regione - pretese che, infatti, si sono assestate esattamente
nell’importo del corrispettivo determinato secondo tariffa. Per questo motivo, in teoria, alla
seconda serie causale (determinazione del corrispettivo complessivo senza ribasso) è
ascrivibile non solo il comportamento imputato al convenuto De Filippis, che la Procura
individua quale dominus dell’accordo, ma anche le azioni ed omissioni di coloro che hanno
posto il presupposto di fatto di quell’accordo, e cioè il fatto che ARCEA ha posto in essere,
affidandola direttamente al Consorzio 2050, una attività di progettazione senza alcun titolo,
né direttiva, né atto che circoscrivessero preventivamente il meccanismo di determinazione
del corrispettivo, come avrebbe senz’altro potuto fare la prescrizione di seguire le procedure
di affidamento previste dalla normativa vigente.
In pratica, tuttavia, e sempre valutando la potenzialità causale dei fatti ex ante, pur essendo
certo, perché del tutto prevedibile, che una tale omissione avrebbe generato i presupposti di
fatto per una risoluzione problematica della questione del corrispettivo, e il forte rischio che
ARCEA, nella sua posizione di forza contrattuale, premesse per un compenso nella misura
massima, cioè in piena applicazione delle tariffe professionali, l’ambito dell’attività di
progettazione che ARCEA ha effettivamente fornito alla Regione Lazio non era un elemento
certo se non al momento dei primi affidamenti, contrattualmente definiti e finalizzati
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all’ottenimento del primo contributo CIPE (i due progetti preliminari depositati da ARCEA
nel 2004, il primo progetto definitivo inerente lo stralcio del CTM, tratto Aprilia Nord –
collegamento con Cisterna e della Bretella Cisterna – Valmontone, consegnato a dicembre
2004 e ripresentato dopo la Conferenza dei Servizi del 23 febbraio 2005, nonché la
progettazione definitiva affidata con il “contratto quadro” del 16 giugno 2005 per la
“progettazione definitiva integrata del Corridoio Tirrenico meridionale e della Cisterna
Valmontone come previsto dalla ordinanza CIPE 50/2004”).
Nei fatti, come si è visto, la successiva attività di progettazione si è svolta ben oltre quanto ci
si potesse aspettare in attuazione dei primi affidamenti, e al momento di tali primi affidamenti
non era prevedibile, almeno non lo era da parte di tutti i convenuti in virtù della mera loro
partecipazione alla prima serie di affidamenti , i l mutamento del quadro della
programmazione regionale in materia, avvenuto solo un mese dopo il contratto per la
progettazione definitiva tra ARCEA e Consorzio 2050, e cioè nel luglio 2005, né la sorte che
la nuova legge regionale avrebbe previsto per gli affidamenti già posti in essere.
Tutti i progetti definitivi depositati dal luglio del 2005 in poi recepiscono il mutamento di
programmazione, e come detto, al pari dei precedenti ma anche per tale ulteriore motivo,
avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma procedura di affidamento, non costituendo
affatto una attività progettuale conseguenziale a quelli. In concreto, la realtà dei fatti è che,
ottenuto il contributo sui progetti preliminari approvati dal CIPE con la delibera n. 50 del 29
settembre 2004 (progetto del “Corridoio Tirrenico Meridionale”, per il quale è stato concesso
il contributo di euro 259,560 mln, più euro 100 mln), la Regione si è attivata per ottenere un
altro contributo per il nuovo sistema stradale e autostradale definito nel luglio 2005, in cui
detto programma si andava a inserire e integrare, il “Sistema Integrato Intermodale asse
pontino Roma (svincolo Pontina)-Latina Nord, Bretella Cisterna-Valmontone”, approvato dal
CIPE nella seduta del 2 dicembre del 2005. E’ nell’ambito di tale quadro e finalità che la
Regione ha sollecitato ad ARCEA la successiva attività di progettazione, come dimostra il
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fatto che la determinazione finale del compenso ad essa relativo è avvenuta con l’atto del
2009 per una progettazione esitata nell’approvazione da parte del CIPE del contributo del
2010 di euro 468,4 mln.
Inoltre, la L.R. n. 11/2006, come si è visto, ha “blindato” le competenze di ARCEA a partire
dall’ottobre del 2006, abrogando la possibilità di conferire la progettazione direttamente al
socio privato, e valorizzando solo la progettazione depositata sino a quella data; introducendo
un ulteriore elemento ostativo alla prosecuzione e valorizzazione contrattuale dell’attività di
ARCEA dopo l’ottobre 2006, essa costituisce un ulteriore evento che interrompe la serie
causale prevedibile al momento degli affidamenti del 2004 e 2005, in quanto della violazione
di tale legge, che si è perpetrata valorizzando in applicazione delle tariffe professionali anche
la progettazione svolta e depositata successivamente a tale momento, non possono essere
chiamati a rispondere soggetti che non avevano più alcuna competenza nel rapporto tra
Regione e ARCEA.
7. Ciò premesso, si esaminano di seguito le singole posizioni per valutare l’incidenza
dell’apporto causale dei comportamenti dei convenuti.
7.1 Storace ha ricoperto la carica di Presidente della Regione sino al 2 maggio 2005.
La sua responsabilità rimane ascrivibile al fatto di aver omesso di dare alcuna indicazione
agli organi della Regione sulla posizione da prendere in relazione alla questione degli
affidamenti diretti ad ARCEA.
Il Collegio concorda con la tesi della Procura, che il comportamento tenuto dal Presidente
della Regione nella vicenda non appare essere stato conforme a diritto, ma presenta omissioni
ascrivibili quantomeno a colpa grave, poiché egli, come Presidente della Regione, e
considerata la piena conoscenza che aveva sia dei fatti, che delle illegittimità contestate alla
legge regionale, doveva prontamente provvedere, nei confronti dei vertici apicali delle
strutture di indirizzo politico- amministrativo della Regione (raccordo tra la funzione politica
e quella di gestione) a rappresentare ed attuare l’indirizzo che la Regione aveva assunto a
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livello europeo, indirizzo che, diversamente da quanto afferma la sua difesa e come invece
emerge agli atti, era nel chiaro senso di un impegno ad emendare la legge regionale n.
37/2002 dalle previsioni che la rendevano non conforme ai principi europei in tema di
affidamento diretto di appalti, ampiamente esposti nei rilievi della Commissione; dunque, in
primis proprio l’art.5, che quei rilievi aveva causato, e la possibilità per ARCEA di affidare in
maniera diretta al proprio socio Consorzio 2050 i lavori inerenti l’oggetto sociale.
E’ conforme a un’evidente regola di correttezza, ma, prima ancora, al dovere di rispetto della
normativa comunitaria che s’impone al legislatore regionale in base all’art. 117, primo
comma, della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3,
(“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto [...] dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario”), e specificatamente al Presidente della Regione in
virtù delle sue competenze in materia di indirizzo di Giunta (il Presidente, ai sensi dell’art.
121 della Costituzione, “dirige la politica della Giunta e ne è responsabile, promulga le leggi
ed emana i regolamenti regionali…”) che, assunto un tale impegno a livello internazionale, il
Presidente provveda a trasfonderlo immediatamente e senza possibilità di equivoci
nell’adozione delle direttive necessarie, nei modi e termini che possono variare a seconda dei
soggetti a cui sono indirizzate, a impedire che, nel tempo ordinariamente richiesto per
l’adozione degli emendamenti della normativa regionale necessari a renderla conforme a
quella comunitaria, non si determinino meccanismi contrattuali che, di fatto, si pongano in
aperto contrasto con tali principi e con l’impegno assunto, permettendo così una facile
elusione della legge stessa.
Per la Regione Lazio l’espressa previsione del potere/dovere del Presidente di indirizzare gli
organi di vertice di indirizzo politico amministrativo si trova nell’art.64 del regolamento
regionale n. 1/2002, intestato “Atti d’indirizzo politico-amministrativo: le direttive”, a mente
del quale “Il Presidente della Giunta emana direttive per indirizzare l’attività politico-
amministrativa della Regione, nonché quelle connesse alla propria responsabilità di direzione
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della politica generale dell’ente. Nell’ambito degli indirizzi politici definiti dalla Giunta i
singoli assessori, per le materie relative alla delega politica ricevuta, possono emanare
specifiche direttive per indirizzare l’attività amministrativa gestionale.”
Ai sensi degli artt. 48, comma 3, lett. f), e 56, comma 3, dello Statuto Regionale, il Presidente
è tenuto, poi, a rappresentare gli interessi della Regione in seno all'assemblea della società
partecipata, definendo "gli indirizzi ed i criteri generali per la gestione finanziaria, tecnica e
amministrativa" della società stessa; l’omissione di qualunque intervento in materia di
decisioni sugli affidamenti di ARCEA al socio di minoranza, pur in presenza delle
illegittimità dell’art. 5 cit. rilevate in più sedi istituzionali, concreta una grave e inescusabile
violazione d legge.
In conclusione, è effettivamente imputabile al Presidente Storace, nella sua carica di
Presidente della Regione, di non aver dato disposizioni interne a livello di Giunta e di organi
di indirizzo politico-amministrativo, nonché di non aver rappresentato alcunché, quale socio
di maggioranza di ARCEA (né direttamente, né per mezzo dell’Assessore Gargano, che egli
ha delegato alle varie sedute dell’assemblea dei soci), corresponsabile, in virtù di tale
funzione, della mancata rappresentazione di tale indirizzo da parte dei rappresentanti di parte
pubblica in seno ad ARCEA.
L’omissione di alcun indirizzo sulla necessità di adeguare gli affidamenti di ARCEA alla
normativa vigente ha sicuramente concorso a determinare gli affidamenti del 2004 e del
2005. Anche l’attività commissionata al Consorzio 2050 con il contratto per la progettazione
definitiva del giugno 2005 può essere ricondotta (anche) alle omissioni della presidenza
Storace, per assenza di alcun indirizzo alla Giunta o al socio unico, in quanto trae origine
dalla sollecitazione che la Regione, nella stessa giornata del 28 gennaio 2005 (e dunque
durante la sua Presidenza), indirizzava ad ARCEA (nelle due persone, come si vedrà,
dell’Assessore Gargano e del Direttore del Dipartimento del Territorio Cuccioletta, che in
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quella giornata, in diverse e separate occasioni, chiedevano ad ARCEA di procedere alla
progettazione definitiva in attuazione delle prescrizioni della delibera CIPE 50/2004).
Lo stesso non può dirsi per l’attività di progettazione successiva, quella che, in assenza di
titolo contrattuale, si è svolta per la consegna della progettazione successiva alla modifica del
progetto autostradale dell’asse pontino. Nel corso del successivo periodo, infatti, non può non
considerarsi che, sul piano dell’efficacia causale, la sua omissione perde gradatamente
potenza, perché ad essa nulla è seguito, nemmeno sotto la successiva presidenza della
Regione: dal 2 maggio 2005 (data della sua cessazione) in poi, invece, si è svolta forse la
parte più consistente della attività di progettazione di ARCEA, ed in particolare risultano
consegnati:
- il nuovo progetto definitivo consegnato da ARCEA all’Amministrazione Regionale, presso
gli Uffici della Direzione Infrastrutture Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici, con nota
del 16 dicembre 2005, n. 0122/05/A, in prima recezione delle nuove indicazioni di cui al
“sistema integrato intermodale Asse Pontino Roma (svincolo Pontina)–Latina Nord, bretella
Cisterna–Valmontone” approvato dal C.I.P.E. nella seduta del 2 dicembre 2005;
- la nuova versione del progetto definitivo consegnata da ARCEA alla Regione con nota 3
febbraio 2006, diretta all’Assessorato ai Trasporti ed alla Mobilità;
- l’ulteriore versione del progetto, nonché i documenti di progettazione preliminare
consegnati da ARCEA alla Regione con nota 30 luglio 2007, redatti in conformità alle
osservazioni della Commissione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
(nota 10 marzo 2006, n. GAB/2006/2194/B05), e richiesti dalla Regione, nonché delle
indicazioni fornite dal Tavolo Tecnico istituito nella nuova Giunta per dare corso all’Intesa
dell’8 novembre 2006 tra la Regione Lazio, il Ministero delle Infrastrutture e l’ANAS, per la
realizzazione del Progetto Integrato Corridoio Intermodale Roma–Latina e Collegamento
Cisterna–Valmontone.
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Si noti che proprio a tale punto la distanza tra la progettazione svolta in esecuzione dei vecchi
contratti del 2004 e del 2005 e quella necessaria ad integrare il minimo contenuto per un
progetto spendibile avanti al CIPE per la autorizzazione e l’ottenimento del contributo era
tale e tanta che la Commissione, come visto, si esprimeva nel senso che “il progetto
definitivo è sensibilmente diverso da quello preliminare oggetto di compatibilità
ambientale…”. Rispetto a tali attività non è provata una sua partecipazione causale.
Infine, alla mancanza di un suo indirizzo ha supplito, dall’ottobre del 2006, il citato art. 7
della L.R. n. 11/2006, che, come detto, nell’abrogare la norma in base alla quale ARCEA
pretendeva affidamenti diretti, faceva salve le sole progettazioni consegnate sino a quella
data; le successive attività di progettazione del Consorzio 2050 rimanevano, pertanto,
comunque precluse dopo l’ottobre del 2006, perché da tale data in poi “l’attività di
progettazione preliminare ed esecutiva del corridoio autostradale Tirrenico Sud” era da
considerarsi comunque non più “coperta” dagli affidamenti precedenti, ed avrebbe dovuto
essere affidata in conformità alle previsioni della L.R. 11/2006, che non contemplavano più la
possibilità per ARCEA di procedere ad affidamento diretto al socio privato.
Pertanto, il danno collegabile all’erogazione del corrispettivo ad ARCEA in esecuzione
dell’“atto ricognitivo” del 2009, riferito, per la quota non prescritta, alla attività di
progettazione successiva ai contratti del 2004 e 2005, non è in diretta e determinante
connessione con il comportamento del convenuto Storace, poiché la violazione delle citate
disposizioni che ha interrotto il nesso di causalità con il danno che si pretende derivato dai
fatti successivi, è stata compiuta in un periodo nel quale egli non era più in carica, o
comunque da soggetti sui quali, a causa della cessazione dalla sua carica, egli non aveva
alcun potere.
In conclusione, poiché gli unici affidamenti avvenuti sotto la sua presidenza sono quelli
esitati nei progetti preliminari del 2004, nel progetto definitivo del dicembre 2004 e nel
progetto definitivo del primo stralcio funzionale approvato dal CIPE con delibera 50/2004, la
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cui quota di danno è coperta da prescrizione, nei suoi confronti deve essere dichiarata la
prescrizione dell’azione.
7.2 Gargano ha ricoperto la carica di Assessore ai Trasporti e Lavori Pubblici nella Giunta
Storace; inoltre, come risulta dai verbali delle sedute del C.d.A. di ARCEA, egli è stato
sempre delegato dal Presidente Storace a rappresentare il socio pubblico nelle sedute del
C.d.A. della società alle quali è intervenuta la Regione.
In tale duplice posizione, e quale delegato del Presidente a rappresentare il socio di
maggioranza, la sua responsabilità può prospettarsi con tratti ancora più marcati di quella del
Presidente della Regione.
Gli atti evidenziano non solo la sua conoscenza delle questioni sull’illegittimità della L.R. n.
37/2002, ma anche la sua diretta partecipazione, sia ad atti inerenti la procedura di infrazione,
che ai rapporti con ARCEA inerenti l’affidamento della progettazione.
Per quanto riguarda il primo profilo, l’affermazione di non essere a conoscenza dei motivi
d’illegittimità degli affidamenti diretti di ARCEA è smentita agli atti, oltre che del tutto
inverosimile. Agli atti risulta che era a lui specificatamente diretta la nota della AVLP del 21
gennaio 2004, con la quale si trasmetteva la delibera in cui l’Autorità ampiamente e senza
ombra di dubbi interpretativi prendeva posizione in ordine ad ARCEA, classificandola un
organismo di diritto pubblico soggetto alla normativa comunitaria in materia di appalti, e alle
previsioni della L.R. n. 37/2002, e si sollecitavano “le valutazioni di competenza ai fini del
procedimento di riesame e alla stregua delle indicazioni di cui in motivazione”. Il “fax
urgentissimo” del 5 aprile 2004, con il quale la Rappresentanza permanente d’Italia presso
l’Unione Europea notiziava la Regione della procedura d’infrazione e dei motivi della stessa,
risulta pervenuto alla Presidenza della Giunta della Regione Lazio e specificatamente
smistato a “Dr.ssa Florio, Ass. Gargano” in data 07 aprile 2004, e acquisito a prot. di Giunta
n. 46921 il giorno dopo. Entrambe le autorità rilevavano che le disposizioni della Legge
Regionale, ed in particolare dell’art. 5 commi 2, 3, e 4, relative alle modalità di affidamento
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dei lavori, contrastavano con le Direttive 93/37, 93/36, e 92/50 relativamente agli appalti
sopra soglia, e con le norme del Trattato CE, relativamente agli appalti sotto soglia, nonché
con la legge n. 109/94, in ragione del fatto che ARCEA Lazio S.p.A. doveva qualificarsi
come organismo di diritto pubblico, obbligato, in tale veste, a rispettare le norme comunitarie
in caso di affidamento a terzi di appalti. Nella nota d’inizio della procedura d’infrazione,
anzi, con espresso riferimento alla progettazione preliminare che la Regione Lazio aveva
consegnato ad ARCEA (sin dal 2003, ai fini della redazione del progetto da presentare al
CIPE per l’ottenimento del primo contributo), e richiamando ampia giurisprudenza non solo
comunitaria ma anche italiana, nonché confutando le opposte argomentazioni avanzate dalla
Regione nella sua nota di risposta del 13 novembre 2003, richiamava l’attenzione delle
Autorità “sulla circostanza che l’eventuale conclusione di ulteriori contratti tra la società
ARCEA e i suoi soci privati al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza
avverrebbe a loro rischio e pericolo”.
Indipendentemente dal fatto che il “fax” notiziasse l’inizio della procedura d’infrazione, e
non la sua conclusione, e che la delibera della Autorità fosse stata impugnata dalla Regione
come dai soci di minoranza, costituiva una imperativa regola di buona amministrazione che la
attività di ARCEA, al momento di tali atti non ancora svolta né oggetto di incarico al
Consorzio 2050 (il contratto preliminare consegnato nel 2003 sarà oggetto di incarico solo il
18 aprile del 2004, dunque dopo entrambi i citati provvedimenti), non iniziasse tale attività o
la proseguisse, se non con modalità almeno compatibili con quelle concordemente rilevate
dalle due autorità, e che la relativa problematica fosse quantomeno portata in Giunta, onde
ottenere un indirizzo per l’esecutivo, o in seno ad ARCEA quale volontà del socio di
maggioranza.
Viceversa, la posizione di Gargano si è sempre assestata in una linea d’indiscussa e sollecita
prosecuzione dell’attività di ARCEA per la Regione Lazio, senza alcuna prescrizione in
ordine alle modalità degli affidamenti al Consorzio 2050.
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Nell’assemblea degli azionisti del 28 gennaio 2005, espressamente richiesto dai soci di
esprimere la volontà della Regione in ordine alla destinazione del finanziamento ottenuto in
virtù della approvazione da parte del CIPE della progettazione preliminare, egli,
diversamente da quanto sostiene la sua difesa, non pone affatto alcuna problematica in ordine
alla stessa possibilità per ARCEA di continuare con affidamenti diretti la successiva fase di
progettazione, ma comunica di riservarsi di acquisire chiarimenti, mediante quesito alla
Commissione Europea, in merito alle “condizioni di sostenibilità finanziaria di ARCEA
rispetto all’impostazione 40%-60%”, nonché su temi come “il contributo, l’investimento, i
tassi di redditività, la garanzia dei rischi”, questioni che riguardano unicamente la spartizione
dei costi della progettazione; risulta dal verbale, invece, che egli “chiede come mai non è
arrivata ala Regione Lazio alcuna comunicazione in merito ai progetti definitivi dei lotti
stralcio”, sollecitando ARCEA a successive fasi di progettazione senza alcun richiamo alla
necessità di evitare il metodo dell’affidamento diretto ex art.5 cit., e addirittura senza
nemmeno necessità di alcun incarico (anche diretto) formale da parte della Regione. A fronte
del rilievo del Borgia, che tale fase non era stata affidata ad ARCEA, affermava che “la
società è completamente autonoma” e che “non si può sostenere che il progetto definitivo non
sia stato fatto perché la Regione non lo ha chiesto”, e, in quella seduta, egli concludeva con
l’affermazione che “comunque nelle more del parere della Comunità Europea sarebbe
opportuno che si proceda alla progettazione definitiva da sottoporre alla approvazione del
CIPE”.
Tale comportamento evidenzia la sua piena partecipazione, sotto il profilo dell’efficacia
causale, all’affidamento in via diretta di ARCEA anche del contratto di progettazione
definitiva del giugno del 2005.
Una tale posizione, di aperta e grave violazione dei doveri su di esso gravanti quale membro
dell’organo esecutivo della Regione competente per materia, e di delegato a rappresentare il
socio unico Regione, ovviamente tenuto a l r ispet to del le leggi vigent i anche
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indipendentemente da una espressa delega del Presidente in tal senso, assume connotati di
ancor maggiore gravità dal momento in cui, con la sua nota del 23 febbraio 2005, il
Presidente Storace prendeva posizione in ordine alla L.R. 37/2002 in sede di Commissione
Europea, rassicurando quest’ultima della “disponibilità dell’Ente a trarre le conseguenze della
posizione espressa dalla Commissione nel corso della procedura d’infrazione e ad aprire alla
concorrenza gli appalti di lavori affidati alla società ARCEA in conformità alla normativa
comunitaria applicabile con conseguente modifica, per la parte specificamente interessata da
questa problematica, dell’architettura giuridica finora individuata nella legge regionale che
attualmente disciplina la materia” (nota Prot. n. 24498 del 23.02.2005). E’ del tutto
inverosimile che l’Assessore Gargano non fosse a conoscenza di tale posizione, in quanto la
sua struttura rappresenta il diretto riferimento del vertice politico nella materia interessata
(tant’è che è a firma dell’Assessorato ai lavori pubblici la successiva nota del 2 agosto 2005,
con la quale la Regione Lazio comunicava all’organo comunitario l’avvio del procedimento
per la revisione della L.R. 37/2002); eppure, egli nulla ha fatto per impedire che l’attività di
progettazione di ARCEA, che egli stesso aveva sollecitato, non proseguisse con le stesse
modalità, cioè senza alcun richiamo alle procedure aperte alla concorrenza, neppure dopo la
formale emissione della nota.
E’ opportuno un seppur breve esame del contenuto di tale nota, per dimostrare l’infondatezza
della tesi, che alcuni convenuti sostengono, che essa limitasse l’impegno della Regione a
contenere entro i limiti del diritto gli affidamenti di ARCEA che inerissero i soli “lavori”, e
non anche la progettazione dei medesimi.
Tale tesi è anzitutto in contrasto con l’evidente scopo della nota, come emerge dal tenore
dell’insieme delle sue affermazioni. In essa il Presidente, con specifico riferimento alle
“argomentazioni evidenziate dalla Commissione Europea con la procedura di infrazione in
oggetto” - le quali, come si è visto, concernevano il fatto che ARCEA era da considerarsi
amministrazione aggiudicatrice e che pertanto essa fosse soggetta alle direttive comunitarie e
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dovesse affidare appalti di progettazione, esecuzione e gestione mediante gara - ,e ritenendo
che la società non potesse procedere ad aggiudicare appalti (di ogni genere) con il metodo
dell’affidamento diretto – rassicurava che la Regione “intendeva risolvere con la massima
sollecitudine le problematiche concernenti l’apertura degli appalti pubblici alla
concorrenza” (quindi tutti gli appalti, di lavori e di progettazione). Alla luce di tali premesse,
il riferimento ai soli “lavori” nella parte conclusiva appare del tutto incoerente, ed in aperta
violazione del dovere del legislatore regionale di operare in conformità al citato art. 117,
primo comma, della Costituzione, per cui il termine “lavori” era da interpretarsi, secondo
buna fede e correttezza, come riferito a tutti gli appalti che ARCEA avrebbe commissionato.
Ciò a meno di non voler ammettere che, sia nelle intenzioni di chi scriveva che in quelle di
chi leggeva, fosse insita una riserva di interpretazione elusiva della legge (e delle prescrizioni
della Commissione), la quale porterebbe però la questione dell’atteggiamento psicologico
oltre la colpa grave, e nell’ambito della intenzionale e consapevole lesione delle vigenti
disposizioni.
Rileva il Collegio, infine, che è del tutto inverosimile che l’Assessore Gargano, nella sua
qualità, non avesse conoscenza dell’ampio progetto di rivisitazione della rete stradale e
autostradale che la Regione andava predisponendo, il “sistema integrato intermodale Asse
Pontino Roma (svincolo Pontina)–Latina Nord, bretella Cisterna–Valmontone”, che ha varato
solo un mese dopo la stipula dell’incarico al Consorzio 2050 per la progettazione definitiva
del giugno 2005, e che tale programma, rivisitando l’intero sistema viario, avrebbe invece
richiesto, come di fatto è stato, notevoli rivisitazioni non solo della progettazione definitiva
che egli stesso sollecitava in relazione al precedente progetto preliminare, ma anche della
progettazione preliminare, come si è visto sopra; in tale contesto, la sua attività in seno ad
ARCEA (quale rappresentante del socio Regione) di forte sollecitazione al deposito del
contratto definitivo appare evidentemente in contrasto (oltre che con le norme sugli appalti)
con i più evidenti canoni di razionalità e economicità dell’attività amministrativa.
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Sotto il profilo causale, tuttavia, valgono le medesime considerazioni fatte dal Collegio per la
posizione del presidente Storace, e cioè che anche il Gargano è cessato con la sua Giunta, e
anche per la sua posizione deve osservarsi che i peculiari eventi che si sono prodotti dopo la
sua cessazione (la modifica del piano della viabilità e del sostrato normativo), per
l’importanza che rivestono sulla entità della progettazione successivamente prodotta da
ARCEA, per l’autonoma rilevanza delle violazioni della intervenuta L.R. n. 11/2006, e per le
altre considerazioni sopra fatte, si pongono quali fattori di interruzione del nesso causale tra i
contratti del 2004 e del 2005 ed il danno che si è prodotto per la remunerazione, nel 2009,
della attività di progettazione prestata dopo quella esecutiva dei contratti stessi (del 2004 e
2005).
In conclusione, pertanto, poiché gli unici affidamenti nei quali è coinvolta la responsabilità
ascrivibile al Gargano sono gli affidamenti diretti della progettazione preliminare stipulati da
ARCEA nel 2004, e del progetto definitivo del novembre del 2004, con le prime modifiche
indicate dalla delibera CIPE n. 50 del 29/09/2004, nonché il contratto di progettazione
definitiva del giugno 2005 ad ulteriore attuazione di tali modifiche (tutte attività remunerate
con le liquidazioni del 2007), anche per la sua posizione deve essere accertata la prescrizione
della azione.
7.3 In merito alla posizione del Cuccioletta si osserva quanto segue.
Con sua nota del 28 gennaio 2005, n.186/2/1, in qualità di Direttore del Dipartimento del
Territorio, invitava ARCEA Lazio S.p.A. a dar corso alla progettazione definitiva del CTM e
della Cisterna–Valmontone. Con altra successiva nota del 3 maggio 2005, prot. 894/2/01,
comunicava ad ARCEA che “questa società può procedere all’affidamento della
progettazione definitiva integrata del Corridoio Tirrenico Meridionale e della Cisterna
–Valmontone, cosi come previsto dall’Ordinanza del CIPE approvativa dei relativi Progetti
Preliminari”. Tali iniziative egli prendeva, rileva la Procura, nonostante le sollecitazioni
espresse dagli organi di vigilanza comunitari e nazionali, nonché le intenzioni degli organi di
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vertice regionali (nota del Presidente Storace succitata, del febbraio 2005) di addivenire alla
modifica della L.R. n. 37/2002.
Va preliminarmente precisato, a confutazione della tesi difensiva, che se il contenuto di tali
note non concretava di per sé un affidamento diretto al Consorzio 2050, la mancanza di
alcuna indicazione o prescrizione ad ARCEA, più che opportuna nella vigenza dell’art. 5
della L.R. n. 37/2002 e nella pendenza dei procedimenti per la sua revisione, per garantire
che esso non consentisse elusione alla normativa che la Regione ed ARCEA erano tenuti ad
osservare, equivale perfettamente, sotto il profilo causale, ad un tale contenuto, soprattutto
considerando che ARCEA aveva già proceduto in passato, con i contratti del 2004, a
elaborare i progetti ad essa commissionati mediante incarico di progettazione conferito in via
diretta al suddetto socio privato: era del tutto prevedibile che tale prassi continuasse anche per
le future progettazioni, a meno di una presa di posizione della Regione ai vari livelli.
Quanto alla specifica sfera di competenza del Cuccioletta, la direttiva del Presidente della
Giunta della Regione Lazio n. 2 del 14.06.2003, prodotta da diverse difese, conferma la tesi
della Procura, che fosse sua specifica responsabilità attuare l’indirizzo della Regione
nell’ambito delle competenze di gestione a lui spettanti; per tale direttiva “il Direttore del
Dipartimento ha competenza generale sulla gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa da
esercitare mediante l’attività di direzione, coordinamento e controllo delle direzioni
regionali”, e “l’attività da essi svolta come attività di vertice dell’amministrazione deve
essere soprattutto intesa quale mezzo di recepimento e di attuazione della volontà dell’organo
di direzione politica”. Tale volontà egli non ha di certo recepito con le note in questione.
Anche al momento della sua prima nota, del 28 gennaio 2005, egli era perfettamente a
conoscenza della questione sull’incompatibilità degli affidamenti ad ARCEA con la
normativa vigente, come emerge dalla nota a sua firma del 20 ottobre del 2004 con la quale,
facendo espresso riferimento alla procedura d’infrazione comunitaria in essere, chiedeva al
Dipartimento Politiche Comunitarie di “fare conoscere alla scrivente Regione quali iniziative
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medio tempore devono essere adottate in relazione alla risoluzione non contenziosa della
vicenda… al fine di prevenire violazioni del diritto comunitario”, e garantiva che “si assicura
che la vicenda è all’esame degli organi politici della Regione Lazio che delibereranno
conformemente alle prescrizioni del Governo Italiano”; in ordine alla questione è agli atti
anche a sua nota, sempre del 28 gennaio 2005 (stessa data in cui però sollecitata ad ARCEA
la progettazione definitiva, senza ulteriori prescrizioni) con la quale nominava una
“commissione tecnico legislativa istituzionale” con “lo scopo di dare riscontro alla richiesta
della Commissione europea al Governo Italiano di chiarimenti riguardo alcune presunte
violazioni del diritto comunitario poste in essere a seguito della costituzione della ARCEA”,
note non seguite da alcun atto di interpello successivo per ottenere, né dal primo organo né
dal secondo, le richieste indicazioni. Né è plausibile che, dopo tali iniziative, egli si sia
talmente disinteressato della vicenda da non essere nemmeno a conoscenza della predetta
nota del Presidente Storace del 23.02.2005; neppure appare conforme alla aspettativa di
legalità dell’azione di un vertice della gestione della pubblica amministrazione che, nel
dubbio che la presa di posizione ivi contenuta potesse riguardare solo l’affidamento dei lavori
e non quello della progettazione, come qui sostiene la sua difesa, egli abbia, prontamente e
senza chiedere alcuna precisazione nemmeno a tale autorità, provveduto in tal senso.
Infatti, con la sua seconda nota del 3 maggio 2005, egli ha semplicemente rassicurato la
ARCEA che, quanto al finanziamento, “sarà cura di questa Amministrazione provvedere ad
erogare le somme necessarie alla liquidazione delle relative fatture professionali”, e ciò
nonostante la posizione della Regione fosse stata a quel momento già chiaramente espressa.
E’ corretta anche l’osservazione della Procura, che l’incarico per l’affidamento della
progettazione del 3 maggio 2005 è addirittura avvenuto un solo giorno dopo la cessazione del
presidente della Regione Storace: trattandosi di questione, quella degli affidamenti ad
ARCEA, che aveva coinvolto il vertice della Regione, e per la quale egli aveva rassicurato,
come si è visto, piena aderenza al suo indirizzo, in virtù della sua posizione di Capo del
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Dipartimento e assiduo referente del rapporto tra Regione ed ARCEA egli doveva
sicuramente contattare il nuovo Presidente per avere disposizioni in tal senso. Viceversa, egli
nulla ha notiziato o sollecitato, ed ha per le vie brevi ed immediatamente proceduto ad
affidare la progettazione definitiva ad ARCEA, senza alcuna precisazione in materia di
metodo di affidamento, consentendone modalità viziate sotto tutti i profili di illegittimità
sopra detti.
Tuttavia, non risulta agli atti di causa che egli abbia partecipato alla attività di progettazione
commissionata al Consorzio 2050 successivamente alla variante del programma stradale e
autostradale della Regione (luglio 2005).
Secondo quanto affermato, e non contestato dalla Procura, egli ha ricoperto l’incarico di
Direttore del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio dal 7 ottobre 2002 (giusta
deliberazione di Giunta Regionale n. 1314 del 1° ottobre 2002) al 3 agosto 2005. Pertanto,
anche per il Cuccioletta la sua partecipazione causale al danno che si è concretato nella
determinazione del corrispettivo corrisposto ad ARCEA nel 2009 appare limitata agli atti del
21004 e del 2005, i quali si inseriscono, come per il Presidente Storace e per l’Assessore
Gargano, nell’ambito dell’attività di progettazione remunerata sino al 2007, per cui anche la
sua posizione deve essere definita con l’accertamento della prescrizione del danno relativo ai
fatti a lui imputabili.
7.4 Infine, quanto ai convenuti che sono stati citati in qualità di Presidente, A.D. e membri
del C.d.A. di ARCEA si osserva quanto segue.
Secondo la Procura i convenuti avrebbero potuto "valutare autonomamente l'opportunità o
meno di procedere agli affidamenti de quibus – n.d.r.: i contratti del 2004 e del 2005 - in
favore del socio di minoranza Consorzio 2050, avuto riguardo alle osservazioni formulate
dall'A.V.C.P. e dalla Commissione U.E., trasfondendo, ciascuno, la propria volontà
nell'ambito delle richiamate sedute di C.d.A., piuttosto che determinare, con il proprio parere
favorevole e consapevole, l'approvazione alla stipula della contestata contrattualistica, cui ha
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fatto seguito, con la sottoscrizione da parte dei medesimi intimati, la stipula del contratto
quadro del 15 giugno 2005".
L’addebito, dunque, è circoscritto ai fatti inerenti i tre affidamenti del 2004 e del 2005.
Quanto alla posizione del Dr. Abodi, egli ha rivestito la carica di Presidente della Società
ARCEA Lazio dal 21 maggio 2003 al 30 giugno 2006. La sua partecipazione causale ai fatti,
pertanto, risulta comunque riferibile unicamente a fatti per i quali la quota di danno si è
prescritta, e conseguenzialmente anche nei suoi confronti deve essere pronunziata la
prescrizione dell’azione.
Quanto alla posizione del Dr. Borgia, egli ha rivestito la carica di Amministratore Delegato
dal 13 novembre 2003 al 30 dicembre 2008; in linea ipotetica, pertanto, non può essere
esclusa una sua partecipazione causale a fatti inerenti anche la liquidazione del 2009.
Tuttavia, la Procura non ha formulato alcuno specifico addebito in relazione a ciò,
imputandogli unicamente il voto positivo espresso in occasione degli affidamenti del 2004 e
del 2005. Poiché, come si è detto, tale serie causale è stata interrotta da successivi eventi di
fatto e di diritto, sicuramente non imputabili ad un soggetto non più nella carica al momento
del loro verificarsi, una sua partecipazione non può essere ricavata dagli atti in giudizio se tali
fatti non siano stati previamente a lui contestati. La mancanza di alcuna contestazione o
ricostruzione del suo comportamento che abbia inciso sui fatti del 2009, diverso da quello –
la decisione di ARCEA di affidare a Consorzio 2050 i contratti del 2004 e del 2005 - per il
quale la quota di danno è prescritta, determina anche nei suoi confronti l’accertamento della
prescrizione dell’azione per i fatti a lui imputati.
Anche il Prof. Serrentino, l’Avv. Saitta e il Dr. De Luca sono stati citati perché ciascuno di
loro “nella qualità di Rappresentante della Regione Lazio nel C.d.A. di ARCEA esprimeva
parere favorevole, nelle sedute del 28 maggio 2004 e del 19 maggio 2005, alla stipula della
contrattualistica con il Consorzio 2050 attraverso la quale si procedeva al contestato
affidamento diretto delle progettazioni”, “pur consapevole, già dal marzo 2004, dei contenuti
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dei provvedimenti emessi dall’A.V.C.P. e dalla Commissione U.E.”. Non risulta alcun
addebito a loro carico per gli affidamenti della progettazione successivi a tale data, né
afferente alla loro partecipazione o influenza causale sui fatti del 2009. Pertanto, anche nei
loro confronti, rimanendo l’addebito circoscritto a fatti ai quali può ricollegarsi causalmente
solo la quota di danno prescritta, deve essere affermata la prescrizione della azione.
7.5 Il comportamento imputato al De Filippis, Direttore del Dipartimento Territorio e
firmatario dell’“atto ricognitivo” del 2009, si inserisce, invece, esclusivamente nella seconda
serie causale che ha ingenerato il preteso danno, e cioè in quei fatti che hanno portato alla
stipulazione dell’atto ricognitivo del 2009 con liquidazione ad ARCEA di un corrispettivo
complessivo, per il parco progetti consegnato nell’arco del periodo 2004-2010, senza alcuna
considerazione dei ribassi medi ordinariamente praticati per gli affidamenti delle stesse
attività progettuali.
In tesi, il suo ruolo si evincerebbe dalla nota n. 13484 del 24 luglio 2009 (Doc. n. 229
Procura- All. n. 4), avente ad oggetto l’autorizzazione alla stipula con ARCEA del predetto
atto ricognitivo, che costituirebbe l’antecedente della delibera di G.R. n. 661 del 7 agosto
2009, e dal fatto, affermato dalla Procura, che il De Filippis risulterebbe in concreto essere
stato il soggetto a cui avrebbe fatto capo tutto l’iter procedimentale tecnico-amministrativo
culminato nella sottoscrizione del predetto atto ricognitivo, per cui nei suoi confronti sarebbe
escluso che detta sottoscrizione possa aver rappresentato un atto meramente esecutivo del
deliberato regionale.
Va premesso che:
- l’atto ricognitivo è stato stipulato tra le parti senza che si possano rinvenire precedenti atti
stragiudiziali, diffide, o pretese, contenenti una quantificazione del corrispettivo antecedenti
alla perizia della RSM ed alla mera e piana recezione della stessa con la delibera n. 661 del 7
agosto 2009 (autorizzativa alla stipula dell’accordo), sicché esso, in realtà, è un atto di mera
quantificazione del corrispettivo di ARCEA, con il quale le parti “intendono concordare sia le
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modalità di consegna della progettazione definitiva completa sia la definizione del
corrispettivo della detta progettazione e delle sue modalità di pagamento”, come richiamato
nelle premesse, a integrazione postuma di un titolo contrattuale inesistente per l’attività di
progettazione già svolta;
- la valorizzazione di tale corrispettivo non avrebbe dovuto necessariamente, in quella sede,
avvenire ai prezzi corrispondenti alle tariffe professionali, e ciò in primis perché per l’attività
di progettazione svolta dal 2005 in poi mancava di titolo contrattuale che ciò concordasse tra
ARCEA e Regione Lazio; a differenza di quanto sostiene la sua difesa, poi, non è affatto vero
che ciò fosse conforme a quanto era già stato precedentemente convenuto tra Regione e
ARCEA, mancando qualsivoglia accordo in tal senso tra tali soggetti (e restando irrilevante
quanto eventualmente concordato sul punto tra ARCEA e Consorzio 2050 con i contratti del
2004 e del 2005, trattandosi di contratti intercorsi tra soggetti diversi). In assenza di un tale
vincolo, la contrattualizzazione del rapporto e la valorizzazione dei contenuti progettuali,
come anche la stessa Regione aveva mostrato di ritenere nella nota del Dipartimento del
Territorio del 15 aprile 2009, avrebbe dovuto avvenire “a prezzi di mercato”, e dunque con
applicazione, alle predette tariffe, del ribasso usuale a prezzo di mercato, per le ragioni sopra
illustrate;
- a differenza di quanto testualmente è riportato nelle premesse della delibera di Giunta n.
661/09, non corrisponde affatto al vero “che con l’art.7, comma 2, della L.R. n.11/06 veniva
comunque fatto salvo l’affidamento delle progettazioni affidate antecedentemente alla
entrata in vigore della stessa legge”: come più volte chiarito, anche indipendentemente da
ogni altro motivo di illegittimità degli affidamenti diretti di ARCEA attinente la pretesa
violazione del diritto comunitario, rimane certo che la legge del 2006 vietava ad ARCEA di
porre in essere ulteriori affidamenti diretti al socio di minoranza per le progettazioni de
quibus, e che il regime transitorio dell’art. 7 faceva salvo “limitatamente alle prestazioni
eseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, l'affidamento della
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progettazione preliminare e definitiva del corridoio autostradale Tirreno sud”. Dunque, essa
non copriva affatto l’attività di progettazione svolta dopo tale data a seguito di affidamento
diretto (l’unica per la quale qui si procede, attesa la prescrizione del danno per le liquidazioni
del 2007), e rimane del tutto certo, oltre che oggettivamente evidente dalla stessa lettura della
citata disposizione, che si trattava di remunerare il compenso di una attività di progettazione
illegittimamente conferita da ARCEA con affidamento diretto al Consorzio 2050, e che di
tale illegittimità anche la quantificazione del compenso avrebbe dovuto tener conto, non
potendosi ritenere che una tale violazione di legge potesse costituire legittimo titolo per una
valorizzazione addirittura premiativa del prodotto della progettazione;
- la valorizzazione contrattuale del corrispettivo per l’attività di progettazione avrebbe
comunque dovuto avvenire con riferimento al prezzo di mercato della stessa, anche se
affidata al di fuori di procedure aperte o affidamenti mediante gara, poiché, come detto,
anche in tali ipotesi, in analogia con quanto dispone la normativa pubblicistica sugli
affidamenti diretti (che impone la regola della gara informale o della previa consultazione di
una rosa di offerte per verificare proprio il prezzo medio di mercato), il corrispettivo non può
essere determinato in misura notevolmente superiore al prezzo di mercato della prestazione.
Il fatto che, nella vigenza della L.R. n. 37/2002, per le prestazioni progettuali in questione
ARCEA, in realtà, fosse riservataria del “mercato” con contestuale previsione della
possibilità di affidamento diretto al suo socio di minoranza, non ostava di certo alla
determinazione del corrispettivo con riferimento al “prezzo di mercato” delle prestazioni
similari, a meno di non voler assicurare alle sue specifiche prestazioni, tramite la mera scelta
dello strumento societario, un valore extra ordinem, esente dall’applicazione dei criteri di
valorizzazione ordinariamente e generalmente applicati. Pertanto, anche considerata la
speciale situazione degli affidamenti diretti di ARCEA al Consorzio 2050, e senza voler
considerare che tale situazione nemmeno più trovava giustificazione a livello normativo dopo
l’ottobre del 2006, la regola generale del riferimento al prezzo di mercato, recepita anche
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dalle disposizioni sugli affidamenti diretti, oltre che regola di buon andamento, efficienza ed
economicità dell’azione amministrativa, non trovava alcun motivo di deroga;
- come detto già sopra, tale criterio andava comunque applicato alle progettazioni fornite da
ARCEA, indipendentemente anche dal soggetto che le aveva realizzate, o dal metodo di
affidamento che questa aveva scelto, o dei rapporti tra quello e ARCEA; in altri termini, la
questione dell’eccessiva valorizzazione non si pone nei rapporti tra ARCEA e Consorzio
2050, ma in quelli tra ARCEA e Regione, nei quali rimane che il parco progetti fornito da
ARCEA è stato valutato a termini di tariffa professionale, e non a prezzo di mercato;
- non ha alcun rilievo la questione che il socio privato di ARCEA sia stato scelto a suo tempo
con procedura di selezione pubblica, perché tale circostanza non giustifica comunque la
fissazione di un corrispettivo, per il parco progetti ceduto alla Regione, superiore a quello che
si assesta sui prezzi di mercato, i quali sono parametrati sui prezzi di aggiudicazione di gare
aventi ad oggetto specificatamente la attività di progettazione di volta in volta
commissionata;
- non corrisponde al vero l’affermazione della difesa del De Filippis, che la “normativa
statale” da individuarsi nelle delibere del CIPE di approvazione dei progetti inducesse ad una
rapida definizione dei rapporti con ARCEA nel senso che si è concretamente avuto, se solo si
considera che dette delibere entrano nel merito del contenuto della progettazione fornita, non
in quello del corrispettivo degli affidamenti; né che, addirittura, la delibera CIPE 55/08
avesse “legittimato gli affidamenti pregressi”, atteso che il CIPE non ha alcuna competenza a
decidere o a ratificare affidamenti di servizi o lavori;
- non è conforme a regola di economicità e buon andamento (regola di legittimità, non di
opportunità) quantificare un corrispettivo in misura massima e non consentita, neppure se ciò
sia fatto, come afferma la difesa, al fine di una rapida soluzione di eventuali future
controversie; la difesa invoca, in particolare, il fine transattivo dell’accordo del 2009, nel
quale s’inserirebbe la valutazione del corrispettivo dovuto, paventando i più onerosi effetti
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che sarebbero potuti derivare dal ritardo nell’affidamento dell’attività di progettazione alla
nuova stazione appaltante Autostrade Lazio, che avrebbe preteso la previa definizione dei
rapporti tra ARCEA e Regione. Rileva il Collegio che, anche a prescindere dall’osservazione
che l’intero quadro della vicenda della progettazione dei tratti stradali in questione presenta
un contenzioso esteso a tutti i possibili aspetti, e a tutti i rapporti prospettabili tra i diversi
soggetti interessati, ivi compreso il rapporto tra Regione e Autostrade Lazio, già ampiamente
inserito nel contenzioso arbitrale, rimane imprescindibilmente affidato alla Regione il
compito, contenuto di un potere/dovere che deve essere esercitato entro i limiti di legge, di
valutare ogni possibile soluzione ma sempre entro detti limiti, che in nessun caso possono
essere superati per un asserito fine di opportunità. Il fine transattivo, in altri termini, non può
essere realizzato con contenuti contrattuali che travalicano il limite di regole pubblicistiche
che disciplinano gli affidamenti e le remunerazioni delle prestazioni, e, tra queste, di quella
più volte richiamata per la quale il corrispettivo deve corrispondere al valore della
prestazione secondo il suo prezzo di mercato.
Di tutto ciò non ha tenuto conto la liquidazione ad ARCEA, che la Regione ha determinato in
piana ricezione della perizia di parte prodotta dalla società, atteso che le uniche censure alle
valutazioni delle perizie prodotte dalla società hanno riguardato la congruità del livello di
progettazione presentato, ritenuto affetto da carenze e imperfezioni.
Quanto all’elemento soggettivo e causale dei fatti imputati al De Filippis, la proposta n.13484
del 24 luglio del 2009 presenta uno schema di deliberazione al quale la successiva delibera di
Giunta n. 661 si è attenuta in modo del tutto conforme, e del quale l’atto ricognitivo è
attuazione; i contenuti che sono arrivati in Giunta, pertanto, sono stati individuati in tale
proposta, che non ha tenuto conto di nessuno degli elementi di cui sopra, e che,
effettivamente, deve essere considerata quale diretta causa del contrasto della liquidazione ad
ARCEA sia con la normativa che con la realtà dei fatti che costituivano l’antecedente delle
pretese della società.
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La difesa oppone che la proposta proveniva dall’assessorato ai Lavori Pubblici, e deposita
una serie di documenti che attestano la diretta riferibilità all’assessorato della decisione di
addivenire ad un accordo per la quantificazione del corrispettivo, e di accettare la proposta
che tale quantificazione fosse effettuata da società incaricata dalla stessa ARCEA tra cui la
nota del 5 marzo 2008, che comunicava l’assenso a tale iniziativa di ARCEA comunicando
anche che la quantificazione avrebbe costituito “sicuro elemento di riferimento per la
quantificazione del valore delle prestazioni effettuate da ARCEA e potrà consentire la
definizione di tutti i rapporti ancora pendenti per quel titolo tra la Regione e codesta società”,
la nota del 20 gennaio 2009 con la quale ARCEA comunicava alla Regione, e
specificatamente all’assessorato ed al Direttore regionale, la perizia della RSM, la nota del
19 febbraio 2009 con la quale ARCEA comunicava alla Regione l’intenzione di determinare
il corrispettivo mediante applicazione del tariffario, e la nota del 2 settembre 2009 a firma del
Direttore regionale e del RUP con la quale, già antecedentemente alla nota a firma del De
Filippis, si comunicava ad ARCEA l’importo del futuro atto ricognitivo in euro 40 mln. oltre
IVA. Tale corrispondenza, intercorsa direttamente tra ARCEA e soggetti diversi dal De
Filippis, mostra effettivamente l’infondatezza dell’assunto che fosse egli unicamente, e non
anche altri, a gestire l’intero procedimento che è pervenuto alla quantificazione del
corrispettivo di ARCEA. La sua partecipazione, pertanto, va verificata da un lato con
riferimento alle competenze che egli per legge e regolamento esercitava all’interno della
Regione, e dall’altro con riferimento al ruolo concretamente ricoperto.
Rileva il Collegio che le competenze in materia di proposte di deliberazione di Giunta sono
distribuite in più centri di responsabilità dal Regolamento regionale 6 settembre 2002, n. 1,
che disciplina la procedura per l’approvazione delle delibere di Giunta, disponendo all’art. 67
che: “Lo schema di deliberazione è proposto dall’Assessore competente per materia o dal
Presidente della Regione, previa verifica della rispondenza alle direttive e agli indirizzi
impartiti. A tale fine il direttore regionale competente trasmette lo schema di deliberazione
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all’Assessore o al Presidente. Lo schema di deliberazione è corredato di un frontespizio sul
quale sono apposte le firme del Presidente o dell’assessore proponente, del direttore di
dipartimento, del direttore regionale competente per materia e, ove previsto ai sensi
dell’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 del responsabile del procedimento.”
Dunque, l’iter prevede un punto di partenza, che è l’attivazione da parte dell’Assessorato
delle competenze del Direttore competente per materia, ed un punto di arrivo, che è la
proposta formale che l’Assessore porta in Giunta.
Nella fisiologia del procedimento, ed indipendentemente dalla maggiore o minore ingerenza
della struttura politica nella definizione del contenuto anche tecnico dell’atto, rimane che la
struttura amministrativa è competente a valutare la corrispondenza del contenuto della
delibera alle norme di legge; nella fattispecie, il Dipartimento del Territorio, nelle sue
articolazioni, doveva curare che la proposta proveniente dall’organo politico (l’assessorato)
fosse conforme a tali criteri. Non ad altro serve, la struttura amministrativa, che a garanzia
della legittimità e concreta attuazione delle scelte politico amministrative in conformità , in
primis, alle norme di legge, e, in secondo luogo, a criteri di buona amministrazione, ai vari
livelli in cui essa è strutturata. Pertanto, delle illegittimità ed incongruità della “proposta”,
sotto i profili sopra rilevati, è la stessa struttura amministrativa che è responsabile, perché tali
illegittimità ed incongruità avrebbe dovuto quantomeno fare rilevare, e non recepire
pianamente solo perché esse costituivano elementi che la struttura politica aveva dati per certi
o che addirittura aveva contribuito a determinare.
Il fatto che l’atto (la nota contenente la proposta) è stato firmato, oltre che dal Direttore del
Dipartimento, anche dal Direttore Regionale (e dal RUP) non comporta, diversamente da
quanto rileva la difesa, che sarebbe solo questi il soggetto cui è riferibile l’istruttoria e che,
conseguentemente, ne assorbirebbe le responsabilità, in analogia a quanto prevede l’art. 6 lett.
e) della L.n. 241/90 nei rapporti tra responsabile del procedimento e firmatario dell’atto.
Infatti, nella specifica materia delle proposte alla Giunta, che è disciplinatra dalla speciale
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disposizione dell’art. 67 cit., la responsabilità dei due livelli dirigenziali coinvolti non può
essere regolata come negli ordinari procedimenti amministrativi. Le due firme, qui,
corrispondono a due autonomi centri di decisione (entrambi strutture apicali della dirigenza),
ai quali fanno riferimento due coesistenti sfere di responsabilità, ben delineate dalla citata
direttiva del Presidente della Giunta della Regione Lazio n. 2 del 14.06.2003, per la quale “il
Direttore del Dipartimento ha competenza generale sulla gestione finanziaria, tecnica ed
amministrativa da esercitare mediante l’attività di direzione, coordinamento e controllo delle
direzioni regionali”, e “l’attività da egli svolta come attività di vertice dell’amministrazione
deve essere soprattutto intesa quale mezzo di recepimento e di attuazione della volontà
dell’organo di direzione politica”. Il livello di partecipazione del Direttore del dipartimento
all’attuazione diretta dell’indirizzo politico amministrativo, superiore rispetto al livello del
direttore regionale, non lo esime in sede di proposta di delibera di Giunta dalla verifica della
correttezza e legittimità delle suddette decisioni omettendo un qualsiasi ruolo di verifica sulla
proposta proveniente dall’assessorato e firmata dal direttore regionale, perché ciò
equivarrebbe a vanificare la funzione di uno dei due livelli di previa verifica della legittimità
e correttezza della delibera di Giunta voluti dal citato art. 67 del Reg. reg..
Ciò, da un lato, esclude che il Direttore del Dipartimento possa invocare la firma del
Direttore Regionale a scusante della propria responsabilità. Non corrisponde alla realtà delle
sue responsabilità istituzionali che nella sua “attività ricognitiva” egli sia stato messo di
fronte a “scelte già compiute da altri di transigere ad un determinato prezzo”, poiché una tale
scelta è in concreto avvenuta solo a compimento del procedimento (delibera di Giunta n.
661/09) che lo vedeva coinvolto nel suo ruolo specifico, e che, seppure già manifestata una
intenzione della sua struttura regionale o dell’assessore in tal senso, egli non poteva abdicare
a tale ruolo, non potendo affatto la sua firma corrispondere, come prospettato, ad una mera
competenza “formale”. Ciò vale in linea generale, ma soprattutto nella specifica fattispecie,
dove le illegittimità che si presentavano sia negli affidamenti diretti di ARCEA che nella
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valorizzazione del corrispettivo, a differenza di quanto afferma la difesa, erano grossolane e
palesi, ed afferivano sia il fatto stesso che la società avesse tranquillamente continuato a
svolgere attività di progettazione pur in assenza di alcun titolo, contrattuale o di legge, dopo
l’abrogazione dell’art. 5 della L.R. n. 37/2002 ed in violazione della successiva disposizione
transitoria della L.R. n.11/2006, sia il fatto che la valorizzazione della sua attività potesse
avvenire sulla mera base del tariffario professionale, senza considerazione alcuna né degli
ordinari ribassi d’asta, né del prezzo di mercato, su quelli normalmente assestato. Concreta
una grave violazione del ruolo e della funzione di garanzia ad egli affidata il fatto che nulla
egli abbia rilevato a fronte del contenuto della proposta che, in ultimo, con la propria firma,
egli ha pianamente sposato, ivi compresa la parte in cui essa (e la pedissequa delibera di
Giunta n. 661/09) giunge a riportare il contenuto dell’art. 7 della L.R. n.11/2006 in maniera
palesemente distorta, al fine di mostrare una copertura di legittimità all’attività di
progettazione svolta da ARCEA, copertura del tutto inesistente a tenore della stessa
disposizione.
Né la decisione sul quantum del corrispettivo può essere considerata il frutto di un’attività
conciliativa, tale che la sua firma sulla proposta di deliberazione sia da ricondurre unicamente
alla titolarità formale del potere conciliativo che l’art. 160, comma 2, n. 8 del Reg. reg. citato
pone in testa al Capo del Dipartimento, e che, nella fattispecie, la scelta concretamente presa
sarebbe stata opportuna per evitare maggiori esborsi a fronte della pretesa di ARCEA; quanto
al preteso fine transattivo, le evidenze agli atti mostrano che tale scelta è stata presa in
immediata recezione delle richieste di ARCEA, senza alcun contenzioso né in atto, né
minacciato, ma soprattutto è evidente che la questione del corrispettivo non avrebbe potuto
trovare in sede giudiziale una migliore soluzione di quella che con l’“atto ricognitivo” ha
trovato, atteso che le prestazioni sono state liquidate nella misura massima prospettabile (a
tariffa). Ma, soprattutto, la funzione del Direttore del Dipartimento nello specifico
procedimento di proposta di delibere di Giunta non è limitata a tali compiti, ma si estende,
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come si è detto, alla verifica della legittimità della soluzione proposta, pur nell’ambito della
funzione di raccordo tra scelte del vertice politico e compiti della struttura amministrativa
della quale è il referente ed il coordinatore.
Dall’altro lato, fondatamente la difesa evidenzia la presenza del ruolo di altri soggetti nella
causazione dei fatti, quantomeno di pari efficacia causale rispetto a quello del De Filippis
(tutti i soggetti firmatari della proposta).
Non essendo provato il ruolo esclusivo della omissione del De Filippis, prospettato dalla
Procura, ed emergendo, anzi, agli atti analoghe omissioni da parte di altre figure dirigenziali
competenti sul punto, non convenute, nonché l’attiva e pressante partecipazione della sfera
politica nella determinazione del corrispettivo, in persona di soggetti istituzionali di vertice
pure non convenuti, il suo ruolo nella vicenda, pur rimanendo imputabile a titolo di colpa
grave, deve essere ricalibrato con riferimento alla sua partecipazione causale, e, considerata
l’entità dell’apporto causale altrui, deve essere ampiamente ridotto.
Deve in primis considerarsi che il suo comportamento rientra solo nella seconda serie causale
del fatto dannoso, non essendogli stato contestato alcun comportamento inerente gli
affidamenti dell’attività di progettazione; rimane, pertanto, teoricamente imputabile alla
esclusiva competenza e responsabilità di altri soggetti l’aver posto in essere, dall’ottobre del
2006 in poi, i presupposti di fatto perché ARCEA vantasse verso la Regione un generico e
non quantificato diritto al corrispettivo che, invece, avrebbe dovuto essere determinato
previamente, solo per prestazioni legittime (e dunque non per quelle rese dopo l’ottobre del
2006, che avrebbero dovuto sottostare alle regole sull’affidamento degli appalti) e,
comunque, in base ai prezzi di mercato. Considerato che tale prima serie causale di fatti è
ascrivibile a più vertici decisionali ai quali è affidato l’interesse della Regione (il soggetto che
rappresenta la Regione quale socio di ARCEA, i componenti del C.d.A. di ARCEA designati
dalla Regione, e, soprattutto, la struttura di indirizzo politico-amministrativo che ha gestito i
rapporti con ARCEA quanto all’affidamento della progettazione sino al 2009, soggetti, si
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ripete, non citati in giudizio), e che la situazione che ne è derivata nel 2009 comportava, in
concreto, una sola variabile - il quantum del corrispettivo di ARCEA -, a tale prima serie
causale deve essere ascritta una efficacia pari almeno al 50%, restando ascrivibile alla
seconda (nella quale rientra il comportamento del De Filippis) la restante parte. Ai fatti
inerenti la determinazione del corrispettivo del 2009, pertanto, corrisponde solo il restante
50% del preteso danno come sopra quantificato, e dunque euro 4.672.038,00 (50% di euro
9.344.076,00).
In secondo luogo, si deve tener conto delle competenze che spettavano di diritto a tutti i
soggetti proponenti la delibera di Giunta n. 661/09, competenze e responsabilità alle quali
deve essere sicuramente data pari efficacia causale. Seppure con ruoli diversi, come detto,
intervenivano nel procedimento ex art. 67 cit. anche il RUP, il Direttore Regionale e lo stesso
Assessorato (che sollecitava quest’ultimo in sede di iniziativa): seppure tali soggetti non
siano stati citati, e per conseguenza il Collegio non ne abbia potuto esaminare le difese,
rimane certo che l’organo di indirizzo politico è titolare del potere di proposta, ed in ciò
partecipa, sotto il profilo causale, della responsabilità che da essa possa derivare se, come
nella fattispecie, la proposta è stata pedissequamente portata avanti senza i dovuti rilievi da
parte delle strutture della dirigenza. Inoltre, anche a voler limitare la sfera di responsabilità
del RUP alla verifica dei contenuti tecnici della progettazione o della legittimità degli
affidamenti, rimane evidente che anche il Dirigente Regionale doveva essere altrettanto
avveduto, come il Direttore del Dipartimento qui convenuto, della perfetta illegittimità
quantomeno della “attività di progettazione svolta” da ARCEA dopo l’ottobre del 2006, e,
soprattutto, della necessità che la sua remunerazione, indipendentemente dal metodo di
affidamento seguito da ARCEA o dalla presenza di altre illegittimità, dovesse rispettare
quantomeno il principio di economicità ed efficienza della spesa della Regione, e non potesse
travalicare, per questo, il “prezzo di mercato”, e che tale ruolo omissivo pure incide sotto il
profilo causale. Al comportamento del De Filippis, pertanto, sotto l’aspetto puramente
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causale non può essere imputato quanto supera un quarto del danno, e dunque il danno a lui
causalmente riconducibile è contenuto entro euro 1.168.009 ,00.
Il Collegio ritiene, inoltre, che nella fattispecie non possa essere seguito un criterio
d’imputazione del danno puramente risarcitorio, che faccia leva solo sulla sussistenza di tutti
i presupposti della responsabilità e determini la quota di danno del convenuto sulla mera base
del suo apporto causale.
Pur se la piana accettazione, da parte sua, delle condizioni dell’accordo inserite nella proposta
a firma congiunta concreta una grave violazione dei doveri che al suo livello di alta dirigenza
non potevano essere pretermessi, e che non è giustificabile proprio in relazione alla specifica
funzione di raccordo tra la sfera di indirizzo politico e la struttura amministrativa, inserendo
la sfera di competenze e responsabilità del De Filippis nel concreto assetto dei fatti si evince
facilmente che il concatenarsi delle premesse storiche della vicenda, e la posizione da sempre
univocamente assunta dalla Regione nel senso di lasciare la ARCEA assolutamente libera
quanto al metodo degli affidamenti, e addirittura svincolata da qualunque accordo con la
Regione in merito alla stessa attività di progettazione commissionata e al relativo
corrispettivo, avevano costituito solide premesse per l’aspettativa a che la determinazione
della Regione, anche in tale occasione, si conformasse pianamente sulle richieste della
società. In tale contesto, pur rimanendo esigibile da parte sua, perché correlato alla alta
funzione che egli ricopriva e alle responsabilità necessariamente e specificamente a quella
connesse, un comportamento rispettoso delle regole dell’ordinamento sopra richiamate, la sua
omissione deve essere valutata anche nell’ambito del rischio di organizzazione che
l’amministrazione, che inserisce un funzionario in una determinata posizione apicale, si
assume come parte del rischio connesso alla sua condotta o alle sue omissioni, a quel livello
necessariamente più gravide di effetti dannosi di quanto non lo possano essere a livelli
inferiori di responsabilità.
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Per tale motivo il Collegio ritiene giustificata un’ampia riduzione del danno concretamente
imputabile, sino ad euro 600.000,00. Tale somma egli deve rifondere alla Regione Lazio,
oltre interessi dalla data della presente decisione sino al soddisfo. Le spese di giustizia sono a
suo carico per un undicesimo del loro ammontare, in ragione del numero dei convenuti, e con
esclusione del costo della CTU, in quanto non utilizzata ai fini della determinazione
dell’addebito nei suoi confronti, e sono liquidate come in dispositivo.
7.6 Per quanto concerne la decisione sulle spese legali dei convenuti nei confronti dei quali è
stata accertata la prescrizione dell’azione di danno erariale, rileva il Collegio che, in
applicazione dell’art. 10 bis, comma 10, del D.L. n. 203/2005, convertito nella legge n.
248/2005, non spetta al convenuto prosciolto per prescrizione dell’azione di responsabilità il
rimborso da parte dell’amministrazione di appartenenza delle spese per onorari e diritti di
difesa e non sussiste nemmeno, per conseguenza, l’obbligo del giudice contabile di liquidare
le spese stesse (cfr. SSRR 3/QM/2008 del 27.6.2008). Nulla pertanto è a provvedere sulle
stesse.
B. Danno imputato ai convenuti Ing. Besson, nella sua qualità di Dirigente del Dipartimento
opere pubbliche e servizi per il territorio, e Ing. Fabrizio, RUP, di euro 438.000,00 per
interessi da ritardato pagamento e spese del giudizio arbitrale sul contenzioso intercorso tra la
Regione Lazio e la Mele Engineering s.p.a. in R.T.I con la Pigreco s.p.a., che ha portato alla
determinazione del valore della progettazione preliminare della “Bretella autostradale
Cisterna Valmontone”.
Le parti confliggono in ordine alla stessa ricostruzione dei fatti generatori del preteso danno;
poiché, tuttavia, il Collegio deve esaminare il petitum in relazione ai fatti imputati e provati in
giudizio, è la versione della Procura che deve essere primariamente vagliata, incombendo
sull’accusa l’onere della asserzione ed asseverazione dei fatti addotti.
In tesi, i due convenuti avrebbero posto in essere un comportamento causalmente collegato al
preteso danno costituito dalle spese connesse al giudizio arbitrale e, specificatamente,
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avrebbero posto in essere i presupposti che avrebbero favorito la condanna della Regione
Lazio procedendo, rispettivamente, l’Ing. Besson a conferire incarico di progettazione
preliminare alla società Mele Engineering oltre l’ambito del contratto di progettazione già
stipulato tra le parti, contratto che tale fase progettuale non includeva, avendo ad oggetto la
sola progettazione definitiva ed esecutiva del collegamento Area Pontina-A2 (bretella
autostradale Cisterna Valmontone) e, l’Ing. Fabrizio, ad accettare il progetto preliminare
depositato dalla Mele Engineering nel 2002.
In relazione ai fatti imputati va preliminarmente esaminata l’eccezione di prescrizione, che le
parti avanzano sottolineando che gli importi che trovavano titolo e fondamento nel lodo
conclusivo del giudizio sono stati pagati in più soluzioni, l'ultima delle quali il 7 giugno 2007,
e che il termine prescrizionale del credito erariale, pertanto, sarebbe è in ogni caso qui
maturato il 7 giugno 2012 (prima della notifica dell'invito a dedurre, perfezionatasi il
successivo 6 novembre 2013); oppone la Procura di aver notificato in data 17 novembre 2011
ai convenuti un atto di messa in mora ex artt. 1219 e 2943 c.c. per l’importo suindicato,
mediante la Guardia di Finanza a ciò autorizzata. Seguiva la notifica dell'invito a dedurre,
notificato a Besson il 6 novembre 2013 e a Fabrizio il 7 novembre 2013.
Osserva il Collegio che con riferimento alla notifica dell’invito a dedurre l’azione è prescritta,
ponendosi esso, quale primo atto interruttivo, oltre la maturazione del termine prescrizionale
di cinque anni dall’emissione dell’ultimo mandato di pagamento.
Non può considerarsi, a tale effetto, la notifica dell’atto di costituzione in mora notificato ai
convenuti dalla Procura nel novembre del 2011.
L’effetto interruttivo del termine prescrizionale, che è riconosciuto all’invito a dedurre che
sia fornito di tutti gli elementi richiesti per determinare siffatto effetto ai sensi degli articoli
1219 e 2943 del Codice Civile (cfr. SS.RR. di questa Corte, nn. 14/QM/2000, 6/QM/2003,
1/QM/2004 e 4/QM/2007), non è manifestazione di un autonomo potere di messa in mora che
sia attribuibile al Procuratore contabile al di fuori dell’esercizio delle funzioni sue proprie; in
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altri termini, non rientra nell’ambito dei poteri del Procuratore contabile azionare un diritto al
risarcimento del danno al di fuori delle modalità con le quali l’ordinamento gli attribuisce il
potere di azionare la responsabilità amministrativa patrimoniale - modalità che concretamente
si esplicano nei soli atti tipici dell’invito a dedurre e dell’atto di citazione – e, dunque,
interrompere la prescrizione con atto di costituzione in mora distinto e precedente rispetto
all’invito a dedurre.
Un autonomo atto di costituzione in mora, rientrando nelle facoltà del titolare del diritto
sostanziale al risarcimento del danno, e cioè della pubblica amministrazione, può essere solo
da questi validamente emesso agli effetti interruttivi del termine di prescrizione, anche su
sollecitazione del Procuratore contabile.
In conclusione, anche nei confronti dei due convenuti citati a rispondere del danno di cui alla
fattispecie B sopra descritta deve essere dichiarata la prescrizione dell’azione.
Nulla è a disporre nei loro confronti per le spese legali, sempre in applicazione dell’art. 10
bis, comma 10, del D.L. n. 203/2005, convertito nella legge n. 248/2005.
P. Q. M .
La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio,
CONDANNA
Raniero Vincenzo De Filippis a rifondere alla Regione Lazio euro 600.000,00, oltre interessi
dalla data della presente decisione sino al soddisfo, e a rifondere le spese del giudizio
nell’importo di euro 4.381,35 (€ quattromilatrecentottantuno/35).
Dichiara prescritta l’azione nei confronti di:
Raimondo Luigi BESSON;
Bernardo Maria FABRIZIO;
Francesco STORACE;
Giulio GARGANO;
Patrizio CUCCIOLETTA;
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Andrea ABODI;
Ruggiero BORGIA;
Flavio DE LUCA;
Roberto SERRENTINO;
Aurelio SAITTA.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 7- 14 -23 luglio 2015.
Il Relatore Il Presidente
F.to Chiara Bersani F.to Ivan De Musso
Depositata in segreteria il 11 Settembre 2015
P.IL DIRIGENTE IL RESPONSABILE DEL SETTORE
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ F.to Dott. Luigi DE MAIO
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