1 Cronache Settembre - Dicembre 2012 n° 5 -6 cefalonia settembre 1943 INIZIA LA RESISTENZA ARMATA
Mar 10, 2016
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Cronache Settembre - Dicembre 2012 n° 5 -6
cefalonia settembre 1943
INIZIA LA RESISTENZA ARMATA
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SOMMARIO:-Quando spira il vento del revi-
sionismo.... pag 2
-Non c’è più un giudice a
Berlino pag 3
-Bandiera bianca a Cefalonia
pag 5
-16 ottobre 1943, il sabato...
pag 8
-In ricordo di Tere... pag 11
-Lancio del tesseramento
pag 12
-2012: le attività di un anno
pag 13
-Fermiamo la guerra a Gaza
pag 18
-Il treno della memoria
pag 18
-Canzoni contro la guerra
pag 19
-Auguri pag 20
-Sottoscrizioni pag 20
Carlo Sarpieri
che nella nostra Provincia ed in altre parti d’Italia sono avvenuti in tempi anche recenti. Nella nostra Provincia proseguono negli anni i pellegrinaggi alla tomba di Mus-solini e la vendita di gadget con i simboli del fascismo, si banalizza quella storia con iniziative di vario genere, culturale, gastronomico, spettacolare in cui il nome di Mus-solini viene inserito tra i “ perso-naggi “ che hanno contraddistinto la nostra terra scavalcando a piè pari tutti i lutti e tutte le sofferen-ze di quell’esperienza. In un’altra località del Lazio, con il contribu-to di 130.000 euro della Regione, si realizza e si dedica un sacrario con annesso parco, al generale Graziani che, in terra d’Africa alla conquista delle colonie e come ministro della Repubblica di Salò, si distinse per la sua efferatezza e che, per le sue malefatte, fu poi condannato a 19 anni di carcere e quindi salvato da una benigna am-nistia e da vari condoni. E che dire poi di ciò che accaduto ad Isernia dove un gruppo di ra-gazzi del Comitato unitario antifa-scista sono stati denunciati con ci-tazione del codice penale per aver cantato “ Bella ciao “ contro una manifestazione di Casa Pound!! In questo caso la scure impietosa della giustizia si è abbattuta su un gruppetto di antifascisti, condan-nandoli per decreto penale, con un atteggiamento molto diverso rispetto alla grande tolleranza che si dimostra per movimenti fascisti sedicenti “ del terzo millennio” che, in quanto tali, sarebbero al di fuo-ri della Costituzione e del nostro stesso sistema, come ha detto la Corte di Cassazione, che ha rico-nosciuto la responsabilità penale di chi ha fatto il saluto romano in uno stadio o ha spiegato la ban-diera tricolore con un fascio littorio inciso al centro. Tutto questo avviene dopo anni ed anni di una campagna volta a nascondere e ad appiattire le re-sponsabilità storiche e politiche del fascismo mettendo sullo stes-so piano chi aveva combattuto per ridare libertà e dignità al Paese e chi l’aveva consegnato nella mani di un esercito straniero. Questa operazione revisionista, dispiega-
ta con grandi iniziative editoriali, con iniziative parlamentari, con la tolleranza delle espressioni del neofascismo, così come la ba-nalizzazione dei personaggi del fascismo, ha prodotto un terreno fertile perché oggi anche delle persone serie come l’ing. Balzani possano avanzare una proposta indecente come quella di intitolare l’aeroporto di Forlì a Benito Mus-solini. Prendiamo atto con piacere della reazione delle Istituzioni e di tutti coloro che hanno sentito il bi-sogno di esprimere il loro sdegno e nello stesso tempo chiamiamo tutti coloro che hanno responsabi-lità ad ogni livello di governo a dire basta con i populismi ed i nazio-nalismi che si nascondono dietro ad iniziative pseudo culturali con lo scopo di dare una risposta anti-democratica alla crisi economica, sociale e morale del nostro Paese e dell’Europa.
QUANDO SPIRA IL VENTO DEL REVISIONISMO…
PUO’ SUCCEDERE ANCHE QUESTO!
Le cronache dei giornali locali di questi giorni si sono occu-
pate dell’incredibile e provocatoria proposta avanzata dal direttore di Unindustria di Forlì-Cesena di in-titolare l’aeroporto di Forlì niente-meno che a Benito Mussolini. La proposta, nelle intenzioni dell’ing. Balzani, nasceva dalla necessità di dare maggiore visibilità all’ae-roporto e risollevarne così le sor-ti…..Poi, in fondo, Mussolini se lo meritava visto che era stato l’ar-tefi ce dell’opera! Dopo un primo momento di incredulità, di sbalor-dimento e di indignazione per una proposta che riguardava un’area in cui i nazifascisti hanno fuci-lato ben 42 civili ci siamo chiesti com’era possibile che un dirigente di un’importante associazione di categoria arrivasse fi no a tanto. Certo è l’associazione industriali e cioè di una categoria che ha avuto storicamente una grande respon-sabilità nell’ascesa di Mussolini e del fascismo ma che oggi si muo-ve con un atteggiamento di grande rispetto della Costituzione e delle sue regole. Per comprendere per-ché ciò sia potuto accadere forse è il caso di ricordare altri episodi
Sopra un farsesco momento
del vergognoso raduno che si è
svolto quest’anno a Predappio
in occasione dell’anniversario
della marcia su Roma durante il
quale, impunemente, sono sta-
ti esibiti simboli di un passato
sanguinoso e tragico per l’Italia
e per il mondo.
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chè poi bruciarlo? Quasi che quell’e-
stremo ultimo insulto fosse peggiore
dell’omicidio. Perchè molti non hanno
avuto neanche un corpo da seppelli-
re.
Le sentiranno ancora quelle SS le
urla di quegli innocenti? Nei loro so-
gni, quante volte avranno rivissuto
quell’atto? Se ci fosse un minimo di
umanità in loro, dovrebbero rivivere
quegli attimi, con orrore, all’infi nito.
Adesso, a Sant’Anna c’è il silenzio...
qualcuno arriva e trovano una bambi-
na di 20 giorni, ferita, ma ancora viva,
è Anna Pardini, a raccoglierne il cor-
po, stretto al cadavere delle madre, è
la sorella. Muore in ospedale ed è la
vittima più giovane dell’eccidio. Dis-
solvenza...
La strage non resta segreta, il co-
mando alleato sa, immediatamente,
informato da un disertore e due civili,
che hanno passato il fronte. Il 15 set-
tembre si insedia , presso il coman-
Il mugnaio di Posdam, oggi fatiche-
rebbe a trovare un giudice a Berlino
che lo difenda dai soprusi dell’impe-
ratore. E Bertold Brecht, che inventò
il mugnaio, chissà cosa direbbe della
sentenza con cui il tribunale di Stoc-
carda lascia a piede libero i colpevoli
di un eccidio efferato, le cui vittime, at-
tendono giustizia da 68 anni? “Chi non
conosce la verità è uno sciocco, ma
chi, conoscendola, la chiama bugia,
è un delinquente”, scrive, nella Vita di
Galileo. E a me, quei giudici paiono
delinquenti, o quanto meno complici.
La sentenza con cui il tribunale tede-
sco archivia la posizione delle SS è
da banalità del male. Non riconosce
la presenza dei nazisti e motiva anche
che non si può condannare, perchè il
numero dei morti non è quantifi cabile
esattamente. Un problema di conta-
bilità, insomma, e di foglio presenze.
Certo le 560 vittime accertate non ba-
stano, e se fossero 559, la gravità del
reato sarebbe diversa. E, qualcuno
potrebbe pensare che vista l’età degli
imputati, una istruttoria lunga 10 anni
sia un modo per lasciare alla vecchia-
ia la rimozione del problema. Peccato
che in tre gradi di giudizio, la giustizia
italiana abbia confermato l’ergastolo
per i 10 uomini della divisione “Rei-
chsführer SS , per altro proscioglien-
do quelli che non c’erano.
Ma l’indignazione mi ha spinto ad ini-
ziare la narrazione dalla fi ne.
Raccontiamola tutta la storia.
E’ l’alba del 12 agosto del 1944, a
Sant’Anna , un borgo, una frazione
di Stazzema forse i vecchi si sono
già svegliati, qualche madre allatta
il fi glio, qualcuno prepara una cola-
zione, povera, da contadini. I soldati
delle SS salgono verso il paese, nelle
loro uniformi nere, con i loro stivali di
cuoio. Qualcuno li vede, e dà l’allar-
me. Quando i tre plotoni arrivano in
paese gli uomini sono già tra i monti.
Restano in paese solo donne. vecchi
e bambini. Un reparto blocca la stra-
da per Valdicastello. Inizia il rastrel-
lamento, la gente viene ammassata
nelle case, nelle cantine, o nei sagrati
delle chiese. Stanno lì, con la paura di
quello che può succedere, con quelli
che li spingono, che li colpiscono con
i calci dei fucili. E parte la mattanza.
Non c’è più un giudice a Berlino
Raffi che di mitra, e se uno non ha mai
sentito sparare un mitra, in una stanza
chiusa, non sa quanto rumore faccia.
Le pallottole , quando colpiscono ag-
giungono rumori sordi, volano schizzi
di sangue , frammenti di ossa , pezzi
di materia cerebrale fi niscono ovun-
que, anche sugli stivali dei carnefi ci.
Ci sono le urla, i tentativi di fuggire, chi
si getta davanti ai fi gli per fargli scudo
col proprio corpo, chi cerca un riparo
impossibile. Atti di eroismo , tanti. C’è
Genni Bibolotti Marsili , che pur ferita,
per salvare la vita al fi glio , lancia uno
zoccolo contro un nazista per distrar-
lo. Milena Bernabò che dopo aver vi-
sto morire la sorella e un’amica, no-
nostante sia stata colpita, ha la forza
di salvare tre bambini, da una stalla
incendiata,Cesira Pardini, che messa
al muro, spinge le sorelle lontano dal
fuoco dei tedeschi, e sebbene attin-
ta da più colpi, ha la forza di sottrarre
un fanciullo dal cumulo dei morti. C’è
don Innocenzo Lazzeri,
che si ritrova con 132
paesani di fronte alla
chiesa, che tenta di far
desistere i tedeschi,
che si offre come vitti-
ma, e muore con i suoi
parrocchiani. E ci sono i
tanti, i troppi eroi di cui
la storia non si ricorda.
Probabilmente gli ul-
timi che si lamentano
vengono freddati con
quello che viene, im-
pietosamente, chiama-
to colpo di grazia. Poi
i colpi cessano, le urla
fi niscono, tutto sembra
sospeso.
Quelli che prima erano
donne o bambini sono
fantocci immobili. L’o-
dore di sangue, di feci,
di urina dev’essere ter-
ribile. I tedeschi, prima
di andar via compiono
l’estremo sfregio. Dan-
no fuoco a tutto. Quello
che mi ha più colpito è
sentire il fi glio di uno di
quei martiri. “Non pos-
so perdonare. L’hanno
ammazzato, ma per-
Ludovico Zanetti
L’Ossario di Sant’Anna di Stazzema
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do della V armata la commissione di
inchiesta,presieduta dal maggiore Bo-
oth, che invia una pattuglia britannica
nel villaggio e raccoglie il materiale.
Agli atti fi nisce la lettera, disperata ,
del sottotenente Tocci, cui uccidono la
moglie e gli otto fi gli minorenni. E che
racconta degli amici che lo nascon-
dono, e lo rinchiudono per vari giorni
per evitare che la sua reazione possa
provocare rappresaglie nazifasciste.
Sembra che lo scarso coordinamen-
to tra gli alleati e il tribunale italiano
contribuisca a rallentare le indagini,
insieme alla mancata condivisione di
documenti tra la corte d’assisi di Luc-
ca e il tribunale e la procura militare.
Nel 1960 l’indagine viene archiviata.
Passano 34 anni, è caduto un muro,
quello di Berlino. E questo fa si che
si possa girare un armadio, quello
della vergogna , che a un altro muro
era stato appoggiato. La ragione di
stato, la chiamano così, non voleva
si parlasse di certe stragi, perchè gli
alleati tedeschi si sarebbero offesi. E
poi, magari qualcuno avrebbe potuto
parlare delle nostre di stragi. Quelle in
Jugoslavia, Etiopia, Libia di cui nes-
suno, quasi mai parla. Come di quel-
la volta in cui il comando nazista, in
Macedonia invitò i fascisti a darsi una
regolata, che stavano esagerando.
In quell’armadio ci sono i fascicoli con
i nomi dei responsabili di Sant’Anna
di Stazzema e di altri 694 fascico-
li. Si apre una istruttoria che porterà
ad un processo che si chiuderà con
la condanna all’ergastolo, nel 2004
di Gerhard Sommer, 91enne, co-
mandante la settima compagnia del
II battaglione del 35esimo reggimen-
to Grenadieren, facente parte della
16esima SS-Panzergrenadier-Divi-
sion Reichsführer SS; e gli uffi cialiAl-
fred Schonber e Ludwig Sonntag. Il
22 giugno 2005, altri dieci ex uffi ciali e
sottuffi ciali tedeschi vennero condan-
nati all’ergastolo per il massacro .
La Corte di Cassazione conferma
gli ergastoli a Gerhard Sommer e ai
sottuffi ciali SS Georg Rauch e Karl
Gropler. L’ ’eccidio un atto terroristico
premeditato. Otto i condannati defi ni-
tivi all’ergastolo ancora in vita -Wer-
ner Bruss, Alfred Concina, Ludwig
Goring, Karl Gropler, Georg Rauch,
Horst Richter, Heinrich Schendel e
Gerhard Sommer - per i quali la magi-
stratura militare italiana ha inutilmente
chiesto l’arresto. Per questi 8 condan-
nati (ed altri sette, coinvolti in altre
stragi in Italia) c’è stato infatti un rifi u-
to di estradizione da parte della magi-
stratura tedesca, a fronte del quale i
pm militari hanno inoltrato al ministero
della giustizia italiano una richiesta di
esecuzione della pena in Germania,
di cui non si sa l’esito. O meglio, non è
chiaro se la richiesta sia stata inviata
e respinta, o se si sia perduta.
Questa, per sommi capi, la vicenda.
Ci sono persone che aspettano giusti-
zia, da quasi 70 anni.Ci sono persone
i cui padri, madri, fratelli sorelle, sono
stati assassinati che non hanno avuto
risposte. Martin Schultz, presidente
dell’eurogruppo, che un premier da
operetta insultò, paragonandolo a un
capò, è venuto a Sant’Anna di Staz-
zema, nell’agosto del 2012 e ha usato
parole di fuoco:
”La lingua che io parlo è la stessa de-
gli uomini che hanno compiuto questo
eccidio. Non lo dimentico. Sono qui
come tedesco e come europeo. l’Eu-
ropa è la via migliore per non ripetere
crimini come questo.
Mi presento oggi a voi come tedesco,
profondamente scosso dalla disu-
manità dell’eccidio qui perpetrato in
nome del mio popolo...Bisogna non
dimenticare mai, bisogna mantenere
vivo il ricordo. Affi nché mai più in Eu-
ropa ideologie disumane e regimi cri-
minali tornino a mostrare il loro ghigno
odioso...
La libertà, l’umanità devono essere
riconquistate ogni giorno. Questo è
il nostro compito di epigoni, questa è
la missione che ci hanno assegnato i
martiri di Sant’Anna di Stazzema. Vi
ringrazio di cuore per tenere vivo il
ricordo dei martiri e per permettermi,
come tedesco, di commemorarli e di
unirmi al vostro lutto. E’ un dono fat-
to a me personalmente. Non c’è più
un giudice a Berlino. La sentenza di
Stoccarda è una offesa, non solo agli
italiani, ma a tutti i cittadini di quell’
Europa, che è in divenire, a cui danno
un Nobel per la pace, di cui sono citta-
dini anche i tedeschi. E, forse, offende
di più quei tedeschi che per combat-
tere il nazismo morirono. C’è un lega-
me, più forte del tempo, più forte della
nazionalità, della razza, che unisce
tutti coloro che combatterono il nazi-
smo. Questa sentenza offende anche
i martiri della Rosa Bianca, von Stauf-
fenberng, Sorge, quelli dell’Orchestra
Rossa”.
E così Martin Schulz ha commentato:
Ho preso atto della decisione del tri-
bunale di Stoccarda, ma le ragioni
date e l’argomentazione non sono per
me né esaurienti, né convincenti.Mi fa
soffrire l’idea che i parenti delle vittime
di Sant’Anna vedano impuniti gli auto-
ri di un crimine innominabile.
E questa sofferenza ci unisce.
A lato, l’immagine
simbolo della Strage
di Sant’Anna di
Stazzema.
I bambini del pae-
se ritratti un ultima
volta in un gioioso
girotondo prima di
essere trucidati dalla
follia nazifascista.
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BANDIERA BIANCA A CEFALONIAA CURA DI ELVIO CICOGNANI
F ino ai primi anni Sessanta in Germania e nel resto del mondo la vicenda di Cefalonia era del tutto sco-
nosciuta. Anche in Italia non si sapeva gran che. Si sapeva che Cefalonia era un’isola greca dello Ionio,
e che laggiù, nel settembre del 1943 i soldati italiani avevano combattuto contro i Tedeschi ed erano stati
sopraffatti. L’Italia uffi ciale taceva. Ne aveva cancellato il nome dal calendario delle commemorazioni, come
si trattasse di una memoria troppo ingombrante. Ogni anno gli Italiani potevano assistere puntualmente
alla rievocazione delle Quattro Giornate di Napoli o delle Fosse Ardeatine, della Difesa di Porta San Paolo
a Roma, o della Liberazione di Firenze, ma la scadenza di Cefalonia veniva regolarmente saltata. Eppure
Cefalonia rappresentava l’inizio della Resistenza Italiana, il primo e più organico, e forse l’unico episodio di
guerra guerreggiata tra Reparti regolari dell’Esercito italiano e dell’Esercito tedesco. Perché allora, quell’in-
spiegabile atteggiamento? Cosa si voleva nascondere dietro quel silenzio prestabilito? Le indubitabili re-
sponsabilità di parte tedesca, o, anche, ipotetiche responsabilità di parte italiana? A venti anni dalla strage,
la grande maggioranza degli Italiani continuava ad ignorare ciò che effettivamente era accaduto, il come,
e il perché. Ignorava il numero esatto delle vittime, il movente della vendetta tedesca; il modo in cui, dopo
la fucilazione di massa, i Tedeschi avevano tentato di far sparire i segni del loro misfatto. A venti anni dalla
strage, il nome di Cefalonia aveva fi nito per evocare, nella mente dei più, qualcosa di sinistro e di oscuro, di
cui era meglio non fare parola.
“O Cefalonia, martire per il bene supremo della Patria!”
Don Romualdo Formato
Cappellano della Divisione “Acqui”
Il più importante scontro armato fra
Truppe italiane e Truppe tedesche,
dopo l’armistizio dell’ 8 settembre
1943 si svolse nell’isola di Cefalonia.
Cefalonia era occupata dalla Divisio-
ne di Fanteria italiana “Acqui” con
circa 11.500 uomini. Una parte delle
Truppe erano stazionate nella vicina
isola di Corfù.
Nell’estate del 1943, dopo la caduta
di Mussolini e in previsione di un’im-
minente uscita dell’Italia dal confl itto, i Tedeschi inviarono Truppe ben arma-te e preparate a presidiare l’isola, fi no a quel momento quasi del tutto sguar-nita di loro forze.I combattimenti fra le Truppe italiane e tedesche svoltisi senza interruzio-ne per tutta la settimana, dal 15 al 22
settembre e l’eccidio di massa dei militari italiani che ne seguì costitui-scono una delle pagine più importanti della Resistenza militare italiana dopo l’armistizio. A Cefalonia, come in al-tre località, le Truppe italiane furono informate dell’armistizio da un’inter-cettazione della radio delle Nazioni
Unite nel tardo pomeriggio dell’8 set-
tembre. La conferma venne dall’an-nuncio alla radio di Pietro Badoglio. Dopo poco più di un’ora arrivava il primo radiogramma del Comandan-te dell’XI Armata, Generale Carlo
Vecchiarelli, che autorizzava l’uso delle armi nel caso di atti di violenza da parte tedesca, ma sosteneva una
sostanziale neutralitàdelle Truppe italiane. Alla sera del 9 settembre pervenne al Comando della Divisione
il secondo ordine del Generale Vec-chiarelli, in cui si dava disposizione di consegnare le armi ai Tedeschi. Era evidente che il Comando dell’XI Armata aveva raggiunto un accordo con le Autorità tedesche. Il Generale Antonio Gandin, Comandante delle
Forze italiane a Cefalonia, non esitò a rifi utare tale accordo, che lasciava le Unità italiane in balia dei Tedeschi, considerando l’ordine in contrasto con la dichiarazione di armistizio. Decise quindi di respingerlo sostenendo che era “parzialmente indecifrabile”. Nello stesso tempo Gandin incontrò il Comandante delle Truppe tedesche nell’isola, il Tenente Colonnello Hans
Barge, che si era presentato per co-noscere le sue intenzioni relativamen-te alla consegna delle armi e avviò una trattativa cercando di porre delle condizioni e dilazionando la resa. A Corfù, invece, il Comandante delle Forze italiane sull’isola, Colonnello
Luigi Lusignani, rifi utò nettamente la richiesta tedesca di cedere le armi, senza entrare in alcuna trattativa.Il Generale Gandin si trovò di fronte a tre possibilità: accettare la proposta tedesca di continuare l’alleanza con la Germania, cedere le armi ai Tede-schi od opporre resistenza. La propo-sta dei Tedeschi di passare dalla loro parte fu subito respinta; rimanevano le altre due alternative. Vani furono i tentativi di collegarsi per telefono con il Governo italiano e avere maggio-ri chiarimenti, mentre giunse l’ordine alle Unità navali dell’isola di salpare per un porto dell’Italia Meridionale. Così la Divisione rimase totalmente isolata dall’Italia e dal Continente gre-co e abbandonata a se stessa.
Generale Antonio Gandin
Comandante della Divisione “Acqui”
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Il 10 settembre il Generale Gan-din chiamò a rapporto i Comandanti di Corpo ed espose la situazione: la Divisione poteva avere ragione delle Forze tedesche nell’isola, che am-montavano a circa 2.000 uomini, ma senza aiuti esterni e senza l’appoggio dell’Aviazione italiana o alleata non avrebbe resistito a un successivo at-tacco tedesco proveniente dal Con-tinente. La maggioranza dei coman-danti si dichiarò favorevole alla resa, ma si espressero a favore di una resistenza ai Tedeschi il Coman-dante della Marina e il Comandante dell’Artiglieria. In realtà subito dopo l’annuncio dell’Armistizio alcuni uffi -
ciali del 33° Artiglieria e in particolare
il Capitano Amos Pampaloni e il
Capitano Renzo Apollonio, aveva-
no apertamente dichiarato che non
avrebbero accettato una resa e di
voler combattere i Tedeschi. Inoltre
sia Pampaloni che Apollonio avevano
fi n dai primi giorni consegnato ai Par-
tigianigreci dell’isola delle armi che
dovevano servire per cacciare i Tede-
schi.
Nel caso della Divisione “Acqui” a Ce-
falonia giocò certamente un elemento:
la vicinanza dell’Italia e la supremazia
numerica crearono nei soldati la spe-
ranza di poter facilmente sopraffare
il contingente tedesco, e favorì un
orientamento per un’azione decisiva
contro i Tedeschi. Anche se i rapporti
di forza cambiarono con il passare dei
giorni, per il rafforzamento delle Trup-
pe tedesche e l’immobilismo di quelle
italiane, una volta presa la decisione
di resistere, la Divisione combatté fi no
alla fi ne in condizioni disperate, scri-
vendo una delle pagine più importanti
nella Storia della Resistenza.
Mentre le trattative tra Gandin e Bar-
ge si protraevano per diversi giorni,
i Tedeschi colsero l’opportunità di
sbarcare nuove forze e di prendere
il controllo di posizioni strategiche.
La situazione italiana fu poi ulterior-
mente indebolita dalla cessione del-
la postazione strategica delle alture
di Kardakata, proposta dallo stesso
Gandin per mostrare la propria volon-
tà. Questo comportamento di Gan-
din convinse inizialmente il Tenente
Colonnello Barge che il Generale
intendeva procedere alla resa ma la
successiva tattica dilatoria di Gandin
insospettì sia il Comando tedesco che
i propri soldati. Come avrebbe dichia-
rato il Generale Hubert Lanz, che
si recò a Cefalonia personalmente il
13 settembre per convincere Gan-
din alla resa, nella sua deposizione
al Processo di Norimberga. Nello
stesso tempo, la situazione della Di-
visione divenne sempre più pesante.
I soldati italiani si mostrarono sempre
più impazienti di fronte al comporta-
mento, a loro parere contraddittorio
e poco chiaro, del Generale Gandin,
che stava cercando di ottenere dai
Tedeschi il rimpatrio a condizioni ono-
revoli. Vi furono una serie di episodi
anche gravi di insubordinazione e atti
di violenza contro uffi ciali accusati di
voler cedere ai Tedeschi e contro lo
stesso Gandin, che questi fece pas-
sare senza contromisure, dando così
l’impressione di non riuscire a control-
lare la situazione. Il Generale Gandin
ondeggiò tra la scelta di combattere i
Tedeschi e la prosecuzione dei nego-
ziati, e sperando nell’arrivo di rinforzi
tentò di guadagnare tempo, dichia-
randosi disposto a cedere le armi a
condizioni onorevoli.
Nello stesso momento, i Tedeschi rup-
pero l’impegno di non prendere alcu-
na iniziativa, cercando di sbarcare ad
Argostoli con tre zatteroni. Il Capitano
Apollonio, che comandava il reparto
di artiglieria lì dislocato, attaccò di sua
iniziativa con i propri mezzi, seguito
dalle batterie della Marina, affondan-
do gli zatteroni. Subito dopo diresse
un attacco contro il centro tedesco,
dove vi era una stazione radio.
Nonostante questo episodio, il
Generale Gandin continuò a dare is-
truzioni che sembravano preludere
alla resa; a quel punto un gruppo di
uffi ciali capeggiato dai Capitani Apol-
lonio e Pampaloni si recò al Coman-
do chiedendo, o forse imponendo,
al Generale Gandin di non cedere le
armi, perché una parte della Divisione
non avrebbe obbedito ad un ordine
del genere.
In una situazione ormai deteriorata
si fece fi nalmente sentire la voce del
Governo Italiano con un radiomessag-
gio, a fi rma del Generale Francesco
Rossi, che diceva testualmente:
“Considerate le Truppe tedesche
come nemiche”.
Questo primo ordine chiaro del Co-
mando Supremo da Brindisi di re-
sistere con le armi, emanato l’11
settembre, arrivò il 12 o addirittura il
13. Esso contribuì probabilmente a
far superare a Gandin le forti perples-
sità dimostrate fi no a quel momento,
insieme all’ultimatum tedesco fattogli
pervenire direttamente dal Generale
Lanz.
Il Generale Lanz arrivò con un idro-
volante a Cefalonia. Non riuscendo a
prendere terra ad Argostoli per il fuoco
delle artiglierie italiane, scese vicino a
Luxuri e si mise in contatto telefonico
con Gandin, preannunciandogli un ul-
timatum. Nel testo inviato subito dopo,
Lanz metteva da parte l’impegno as-
sunto dal Tenente Colonnello Barge
di lasciare le armi leggere e chiedeva
la consegna di tutte le armi, anche di
quelle in dotazione agli uffi ciali. Dopo
un’ampia consultazione che volle es-
tesa ai soldati, il Generale Gandin
decise fi nalmente di interrompere le
trattative e di prepararsi a combat-
tere. Il testo di risposta del Generale
Gandin era il seguente: - Per ordine
del Comando Supremo Italiano e
Ten. Col. Hans Barge,
Comandante delle truppe tedesche
Una recente foto di
Amos Pampaloni
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per volontà degli uffi ciali e dei sol-
dati, la Divisione Acqui non cede le
armi...-. Nel frattempo, però, alcune Truppe della 1° Divisione da Mon-
tagna, sotto il comando del Maggiore Harald Von Hirschfeld, sbarcarono nell’isola, rafforzando ulteriormente le Truppe tedesche.Le ostilità, inizia-te il 15 settembre, si protrassero fi no
al 22 settembre, in uno scontro “dif-
fi cile e violento”. Dopo alcuni iniziali
successi, le Truppe italiane dovette-
ro retrocedere gradualmente, anche
perché messe in diffi coltà dai continui
attacchi aerei. Gli Stukas tedeschi si
avventavano in picchiata contro le
postazioni italiane, provocando gravi
perdite. In una situazione sempre più
diffi cile il Generale Gandin inviò una
serie di telegrammi al Comando Su-
premo, chiedendo l’invio di caccia per
contrastare l’azione nemica che stava
massacrando e disperdendo i Reparti
italiani, ma senza esito.
Il 22 settembre il Generale Gandin
doveva purtroppo accettare la resa
senza condizioni.
La vendetta tedesca, per la resistenza
da parte della Divisione “Acqui” fu ter-
ribile: man mano che i soldati italiani si
arrendevano ed erano presi prigionie-
ri, venivano fucilati. Le fucilazioni con-
tinuarono anche nei giorni seguenti la
resa. L’ingiunzione criminale di Hitler
di “non fare prigionieri” fu subito
eseguita, a partire dai Comandi. Così
tra i primi caddero i Comandanti del-
le isole, Il Generale Gandin eil Co-
lonnello Lusignani, fucilati da soli.
Diverse testimonianze hanno riferito
le modalità con cui si procedette alle
esecuzioni degli uffi ciali: furono radu-
nati in un fabbricato divenuto poi noto
come la “Casetta Rossa” , presso
Capo San Teodoro, e da lì prelevati a
piccoli gruppi e fucilati. Morirono così
circa 400 Uffi ciali. Alla fi ne ne furono
risparmiati soltanto 37: una ventina
perché nativi del Trentino Alto Adige
o perché vennero riconosciute le loro
benemerenze fasciste, gli altri perché
furono accolte le insistenze richieste
del Cappellano militare che si trovava
con loro, Don Romualdo Formato,
perché si ponesse fi ne alla strage. A
differenza di altri casi, in spregio ad
ogni legge di guerra, a Cefalonia, non
furono risparmiati nemmeno i solda-
ti, forse perché avevano fi n dall’inizio
optato per la scelta di non cedere le
armi. Molte Unità furono uccise som-
mariamente dopo la resa a colpi di
mitragliatrice. I corpi furono brucia-
ti o portati al largo e gettati in mare:
una ventina di marinai italiani furono
prima costretti a trasportare le salme
su zattere e poi uccisi a loro volta. La
tragedia della “Acqui” non si concluse
con questi massacri. La maggioranza
dei superstiti fu imbarcata su navi che
dovevano portarli in prigionia in Ger-
mania o in un paese occupato, ma
almeno tre di esse furono bombarda-
te da aerei angloamericani, con con-
seguente gravi perdite. Un migliaio di
prigionieri accettarono di collaborare
e furono utilizzati dai Tedeschi per la-
vori sull’isola. Tra questi il Capitano
Apollonio che in seguito organizzò
un gruppo consistente che rimase in
rapporto con i Partigiani greci dell’E-
LAS e nell’aprile successivo si mise
in contatto e collaborò con le missio-
ni alleate. Non vi sono dati certi sul
numero complessivo dei morti e sui
tempi dell’eccidio. Le diverse fon-
ti concordano sul numero dei caduti
durante i combattimenti, circa 1.300,
mentre divergono sul numero diver-
gono sul numero di coloro che furono
uccisi nelle ore e nei giorni seguenti
alla resa, con stime che oscillano fra
4.000 e 5.000. Vi sono grosse diver-
genze anche sul numero dei militari
che morirono nell’affondamento delle
navi durante il trasporto verso i Cam-
pi di concentramento, che varia da
un minimo di 1.350 a un massimo di
3.000. Il Capitano Renzo Apollonio,
il Capitano Amos Pampaloni e gli al-
tri uffi ciali che sostennero fi n dall’inizio
la resistenza ai Tedeschi erano mossi
da motivazioni e ideali patriottici: riu-
scirono a trascinare la maggioranza
dei soldati alla lotta contro i Tedeschi
fi no all’estremo sacrifi cio della vita,
appellandosi, nelle parole di uno dei
superstiti, “ai principi sui quali ogni
uomo per bene basa la propria esi-
stenza, e che si chiamano ONORE
e DOVERE”.
Le vicende della Divisione “Acqui” ri-
mangono un alto esempio della Re-
sistenza militare ai Tedeschi dopo l’8
settembre 1943.
In totale morirono a Cefalonia circa
8.000 Italiani e le loro ossa vennero
abbandonate insepolte nell’isola per-
ché, come si esprimerà il “Macellaio
di Cefalonia”, il Maggiore Von Hir-
schfeld, - I ribelli italiani non me-
ritano sepoltura -. Solo la pietà dei
Greci adunerà quelle spoglie in pri-
mitivi tumuli. Quegli ottomila caduti
continuano a dormire il loro sonno di
sempre, che era, ed è, un sonno sen-
za pace perché senza giustizia.
Maggiore Von Hirschfeld:
il macellaio di Cefalonia
Tesseramento 2012Alla chiusura del tesseramento 2012 registriamo il superamento del cento per cento rispetto al 2011: il
numero degli associati quindi arriva a 1400. E’ un buon risultato che dimostra la buona salute dell’Associa-
zione. Mentre apriamo il tesseramento del 2013, invitiamo i responsabili di sezione ad un serio impegno
per una rapida conclusione del rinnovo delle tessere e uno sforzo per il reclutamento di nuovi associati.
E’ appena il caso di ricordare che i fi nanziamenti per l’attività dell’ANPI provinciale, delle sezioni e per la
pubblicazione di “Cronache” arrivano pressoché solo dal tesseramento.
8
16 OTTOBRE 1943
IL SABATO NERO DEGLI EBREI ROMANIA CURA DI ELVIO CICOGNANI
Alla metà di settembre 1943 il Te-nente Colonnello delle SS, Her-
bert Kappler, Capo del Servizio di Sicurezza (SD) a Roma, riceve da Berlino una “comunicazione perso-
nale” da parte dell’Uffi cio di Heinrich
Himmler, Ministro dell’Interno, Capo
Supremo della Polizia Tedesca. Il di-
spaccio di Himmler dice testualmente:
“I recenti avvenimenti italiani im-
pongono una immediata soluzione
del problema ebraico nei territori
recentemente occupati dalle For-
ze Armate del Reich. Il RFSS prega
pertanto l’SS-Obersturmbannfuh-
rer Kappler di voler attuare senza
indugi tutte quelle misure prelimi-
nari atte ad assicurare la fulmineità
e la segretezza dell’operazione nel
territorio della città di Roma. Segui-
ranno immediati ulteriori ordini...-
Gli ordini non si fanno attendere. Un
telegramma-lampo “assolutamente
segreto e strettamente riservato per-
sonale” del 24 settembre insiste sul-
la necessità immediata di risolvere
defi nitivamente la questione ebraica
del Comando del Feldmaresciallo
Kesserling. Questi ascolta la relazio-
ne di Kappler, limitata all’aspetto ope-
rativo del problema, e a quella di Mo-
ellhausen, fondata invece su motivi di
inopportunità politica.
Il Feldmaresciallo, dopo qualche mi-
nuto di silenzio, se la cava concluden-
do che dal momento che l’operazione
di rastrellamento, come Kappler gli
ha riferito, necessita di un appoggio
da parte dell’esercito, non essendo
suffi cienti gli uomini di polizia di cui
Kappler dispone, è spiacevole di non
poter garantire un tale appoggio. E’
prevedibile uno sbarco alleato a Ostia
per fronteggiare il quale non può ri-
nunciare nemmeno a un solo dei suoi
uomini.
E’ a questo punto che Kappler pren-
de in modo autonomo l’iniziativa della
estorsione dei 50 chili d’oro agli Ebrei
romani.
Alle ore 10 del mattino di domenica
26 settembre 1943, il Dottor Genna-
ro Cappa, Capo del “Servizio Raz-
za” della Questura di Roma, informa
il Dottor Dante Almansi, Presidente
della Unione delle Comunità Israeli-
tiche Italiane, e, l’Avvocato Ugo Foà,
Presidente della Comunità Israelitica
di Roma, che alle 18 di quella stes-
sa domenica debbono recarsi a Villa
Volkonsky, dove li aspetta nel uffi cio
di “Sicurezza Politica”, il Tenente Co-
lonnello Herbert Kappler per impor-
tanti comunicazioni.
Questi li riceve e in principio affet-
ta un contegno piuttosto cortese; si
duole del disturbo recato, si informa
del numero degli Israeliti romani e si
intrattiene per qualche minuto in una
conversazione generica, ostentata-
mente affabile. Quindi, cambiando
improvvisamente tono ed accento,
mentre il suo sguardo diventa ta-
gliente e duro, fa a i suoi interlocutori
il seguente discorso: -Voi e i vostri
correligionari avete la cittadinan-
con un’azione rapida: “Tutti gli Ebrei
senza distinzione di nazionalità,
età, sesso e condizioni dovranno
essere trasferiti in Germania e ivi
“liquidati”... Il successo dell’im-
presa dovrà essere assicurato me-
diante una azione di sorpresa...”
L’azione di sorpresa ci sarà ma solo
22 giorni dopo e non subito come
Himmler chiede.
Accade che il dispaccio, pur essendo
contrassegnato da segretezza asso-
luta, è trapelato in altri uffi ci dell’ap-
parato tedesco. Ne viene subito a co-
noscenza il Generale Rainer Stahel,
Comandante militare della Piazza di
Roma, che ne rimane impressionato.
Egli vuole evitare ogni azione negati-
va che possa turbare un ordine nella
Capitale che considera solo precaria-
mente raggiunto. Il Console tedesco a
Roma, Eitel Friedrich Moellhausen
è anche lui preoccupato, ma per altre
più nobili ragioni. Egli non ha aderi-
to al partito nazista e non condivide
la politica nazista verso gli Ebrei. Egli
prende il coraggio a quattro mani e il
giorno dopo affronta la questione di-
rettamente con Kappler. Si reca nel
suo uffi cio, a Villa Wolkonsky e, inta-
volando un discorso generico, affron-
ta l’argomento degli Ebrei e, sempre
in termini generici, esprime il parere
che nel caso di Roma si debba evitare
eventuali azioni drastiche.
Kappler, per prima cosa, manifesta il
suo disappunto per la fuga di notizie
su un argomento così delicato. Poi,
dopo aver espresso anche i propri
dubbi sull’ordine ricevuto e aver co-
munque ricordato che al di là delle
opinioni personali gli ordini vanno
eseguiti, propone a Moellhausen di
sottoporre la questione al Feldmare-
sciallo Albert Kesserling, Coman-
dante Supremo delle Operazioni Mi-
litari in Italia.
Kappler e Moellhausen si recano alla
“Villa Avorio”, a Grotta Ferrata, sede
“Davide! Davide! Scappa via,
bello di mamma , scappa!”
(Grido udito alle 5 del mattino
del 16 ottobre, nel silenzio di via
della Reginella, durante la
grande razzia nel Ghetto)
9
za italiana, ma di ciò a me importa
poco. Noi Tedeschi vi consideria-
mo unicamente Ebrei e come tali
nostri nemici. Anzi, per essere più
chiari, noi vi consideriamo come
un gruppo distaccato, ma non iso-
lato dei peggiori fra i nemici con-
tro i quali stiamo combattendo. E
come tali dobbiamo trattarvi. Però
non sono le vostre vite né i vostri
fi gli che vi prenderemo se adem-
pierete alle nostre richieste. E’ il
vostro oro che vogliamo per dare
nuove armi al nostro Paese. Entro
trentasei ore dovete versarmene 50
chilogrammi. Se lo verserete non vi
sarà fatto del male. In caso contra-
rio, duecento fra voi verranno presi
e deportati in Germania alla frontie-
ra russa o altrimenti resi innocui-. Trentasei ore: la consegna dunque deve avvenire entro le ore 12 del 28 settembre. Foà e Almansi fanno subi-to presente l’enormità della richiesta, dato il tempo strettissimo concesso e la consistenza numerica della po-polazione ebraica residente a Roma. Ma Kappler non batte ciglio; a titolo di agevolazione è disposto a fornire lui stesso gli automezzi e gli uomini per la ricerca dell’oro.L’incontro in breve si conclude anche perché prolungare una simile conver-sazione è evidentemente inutile.Non resta dunque che organizzare immediatamente la raccolta, facendo giungere con ogni mezzo la notizia al maggior numero possibile di correli-gionari.Nella lunga fi la che per trentasei ore si snoda sul marciapiede che costeggia il Lungotevere Cenci, dove, accanto alla Sinagoga principale, si trovano gli uffi ci comunitari, ci sono ricchi e pove-ri, intellettuali e commercianti, artigia-ni e venditori ambulanti, gente colta e sprovveduta, ben vestita e dimessa. Chi non ha oro dà soldi per acqui-starlo. In quella lunga fi la non ci sono solo Ebrei: Ci sono persone alle quali Kappler non ha chiesto nulla ma che vogliono esprimere la loro solidarietà a una minoranza offesa e in pericolo.Poiché nelle prime ore l’affl uenza è stata scarsa, si è saggiato il terreno in forme indirette e con interlocutori diversi presso il Vaticano. La Santa Sede fa sapere in via uffi -ciosa al Presidente della Comunità che ove non sia possibile raggiungere i cinquanta chili coprirebbe la quan-tità mancante. E’ un prestito, non un dono, quello offerto dal Vaticano, al quale però non è necessario ricorrere,
perché col passare delle ore cresce sorprendentemente il numero degli offerenti.Alle ore 15, fi nalmente, sono accanto-nati i cinquanta chili e in vista di possi-bili errori o contestazioni sono aggiun-ti trecento grammi. In tutto dunque cinquanta chili e trecento grammi d’o-ro sono pronti per i Tedeschi.La consegna dell’oro deve avvenire non già a Villa Volkonski ma a Via Tasso.Il Presidente della Comunità e due consiglieri si assumano il gravoso incarico di effettuare la consegna. I Tedeschi pesano cinque chilogrammi alla volta. Alla fi ne si deve calcolare il peso due volte, poiché il Capitano Kurt Schutz tenta di rubare sul peso, egli dichiara che mancano cinque chilogrammi; ma no è vero.A questo punto, secondo la paro-la data da Kappler, gli Ebrei posso-no stare tranquilli. Ma la calma dura poco. Il giorno successivo alla con-segna dell’oro i Tedeschi si ripresen-tano. Di buon mattino un drappello di soldati, agli ordini del Maresciallo Mayer, Capo della Sezione Informati-va della Gestapo a Roma, fa invasio-ne negli uffi ci della Comunità. Viene prelevata una grande quantità di do-cumenti, tra i quali i ruoli dei contri-buenti, i quali riportano le generalità e gli indirizzi degli Ebrei del Ghetto. I Tedeschi, inoltre, prelevano dalla cassaforte due milioni che sono stati raccolti al posto dell’oro.Intanto in quelle stesse ore a Berlino negli Uffi ci per gli Affari Ebraici della Gestapo, diretti da Adolf Eichmann, si perfeziona il piano per la cattura de-gli Ebrei di Roma. Kappler fa presente le diffi coltà tecniche, la scarsità delle forze a disposizione, l’atteggiamento della popolazione italiana che potreb-be intralciare l’operazione. Eichmann decide allora di inviare a Roma per la sua “Judenrazzia” il Capitano Theo
Dannecker, un “esperto di Ebrei”, il quale, per non dare nell’occhio, fi ssa il suo Quartier Generale in una mo-desta pensione di Via Po. Kappler, da parte sua, gli mette a disposizione l’apparato della Polizia Italiana con a capo i Commissari Gennaro Cappa
e Raffaele Alianello. Il preparatorio di Danneker è fatto sulla base degli elenchi nominativi delle vittime e sui loro indirizzi, ricavati dai documenti trafugati.La sera precedente al rastrellamen-to Dannecker si reca da Kappler per informarlo dell’azione che si svolgerà
prima dell’alba del giorno successivo.La notte tra il venerdì 15 e sabato 16
ottobre, per le strade del Ghetto, vie-ne inscenata una macabra sparatoria, che se sveglia quasi tutti, impedisce, a chiunque sia intenzionato, di fuggire all’ultimo momento. Gli Ebrei si chie-dono cosa stia succedendo. Verso chi è diretto quell’inferno di spari? Molti Ebrei si alzano dal letto in quella notte di ottobre piovigginosa e insolitamen-te fredda. Qualcuno cerca di aprire uno spiraglio delle persiane per ve-dere o capire qualcosa, ma non vede nulla.Poi, verso le tre di notte tutto improv-visamente tace. Un silenzio solenne domina le antiche strade del Ghetto.Alle cinque del mattino le vie di ac-cesso, o meglio di fuga del ghetto sono bloccate da militi tedeschi. Via del Tempio, Via del Progresso, Piazza Costaguti, Piazza Mattei, Via Sant’An-gelo in Pescheria, Via del Portico d’Ottavia e il Teatro di Marcello sono sorvegliati da soldati in armi.La grande razzia comincia attorno alle 5,30. Nell’azione sono impegnati 365
uomini, di cui 9 uffi ciali e 30 sottuffi -ciali. Le SS entrano di casa in casa arrestando le intere famiglie, in gran parte sorprese ancora nel sonno. Quando le porte non vengono subito aperte le abbattono col calcio dei fucili o le forzano con leve di ferro.Oggi, i pochi superstiti ricordano an-cora bene quella terribile alba; han-no ancora nelle orecchie il rintrona-re delle porte su cui i militi scelti di Hitler battevano i calci dei loro fucili mitragliatori: Nella notte, per le vie del Quartiere, non si udivano soltan-to spari ma anche urla sinistre, grida
10
di terrore, pianti disperati di donne e bambini, gemiti e lamenti di vecchi. Nessuna pietà albergava nel cuore di quelle belve umane.Nel giro di poco meno di quattro ore, alle 9, milleventidue Ebrei romani vengono catturati: uomini e donne, vecchi, neonati, persone ammalate.Verso l’alba del lunedì, i razziati sono fatti salire su camion e condotti alla stazione di Roma-Tiburtina, dove sono stivati su carri bestiame, che per tutta la mattina rimangono su un binario morto. Una ventina di Tede-schi, armati di mitra, impediscono a chiunque di avvicinarsi al convoglio. Alle ore 14, con un lungo treno com-posto di diciotto vagoni piombati, tutti i prigionieri vengono avviati ai Campi di sterminio di Birchenau, Auschwitz e Javorcno, in Polonia.Una giovane, che veniva da Milano per raggiungere i suoi parenti a Roma, raccontò che in località di Fara Sabina incrociò il “treno piombato”, da cui uscivano voci di “purgatorio”. Di là dalla grata di uno dei carri, le parve di riconoscere il viso di una bambina, sua parente. Tentò di chiamarla, ma un altro viso si avvicinò alla grata e le accennò di tacere.Questo invito al silenzio fu l’ultima pa-rola, fu l’ultimo segno di vita che sia giunto da loro.Della sorte degli Ebrei catturati non si seppe nulla fi no a guerra fi nita, quan-
do dei 1022 ebrei razziati ne torneran-
no solo quindici: quattordici uomini e
una donna. Tra loro nessuno dei due-
cento bambini, tutti fi niti nelle camere
a gas.
Nel riandare con il pensiero a quel
luttuoso avvenimento, non possiamo
non inquadrare quella pagina nera
della Storia dell’umanità nella corni-
ce storica in cui essa fu inscritta. Se
furono le Truppe tedesche, strumen-
to del nazismo, a compiere la strage,
esse ottennero la “collaborazione” del
fascismo italiano, risorto dalle ceneri
dopo l’8 settembre 1943. Pertanto gli
eventi di quel settembre e di quell’otto-
bre 1943 non si possono immaginare
fuori dal quadro dell’estrema degene-
razione del fascismo dal 1938 in poi:
l’alleanza con la Germania nazista e
la promulgazione delle Leggi antise-
mite andarono a pari passo e si con-
clusero con l’estremo atto di infamia.
L’olocausto degli Ebrei rappresenta
uno degli aspetti più impressionanti e
pietosi perché l’odio di razza si sca-
tenò contro gente inerme, innocente,
contro donne e bambini, senza una
ragione, senza un motivo.
Ma questo fu il suggello, il segno di-
stintivo di un processo che aveva e
che ha le sue radici in ogni forma di
fascismo.
Occorre dunque battersi senza esita-
zione affi nché quelle radici non torni-
no a ramifi care, ma siano recise per
sempre.
E’ APERTA LA CAMPAGNA di TESSERAMENTO 2013
Richiedete la vostra tessera alla vostra Sezione o rivolgetevi al Comitato Provinciale
Via Albicini 25, Forlì
tel: 0543-28042 mail: [email protected]
11
IN RICORDO DI TERE...
Il primo di settembre del 2009 ha lasciato questa nostra dimensio-
ne Teresa Sarti Strada, una donna coraggiosa, che insieme al marito Gino quindici anni fa intorno al tavo-lo di cucina insieme ad alcuni amici appassionati fonda Emergency.Per noi, che purtroppo non l'abbia-mo conosciuta personalmente, de-vono essere bastevoli le parole di coloro che le sono stati più vicini, primo fra tutti il marito che la ricor-da con un canto d'amore: “Sono arrabbiato con te perchè mi hai tol-to la possibilità di restituirti almeno qualche frammento di quell'amore silenzioso e grande che mi hai re-galato per quarant'anni. Non ho mai pensato di poter pareggiare il conto, ma vorrei darti un po' d'amore oggi, e anche domani, e dopo.Eh, caro mio, lacrime di cocco-drillo, avresti dovuto pensarci prima...Sono stufa delle tue pro-messe da marinaio...Adesso riposa, il tuo marinaio – coc-codrillo ti accarezza la mano, e non te la lascia fi no a quando il tuo son-no sarà profondo come il mio vuoto.” La fi glia Cecilia ricorda come la ma-dre, fi n da quando era piccola,le avesse sempre insegnato come era il mondo fuori e lo aveva fatto anche leggendole una poesia di Brecht (Mio fratello aviatore):
Avevo un fratello aviatore.
Un giorno, la cartolina.
Fece i bagagli, e via
lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogna di spazio;
e prendersi terre su terre.Da noi è un
vecchio sogno.
E lo spazio se l'è conquistato.
E' sui monti di Guadarrama.
E' di lunghezza un metro e ottanta,
uno e cinquanta di profondità.
Mi aveva raccontato questa poesia, io avrò avuto cinque o sei anni e poi mi aveva fatto un discorso che suo-nava così: - se la guerra è così stu-pida per i soldati, quanto è stupida e inumana per quelli che non hanno neanche scelto di farla? -E Moni Ovadia dice : “Esiste una tradizione ebraica che sostiene che anche nei tempi peggiori della storia dell'umanità, quando la violenza, la guerra, la brutalità, l'odio dominano
la terra, il mondo riesce ad andare avanti grazie alla presenza di tren-tasei giusti...Quando da bambino sentivo raccontare di questa leg-genda mi immaginavo che uno di questi giusti dovesse essere chissà che cosa: un omone con una gran-de barba, un sapiente, un eroe, un titano. Mi ci è voluto del tempo per capire che queste straordinarie per-sone ci sono vicine e hanno prima di tutto un dono sopra gli altri, quel-lo dell'immediatezza umana, della semplicità. E' la cosa più ardua, la più diffi cile da conquistare per una persona ricca e profonda: la sempli-cità...Ho avuto l'immenso privilegio di condividere momenti importantissi-mi della mia vita con Teresa...Ciao Teresa.L'autrice e scrittrice Lella Costa ri-fl ette: “Adesso morte, puoi ben vantarti: hai in tuo possesso una ra-gazza senza pari “ - e ancora una volta sono testi antichi a dire, meglio di come tutti noi sapremmo, quello che tutti noi proviamo, oggi primo settembre duemila nove. Oggi che Teresa se n'è andata, e abbiamo addosso e dentro un gran dolore, e rabbia, e tenerezza, e gratitudine...-Ed Erri De Luca:
E Dulcinea sarà
E Dulcinea sarà
E Dulcinea sarà
ogni giorno più bella.
Forza Emergency, perchè questa perdita deve essere messa veloce-mente a contrappeso di tutte le cure e i soccorsi per moltiplicare le vite salvate e rioffrrle al mondo.Teresa oggi è diventata molto più esigente nei vostri confronti.E ancora Vauro “Teresa era una fi amma, era tutta nella sua chioma di capelli rossi che raccontava bene la sua ostinazione e la sua combat-tività.....Una cosa provo a dirla, sarà anche semplice e banale, non mi importa: Teresa con la sua presenza a tanti di noi ha dato molto coraggio. Ora dovremo usare un pezzetto di quel coraggio per sopportare la sua assenza.A tre anni dalla scomparsa abbiamo voluto ricordare, attraverso le voci di persone che le sono state più vici-ne e che l'hanno conosciuta bene, questa donna straordinaria che è esempi di coraggio, di solidarietà, di slancio verso tutti coloro che sono i più umili della terra, le vittime civili di confl itti senza senso e comunque delle persone che soffrono al di là dell'appartenenza di gruppo e di cul-tura.Bisogna sempre sperare che nel mondo si moltiplichino persone con il carisma di Teresa per contrastare l'avanzata di esseri che si preoccu-pano soltanto dei loro interessi sen-za rifl ettere che anche loro fanno pur parte di questa umanità.
Una foto di Teresa Sarti Strada
GRAZIA CATTABRIGA
12
dal centro della piazza vediamo diri-gersi verso di noi con un grande sorri-so Sergio Giammarchi, Partigiano del
Battaglione Corbari. Diffi cile descri-vere la forza che ci trasmette la sua vicinanza, Alessia ha l’onore di com-pilargli la tessera e spunta la casella PARTIGIANO.Un signore anziano si ferma a parlare con Mauro, mi avvicino per ascoltar-lo, durante la guerra era ancora un ragazzo, rischiava la vita portando in bicicletta i volantini clandestini nel-le case, mi racconta di quel periodo, dei pericoli corsi e di ciò che è venuto
dopo, la ripresa, il lavoro, la politica.E’ deluso, mi confessa, non ha più fi ducia nella politica, ma vederci lì,
vedere dei giovani che colti-vano i valori della Resistenza, gli ridà un pò di speranza. Nel pomeriggio ripasserà per por-tare il manoscritto con la sua biografi a, lo ringraziamo, è un patrimonio enorme per noi.Verso le due arriva il cambio, Enrico viene da Cesena, si posiziona dietro il banchetto pronto per il pomeriggio, giu-sto in tempo per tesserare un ragazzo giovanissimo, Alberto dalla Sicilia, anche lui studente fuori sede. Chiedo se posso fargli una foto con la tessera e orgoglioso prende in mano una copia della Costituzione della Repubblica Italiana “Questa vale quanto la tessera!“.
Quando ritorno per smonta-
re, verso le 18.30, attorno al
gazebo c’è una piccola folla, ragazzi
arrivati da Santa Sofi a, gli studenti
dell’Unione Degli Universitari e perso-
ne che si sono fermate per scambiare
opinioni e confrontarsi. La giornata
non può chiudersi meglio..
Domenica 18 Novembre si è svol-
ta nelle piazze di tutta Italia la
Giornata Nazionale del Tesseramento
ANPI.
A Forlì il gazebo dell’ANPI Provinciale
Forlì Cesena viene allestito in Piazza
Saffi già dalle prime ore del mattino,
non abbiamo ancora montato il ta-
volino quando un anziano si ferma a
leggere sulla bandiera tricolore: “As-
sociazione Partigiani...bene bene,
controllavo perchè non si sa mai di
questi tempi...”.
La mattina è fredda, i passanti de-
viano il loro percorso per sbirciare
il grande manifesto appeso mentre
Alessia e Salvatore, studenti universi-
tari fuori sede, preparano il materiale
per il tesseramento.
Finito l’allestimento facciamo un po’ di
foto insieme al Presidente Sarpieri da
pubblicare in diretta sulla pagina uf-
fi ciale Facebook. Anche da casa chi
non può partecipare fi sicamente alla
giornata ci mostra il suo apprezza-
mento attraverso internet.
Il primo a raggiungerci è Marcello da
Cesena, studia a Venezia ed è torna-
to solo per il weekend, ma ha deciso
che oggi non poteva mancare l’occa-
sione di tesserarsi, si siede con noi,
parliamo un po’ delle diffi coltà degli
studenti, della disoccupazione e del
precariato, c’è tanta voglia di fare.
Il sole comincia a scaldare e sono già
diverse le tessere emesse, quando
Lancio del tesseramento 2013di Emanuele Gardini
Due momenti della giornata
del Tesseramento al gazebo
dell’ANPI
13
“L’ANPI e i giovani”
Anche nel 2012 molto intenso è stato l’impegno dell’Associazione verso gli studenti delle scuole di Forlì e della Provincia ed in genere verso i giovani. E’ necessario sottolineare il valore altamente educativo di questa attività volto a mantenere viva la Memoria, ma anche a far conoscere e difendere gli ideali e i valori della Resistenza dai quali è nata la Repubblica italiana e la sua Costituzione. Un caldo ringraziamento rivolgiamo ai compagni che si sono impegnati in questa attività ed in particolare a Rosalba Navarra, instancabile organizzatrice, e a Sergio Giammarchi, partigiano del battaglione Corbari sempre presente a rispondere alle domande dei giovani. Da marzo a giugno si sono concretizzati 18 incontri durante i quali si sono stati contattati circa 700 giovani.Non e possibile, per ragioni di spazio, illustrare nel dettaglio tutti gli incontri. Vogliamo, tuttavia, sottolineare alcune inizia-tive particolarmente interessanti. Per la prima volta siamo riusciti a entrare nella scuola media di Predappio: il 27 marzo ed il 17 aprile Giammarchi, Angeli e Rosalba Navarra hanno dialogato con gli studenti e insegnanti della Classe terza.Il 13 aprile a Modigliana Tredozio incontro con 81 studenti di quattro classi della scuola media. Il 20 aprile il Presidente dell’ANPI provinciale Carlo Sarpieri e Sergio Giammarchi hanno incontrato le classi della Scuola Media di S.Mauro Pascoli (124 alunni).Particolarmente interessante l’iniziativa del 5 maggio: meeting a Cesena del Presidente dell’Istituto Storico della Resi-stenza Ines Briganti, Sergio Giammarchi, Grazia Cattabriga e Mauro Angeli con Gruppi di Studio del Liceo classico (350 studenti). Vi sono state iniziative verso gli studenti universitari in collaborazione con l’Istituto Storico Della resistenza (Miro Flamigni).
Fra il 29 settembre ed il 5 0ttobre 1944 sulle colline bolognesi intorno a Montesole nel quadro di un’opera-zione di rastrellamento diretta contro la formazione ‘ Stella Rossa ‘, furo-no uccisi quasi ottocento cittadini, soprattutto donne, vecchi e bambini, perché gli uomini, intuendo cosa sta-va per accadere e ritenendo che mai i nazifascisti se la sarebbero presa con persone inermi , ripararono sui mon-ti. Purtroppo sbagliarono 770 volte !
E pensare che Il Resto del Carlino in
data 11 ottobre 1944 così si esprime-
va “ Le solite voci incontrollate, Pro-
dotto tipico di galoppanti fantasie in
tempo di guerra, assicuravano fi no a
ieri che nel corso di una operazione
di polizia contro una banda di fuori
legge, ben centocinquanta fra donne,
vecchi e bambini erano stati fucilati da
truppe germaniche di rastrellamento
nel comune di Marzabotto……Siamo
dunque di fronte a una nuova mano-
vra dei soliti incoscienti destinata a
cadere nel ridicolo….” Ed ora siamo
qui per la sessantottesima volta
a ricordare quella ‘ridicola’ situazione.
Devo premettere.che non ho mai ama-
to le celebrazioni e tanto meno quelle
commemorative, perché ho sempre
sentito molta retorica in parole di cir-
costanza che tuttavia ciascun oratore
vuole in tutti i modi esprimere in ma-
niera sentita e addirittura commossa
( basti pensare che tutte le persona-
lità istituzionalmente deputate a ciò,
quando non sono più nel ruolo, non si
vedono più ) ,ma questa di Marzabot-
to è la più vibrante. E non credo che
dipenda solo dal grande numero delle
vittime ,che già di per sé potrebbe
essere un motivo più che suffi ciente,
ma c’è anche da parte degli orga-
nizzatori una convinta e convincente
volontà di attualizzare il passato esi-
bendo ogni anno proposte per attività
concrete da realizzare non soltanto in
ambito territoriale, ma anche in cam-
po nazionale ed oltre.( E per fortuna
ci sono vicino a noi persone come il
sindaco di Cagliari Massimo Zedda )
Questa località, insieme con Grizzana
Morandi e Monte Sole costituiscono il
territorio che ha avuto il maggior nu-
mero di vittime civili, intere famiglie
sterminate ( se ne contano fi no a 11
appartenenti allo stesso nucleo ) e ciò
suscita veramente orrore ,sentimento
che ci unisce di fronte alle stragi di
cui quotidianamente ci parlano i me-
dia Per questo tramandare la memo-
ria è sempre più importante, perché ci
serve per lavorare sul presente e per
passare ai giovani l’input per sapere
e voler conoscere . Questo è il nostro
compito. Non ricordo chi abbia detto
la frase che ho fatto mia:….”la memo-
ria è una grande quercia ed io sono
una ghianda,,,,,”
“MARZABOTTO 7 ottobre 2012”
Delegazione dell’ANPI di Forlì a
Marzabotto
2012 - LE ATTIVITA’ DI UN ANNO
Anche il 2012 si è dimostrato un anno pieno di appuntamenti ed incontri, realizzati tra piccole e grandi diffi coltà,
che hanno contribuito ad ampliare tra la gente la presenza e le iniziative della nostra associazione. Le iniziative
di seguito sommariamente riportate indicano che l’ANPI è in buona salute. Una cosa ci rende particolarmente
soddisfatti: la vivacità delle sezioni che hanno svolto autonomamente un grande lavoro.
14
Alcuni scatti presi durante
le iniziative dell’anno 2012.
Dall’alto al basso, Un mo-
mento della Cerimonia in
ricordo delle vittimi del
Carnaio, Il Presidente Sar-
pieri con i Sindaci di Bagno
di Romagna e di Verghereto
con al centro Paolo Bolo-
gnesi Presidente dell’Asso-
ciazione Vittime della Stra-
ge di Bologna.
Sotto i Compagni di S.Sofi a
e Civitella alle Commemo-
razioni della Strage di Mar-
zabotto.
A destra, Sergio Giammar-
chi ed altri compagni a San
Valentino.
In basso, 25 Aprile, Piazza Saffi , Forlì, deposi-
zione delle corone ai martiri della Resistenza.
A sinistra, nella stessa foto, due giovani della
Sezione Universitaria ANPI.
15
Venerdì 9 novembre 2012 è stato celebrato il 68° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI FORLÌ.La cerimonia uffi ciale si è svolta al Cimitero Monumentale con la Deposizione di Corone al Monumento ai Partigiani alla presenza delle autorità civili e militari: Ha reso gli onori un picchetto del 66° Reggimento Fanteria Aeromobile “Trieste”. L’ANPI come sempre è stata presente con un folta delegazione di partigiani e giovani associati.La cerimonia è proseguita nel Salone Comunale con l’intervento del Sindaco Roberto Balzani ed infi ne corone di alloro sono state deposte al Sacrario dei Caduti in Piazza Saffi .
Venerdì 11 maggio 2012 ore 20.30 presso la Coop. Casa del Lavoratore Bussecchio - Via Cerchia 98 Forlì l’ANPI ha organizzato un incontro pubblico dal titolo "CONSERVARE LA MEMORIA" durante il quale è stato presentato
il restauro conservativo dei documenti relativi alla 29^ brigata G.A.P. "Gastone Sozzi",l’8^ brigata Garibaldi "Romagna",
SAP (Comandi) e Btg Corbari (Graduati).
Ha introdotto il Dott.Bruno Biondi presidente coop. Casa del Lavoratore (che ha fi nanziato il restauro). Maria Roberta
Stanzani del CE.PA.C - Centro per la patologia e la conservazione del libro e del documento, la quale ha illustrato le
tecniche utilizzate per il restauro. Sono intervenuti: Carlo Sarpieri Presidente ANPI Forlì – Cesena; Guglielmo Russo Vi-
cepresidente della Provincia Forlì – Cesena e Roberto Balzani sindaco di Forlì. E’ stata una iniziativa di grande succes-
so per la straordinaria partecipazione di cittadini e per e la vivacità del dibattito. Negli interventi sono scaturite proposte
molto interessanti per portare avanti la battaglia contro il revisionismo.
Sabato 21 Aprile 2012. Al Parco Franco Agosto promossa dal TAVOLO delle Associazioni contro la violen-
za alle Donne, in collaborazione con: ANPI, UDI, SPI CGIL-FNP CISL-UILP FORLI’, con il Patrocinio degli Assesso-
rati alle Politiche Giovanili e Pari Opportunità del Comune di Forlì, si è svolta l’iniziativa in onore delle donne della
resistenza:"EROICHE NELLA LOTTA: STORIE DI DONNE RESISTENTI DI FORLI’ ” ,la storia di 15 donne resisten-
ti (IRIS VERSARI, OLGHINA “OLGA” GUERRA, TERESA VALMORI, PELLEGRINA ROSSELLI DEL TURCO, TINA
GORI, NORMA BALELLI, LUCIA BENELLI, MARIA BONDI, LILIANA “IRMA” VASUMINI, NADIA (GIUSEPPINA) VEN-
TURINI, WILMA ANGELINI, SORELLE GAROIA, LUCIA BENZONI TUPPONI, GIULIANA NENNI, SUOR GEMMA),
"raccontate" da altre donne.
Giovedì 15 novembre ore
19.30. La Sezione ANPI Universitari di
Forlì-Cesena in collaborazione con l’U.D.U
Forlì hanno oganizzato al "Puerta del Sol"
in via dei Filergiti 5 Forlì, un pubblico incon-
tro sul tema:"I Giovani e la Resistenza:
un'analisi concreta di ieri e di oggi".
Sono intervenuti: Riccardo BRIZZI, docen-
te di Storia contemporanea e Carlo SAR-
PIERI, Presidente dell'ANPI Forlì - Cesena
A Sinistra: Celebrazioni 9 Novembre, i giovani della Sezione Universitaria nel Salone Comunale.
A destra, Il Sindaco Balzani a Bussecchio interviene alla presentazione del Restauro di documenti dell’archivio ANPI.
Delegazione dell’ANPI di Forlì-Cesena
a Piacenza, in occasione delle Cele-
brazioni in ricordo della fi gura di
ANTONIO CARINI “ORSI”
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SEZIONE DI GALEATA:
Durante il 2012 l’ANPI di Galeata ha promosso un ricco calendario di eventi sia direttamente che in collaborazione con l’Amministrazione Comunale. Molteplici sono state anche le iniziative di sostegno alle scuole del territorio e di col-laborazione per la realizzazione di studi e ricerche storiche.Il 21 GENNAIO presso il Teatro Comunale, le classi quinte dell’Istituto Professionale Statale IPSSIA U.Comandini sede distaccata di Galeata, hanno presentato un accurato lavoro di ricerca sul tema della lotta partigiana e dei militari inter-nati in Germania dal titolo “Italiani in guerra all’8 settembre 1943 al 25 Aprile 1945” ..Il 27 GENNAIO, invece, in occasione della Giornata della Memoria, l’ANPI e l’Amministrazione Comunale hanno orga-nizzato nel teatro comunale la proiezione di un cortometraggio sul tema dell’integrazione multirazziale realizzato dai 25 giovani provenienti da diversi contesti internazionali e precisamente: italiani (di Galeata) , polacchi, estoni, palesti-nesi ed israeliani, partecipanti al progetto europeo “In viaggio con Dante”.Nel corso della serata i giovani collegati in videoconferenza da tutte le parti del mondo, hanno potuto interagire direttamente con i presenti e rispondere alle loro domande sull’esperienza realizzata a Galeata nell’estate precedente.Il 5 APRILE l’ANPI di Galeata si è recata a Villa Raggi di Predappio per rendere omaggio alla memoria di Celestino fucilato in quel luogo.In occasione del 25 APRILE, alla cerimonia uffi ciale che si è realizzata durante la mattina alla presenza delle autorità, è seguita sempre nel teatro Comunale, la proiezione del Film “Ogni cosa è illuminata”, trasposizione cinematografi ca dell’omonimo libro autobiografi co di Jonathan Safran Foer.Il 1 MAGGIO com’è tradizione, si è svolta la Festa della Collinaccia, presso la casa colonica che ospitò il primo nucleo partigiano dell’VIII Brigata Garibaldi e che oggi viene gestita dall’ANPI di Galeata per la realizzazione di iniziative so-prattutto rivolte alle scuole, fi nalizzate a conservare la memoria della storia del luogo e l’identità del territorio .In SETTEMBRE i soci dell’ANPI hanno partecipato alla festa dell’VIII Brigata Garibaldi organizzata dall’ANPI di Santa Sofi a ed il Comune di San Piero in Località Strabatenza.Sempre durante il mese di Settembre l’ANPI di Galeata ha collaborato nell’organizzazione della celebrazione della stra-ge delle Sodelle che si è svolta a Collina di Pondo presso il cippo dedicato alla memoria dei civili uccisi e che ha visto la partecipazione delle scolaresche delle scuole medie.Il 19 OTTOBRE si è celebrata la Festa della Liberazione di Galeata con l’organizzazione di una festa rivolta ai giovani che si è svolta nel campo sportivo . Il Presidente dell’ANPI Carlo Sarpieri e Miro Flamigni dell’Istituto Storico per la Resistenza e l’Età Contemporanea di Forlì sono intervenuti per richiamare i presenti sui valori ancora attuali della Resistenza . E’ seguita la proiezione di un documentario dal titolo “Parole Resistenti”con testimonianze di partigiani e musica dal vivo del gruppo musicale AZIMUD.Ricordiamo infi ne che l’ANPI nel corso dell’anno scolastico ha collaborato attivamente con gli insegnanti delle scuole medie, organizzando un’uscita didattica a Tavolicci ed un’escursione di trekking alla Collinaccia offrendo ai ragazzi anche il pranzo, per avvicinare i ragazzi ai temi della Resistenza..
SEZIONE ALTO SAVIO
Il giorno 17 Novembre la Sezione ha organizzato l’incontro dal titolo “INFORMAZIO-NE E DEMOCRAZIA”, con la presenza di LORIS MAZZETTI ( Capostruttura RAI 3 Milano e Professore di Linguaggio e Tecnica Televisiva presso l’Università di Modena e Reggio Emilia).
SEZIONE DI MELDOLA
Martedì 22 maggio la Sezione ANPI di Meldola in collaborazione con l’ARCI ha organizzato la presentazione del libro di Palmiro Capacci: “Poi venne la fi umana” (Ed. Ponte Vecchio di Cesena). Presente per l’ARCI Michele Drudi; il saluto dell’ANPI è stato portato da Miro Coveri, presidente della sezione di Meldola.
SEZIONE DI MODIGLIANA
Venerdì 13 aprile alle ore 15,00 presso la Sala Bernabei, in piazza Matteotti,a Modigliana, è stato presentato il libro “Partigiani, popolazione e guerra sull’Appennino. L’8° brigata Garibaldi Romagna” Le autrici Roberta Mira e Simona Salustri, ricercatrici presso le Università di Bologna e di Firenze hanno illustrato il loro lavoro. L’incontro è stato mode-rato dal Professor Roberto Bulgarelli, presente il Responsabile dell' ANPI di Modigliana-Tredozio Mirko Masotti.
SEZIONE BERTINORO
Il 24 ottobre presso il Salone Comunale di Bertinoro incontro pubblico con le classi terze della Scuola Media . Per l’ANPI erano presenti il presidente provinciale Carlo Sarpieri e il responsabile di Sezione Valter Pedroni.
SEZIONE DI FORLIMPOPOLI
Il 24 aprile 2012, in collaborazione con il Comune di Forlimpopoli, inaugurazione della mostra di documenti e immagini “Resistendo”. La mostra è stata aperta al pubblico fi no al 29 aprile. Lo stesso giorno alle ore 21, presso il teatro Verdi, monologo di Roberto Mercadini dal titolo“La più selvaggia sete. La più selvaggia fame”.
SEZIONE RUBICONE
FEBBRAIO 2012 - Iniziativa sul tema della Costituzione. Relatore il Prof. D’Aloja.
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SEZIONE DI S.SOFIA:
La sezione ANPI di Santa Sofi a nel corso dell’anno 2012 ha organizzato in collaborazio-ne con il Comune e l’Istituto Comprensivo Sta-tale di Santa Sofi a le seguenti iniziative.• 27 GENNAIO 2012 - GIORNO DELLA ME-MORIA. Ricordo di Guelfo Zamboni, il Perla-sca di Santa Sofi a. Letture di brani tratti dalle testimonianze dei sopravvissuti alla SHOAH con accompagnamento musicale.• 5 FEBBRAIO 2012. Ricordo di “STOPPA” il primo partigiano caduto durante la Resistenza. • 12 APRILE 2012 –Ricordo della Battaglia di BISERNO e presentazione del libro di Roberta Mira e Simona Salustri “ Partigiani,Popolazione e Guerra sull’Appennino. L’8° Brigata Garibaldi Romagna”• 25 APRILE 2012. CELEBRAZIONE DEL-LA FESTA DELLA LIBERAZIONE. Concorso grafi co fra gli Studenti dell’Istituto Comprensi-vo per la realizzazione del manifesto per il 25 Aprile. Discorso commemorativo e lettura da parte degli studenti di alcune lettere dei Con-dannati a Morte della Resistenza. Corteo e de-posizione di corone ai cippi.• 9 SETTEMBRE 2012 – STRABATENZA - FESTA DELL’VIII° BRIGATA GARIBALDI.• 29 SETTEMBRE 2012 – COMMEMORAZIO-NE ECCIDIO DELLE SODELLE. Ricordo dei 13 civili uccisi alla presenza degli studenti dell’Istituto Comprensivo e del super-stite Gino Valbonesi.•14 OTTOBRE 2012 – FESTA DELLA LIBERA-ZIONE DI SANTA SOFIA. PRIMO RADUNO NAZIONALE FAMIGLIE DEI COMBATTENTI POLACCHI IN ITALIASono intervenuti l’Ambasciatore Polacco in Ita-lia e Maria Anders fi glia del Comandante del 2° Corpo Polacco Gen. Wladyslaw Anders.
In alto a destra una
foto della Festa
dell’VIII Brigata.
Al centro un mo-
mento della Festa
della Sezione di
S.Sofi a.
A destra i ragazzi
delle scuole presen-
ti alla Commemora-
zione dell’Eccidio
delle Sodelle
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Fermiamo la guerra a Gaza
L'Italia e l'Europa hanno il dovere di fermare la guerra a Gaza. Lo possono e lo debbono fare agendo con intelligenza e determinazione nell'interesse superiore dei diritti umani, della sicurezza internazionale, della giustizia e della pace.
L'Italia, che vanta ottime relazioni sia con Israele che con i palestinesi, può fare molto. Ma deve cambiare: smettere di essere di parte, assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale. Nel Mediterraneo, in Europa e all'Onu. L'Italia deve essere consapevole dei suoi limiti ma anche delle sue risorse, della sua prossimità e delle sue responsabilità. Comin-ciamo subito: mobilitiamoci per fermare le armi, chiediamo al Consiglio, alla Commissione e al Parlamento Europeo di agire immediatamente, riconosciamo alla Palestina lo status di osservatore all'Onu, smettiamo di vendere armi a Israele e in Medio Oriente e chiediamo all'Europa di fare altrettanto. L'inazione degli altri non può più giustifi care la nostra.Ma fermare la guerra non basta. E' arrivato il momento di andare alla radice del problema, mettere fi ne all'occupazione militare e risolvere il confl itto tra questi due popoli. Non ci possiamo più permettere che continui così. E' troppo desta-bilizzante. Il confl itto è sulla terra. A entrambi i popoli deve essere riconosciuto il diritto di vivere in pace su quella terra con gli stessi diritti, la stessa dignità e la stessa sicurezza. La formula è "due stati per due popoli". E deve essere rea-
lizzata ora. Anche a costo di un'inedita e creativa "imposizione" internazionale. E' l'ultima possibilità. Non ci conviene
più aspettare.
Comitato Forlivese per la Palestina
ANPI, ARCI, Associazione Burkinabè Onuls, Associazione Fratellanza e Amicizia Forlivese ( AFAF), Associazione LIFE,
Camera del Lavoro – CGIL, Comitato Acqua Bene Comune, Italia dei Valori, Presidio Libera, Rifondazione Comunista,
Sinistra Ecologia Libertà, Teatro per la Pace, Unione degli Universitari.
Domenica 18 novembre cinque studenti universitari dell’Udu di Forlì e due pensionate dello Spi-Cgil, sempre di Forlì,
sono saliti sul “Treno della Memoria”, un treno partito da Roma e diretto a Cracovia, carico di studenti universitari e medi
che, insieme ai “nonni” pensionati, hanno deciso di andare a visitare i luoghi dove la cattiveria umana ha dato forse la
sua prova peggiore fi no ad oggi.
Noi ragazzi abbiamo accolto con entusiasmo la prospettiva di questo viaggio, consci del peso emotivo che avrebbe
portato con sé e del fatto che, certamente, non sarebbe stata una scampagnata.
Eppure siamo partiti, fi duciosi, contenti di poter fare quest’esperienza tra compagni della nostra generazione e di un’al-
tra, una generazione che spesso tentano di metterci contro: le pensioni contro gli ingressi, i padri contro i fi gli, i privilegi
dei nonni tolti ai nipoti e viceversa. Una guerra tra poveri, dove i diritti vengono tolti a tutti, i privilegi non li conosce nessu-
no e tutti perdono il futuro in una sterile lotta al presente che cancella il passato. E invece noi restiamo uniti, lottiamo uni-
ti, parliamo tra noi e ci raccontiamo la verità. Viviamo la storia uniti, la ricordiamo uniti e, uniti, siamo saliti su quel treno.
Le oltre venti ore di treno si sono fatte sentire, ma nessuno ha osato lamentarsi, pensando con il cuore in gola a quanti
quel percorso l’hanno fatto contro la propria volontà, in treni decisamente più scomodi, in molte più ore, al gelo e al buio,
senza sapere cosa li aspettasse.
I lager. Siamo partiti convinti di sapere cosa avremmo trovato. Auschwitz, l’abbiamo visto così tante volte in foto e in vi-
deo, l’abbiamo nominato e sentito nominare infi nite volte. Non so spiegare a parole cosa ho provato in quel luogo, forse
perché Auschwitz è un non-luogo, dove uomini sono stati ridotti a numeri e poi in cenere, dove intere vite sono state
annullate, dove l’umanità si è annullata. E le parole non servono, non bastano, non arrivano.
Poi Birkenau. Il freddo di Birkenau è un freddo fi sico, ma non solo. E’ un freddo che entra nelle ossa e una volta penetra-
to, non ti lascia più. Birkenau è un luogo spettrale, avvolto nella nebbia, precipitato nel fango, circondato da alberi che,
silenziosamente, piangono. Ogni passo, ogni respiro, ogni sguardo, ogni sasso, ogni foglia, a Birkenau sa di morte. E
di rabbia.
Com’è stato possibile? Ci chiediamo tutti. Ma la risposta è purtroppo più semplice del previsto.
E’ stato possibile com’è stato possibile che quel giorno a Birkenau leggessimo i nomi dei prigionieri morti ad Auschwitz
e non conosciamo invece nessun nome di nessun bambino morto negli infi niti genocidi che da sempre vanno avanti in
moltissime parti del mondo, forti proprio del nostro silenzio e della nostra ignoranza.
Ricordiamo che questo è stato perché non debba succedere mai più... Ma succede. E’ successo perché qualcuno si è
girato dall’altra parte e ha lasciato che accadesse. E noi, oggi?
La visita ai campi di Auschwitz e Birkenau è stata forte. Ci ha fatto toccare con mano i luoghi dove l’essere umano è
stato annientato, più che nella distruzione fi sica e mentale dei prigionieri, nella freddezza lucida e spietata dei carnefi ci.
Nel lager tutto è fi nalizzato all’annientamento. E non c’è umanità.
Per questo, nel ricordo di tutto quel dolore e di quella cattiveria, qualcuno di noi ha pianto. Quello che mi auguro è che
queste lacrime sappiano trasformarsi in impegno attivo di noi tutti per fermare le guerre, i massacri, i genocidi tutt’ora in
corso. Per fermare la crudeltà ed essere, fi nalmente, umani.
Chiara PatricoloUnione Degli Universitari di Forlì
Il treno della memoria
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CANZONI CONTRO LA GUERRA
WHERE HAVE ALL THE FLOWERS GONE(DOVE SONO FINITI TUTTI I FIORI)
Questo è il titolo di una tra le più celebri can-zoni contro la guerra di ogni tempo. Il testo
è del cantante-compositore americano Pete
Seeger. Secondo la sua stessa ammissione, Seeger si ispirò ad un brano del Placido Don dello scrittore russo Michajl Solochov.Comunque la versione più nota è probabilmen-te quella cantata da Joan Baez, “L'usignolo di Woodstock”.La canzone è cantata in tutto il mondo: esiste la versione inglese, tedesca, francese, cata-lana, spagnola, ceca, cinese, croata, ebraica, giapponese, greca, polacca, russa, svedese, turca, ungherese. Esiste persino una versione in Latino!
La versione tedesca del paroliere russo-tede-
sco Max Colpet (risalente al 1962, quindi negli
anni cruciali del Muro di Berlino e della crisi di
Cuba) è celebre quanto l'originale, se non addi-
rittura di più. Fu interpretata da un personaggio
di assoluta eccezione: Marlene Dietrich, la quale cantò sia l'originale inglese di Pete Sieger che quella in
lingua tedesca.
Quanto vorremmo che fosse ascoltata anche da coloro che scatenano le guerre!
In Italia esistono due versioni, una di Riccardo Venturi ed una di Nives e Tato Queirolo. Per ragioni di spa-
zio riportiamo quella di Nives e Tato Queirolo.
Dove mai saranno fi niti i fi ori,
nei nostri prati non ci sono più
sono sulle tombe dei soldati
che sono morti per una pace che non c'è.
Ma perché combattere, perché uccidere?
Perché distruggere l'umanità.
Il giorno che saremo davanti a Dio
né pelle né colore potrà comprare la libertà.
Con tutta la mia voce combatterò la guerra
di una chitarra mi armerò
e pace griderò a chi dirà
che questo è il prezzo della libertà.
Non vogliamo più vedere uomini uccidere
nel falso nome di una civiltà
che non c'è.
Dove mai saranno fi niti i fi ori
il vento li ha portati sulle tombe,
la polvere ricopre fucili e croci
e forse un giorno la mia chitarra coprirà.
Elvio Cicognani
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SOTTOSCRIZIONI
Ennio e Loretta Gelosi sottoscrivono € 20 per Cronache in memoria del padre partigiano Ezio Ge-losi
Il 26/12 ricorre l’anniversario della scomparsa di Casadei Carlo. Lo ricordano la sorella Carla ed il cognato Menotti sottoscrivendo € 20 in favore di Cronache.
Bruna Tabarri sottoscrive € 50 in memoria della partigiana Olghina Guerra e di Andrea Gualdi suo compagno di una vita.
Mario e Mafalda Paccagnella in memoria di Paccagnella Giuseppina sottoscrivono € 50 per Cro-nache della Resistenza
A nome del Comitato Provinciale e mio personale,
auguro a tutti gli associati ed agli amici
i più sinceri auguri di
Buone Feste e Felice Anno Nuovo!
Il Presidente
Carlo Sarpieri
A nome del Comitato Provinciale e mio personale,
auguro a tutti gli associati ed agli amici
i più sinceri auguri di
Buone Feste e Felice Anno Nuovo!
Il Presidente
Carlo Sarpieri